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Saggio

La disciplina restitutoria dei "finanziamenti dei soci” nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza*

Sido Bonfatti, Professore di Diritto della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di Diritto Commerciale nel medesimo Ateneo

23 Settembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’A. prende in esame la nuova disciplina degli obblighi restitutori dei soci per i rimborsi dei finanziamenti erogati alla società in una condizione di squilibrio patrimoniale o finanziario, nell’ipotesi di assoggettamento della stessa alla liquidazione giudiziale. [1]
Riproduzione riservata
1 . La disciplina restitutoria dei “finanziamenti soci” in generale nel CCII
L’articolo 383 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (non interessato, a quel che è dato di sapere nel momento nel quale viene pubblicato il presente contributo, dal Progetto di “Terzo Correttivo”) dispone che “all’articolo 2467, 1º comma, del codice civile sono soppresse le parole” e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito “. 
La norma interviene dunque a modificare il Codice civile escludendo dalla disposizione che disciplina i “finanziamenti soci” l’obbligo di restituzione del relativo pagamento, allorché i finanziamenti fossero stati “concessi in un momento in cui risulta[va] un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento “- 
Della disposizione originaria è pertanto rimasta solamente la previsione secondo la quale “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori” (sempre che, beninteso, detto finanziamento fosse stato concesso in un momento in cui risultava lo squilibrio patrimoniale o finanziario sopra menzionato). 
La disposizione abrogata è stata trasferita, in termini sostanzialmente equivalenti (ma su questo profilo sarà necessario ritornare) nella previsione dell’articolo 164 CCII, rubricato “Pagamenti di crediti non scaduti e postergati“, il quale afferma che “sono privi di effetto rispetto ai creditori i rimborsi dei finanziamenti dei soci a favore della società che siano stati eseguiti dal debitore dopo il deposito della domanda cui sia seguita l’apertura della procedura concorsuale o nell’anno anteriore. Si applica l’articolo 2467, secondo comma, codice civile” – ovvero la disposizione sopra ricordata, secondo la quale in questo contesto per “finanziamenti soci” si intendono quelli “che sono stati concessi in un momento in cui... risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” -. 
Si assiste pertanto ad una equiparazione, dal punto di vista concettuale e sistematico, della disciplina del rimborso dei “finanziamenti soci” (intesi come quelli estintivi di un finanziamento erogato in un momento di squilibrio patrimoniale-finanziario della società) alla disciplina del pagamento dei “crediti non scaduti”, in quanto anche le pretese derivanti da finanziamenti-soci che, per la condizione patrimoniale-finanziaria della società che li ha ricevuti, avevano generato crediti destinati alla postergazione (art. 2467, comma 1, c.c.), avrebbero dovuto essere soddisfatte soltanto in un secondo momento. Insomma, il pagamento di un credito, che avrebbe dovuto essere postergato al pagamento di tutti gli altri, si rivela anch’esso un pagamento “anticipato” rispetto al momento in cui sarebbe stato legittimamente eseguibile[2].
2 . La disciplina del pagamento dei “finanziamenti soci” nel vigore della legge fallimentare
Per valutare la portata dell’innovazione di cui si è reso protagonista, in argomento, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza - e anche per meglio valutare il contenuto della disciplina introdotta dallo stesso - è opportuno ricordare brevemente quale ne fosse il tenore nel vigore della legge fallimentare. 
Come detto, la previsione oggi abrogata per un verso affermava che il rimborso del credito derivante da un “finanziamento soci“ avrebbe dovuto essere “restituito”, se avvenuto “nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società” (comma 1 dell’art. 2467); e per un altro condizionava tale effetto alla circostanza che il pagamento avesse riguardato un finanziamento-soci “speciale”, in quanto la precisazione del comma 2 limitava l’operatività della disposizione ai finanziamenti “concessi in un momento in cui... risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”. 
