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Saggio

La postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci nel CCII*

Rinaldo d’Alonzo, Giudice nel Tribunale di Larino

6 Aprile 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Le incerte prospettive dell’istituto della postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci delle società di capitali analizzate nel quadro del CCII. All’indagine dei ricorrenti problemi, si affianca l’approccio critico agli interrogativi sollevati dalla nuova disciplina.
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1 . L’inefficacia dei rimborsi dei finanziamenti eseguiti dai soci. Premessa
È noto che la riforma del diritto societario compiuta con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, aveva visto il conio dell’art. 2467 c.c., a mente del quale il diritto dei soci al rimborso di un finanziamento concesso alla società in una situazione di squilibrio finanziario, o in un contesto che avrebbe richiesto un aumento di capitale, era postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, e doveva essere restituito alla massa qualora effettuato nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento[1].
La qualificazione giuridica del rimborso è stata assai discussa in dottrina, essendone incerta la collocazione sistematica.
Taluni hanno ascritto il rimborso del finanziamento eseguito nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento alla categoria dell’indebito oggettivo, come tale legittimante la ripetizione dello stesso secondo il paradigma dell’art. 2033 c.c., poiché la postergazione si traduce in una condizione legale di efficacia della restituzione[2]. Maggioritaria era invece l’opinione di chi riconduceva la fattispecie del divieto di rimborso nel perimento della revocatoria fallimentare di diritto[3], ancillare rispetto all’esigenza di protezione dei creditori sociali, perseguita dalla norma[4].
Gemmava poi da questa ricostruzione un tema ulteriore, e segnatamente quello del rapporto tra l'art. 2467 c.c., e l'art. 67 L. Fall., nel senso che ci si chiedeva se la disposizione codicistica introducesse o meno uno strumento aggiuntivo rispetto a quello individuato nella legge fallimentare, destinato ad operare anche durante societate[5].
In tale contesto è intervenuto il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, con una modifica che appare di mera ordinazione tassonomica, ma della quale occorre scrutinare i precipitati sia in relazione alla natura (sostanziale o processuale) della postergazione, sia in riferimento all’ambito di applicazione delle disposizioni prima contenute nel solo art. 2467 c.c. ed ora ripartite tra codice civile e codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.
Due le novità, sul piano formale, introdotte dal riformatore: da un lato si è “spostata”, collocandola all’interno dell'art. 164 CCII, la regola per cui sono privi di effetto rimborsi dei finanziamenti dei soci, se sono stati eseguiti dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della procedura concorsuale o nell'anno anteriore (con la variante, propria del codice, della individuazione del dies a quo in quello della presentazione della domanda in luogo di quello della dichiarazione di fallimento) ove trattasi di finanziamenti concessi nelle condizioni di cui all’art. 2467, comma secondo c.c.; dall’altro, la predetta regola dell’inefficacia dei rimborsi è stata espunta dall’art. 2467 c.c. ad opera dell'art. 383 CCII.
In via di estrema sintesi, e non senza una qualche approssimazione, si potrebbe insomma cominciare col dire che con il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza la regola dell’inefficacia ha semplicemente traslocato, trasferendosi dall’art. 2467 c.c. al vecchio art. 65 L. Fall.; e tanto sarebbe avvenuto, come si legge nella relazione ministeriale, “per ragioni di coerenza sistematica”.
Si indagheranno dunque in questa sede gli effetti (voluti e non) prodotti dall’intervento di ortopedia normativa compiuto dalla tanto attesa riforma del diritto fallimentare.
2 . Disciplina generale e ratio dell’art. 2467 c.c.
Sia nelle società di persone (art. 2253 c.c.) che in quelle di capitali (artt. 2342 e 2464 c.c.) i soci sono tenuti ad eseguire i conferimenti pattuiti nel contratto di società, il cui valore in danaro indica, complessivamente, il capitale sociale[6]. Quando poi nel corso della vita della società il fabbisogno finanziario aumenta, i soci possono farvi fronte o incrementando il capitale sociale, oppure (attraverso una pluralità di schemi giuridici) finanziando la società mediante erogazioni di credito in favore di essa, erogazioni che possono consistere sia in versamenti di somme di danaro che in pagamenti diretti di debiti sociali[7].
I soci individuano la strada da seguire utilizzando il ventaglio informativo che gli deriva, appunto, dalla qualità di soci, compiendo una scelta, nell’una o nell’altra direzione, che non è affatto neutra per il ceto creditorio: invero, il finanziamento è costitutivo, in capo al socio, del credito avente ad oggetto il rimborso del relativo importo, sicché costui ha diritto a far valere la garanzia patrimoniale della società, al pari di tutti gli altri creditori sociali.
In linea generale, dunque, per il socio di una società di capitali[8] il finanziamento è sempre più conveniente rispetto alla ricapitalizzazione[9]: non solo perché meno costoso, più informale e veloce rispetto all’aumento di capitale[10], ma anche perché gli consente di spalmare parzialmente il rischio d’impresa sui creditori, con i quali concorre nell’esercizio del diritto di credito che dal finanziamento deriva, per di più partendo da un punto di osservazione di assoluto privilegio, disponendo egli di una conoscenza approfondita delle dinamiche societarie che agli altri creditori evidentemente manca. Ed infatti, se a norma dell’art. 2476, comma 2, c.c., anche i soci che non esercitano poteri di amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione, è evidente che essi potranno valutare il merito creditizio dell’azienda sulla scorta di elementi che al resto dei finanziatori sono sconosciuti.
Con l’art. 2467 c.c. la riforma del diritto societario del 2003, allineandosi alle tendenze emerse in altri paesi europei[11], si era premurata di intervenire in tale descritto scenario introducendo un sistema di contrappesi volto a “moralizzare” il finanziamento dell’impresa e scongiurare operazioni di ricapitalizzazione societaria distorsive della par condicio creditorum.
Questo obiettivo è stato perseguito dalla norma attraverso due misure: la prima (comma uno) sanciva la postergazione dei crediti da finanziamenti concessi dai soci in favore della società (previsione rimasta invariata), e l’obbligo di restituzione (ora migrato nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza) dei rimborsi in favore della massa quando il rimborso fosse stato eseguito nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento; la seconda (comma due) stabiliva (e continua a stabilire) che tali misure colpiscono non già indistintamente tutti i finanziamenti erogati dai soci, ma solo quelli eseguiti in una condizione di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole attendersi un conferimento.
La norma sanziona così il comportamento del socio che, conoscendo o potendo conoscere lo stato di crisi della società, ha sostenuto economicamente la stessa con mezzi non ragionevoli e non adeguati, e cioè non attraverso attribuzioni incrementative del patrimonio (quindi non implicanti un obbligo di restituzione), ma con ulteriore indebitamento della società, aggravandone lo squilibrio patrimoniale[12].
3 . La nozione di finanziamento
La disciplina della postergazione e della inefficacia dei rimborsi riguarda, a norma del secondo comma dell’art. 2467 c.c. i “finanziamenti … in qualsiasi forma effettuati”. La Relazione ministeriale al D.Lgs. n. 6/2003, par. 11, manifesta l'intenzione del legislatore di contrastare i "finanziamenti effettuati dai soci a favore della società che formalmente si presentato come capitale di credito, ma nella sostanza economica costituiscono parte del capitale proprio", quando quest'ultima si trovi in uno stato di squilibrio finanziario, con lo strumento della postergazione legale dei crediti dei soci-finanziatori.
Ciò esplicita la precisa volontà del legislatore di prescindere dalla struttura formale dell’operazione economica (e, ça va sans dire, dal nomen iuris utilizzato) dando esclusivo rilievo all’elemento causale, evidentemente inteso come la ragione pratica dell’affare. L’assunto è ricorrente in giurisprudenza, ove è stato sottolineato che l'espressione "forma" contenuta nell’art. 2467 c.c. sarebbe da intendere, non già nel senso di cui all'art. 1350 ss. o 2699 ss., c.c., ma, piuttosto, come sinonimo di "titolo o causa", con la conseguenza che il "qualsiasi" consentirebbe di attrarre nel perimetro della norma ogni atto che comporti "un'attribuzione patrimoniale compatibile con l'obbligo di futuro rimborso della medesima"[13].
L’elemento causale rende irrilevante, secondo l’opinione dominante, la rappresentazione contabile dell’operazione all’interno del bilancio[14]. Non è dunque condivisibile quella giurisprudenza che, sottolineando come l'art. 2467 c.c. non contenga alcun riferimento ad una forma legale imposta per detti finanziamenti, ha ritenuto che in tema di qualificazione della natura di una erogazione di denaro dal socio alla società, occorra applicare i criteri generali valevoli per il diritto societario, tra i quali il principale è costituito dalla qualificazione che un'entrata patrimoniale per la società assume in sede di bilancio[15]. La pronuncia invero non sembra capace di condurre all’affermazione di principi generali, anche perché il caso di specie sul quale essa si è innestata riguardava il tema del trattamento fiscale di una attribuzione, sebbene non possa trascurarsi che l’imputazione contabile di una operazione economica possa costituire elemento di prova per qualificarla sul piano giuridico.
