La Corte di Cassazione ha precisato che "il principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione, secondo il principio ancor oggi vigente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat, deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti ma esige l'impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata proprio dall'obbligo richiamato dall'art. 117 TUB, secondo cui, in materia bancaria, «I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti"[50].
Da ciò, ne consegue, ad esempio, che il cliente (e qui la curatela) che agisca nei confronti della Banca non potrà avvantaggiarsi dell’azzeramento del conto se il primo estratto disponibile è negativo, in quanto è suo onere produrre tutti gli estratti conto a partire da quello a saldo zero[51].
Se, allorquando agisca, è onere della curatela fallimentare produrre tutta la documentazione contabile necessaria a ricostruire il rapporto, si pone il tema della possibilità di richiedere un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. atteso che, come ricordato, in questa materia non vale il principio di vicinanza della prova (cfr. Cass. 9201/2015).
Secondo il tradizionale insegnamento della Cassazione per pronunciare l’ordine di esibizione occorre il requisito della indispensabilità, nel senso che l’istanza non può essere accolta quando l’interessato sia in condizione di acquisire di propria iniziativa, e quindi di produrre in giudizio, il documento[52].
Naturalmente in materia bancaria viene in rilievo l’art, 119, comma 4, TUB, in forza del quale: «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione.»
In considerazione di ciò, in difetto di prova della tempestiva e vana richiesta ex art. 119 TUB, la giurisprudenza di merito ha generalmente rigettato l’istanza ex art. 210 c.p.c.
Sul punto, peraltro, è intervenuta la Suprema Corte che ha precisato che «il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto può essere esercitato, ai sensi del comma 4 dell’art. 119 del vigente testo unico bancario, anche in corso di causa e a mezzo di qualunque modo si mostri idoneo allo scopo»[53].
In ogni caso, il minimo esigibile da un Curatore prima dell’introduzione di una causa nei confronti di una Banca è che siano acquisiti (o almeno richiesti) tutti gli estratti conto e la regolamentazione contrattuale posta alla loro base.
In caso di mancata produzione del conto dal saldo zero, si ritiene che il correntista (e quindi il fallimento) abbia rinunciato all’accertamento del saldo con riferimento al periodo temporale non oggetto di documentazione.
Siccome spesso e volentieri il Curatore fallimentare non ha a disposizione la documentazione della società, in concreto (e indipendentemente da ogni ragionamento sulla eventuale prescrizione dei diritti della società fallita) le pretese azionate dalla curatela non potranno andare oltre al limite di conservazione della documentazione bancaria e quindi, degli ultimi dieci anni.
Attesi tali principi in punto di onere della prova, che sostanzialmente addossano su ciascuna parte la necessità di produrre tutti gli estratti conto utili per l’accertamento delle loro pretese - senza che la Banca possa avvantaggiarsi di un iniziale saldo negativo, che verrà azzerrato, ma senza che il cliente possa avvalersi degli effetti di tale azzeramento per sostenere la propria domanda – nei giudizi ordinari, la dialettica tra domanda principale promossa da una parte e domanda riconvenzionale proposta dalla controparte potrebbe risolversi nel senso del rigetto di entrambe le domande: di quella della banca, perché l’azzeramento del conto potrebbe non restituire un saldo finale negativo per il cliente; di quella del cliente, perché, in mancanza dell’azzeramento iniziale, il saldo potrebbe non risultare positivo a suo vantaggio.
Evidentemente, nei procedimenti di verifica dei crediti – e nel successivo giudizio di opposizione allo stato passivo – non può coesistere una domanda di partecipazione al concorso con una domanda riconvenzionale della curatela: le due questioni devono essere trattate, necessariamente, in due diversi giudizi.
Ci si deve chiedere, quindi, se i principi espressi valgono anche in caso di giudizi separati.
Se si ritiene, come sembra corretto, che l’onere della prova abbia una rilevanza solo processuale, cioè operi solo all’interno del giudizio, la risposta deve essere negativa.
Ne consegue che il giudicato eventualmente formatosi circa la rideterminazione di un saldo su domanda di una parte, può essere invocato in un diverso giudizio dalla controparte.
Tale aspetto è stato ben colto da una sentenza della Corte Appello Catania 942/2018 secondo cui “Se è vero, d’altra parte, che, conformemente all’unica domanda in esame, la statuizione del Tribunale di Siracusa si è limitata a disconoscere la pretesa creditoria dell’istituto bancario, non è meno vero però che tal decisione passa ineludibilmente, nelle stesse ragioni allegate a fondamento, dalla ricostruzione del saldo del dato rapporto di conto corrente, sì come operata alla stregua di criteri che, se solo lo avesse voluto, Intesa BCI Gestione Crediti spa avrebbe dovuto contrastare nel giudizio e non già allegare al fine di sostenere, in altro giudizio, la pretesa ad una rinnovata ricostruzione contabile, il cui esito giammai potrebbe porsi in contrasto con il pregresso accertamento”.
Conclusivamente, nel caso in cui la Curatela ritenga, anche attraverso la tecnica dell’azzeramento del conto corrente, di avere ragioni di credito nei confronti della Banca, potrebbe proporre il rigetto della domanda in sede di verifica dei crediti e attendere l’esito del giudizio di opposizione allo stato passivo nel cui ambito potrà svolgersi una consulenza tecnica che, in base ai principi che governano l’onere della prova (in questo caso incombente sulla Banca che chiede di essere ammessa al passivo), stabilisca quale sia il saldo dei rapporti. In virtù di quell’accertamento, allora, il Curatore potrebbe promuovere un’azione nei confronti della Banca.