La portata della norma era per un verso chiara, nel momento in cui ne limitava l’operatività alla fattispecie di sopravvenuto fallimento (entro un anno dal pagamento) della società: mentre per un altro verso era meno chiara, per ciò che concerneva la individuazione della natura giuridica di tale “azione restitutoria”. In particolare poteva essere discutibile la qualificabilità di tale istituto quale “azione revocatoria fallimentare”, dal momento che la disciplina generale della revocatoria fallimentare dei pagamenti di debiti scaduti - nella quale avrebbe dovuto rientrare la fattispecie in considerazione - non riguardava (più) i pagamenti intervenuti nei 12 mesi anteriori all’apertura del fallimento, ma solamente i pagamenti intervenuti nei 6 mesi precedenti. Peraltro, come già osservato in altra sede[3].
Tale dubbio produceva effetti fortemente pregiudizievoli in tutte le situazioni nelle quali il pagamento di debiti scaduti avesse potuto beneficiare della esenzione dall’azione revocatoria fallimentare (come per esempio nell’ipotesi del pagamento di debiti posto in essere in esecuzione di un “Piano Attestato di Risanamento”; di un “Accordo di Ristrutturazione”; o di un Concordato preventivo – art. 67, comma 3, lett. d) ed e) L. fall. -: l’attribuzione all’azione di restituzione di cui all’articolo 2467 c.c. della natura giuridica di azione revocatoria fallimentare, avrebbe reso applicabili le ipotesi di “esenzione“ previste dalla legge (tra le quali quelle sopra ricordate), laddove tale risultato non avrebbe potuto essere conseguito qualora all’azione restitutoria in questione fosse stata negata la natura giuridica di azione revocatoria fallimentare, e quindi l’applicabilità delle norme che disponevano ipotesi di esenzione dalla stessa.  
3 . Le ragioni della innovazione normativa
Secondo la Relazione illustrativa del CCII, “L’articolo in esame modifica l’articolo 2467, comma 1, del codice civile, eliminando le parole «e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito»; la medesima previsione è stata inserita, per ragioni di coerenza sistematica, nel codice della crisi e dell’insolvenza, all’articolo 164”.
La “coerenza sistematica” che costituirebbe l’obiettivo perseguito con la disposizione in commento è spiegata, innanzitutto, con l’esigenza di conseguire la uniformità della individuazione del dies a quo nel calcolo a ritroso del “periodo sospetto” per l’inefficacia concorsuale del pagamento del “finanziamento soci”: la decorrenza a ritroso di tale termine (un anno) non prende più le mosse dalla “dichiarazione di fallimento” (art. 2467, comma 1, c.c. oggi abrogato), bensì dal “deposito della domanda cui è seguita l’apertura della procedura concorsuale”: come avviene, a seguito dell’entrata in vigore del c.c., per l’applicabilità di tutte le azioni revocatorie fallimentari (oggi, azioni revocatorie “concorsuali”)[4]. 
La richiamata “coerenza sistematica” postula però una risposta precisa all’interrogativo sollevato nel numero precedente, laddove, come si è detto, sotto le cure della legge fallimentare tale risposta non era affatto unanimemente condivisa: la risposta è rappresentata dall’attribuzione all’azione restitutoria di cui all’articolo 2467 c.c. della natura giuridica di azione revocatoria fallimentare, e conseguentemente della relativa disciplina. Chiaro che, una volta qualificata l’azione restitutoria del pagamento del “finanziamento soci” come azione revocatoria fallimentare, la decorrenza a ritroso del termine per la individuazione del “periodo sospetto” rilevante non avrebbe potuto che essere individuata nella data della “domanda” di assoggettamento alla liquidazione giudiziale, e non più alla data della “dichiarazione” di apertura della procedura.
4 . Gli effetti dell’innovazione normativa. I. La possibile irrilevanza del carattere di “specialità” del finanziamento-soci interessato dal pagamento contestato
Nel vigore della legge fallimentare, l’obbligo restitutorio del rimborso che il socio avesse ricevuto dalla società di cui faceva parte, era disposto, come detto, nel primo comma dell’articolo 2467 c.c.: il quale però precisava, al secondo comma, che per “finanziamento soci”, quale presupposto dell’applicabilità dell’obbligo restitutorio del rimborso eventualmente ricevuto, non si doveva intendere qualsiasi prestito erogato dal socio alla società: bensì solamente i prestiti “concessi in un momento“ di “eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto“, oppure in una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento di capitale.      
In mancanza della dimostrazione di queste condizioni, il rimborso del finanziamento soci non sarebbe stato assoggettabile alla azione restitutoria disposta dall’articolo 2467 c.c. (né a quella disposta dall’articolo 2497-quinquies).             
