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Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021

Salvo Leuzzi, Magistrato addetto al Massimario della Suprema Corte di Cassazione

28 Settembre 2021

*Le riflessioni qui esposte verranno riprese nell’ambito di un’opera collettanea di prossima pubblicazione a cura di M. Pollio.
La nuova composizione negoziata affrontata sul binario della riflessione sui temi della responsabilità degli organi societari e del ruolo dell’autorità giudiziaria. L’allerta come orizzonte permanente del sistema. 
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1 . Premessa
Il D.L. n. 118 del 2021 ha modificato l’ordinamento concorsuale, muovendosi sul crinale tra un rinvio all’evidenza transitorio e un accantonamento probabilmente definitivo[2]. Il Codice della crisi è differito al 16 maggio 2022; le procedure di allerta interna e composizione assistita evaporano nella data quasi allegorica del 31 dicembre dell’anno successivo[3]. 
L’allerta esterna, che per la somma degli indebitamenti alla base del marchingegno investiva imprese platealmente decotte, era stata in precedenza provvidenzialmente rimossa[4].
A soppiantare le regole del Titolo II del CCII è l’imbocco della nuova via della “composizione negoziata”, la cui disciplina è minuziosamente contenuta negli artt. 2 e ss.[5].
Queste grandi linee, che hanno fatto germogliare vibrate riserve[6] suggeriscono di offrire una concisa risposta a due interrogativi di fondo: se sussistano ancora “segnali di vita” dell’allerta nel cosmo ripensato dalla Commissione di riforma; se al suo interno resista un giudice con qualcosa di saliente di cui occuparsi. 
La risposta, pur con tutte le cautele del caso, pare affermativa.
2 . Adeguati assetti e nuovi paradigmi
La pandemia ha mandato per aria i numeri dell’allerta procedimentalizzata, consegnandola ad un’obsolescenza rapida e ineluttabile. La Commissione, suo malgrado, ne ha preso atto.
Nella riscrittura di alcune regole non appaiono trascesi i dettami della Direttiva “Insolvency”[7], che sul fronte dell’early warning ammette l’impiego di strumenti di varia natura, ma li pretende di matrice essenzialmente volontaria[8]. Lo scopo del testo unionale è, infatti, quello di incentivare l'autoconsapevolezza dell’imprenditore, senza forzarne la mano. L’ottica della Direttiva unionale è incentrata sulla tecnica dell’incentivo e dell’iniziativa volontaria, il cui perno è un “servizio duttile e articolato di consulenza e di informazione”, non un senso di marcia (procedimentale) obbligato[9]. 
Del resto, Direttiva a parte, il cardine dell’allerta non ha mai riposato, da nessuna parte del globo, sulla coercizione, quanto piuttosto sul richiamo all’importanza dell’organizzazione. Si parte da lì ed è lì che il D.L. n. 118 prova a fare ritorno. 
L’elemento cromosomico dell’allerta è innanzitutto in un obbligo: quello di istituire e mantenere assetti adeguati per la tempestiva rilevazione della crisi.
Ce lo siamo detti tante volte, alcuni lo hanno sottolineato meglio di altri[10], ma l’art. 2086 c.c., sulla dorsale già segnata dagli artt. 2301 e 2403 c.c. che l’hanno precorso, è il cuore pulsante dell’emersione precoce degli squilibri, la stanza di compensazione che li ospita. L’imprenditore costituito in forma societaria è precipuamente tenuto a strutturarsi proprio per intercettarli tempestivamente e per porvi riparo con mezzi acconci.
Un obbligo tanto cruciale reclama l’esigenza sistematica che se ne assicuri l’ottemperanza e se ne sanzioni la violazione. L’imprenditore non va costretto a presentarsi dinanzi al bonario compositore – monocratico o collegiale che sia – ma responsabilizzato a farvi ricorso qualora l’esperto sia strumento che gli consenta di correggere la rotta, di rimettere in sicurezza la barca.
Gli amministratori e gli organi di controllo saranno chiamati ad assolvere ad un compito che il D.L. n. 118 del 2021 non lambisce nemmeno: quello dell’adempimento, i primi, e del monitoraggio scrupoloso, i secondi, dell’obbligo di cui all’art. 2086 c.c. 
Gli organi di controllo, in particolare, occuperanno da protagonisti il proscenio della crisi o del declino che la prepara: vigileranno sulle irregolarità e qualora gravi le dovranno denunciare ai sensi dell’art. 2409 c.c., quand’anche attengano alla deficitaria predisposizione degli assetti. Altrimenti saranno parallelamente responsabili e di ciò pagheranno il conto risarcitorio.
E i giudici? Difficilmente il lavoro mancherà. Rimane ampia, molto poco accademica e – direi – piuttosto oscura e impervia la materia su cui dovranno soffermarsi, che si dipanerà dai limiti (se ve ne sono) della business judgment rule in ambito di assetti, agli inesplorati paradigmi della responsabilità (attiva ed omissiva), di amministratori e controllori, nella relativa definizione o indefinizione[11]. 
Quel che forse cela una debolezza non è, ad onta delle legittime preoccupazioni, l’esternalizzazione del modello di affronto dei primitivi squilibri e la messa in ombra del magistrato[12], quanto piuttosto la mancanza di (uno sforzo di costruzione di) un impianto sanzionatorio immediato e automatico, idoneo a stigmatizzare senza indugio perlomeno alcune condotte tipizzabili fra quelle contrarie ai doveri di predisposizione degli assetti e di destinazione a tal fine di adeguate risorse, oltre che di cura della riservatezza e della segretezza nel quadro della mediazione eventualmente intrapresa. 
Tale tipologia di misure potrebbe valere a neutralizzare i comportamenti irrispettosi del tentativo di salvataggio dell’impresa, ben più che lo spauracchio rappresentato dalla presenza del giudice, il monito della buona fede o l’architettura, ancora tutta da (ri)costruire, delle regole sulla responsabilità civile degli organi societari. 
Fa appariscente difetto, altresì, un apparato di sanzioni per le operazioni iscritte per natura nell’attività ordinaria (dalle forniture alle vendite) che siano compiute in contrasto con l’orizzonte descritto dalle trattative in corso. In effetti, detta attività non è vietata, ma custodita nel fortilizio dell’esenzione da revocatoria. L’esperto parrebbe chiamato a dire la sua solo sull’attività straordinaria. Sul piano delle operazioni correnti, pertanto, potrebbero consumarsi iniziative opache. Vi è una riflessione da approfondire, forse una precauzione sacrosanta da assumere.