È necessario è sufficiente, dunque, che la manovra possa qualificarsi, sul piano degli effetti prodotti, come finanziamento, per tale intendendosi ogni forma di trasferimento o messa a disposizione di somme di danaro costitutiva dell’obbligo di restituzione di quanto ricevuto. Vi rientrano dunque, come condivisibilmente osservato in dottrina, non solo le operazioni di financing mero (mutuo, apertura di credito, anticipazioni) ma anche ogni contratto che abbia una finalità creditizia (leasing finanziario, lease-back, riporto, vendita con patto di retrocessione a termine).
In sintesi, il legislatore intende chiarire che non ha rilievo lo schema contrattuale utilizzato, ma la messa a disposizione di quanto occorre per la società, accompagnata dalla previsione di restituzione[16].
4 . Finanziamenti, omesse riscossioni di credito e dilazioni di pagamento
Può accadere che la liquidità venga generata non direttamente, attraverso l’erogazione di un finanziamento, bensì per il tramite della mancata riscossione di un credito certo, liquido ed esigibile (derivante, ad esempio, da un contratto di godimento di beni). Essa può atteggiarsi a mera inerzia del socio, o assumere la veste formale di una dilazione di pagamento, l’una o l’altra intervenute in un momento di eccessivo squilibrio dell’indebitamento complessivo rispetto al patrimonio netto o in una situazione in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, che tuttavia viene evitato attraverso la dilazione.
Sulla possibilità che in queste circostanze operi la postergazione la dottrina appare divisa.
Taluni ritengono che in tali casi l’applicazione dell’art. 2467 c.c. vada in linea generale esclusa, poiché il credito del socio (oggetto di mancata riscossione o di dilazione) è sorto prima che si verificassero i presupposti della postergazione, aggiungendosi che una diversa soluzione disincentiverebbe i soci dal venire incontro alle esigenze della società, nel timore che una dilazione del pagamento possa rendere postergato un credito che in origine non lo era. Riconoscono comunque che la postergazione si concretizza quante volte la dilazione di pagamento sia il frutto di un vero e proprio accordo, o comunque sia diretta a sostenere finanziariamente la società in un momento in cui sarebbe stato ragionevole eseguire un conferimento[17].
Altri sembrano propensi ad allargare le maglie della postergazione, osservando che i crediti derivanti da precedenti rapporti commerciali (ad esempio, vendita di un cespite, fornitura di merci alla società) ovvero, quelli dovuti a titolo di compenso per prestazioni d'opera o di servizi, ma anche i dividendi per cui sia stata deliberata la distribuzione, per quanto non ascrivibili alla categoria dei "finanziamenti", potrebbero essere riqualificati come tali non solo quando, divenuti esigibili, il socio concordi una dilazione, ma anche quando semplicemente ometta di riscuoterli per un rilevante periodo di tempo[18].
In quest’ultima direzione si è mossa la giurisprudenza di legittimità, la quale partendo dalla premessa per cui nella nozione di "finanziamento" di cui all'art. 2467 c.c. rientrano non solo i contratti di credito ma tutti i finanziamenti "in qualsiasi forma" effettuati, e quindi ogni atto che sia veicolo di un'attribuzione patrimoniale accompagnata dall'obbligo della sua futura restituzione, senza che rilevino la misura della partecipazione sociale e l'eventuale proposizione di azioni giudiziarie volte a recuperare il credito, ha ritenuto che costituisce agevolazione finanziaria anche la fornitura in esclusiva di prodotti, significativamente protrattasi nel tempo, da parte del socio alla società, senza il pagamento di alcun corrispettivo da parte di quest'ultima che dei beni forniti si sia in tal modo avvantaggiata[19], il che evidentemente concretizza una tale dilatazione dell’elemento causale da attribuire rilevanza giuridica ai motivi, per quanto non esplicitati nel contratto e non ricavabili dalla interpretazione complessiva dello stesso[20].
5 . Il socio garante
A rigore, la ricostruzione appena compiuta dovrebbe condurre a negare rilevanza, ai fini che qui interessano, alle operazioni in cui il socio anziché concedere il finanziamento si renda garante del medesimo, secondo una prassi negoziale che il mercato del credito conosce, e che si attua quante volte la banca, nel concedere la provvista, chiede che i soci assumano la veste di fideiussori.
Va cionondimeno osservato che la ratio legis, così come sopra individuata, consente di prescindere dalla necessaria identità formale del socio e del finanziatore[21]; se così non fosse potrebbero concludersi operazioni in frode alla legge ove il finanziamento venisse erogato da un terzo solo formalmente. Invero, il socio fideiussore che fosse chiamato ad adempiere dal finanziatore della società maturerebbe, nei confronti di questa, un credito da regresso, non postergabile ed insensibile ad una eventuale liquidazione giudiziale, non solo in forza della previsione di cui all’art. 1949 c.c., ma anche per ontologica diversità rispetto ad un credito da finanziamento, e dunque diverso da quelli contemplati dall’art. 2467 c.c.[22]. Tutto questo vale a maggior ragione quante volte in concreto vi sia stata una interposizione fittizia[23] che, tenuto conto delle peculiarità dell’operazione (tra le quali assume certamente rilievo indiziario la condizione di sottocapitalizzazione della società) tradisca l’intento di eludere la portata applicativa dell’art. 2467 c.c..
Lo stesso discorso deve svolgersi nelle ipotesi di garanzia reale concessa dal socio al fine di ottenere un finanziamento a favore della società da parte di un istituto di credito[24]. Invero, anch’esso configura una forma di finanziamento indiretto del socio stesso, suscettibile di assoggettamento alla disciplina relativa alla postergazione. Infatti, pur non sussistendo una movimentazione materiale di denaro dalle disponibilità del socio a quelle della società all'atto della prestazione della garanzia, è nel momento in cui il debito non viene onorato dalla società, non più in grado di pagare le rate scadute, che il creditore può rivolgersi direttamente al socio garante. Ed il pagamento eseguito da costui nei confronti dell’istituto di credito che ha erogato il finanziamento costituisce di fatto l'esecuzione materiale della promessa di finanziamento alla società sorta con la concessione di garanzia contestuale alla stipulazione del contratto di mutuo. La circostanza permette così al socio di poter vantare un credito nei confronti della società partecipata per l'ammontare delle somme pagate in sua vece[25].
6 . L’art. 2467 c.c. in relazione all’acquisto ed alla perdita della qualità di socio
Per quanto il codice abbracci una nozione ampia di finanziamento, è opinione comune quella per cui condicio sine qua non per l’applicazione della disciplina dell’art. 2467 c.c. è che il finanziamento provenga (fatte salve le operazioni elusive di cui si è appena detto e di cui si dirà tra un attimo) dal socio. Il codice, infatti, parlando di “finanziamenti dei soci”, sia al primo che al secondo comma della disposizione in parola, postula che il soggetto finanziatore rivesta la qualifica soggettiva di socio nel momento in cui il finanziamento viene erogato; conseguentemente è irrilevante sia la successiva perdita che il successivo acquisto di tale qualità[26].
Questa interpretazione del dato normativo, per quanto condivisibile, deve essere accompagnata dall’avvertenza del pericolo di un facile aggiramento ad opera del socio che, prima di erogare finanza, maliziosamente dismetta i relativi panni per poi rivestirli nuovamente ad eseguito finanziamento. È chiaro allora che per fronteggiare tali escamotage occorrerà procedere ad una ricostruzione storica della compagine sociale per verificare quali eventuali dinamiche anomale l’abbiano interessata nell’arco temporale che precede e segue il finanziamento.
Peculiare è poi l’ipotesi del finanziamento condizionato all’acquisto della qualità di socio, in relazione al quale la dottrina che si è occupata dell’argomento ha opportunamente osservato che l’esistenza di un collegamento negoziale tra le due operazioni non è sufficiente a rendere applicabile l’art. 2467 c.c., poiché la ratio della norma è quella di rimediare all’indebito utilizzo delle informazioni da parte del socio, il quale decide di finanziare la società laddove avrebbe dovuto ricapitalizzarla, così sgravandosi dai rischi d’impresa connessi alla ricapitalizzazione[27].
