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Il diritto della crisi ed il fenomeno NPL. Spunti per un’analisi*

Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

11 Marzo 2022

*Scritto destinato all’Opera collettanea, a cura di Fondazione Nazionale Dottori Commercialisti e della rivista Diritto della Crisi, dal titolo “Ce lo chiede l’Europa”. Dal recupero dell’impresa in difficoltà agli scenari post-pandemia: 15 anni di riforme. Atti del XXVIII Convegno di Alba del 20 novembre 2021, organizzato da Associazione Albese Studi di Diritto commerciale.
L’Autore si sofferma sul fenomeno dei non performing loans, nel quadro del diritto della crisi attuale e prospettico.

Riproduzione riservata
1 . Il fenomeno NPL e la disciplina regolamentare
Com’è noto, l’impatto dei crediti deteriorati sui bilanci delle banche e sull’economia in generale ha attratto l’attenzione del mercato e delle Autorità di vigilanza. Si tratta di un fenomeno che in Italia ha raggiunto livelli preoccupanti soprattutto in seguito alla doppia crisi del 2007-2009 e del 2011- 2014. Il sistema bancario ha retto relativamente bene alla recessione del 2008-09, causata dal collasso dei mutui subprime statunitensi e dalla crisi dei relativi prodotti di finanza strutturata, verso cui le banche italiane, a differenza di altri intermediari europei, erano poco esposte[1]. Il peggioramento della situazione delle imprese aveva comunque determinato un significativo aumento del tasso di formazione di nuovi crediti deteriorati e della loro consistenza nei bilanci delle banche. La seconda fase ha avuto inizio nella seconda metà del 2011 con la crisi del debito sovrano italiano. Con la nuova recessione la capacità della clientela di ripagare il debito si è ulteriormente ridotta, comportando un nuovo aumento del tasso di formazione di nuovi crediti deteriorati e una ulteriore crescita della loro consistenza.
Successivamente il fenomeno si è ridotto sensibilmente per effetto di interventi di cui in seguito brevemente si dirà, e si è nuovamente acuito anche se in misura minore in conseguenza della crisi pandemica. 
Secondo la definizione di Banca d’Italia[2] gli NPL (non performing loans) vengono classificati da Banca d’Italia per tipologia di default (2017) in:
-  sofferenze, qualificate come esposizioni nei confronti di mutuatari in stato d’insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
-  inadempienze probabili (unlikely to pay – UTP), esposizioni per le quali la banca ritiene probabile che il mutuatario non sarà in grado di ripagare integralmente il prestito, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie;
-  finanziamenti scaduti e/o sconfinanti, che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza. 
Com’è noto, la classificazione in default di un’esposizione creditizia genera ricadute sui requisiti patrimoniali delle banche anche per l’interazione con l’approccio c.d. “di calendario” introdotto in Europa per i crediti deteriorati, che ne comporta una progressiva svalutazione. È utile ricordare[3] che esistono due misure distinte in materia: quella disegnata dalla Commissione Europea e inserita nel Regolamento CRR il 25 aprile 2019, nota come backstop prudenziale[4], e quella prevista dalla BCE, nota come Addendum[5]. Il backstop prudenziale è una norma primaria vincolante per tutte le banche dell’Unione europea. L’Addendum indica invece le aspettative della BCE nei confronti delle sole banche soggette alla sua vigilanza diretta (banche significative) e ha natura non vincolante. Senza entrare nei dettagli tecnici della disciplina entrambe le misure stabiliscono, ai soli fini prudenziali (e non anche quindi ai fini delle valutazioni di bilancio), percentuali minime di svalutazione delle esposizioni deteriorate, crescenti in funzione degli anni trascorsi dalla loro classificazione come NPL. Al termine di tale periodo le esposizioni deteriorate dovranno quindi risultare interamente svalutate prudenzialmente (vale a dire, completamente coperte da svalutazioni contabili o da capitale regolamentare). Per i crediti assistiti da garanzie la svalutazione al 100 per cento dei nuovi crediti deteriorati è richiesta dopo sette anni dalla classificazione a NPL (nove anni se la garanzia è rappresentata da immobili); per quelli privi di garanzie dopo tre anni. 