In altre parole, il “disvalore” giustificativo dell’assoggettamento del pagamento del finanziamento-soci all’azione restitutoria non era rappresentato dal rimborso in sé e per sé, bensì dalla circostanza che esso avesse riguardato un prestito erogato in un momento ed in contesto nel quale l’aumento dell’indebitamento della società risultava particolarmente inopportuno. Da qui la conclusione che il rimborso del finanziamento soci erogato in un momento di “tranquillità” patrimoniale e finanziaria della società, e benché corrisposto in ipotesi, una volta scaduto, in un contesto nel frattempo mutato, e divenuto più preoccupante, non avrebbe potuto essere assoggettato all’obbligo restitutorio in questione (e neppure all’azione revocatoria ordinaria, in quanto pagamento di debito scaduto).      
Il “finanziamento soci” interessato dall’applicabilità della norma era pertanto qualificabile finanziamento soci “speciale”: in quanto erogato in un momento di difficoltà patrimoniale-finanziaria della società (che avrebbe suggerito, piuttosto, un aumento di capitale - da qui l’effetto della postergazione del relativo credito rispetto ai crediti altrui, né più né meno che se si fosse trattato di un aumento di capitale -).      
Con l’entrata in vigore dell’articolo 164, comma 2, CCII, i presupposti di applicabilità della azione restitutoria potrebbero non essere più gli stessi.   
La norma fa riferimento semplicemente ai “finanziamenti dei soci a favore della società” (comma 2) ed ai “finanziamenti effettuati a favore della società assoggettata alla liquidazione giudiziale da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti dei sottoposti“ (comma 3): nessun richiamo alla condizione nella quale la società finanziata si trovava nel momento in cui il finanziamento è stato erogato dal socio - e tantomeno il richiamo a cosa “si intendano finanziamenti dei soci a favore della società ” secondo quanto prevede l’art. 2467, comma 2, c.c. 
Ancora: la fattispecie rilevante per l’applicazione della disposizione parrebbe limitata a quella costituita da “finanziamenti-soci”, senza potere essere estesa a “qualsiasi forma” essi abbiano potuto assumere - per esempio, la forma di crediti puramente commerciali, rappresentati dalla dilazione di pagamento concessa dal socio-fornitore -, come invece prevede la norma civilistica richiamata.       
Ciononostante, pare preferibile la soluzione che circoscrive l’assoggettabilità all’azione revocatoria dell’articolo 164, comma 2 e 3, CCII, ai rimborsi dei “finanziamenti soci” erogati in una situazione di squilibrio patrimoniale-finanziario corrispondente a quella descritta dall’art. 2467, comma 2, c.c.       
Come detto, la rubrica della norma che disciplina tale fenomeno è rivolta ai “pagamenti di crediti non scaduti e postergati”.       
Il “disvalore” del pagamento dei “crediti non scaduti” è rappresentato dalla circostanza che il pagamento ha favorito un creditore, la cui pretesa non era ancora esigibile: donde la “inopportunità” (che spesso cela il “sospetto”) di avere soddisfatto chi non ne aveva ancora diritto, a scapito di coloro (investiti dalla insolvenza produttiva dell’apertura della liquidazione giudiziale) che invece ne avrebbero avuto pieno diritto.     
Il “disvalore” della seconda categoria dei crediti investiti dalla norma è individuato, nella rubrica, nella loro qualità di “postergati”: e tale natura non è attribuibile a tutti i  finanziamenti-soci in quanto tali, ma può essere attribuita esclusivamente a quelli i cui crediti, laddove non soddisfatti, sarebbero caratterizzati dalla postergazione rispetto alle altre passività: crediti che dunque non possono che coincidere con quelli nascenti dai finanziamenti descritti nell’articolo 2467, comma 2, c.c. (ciò che non consente di affermare che la disciplina revocatoria dei pagamenti di crediti non scaduti e dei pagamenti di crediti postergati sia identica. Per un verso, i “periodi sospetti “ non sono di uguale durata; per un altro, ai fini della  revocabilità del pagamento anticipato non ha alcun rilievo la condizione economico–finanziaria–patrimoniale della società solvens,  al momento dell’assunzione dell’obbligazione poi soddisfatta; infine, il credito “risorto“ in conseguenza della revocatoria del pagamento anticipato dovrebbe essere ammesso al concorso con gli altri creditori senza limitazioni, mentre il credito conseguente alla intervenuta revocatoria del rimborso del finanziamento-soci, dovrebbe essere ammesso al concorso in via postergata[5]. 
