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Il gruppo di imprese nella composizione negoziata della crisi

Marco Arato, Ordinario di Diritto Commerciale nell’ Università degli Studi di Genova

23 Novembre 2021

L’art. 13 del D.L. n. 118 del 2021, conv. con L. n. 147/2021, disciplina l’applicazione del nuovo istituto della composizione negoziata al gruppo di imprese. Viene dato rilievo normativo per la prima volta al rilevante fenomeno della crisi di gruppo. Le riflessioni che seguono mettono in luce le implicazioni e le prospettive sottese alle nuove regole.
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1 . Il “gruppo” e il percorso: inquadramento e disciplina
La norma di riferimento è l’art. 13 del DL 118/2021 che definisce il gruppo ricalcando l’art. 2 lett. (h) CCI. La norma fa espresso rinvio all'art. 2497 c.c. e definisce come gruppo l'insieme di società sottoposte a direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica.
Anche a fini concorsuali l’art. 13 e l’art. 2 lett. (h), riprendendo la disciplina civilistica dell’art. 2497 sexies c.c., presumono fino a prova contraria che l'attività di direzione e coordinamento sia esercitata verso le controllate (i) dalla società che ne consolida i bilanci e (ii) dalla società che esercita su di esse il controllo, diretto o indiretto, anche congiuntamente.
È utile segnalare che l’art. 13 DL 118/2021 e l’art. 2 lett. (h) CCI hanno sostanzialmente lo stesso testo.
In entrambe le norme degno di nota è il riferimento alla persona fisica come soggetto capogruppo che esercita attività di direzione e coordinamento. Si tratta di una novità rispetto all'art. 2497 c.c. che si limita a menzionare "le società e gli enti" ma non le persone fisiche, novità tra l'altro neanche prevista nell'art. 3.1. lett. a) della legge delega. Occorre chiedersi se il riferimento fatto dall’art. 13 e dall'art. 2, comma 1, lett. h) alla persona fisica vada inteso solo come “ultimate owner” o evochi anche la figura della holding persona fisica, del socio tiranno, del socio di fatto occulto. Le relazioni illustrative al decreto legge e al codice della crisi non chiariscono il dubbio, ma la genericità del dato testuale non esclude il riferimento alla holding persona fisica. In altre parole, sulla base di questa interpretazione, l’art. 13 del DL 118/2021 e l'art. 2, comma 1, lett. h) CCI potrebbero consentire l'accesso al concordato di gruppo anche al c.d. "gruppo di fatto". In ogni caso, il riferimento alla "persona fisica" consente di ampliare notevolmente la nozione di gruppo con ampliamento dei soggetti responsabili. Si consideri, però, che la composizione negoziata è uno strumento di natura volontaria e che normalmente i fenomeni sopra descritti (holding persona fisica, gruppo di fatto) vengono alla luce a seguito dell’attività degli organi di una procedura e non spontaneamente. Ciò significa che la persona fisica non avrà spontaneamente un particolare interesse a svelare la propria situazione, a meno che non ne abbia un beneficio che, ad esempio, l’art. 182 decies l.f. (esdebitazione dei coobbligati e dei soci illimitatamente responsabili) potrebbe dare in caso di accordo di ristrutturazione di gruppo.
Rispetto all’art. 2 lett. (h) CCI, nell’art. 13 non viene però menzionato l’inciso secondo il quale la direzione unitaria avviene “sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto”. Non ritengo che tale eliminazione incida sul contenuto o sulla estensione della definizione di gruppo in quanto nella presunzione di direzione unitaria contenuta nell’art. 13 si mantiene la nozione giuridica di controllo che, ai sensi dell’art. 2359 c.c., comprende non solo il controllo azionario di diritto ma anche l’influenza dominante in assenza di controllo legale e il controllo contrattuale. Ebbene, l’inciso ora eliminato era una inutile sintesi dell’art. 2359 c.c. che nella nozione di “vincolo partecipativo” riuniva i due concetti di controllo partecipazione di diritto e di fatto trattati separatamente dall’art. 2359 c.c. L’eliminazione di tale inciso operata dall’art. 13 appare quindi opportuna e da recepire anche nel testo CCI.
2 . Il perimetro soggettivo
L’art. 13, non facendo riferimento ai fini della conduzione della procedura negoziata, né a requisiti dimensionali delle imprese né all’attività svolta ritengo ammetta alla composizione negoziata sia imprese capogruppo costituite nella forma dell’imprenditore individuale sia imprese sotto soglia che svolgano anche attività agricola sia grandi imprese aventi i requisiti per l’amministrazione straordinaria sia imprese quotate. E tali gruppi di imprese possono essere in crisi o insolventi, ma con una insolvenza reversibile. Sotto questo profilo vi è una profonda differenza rispetto alla disciplina sull’allerta contenuta nel CCI che invece esclude le grandi imprese dal possibile assoggettamento all’allerta.