La finalità di queste misure è di assicurare che gli NPL non si accumulino nei patrimoni delle banche senza adeguate svalutazioni. Si tratta peraltro di una disciplina che incide direttamente sulla capacità del debitore di ottenere ulteriori finanziamenti e rappresenta quindi un’oggettiva limitazione al ricorso al credito bancario per le imprese in difficoltà. 
Va peraltro tenuto presente che secondo gli economisti un maggior peso degli NPL sui bilanci delle banche comporta diversi effetti negativi dal punto di vista macroeconomico: a fronte di un aumento degli NPL aumenta il rischio di insolvenza del settore bancario e tende anche a diminuire la profittabilità delle banche (misurata dal return on equity, ROE). Le banche diventano più riluttanti a concedere prestiti a famiglie e imprese e aumentano i tassi d’interesse su tali prestiti, innalzando così il costo del servizio del debito per i mutuatari. La differenza tra le due ipotesi ora considerate, le limitazioni all’erogazione di finanziamenti ai debitori che presentino già esposizioni deteriorate e gli effetti dell’accumulo degli NPL nel patrimonio delle banche sta nel fatto che nel primo caso le conseguenze negative riguardano soltanto le imprese in difficoltà, nel secondo esse riguardano tutte le imprese. In tempi di crisi generalizzata, come è appunto la crisi pandemica, questa differenza diventa tuttavia meno sensibile.
La politica adottata dall’EBA e dalla BCE dopo la crisi ha provocato una riduzione netta del portafoglio di NPL determinata dalla decisione di molte banche di cedere i propri NPL a soggetti terzi. Per quanto riguarda l’Italia le sole sofferenze hanno raggiunto nel 2015 un picco di 200 miliardi riducendosi progressivamente a 47 miliardi nel 2020 (fonte Banca d’Italia). Gli inadempimenti probabili erano 127 miliardi nel 2015 e si sono ridotti a 49 nel 2020. Un trend analogo ha caratterizzato i finanziamenti scaduti e/o sconfinanti, che dai 14 miliardi del 2015 si sono ridotti a 3 miliardi nel 2020. La riduzione degli stock di NPL non ha però interessato le banche italiane nella stessa misura perché tendenzialmente i gruppi maggiori hanno attuato una politica di dismissione più efficace. 
Le dismissioni non sono avvenute soltanto in Italia, ma hanno interessato anche altri Paesi europei, in particolare la Grecia. Come in Italia, anche a livello europeo l’entità delle dismissioni, così come quella dello stock di NPL, è andata riducendosi. Così secondo l’analisi di Debtwire nel mercato europeo degli NPL nel 2020 contro i 208 miliardi di dismissioni del 2018, vi sono stati soltanto 102,8 miliardi nel 2019 e 67, 7 nel 2020. 
Secondo l’EBA 2020 e 2021 Risk Dashboard, aggiornata al secondo trimestre 2021, l’intero portafoglio europeo di NPL era sceso dal picco di 1.200 miliardi del 2014 ai 510,5 miliardi del settembre 2020 ed ai 442 del giugno 2021. Tuttavia, le previsioni sono che per effetto della crisi pandemica l’entità di NPL nel portafoglio delle banche sia destinata a risalire, anche se in misura minore rispetto al passato.
I trasferimenti di NPL nel corso dell’ultima parte del 2020 sono andati aumentando. A livello europeo negli ultimi tre mesi del 2020 sono stati firmati contratti per 28,6 miliardi, circa un terzo dell’intera attività dell’anno. In tale cifra sono compresi la cessione di un portafoglio di 8,1 miliardi di NPL e UTP da Monte dei Paschi ad AMCO e l’acquisto da parte del debt servicer doValue di titoli mezzanine e junior per 7,5 miliardi da Eurobank Eragsias come parte del Progetto Cairo in Grecia. Va ancora ricordata l’operazione di cartolarizzazione da parte di Piraeus Bank ad Intrum di titoli mezzanine del portafoglio Phoenix e del portafoglio Vega rispettivamente per 1,92 miliardi e 4,8 miliardi a valore di libro, destinati a beneficiare del programma greco Hercules di protezione degli asset. All’inizio del 2021 Debtwire aveva tracciato altre operazioni analoghe per complessivi 51,5 miliardi[6].
