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Saggio

Il corso della prescrizione nel concordato preventivo*

Piero Cecchinato, Avvocato in Padova

7 Dicembre 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Nel presente scritto si affronta il tema del corso del termine di prescrizione all’interno della procedura di concordato preventivo. Una questione che riveste notevole interesse nella pratica del diritto, poiché la preclusione alla proposizione e alla prosecuzione di azioni esecutive e cautelari che caratterizza tale tipo di procedura, porta spesso il creditore a non compiere alcun altro atto, nemmeno di semplice costituzione in mora, con possibile rischio di perdita del credito.
Riproduzione riservata
1 . L’interruzione e la sospensione della prescrizione: cenni di inquadramento generale
Poiché l’istituto della prescrizione si fonda sull’inerzia del titolare del diritto per un certo periodo di tempo, l’esatta individuazione di un evento o di una circostanza definibili come interruttivi di tale inerzia o sospensivi del periodo di tempo rilevante, assume rilievo decisivo.
Tutte le ipotesi di sospensione della prescrizione prese in considerazione dal legislatore presuppongono delle situazioni preclusive di fatto [1], nelle quali si riscontra un impedimento o una maggiore difficoltà (materiali o morali) nell’esercizio del diritto e che, pertanto, sono ritenute giustificanti l’inerzia e il mancato computo del periodo di tempo relativo. Si tratta delle fattispecie di sospensione per particolari rapporti fra le parti (art. 2941 c.c.) e per particolari condizioni del titolare (art. 2942 c.c.). 
L’interruzione della prescrizione si fonda invece su un atto di esercizio del diritto che, in quanto tale, è ritenuto capace di determinare la decorrenza ex novo del termine. Gli eventi interruttivi enumerati dal legislatore sono la notifica dell’atto col quale si dia inizio ad un giudizio (sia esso di cognizione, cautelare-conservativo o esecutivo), la proposizione della pretesa in via riconvenzionale, di chiamata in garanzia o di intervento in un giudizio già proposto da altri, l’atto col quale si costituisca in mora il debitore, l‘atto di nomina degli arbitri in presenza di compromesso, purché contenente anche la proposizione della domanda, e il riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale tale diritto possa essere fatto valere (cfr. artt. 2943 e 2944 c.c.).
L’elencazione delle cause di sospensione e interruzione è considerata dalla dottrina e dalla giurisprudenza di natura tassativa [2], in considerazione del rilievo pubblicistico che assume la necessità di certezza in ordine agli eventi capaci di determinare la perdita di un diritto o, per contro, la sua inequivoca conservazione nel tempo [3].
Quanto, in particolare, all’evento interruttivo della costituzione in mora - per quanto maggiormente rileva nel presente commento - è principio consolidato che un atto di intimazione ad adempiere, per avere efficacia interruttiva, debba contenere, oltre alla chiara indicazione del debitore, l'esplicitazione della pretesa e una richiesta idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del creditore di far valere il proprio diritto. È altresì assodato che una tale manifestazione di volontà non è soggetta a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni [4]. 
Rispetto al riconoscimento dell’altrui diritto, appare invece utile ricordare che per la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza non è necessario che chi lo compie sia mosso da una precisa volontà ricognitiva, essendo sufficiente che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito [5].
2 . Il credito concorsuale nella procedura di concordato preventivo
Anche nel concordato preventivo, come nella procedura fallimentare, si verifica una cesura fra crediti anteriori e crediti posteriori all’introduzione del procedimento.
Come è noto, nel procedimento di concordato tale cesura si realizza alla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (art. 168 L. fall.) [6]. In corrispondenza di tale evento si integra la c.d. cristallizzazione della massa passiva del debitore, ossia la sospensione delle prerogative discendenti dai crediti vantati verso la debitrice fino a quel momento, che non potranno essere posti in pagamento, cautelati o azionati in via esecutiva [7].  
A differenza di quanto accade nella procedura di fallimento, si tratta però di una cristallizzazione affievolita e non assoluta.
Ciò perché nella disciplina del concordato preventivo non trova applicazione il processo di spossessamento previsto in ambito fallimentare, in forza del quale il debitore viene privato della amministrazione e della disponibilità dei propri beni (art. 42 L. fall.) e sono considerati inefficaci tutti i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di insolvenza (art. 43 L. fall.). 