3 . Il modello della composizione negoziata
Nel disegno del D.L. n. 118 del 2021 gli OCRI spariscono dal panorama della crisi. A occuparne il terreno di semina è un esperto solitario e indipendente.
L’idea della negoziazione professionale non è una invenzione bizzarra, ma l’adattamento di un archetipo: quello del mandataire ad hoc transalpino. 
L'esperienza attesta che i creditori non interloquiscono di buon grado con l'imprenditore moroso senza un valido diaframma. 
Il mandato esplorativo dell’esperto ha una collocazione eminente nel diritto francese. Ed il suo nucleo concettuale è lo stesso che è stato mutuato: un facilitatore che non si ingerisce nell’esercizio d’impresa, ma lo sorveglia[13].
L’obiettivo del professionista indipendente rimane quello del risanamento dell’impresa che nella cornice del D.L. n. 118 è solo quello “ragionevomente perseguibile”. 
“Non si sa nulla, tutto si immagina”[14], anche se girare e riguardare in anteprima il film della crisi non sarà per l’esperto compito di poco momento. È incoraggiante pensare, tuttavia, che rispetto ai defunti OCRI il professionista è posto in grado di puntare molto prima al bersaglio, senza attendere il rivelarsi spesso impietoso del disastro nei conti che rende probabile l’insolvenza, bensì compiacendosi di mirare ad una meno pervasiva e implacabile difficoltà economico-finanziaria. 
L’utilizzo del nuovo percorso di composizione negoziata attiene, infatti, alle situazioni di squilibrio che rendono probabile, non solo l’insolvenza, ma anche solo la crisi. Ad essere captate nel radar dell’istituto sono anche le situazioni di “pre-crisi”, quelle comprese nella c.d. twilight zone, nel crepuscolo dell’impresa. È quello il filo rosso e spesso che prima non c’era, attraverso il quale il D.L. n. 118 del 2021 tiene ben stretti i pezzi del sistema. 
Anche qui non si registrano sensibili discrasie col modello francese. L'art. L. 611-4 del Code du commerce rimanda in effetti ad una nozione altrettanto dilatata di difficoltà giuridica, economica o finanziaria, addirittura anche solo prevedibile[15], anticipando l’attenzione sullo squilibrio riversabile nel perimetro negoziale ad una soglia analoga a quella tenuta in conto dal riformatore dell’agosto scorso.
La scelta di campo è gravida di implicazioni, dacché permette di affrontare le crisi quando in realtà non ci sono, nel momento in cui l’impresa dispone ancora di risorse utili a capire e prevenire. L’esperimento consentito è di provare a raddrizzarsi con la crisi ancora in penombra, quando la trasformazione del business e della sua composizione organizzativa ed operativa, come pure della modifica della struttura finanziaria d'impresa, è potenzialmente un tentativo non velleitario. 
Se si tratta di anticipare l’esordio della malattia, il giudice parrebbe c’entrare davvero molto poco; se il soggetto è finanziariamente “disturbato”, ma transitoriamente ancora capace di assolvere con regolarità alle proprie obbligazioni, il giudice sembrerebbe c’entrare ancora meno. 
Certo, con la composizione negoziata cala drasticamente il tasso coattivo dei meccanismi di c.d. ealy warning, perché se presso gli OCRI si approdava obtorto collo, difronte al negoziatore monocratico l’impresa “può” scegliere di andarci, come di farne a meno. 
Ciononostante, il nuovo strumento è un tentativo di far venire allo scoperto un’impresa non moribonda, liberandola dalle pastoie strutturali e dalle cadenze burocratiche dell’allerta e della composizione codicistica, adesso disciolte in un procedimento “per la negoziazione” agile e trasparente. 
Dovrà cambiare la mentalità degli imprenditori e non affatto sicuro ciò avvenga[16]. Ma non sarebbe stato scontato nemmeno che la weltanschauung di schiere di capitani d’azienda e venditori al minuto di terza generazione mutasse per via del ricorso alla costrizione procedimentale e all’elettroshock degli indicatori e degli indici, per chi dovesse averne afferrato a pieno la differenza. 
È perciò la volta dell’istituzione ex art. 3 di una piattaforma telematica nazionale, che assicurerà tempestività d’avvio, rapidità di gestione dello strumento, piena trasparenza delle nomine degli esperti. La piattaforma era già pronta per gli OCRI, Infocamere la ricalibrerà celermente per l’organo monocratico. Ciò consentirà alle parti chiamate a dialogare quantomeno di farlo “a carte scoperte”, disponendo delle informazioni utili a scrutare la patologia dell’impresa[17]. 
Quest’ultima troverà tra le utilities una lista di controllo ed una serie di indicazioni operative, ritagliate sulla tipologia e sulle dimensioni che la contrassegnano, funzionali a redigere un piano di risanamento e ad autosomministrarsi un test rapido per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento[18]. 
L’”auto-diagnosi”, che attende il varo di un decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia diventa il viatico di uscita dalla crisi, l’assenza di autocontrollo assurge ad anticamera della fine dell’impresa e della responsabilità dei suoi organi.
L’adeguatezza del livello dei “facilitatori” dovrebbe essere assicurato dalla specificità dei curricula richiesti agli aspiranti. I requisiti per l’inserimento nel novero degli esperti istituendo presso ogni camera di commercio assicureranno la qualità degli apporti. Soprattutto perché si punta molto sulla “formazione”. 
Le nomine dei mediatori verranno gestite da un’apposita Commissione, di durata biennale così da evitare il sedimentarsi di posizioni di potere. A comporla sensibilità varie, provenienti da esperienze diverse: un magistrato, un componente di nomina camerale, un membro di nomina prefettizia. 
La commissione designa a maggioranza, ma è forse opportuno trovi l’intesa sulla soluzione migliore ragionando da collegio perfetto. Il lavoro dei commissari è sotto stretta osservazione, com’è giusto che sia. La trasparenza delle azioni e delle intenzioni diviene la cifra dominante della composizione, il che vale sin dal debutto. La scelta dell’esperto è dinanzi agli occhi di tutti, al pari dei suoi incarichi, non più di due contemporaneamente. Il comma 9 dell’art. 3 prevede che il curriculum del nominato sia inserito “senza indugio” in apposita sezione del sito della camera di commercio.