Più in generale, deve affermarsi il principio secondo il quale le fattispecie nelle quali possono essere assoggettati ad azione revocatoria concorsuale “speciale” (quella dell’articolo 164 CCII) - piuttosto che all’eventuale azione revocatoria concorsuale normale (quella dell’articolo 166, comma 2, CCII) - i pagamenti dei crediti derivanti da finanziamenti-soci, sono le stesse nelle quali tali crediti, ove non fossero risultati già soddisfatti, sarebbero postergati agli altri - piuttosto che concorrenti con gli stessi -. Il credito derivante da un finanziamento-soci erogato in una condizione di “floridezza” della società finanziata non sarebbe postergabile - se non ancora pagato al momento dell’apertura di un concorso con altri creditori - alle pretese altrui: e corrispondentemente non sarebbe soggetto all’azione revocatoria “speciale” dell’articolo 164, comma 2 e comma 3 CCII, se invece nel frattempo fosse già stato pagato. 
Nello stesso modo - e, per così dire, a contrariis - al finanziamento (tanto in via generale, quanto se erogato da un socio, laddove la legge lo preveda) idoneo a generare crediti il cui pagamento sarebbe sottratto all’azione revocatoria concorsuale dovrebbe attribuirsi la idoneità a produrre crediti prededucibili, ove non ancora soddisfatto dal momento dell’apertura di un concorso con altri creditori. Ciò per la verità non avviene sempre, dandosi delle fattispecie nelle quali un determinato credito, se soddisfatto, non è soggetto all’azione revocatoria del relativo pagamento: laddove, se non soddisfatto, non si vede anteposto agli altri creditori (tipica è la disciplina dei pagamenti posti in essere nell’ambito di un “Piano Attestato di Risanamento”: esentati dalla revocatoria, se effettuati; incapaci di vedere collocato il relativo credito in prededuzione rispetto agli altri, se non effettuati). Si tratta di una contraddizione che va segnalata in modo molto marcato, perché se non altro, oltre ad essere priva di logica, stimola la pretesa di immediato rientro del creditore, piuttosto che favorirne la concessione di una adeguata moratoria (se il creditore ottiene il pagamento immediato, è sottratto alla revocatoria; se il creditore concede una ampia moratoria, può vedersi coinvolto nel concorso che si apra sul patrimonio del debitore comune: se proprio si vogliono contrapporre le due discipline, si faccia il contrario!).
5 . Segue. II. Le disposizioni costituenti la disciplina dell’azione revocatoria concorsuale applicabili al rimborso dei finanziamenti soci
Come visto, l’articolo 164, comma 1 e comma 2, CCII, dichiara “privi di effetto rispetto ai creditori” i rimborsi dei finanziamenti soci, avvenuti nelle condizioni precisate (e nelle ulteriori condizioni ricavabili in via interpretativa dal sistema).       
Si deve ritenere che la disciplina di questo istituto debba essere completata con un rinvio alle altre disposizioni della Sezione IV, nella quale la norma richiamata è inserita: la Sezione intitolata agli “effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli creditori”.     
In questo modo, dovrà ritenersi applicabile tanto la disciplina della decadenza dalla proponibilità dell’azione, quanto la disciplina della prescrizione del suo esercizio: l’art. 170 CCII dichiara applicabili tali discipline alle “azioni revocatorie e di inefficacia disciplinate nella presente Sezione”[6].
6 . Segue. La applicabilità della disciplina della “esenzione” dall’azione revocatoria concorsuale ai pagamenti dei finanziamenti-soci
L’inserimento della disposizione in commento nella Sezione IV del capo Primo del Titolo V non implica automaticamente l’applicabilità agli atti di disposizione qui considerati - i rimborsi dei finanziamenti-soci (erogati alla società che versi determinate condizioni) - di tutte le ipotesi di “esenzione” dall’assoggettabilità ad azione revocatoria concorsuale. 