Tali due norme non sono richiamate tra quelle applicabili alla procedura di concordato dall’art. 169 L. fall., così che lo spossessamento che si realizza in questo tipo di procedura è solo attenuato: il debitore conserva infatti l'amministrazione dei propri beni e l'esercizio dell'impresa, benché sotto la vigilanza del commissario giudiziale, e non sussiste alcuna sanzione di inefficacia per i pagamenti di crediti anteriori [8].
Il che non costituisce il frutto di “un difetto di coordinamento, (…) ma della chiara logica del sistema” [9].
3 . Il corso della prescrizione nel concordato preventivo
Il carattere solo relativo della cristallizzazione e dello spossessamento che si verificano nel concordato preventivo si riverbera inevitabilmente anche sulla disciplina della prescrizione del credito concorsuale.
Una cristallizzazione solo parziale, infatti, per definizione non può escludere tutte le prerogative discendenti dal credito e, quindi, non può rappresentare un impedimento cogente all’esercizio del diritto. Per questo l’art. 168 L. fall. si limita a sospendere solo le prerogative in executivis e quelle conservative [10], mentre nessun’altra norma inibisce o interrompe altre iniziative o riserva a speciali riti il riconoscimento dei diritti dei creditori come avviene nella procedura fallimentare.
Difettano, nella disciplina del concordato, disposizioni come quelle dell’art. 43, comma 3 L. fall. e dell’art. 52 stessa legge, per effetto delle quali la dichiarazione di fallimento comporta l’automatica interruzione di ogni azione di cognizione e ogni credito deve essere verificato nell’ambito dello speciale procedimento di insinuazione al passivo [11].    
Ciò significa che il creditore rimarrà libero di assumere o proseguire ogni tipo di iniziativa diversa da quelle esecutive e cautelari.  
Per questo il comma 2 dell’art. 168 L. fall. esclude l’ulteriore corso del termine di prescrizione (inserendo nel sistema una fattispecie speciale di sospensione) per i soli crediti che siano stati in precedenza azionati in via esecutiva o cautelare. 
In realtà, la norma non ha mancato di far discutere, anche per l’ambiguo ricorso al tempo condizionale, che sembra ammettere ai benefici della sospensione della prescrizione anche quei crediti per i quali nessuna azione esecutiva o cautelare fosse stata ancora assunta prima dell’introduzione della procedura, ma avrebbe potuto esserlo [12]. 
Appare però più appropriato ritenere che la legge magis dixit quam voluit, ossia che il beneficio della sospensione del termine di prescrizione sia ammesso solo in favore dei creditori che, alla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, avessero già avviato in concreto un’azione esecutiva o cautelare [13].  
A fronte dell’inibizione di tali azioni, quindi, si prevede un regime premiale: considerando la chiara volontà fatta valere con le iniziative assunte e la necessità di preservare l’integrità della par condicio creditorum, ai crediti posti in esecuzione o cautelati viene riconosciuto un effetto sospensivo del termine altrimenti rilevante per la perdita del diritto, così che il creditore la cui azione sia stata interrotta dalla pubblicazione della domanda non dovrà più preoccuparsi di far valere la propria pretesa, almeno sino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventi definitivo [14].    
I creditori che non abbiano avviato azioni esecutive o cautelari, invece, rimarranno esposti al corso del termine di prescrizione previsto per i rispettivi crediti [15]. 
Per questi creditori non potrà, cioè, configurarsi alcuna ipotesi di sospensione del termine prescrizionale, non trovando applicazione né la fattispecie speciale prevista dall’art. 168 L. fall., né le fattispecie contemplate agli artt. 2941 e 2942 c.c., che, come visto sopra, sono da ritenersi tassative. 
Non potrà trovare applicazione nemmeno la fattispecie contemplata al n. 6 dell’art. 2941 c.c., che si caratterizza per l'essere i beni di una parte amministrati dall'altra in virtù di una disposizione di legge o di un provvedimento del giudice. 