A presidio dell’indipendenza dell’esperto soccorre una minuziosa sfilza di incompatibilità (comma 4); non meno attenta è l’indicazione delle linee ispiratrici della condotta del professionista, cui si chiede di essere professionale, riservato, imparziale (comma 2), ma al quale si concede una libertà di manovra indispensabile, che gli permette di attingere dall’imprenditore e dai suoi creditori tutte le informazioni utili e di farsi coadiuvare da altri soggetti “dotati di specifica competenza”.
Un’eventualità negletta del disegno del decreto d’urgenza attiene, tuttavia, alla possibile inadeguatezza dell’esperto riscontrata a posteriori, in corso d’opera. Sarà una contingenza tutt’altro che infrequente, perlomeno agli albori della formazione, occorrendo del tempo per costruire l’alto profilo di una professionalità tutta nuova. Per l’imprenditore che incappi in itinere in un negoziatore inadatto non è prevista l’opportunità di invocarne la sostituzione. È un imprevisto che lo costringerà a ripassare dal “via”, non essendo immaginabile tragitto diverso dalla rinuncia alla negoziazione avviata e dalla ripresentazione dell’istanza. In quel caso, se l’esigenza è motivata, non dovrebbe potersi ravvisare alcun abuso dello strumento.
La riservatezza e la confidenzialità dell’allerta immaginata nel quadro del CCII non tramontano, perché si prevede che l’esperto non sia tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti al giudice né dinanzi ad altra autorità. Si richiamano a sua tutela le disposizioni dell’art. 200 c.p.p. e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'art. 103 c.p.p. in quanto compatibili.  
Tutte le altre parti hanno l’obbligo di tacere sulla situazione dell’imprenditore e sul corso delle interlocuzioni. L’obbligo di riservatezza in capo ai soggetti coinvolti è aspetto avvertito come di essenziale importanza, molti essendo i pericoli di information leakage sullo stato di crisi fra i dipendenti, i clienti, i fornitori e il ceto bancario. La “fuga di notizie” può far prendere all’impresa il piano inclinato della distruzione insanabile di ricchezza, tanto più se una ridda di creditori finanziari atterriti iniziasse a gareggiare sulle azioni conservative e di recupero non appena il barlume della difficoltà dovesse intravvedersi. 
Le parti devono comportarsi “secondo buona fede e correttezza” e il ricorso alla clausola generale non è una mera mozione d’ordine[19]. L’imprenditore, infatti, ha il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente e di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori. Le banche e gli intermediari finanziari sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo, informato, ma anche riservato (comma 7). 
Le trattative devono procedere lealmente e “a bocce ferme”. L’accesso alla composizione negoziata della crisi non può costituire di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore.  I rapporti negoziali rimangono inalterabili nel segmento della negoziazione.
Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata.  
Molto dettagliato a tenore dell’art. 5 lo schedario dei documenti da depositare in allegato all’istanza d’accesso e per il tramite della piattaforma: i bilanci dell’ultimo triennio, una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi (a testimonianza del persistente presupposto della continuità), le iniziative industriali di prossima adozione; un elenco dei creditori da cui traspaiano importi e gradi; le certificazioni sui debiti tributari e un estratto dalla centrale rischi. 
Sembra coerente con il sistema che il buon imprenditore non possa limitarsi a depositare le sole “carte d’identità”, dovendo fare perlomeno ostensione di una bozza di piano o di qualcosa che gli somigli, illustrando alternative e possibilità. In particolare, occorrerà almeno chiarire programmaticamente qual è a suo dire la migliore negoziabilità dell’azienda e quali le risorse finanziarie che la assicureranno. Altrimenti l’esperto, nei pochi giorni che precedono la convocazione dei creditori, non sarebbe in grado prospettare alcunché a costoro, né capirebbe quali coinvolgere in misura più diretta nell’interlocuzione.
Cruciale anche il ruolo del segretario generale della Camera di commercio e della struttura che agirà a suo supporto. Ricevuta l’istanza di nomina dell’esperto il segretario passerà la palla alla Commissione che sovrintende sugli elenchi dei professionisti, accompagnando il passaggio con una nota sintetica. Quella nota – tendenzialmente assai influente – dovrà essere rigorosa, rendendo una “fotografia” non sfocata dell’impresa, illustrandone il volume d’affari, il numero di dipendenti e il comparto d’appartenenza; elementi, questi, funzionali a disegnare un profilo di esperto, in luogo di altri possibili. 
L’individuazione di un negoziatore attrezzato a comprendere le dinamiche del settore è aspetto basilare, anche perché non è prevista – come si è dianzi evidenziato – una procedura di sostituzione a posteriori del professionista inadatto; è previsto soltanto che entro tre giorni dalla comunicazione della convocazione le parti possano presentare osservazioni sull’indipendenza (non sulla professionalità, invero prescrutinata) del facilitatore al segretario generale della camera di commercio, il quale riferisce alla commissione perché, valutate le circostanze esposte e sentito il professionista, se lo ritiene opportuno provveda ad un avvicendamento. 
I criteri di rotazione e trasparenza evocati esplicitamente come linee guida ai fini della designazione non escludono, ma postulano, l’ossequio a un criterio implicito: quello della investitura del professionista più adeguato alla situazione da affrontare; non è un caso che l’ultimo inciso del comma 7 dell’art. 3 preveda che la nomina possa avvenire anche al di fuori dell’ambito regionale. L'autorevolezza dell’esperto chiamato a condurre la ricerca delle soluzioni costituisce una precondizione affinché il nuovo istituto possa funzionare. 
4 . L’audizione dell’imprenditore
Momento centrale, immediatamente successivo all’accettazione dell’incarico, è quello della convocazione dell’imprenditore da parte dell’esperto. Con la governance dell’impresa il negoziatore valuterà la “concreta prospettiva di risanamento”; lo farà “anche alla luce delle informazioni assunte” dagli organi di controllo e dai revisori.
Solo se l’esperto valuta come “concrete le prospettive di risanamento” di cui ha discusso, incontrerà le altre parti interessate, selezionando gli interlocutori sulla base degli esiti del confronto con l’imprenditore e delle “possibili strategie di intervento”. 
Se l’esperto non intravede prospettive ne dà notizia all’imprenditore e al segretario generale, affinché quest’ultimo archivi la procedura. Quando l’impresa arriva decotta non c’è spazio per la relazione finale, dovendosi procedere all’archiviazione immediata da parte del negoziatore dopo l’audizione, per cui sarà interdetto il passo che consente di scollinare verso il concordato liquidatorio.