Le vendite sono state sostenute in Grecia dal programma Hercules (Hercules Asset Protection Scheme – HAPS), e in Italia dalla GACS. La garanzia pubblica sui titoli senior (cosiddetta Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze, GACS) si è dimostrata – sin dalla sua attivazione nel 2016 – uno strumento efficace. Nel 2019, circa il 90 per cento del valore delle sofferenze cedute per mezzo di cartolarizzazioni era assistito da GACS[7]. Da Settembre 2020 la GACS è stata attivata 27 volte permettendo la vendita di 74 milioni di euro di sofferenze (corrispondenti al 53% dei crediti deteriorati in Italia nel periodo della pandemia). 
Occorre soffermarsi sul ruolo dei servicer, vale a dire di quei soggetti che si sostituiscono alle banche nella gestione degli NPL o perché queste ultime non hanno una struttura interna per la gestione o perché ritengono preferibile operare una scelta di questo tipo che consente di portare i crediti non performanti al di fuori del patrimonio di vigilanza con conseguenti effetti positivi sugli accantonamenti obbligatori. 
I principali servicer che hanno operato in Italia nel 2020 sono stati doValue, Intrum, Cerved Credit Management, AMCO, Prelios Credit Servicing, IFIS NPL Servicing, Credito Fondario, Crif. Il servicer che ha gestito più asset è doValue (78 miliardi di euro), larga parte dei quali rappresentata da posizioni in sofferenza. AMCO e Prelios Credit Servicing hanno un portafoglio più bilanciato tra posizioni in sofferenza e altri tipi di NPL (ovvero UTP), mentre Crif è specializzato nella gestione di posizioni classificate come UTP. Per tutti i servicer, eccetto IFIS e doValue, le posizioni sono piuttosto bilanciate tra quelle coperte da garanzia e quelle non garantite[8].
2 . La proposta di Direttiva UE e la regolamentazione del mercato secondario
Da tempo si è affermato che una corretta ed attiva gestione dei crediti deteriorati è fondamentale per consentire alle banche di contribuire alla ripresa economica che seguirà il graduale esaurirsi della emergenza sanitaria[9]. 
Gli sforzi vanno in due direzioni diverse. Un primo profilo riguarda il buon funzionamento del mercato secondario degli NPL che si è dimostrato essere di gran lunga il canale più importante per eliminare i crediti deteriorati dai bilanci bancari.
Da questo punto di vista è di indubbio rilievo la notizia dell’accordo provvisorio del 28 giugno 2021 tra la presidenza del Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento UE su una nuova Direttiva che armonizza le norme per i gestori di crediti e gli acquirenti di crediti deteriorati emessi da istituti di credito. La Proposta di Direttiva uniforma le norme per i gestori e gli acquirenti di crediti in tutta l’UE e facilita la vendita di crediti deteriorati, anche a livello transfrontaliero, salvaguardando nel contempo i diritti dei debitori. Un’autorità designata nello Stato membro di origine autorizzerà e supervisionerà i gestori di crediti, in stretta cooperazione con le autorità degli altri stati membri. L’accordo raggiunto riguarda in modo particolare due temi: l’autorizzazione delle attività di gestione dei crediti, per garantire che i debitori siano trattati in modo leale e diligente e le misure di concessione, per tener conto dei diritti e degli interessi dei consumatori prima di avviare procedimenti esecutivi.