Una valutazione negativa deve esprimersi per la applicabilità di quelle fattispecie di “esenzione “dall’azione revocatoria concorsuale, che postulano il carattere “normale” dell’atto di disposizione (quindi, quelle disciplinate dall’articolo 166, comma 3, CCII): laddove l’inserimento della disciplina dei pagamenti de quibus nell’articolo 164 ne esclude la qualificabilità di atto “normale” [7] 
Nell’ipotesi di una pluralità di pagamenti di crediti postergati per finanziamenti erogati dal medesimo socio alla società, che derivino da “rapporti reiterati e continuativi”, la disciplina dell’articolo 171, comma 3, CCII, pare applicabile.
7 . La proponibilità di azioni restitutorie del pagamento di “finanziamenti-soci” diverse dall’azione revocatoria concorsuale
Nel vigore della abrogata legge fallimentare, la tesi secondo la quale la disciplina dettata dall’art. 2467 c.c. non configurava una ipotesi di azione revocatoria, bensì “una azione restitutoria di diversa natura”[8]  non escludeva - o, comunque, non vi era ragione che escludesse - l’assoggettabilità del rimborso del finanziamento-soci alla disciplina dell’azione revocatoria fallimentare dei pagamenti. 
Il problema interpretativo non era rappresentato dalla circostanza se la disciplina dell’azione revocatoria fallimentare dei pagamenti si applicasse oppure no: il problema interpretativo era rappresentato dalla circostanza se tale disciplina fosse quella contenuta nell’articolo 2467, oppure no. 
Nel primo caso, i rimborsi di finanziamenti-soci sarebbero stati assoggettabili alla azione revocatoria secondo la norma del Codice civile, che avrebbe esaurito la disciplina per così dire restitutoria di tali atti. Nel secondo caso, non avrebbero potuto essere assoggettabili che alle norme contenute nella legge fallimentare, salvo dover essere assoggettati anche alla norma particolare del Codice civile. 
Il risultato era rappresentato dalla circostanza che il rimborso del finanziamento-soci: 
(i) avrebbe potuto risultare esentato dall’azione revocatoria fallimentare (ricorrendo una delle fattispecie previste a tali effetti dalla legge fallimentare: per esempio perché posto in essere in esecuzione di un “Piano”, oppure di un “Accordo“, o ancora di un Concordato preventivo), ma non sottratto all’esercizio dell’azione restitutoria ex art. 2467 c.c. (perché rivolto ad estinguere un finanziamento erogato in una condizione di squilibrio patrimoniale-finanziario della società); conseguentemente 
(ii) avrebbe potuto risultare esentato dall’azione revocatoria fallimentare, per l’apertura in danno dell’imprenditore insolvente di una procedura concorsuale diversa dal fallimento - e come tale impossibilitata ad ospitare l’esercizio di azioni revocatorie concorsuali - ma non sottratto all’esercizio dell’azione restitutoria ex art. 2467 c.c. (perché rivolto ad estinguere un finanziamento erogato in una condizione di squilibrio patrimoniale-finanziario della società, a prescindere dalla circostanza che ciò l’avesse o non l’avesse portata al fallimento). 
Nella giurisprudenza formatasi nel vigore della legge fallimentare si era andato affermando, a proposito dell’applicazione del principio di cui all’articolo 2467 c.c., l’orientamento secondo il quale “l’obbligo di restituzione dei rimborsi dei finanziamenti di cui il socio ha beneficiato è destinato ad operare esclusivamente in caso di fallimento della società, e, di conseguenza, la legittimazione all’esercizio dell’azione restitutoria è riconosciuta al curatore, il rappresentante della massa dei creditori” [9]. 
Con l’avvento del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza la situazione appare meno chiara, perché la disciplina della inefficacia dei rimborsi dei finanziamenti-soci è prevista (i) soltanto nella legge concorsuale, e (ii) soltanto nell’ipotesi di assoggettamento della società a liquidazione giudiziale: dal ché si potrebbe desumere che fuori dell’ipotesi della liquidazione giudiziale, e comunque in mancanza dei presupposti di applicabilità della norma in commento, il rimborso del finanziamento-soci non sia giuridicamente contestabile. 