Rispetto a questa conclusione occorre tuttavia chiedersi se essa sia valida quante volte il finanziamento rappresenti il “corrispettivo” dell’assunzione della qualità di socio, il quale intanto si determina ad entrare nella società in quanto ha ricevuto tutte quelle informazioni cui avrebbe avuto diritto se fosse stato socio, e pertanto ha potuto scientemente determinarsi a sottoscrivere il contratto sociale, versando il corrispettivo del finanziamento. Parimenti, occorre domandarsi se si applichi l’art. 2467 c.c. nel caso in cui, stipulato il contratto di finanziamento e di contestuale acquisto della qualità di socio, questo venisse materialmente eseguito nel momento in cui si è già assunta la veste di socio; ancora, potrebbe venire il rilievo la situazione di un contratto preliminare di finanziamento, il cui definitivo sopraggiunge all’ingresso nella compagine sociale.
Orbene, in tutte queste situazioni non pare che la disciplina dell’art. 2467 c.c. possa venire in rilievo.
E così, nell’ipotesi in cui il finanziamento assurga a corrispettivo dell’ingresso nella società, non può obliterarsi il dato per cui il finanziatore ha chiesto ed ottenuto le informazioni che ha reputato necessarie per orientare il suo business (e che in ipotesi avrebbero potuto coincidere con quelle autonomamente acquisibili quale socio) nell’ambito delle ordinarie dinamiche della contrattazione, sicché l’applicazione o la disapplicazione della disciplina codicistica non può costituire il precipitato della maggiore o minore diligenza o perizia con cui la parte ha valutato la convenienza economica dell’affare.
Allo stesso modo, quando il contratto di finanziamento è stato concluso prima dell’assunzione della qualità di socio (per quanto l’erogazione del finanziamento sia stata successiva), o si sia trattato di una contrattazione preliminare rispetto alla quale il definitivo è intervenuto dopo che il terzo è divenuto socio, l’art. 2467 c.c. non può applicarsi: la spendita dell’autonomia negoziale (id est l’obbligo di eseguire il finanziamento) è infatti avvenuta in un momento in cui il finanziatore non era socio, a meno che non si possa ritenere, attraverso l’interpretazione del sinallagma, che costui si sia riservato la possibilità di decidere, successivamente all’acquisto della qualità di socio, se eseguire o meno un finanziamento, in forza di pattuizioni riconducibili ad un preliminare unilaterale o ad un patto di opzione.
7 . La cessione del credito avente ad oggetto il rimborso del finanziamento
Problemi particolari si pongono invece in relazione alle vicende circolatorie del credito per cessione dello stesso.
In questo caso occorre distinguere due ipotesi: quella di cessione del credito da finanziamento erogato dal socio, da un lato, e quella della cessione al socio del credito erogato alla società da un extraneus.
La prima situazione, a sua volta, impone di differenziare le normali cessioni attuate secondo i criteri di cui agli artt. 1260 c.c., dalla circolazione cartolare del credito. In relazione alle ordinarie cessioni si è ritenuto che il credito resti postergato[28] (e, se rimborsato entro l’anno, è suscettibile di essere ripetuto dal curatore), sebbene non si sia mancato di osservare da parte di taluni come questa soluzione sarebbe ingiustamente pregiudizievole per il terzo acquirente di buona fede[29]. Quando invece il diritto al rimborso sia incorporato in un titolo di credito si è ritenuto che la disciplina dell’art. 2467 c.c. non sarebbe applicabile, trattandosi di un’eccezione personale al socio che non può essere fatta valere contro l’acquirente del titolo di credito, se non avvalendosi dell’dell’exceptio doli[30].
Nell’ipotesi opposta, cioè quella di cessione in favore del socio del credito da finanziamento erogato da soggetto estraneo alla compagine sociale, la dottrina è sostanzialmente unanime nel ritenere che il credito non diventa postergabile[31]; si è infatti detto nel paragrafo precedente che elemento decisivo ai fini della postergazione è che il credito provenga dal soggetto che rivesta formalmente la posizione di socio (fermo restando quanto detto a proposito del socio garante).
8 . I presupposti della postergazione
L’art. 2467, comma secondo c.c., subordina l’operatività della postergazione e della inefficacia dei rimborsi al ricorrere di due condizioni, le quali devono essere accertate come sussistenti nel momento in cui il finanziamento viene erogato[32]: la prima è che risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto; la seconda è una situazione della società nella quale sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento.
Come si vede il legislatore ha utilizzato una formulazione volutamente ampia, evidentemente dettata della estrema eterogeneità delle dinamiche societarie, sicché è rimesso all’interprete l’indagine circa la sussistenza dei presupposti di applicazione della norma in relazione alle circostanze del caso di specie.
In varie occasioni dottrina e giurisprudenza hanno tentato indicare i modi in cui possono essere declinati i generici sintagmi codicistici, affermando ad esempio che la postergazione ricorre quando, in relazione all’attività in concreto esercitata, sono stati concessi dai soci finanziamenti che la società non sarebbe stata in grado di rimborsare[33]; in altri casi invece si è fatto riferimento all’indice di liquidità, ossia al raffronto della posizione di liquidità a breve della società con l’ammontare delle passività correnti, riconoscendosi che il requisito dell'eccessiva sproporzione nel rapporto tra indebitamento e patrimonio netto non ricorre quando esso sia di poco inferiore, uguale o superiore a uno[34].
Al fine di valutare l'eventuale eccessivo squilibrio tra indebitamento e capitale netto, si è anche detto che costituisce elemento significativo il leverage, cioè il rapporto tra il totale delle fonti di finanziamento e i mezzi propri; esso, si è specificato, deve però essere confortato e valutato unitamente ad ulteriori elementi, tra i quali riveste particolare importanza la struttura del debito, poiché  se è vero che una componente di debito a medio-lungo termine incide sullo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto in misura inferiore di una componente di debito a breve termine, è anche vero che la necessità di utilizzare i finanziamenti erogati da terzi per il pagamento dei debiti di imminente scadenza costituisce un indice di undercapitalization della società[35].
Ancora, si è osservato da parte di taluni che, ai fini dell’applicazione della norma in commento, sono utilizzabili come elementi di prova i rating assegnati al debitore da banche o società indipendenti, formulati su adeguate informazioni, secondo principi generalmente accettati[36].
Da questa rapida rassegna si evince come il file rouge che accomuna i finanziamenti anomali sia rinvenibile una condizione di crisi[37], la qualcosa, secondo la dottrina[38], trovava conferma nell’art. 182-quater L. Fall., e trova oggi conforma nell’art. 102 CCII, il quale, in espressa deroga all’art. 2467 c.c., consente la parziale prededucibilità dei crediti da finanziamento concessi dai soci in funzione del concordato, dal che si ricava che in assenza di questa deroga i crediti da finanziamenti avrebbero subito la deminutio della postergazione.
Questa impostazione trova peraltro nel codice della crisi un ulteriore elemento di relativa stabilità, posto che l’art. 2, comma 1 let. a), introduce una definizione della crisi come lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.
La complessiva riconducibilità dei vari indici proposti alla nozione di crisi permette anche di superare l’interrogativo, pure affacciato in dottrina ed obiettivamente posto dal tenore letterale della norma, relativo al se possa ritenersi autonoma causa di postergazione il requisito della ragionevolezza del conferimento in luogo del finanziamento, indipendente dalla situazione di squilibrio. Invero, a fronte di coloro i quali propendono per una lettura atomistica dei due elementi richiesti dal secondo comma dell’art. 2467 c.c.[39] , sembra da condividersi l’opinione per cui, nonostante la costruzione della norma,  da un punto di vista logico il presupposto della postergazione non può che essere unico, ed individuato nella nozione di crisi, poiché tutti i criteri sulla scorta dei quali si è cercato di riempire di contenuti il concetto di “ragionevolezza del conferimento” finiscono per rimandare, più o meno esplicitamente ad essa[40].
9 . Applicazione analogica dell’art. 2467 c.c. ed effetti delle novità introdotte dal CCII
Prima delle modifiche introdotte dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (che, come si vedrà, hanno contribuito solo in parte a rendere meno brumoso l’argomento) si discuteva in dottrina circa l’applicabilità dell’art. 2467 c.c. (dettato in tema di s.r.l.) alle società per azioni, ed in generale circa la possibilità di una sua applicazione analogica[41].
Un primo maggioritario orientamento era favorevole ad estendere la disposizione a tutti i tipi societari, posto che essa costituiva la risposta dell’ordinamento ad un problema ricorsivo anche nelle società di capitali[42]. Invero, si diceva, se lo scopo della norma è quello di impedire al socio di sfruttare a proprio vantaggio, e quindi in pregiudizio dei terzi creditori della società, il paniere informativo e gli eventuali poteri di gestione derivanti dalla sua qualità di socio, tale obiettivo deve essere assicurato anche nelle società per azioni, poiché anche in esse i soci possono disporre di quel bagaglio conoscitivo che consente loro di assumere le decisioni relative alla concessione di un finanziamento in posizione privilegiata rispetto ai terzi[43].
