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Il calcolo del break even point finanziario a supporto della redazione del piano di risanamento

Carlo Canestri, Controlling&Analytics Manager presso EOS Solutions Group
Alessandro Pais, CEO Group presso MRZ Group

18 Aprile 2024

L’A. si sofferma su un tema essenziale nell’ottica della pianificazione finanziaria del risanamento d’impresa.
Riproduzione riservata
1 . Premessa: la continuità aziendale nel CCII
La vigente legislazione sulla crisi d’impresa entrata in vigore con il D.L. n. 83/2022 che ha modificato il Codice della Crisi e dell’Insolvenza introdotto con il D.Lgs. n. 14/2019, è basata sul presupposto della continuità aziendale, con l’ottica di privilegiare la ristrutturazione delle imprese, a tutela dei superiori interessi erariali, occupazionali e produttivi. che ha origine da un sistema di prevenzione di una condizione di insolvenza, attraverso la lettura di eventi passati e di scenari futuri, al fine di favorire interventi tempestivi, capaci di rilevare, prima, e sanare, in seconda istanza, uno stato di crisi.
Partendo da questo presupposto il legislatore ha sostanzialmente chiesto a tutti gli operatori del diritto della crisi, e a tutti i soggetti che rivestono ruoli apicali nella gestione dell’impresa, di operare un cambiamento culturale per porsi nell’ottica della prevenzione della crisi, al fine di anticiparne gli effetti per poterla affrontare con maggiori possibilità di risolverla
La novella, pone una serie di strumenti a favore dell’impresa volti allo scopo di tutelarla, quale soggetto economico e sociale, in situazioni disfunzionali e di crisi e infatti ha aperto le porte anche a una prospettiva e a un’analisi meramente aziendale e aziendalistica nella gestione della crisi di impresa mettendo al centro la possibilità di una continuità aziendale fornendo degli strumenti alternativi di gestione della crisi che non forzatamente devono sfociare in una procedura fallimentare alquanto penetrante e invasiva per l’impresa.
Individuare le possibili cause, permette di comprendere in modo più efficace lo stato di crisi in cui versa l’impresa, nel rispetto del principio del mantenimento della continuità aziendale, da intendersi come la capacità dell’impresa a operare in un contesto di normale funzionamento per un arco temporale di almeno dodici mesi.
La mancanza di questi presupposti rappresenta il preludio di una condizione di crisi, da cui l’insolvenza dell’impresa, che è da intendersi come l’incapacità permanente e irreversibile dell’azienda di far fronte alle proprie obbligazioni.
Il concetto di continuità è richiamato, anche dall’art. 2423 bis cc, che a proposito dei principi di redazione di bilancio, postula che la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato [1]». Il concetto di «prospettiva della continuazione dell’attività» fa riferimento proprio alla capacità dell’azienda di generare flussi reddituali, che trasformandosi in flussi finanziari garantiscono la remunerazione dei fattori produttivi impiegati sia in un’ottica di breve che di medio e lungo periodo.
Di continuità si parla, anche nel principio contabile OIC 11, nei paragrafi 21-24, così come nel principio di revisione (ISA) n. 570. Nello specifico, l’OIC 11 al paragrafo 21 recita «L’articolo 2423-bis, comma 1, n. 1, del codice civile, prevede che la valutazione delle voci di bilancio sia fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività e quindi tenendo conto del fatto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio». Dalla lettura dell’inciso, è chiara l’enfasi che viene data al principio di continuità aziendale con una prospettiva di «almeno dodici mesi», non escludendo, pertanto, l’ipotesi che la medesima venga inquadrata in un arco temporale ben più ampio. Seguendo quest’accezione, il medesimo principio, lo si può leggere nel potenziale reddituale, patrimoniale e finanziario che l’impresa sarà in grado di esprimere nell’arco temporale che segnerà la sua intera vita. Il Documento 570 riproduce più di altri il concetto di continuità aziendale con particolare riferimento all’analisi finanziaria, fondamento del Codice della Crisi. Nel documento n. 570, infatti, è chiaro il richiamo alle dinamiche monetarie attraverso una «proposta» di una serie di indici e indicatori di natura finanziaria, gestionale, oltreché di indicatori di natura qualitativa.
Disporre di un piano è il primo requisito della diligente conduzione della società, esclusivamente dal piano emerge in modo inequivocabile la continuità aziendale; infatti il piano consente di individuare con ragionevole certezza la sostenibilità del debito, le azioni da adottare fornendo agli amministratori le informazioni che occorrono ai fini della stima del fabbisogno finanziario. Il piano costituisce, pertanto, il più efficace assetto organizzativo di governo finanziario dell’impresa e di tempestiva rilevazione del rischio di crisi aziendale: conseguentemente, è opportuno introdurre il controllo della gestione, per consentire la redazione del piano per il monitoraggio dell’andamento della gestione e dei flussi finanziari [2].
2 . Il processo di pianificazione finanziaria
Il processo di pianificazione di breve periodo è spesso finalizzato all’elaborazione di un budgeteconomico, il cui utilizzo può essere ricondotto al raggiungimento di obiettivi quali: il calcolo del costo di prodotto, la formulazione dei listini di vendita, il controllo della dotazione di spesa dei centri di costo e più in generale dell’andamento della gestione. Tale processo raramente include la «verifica finanziaria» delle assunzioni formulate durante il suo svolgimento; le ragioni di tale prassi operativa sono disparate: la mancanza di una cultura in ambito pianificazione, l’assenza di strumenti operativi a supporto del processo, la credenza che la pianificazione finanziaria sia confinata nell’ambito della gestione della tesoreria.
Proprio quest’ultimo aspetto è il maggiore ostacolo alla diffusione di una logica orientata alla predisposizione del budget di cassa preventivo, inteso come rendiconto finanziario mensilizzato elaborato con il metodo indiretto o sintetico e come tale fortemente connesso con le assunzioni formulate in sede di elaborazione del budget economico e patrimoniale. Si dimentica, quindi, che la prima fonte di liquidità sono i margini prodotti dalla gestione industriale dell’azienda e si perde quindi la possibilità di comprendere sino in fondo le reali cause di un «problema» in ambito gestione finanziaria. Infatti, se da un lato gli squilibri di quest’ultima si manifestano in modo tangibile (tipicamente mancanza di liquidità per far fronte alle uscite generate dal ciclo corrente o far fronte al servizio del debito), le cause che li hanno generati non sono sempre facilmente individuabili. Tralasciando situazioni quali, ad esempio, la realizzazione di investimenti eccedenti la capacità di generazione di cassa oppure la crisi di liquidità indotta da fattori esogeni all’azienda, spesso la non corretta consapevolezza del legame tra gestione economica e finanziaria impedisce di individuare le reali origini dell’incremento o diminuzione dell’EBITDA e quindi, al manifestarsi di una situazione di tensione finanziaria, di manovrare le giuste leve per riportare la gestione nell’ambito della prospettiva della continuità. Fatta questa premessa, il presente contributo vuole proporre uno strumento di analisi della relazione tra dinamica economica e finanziaria della gestione e di valutazione preventiva della capacità dell’azienda di generare cassa dalla gestione corrente e caratteristica, denominato Break Even Point finanziario.
 