Come abbiamo visto sopra, infatti, nel concordato preventivo il debitore subisce uno spossessamento solo attenuato, in quanto conserva, oltre alla proprietà, anche l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve solo le limitazioni derivanti dall’attività di vigilanza svolta dal commissario e dalla necessità di ottenere una preventiva autorizzazione per lo svolgimento di determinati atti (cfr. art. 167 L. fall.), nonché, nel concordato con cessione dei beni ai creditori, dalla delega agli organi della procedura dei poteri di gestione finalizzati alla sola liquidazione [16].
Né, per altri versi, potrà ritenersi sussistente un’ipotesi di impedimento legale all’esercizio del diritto, rilevante ai sensi dell’art. 2935 c.c., poiché, di per sé, l’apertura della procedura di concordato inibisce come visto solo atti esecutivi e cautelari [17]. 
Il che significa che per non perdere un diritto di imminente scadenza, il creditore dovrà porre in essere uno specifico atto interruttivo, non essendogli precluso né l’invio di atti di costituzione in mora, né la proposizione di azioni di cognizione [18].
4 . L’efficacia interruttiva dell’inserimento del credito nell’elenco allegato alla domanda e degli atti del liquidatore
Il carattere solo attenuato dello spossessamento subito dal debitore nel concordato, comporta un grado di disponibilità dei propri beni tale da consentirgli un efficace riconoscimento dei propri debiti.  
Il che ben potrà integrarsi con il deposito, unitamente alla domanda, dell’elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione previsto dall’art. 164, comma 2, lett. b) L. fall. 
Come abbiamo visto sopra, non è infatti necessario che il riconoscimento dell’altrui credito, per avere efficacia interruttiva del termine di prescrizione, sia supportato da una precisa volontà ricognitiva o sia espresso con formule particolari, essendo sufficiente che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito. Inoltre, l’efficacia interruttiva può essere attribuita sia a comportamenti espressi che a comportamenti taciti e può essere desunta anche fatti che, avendo quale presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, siano incompatibili con la volontà di non riconoscere il diritto [19].
Tale effetto non potrà, invece, riconoscersi agli atti del liquidatore giudiziale nominato ai sensi dell’art. 182 L. fall. per dare corso alla liquidazione dei beni. Ciò perché il liquidatore non entra mai nella disponibilità del diritto controverso (che rimane in capo al debitore) e, pertanto, non può considerarsi legittimato né a compiere atti interruttivi, né a ricevere analoghi atti provenienti dal creditore [20]. 
Infine, anche la domanda di omologa del piano di concordato non pare poter rivestire efficacia interruttiva. 
Anzitutto, tale domanda non è contemplata come atto necessario dall’art. 180 L. fall. In secondo luogo, con tale domanda non viene svolto alcun altro specifico riferimento ai singoli crediti, ulteriore rispetto a quello svolto con l’elenco allegato alla domanda introduttiva, e la portata della stessa è limitata alla verifica della regolarità della procedura e dell’esito della votazione [21]. 
5 . Conclusioni
Pertanto, si possono fissare i seguenti principi: 
-  di regola, anche in corso di concordato la prescrizione continua a decorrere, salvo che intervenga un atto interruttivo del creditore;
-  solo i creditori che abbiano già avviato azioni esecutive o cautelari alla data di pubblicazione della domanda di concordato potranno beneficiare della speciale fattispecie di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 168, comma 2 L. fall. per il periodo intercorrente tra la data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo e la definitività del decreto di omologa;
-  il concordato non comporta alcun impedimento giuridico all’esercizio del diritto rilevante ai sensi dell’art. 2935 c.c. e tale, quindi, da precludere il corso della prescrizione;  
- la causa di sospensione della prescrizione prevista dall’art. 2941 c.c., n. 6) non è applicabile al rapporto che si instaura fra debitore e creditori nell’ambito del concordato;
- agli atti compiuti dal liquidatore giudiziale non può essere attribuita la natura di atti di ricognizione di debito, poiché il liquidatore non può disporre del diritto controverso;
- nemmeno alla domanda di omologazione può essere attribuita efficacia interruttiva della prescrizione;
- in assenza di specifiche contestazioni del credito da parte della debitrice all’interno della domanda, ben potrà essere attribuita efficacia interruttiva della prescrizione ex art. 2944 c.c. al semplice inserimento del credito stesso nell’elenco dei creditori allegato al ricorso per concordato.  