Nel solco di questo filone si collocavano poi coloro i quali ritenevano addirittura costituzionalmente imposta un’applicazione della disposizione in parola anche alle società per azioni[44].
Una estensione meno ampia, ma pur sempre possibilista, era poi sostenuta da colori i quali ritenevano ammissibile l’applicazione dell’art. 2467 c.c. anche alle società per azioni solo in presenza di alcuni elementi ulteriori, rappresentati da una organizzazione di modeste dimensioni, oppure dall’esistenza di una compagine societaria "chiusa" (ad esempio, perché avente struttura familiare)[45].
La tesi -minoritaria- che invece negava la possibilità di applicare l’art. 2467 c.c. sia direttamente che in via analogia al di fuori delle s.r.l., fondava il proprio convincimento in primis sulla non assimilabilità dello status di socio di società a responsabilità limitata a quello di socio di società per azioni, in ragione della non sovrapponibilità del relativo modello legale di disciplina, che attribuiva al primo una lista di facoltà non riconosciute al secondo, la qualcosa impediva di intravvedere quella eadem ratio che legittima il ricorso all’analogia[46]; osservava inoltre che il silenzio serbato dal legislatore, che non aveva introdotto nelle s.p.a. analoga disciplina, era l’espressione di una precisa scelta compiuta dal riformatore del 2003, il quale aveva inteso realizzare una "integrale revisione" della società a responsabilità limitata (per venire incontro alle esigenze manifestate dalle piccole e medie imprese) la quale "cessa di presentarsi come una piccola società per azioni", come emerge nitidamente dalla Relazione ministeriale al D.Lgs. n. 6/2003, par. 11[47].
Questa impostazione è stata condivisa da una parte della giurisprudenza di legittimità - che ha escluso la possibilità di applicare l'art. 2467 c.c. in caso di finanziamenti concessi a società cooperative[48] - e di merito, la quale ha aggiunto che la disposizione in commento ha carattere eccezionale rispetto al principio dell’autonomia negoziale (e, potrebbe aggiungersi, rispetto al principio della par condicio creditorum di cui all’art. 2740 c.c.), e come tale sarebbe insuscettibile di applicazione analogica[49].
Rispetto al panorama dottrinario e giurisprudenziale appena riassunto, può affermarsi che il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza rende anossici gli argomenti spesi per escludere l’applicabilità della disposizione in parola a modelli societari diversi da quelli della s.r.l., almeno per quanto attiene alla sanzione della inefficacia dei rimborsi infrannuali.
Invero, sulla base del nuovo testo dell’art. 164 CCII (nel quale è stata inserita la previsione della inefficacia dei rimborsi eseguiti entro l’anno precedente la presentazione della domanda cui è seguita la dichiarazione di liquidazione giudiziale) e dell’art. 2467 c.c. (dal quale la predetta disposizione è stata eliminata proprio perché confluita nel citato art. 164), si ha che mentre la postergazione rimante disposizione dettata per le s.r.l. (e dunque in relazione ad essa resta attuale il confronto tra le diverse opinioni che si sono espresse in punto di operatività dell’istituto anche nelle s.p.a.), la sanzione della inefficacia, oggi prevista dall’art. 164 CCII, opera indistintamente per tutte le società[50].
Il quadro che dunque il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ci restituisce è il seguente: i rimborsi dei finanziamenti dei soci eseguiti nelle s.r.l. sono postergati, e se compiuti nell’anno che precede la domanda da cui deriva la liquidazione giudiziale vanno restituiti; i rimborsi dei finanziamenti dei soci eseguiti nelle s.p.a. non sono postergati, ma restano ugualmente inefficaci, se compiuti nell’anno, in caso di sopravvenuta liquidazione giudiziale.
Sembrerebbe così chiarito che il problema della perimetrazione della sanzione di inefficacia del pagamento non ha più ragione di porsi poiché esso viene indistintamente predicato, in occasione della liquidazione giudiziale, per tutti i tipi societari.
Verosimilmente, nel declinare questa regola il legislatore della riforma è andato oltre le intenzioni, se è vero che nella relazione ministeriale la modifica normativa in discorso viene giustificata da “ragioni di coerenza sistematica”, ma non può non prendersi atto di un precetto normativo che oggi sanziona di inefficacia anche i rimborsi eseguiti nelle s.p.a., a meno di non voler ritenere che il generico riferimento alle società, e non alle sole s.r.l., sia il parto non voluto di un mero lapsus calami.
Parrebbe invece ancora confinato nell’alveo della s.r.l. lo stigma della postergazione.
In realtà in nodi interpretativi da sciogliere sono più d’uno, e la ricostruzione del dato normativo è assai meno scontata di quanto la lettera della norma lascia presagire.
Un primo interrogativo è posto proprio dalla rubrica dell’art. 164. Essa si propone di disciplinare la sorte dei “pagamenti dei crediti non scaduti e postergati”, ed in ciò si annida uno iato rispetto al testo dell’articolo, il quale invece sanziona l’inefficacia dei “rimborsi dei finanziamenti dei soci a favore della società”. Il codice della crisi, nella sostanza, identifica i crediti postergati con i crediti da rimborso finanziamento soci in favore della società quale che sia, ma si è visto in questo paragrafo che per una parte della dottrina e della giurisprudenza così non è, in quanto i crediti da rimborso finanziamento soci sono postergati solo nelle s.r.l. e non anche nelle s.p.a..
Orbene, non vi sono argomenti per affermare che il legislatore abbia voluto allargare le maglie della postergazione, e certamente la sola rubrica della norma non è sufficiente a ritenere che la disciplina della postergazione operi, alla luce del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, anche nelle s.p.a.. Tuttavia, se di aderisce alla tesi che esclude la postergazione nelle società per azioni non si può non prendere atto di una disciplina frastagliata, poiché i crediti da finanziamento compiuti dai soci delle s.p.a., benché non postergati, sarebbero ciononostante suscettibili di inefficacia in caso di sopraggiunta liquidazione giudiziale.
Nondimeno, una generalizzata applicazione dell’istituto della postergazione avrebbe una sua coerenza sistematica rispetto all’impianto complessivo del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.
Invero, indipendentemente dalla regola della postergazione, anche nelle s.p.a. gli amministratori dovrebbero astenersi dall’eseguire questi rimborsi perché il codice prevede all'art. 4 che nelle situazioni di crisi il comportamento del debitore deve essere improntato a correttezza e buona fede; tale precetto, che all'evidenza “va applicato all'interno delle procedure di regolazione della crisi e nella fase delle trattative, ragionevolmente esprime un nuovo modo di approcciarsi alla crisi e, quindi, consente di affermare che, ancor prima, le condotte del debitore debbono proiettarsi sui possibili immanenti scenari di crisi e, pertanto, conformarsi (anticipatamente) alle condotte attese”[51]. E così, la restituzione, durante societate, di un finanziamento, potrà generare responsabilità, in caso di liquidazione giudiziale, quante volte sia stata eseguita nella consapevolezza che il patrimonio esistente al momento del pagamento del debito non era sufficiente a soddisfare anche tutti gli altri creditori[52], consapevolezza che l’imprenditore deve avere poiché l’art. 2086, comma secondo c.c. (aggiunto dall'art. 375, comma 2, CCII) lo obbliga a dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile capace di rilevare tempestivamente situazioni di crisi dell'impresa [53], ed ad attivarsi senza indugio per il superamento della crisi (attraverso uno degli strumenti previsti dall’ordinamento), e per il recupero della continuità aziendale.
Del resto, si osserva, lo stesso art. 2394 c.c. espone a responsabilità gli amministratori che in una situazione di crisi non preservano l’integrità del patrimonio[54].
In definitiva, tutto questo vorrebbe dire che, indipendentemente dalla postergazione, ed a prescindere dalle forme di esercizio dell’impresa, in una situazione di crisi i pagamenti sarebbero legittimi nella misura in cui apparirebbero funzionali alla garanzia della continuità aziendale e rispettose della parità di trattamento dei creditori.
Questa conclusione però nell’impone di ritenere, a monte, che in un contesto di crisi le norme che sopra si sono richiamate (ed in particolare l’art. 4 CCII, da un alto, e gli artt. 286 e 2394 c.c. dall’altro) legittimerebbero l’inadempimento del debitore, concretizza a bene vedere in una deroga all’art. 1218 c.c., o comunque introduce una causa di inesigibilità dei crediti dagli effetti dirompenti, il che non mi sembra, poiché l’innesto di un principio così dirompente nella disciplina dell’inadempimento avrebbe avuto bisogno di una declinazione esplicita, e non di un’affermazione risultante da una non pacifica ricostruzione sistematica[55].