Struttura di costo e dinamica finanziaria
La dottrina aziendalistica ha da tempo individuato nella distinzione tra costi fissi e variabili uno degli ambiti di analisi per valutare il cosiddetto «grado di rischio operativo», misurato come è noto dal grado di leva operativa. Tale valore, in sintesi, esprime il moltiplicatore da applicare a una variazione di fatturato (in positivo o negativo) per ottenere la corrispondente variazione di E.B.I.T. (anch’essa naturalmente positiva o negativa) ed è tanto più elevato quanto più la struttura di costo dell’azienda è sbilanciata verso una consistente presenza di costi fissi.
Allo stesso tempo, la distinzione tra le due tipologie di costo sopra citate, consente di calcolare il Break Even Point economico, cioè il livello di fatturato che pareggia costi e ricavi e a partire dal quale, in termini di volume di attività, si generano margini (o utili, in relazione alle nature di costo considerate nel calcolo).
Nella dottrina invece non esistono modelli di calcolo che consentano di legare in modo diretto ed esplicito la gestione economica a quella finanziaria definendo un legame univoco tra grandezze quali il margine di contribuzione e la durata del ciclo monetario.

 
Il Break even Point finanziario
Partendo da queste premesse, in una nostra recente pubblicazione [3] abbiamo definito e formalizzato l’algoritmo di calcolo del Break Even Point Finanziario, cioè del livello di fatturato che genera un valore pari a zero del flusso di cassa della gestione corrente, calcolato sommando all’E.B.I.T.D.A. del periodo la variazione del capitale circolante netto. La formula di tale algoritmo è la seguente:

                                                                                        Costi fissi – CCNi
                                                                                        ________________
                                                                           