La composizione negoziata ha una durata massima semestrale; l’incarico dell’esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dall’accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata. Un tempo ragionevole, a ben guardare. L’incarico può scavalcare il semestre solo in quanto esperto e parti concordino in tal senso oppure la prosecuzione sia implicata dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai fini dell’ottenimento di misure protettive. Il pericolo di una lesione degli interessi è rimesso alla stima dei loro titolari, pertanto è sufficientemente equo e calcolato. 
La libertà dell’impresa in mediazione è, peraltro, una libertà “vigilata”, posto che ai sensi dell’art. 9 comma 2 l’imprenditore informa preventivamente l’esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non appaiano coerenti rispetto alle trattative alimentate o alle prospettive di risanamento perseguite.  L’esperto monitora quindi da vicino le dinamiche dell’impresa e interagisce con l’imprenditore e con gli organi di controllo ogni qualvolta ravvisi un fattore di rischio in uno degli atti di gestione: se l’atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo, lasciandone traccia formale.  A quel punto delle due l’una: o l’imprenditore persuade l’esperto che quell’atto non è eterodosso rispetto alle finalità della composizione, oppure la dicotomia d’opinioni può condurre l’esperto ad iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese, facoltativamente in tutti i casi, obbligatoriamente quando l’atto possa pregiudicare i creditori.
Ciò non comporta la chiusura tranchant del procedimento mediatorio, ma certamente mina le basi del suo buon esito, potendo portare fin da subito alla revoca delle misure protettive da parte del giudice, cui l’iscrizione del dissenso andrà infatti comunicata (art. 9, comma 5).
Il sistema appare bilanciato e coerente.
Al termine dell’incarico l’esperto redige la sua relazione finale, che inserisce nella piattaforma senza veicolarla altrimenti; la comunica al solo imprenditore e, in caso di concessione di misure protettive e cautelari, anche al giudice affinché ne faccia cessare subitaneamente gli effetti. 
In un contesto dialogico, depurato della farraginosità dell’audizione ex art. 18 CCII, l’imprenditore potrà partecipare “personalmente” oppure “farsi assistere da consulenti”. 
Le prospettive di risanamento influenzano il successivo corso della “composizione negoziata”. Solo se sono effettive, l’esperto allarga il confronto alle altre parti interessate al processo di riequilibrio (ivi compresi gli stakeholders), prospettando tattiche di intervento e fissando per discuterne successivi incontri ravvicinati. 
Se le prospettive sono anguste, l’esperto s’assume l’onere di disporre l’archiviazione dell’istanza di componimento, senza adempimenti ulteriori. 
Anche a fine corsa il procedimento infruttuosamente celebrato rimane uno spazio chiuso e privo di ricadute esteriori. Magistratura giudicante e magistratura requirente restano in disparte e non vengono informati del cattivo esito della negoziazione, il cui perimetro conserva una natura assistenziale e non larvatamente minatoria. 
L’uscio dell’accertamento giudiziale della crisi e dell’insolvenza a quel punto nondimeno si allarga, ad appannaggio dei creditori, perché se è vero che manca il travaso delle informazioni tra il circuito camerale e quello giudiziale, è anche vero che i titolari delle pretese saranno bene informati e potranno determinarsi di conseguenza; il pubblico ministero, dal canto suo, conservando inalterati i suoi poteri d’indagine, avrà fatto, nei casi eclatanti, il suo mestiere. 
5 . La bacheca degli incentivi
La nuova allerta è basata su una sequela di incentivi. Se tanto possa bastare a sospingere l’imprenditore in affanno, ma pur sempre riottoso, sulla pista della negoziazione “vigilata” è presto per dirlo. Quel che è certo è che non si punta irrealisticamente sulla “spontaneità” degli imprenditori.
Il primo beneficio incoraggiante si scorge nella sospensione “fai da te” degli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. Con l’istanza d’accesso allo strumento mediatorio l’imprenditore può slegarsi da quegli obblighi ponderosi sino alla conclusione del percorso di mediazione. Non si applicheranno nei suoi confronti neppure gli artt. 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, 2482-ter, 2484, comma primo, in punto di causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale e l’art. 2545-duodecies c.c. 
Altro incentivo si ritrova nell’art. 10, con il dirompente scenario della rinegoziazione dei contratti. Certo, il presupposto è una sopravvenienza straordinaria e imprevedibile e neppure il Covid-19 o le sue recrudescenze endemiche oramai lo sono più, ma l’imponderabile – se qualcuno per azzardo dovesse trovarlo – giustifica l’opportunità di ridiscutere i contratti, addirittura ottenendone ab externo una rimodulazione. La norma conferisce all’esperto la facoltà di invitare le parti a rideterminare in buona fede il contenuto dei rapporti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa. In mancanza di accordo, su domanda dell’imprenditore, il tribunale, acquisito il parere dell’esperto, può addirittura riplasmare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale[20].
Una clausola generale che ha espresso via via potenzialità vitali, riceve qui un importante sigillo, valendo ad assicurare dimensione concreta ad enunciati costituzionali solidaristici e consentendo al giudice di varcare lo steccato dell'autonomia contrattuale, integrando e persino correggendo le pattuizioni che vi si ponessero in contrasto. Soprattutto nel contesto dei contratti “relazionali”, incentrati su rapporti continuativi tra le parti in vista della condivisione e della massimizzazione di un risultato economico, il criterio della buona fede si traduce, allora, per il giudice in strumento di controllo modificativo od integrativo dello statuto negoziale, in funzione di garanzia dell’equilibrio giusto tra opposti interessi. 
Ulteriore beneficio per l’imprenditore in sofferenza è l’apparato di prededuzioni bancarie, che solo può assicurargli l’ascolto dei suoi finanziatori (art. 10, comma 1).
Vale poi il generalizzato esonero dalle azioni revocatorie per gli atti e i pagamenti autorizzati dal tribunale e per quelli successivi all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto che non abbia iscritto il proprio dissenso del registro delle imprese. Va, peraltro, sottolineato che, indipendentemente dalla posizione assunta dall’esperto, l’imprenditore rimane responsabile degli atti compiuti: l’art. 12, comma 4, lo precisa con nettezza, sia per gli atti che sono oggetto dell’autorizzazione del tribunale, sia per gli atti, i pagamenti e le garanzie suscettibili di essere oggetto dell’azione revocatoria.
Il legislatore prevede anche una franchigia dalla responsabilità penale (art.12, comma 5), per quanto concerne la bancarotta fraudolenta preferenziale (art. 216, comma 3, L. fall.) e la bancarotta semplice (art. 217 L. fall.). 