Tutto questo, tenendo ben presene il rischio (che solo la prassi potrà dire quanto sia reale) che una ricostruzione di questo tipo esponga il singolo creditore al comportamento distorsivo dell’imprenditore che in mala fede ritardi il pagamento trincerandosi dietro l’affermazione (difficile da verificare dall’esterno) della sussistenza di una situazione di crisi e del conseguente dovere di preservare la continuità aziendale.
10 . L’operatività della postergazione durante societate ed i profili processuali della postergazione e della inefficacia del rimborso alla luce del CCII
Se è chiaro che la postergazione opera nel processo esecutivo (singolare o collettivo) vincolando in sede di riparto la graduazione dei crediti[56], ci si chiede se la postergazione rilevi già in sede di adempimento (spontaneo) delle obbligazioni.
Nel trattare l’argomento vale la pena prendere le mosse dagli approdi cui è giunta recentemente la giurisprudenza di legittimità, chiamata ad occuparsi (in un giudizio promosso dal socio contro la s.r.l., per ottenere il rimborso di un finanziamento erogato in favore di questa) sia del tema, annoso, della operatività della postergazione durante societate[57], sia di quello della rilevabilità d’ufficio delle cause della postergazione[58].
Nell’esplicitare le ragioni del proprio convincimento la Corte richiama preliminarmente i termini del dibattito intorno alla natura "sostanziale" o "processuale" della postergazione, e della conseguente possibilità, corollario della prima tesi, che la norma trovi applicazione già durante la vita della società ed al di fuori della procedura esecutiva; possibilità che invece la seconda opzione esclude, richiedendo un concorso in senso tecnico fra creditori, e dunque una situazione di liquidazione volontaria o, comunque, la presenza di una esecuzione individuale o concorsuale della società.
Dopo aver rievocato i precedenti di legittimità che, seppure nell’ambito di obiter dicta, avevano riconosciuto natura sostanziale alla postergazione legale[59], la pronuncia ritiene che la lettera e la ratio della disposizione convincano della natura sostanziale della disposizione.
In primis et ante omnia deporrebbe in tal senso il fatto che l'art. 2467, comma 1, c.c. parla sic et sempliciter di postergazione del rimborso rispetto agli «altri creditori», senza confinare la valenza della disposizione al momento del concorso; ciò troverebbe conferma anche nella scelta compiuta dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, il quale ne ha lasciato invariata la sedes materiae, mantenendola nel codice civile, pur traslando in seno al codice della crisi lo stigma dell’inefficacia del rimborso infrannuale.
Sul versante delle finalità dell’istituto, ricorda la Corte che dalla Relazione alla riforma del diritto societario del 2003 si evince che esso costituisce la risposta normativa alla possibile traslazione del rischio d'impresa dalla società al mercato realizzata da finanziamenti anomali compiuti in presenza di condizioni di sottocapitalizzazione; risposta rappresentata, appunto, dalla automatica postergazione del credito da rimborso, operante indipendentemente dalla conoscenza effettiva dello stato della società o dall'intenzione delle parti. Questo vuol dire, prosegue la sentenza, che la postergazione “produce effetti negoziali sul diritto del socio alla restituzione della somma finanziata: il credito restitutorio, sebbene eventualmente sia anche scaduto il termine previsto per l'adempimento ex art. 1813 c.c., non è esigibile”, con l'ulteriore conseguenza che la società “può, ed anzi deve rifiutare il rimborso del prestito, sino a quando non siano venute meno” le cause della postergazione[60], con accertamento demandato al giudice, il quale è chiamato ad verificare se sussista, in concreto, una delle situazioni ex art. 2467, comma 2, c.c. non solo al momento del prestito, ma anche al tempo della richiesta di rimborso e sino alla pronuncia, trattandosi di una condizione di inesigibilità del credito.
Affermato che la postergazione ha natura sostanziale in quanto determina l’esigibilità del credito, gli ermellini aggiungono che essa può essere rilevata d’ufficio dal giudice trattandosi di eccezione in senso lato, poiché discende dalla sussistenza di oggettive circostanze previste dalla legge indipendenti dall'esercizio di un diritto potestativo della società finanziata; non si tratta dunque di un'eccezione in senso proprio[61].
La pronuncia muove da presupposti del tutto condivisibili, e bene ricostruisce il brodo di coltura in seno al quale la postergazione è maturata. Le conseguenze che tuttavia ne ricava hanno suscitato in dottrina qualche perplessità nella misura in cui, nel riconoscere natura sostanziale alla postergazione, finisce con l’assegnare alla regola della par condicio creditorum una valenza operativa anche al di fuori della procedimentalizzazione del concorso[62].
Anche la portata che essa riconosce, rispetto al tema della natura (sostanziale o processuale) della postergazione, alle novità introdotte dal codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza non incontra unanimi consensi. A tal proposito, l’unico dato certo è che, probabilmente, le ragioni di coerenza sistematica che hanno suggerito la modifica normativa di cui si è dato sin qui conto allignano nella volontà di ricondurre la sanzione della inefficacia del rimborso anticipato nell’alveo dei rimedi revocatori latu sensu intesi, così come hanno scelto di fare altri ordinamenti[63].
Tuttavia, diversamente da quanto ricavato dalla richiamata pronuncia, potrebbe sostenersi che se, ai sensi del secondo comma dell’art. 164 CCII è oggi chiaro che “sono privi di effetto … i rimborsi dei finanziamenti … se … sono eseguiti dopo il deposito della domanda … o nell’anno anteriore”, è altrettanto chiaro, a contrario, che questi finanziamenti, se rimborsati al di fuori di questa forbice temporale, non sono privi di effetto e rimangono validi ed efficaci. Inoltre, il fatto che l'art. 221 CCII, contempli i crediti postergati collocandoli all'ultimo grado nell'ordine di riparto dell'attivo confermerebbe, secondo taluni, che quella della postergazione è regola che attiene al rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione, che ha ragione di imporsi (solo) nel concorso dei creditori, quando è necessario graduare il soddisfacimento delle pretese secondo un criterio diverso da quello normale della priorità temporale[64].
Del resto, proprio il fatto che l’art. 164 CCII accomuni nella stessa disposizione la disciplina dei crediti non scaduti e quella dei crediti postergati, ma tenga ciononostante a distinguerli, indica inequivocabilmente che i crediti postergati sono crediti scaduti, poiché altrimenti il distinguo si sarebbe risolto in una grida manzoniana, in quanto i crediti da rimborso, ove ritenuti non scaduti, sarebbero rientrati nella previsione del primo comma[65].
Se si accede a questa lettura verrebbe confermata quella impostazione ermeneutica che le medesime conclusioni aveva tratto anche dalla lettura del vecchio art 2467 c.c., osservando che se "il rimborso dei finanziamenti ... avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito",  non poteva revocarsi in dubbio, “da un lato, che le restituzioni dei finanziamenti soci non sono di per sé vietate e dall'altro, che l'inefficacia non colpisce, neppure in caso di fallimento, i rimborsi intervenuti prima dell'anno anteriore”[66].
11 . La postergazione al tempo della pandemia
L’art. 2467 c.c. non è stato risparmiato dall’alluvionale produzione normativa imposta dalla emergenza sanitaria determinata dal “covid-19”.
Infatti, l’art. 8 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 (recante “Disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società”) convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 5 giugno 2020, n. 40 prevede che “ai finanziamenti effettuati a favore delle società dalla data di entrata in vigore del presente decreto (9 aprile 2020) e sino alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2467 e 2497 quinquies del codice civile”.
La relazione illustrativa spiega la norma con l’esigenza di incentivare i canali necessari per assicurare iniezioni di liquidità alle imprese, e tale è certamente il finanziamento erogato dai soci, per sollecitare il quale si è pensato ad un congelamento della regola della postergazione dei rimborsi dei finanziamenti effettuati da costoro nel periodo preso in considerazione dalla norma.
In altri termini, i crediti da finanziamento erogati (in situazioni di eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto ovvero in cui sarebbe stato ragionevole effettuare un conferimento) nel periodo in questione non sono postergati, né sono inefficaci i rimborsi in favore del socio, ove eseguiti entro l’anno che precede la dichiarazione di fallimento. Il riferimento alla data del fallimento (e non alla data di presentazione della domanda, secondo il paradigma del ccii) deriva dal fatto che il legislatore dell’emergenza ha fatto riferimento all’art. 2467 c.c., vigente, posto che la sua modifica ad opera dell’art. 383 CCII non è tra quelle che a norma del secondo comma dell’art. 389 ccii sono già entrate in vigore, per cui non è possibile fare riferimento alla data di deposito della domanda da cui è scaturita la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.