Con riferimento alla capogruppo persona fisica potrebbe sorgere il dubbio della possibilità della sua sottoposizione alla composizione negoziata in quanto all’art. 13 c. 3 si prevede che l’istanza per la nomina dell’esperto sia presentata alla camera di commercio ove è iscritta la società o l’ente che ai sensi dell’art. 2497 bis c.c. esercitano l’attività di direzione e coordinamento.
La norma, seppur imprecisa, ritengo faccia riferimento all’iscrizione nel registro delle imprese della società o ente che “comanda”.
Non si menziona più la persona fisica.
Tuttavia:
(i)   l’art. 13 c. 1 DL 118/2021 e l’art. 2 lett. (h) CCI fanno rinvio all’art. 2497 bis c.c. ma entrambe tali norme hanno un contenuto diverso rispetto all’art. 2497 c.c. L’art. 13 c. 1 e l’art. 2 lett. (h) menzionano la persona fisica come soggetto che può esercitare l’attività di direzione e coordinamento mentre l’art. 2497 c.c. parla solo di società o enti che controllano ma non di persone fisiche. Per questa ragione l’art. 2497 bis c.c. che obbliga la società sottoposta a direzione e coordinamento ad indicare nel registro delle imprese la società o l’ente che esercita tale attività di direzione e coordinamento non menziona la persona fisica. Il riferimento contenuto nell’art. 13 c. 3 all’art. 2497 bis c.c. a mio giudizio non rappresenta una volontaria esclusione della persona fisica dal novero dei soggetti che coordinano un gruppo e che possono accedere alla composizione negoziata ma è solo il risultato di una diversa elencazione dei soggetti che possono controllare il gruppo.
(ii) la persona fisica può limitarsi al ruolo di ultimate owner (e in tal caso non svolge attività di impresa), ma può anche svolgere attività di direzione e coordinamento e di vera e propria ingerenza nelle scelte gestorie delle controllate. In questo secondo caso assume il ruolo di holding persona fisica, imprenditore commerciale (probabilmente piccolo ex art. 2083 c.c., nonostante la sopravvenuta irrilevanza giuridica sostanziale di tale definizione) come tale assoggettabile alla composizione negoziata o, in futuro, alle procedure di gruppo ai sensi dell’art. 284 ss. CCI. 
(iii) L’art. 13 c. 3 prevede che l’istanza di accesso alla composizione negoziata possa essere presentata dalla società o “ente” che, in base alla pubblicità ai sensi dell’art. 2497 bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento, alla camera di commercio presso il cui registro delle imprese la capogruppo è iscritta. 
L’art. 2497 bis c.c. non dice, però, che chi esercita l’attività di direzione e coordinamento deve essere iscritto al registro delle imprese ma che la società eterodiretta deve indicare al registro delle imprese chi la “comanda”. E chi la “comanda” (società, ente o persona fisica), ai fini dell’accesso alla composizione negoziata, deve presentare la domanda alla camera di commercio ove è iscritta. 
Come è noto, oltre alle società, devono essere iscritti nel registro delle imprese i consorzi con attività estera e, in generale, gli imprenditori commerciali. Se gli imprenditori commerciali sono piccoli imprenditori ex art. 2083 c.c. (come avviene per l’imprenditore individuale) vanno iscritti nella sezione speciale del registro. Associazioni non riconosciute e fondazioni non sono iscritte nel registro delle imprese perché non sono imprenditori ma sono sicuramente enti. In caso di mancata iscrizione nel registro delle imprese, o si ritiene che la domanda debba essere presentata presso la camera di commercio nella cui circoscrizione l’ente o la persona fisica hanno sede/residenza (indipendentemente dall’iscrizione al registro delle imprese), oppure si segue il criterio alternativo previsto dallo stesso art. 13 c. 3: la domanda viene presentata dall’impresa (con sede nel territorio dello Stato) che presenta la maggior esposizione debitoria come, ad esempio, avviene in caso di capogruppo straniere. 
Qualora al gruppo partecipi (normalmente quale capogruppo) un ente non commerciale (associazione o fondazione) che non dovrebbe fisiologicamente svolgere attività di impresa, ma che di fatto la svolge, anche tale ente, come è noto, può essere sottoposto a procedure concorsuali.
Si vedano i casi di recenti fondazioni ospedaliere sottoposte a concordato preventivo (Fondazione San Raffaele del Monte Tabor e Fondazione Maugeri, per citare alcuni casi noti).
In tali casi la giurisprudenza si è addirittura posta il problema della sottoposizione a procedura concorsuale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente a seconda che si assimili l’associazione o fondazione a società di persone (secondo lo schema della società semplice o della s.n.c.) o a società di capitali.
