L’art. 11, comma 1, lett. a) del D.L. n. 118/2021 affermava che “quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione” di crisi (ovvero di quella situazione che ha legittimato l’avvio della “procedura” di Composizione negoziata) le parti delle trattative agevolate dall’esperto nominato dalla Commissione speciale di cui all’art. 3 [ora art. 13 CCII] avrebbero potuto (inter alia) “concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all’articolo 14 [ora art. 25 bis, comma 1, CCII] se, secondo la relazione dell’esperto, … è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni”.
La disposizione è stata trasfusa, senza modificazioni, nell’art. 23, comma 1, lett. a), del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: così mantenendo il carattere fortemente innovativo che la caratterizzava.
In conseguenza di tale mera trasposizione, rimangano attuali i non pochi interrogativi originati dalla sua previsione nel contesto originario del D.L. n. 118/2021, con particolare riguardo a:
i) se la relativa disciplina sia limitata all’ipotesi della conclusione del “contratto” in questione – funzionale ad assicurare la continuità aziendale per almeno due anni – “con uno o più creditori”, ovvero anche con altri soggetti (fornitori; clienti; investitori; le stesse società del “gruppo” al quale appartenesse l’impresa impegnata nella Composizione negoziata [1], allorché non fossero creditrici – ma, magari, debitrici! –; eccetera). Stante la lettera inequivoca della norma, la risposta deve essere negativa [2]: ma la ratio sottesa alla stessa non è facilmente individuabile;
ii) se “i creditori”, che rappresentano l’unica possibile controparte di questo “contratto”, perché esso possa produrre gli effetti speciali attribuitigli quale possibile sbocco positivo della Composizione negoziata, debbano appartenere alla schiera di coloro, rispetto ai quali sono state condotte le “trattative” – quindi titolari di pretese aventi titolo anteriore alla apertura della Composizione negoziata –; oppure possano essere rappresentati anche da creditori estranei alle trattative, in quanto successivi – e come tali assistiti, per esempio, dalla esenzione da revocatoria delle garanzie acquisite, e dalla collocabilità in prededuzione dei crediti derivanti dai finanziamenti erogati –. La norma non distingue, e non pare sussistano ragioni per escludere dalla partecipazione a questa soluzione della crisi anche i creditori appartenenti alla seconda categoria – tanto più quando, ma non soltanto quando, gli stessi fossero anche titolari di passività pregresse –;
iii) se la “assicurazione” della continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni sia un obiettivo idoneo di per sé a supportare la soluzione così rappresentata, a prescindere dalla previsione dell’andamento dell’impresa successivamente alla scadenza considerata; oppure debba essere accompagnato dalla rappresentazione della soluzione idonea a conseguire poi – ove il semplice decorso del tempo non produca di per sé tale effetto – il “superamento della situazione” di crisi (ovvero quella che ha legittimato l’avvio della “procedura” di Composizione negoziata). La risposta che si fa preferire è la seconda, non risultando sufficientemente apprezzabili, di per sé, i soli effetti del differimento del dissesto di cui non si prefiguri il possibile superamento [3];
iv) quali siano gli effetti prodotti dalla circostanza che lo sbocco delle trattative, condotte grazie alla “procedura” di Composizione negoziata, sia stato rappresentato dalla stipulazione del contratto de quo. L’art. 23, comma 1, lett. a) menziona espressamente la produzione degli “effetti di cui all’articolo 25 bis, comma 1” – la “misura premiale” di carattere fiscale rappresentata dal dimezzamento degli “interessi che maturano sui debiti tributari”[4] –, lasciando così intendere che non se ne producano altri: ma al proposito pare necessario un chiarimento.
Non pare ipotizzabile prendere in considerazione l’ipotesi che gli effetti che si sono già prodotti in conseguenza della apertura della “procedura” di Composizione negoziata, non siano destinati a “permanere”, per il fatto che la norma in commento non ne fa menzione. Se si ipotizza questo possibile esito, nessuno – a partire dall’imprenditore – si avvicinerebbe all’istituto, per la sua evidente inaffidabilità.
Gli effetti già prodottisi non possono essere messi in discussione: e ciò riguarda tanto quelli prodottisi automaticamente – in conseguenza, cioè, della semplice apertura della “procedura” [5] –; quanto quelli prodottisi in conseguenza dell’osservanza dei “controlli” disposti sulla gestione dell’impresa, ovvero delle “integrazioni” dell’autonomia privata dell’imprenditore, ad opera di diversi soggetti “titolati” (l’esperto nominato dalla Commissione speciale; l’Autorità giudiziaria).
Tra questi effetti – già prodotti: e come tali insuscettibili di essere messi in discussione, e non condizionati allo sbocco positivo delle trattative, sia esso rappresentato dal “contratto” de quo ovvero da un’altra soluzione – anche le “misure premiali” di cui all’art. 25 bis, per ciò che concerne il periodo anteriore alla conclusione delle trattative.
La disposizione qui considerata va intesa nel senso che la conclusione delle trattative attraverso il perfezionamento del “contratto” di cui all’art. 23, comma 1, lett. a), CCII comporta l’applicabilità della “misura premiale” (fiscale) di cui all’art. 25 bis, comma 1, per il periodo successivo alla chiusura delle trattative stesse.