Se si accede all’idea per cui la postergazione introduce una condizione di inesigibilità del credito (ove restituito nel periodo contemplato nel secondo comma dell’art. 2467 c.c.), dalla norma deriva anche che l’astratta esigibilità dei rimborsi dei finanziamenti eseguiti nel periodo considerato dalla normativa emergenziale permette di escludere, per tali rimborsi,  la configurabilità della bancarotta per distrazione, mentre rimane il presidio della bancarotta preferenziale[67] nella fattispecie di cui all’art. 216 comma 3 L. Fall. (oggi art. 322 CCII).
La logica non sembra essere diversa da quella che, in fondo, al fine di favorire l'accesso delle imprese alle procedure di concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione dei debiti, assegna il rango della prededuzione ai crediti derivanti dai finanziamenti dei soci effettuati in funzione di essi, ex art. art. 182-quater, comma 3, L. Fall. (oggi art. 102 CCII).
Nell’analizzare la portata della norma si scorge in essa una scommessa.
Invero, con l’auspicare il ricorso al finanziamento da parte dei soci il legislatore confida sul fatto che essa sarà adoperata da quegli imprenditori che, impauriti dalla crisi, tentennano nel rinforzarla apportandovi capitale di rischio; e punta altresì sul fatto che essa non sarà opportunisticamente utilizzata da coloro i quali, ben disposti ad operazioni di ricapitalizzazione, ricorreranno al finanziamento per trarne i vantaggi che ne derivano, senza subire gli effetti collaterali del congelato art. 2467.
Insomma, come sempre accade, solo il tempo ci dirà (forse) se nel pertugio aperto per farvi passare buoni propositi, si infiltreranno anche i cattivi propositi.

Note:

[1] 
Dal punto di vista contabile i finanziamenti dei soci vanno collocati nella Voce D 3 dello stato patrimoniale (passivo) ex art. 2424 c.c.; inoltre, a norma dell’art. 2467, n. 19-bis c.c. essi devono essere indicati nella nota integrativa, dove devono essere ripartiti per scadenze, con specifica indicazione di quelli contenenti una clausola di postergazione.
[2] 
Abriani, Finanziamenti “anomali” dei soci e regole di corretto finanziamento nelle società a responsabilità limitata, in Il diritto delle società oggi. Innovazioni e persistenza. Studi in onore di Giuseppe Zanarone, i  Benazzo – Cera - Patriarca, Torino, 2011, p. 317 ss.; Calderazzi, op. cit., p. 199 ss.; Balp, I finanziamenti dei soci “sostitutivi” del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni interpretative, in Riv. soc. 2008, 2-3, p. 364 ss.; Maugeri, Finanziamenti "anomali" e tutela del patrimonio nelle società di capitali, Milano, 2005, 113 ss.; Bartalena I finanziamenti dei soni nella s.r.l. in Analisi giuridica dell’economia – AGE, 2003, 398; G.B. Portale, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, 681 ss.; Nigro, Diritto societario e procedure concorsuali, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa - Portale, I, Torino, 2007, 195 ss.; Guizzi, Partecipazioni qualificate e gruppi di società, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2005, 259 ss.; in giurisprudenza, Trib. Firenze 26 aprile 2010, in www.ilcaso.it e, recentemente, Cass. 15 maggio 2019, n. 12994, su cui si tornerà.
[3] 
Cfr., tra gli altri, M. Fabiani, La struttura finanziaria del concordato preventivo, Bologna, 2019, 83 ss.; Piaccau, Esigibilità dei finanziamenti postergati ex lege e la loro rilevanza ai fini dello stato di insolvenza della società, in Giur. comm., 2018, I, p. 257; Irrera, Art. 2467, in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, * *, Bologna, 2004, 1793, che si richiama espressamente all'art. 65 L. Fall.; Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale diretto da Cottino, volume quinto, Padova, 2007, 116.  Benedetti, I finanziamenti dei soci e infragruppo alla società in crisi, Milano, 2017, 255 ss.;  Terranova, sub art. 2467, in Società di capitali: Commentario, a cura di Niccolini- Stagno d’Alcontres, III, Napoli, 2004, p. 1464G. Tantini, I versamenti dei soci alla società, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo - Portale, I***, Torino, 2004, 798 ss.; M. Maugeri, Finanziamenti "anomali", op. cit., 260 ss.; Mandrioli, Disciplina dei finanziamenti soci nelle società di capitali, in Società, 2006, p. 177G. Presti, sub art. 2467, in Codice commentato delle s.r.l., diretto da Benazzo - Patriarca, Torino, 2006, 112 ss.; Vattermoli, La subordinazione "equitativa" (Equitable Subordination), in Riv. Società, 2009, 1390 ss. e poi, amplius, Id., Crediti subordinati e concorso tra creditori, Milano, 2012, 126 ss.; Zanarone, Della società a responsabilità limitata (Artt. 2462-2474), I, sub art. 2467, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2010, 463 ss.; Tombari, "Apporti spontanei" e "prestiti" dei soci nelle società di capitali, in Il nuovo diritto delle società, diretto da Abbadessa - Portale, Torino, 2006, I, 553 ss. In giurisprudenza, v., ex plurimis, Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706, in Fallimento, 2009, 789; Trib. Terni 26 aprile 2012, in www.ilcaso.it; Trib. Padova 16 maggio 2011, in Fallimento, 2012, 219; Trib. Messina 4 marzo 2009, in Fallimento, 2009, 795; Trib. Milano 15 marzo 2008, in Pluris.
[4] 
Cfr. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, op. cit, 471. 
[5] 
In questa direzione si è mossa la citata Cass. 15 maggio 2019, n. 12994 (e sulla quale si tornerà), rispetto alle cui conclusioni ha espresso perplessità Fabiani, La regola della par condicio creditorum all’esterno di una procedura di concorso, in Fallimento, 2020, 3, 329, e più recentemente Cass. 20 agosto 2020, n. 17421, la quale dalla natura sostanziale della postergazione ha tratto l’ulteriore argomento per cui all’inesigibilità del credito postergato consegue, altresì, la non applicazione della norma dell’art. 1282 c.c., riconoscendo pertanto che il credito del socio è improduttivo di interessi dal momento in cui vengano accertati i presupposti per l’applicazione dell’art. 2467 c.c. Cfr. inoltre sul tema Rubino De Ritis, Art. 2467, in Commentario del Codice Civile diretto da Gabrielli, Delle società dell'azienda della concorrenza a cura di Santosuosso, Articoli 2452-2510 * * * , Milano, 2015,286 ss.; per una recente rassegna sul punto v. Gobio Casali, I finanziamenti dei soci tra postergazione e azioni revocatorie, in www.ilcaso.it, 2017, 8 ss.; da ultimo, sul tema, v. Canazza, Inefficacia dei rimborsi dei finanziamenti soci ex art. 65 L. Fall. e correlazione con il dettato dell'art. 2467 c.c., in Il fallimento, 2019, 1110, a commento della sentenza del Trib. Livorno, 20 novembre 2018.
[6] 
Il capitale sociale è - oltre che un'entità numerica esprimente il valore in denaro di quanto là conferito - una dotazione non meramente ideale o futura, bensì effettiva, nonché un dato storico, il quale rappresenta la messa a disposizione dell'attività imprenditoriale di determinate risorse finanziarie. Cfr. di recente, Di Baio, Versamenti in conto futuro aumento capitale e riserva legale in Notariato, 2020, 5, 471.
[7] 
Rubino De Ritis, I prestiti dei soci in società di persone, in Società, banche e crisi d’impresa, in Liber amicorum Pietro Abbadessa, diretto da Campobasso, Cariello, Di Cataldo, Guerrera, Sciarrone Alibrandi, I, Torino, 2014, 525 ss. 
[8] 
Nelle società di persone il problema di fatto non si pone in ragione della responsabilità illimitata dei soci. 
[9] 
Al contrario di quanto accade per la società, rispetto alla quale il conferimento in conto finanziamento costituisce una forma di indebitamento, da iscriversi anche al passivo dello stato patrimoniale (“debiti”). 
[10] 
Montesano, Finanziamenti dei soci e nuove indicazioni dell'atto costitutivo, in Soc, 1994, 1332. 
[11] 
Per una analisi delle principali soluzioni adottate negli ordinamenti stranieri v. P. Vella, Postergazione e finanziamenti societari nella crisi di impresa, Milano, 2012, 60 ss; Paolucci, Art. 2467, in Della società a responsabilità limitata, in Commentario del codice civile e codici collegati Scialoja-Branca-Galgano, 285-286; A. Tullio, La postergazione, Milano, 2008, 36-38. 