Va ricordato che con la Comunicazione del 16 dicembre 2020 al Parlamento europeo, al Consiglio e al Consiglio ed alla BCE[10] la Commissione aveva già indicato tre linee di azione: a) implementare la Proposta di direttiva relativa ai gestori di crediti, agli acquirenti di crediti e al recupero delle garanzie reali cui si è già accennato[11]; b) dare sostegno attraverso il dispositivo per la ripresa e resilienza alle riforme volte a ridurre i crediti deteriorati, in particolare per migliorare i quadri giudiziari, amministrativi e in materia di insolvenza alla base di un’efficiente risoluzione dei crediti deteriorati; c) incentivare le banche il più possibile ad adottare un approccio proattivo per avviare tempestivamente un dialogo costruttivo con i propri debitori. La Commissione aveva aggiunto che era importante assicurare che i consumatori fossero adeguatamente tutelati, in particolare i debitori vulnerabili, ricordando che la Proposta di direttiva prevedeva che il trasferimento dei prestiti a un altro investitore mantenesse la protezione concordata tra i debitori interessati e la banca mutuante originaria. La Commissione aveva anche accolto con favore le best practices[12]concordate dal settore finanziario e dalle organizzazioni dei consumatori e delle imprese, che evidenziavano come i vari partecipanti al mercato potevano sostenere i cittadini e le imprese durante la crisi pandemica, senza però che tali indicazioni contenessero suggerimenti specifici per quanto riguardava gli NPL. 
La Proposta di Direttiva detta norme in tema di armonizzazione della disciplina relativa agli NPL tra gli Stati membri in modo da assicurare che il loro trasferimento ai servicer sia disciplinato da regole uniformi. Prevede inoltre meccanismi di vigilanza sui trasferimenti e sui servicer. Assicura la protezione dei consumatori prevedendo, tra l’altro, a modifica della Direttiva 2014/17/UE che in caso di cessione a terzi dei diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o del contratto stesso, il consumatore abbia il diritto di far valere nei confronti del cessionario gli stessi mezzi di difesa di cui poteva avvalersi nei confronti del creditore originario, ivi compreso il diritto alla compensazione ove questo sia ammesso nello Stato membro in questione. 
Va poi aggiunto che la Proposta di Direttiva prevede un procedimento di escussione extragiudiziale accelerata delle garanzie su base volontaria. La vendita dei beni assistiti da garanzia reale avviene mediante asta pubblica avviata e gestita dal creditore ovvero tramite vendita tra privati. 
Accanto a questi interventi vanno ricordate le proposte di Regolamento europeo della Commissione UE per facilitare le misure di cartolarizzazione[13]. Anche la Direttiva 1023/2019 sui Quadri preventivi di ristrutturazione nel Considerando 3 osserva che “I quadri di ristrutturazione preventiva dovrebbero prevenire l’accumulo di crediti deteriorati. La disponibilità di quadri efficaci di ristrutturazione preventiva garantirebbe di poter intervenire prima che le società non siano più in grado di rimborsare i prestiti, contribuendo in tal modo a ridurre il rischio di un deterioramento di questi ultimi nei periodi di congiuntura sfavorevole nonché ad attenuare l’impatto negativo sul settore finanziario”. Si tratta peraltro di un obiettivo generico che la Direttiva si propone di realizzare con l’introduzione nei 27 Paesi dell’Unione di una disciplina armonizzata della ristrutturazione delle imprese in crisi o in stato di insolvenza reversibile. Non vi sono nella Direttiva strumenti specificamente diretti ad affrontare il tema degli NPL sì che occorrerà attendere l’approvazione della Proposta di Direttiva sull’armonizzazione della disciplina relativa agli NPL. 
Una parte rilevante del problema è costituito dai tempi della giustizia che giocano un ruolo fondamentale nella determinazione del prezzo degli NPL offerto dagli acquirenti in sede di cessione. Sotto questo profilo il problema riguarda in Italia sia i tempi delle procedure esecutive, di liquidazione degli asset che garantiscono i crediti deteriorati, sia le procedure di ristrutturazione delle imprese. Efficaci procedure di ristrutturazione d’impresa si tradurrebbero, oltre che in minori NPL, in maggiore produzione e occupazione. Si è aggiunto che i dati sulla dispersione dei tempi delle esecuzioni immobiliari tra tribunali nazionali suggeriscono che attraverso interventi di rafforzamento organizzativo, degli organici e delle dotazioni informatiche, in particolare nei tribunali caratterizzati da tempi di funzionamento superiori alla media, sarebbe possibile aumentare la velocità del recupero dei crediti deteriorati in tempi relativamente ridotti. Ne beneficerebbero sia i creditori sia i debitori[14].