In conclusione possono partecipare alla composizione negoziata di gruppo sia capogruppo straniere sia enti di controllo non imprenditori sia imprenditori individuali che siano holding persone fisiche e che esercitino una autonoma attività imprenditoriale di direzione e coordinamento.
3 . La partecipazione al percorso di mediazione dell’impresa in bonis del gruppo
L’art. 13 c. 7 consente opportunamente di partecipare alla trattativa volta alla composizione negoziata anche alle imprese del gruppo “in bonis” in questo caso “su invito dell’esperto”. Nella prassi credo che eventuali interventi nelle trattative da parte di imprese “in bonis” potranno avvenire anche spontaneamente. E l’invito dell’esperto potrà avvenire come stimolo nei confronti di imprese “in bonis” per il miglior esito della negoziazione. Pertanto, le imprese “in bonis” potranno partecipare al “contratto” ex art. 11 c. 1 lett. (a) idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni oppure potranno concludere un accordo che produce gli effetti previsti dal piano di risanamento ex art. 67 c. 3 lett. (d) (v. art. 11 c. 1 lett. c). Ritengo che l’impresa in bonis possa anche partecipare alla negoziazione e sottoscrivere l’accordo di ristrutturazione non con la finalità di ristrutturare il proprio indebitamento in quanto è in bonis ma per altri scopi. Basti pensare al rilascio di garanzie nell’interesse del gruppo e a favore di terzi, ma anche all’erogazione di finanziamenti. O ancora, la partecipazione di imprese in bonis all’accordo può essere utile per consentire (e in qualche modo garantire) il compimento di operazioni straordinarie volte alla ristrutturazione del gruppo (ad es. l’approvazione di aumenti di capitale e la rinuncia a diritti di opzione, o ancora l’impegno al compimento di operazioni straordinarie quali fusioni o scissioni).
La circostanza che si tratti di imprese soggettivamente in bonis non impedisce la loro adesione a uno strumento di ristrutturazione (la composizione negoziata) che non è riservato alle sole imprese in crisi o insolventi ma anche (e probabilmente prioritariamente) alle imprese che si trovano in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendano probabile la crisi o l’insolvenza. Ed infatti, l’art. 13 fa riferimento al gruppo in crisi/insolvente attualmente o prospetticamente, gruppo che può essere composto anche da imprese in bonis che ben possono partecipare all’avaria comune per il perseguimento di un interesse di gruppo.
4 . La persistente mancanza di una procedura concorsuale di gruppo
L’art. 13 del DL 118/2021 si ispira evidentemente alla disciplina sull’insolvenza di gruppo prevista dall’art. 284 CCI ma non anticipa l’entrata in vigore di tale parte del Codice. Sotto questo profilo sarebbe stato auspicabile un maggior coraggio da parte del legislatore posto che l’assenza di una procedura di gruppo – salvo che per l’amministrazione straordinaria – non è solo una annosa carenza del nostro ordinamento, ma espone al rischio di fantasiose e illegittime iniziative avallate con indulgenza da parte della giurisprudenza di merito fortunatamente sanzionate con una certa violenza dalla Suprema Corte: si pensi al famoso caso Baglietto, originato a La Spezia, avallato dalla Corte d’Appello di Genova, e seccamente cassato dalla Suprema Corte. 
La mancanza di una vera e propria procedura concorsuale di gruppo rende quindi superfluo il riferimento nella normativa sulla composizione negoziata di gruppo ai “vantaggi compensativi” che, in caso di procedure concorsuali, sono previsti dall’art. 285 c. 2 CCI. Come è noto, tale norma consente a determinate condizioni il “trasferimento di risorse infragruppo” e cioè il superamento della separatezza delle masse. Si tratta della parte più significativa e qualificante della procedura di gruppo nel codice della crisi che però non trova applicazione nella composizione negoziata che non è una procedura concorsuale e che conseguentemente non deve rispettare la par condicio e che fisiologicamente non sfocia in procedure concorsuali. Ciò significa che trasferimenti di attivo infragruppo ben possono essere previsti nella composizione negoziata.
Tuttavia, la mancata entrata in vigore delle procedure di gruppo previste nel CCI non consentirà trasferimenti di risorse infragruppo nelle procedure concorsuali in quanto l’attuale ordinamento è rigido nella separatezza delle masse (e la giurisprudenza altrettanto) e non credo che si possa pervenire a tale risultato in via interpretativa sulla base di una nuova norma non solo non ancora in vigore ma che innova in maniera consistente rispetto all’attuale regime.