L’ultima lista di incentivi è forse ancor più tangibile, risolvendosi negli sconti fiscali su sanzioni e interessi e nelle convenienti rateazioni nel pagamento delle imposte minuziosamente descritti nell’art. 14, sotto la rubrica “Misure premiali”
L’epilogo delle trattative può, infine, coincidere tanto con strumenti nuovi, quanto con mezzi consolidati. Il debitore può infatti ex art. 11 concludere un contratto, con uno o più creditori, optare per la convenzione di moratoria, indirizzarsi verso il piano attestato di risanamento o l’accordo di ristrutturazione. Ma a risaltare è soprattutto l’opportunità originale del concordato semplificato ex art. 18, procedura a costo zero, senza voto (salva opposizione all’omologa), spendibile proprio quando la negoziazione naufraga. 
L’omologazione, peraltro, esige ora qualcosa in meno di quanto sia occorso finora: non rileva la convenienza del concordato rispetto al fallimento, ma la mancanza di pregiudizio. É necessario che la proposta non arrechi danno ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e comunque assicuri un’utilità (quale che sia, è importante comprenderlo) a ciascun creditore.
Ex art. 19 scoloriscono, tra l’altro, le regole sulle procedure competitive cadenzate in tema di liquidazione del patrimonio, posto che qualora figuri un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale può darvi esecuzione limitandosi a verificare “l’assenza di soluzioni migliori sul mercato”. In buona sostanza, si archivia il paradigma rigido della gara sull’offerta più alta, per approdare al sondaggio a schema libero del mercato. Pure in questo caso, l’esplorazione dovrà essere effettiva e sarà l’autorità giudiziaria a vigilare.
6 . Il ruolo dell’autorità giudiziaria
La caratteristica più visibile della nuova composizione negoziata è stata colta nella sua estraneità all’ambito giudiziale[21].
La linea d’orizzonte prescelta è quella di un giudice non invasivo dinanzi all’impresa che prova darsi faticosamente un nuovo equilibrio. Eppure, la fisionomia dei poteri del giudice non può che constatarsi sostanzialmente immutata rispetto alla legge fallimentare. 
Il coinvolgimento della giurisdizione è riservato ai momenti topici.
Esso attiene, innanzitutto, ex art. 6 alle misure protettive del patrimonio, pure variamente declinate. 
La pubblicazione dell’istanza del debitore determina, di per sé stessa, un duplice blocco: l’uno investe, inibendole, le azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e sui beni con i quali viene esercitata l’attività di impresa; l’altro attiene alle cause di prelazione, che vengono interdette.
Nel primo caso, nulla esclude che il giudice dell’esecuzione o della cautela, verificando una insolvenza manifesta, adempia al suo compito di informarne il pubblico ministero. Certo, la pubblicazione dell’istanza impedisce per previsione ad hoc la pronuncia della sentenza di fallimento. Ma la notizia del dissesto rimarrà sulla scrivania dell’autorità requirente, le cui prerogative d’indagine non vengono intaccate: essa si assumerà la responsabilità di adoperarle a salvaguardia degli interessi pubblicistici attraverso i propri strumenti abituali, non essendo necessario ne riceva in consegna altri e più radicali.
Le misure suscettibili di rientrare nella cornice della norma sono tutte quelle, anche atipiche, che risultino ancillari alla conduzione delle trattative. Sembra connaturale al sistema che le misure atipiche possano incidere su diritti di terzi, come testimoniato dalla declinazione in tal senso delle misure tipiche previste dalla legge.
Interessante che l’art. 7, nel descrivere il procedimento di adozione delle misure protettive, ne affidi ora la competenza al tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa ex art. 9 L. fall., anziché al tribunale delle imprese.
Si accantona, inoltre, il percorso tortuoso degli artt. 54 e 55 CCII, per mutuare il collaudato modello del rito cautelare uniforme, anche in punto di reclamo.
L’art. 9 s’incarica di precisare che gli atti di ordinaria e quelli di straordinaria amministrazione fanno capo all’imprenditore, il quale serba la piena e autonoma gestione dell’impresa. Con riferimento alla seconda categoria di atti è prevista, tuttavia, un’informativa all’indirizzo dell’esperto, che può far constare il proprio dissenso nel registro delle imprese qualora l’atto faccia attrito con gli interessi dei creditori.
Un novero di prerogative autorizzatorie è tratteggiato in testa al Tribunale dal successivo art. 10, che invero affida al “filtro” dell’Ufficio giudiziario finanziamenti prededucibili e trasferimenti d’azienda.
Le autorizzazioni poggiano su due presupposti compenetrati: la funzionalità alla continuità aziendale che assicurano e la migliore soddisfazione dei creditori che in parallelo garantiscono. La salvaguardia dell’esercizio d’impresa attiene, cioè, al ventaglio delle ipotesi in cui lo strumento che sostiene l’esercizio sia utile ad una più remunerativa liquidazione del compendio, quindi, ad un maggiore appagamento dei titolari delle pretese. Finanziamenti e trasferimenti in sede di mediazione mezzi propedeutici, dunque, alla massimizzazione dell’attivo e comunque ancillari alla tutela del credito, anziché finalizzati alla protezione dell’impresa in sé e per sé.
Si tratta di una valutazione complessa in capo al giudice nel cui quadro sembrano potere rilevare anche i c.d. “vantaggi compensativi”. Rilevano, cioè, non solo le utilità stimate sulla base di una potenziale miglior soddisfazione nominale del credito monetario, ma anche quelle suscettibili di collegarsi, non tanto alla percentuale numerica del credito, ma alla posizione del suo titolare, nonché della singola sotto categoria nella quale costui si iscrive[22].
7 . Gli organi di controllo
Diversamente dai revisori, chiamati a svolgere un diverso lavoro, gli organi di controllo, benché esonerati dal compito di cerniera rispetto ai naufragati OCRI, conservano un ruolo pregnante. 
Intanto, perché sono tenuti a fornire all’esperto che ne faccia richiesta ogni opportuna informazione (art. 5, comma 5). 
Inoltre, perché un loro coinvolgimento operativo si ravvisa nella previsione dell’art. 15, secondo cui informano il debitore della sussistenza dei presupposti per la presentazione della richiesta di accesso alla composizione negoziata. La segnalazione è motivata e contiene la fissazione di un congruo termine di non oltre trenta giorni entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese. In pendenza delle trattative rimane fermo il dovere di vigilanza dell’organo di controllo, ma la tempestiva segnalazione e la vigilanza annessa debbono essere valutate ai fini dell’esonero o dell’attenuazione delle responsabilità dei componenti dell’organo ai sensi dell’art. 2407 c.c. È ancora una volta la responsabilità a venire in apice, a testimonianza della sua ritrovata centralità nell’economia del sistema. 