Il problema non è soltanto italiano. Vanno infatti ricordati i lavori dell’Uncitral sull’asset tracing and recovery, dopo che il tema è stato affrontato in un colloquio preliminare alla fine del 2019[15] e nuovamente dibattuto nella sessione del Working Group V di dicembre 2021. Il recupero dei beni all’azione dei creditori nell’ambito delle situazioni di crisi ed insolvenza transfrontaliera è reso problematico dal moltiplicarsi delle giurisdizioni, oltre che dai comportamenti fraudolenti ed opportunistici dei debitori. 
3 . NPL e disciplina della crisi d’impresa
Il secondo profilo della risposta alla proliferazione degli NPL riguarda i problemi che il trasferimento di questi crediti ai servicer crea dal punto di vista del soggetto passivo del rapporto, vale a dire del debitore, che è di regola un imprenditore in situazione di crisi o di insolvenza. Quando sia questione di insolvenza irreversibile non vi è molto da aggiungere a quanto si è già osservato. La risposta all’insolvenza non può che essere la rapida liquidazione dell’impresa in dissesto e quindi ciò che serve è soprattutto un serio miglioramento dei tempi dell’esecuzione civile, sia nel caso dell’esecuzione individuale che di quella collettiva, tempi che, com’è purtroppo noto, sono superiori a quelli medi dei Paesi dell’Unione Europea. 
Da questo punto di vista la legge delega per la riforma del processo civile[16] ha previsto molti strumenti che migliorano la disciplina esistente. Altri progressi è lecito aspettarsi dall’adozione generalizzata del processo telematico e della gara telematica che ha ampliato la platea di potenziali offerenti a tutto il territorio nazionale. Si tratta di interventi che non sono mirati a risolvere il problema dei crediti deteriorati, ma che incrementando l’efficienza del sistema giudiziario civile possono comunque contribuire a ridurre i tempi di soddisfacimento dei creditori, siano essi i creditori originari ovvero i servicer.
Un profilo completamente diverso è affrontato dalle norme che regolano il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi, introdotto dal d.l. 24 agosto 2021, n. 118, convertito in legge 147/21[17]. Non è questa la sede per illustrare le caratteristiche del nuovo istituto, riservato alle imprese in crisi o in stato di insolvenza reversibile, per addivenire ad un tentativo di composizione fondato sulla trattativa con i creditori diretta da un terzo facilitatore, l’esperto, nominato dalla Camera di Commercio territorialmente competente, tentativo agevolato da misure fiscali e dalla possibilità di beneficiare della sospensione delle azioni esecutive oltre che dal riconoscimento della prededuzione per i finanziamenti erogati, dalla possibilità di cedere l’azienda a terzi senza accollo al cessionario dei debiti pregressi e di rinegoziare i contratti in corso in caso di alterazione del sinallagma imputabile alla crisi pandemica, purché indispensabile per ripristinare la continuità aziendale. 
I commi da 4 a 7 dell’art. 4 del d.l. n. 118/2021 riprendono i doveri delle parti già indicati dal codice della crisi negli artt. 3 e ss. che fanno parte dei principi generali del codice, una delle parti più innovative di quel testo di legge. Qui, come in altre disposizioni, risulta evidente l’intenzione del legislatore di anticipare, pur nel quadro normativo ancora rappresentato dalla legge fallimentare, alcune delle novità del nuovo codice. Viene stabilito che durante le trattative le parti si comportano secondo buona fede e correttezza. Tale obbligo grava sia sull’imprenditore che sulle altre parti che partecipano alla trattativa, siano esse creditori o altri soggetti. 
Si è osservato da parte di diversi commentatori che il dovere di buona fede era già stabilito in via generale dagli artt. 1175 e 1137 del codice civile, che lo prevede anche nella fase delle trattative precontrattuali[18]. Non vi sarebbe stata dunque necessità di affermare expressis verbis che tale obbligo dovesse essere rispettato anche nel corso della negoziazione con i creditori. Il rilievo è certamente condivisibile, ma va sottolineato che sino ad oggi nessuno aveva invocato tale dovere a questo proposito, sì che l’intervento del legislatore è stato opportuno. 