5 . Gli epiloghi proficui della mediazione “di gruppo”
Quanto all’esito delle trattative di gruppo, ai sensi dell’art. 13 c. 10, si potrà addivenire ad un unico “contratto” (v. art. 11 c. 1 lett. a), a un’unica convenzione di moratoria (v. art. 11 c. 1 lett. b), a un unico accordo che produca gli effetti del piano di risanamento senza attestazione (v. art. 11 c. 1 lett. c). Viceversa, per quanto riguarda l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo o il fallimento, l’art. 13 c. 10 prevede che le varie, imprese debbano accedervi separatamente. Se la separatezza è assoluta per il concordato preventivo e per il fallimento, con riferimento all’accordo di ristrutturazione si potrà ben addivenire a un unico piano, a un unico accordo (o a più accordi separati) e a un’unica attestazione ma con decreti di omologa separati per le singole entità che compongono il gruppo. E anche i requisiti di omologa dell’accordo di ristrutturazione (rappresentati anche dal raggiungimento delle percentuali di creditori aderenti) saranno separati. Ovviamente il piano di ristrutturazione “di gruppo” potrà beneficiare di tutte le forme di accordo di ristrutturazione previste dall’ordinamento, oltre a quello “classico” dell’art. 182 bis, si potrà accedere all’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 182 septies) e all’accordo di ristrutturazione agevolato (art. 182 novies). Si potrà anche beneficiare della percentuale di adesione ridotta dal 75% al 60% in caso di accordo ex art. 187 septies “se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto” (art. 11 c. 2). Tutte le percentuali dovranno essere conteggiate separatamente per ciascun accordo (d’altronde, anche la procedura di gruppo prevista dal Codice della Crisi mantiene separate per ciascuna società le maggioranze di adesione). Come già detto, all’accordo di ristrutturazione potranno partecipare anche imprese del gruppo in bonis con la finalità di agevolare il raggiungimento del percorso di ristrutturazione attraverso impegni di vario genere (di garanzia, di finanziamento, di compimento di operazioni straordinarie).
Certamente il piano di gruppo in caso di accordi di ristrutturazione riferiti a imprese aventi sede in circoscrizioni di vari tribunali dovrà essere omologato dai singoli tribunali competenti con il rischio che si perda il senso unitario dell’operazione di ristrutturazione.
6 . Misure cautelari e protettive, finanziamenti, misure premiali
Le misure protettive e cautelari degli artt. 6 e 7 del DL 118/2021 saranno concesse dal tribunale competente ex art. 9 l.f. e cioè il tribunale presso il quale la capogruppo (società o ente o persona fisica) ha sede o, in mancanza (se cioè l’impresa ha sede all’estero), nel luogo ove ha sede l’impresa con la maggior esposizione debitoria. L’art. 13 non parla della rinegoziazione dei contratti ai sensi dell’art. 10 c. 2, ma non vi sono ragioni per le quali tale rinegoziazione non possa avvenire.
Ugualmente, l’art. 13 c. 9 consente finanziamenti soci infragruppo non postergati a condizione che l’esperto sia stato informato e che non abbia espresso il proprio dissenso ai sensi degli artt. 9 c. 2 (obbligo di informazione) e 9 c. 4 (dissenso dell’esperto). E’ da notare che l’esclusione della postergazione nei finanziamenti soci è totale (nel senso che l’intero finanziamento soci non è postergato), laddove l’art. 102 CCI prevede che non sia postergato solo l’80% del finanziamento erogato.
Ancorchè non sia esplicitamente richiamato, ritengo applicabile anche l’art. 10 c. 1 relativo ai finanziamenti prededucibili e alla cessione dell’azienda in deroga rispetto all’art. 2560 c.c. da autorizzarsi da parte del tribunale competente.
Saranno altresì applicabili l’art. 14 (misure premiali) e l’art. 12 (conservazione degli effetti) in caso di esito infausto della trattativa.
7 . L’ipotesi di esito infausto
In caso di esito infausto della composizione negoziata si applicheranno gli strumenti e le procedure offerti dall’ordinamento tenendo presente che allo stato non esiste una procedura concorsuale di gruppo e che quindi le imprese in crisi o insolventi dovranno singolarmente accedere alla procedura richiesta o essere sottoposte alla procedura applicabile.
Con riferimento al concordato semplificato previsto dall’art. 18 del D.L. 118/2021 temo che non possa accedervi il gruppo, ma solo le singole imprese separatamente. Così si esprime, infatti, l’art. 13 c. 10 che consente la stipula in via unitaria dei soli contratti di cui all’art. 11 c. 2 e che invece prevede espressamente che alle altre soluzioni offerte dall’art. 11 (tra cui il concordato semplificato) possano accedervi separatamente le singole imprese. E’ auspicabile che in occasione dell’entrata in vigore del CCI si coordini la composizione negoziata con gli altri strumenti offerti dal CCI e si ammetta esplicitamente il concordato semplificato quale procedura di gruppo.

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