I sindaci debbono essere considerati responsabili laddove il loro comportamento non sia conforme ai canoni di diligenza e professionalità richiesti dalla natura del loro incarico (art. 2407, comma 1° c.c.). Cosicché, il controllore risponde tutte le volte in cui non è in grado di fornire la prova liberatoria di aver agito diligentemente o che il danno si sarebbe comunque prodotto a prescindere dall'intervento tempestivo dell'organo di controllo stesso.
Ad ogni buon conto, è agevole ipotizzare che nella prassi sarà molto più frequente che la procedura di composizione negoziata venga intrapresa anche in una situazione borderline, visti i considerevoli incentivi che il riformatore estivo ha messo in vetrina. 
Il collegio sindacale conserva un ruolo chiave nella prevenzione della crisi e nel mantenimento della continuità aziendale. Se è vero che la funzione primaria di chi controlla rimane quella di sorvegliare l’operato dell'organo gestorio, a venire in rilievo è soprattutto l’esigenza di impedire, attraverso un controllo attivo e scrupoloso, l'aggravarsi della crisi o delle alterazioni che ne sono il presagio. Il collegio può suggerire il ricorso alla composizione negoziata, ma deve farlo quando il passaggio è necessario e il momento propizio.
Ai sensi dell’art. 15, l’organo di controllo è tenuto alla segnalazione, come si evince dall’indicativo “segnala”, dei presupposti per la presentazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata. La segnalazione è formale (“per iscritto”) e motivata e la sua tempestività è valutata ai fini dell’esonero o dell’attenuazione della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c.
Pare evidente che il legislatore abbia di mira un’insolvenza reversibile, nella misura in cui all’art. 9, pur facendo salva in capo all’imprenditore la gestione dell’impresa in pendenza delle trattative, prevede che costui si curi di evitare un pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, dandola quindi per presupposta.  
8 . Astratta compatibilità fra composizione negoziata e allerta interna
L’allerta interna è stata mandata in soffitta. Eppure, è finanche possibile – occorre dirlo – che la composizione non escluda in prospettiva l’allerta modulata dal CCII. 
Un parziale riassetto, teso ad armonizzare le nuove norme sul procedimento di mediazione con le procedure cadenzate dal CCII, è ben ipotizzabile.
Bisogna dire, infatti, che il procedimento col mediatore ha come presupposto una situazione di crisi o, ancora meglio, di probabilità della crisi. Quando l’impresa si trova in una manifestazione non inesorabile del suo squilibrio, è certamente opportuna una premialità procedurale, che contempla pure l’agevolazione del concordato semplificato[23]. Quella premialità ha una sua logica, perché se l’imprenditore è intraprendente e tempestivo, gli interessi che gli si chiede di mettere in gioco è opportuno vengano difesi. Se l’imprenditore si desta molto all’alba della crisi, non viene in rilievo l’esigenza di condurlo manu militari davanti all’OCRI, né di sottoporlo alla dinamica dei pesi e dei contrappesi del concordato ordinario. 
Solo qualora l’imprenditore agisca da furbo, presentando come un’eterea difficoltà quella che ha i tratti somatici di un’incipiente decozione; quando egli è impossibilitato finanche ad abbozzare il simulacro di un programma di neutralizzazione delle difficoltà sul presupposto del mantenimento del going concern, il ricorso alla mediazione negoziata in funzione dell’accesso al concordato semplificato equivale probabilmente ad un abuso dello strumento, con quel che ne consegue in punto di incidenza sulla qualificazione della fattispecie dei principi sull’abuso del diritto e del processo.
In prospettiva, non appare eccentrico immaginare de iure condendo, che, quando lo stadio in cui l’impresa inizia a muoversi coincide ab initio con una situazione di crisi in cui l’insolvenza sia l’epilogo maggiormente pronosticabile sulla base del criterio del “più probabile che non”, i suoi organi interni possano essere chiamati a sospingerlo – obbligatoriamente – davanti all’esperto facilitatore, magari in luogo degli OCRI, ma secondo lo schema della archiviata allerta interna. In quel caso lo sbocco giurisdizionale, con il coinvolgimento del pubblico ministero, parrebbe addirittura doveroso.
Amministratori e controllori potrebbero essere onerati, in altri termini, nel mentre si approcciano all’utilizzo degli strumenti dell’ordinamento concorsuale a far uso del criterio venuto in auge in ambito civilistico "della preponderanza dell'evidenza" e della "probabilità logica prevalente". Su queste basi l’allerta interna, come meccanismo suscettibile di far scattare l’obbligo – anziché la facoltà – della riconduzione della vicenda dell’impresa all’esperto negoziatore, al fine di recuperare le residue componenti attive dell’impresa, potrebbe ritrovare un suo spazio. Vi è da battezzare innanzitutto il sistema, per poi approfondirne i correttivi eventuali. 
9 . Analogie e divergenze con il modello francese
In Francia l’allerta è direttamente attivabile dal Presidente del Tribunale di Commercio al quale è conferito il potere di convocare per un colloquio i dirigenti dell’impresa che si trovi in difficoltà tali da comprometterne la continuazione dell’attività d’impresa[24]. 
L’impresa en difficulté può ottenere dal giudice la nomina di un mandataire ad hoc. Con il supporto del professionista incaricato essa ricercherà un'intesa con i principali creditori, intesa alla quale può attribuirsi una peculiare portata in virtù della force exécutoire che può essergli conferita dalla homologation del tribunale del commercio[25].
Nell'ordinamento francese viene in evidenza un dato: pure il recinto della “difficoltà” (quale che sia), benché incentrata su di un criterio di libertà di scelte da parte dell'imprenditore, è piantonato da un giudice. Quest’ultimo è fin da subito presente, tanto da coordinare la fase dell’allerta con le varie ed eventuali immediatamente successive: procedure di sauvegarde, o redressement o liquidation judiciaire.
Ma solo in queste ultime – è bene metterlo a registro – il potere del giudice francese assume i connotati dell’impulso e della direzione nella gestione delle crisi. Occorre, in altri termini, che l’incarico del mandatario sia fallito.
In Italia, la partecipazione organica del giudice nella “vita difficile” dell’impresa manca, perché si è scelto di delimitare un’area protetta smarcata dall’intervento giudiziale e rimessa al supporto meno inquietante di un organo d’indole amministrativa.