Oltre al generale obbligo di buona fede l’imprenditore ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente. Tale dovere riguarda in modo particolare gli atti di straordinaria amministrazione che non siano coerenti con l’obiettivo del risanamento che vengano posti in essere in pendenza della composizione negoziata, per i quali l’imprenditore ha obblighi specifici di informazione dell’esperto che può opporsi al loro compimento, anche se la sua opposizione non ha effetti impeditivi, pur non essendo priva di conseguenze. 
L’obbligo di correttezza e buona fede comporta per i creditori e le altre parti il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Il dovere di collaborazione non si traduce nella necessità di prestare consenso alle iniziative dell’imprenditore, ma di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando il contraddittorio sulle proposte del debitore. Si spiega pertanto il precetto contenuto nell’ultima parte dell’art. 4, settimo comma, che impone alle parti, tutte e dunque anche allo stesso imprenditore, di dare “riscontro alle proposte e alle richieste durante le trattative con risposta tempestiva e motivata”. 
La regola, che non è espressamente contenuta nel codice della crisi, trae origine dal rilievo, particolarmente frequente nel caso dei crediti bancari deteriorati, ma comune ad altre situazioni, che sovente le trattative si arenano perché le proposte del debitore non trovano risposta o ricevono scarsa attenzione da parte dei creditori o di altri soggetti interessati. Questa è anche una delle ragioni, insieme al fatto che normalmente gli imprenditori in Italia ricorrono ad affidamenti da una pluralità di banche, per cui nel nostro Paese le trattative per la composizione della crisi durano mediamente più che nel resto dell’Unione Europea. 
Il precetto è articolato in modo più specifico per quanto concerne le banche, gli intermediari finanziari, i loro mandatari ed i cessionari dei loro crediti. 
A tutti questi soggetti il sesto comma dell’art. 4 impone di partecipare alle trattative in modo attivo ed informato. 
Anche in questo caso la regola deriva da un comportamento riscontrato nel sistema bancario, comune sia alle banche originariamente titolari dei crediti che a parte dei servicer che ne sono cessionari o mandatari, in cui la disattenzione e la lentezza che deriva da un’organizzazione che talvolta è eccessivamente burocratica, costituisce un ostacolo al raggiungimento di un accordo su un piano di ristrutturazione. Il legislatore ha fatto specifico riferimento all’ipotesi di cessione dei crediti bancari perché anche qui è accaduto, a seguito della cessione ai servicer degli NPL e degli UTP, che il debitore ceduto non sia stato in grado di trovare un interlocutore valido, in condizioni di riscontrare le sue proposte. 
Si è inoltre chiarito, in armonia con il divieto previsto dalla Direttiva UE 1013/2019 delle c.d. clausole ipso facto, che l’ accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore, ferma restando naturalmente la liceità della revoca per ragioni relative all’andamento del conto. 
I principi affermati dal legislatore non varranno ad impedire comportamenti formalmente corretti, con cui la banca o il servicer comunichi la mancanza di interesse alla trattativa. La loro violazione comporterà però la possibilità che, in caso di fallimento, la curatela possa agire nei confronti del creditore con l’azione di danni ove sia in grado di provare che il silenzio o il ritardo nella risposta ha causato quantomeno un aggravamento del dissesto. Per altro verso il dovere di rispondere alle proposte del debitore determinerà necessariamente una diversa organizzazione interna di alcuni creditori bancari e v’è da sperare che, una volta presa in considerazione la posizione del debitore, non vi siano più ragioni per perseverare in pratiche attendiste, prive di reale utilità anche per il creditore. 
Le norme che abbiamo ora considerato sono relative alla sola composizione negoziata della crisi. Al di fuori di questo strumento di conciliazione non vi sono al momento norme che consentano di affermare che l’obbligo di partecipare alle trattative e di dare risposta alle proposte del debitore abbia carattere generale e valga pertanto sia quando il debitore non si avvale degli strumenti di soluzione della crisi d’impresa previsti dall’ordinamento sia quando egli faccia ricorso direttamente ad una delle procedure di ristrutturazione o liquidatorie disciplinate oggi dalla legge fallimentare e prossimamente dal nuovo codice. 