[12] 
E questa l’efficace sintesi di Rubino De Ritis, Art. 2467. Finanziamenti dei soci, in AA.VV., Commentario del codice civile. Artt. 2452-2510, a cura di Santosuosso, Torino, 2015, 267, il quale ricorda anche come erano tramontati i passati tentativi dottrinari di escludere del tutto la rimborsabilità dei finanziamenti dei soci considerando la erogazione del credito da parte del socio in favore di società sottocapitalizzata prassi abusiva ed in frode alla legge (Portale, La ricapitalizzazione delle aziende di credito (problemi ed ipotesi), in Ricapitalizzazione della banche e nuovi strumenti di ricorso al mercato, a cura di Portale, Milano, 1983, 39); oppure procedendo alla riqualificazione del negozio di finanziamento come operazione di versamento a fondo perduto. (Abbadessa, Il problema dei prestiti dei soci nella società di capitali: una proposta di soluzione, in Giur. comm., 1988, I 509).
[13] 
Cass., 31 gennaio 2019, n. 3017; Cass. 1 marzo 2019, n. 6104; Cass. 3 dicembre 2014, n. 25585.
[14] 
Cass. 3 dicembre 2018, n. 31186. Secondo la citata Cass. 3 dicembre 2014, n. 25585: "L'erogazione di somme, che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto del socio al patrimonio della società; la qualificazione, nell'uno o nell'altro senso, dipende dall'esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell'erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi". Negli stessi termini Trib. Rieti, Sez. I, 11 settembre 2018, n. 418, in www.dejure.it; Trib. Roma 3 maggio 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it. Per una esposizione aggiornata dei criteri impiegati dalla giurisprudenza per qualificare un apporto in termini di capitale di rischio o di capitale di debito, si vedano, Scano - Tronci, Rassegna di giurisprudenza Società. Finanziamenti e versamenti dei soci nelle società partecipate, in Giur. comm., 2018, II, 175 ss.
[15] 
Cass.1 marzo 2019, n. 6104. 
[16] 
Così Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit., 271, il quale aggiunge che, conseguentemente, l’art. 2467 c.c. non opera con riferimento a contratti con cui il socio ceda in godimento (a qualunque titolo) un cespite di cui la società abbia bisogno per attuare l’oggetto sociale senza pretendere un corrispettivo. Contra, Arcidiacono, I prestiti dei soci nelle società di capitali, 2a ed., Torino, 2012, 127.
[17] 
Così Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit., 280. 
[18] 
Balp, Finanziamenti dei soci, cit., 275; Maugeri, Finanziamenti "anomali", cit., 153 e, in giurisprudenza, Trib. Treviso 12 marzo 2019, n. 5277, in www.ilcaso.it; Trib. Messina 4 marzo 2009, in Fall., 2009, 795; Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706, in Foro it., 792. 
[19] 
Cass. civ., 31 gennaio 2019, n. 3017. 
[20] 
In argomento cfr. Bianca, Il contratto, Milano, 1993, 434. 
[21] 
Così Trib. Padova, 16 maggio 2011; Trib. Udine, 21 febbraio 2009, n. 324. 
[22] 
Sull’applicabilità della postergazione al credito del socio fideiussore cfr. Trib. Milano Sez. VIII, 18 giugno 2014. 
[23] 
Su cui Balp, Questioni in tema di postergazione ex art. 2467 e 2497 quinquies c.c., in Banca borsa, 2012, II, 246 ss., in part. 260.
[24] 
Trib. Mil.ano Sez. VII, 4 luglio 2013. 
[25] 
Burigo, Postergazione del credito del socio garante, in Società, 2014, 3, 292. 
[26] 
Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit. 273. 
[27] 
Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit. 273, nota 28. 
[28] 
Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit. 273; Portale, Portale, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Trattato Colombo-Portale, 1**, Torino, 2004, 164; Balp, I finanziamenti dei soci «sostitutivi» del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni interpretative, in Riv. società, 2007, 413; Abriani, Finanziamenti «anomali» dei soci e regole di corretto finanziamento nella società a responsabilità limitata, in Il diritto delle società oggi. Innovazioni e persistenze. Studi in onore di Giuseppe Zanarone, Torino, 2011, 348; M. Campobasso, La postergazione dei finanziamenti dei soci, in Commentario S.r.l. Portale, Milano, 2011, , 245; Fabiani Postergazione, circolazione del credito e diritto di voto, in Fallimento, 2012, 677 s.; Vattermoli, Crediti subordinati e concorso tra creditori, Milano, 2012, 138; Prestipino Diritto al rimborso e postergazione nella disciplina dei finanziamenti dei soci, Milano, 2015, 95; Messore, Finanziamenti postergati dei soci di s.r.l., in Banca Borsa Titoli di Credito, 2018, II, 569.
[29] 
Esprime dubbi sulla correttezza di questa posizione, nella misura in cui sacrifica il cessionario che abbia acquistato in buona fede il credito Arcidiacono, Il rilievo del venir meno della qualità di socio all'interno del regime di cui all'art. 2467 c.c., in Giur. comm., 2015, II, 1394 s., 139.
[30] 
Campobasso M., La postergazione, op. cit. 245. In ordine a questo aspetto cfr anche FBriolini, Appunti sugli autori e sui destinatari delle sovvenzioni ex art. 2467 in Banca Borsa Titoli di Credito, 2018, 6, 726 ss..
[31] 
Presti, Commento all'art. 2467, in Codice commentato della s.r.l., a cura di Benazzo e Patriarca, Torino, 2006, 109; Balp, op. cit., 412 s.; Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Commentario Schlesinger, Milano, 2010, 451 s.; Campobasso, La postergazione, op. cit, 244; Vattermoli, Crediti subordinati, op. cit, 138; Prestipino, Diritto al rimborso e postergazione nella disciplina dei finanziamenti dei soci, Milano, 2015, 93; Rubino Rubino De Ritis Art. 2467, op. cit., 273; Messore, Finanziamenti postergati dei soci di s.r.l., in Banca Borsa Titoli di Credito, 2018, II, 569. In giurisprudenza Trib. Messina, 4 marzo 2009, in Fallimento, 2009, 795, con nota di Panzani.
[32] 
Non si è mancato di osservare in dottrina che questo requisito deve sussistere non solo al momento dell'erogazione del finanziamento, ma anche in occasione della restituzione, poiché qualora la società superasse lo stato di crisi ripristinando il proprio equilibrio finanziario, non vi sarebbero ostacoli a procedere con il rimborso dei finanziamenti eseguiti dai soci. Così Canazza, inefficacia dei rimborsi dei finanziamenti soci ex art. 65 L. Fall. e correlazioni con il dettato dell’art. 2467 c.c., (nota a Trib. Livorno, 20 novembre 2018) in Fallimento, 2019, 8-9, 1107.
[33] 
Così Cass., 24.7.2007, n. 16393.
[34] 
A. Milano, 18.4.2014, in www.ilcaso.it
[35] 
Trib. Venezia 14 aprile 2011, in Società, 2012, 19. 
[36] 
Campobasso M., La postergazione, cit., 239 ss., 
[37] 
Così anche Trib. Milano 10 gennaio 2011, in Società, 2011, 635, per il quale la postergazione si verifica laddove il finanziamento sia stato disposto e il rimborso richiesto proprio in presenza di una situazione di specifica crisi della società.
[38] 
Così Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit., 280. 
[39] 
Paolucci, Art. 2467. (Finanziamento dei soci), in Santini - Salvatore - Benatti - Paolucci, Società a responsabilità limitata, Bologna, 2014, 294; Maugeri, I finanziamenti, cit., 158 s.
[40] 
Trib. Milano 10 gennaio 2011, cit. per il quale la condizione di inesigibilità del credito del socio finanziatore e, quindi, la sua postergazione si verifica laddove il finanziamento sia stato disposto e il rimborso richiesto proprio in presenza di una situazione di specifica crisi della società. In dottrina Così Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit., 279; Canazza, inefficacia, 1109.
[41] 
Per una rassegna delle opinioni espresse sul tema v. Cassani, Non applicabilità dell’art. 2467 c.c. alle società per azioni (nota a trib. Milano, sez. spec. In materia di imprese, 16 novembre 2017) in Società, 2019, 2, 173. In relazione all’applicazione dell’art. 2467 c.c. alle società cooperative v. Baccetti, Nuova disciplina del prestito sociale, tipo cooperativo e postergazione, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2019, 3, 599.
[42] 
Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, 5, cit., 118; Rescigno, Problemi aperti in tema di s.r.l.: i finanziamenti dei soci, la responsabilità, in Società, 2005, 1, 15; A. Lolli, Art. 2467 c.c., in Il nuovo diritto delle società, 3, a cura di Maffei Alberti, 1809; Vittone, Questioni in tema di postergazione dei finanziamenti soci, in Giur. comm., 2006, 1, 937; Salafia, I finanziamenti dei soci alla società a responsabilità limitata, in società, 9, 2005, 1081.  Cass. 20 giugno 2018, n. 16291; Trib Bologna, Sezione specializzata in materia di imprese, del 31 gennaio 2019, n. 265.