Perché lo si è fatto? Non v’è chi non veda che sarebbe stata impraticabile, perlomeno nel breve periodo, una riproduzione in vitro nel belpaese dei Tribunali di Commercio d’oltralpe, i cui membri sono scelti fra gli imprenditori e i capitani d’azienda, non fra gli esegeti e i togati di carriera. 
Sono da dire peraltro due cose: intanto, che la convocazione giudiziale d’oltralpe ha una valenza ausiliaria, non sanzionatoria, in quanto volta a sollecitare l’imprenditore a prendere coscienza del disagio per affrontarlo in tempo, non certo a ventilargli il castigo; inoltre, la volontarietà della procedura non è scalfita, restando in capo al convocato la scelta di rispondere o meno alla chiamata alle armi o di disertarla.
Questo conferma che l’obiettivo del colloquio col giudice, in Francia, è equipollente a quello dell’audizione dinanzi all’esperto in Italia. In ciascun caso il tema è l’elaborazione di misure economiche, finanziarie e giuridiche per risanare la situazione. 
Il procedimento davanti all'esperto di casa nostra, come davanti al giudice provenzale, comincia pur sempre con l'ascolto dell'imprenditore e con l’analisi della sua situazione, per svilupparsi attraverso l'acquisizione di informazioni relativamente alle misure adottabili per porre rimedio allo stato di difficoltà. 
L'approdo più ottimistico anche sui Pirenei è quello di un accordo amichevole (amiable) favorito dalla nomina di un mandatario che assiste il debitore nell'esplorazione delle prospettive della conciliation e che al suo cospetto si propone come "simple conseilleur", come autorevole consulente.
10 . La problematica degli eventi SICRE
L'allerta “codicistica”, al pari di quella del D.L. n. 118 del 2021, non costituisce una monade nell’universo delle imprese. Essa coabita(va) con i meccanismi di early warnings delle banche, che hanno un funzionamento diverso, ma inevitabilmente condizionante.
Vi era – e permane – una criticità che non va sottaciuta. Era stato giustamente evidenziato come la rimessione della crisi sul banco dell’OCRI non costituisse un passaggio del tutto indolore. La reazione fisiologica della banca alla mera notizia di una convocazione del debitore dinanzi all’organismo camerale era – e rimane –, in astratto, quella di una probabile stima di incremento del rischio di insolvenza del credito, il che può determinare una stretta a più livelli nell’erogazione delle finanze, in attesa di conoscere e valutare lo stato reale di gravità della crisi[26].
Il principio contabile IFRS 9 viene utilizzato dal primo giorno di gennaio del 2018 da tutte le società tenute, a mente del regolamento Ue 2067/2016, all’applicazione dei principi contabili internazionali per la redazione dei bilanci individuali e consolidati.
Il principio in parola pone dei vincoli non bypassabili in materia di valorizzazione dei crediti da parte delle banche nei propri bilanci, delineando quelli che possono essere descritti come stage di appartenenza: ogni credito erogato si inscrive nello stage 1 solo alla nascita, assumendo un valore pari a quello nominale ponderato sulla scorta di precisi parametri. 
Il regolamento unionale contempla una serie di eventi atti a segnalare all'istituto un aumento si­gnificativo del rischio di default, si tratta dei c.d. “eventi SICR” (Significant Increment of Credit Risk). 
Questi eventi, via via mappati, impongono alla banca che intenda evitare di recitare la parte dell’abusivo erogatore, un monitoraggio attento del credito, determinandone il passaggio allo stage successivo – e più deteriore – ogni qualvolta, in concomitanza con l’evento, si determini l’innalzamento del rischio di che il credito diventi avariato e insoluto.
Ora, è evidente che un transito formale della vicenda dello squilibrio economico-finanziario dell’impresa davanti all’OCRI o al cospetto di un giudice per l’annessa richiesta di misure protettive valga tendenzialmente ad implicare finanche il passaggio a stage 3, che è il livello che certifica un rischio perentorio di default della pretesa, sia pure con diverse graduazioni: il credito diviene per la banca unlikely to pay e come tale da lì in poi viene trattato: la banca deve aggredire il debitore nei limiti in cui il concorso glielo permette, deve recuperare le garanzie, non può certamente concedere altre aperture finanziarie munifiche. 
Con la composizione negoziata, almeno secondo gli auspici, dovrebbero andarci imprese in pre-crisi, cioè enti produttivi le cui esposizioni col mondo bancario si iscrivono in stage 1 e 2 e non nella cornice del default
E se l’esperto, sia pure implicitamente, dovesse certificare che sussiste la possibilità di risanare e che la misura protettiva invocata è cucita sul corso delle trattative intraprese, il rischio di passaggio del credito allo stage che ne segnala l’insolvenza può rivelarsi più contenuto. 
Il problema reale del giudice che vuol presidiare gli interessi pubblicistici diviene allora un altro rispetto a quello finora agognato. È un problema avulso dalla tradizione, molto più sofisticato, non meno importante: quello di assicurare la giusta e capillare informazione e di assumere decisioni calibrate sui casi di specie ogni qualvolta viene chiamato ad emettere provvedimenti interferenti con le posizioni dei terzi. 
La Banca senza informazione, infatti, è sì costretta a proseguire l’erogazione creditizia, ma non esiste – né potrebbe paradossalmente imporla il giudice – nessuna garanzia che essa non passi il credito dell’impresa ad unlikely to pay
Bisogna allora spiegare agli istituti di credito ex latere iudicis perché occorrono le misure protettive e occorre pretendere – pena la revoca della misura – che l’esperto si comporti come un advisor. Il facilitatore va responsabilizzarlo sulla prognosi della negoziazione e al creditore va assicurata la completezza e la costanza dell’informazione. In caso contrario, il giudice che accordi la misura si limiterebbe ad obbligare la banca a erogare credito, accondiscendendo ad un rimedio peggiore del male: la banca non potrebbe non accantonare importi maggiori per non incorrere nel rischio di abusiva erogazione. 
Questo svela quanto fondamentale rimanga il ruolo il giudice, basta concentrarsi a reinterpretarlo.
Sotto altro piano, al magistrato spetta assicurare la legalità delle scelte e la legittimità degli strumenti il cui utilizzo incida sulle sfere dei terzi estranei. In questo quadro, il ruolo del giudice, con il coacervo di prerogative autorizzatorie e di poteri di somministrazione della tutela cautelare, è stato reso coerente con il suo ruolo, che per cimento è quello di solutore di conflitti, non certo di intermediario tra le parti nella crisi e nella precrisi. 