Va tuttavia considerato che nella disciplina della composizione negoziata l’art. 4 detta regole che sono sostanzialmente declinazione del generale dovere di comportamento secondo buona fede e correttezza previsto dall’art. 4, terzo comma, del decreto legge. E a sua volta tale principio non è proprio soltanto della disciplina della composizione negoziata perché, come si è accennato, esso è previsto anche dall’art. 4 del codice della crisi, che lo ricomprende tra i principi generali, comuni a tutte le procedure disciplinate dal codice. Esso riguarda le procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza regolate dal codice e le trattative che le precedono e comprende per i creditori il dovere di collaborare lealmente con il debitore, il che comporta, a nostro avviso, anche il dovere di rispondere alle proposte da questi formulate, anche se tale ultimo obbligo non è espressamente formulato.
È dunque possibile ritenere che con la prossima entrata in vigore del codice della crisi i doveri di collaborazione e risposta dei creditori alle proposte formulate dal debitore possano considerarsi generali, con le conseguenze che sin qui se ne sono tratte. 
Giova sottolineare che l’esistenza di un obbligo giuridico di rispondere alle proposte del debitore va visto con favore non tanto per i profili di responsabilità che dalla sua violazione possono derivare, quanto piuttosto per la possibilità che ne può derivare che da tale obbligo discenda una diversa organizzazione delle banche e dei servicer che porti ad agevolare lo svolgimento delle trattative, a ridurne i tempi ed a consentire di giungere a risultati positivi in un numero di casi molto maggiore. Occorrerà però a tal fine che concorrano altre circostanze, fondamentali perché un esito positivo possa esservi, delle quali la più importante è il tempestivo accesso alla composizione negoziata o ad una procedura di regolazione della crisi. In difetto in prossimità dell’insolvenza irreversibile sarà certamente più complesso raggiungere risultati migliori.



Lo scritto è destinato agli Scritti in onore di Paolo Montalenti, in corso di pubblicazione.

Note:

[1] 
Riprendiamo l’analisi di Banca d’Italia, I crediti deteriorati (Non-Performing Loans - NPLs) del sistema bancario italiano, 05-06-2017.
[2] 
Banca d’Italia, I crediti deteriorati (Non-Performing Loans - NPLs) del sistema bancario italiano, cit. 
[3] 
I.Visco, Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche, Audizione del Governatore della Banca d’Italia da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, Roma, 10 febbraio 2021. 
[4] 
Poi modificato in relazione alla crisi pandemica dal Regolamento (UE) n. 873/2020 (cd. “Quick Fix” del CRR). 
[5] 
Si vedano le comunicazioni della BCE: Addendum to the ECB Guidance to banks on non-performing loans: supervisory expectations for prudential provisioning of non-performing exposures e Communication on supervisory coverage expectations for NPEs.
[6] 
Debtwire, Debtwire European Npls Report Fy 20, in Events/debwire.com
[7] 
I.Visco, Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche, cit., 26. 
[8] 
PwC: The Italian NPL Market, Luglio 2021. 
[9] 
I.Visco, Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche, cit., 27.
[10] 
Commissione ue, Far fronte ai crediti deteriorati all’indomani della pandemia di Covid-19, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0822&from=EN.
[11] 
COM(2018) 135 final - 2018/063 (COD). La proposta seguiva all’adizione da parte del Consiglio europeo nel luglio 2017 di un “Piano d’azione per affrontare la questione dei crediti deteriorati in Europa”. Tale piano prevedeva una combinazione di azioni complementari in quattro ambiti: i) vigilanza bancaria e regolamentazione, ii) riforma della disciplina in materia di ristrutturazione, insolvenza e recupero dei crediti, iii) sviluppo di mercati secondari delle attività deteriorate, iv) promozione della ristrutturazione del sistema bancario. Doveva essere attuato sia a livello di Stati membri che dell’Unione. 