                                                                                           MDC% – gg%

                                                                                           Formula n. 1

Dove:
CCNi identifica il Capitale Circolante Netto iniziale del periodo di calcolo, MDC% il rapporto tra Margine di Contribuzione e ricavi, gg% il rapporto tra la durata in giorni del ciclo monetario e 365.
Tralasciando la «dimostrazione matematica» della validità della formula e le implicazioni operative connesse al calcolo delle grandezze che entrano in gioco, l’algoritmo mette in evidenza alcuni aspetti rilevanti del rapporto tra gestione economica e finanziaria. Partendo dal numeratore e avendo ben presente che il flusso di cassa si deve sempre necessariamente misurare con riferimento a un periodo di calcolo, la differenza tra i costi fissi e il CCNi esprime una sorta di «riserva di liquidità» che l’azienda riceve in dote dal periodo precedente che può essere sufficiente a pagare i costi fissi, intesi come i costi che non variano in relazione al variare del volume di attività.
Riferendoci invece al denominatore, lo spread tra MDC% e gg% mette in evidenza la capacità dell’azienda di generare o assorbire cassa con la crescita dei ricavi, suggerendo una nuova valenza operativa alla grandezza «margine di contribuzione».
Senza entrare nell’analisi delle situazioni operative che si possono generare al variare delle grandezze che entrano in gioco, è evidente che:
· il valore dei costi fissi e ancora più la distinzione tra costi fissi eliminabili e non eliminabili è di vitale importanza non solo per analizzare la situazione attuale dell’azienda ma per pianificare e quantificare la situazione finanziaria futura;
· lo spread tra Mdc% e gg% indica immediatamente la possibilità che l’azienda possa generare cassa con la crescita, indicando quali sono gli ambiti di intervento per poter migliorare o anche solo garantire un flusso di cassa quantomeno pari a zero.
Tali considerazioni sono ancora più evidenti se la formula sopra evidenziata viene integrata con la considerazione del flusso di cassa obiettivo, cioè con l’inserimento di un vincolo di valore di flusso di cassa della gestione corrente. La formula si trasforma nella seguente:

                                                                                               CF – CCNi + Cashflowob
                                                         fatturato obiettivo = ___________________________
                                                                                                        Mdc% – gg%

                                                                                                        Formula n. 2

Dove «Cashflowob» identifica il vincolo sopra citato.
Nella realtà operativa è naturalmente quest’ultimo l’algoritmo più interessante; è facile infatti immaginare che il flusso di cassa della gestione corrente debba «pagare» uscite di cassa identificabili, ad esempio, nel valore degli investimenti previsti, nel rimborso di un finanziamento a medio lungo termine o più in generale del servizio del debito, nella remunerazione dei soci, ecc.

Crisi e risanamento
È evidente come, in presenza di una situazione di crisi finanziaria, la formula n. 2 sopra riportata possa fornire un valido supporto per evidenziare le leve da attivare per definire un piano di risanamento che si basi su assunzioni solide e certificabili.
Posto che le ragioni della situazione di difficoltà finanziaria necessitano di un’analisi strategica che ne individui le ragioni ultime del loro manifestarsi, la formula in questione consente infatti non solo di evidenziare il legame tra gestione economica e finanziaria ma anche di simulare le condizioni operative che possono generare un flusso di cassa positivo.
Ad esempio, ponendo come vincolo il fatturato, «risolvendo» la formula in ragione di una delle altre componenti, è facile determinare ad esempio il livello di costi fissi, di MDC% e di gg% che generano il livello desiderato di flusso di cassa, rendendo quindi implementabili diversi scenari di simulazione su cui costruire il piano prospettico di evoluzione della situazione economico finanziaria dell’azienda.
Allo stesso tempo, se i dati storici dell’azienda mostrassero uno spread tra MDC% e gg% minore di zero, sarebbe del tutto inutile pensare che la crescita del fatturato possa generare flussi di cassa positivi; in tale situazione infatti, a ogni euro di ricavi si genera un assorbimento di cassa (il denominatore della formula è negativo).
Infine, è ovvio che con alcune semplici implementazioni tramite la formula si può arrivare anche alla quantificazione della PFN prospettica, inserendo quindi nel piano tutti i covenants e i constraints di cui il redattore deve tener conto per testarne la validità.
3 . Conclusione
La logica del Break Even Point finanziario consente di far emergere non solo i disequilibri gestionali che possono aver determinato una situazione di difficoltà finanziaria, ma di simulare in che modo i ricavi e la struttura di costo dell’azienda possono influenzare la generazione o l’assorbimento di cassa.
Al di là della situazione di crisi, in generale la solidità di un piano pluriennale si misura nella maggioranza dei casi nella certificabilità delle assunzioni effettuate a livello di conto economico da cui derivano necessariamente, insieme alle ipotesi di investimento e finanziamento, le proiezioni dei flussi finanziari. È necessario per altro non solo che le assunzioni si basino su considerazioni fondate e verificabili, ma che il terzo lettore del piano riesca facilmente a interpretarle e a comprenderne l’impatto sui risultati del piano, possibilmente espressi quantomeno nei «classici» 3 scenari: normal, worst, best.
Per questi motivi, il calcolo del Break Even Point finanziario può essere un valido strumento di supporto alla redazione e rappresentazione della situazione economico-finanziaria prospettica.

Note:

[1] 
N. Lucido, La continuità aziendale e il Codice della crisi e dell’insolvenza.
[2] 
La pianificazione finanziaria al centro dell’adeguato assetto organizzativo, Commercialista telematico, aprile 2021.
[3] 
C. Canestri - A. Pais, Break Even Point finanziario, Franco Angeli Editore, ottobre 2023.

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