Chiarito ciò, si dovrà pertanto concludere che a seguito della conclusione delle trattative rappresentata dal perfezionamento del “contratto” avente i contenuti (ed “assicurante” i risultati) previsti dalla norma (per come si sarà ritenuto preferibile interpretarla):
i) si produrranno (ulteriormente) gli effetti della “misura premiale” di cui all’art. 25 bis, comma 1, CCII;
ii) rimarranno fermi gli effetti delle “misure premiali” ex art. 25 bis prodottisi nel corso delle trattative;
iii) rimarranno fermi gli effetti della “esimente” penale di cui all’art. 24, comma 5, CCII;
iv) rimarranno fermi gli effetti della “esenzione” da revocatoria prodotti dall’art. 24, comma 2 (ove beninteso siano intervenuti a suo tempo i presupposti che ne condizionano la nascita);
v) potrebbero non prodursi gli effetti del collocamento in prededuzione dei crediti derivanti dai finanziamenti pur autorizzati dal Tribunale ex art. 22, comma 1, CCII, in quanto la “conservazione” degli stessi è esplicitamente condizionata ad uno sbocco delle trattative in una delle soluzioni espressamente individuate, tra le quali non è compresa la conclusione del ‘contratto’ di cui all’art. 23, co. 1, lett. a), CCII (cfr. art. 24, comma 1, CCII).
I crediti derivanti dai finanziamenti autorizzati dal Tribunale ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. a), CCII sono prededucibili.
Tale effetto “si conserva”, secondo quanto previsto dall’art. 24, comma 1, CCII, se successivamente alla chiusura della procedura di CNC intervengono:
i) un Accordo di Ristrutturazione omologato;
ii) un Concordato preventivo omologato;
iii) un Piano di Ristrutturazione ex art. 64 bis omologato (c.d. “P.R.O.”);
iv) la liquidazione giudiziale/la Liquidazione Coatta Amministrativa/l’Amministrazione Straordinaria / il Concordato Semplificato Omologato.
Conseguentemente l’effetto della predecubilità non si conserva (o non si dovrebbe conservare), inter alia, se successivamente alla chiusura della procedura di CNC intervengano:
i) la conclusione di un “contratto di continuità aziendale” biennale (cfr. art. 23, comma 1, lett. a), CCII);
ii) una Convenzione di Moratoria;
iii) un Piano Attestato di Risanamento;
iv) il ritorno “in bonis”;
v) qualsiasi soluzione diversa da quelle identificate dall’art. 24, comma 1, CCII (ad es. incorporazione in altra società).
Stando così le cose – rectius: se stessero così le cose –, la disponibilità delle banche a concedere “nuova finanza” alle imprese interessate da una procedura di CNC sarebbe prevedibilmente assai modesta.
Di fronte alla alternativa di procedere o non procedere alla continuazione del sostegno finanziario alla impresa ammessa alla CNC, presumibilmente opterebbe per la soluzione negativa, fino a quando non avesse acquisito la certezza dello “sbocco” della CNC, ed avesse conseguito la sicurezza della coincidenza di tale “sbocco” con una delle fattispecie enumerate dall’art. 24, comma 1.
Tale conclusione deve essere mantenuta ferma con riguardo a quella che era la disciplina della CNC nell’ambito del D.L. n. 118/2021, convertito nella legge n. 147/2021. Essa deve essere rivista – invece – quando si considera la disciplina della CNC come confluita nel CCII.
L’art. 22, comma 1, lett. a), CCII riproduce testualmente la disposizione contenuta nell’art. 10, comma 1, lett. a), D.L. n. 118/2021, tranne che per il riferimento alla norma disciplinante la prededuzione che viene disposta.
L’art. 10, comma 1, lett. a), D.L. n. 118/2021 riferiva la prededuzione, che assicurava ai crediti derivanti dai finanziamenti autorizzati dal Tribunale, allo “articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” (“legge fallimentare”).
L’art. 22, comma 1, lett. a), CCII riferisce la prededuzione, che assicura ai medesimi crediti, allo “articolo 6” CCII.
Prescindendo da quella che era la portata che poteva essere attribuita al rinvio all’art. 111 L. fall., non più interessante in questa sede, il rinvio odierno all’art. 6 CCII richiama l’applicabilità (anche) della disposizione secondo la quale “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali” (comma 2).
La evidente contrapposizione tra procedure “esecutive” e procedure “concorsuali” (si usa la lettera ”o” per separare le due ipotesi); la totale mancanza di qualsiasi relazione tra momento e sede della insorgenza del credito prededucibile e momento e sede del suo soddisfacimento nella collocazione antergata rispetto agli altri creditori; consentono di affermare che la “nuova” prededuzione del CCII consente al credito che ne è dotato di prevalere in qualsiasi confronto con gli altri creditori del debitore comune: sia che si tratti di un confronto individuale (esecuzione forzata), sia che si tratti di un confronto concorsuale (liquidazione giudiziale od altra procedura equipollente); e sia che l’uno e/o l’altro siano caratterizzati da connotati di “consecutività”, oppure di “discontinuità” [6], rispetto alla procedura di CNC nella quale il credito interessato è sorto.
A questa stregua la previsione dell’art. 24, comma 1, CCII deve essere circoscritta agli “atti autorizzati dal Tribunale ai sensi dell’articolo 22” che siano diversi da quelli contemplati nella lettera a) della norma richiamata - nonché nelle lettere b) e c) -, perché l’esplicito richiamo, ivi contenuto, all’articolo 6 CCII – totalmente assente nella originaria previsione dell’art. 10, comma 1, lett. a), D.L. n. 118/2021 – assicura la “permanenza” degli effetti della prededuzione in qualsiasi concorso tra creditori che si apra, in qualsiasi momento, sul patrimonio dell’imprenditore (che era stato) ammesso alla CNC.