[12] 
“Best practices in relation to relief measures offered to consumers and businesses in the context of the COVID-19 crisis” del 14 luglio 2020, in https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/business_economy_euro/banking_and_finance/documents/200714-best-practices-mitigate-impact-pandemic_en.pdf
[13] 
Si tratta delle proposte di Regolamento COM(2020)282 e COM(2020)283, che ad oggi non hanno terminato il loro iter di approvazione. 
[14] 
Ancora I.Visco, ibidem
[15] 
Uncitral Colloquium on Civil Asset Tracing and Recovery (Vienna 6 December 2019)”, Concept Note, p. 2, in https://uncitral.un.org/sites/uncitral.un.org/files/media-documents/uncitral/en/concept_note_20191127.pdf. Il tema è stato trattato nella sessione di dicembre 2021 del Working Group V. Si veda ora il documento A/CN.9/WG.V/WP.175 - Civil asset tracing and recovery in insolvency proceedings, preparatorio della sessione. 
[16] 
La legge 26 novembre 2021, n. 206, (art. 1, dodicesimo comma) prevede:
- la sostituzione dell’iter di rilascio della formula esecutiva con la mera attestazione di conformità della copia al titolo originale;
- con riguardo al pignoramento, la sospensione dei termini di efficacia dell’atto di precetto che consenta al creditore, munito di titolo esecutivo e di atto di precetto, di predisporre un’istanza, rivolta al presidente del Tribunale, per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare nonché la riduzione dei termini previsti per la sostituzione del custode nominato in sede di pignoramento;
- la riduzione del termine per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale;
- l’accelerazione nella procedura di liberazione dell’immobile quando è occupato sine titulo o da soggetti diversi dal debitore;
- la riforma dell’istituto della delega delle operazioni di vendita al professionista delegato, al fine di individuare gli adempimenti che il professionista deve espletare e i tempi in cui gli stessi devono essere compiuti e di fornire al giudice dell’esecuzione la possibilità di svolgere l’attività di controllo;
- l’introduzione di specifiche regole riguardanti la vendita privata nel procedimento di espropriazione immobiliare, prevedendo che il debitore possa essere autorizzato dal giudice dell’esecuzione a vendere direttamente il bene pignorato, per un prezzo non inferiore al suo valore di mercato;
- l’individuazione dei criteri per la determinazione dell’ammontare, nonché del termine di durata delle misure di coercizione indiretta;
- l’estensione degli obblighi antiriciclaggio anche agli aggiudicatari e l’introduzione dell’obbligo per il giudice di verificare l’avvenuto rispetto di tali obblighi ai fini dell’emissione del decreto di trasferimento;
- l’istituzione presso il Ministero della Giustizia della “Banca dati per le aste giudiziali”.
[17] 
Molte sono le pubblicazioni che si sono confrontate con il nuovo istituto. Sulla composizione negoziata rinvio anzitutto ai commenti usciti prima della pubblicazione del d.l. n. 118/2021: M. Fabiani, La proposta della Commissione Pagni all’esame del Governo: valori, obiettivi, strumenti, 2 agosto 2021; S. Leuzzi, Una rapida lettura dello schema di D.L. recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, 5 agosto 2021. Senza prendere in considerazione specifici commenti a questo o a quell’aspetto della nuova disciplina, si vedano in generale S. Ambrosini, La “miniriforma” del 2021: rinvio (parziale) del CCI, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall. 2021, I, 922; R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2021; A. Farolfi, Le novità del d.l. n. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in www.dirittodellacrisi.it, 2021; D. Galletti, È arrivato il venticello della controriforma? Così è, se vi pare, in www.Ilfallimentarista.it, 2021; P. Liccardo, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in www.ilfallimentarista.it, 2021; L. Panzani, Il d.l. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in Diritto della crisi, 25 agosto 2021; S. Pacchi, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ristrutturazioni aziendali, 9 agosto 2021; P. Rinaldi, La composizione negoziata della crisi e i rapporti con gli intermediari creditizi, in www.ilcaso.it, 2021.
[18] 
Gli artt. 1175 e 1137 c.c. sono espressamente richiamati nella Relazione governativa al d.l. n. 118/2021. Cfr. Relazione, sub art. 4. 

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