Note:

[1] 
Le preclusioni di diritto sono invece prese in considerazione con riguardo al dies a quo del termine prescrizionale dall’art. 2935 c.c., per il quale “La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.
[2] 
In dottrina si vedano, tra gli altri, MOLFESE, Prescrizione e decadenza, Milano, 2009, p. 284 e CORBO, La tutela dei diritti, Torino, 2018, p. 267. In giurisprudenza, di recente si veda Cass., sez. VI, 14 gennaio 2021, n. 512, per la quale “non è consentito attribuire efficacia interruttiva ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacché la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti”.
[3] 
Anche per questo il legislatore ha stabilito la nullità di ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione (art. 2936 c.c.).
[4] 
Cfr. ad esempio Cass., sez. lav., 28 novembre 2016, n. 24116.
[5] 
Si veda in tal senso Cass., sez. II, 18 dicembre 2020, n. 29101, per la quale, per avere efficacia interruttiva, il riconoscimento dell'altrui diritto deve solo recare, “anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell'esistenza del debito e rivelare il carattere della volontarietà, potendo anche essere tacito e rinvenibile in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore”. In dottrina si veda, fra gli altri, CASSANO, Prescrizione e decadenza, come farle valere nel processo, Rimini, 2014, p. 215, per il quale “l’efficacia ex art. 2944 c.c. può essere riconosciuta sia a comportamenti espressi che a comportamenti taciti, purché significativi” e può essere desunta anche “da un fatto che, avendo quale presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria, sia incompatibile con la volontà opposta”. 
[6] 
Art. 168 L. fall.: “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”. Il momento di efficacia della cristallizzazione della massa passiva è stato modificato dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 134, che ha sostituito la "presentazione del ricorso" con la sua pubblicazione nel registro delle imprese.   
[7] 
Salve le ipotesi di compensazione rilevanti rispetto all’art. 56 L. fall. e quelle di escussione contemplate dal d. Lgs. 21 maggio 2004, n. 170 in materia di contratti di garanzia finanziaria. 
[8] 
Il principio è stato di recente ribadito da Cass., sez. I, 15 febbraio 2021, n. 3850, per la quale “Il procedimento di concordato preventivo non prevede la possibilità di revocatorie o di azioni ai sensi dell’art. 44 l. fall., e nemmeno è fornito di un ufficio abilitato ad agire in tal senso, essendo applicabili, in virtù del richiamo di cui all'art. 169 legge cit., soltanto le disposizioni degli artt. da 55 a 63 medesima legge. Pertanto, il pagamento di un debito preconcordatario è in sé legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l'ipotesi di un atto ‘diretto a frodare le ragioni dei creditori’, e, quindi, sanzionabile con la dichiarazione di fallimento ai sensi dell'art. 173, comma 2”. In senso analogo di recente si è altresì ritenuto che “l’art. 44 rappresenta la proiezione del cd. spossessamento sostanziale e processuale tracciato dai precedenti artt. 42 e 43, in attuazione del principio della ‘cristallizzazione’, alla data del fallimento” (Cass., 8 giugno 2020, n. 10867).
[9] 
Così ancora Cass., sez. I, 15 febbraio 2021, n. 3850.  Tali considerazioni aiutano anche a comprendere in che termini lo spossessamento risulti complementare alla cristallizzazione e l’inefficacia ex art. 44 l. fall. un corollario dello spossessamento pieno di cui all’art. 42. In mancanza di uno spossessamento assoluto, anche la cristallizzazione della massa concorsuale risulterà, pertanto, solo relativa.
[10] 
Ossia quelle che maggiormente incidono sull’effettività della par condicio creditorum. 
[11] 
L’art. 51 L. fall. pone la medesima regola dell’improcedibilità per le azioni esecutive e cautelari dell’art. 168 L. fall., ma mentre nella procedura fallimentare l’improcedibilità di ogni altra azione funzionale a far valere il credito (sia anche solo in via di mero accertamento) è ricavabile dall’art. 52, che riserva allo speciale rito dell’insinuazione nello stato passivo il riconoscimento dei diritti del creditore, nel concordato non si pone alcun limite del genere. 