[43] 
Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, V, cit., 120. 
[44] 
Salafia, I finanziamenti dei soci alla società a responsabilità limitata, in questa Società, 9, 2005, 1083. In giurisprudenza, Trib. Udine 3 marzo 2009, n. 324, in Unijuris.it.
[45] 
Fico, La postergazione dei finanziamenti "indiretti" effettuati dai soci, in Ilsocietario.it, 25 febbraio 2016; Simeon, La postergazione dei finanziamenti dei soci nella s.p.a., in Giur. comm., 2007, 1, 100. In giurisprudenza Cass. 7 luglio 2015, n. 14056; Trib. Prato, Sez. fall., 13 giugno 2013, in DeJure, 2013; Trib. Udine 3 marzo 2009, n. 234, in Unijuris.it e Banca, borsa, tit. cred., 2012, 2, 223; Trib. Milano, 9 giugno 2019, in www.leggiditalia.it; Trib. Bologna, 31 gennaio 2019, in www.ilsocietario.it e, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. 20 luglio 2018, n. 16291, in Foro it., 2018, I, 2750.
[46] 
Si è osservato, in particolare, che i diritti previsti dagli artt. 2476, comma 2, c.c., e 2479, comma 1, c.c. sarebbero previsti in favore del quotista ma non dell'azionista (Rivolta, Le società per azioni e l'esercizio di piccole e medie imprese, in Riv. Società, 2009, 653; De Ferra, La postergazione del credito del socio finanziatore, in Giur. comm., 2010, 1, 196; Campobasso, Finanziamento del socio, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, 1, 445; Campobasso, La Postergazione, op. cit. 239; Caspani, Postergazione dei finanziamenti dei soci e tipi sociali, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, 4, 421 ss) e che in capo al socio di società a responsabilità limitata è riscontrabile un interesse imprenditoriale al potenziamento dei risultati dell'attività sociale tale che manca nel socio di società per azioni (A. Irace, Art. 2497 quinquies, in Sandulli - Santoro (a cura di), La riforma delle Società, Artt. 2462-2510 cod. civ., Torino, 2003, 342), ma ci sembra quest’ultima una petizione di principio.
[47] 
Irace, Art. 2497 quinquies, in Sandulli - Santoro (a cura di), La Riforma delle Società, Artt. 2462-2510 cod. civ., cit., 342; Rubino De Ritis, Art. 2467, op. cit., 282.
[48] 
Cass. 20 maggio 2016, n. 10509. 
[49] 
Trib. Milano Sez. spec. in materia di imprese, 16 novembre 2017. 
[50] 
Il dato viene sottolineato anche da Vanoni, in Rescio – Speranzin, Patrimonio sociale e governo dell’impresa, Torino, 2020, 55. 
[51] 
Così Fabiani, La regola della par condicio creditorum all’esterno di una procedura di concorso, in Fallimento, 2020, 3, 337. 
[52] 
Questo rimborso potrà assumere anche rilevanza penale ove risultasse dimostrata non solo la mera consapevolezza di un pagamento eseguito a fronte di un patrimonio incapiente, ma anche il fine (recte, dolo) specifico di preferire taluni creditori in danno di altri. Così, recentemente Cass. Pen., sez. V 12 gennaio 2021, n. 852 ha affermato che Nella materia penal-fallimentare, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con altra analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie della bancarotta preferenziale.
[53] 
Sulla diligenza del debitore in funzione della tempestiva emersione della crisi e della sua corretta gestione cfr. Inzitari, Crisi, insolvenza, insolvenza prospettica, allerta: nuovi confini della diligenza del debitore, obblighi di segnalazione e sistema sanzionatorio nel quadro delle misure di prevenzione e risoluzione, in Contratto e Impr., 2020, 2, 618. 
[54] 
Fabiani, ibidem. 
[55] 
Per una panoramica del modo di intendere le scelte gestionali degli amministratori cfr. Fabiani, L'azione dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, Milano, 2015, 35 ss.; Benazzo, Il Codice della crisi di impresa e l'organizzazione dell'imprenditore ai fini dell'allerta: diritto societario della crisi o crisi del diritto societario?, in Riv. Società, 2019, 274; Abriani - Rossi, Nuova disciplina della crisi d'impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 393; Spiotta, Continuità aziendale e doveri degli organi sociali, Milano, 2017, 125; Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, Milano, 2017, 109.
[56] 
Vassalli, Diritto fallimentare, I, Torino, 1994, 19; Tucci, Privilegi, in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991, 3; Gaetano, Privilegi, in Noviss. Dig. it., XIII, Torino, 1966, 35. Ciccarello, Privilegio del credito e uguaglianza dei creditori, Milano, 1983, 14.
[57] 
Per i riferimenti dottrinari e giurisprudenziali rispetto a questi temi cfr. par.1. 
[58] 
Cass. 15 maggio 2019, n. 12994. 
[59] 
Cass. 13 luglio 2012, n. 12003; Cass. 17 ottobre 2018, n. 26004; Cass. 20 maggio 2016, n. 10509; Cass. 24 ottobre 2017, n. 25163.
[60] 
La qualcosa avvalorerebbe l’idea per cui la norma porrebbe un implicito dovere di valutazione prognostica da parte degli amministratori in ordine alla perdurante solvibilità della società. Così Abriani, op. cit. 344 ss. Secondo alcuni, inoltre, i presupposti della postergazione legale, da applicarsi, a prescindere dal concorso processuale (cioè in seno ad una procedura esecutiva), in ogni situazione di crisi, la porrebbero in sintonia con il favor per la continuità aziendale perseguito dal legislatore a mezzo della riforma della crisi d’impresa, nell’ambito della quale la postergazione rientrerebbe nel novero degli «strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale», ai quali gli amministratori devono ricorrere ai sensi dell’art. 2086, co. 2, c.c. Così Pacileo, La concezione “sostanziale” dei finanziamenti “anomali” dei soci nella giurisprudenza recente e nella riforma del diritto della crisi d’impresa, in Dir. fall., 3-4, 2020, p,747.
[61] 
Più recentemente, la inesigibilità del credito postergato durante societate, è stata sostenuta anche da Trib. Milano, 7 febbraio 2020. 
[62] 
Le perplessità rispetto alla sentenza sono espresse da Fabiani, La regola della par condicio creditorum all’esterno di una procedura di concorso, in Fallimento, 2020, 3, 329 ss.
[63] 
In Germania, la disciplina dei prestiti dei soci non è più collocata nei § 32 a) e b) GmbHG, ma è inserita all’interno della legge sull’insolvenza (nei §§ 39 Abs. 1 Nr. 5 e Abs. 4 e 5; 44 a); 135; 143 della Insolvenzordnung; e nei §§ 6 e 6 a) del Anfechtungsgesetz). Analogamente in Spagna, la regolamentazione dei prestiti dei soci si ritrova negli artt. 92 e 93 della Ley Concorsual del 9 luglio 2003, n. 22. Anche nel sistema statunitense la postergazione ha trovato riconoscimento nella regola sulla equitable subordination, contenuta nel § 510 del Bankruptcy Code, in linea con la prassi giurisprudenziale della recharacterization, attraverso cui i giudici riqualificano l’operazione nell’interesse degli altri creditori.
[64] 
D’Aiello, Finanziamenti anomali dei soci: postergazione legale e concorso dei creditori, in Fallimento, 2020, I, p. 51.
[65] 
Così Fabiani, La regola op cit., 340. Per vero, non è mancato chi ha ritenuto che la modifica dell’art. 2467 c.c. aggiungerebbe argomenti per confermare che la postergazione opera anche durante societate. In questi termini Fregonara, I finanziamenti dei soci e infragruppo nelle società in bonis e nella procedura di liquidazione giudiziale, in La società a responsabilità limitata; un modello transtipico alla prova del Codice della crisi. Studi in onore di Oreste Cagnasso, a cura di Irrea, Torino, 2020, 367, nonché Pacileo op.cit. 742. 
[66] 
Fabiani, 340, il quale richiama, nella stessa direzione, Prestiti da soci, finanziamenti infragruppo e strumenti ibridi di capitale, in Il rapporto banca-impresa nel nuovo diritto societario. Atti del Convegno di Lanciano 9-10 maggio 2003, a cura di Bonfatti - Falcone, Milano, 2004, 311 ss.; Lo Cascio, La postergazione e la restituzione dei rimborsi dei finanziamenti, in La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, VIII, Milano, 2003, 79 ss.; Galletti, Il concorso nel fallimento, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di Jorio, Milano, 2016, 1292 ss.
[67] 
Cfr. riferimenti contenuti nella nota 45. 

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