È un impianto coerente con la Direttiva, nel cui quadro il ricorso al giudice sembra circoscritto alle ipotesi in cui sia necessario e proporzionato, al fine di tutelare i diritti dei creditori e dei terzi, così da lasciare la gestione dell'impresa al suo titolare (art. 4, par. 6).
11 . Conclusioni
Quella del D.L. n. 118 del 2021 è una risposta al presente, non al futuro, e questo sembra chiaro.
Tutto risolto allora? Diciamo pure che niente è peggiorato. È arrivata una dimostrazione di ragionevolezza, un punto a favore delle imprese, che poi era la cosa che nel tempo concesso valeva davvero.
Per il resto mancano riferimenti, nel senso che c’è un’opportunità in più, ma saranno i fatti a spiegare se l’opportunità sarà stata quella giusta e soprattutto se le imprese avranno saputo coglierla.
Di certo, la composizione negoziata è un percorso pulito e ordinato, che l’esperienza possa renderlo asimmetrico è un rischio che nel deperimento pandemico si può in fondo accettare (posto che ci sarà tempo e modo per correggere). 
Per le imprese il campo ora è aperto e spetta a loro portare avanti lealmente il gioco, rifinirlo nella costruzione. La fine della partita ad oggi non la vede nessuno perché il calcio d’inizio non è stato ancora fischiato. 
Una chance di buon esito ci sarà solo se l’imprenditore imparerà a gestire responsabilmente la sua forza. Ma oggi il diritto della crisi è sull’unica strada possibile, ha preso il verso che doveva. Tutto il resto è già un divenire che oggi conta assai poco.

Note:

[2] 
In tema v. M. Fabiani, La proposta della Commissione Pagni all’ esame del Governo: valori, obiettivi, strumenti, 2 agosto 2021, in www.dirittodellacrisi.it; S. Leuzzi, Una rapida lettura dello schema di D.L. recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, 5 agosto 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[3] 
V. anche A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in www.dirittodellacrisi.it.
[4] 
Il rinvio è avvenuto, come noto, in sede di conversione del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, (cd. “Decreto Sostegni”), ad opera della L. 21 maggio 2021, n. 69, che ha sostituito il 14° co. dell’art. 5, andando a modificare il 7° co. dell’art. 15 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).
[5] 
Ne fornisce un’approfondita lettura L. Panzani, ll D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in www.dirittodellacrisi.it.
[6] 
F. Lamanna, Nuove misure sulla crisi d’impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta, in Il Fallimentarista. In precedenza, già D. Galletti, È arrivato il venticello della controriforma. Così è, se vi pare, in Il Fallimentarista.
[7] 
Sull’allerta nel quadro della Direttiva “Insolvency” ev. P. Vella, L’allerta nel codice della crisi e dell’insolvenza alla luce della direttiva (ue) 2019/1023, in Il caso.it, 24 luglio 2019, p. 22 ss. 
[8] 
Il Considerando 16 recita: "Member States shall ensure that debtors and entrepreneurs have access to early warning tools".
[9] 
Così M. Perrino, Disciplina italiana dell’allerta e Direttiva Insolvency: un’agenda per il legislatore, in www.dirittodellacrisi.it.
[10] 
N. Abriani, A. Rossi, Nuova disciplina della crisi d'impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Le Società, 2019, 393.
[11] 
Sull’impellenza di stabilire un filo conduttore tra incentivi ad una tempestiva emersione della crisi e successive responsabilità di coloro che hanno amministrato è incentrato il recente lavoro monografico di M. Fabiani e S. Leuzzi, La tutela dei creditori tra allerta precoce e responsabilità, 2021.
[12] 
Una visuale assai critica dell’intervento normativo si legge in P. Liccardo, Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in www.dirittodellacrisi.it.
[13] 
G. Carmellino, Le droit français des entreprises en difficulté e i rapporti con la nuova normativa europea, in Fallimento, 2015, 10, 1057.
[14] 
La frase è di Federico Fellini.
[15] 
A. Jacquemont, Procédure de conciliation et concordat amiable, in J.C.P., E, III, 2010.
[16] 
Il problema del cambio di mentalità ha una rilevanza epocale che non può essere impresso soltanto da un complesso di norme di diritto. Su di esso ha insistito spesso Renato Rordorf, che nei suoi lucidissimi interventi convegnistici ha evocato efficacemente, a proposito della refrattarietà diffusa ad accorgersi della crisi, ora la metafora dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia, ora quella della polvere spinta sotto il tappeto.
[17] 
S. Pacchi, Le misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ristrutturazioni aziendali, 9 agosto 2021.
[18] 
R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Ilcaso.
[19] 
Sull’essenzialità delle clausole generali nel sistema giuridico v. di recente F. Di Marzio, La ricerca del diritto, Bari-Roma, 2021, 102.
[20] 
Per alcuni spunti in tema ci si permette di rimandare a S. Leuzzi, Sopravvenienze perturbative e rinegoziazione dei contratti d’impresa, in www.dirittodellacrisi.it (Saggio destinato al volume collettaneo edito da Zanichelli, Le crisi dell’impresa e del consumatore. Studi in onore di Alberto Jorio). 
[21] 
S. Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristrutturazioni aziendali.
[22] 
Per i dipendenti dell’impresa può essere di maggior pregio il mantenimento del posto di lavoro in un’azienda rivitalizzabile con iniezioni finanziarie di terzi, che non la serratura dell’opificio, con la perdita del posto di lavoro e l’acquisizione di un obolo in più alla borsa del riparto concorsuale.
[23] 
In tema v. L.A. Bottai, La rivoluzione del concordato liquidatorio semplificato, in www.dirittodellacrisi.it e S. Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti, in Ristrutturazioni aziendali. 
[24] 
A. Jorio, Legislazione francese, raccomandazione della commissione europea, e alcune riflessioni sul diritto interno, in Fallimento, 2015, 10, 1070. 
[25] 
Su questi temi, v. S. De Matteis, L’allerta nel disegno di legge delega n. 3671-bis, in Dir. Fall., 2017, 3-4, 751, M. Cataldo, La soggezione dell'impresa in crisi al regime di allerta e composizione assistita, in Fallimento, 2016, 10, 1021.
[26] 
P. Rinaldi, Rischio stretta sul credito bancario con la convocazione all'Ocri, in Il sole 24ore,15 gennaio 2020, p. 30.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

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