[12] 
Parlando di “prescrizioni che sarebbero state interrotte” e non di “prescrizioni interrotte” o di “prescrizioni che sono state interrotte”, la norma sembra infatti considerare degni del beneficio anche i crediti che solo ipoteticamente avrebbero potuto essere azionati o cautelati, ossia quei crediti già fondati su titolo esecutivo o per i quali potessero dirsi sussistenti i presupposti per una cautela e ciò perché non sono ravvisabili ipotesi in cui l’azione esecutiva o cautelare non comporti di per sé l’interruzione del termine prescrizionale (cfr. art. 2943 c.c.). 
[13] 
Con efficacia verso la debitrice, si intende. Per cui dovranno intervenire, prima della pubblicazione, la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi o di quello immobiliare (con relativa trascrizione, per chi ritiene che tale incombente costituisca un elemento costitutivo del pignoramento) o il deposito del ricorso cautelare, considerando che “Nei procedimenti contenziosi che iniziano con ricorso, il compimento della formalità del deposito coincide con la proposizione della domanda” (Cass., sez. III, 18 ottobre 2011, n. 21487).  
[14] 
In tal senso si veda anche la recente da Cass., sez. I, 15 novembre 2021, n. 34437, per la quale “Non è in alcun modo ipotizzabile alcuna sospensione generalizzata della prescrizione dei diritti di natura patrimoniale spettanti a tutti i creditori concordatari. Pertanto, nel caso in cui alla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo colui che invoca l’effetto sospensivo della prescrizione ex art. 168 comma 2 L. fall. non abbia proposto alcuna azione esecutiva (o cautelare) sul patrimonio della debitrice, costui non potrà giovarsi dell’istituto della sospensione della prescrizione”.   
[15] 
Salvo quanto diremo in appresso con riguardo al riconoscimento del debito che può verificarsi all’atto del deposito della domanda. 
[16] 
Sulla non applicabilità dell’art. 2941 n. 6 c.c. si vedano Cass. sez. I, 5 agosto 2019, n. 20889 e Cass., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20642.
[17] 
Sul punto si veda Cass., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20642, per la quale l’apertura della procedura “non costituisce un impedimento giuridico per il creditore, non essendovi alcun ostacolo a formulare nei confronti della debitrice in concordato istanze, solleciti ed atti cautelativi di costituzione in mora; non può infatti ritenersi che a seguito dell'ammissione alla procedura e nel corso della stessa la società sia liberata dall'obbligo di pagamento dei propri debiti”. 
[18] 
Il concetto, già affermato da Cass., sez. I, 5 agosto 2019, n. 20889, è stato di recente ribadito da Cass., sez. I, 15 novembre 2021, n. 34437, per la quale “Nella procedura di concordato preventivo, a differenza che in quella di fallimento - nella quale, ai sensi dell'art. 94 l. fall. la presentazione della domanda di ammissione al passivo determina l'interruzione della prescrizione del credito, con effetto permanente, sino alla chiusura della procedura - non vi è una verifica del passivo e pertanto nell'ambito della procedura di concordato non vi è una domanda cui possano riconoscersi gli effetti di quella di cui all'art. 94 l. fall., con la conseguenza che, ove i creditori intendano ottenere l'accertamento di una loro pretesa obbligatoria, devono ricorrere al giudizio di cognizione ordinaria, il cui radicamento, durante la pendenza della suddetta procedura, non mai è precluso”.
[19] 
In tal senso cfr. la già citata Cass., sez. II, 18 dicembre 2020, n. 29101. 
[20] 
In tal senso cfr. Cass., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20642, per la quale “le lettere inviate dal liquidatore del concordato preventivo non implicano riconoscimento del credito e non hanno efficacia interruttiva della prescrizione” e Cass., sez. I, 20 novembre 2018, n. 29982, per la quale “Poiché nel concordato preventivo è il debitore a conservare la proprietà dei beni oggetto della procedura, è a lui, e non agli organi della procedura, che spetta il potere di riconoscere crediti e, di conseguenza, interromperne la prescrizione”. 
[21] 
Cfr. in tal senso Cass., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20642, per la quale “E’ priva di efficacia interruttiva la domanda di omologazione svolta dalla società debitrice, atteso che tale domanda non può qualificarsi come atto di riconoscimento del credito, (…) atteso che detto giudizio non ha ad oggetto l'accertamento dell'esistenza e consistenza del passivo concordatario, ma la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 180 L. fall.”.

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