La sopravvenuta mancanza di una disposizione di carattere generale sulla inefficacia del rimborso del finanziamento-soci concernente una erogazione posta in essere “ in un momento in cui... risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento “ non può  rendere legittimo (rectius : efficace nei confronti dei creditori concorrenti) l’atto di disposizione con il quale viene preferito il soddisfacimento della pretesa di un socio, che si è sottratto all’onere del rafforzamento patrimoniale della società, producendone invece un aumento dell’indebitamento verso terzi: giacché la immeritevolezza dell’interesse così soddisfatto è ricavabile dal carattere postergato che avrebbe caratterizzato il credito - ove non adempiuto -, e che anzi ne caratterizzerebbe i crediti ulteriori, per la parte non ancora soddisfatta. 
In presenza di un concorso tra creditori - si attui lo stesso in sede di liquidazione volontaria, ovvero in sede di procedura concorsuale giudiziale, anche diversa dal “fallimento” -, nel caso in cui sussistano i presupposti per l’affermazione del carattere postergato del credito del socio, laddove il finanziamento non fosse stato rimborsato, si deve affermare l’assoggettabilità ad azione di inefficacia del pagamento posto in essere dalla società, che quel credito abbia soddisfatto. In caso contrario, assisteremmo anche in quest’ipotesi al paradosso di stimolare la corsa del socio all’immediato pagamento, dal momento che una volta conseguitolo la sua situazione cambierebbe radicalmente: da portatore di un credito soggetto alla postergazione, a soggetto soddisfatto senza timore di soggezione a pretese restitutorie (laddove, al contrario, la prospettiva dell’assoggettamento a pretese restitutorie rappresenterebbe un freno alla pretesa di soddisfacimento “accelerato”).
8 . La assoggettabilità del rimborso del finanziamento-soci all’azione revocatoria ordinaria
La nuova disciplina degli “effetti pregiudizievoli” provocati dal rimborso del finanziamento-soci non offre elementi per fornire una risposta certa al quesito rappresentato dalla assoggettabilità di tale pagamento all’azione revocatoria ordinaria. 
In linea di principio, dovendosi escludere il carattere anticipato del rimborso (nel qual caso, non si vedono ragioni per escludere l’applicabilità della disciplina concernente i “pagamenti anticipati”, tanto di carattere concorsuale, quanto di carattere ordinario), la presenza di un credito scaduto dovrebbe costituire un ostacolo pregiudiziale alla promuovibilità di azioni revocatorie ordinarie (art. 2901, comma 3, c.c.). 
È tuttavia discutibile che il credito derivante da un finanziamento erogato dal socio alla società che si trovasse nelle condizioni descritte dall’articolo 2467, comma 2, c.c., al momento dell’erogazione del prestito, di cui sia sopravvenuto il termine di adempimento, possa considerarsi non soltanto “scaduto” economicamente, ma anche “esigibile” giuridicamente: perché laddove la seconda condizione non sussistesse, neppure l’esonero dall’azione revocatoria ordinaria per il pagamento di “debiti scaduti” – i.e. esigibili - potrebbe essere invocato[10]. 

Note:

[1] 
Il presente contributo è destinato a confluire - come “Commento all’articolo 383” -, con gli eventuali aggiornamenti ed integrazioni del caso, nel Commentario al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, diretto da S. Bonfatti e coordinato da G. Falcone, di prossima pubblicazione per i tipi di Giappichelli Editore. 
[2] 
In argomento S. Bonfatti, Effetti sugli atti pregiudizievoli creditori, in AA.VV, Fallimento e crisi d'impresa, Wolters Kluwer Italia, Milano, 2019,403: “l’art. 2467, comma 1, c.c., afferma, come è noto, che il rimborso dei finanziamenti soci concessi in una condizione di difficoltà economica o finanziaria della società (descritta nel comma 2), “è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori” (e continua affermando che “se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”): per cui il rimborso del finanziamento-soci, per quanto effettuato alla scadenza contrattuale, potrebbe essere giudicato “anticipato”, in quanto non rispettoso del collocamento postergato agli altri creditori, che lo dovrebbe caratterizzare. ……. Il rapporto tra tale disciplina e la disciplina della revocatoria fallimentare (dei pagamenti) è controverso, giacché entrambe dispongono un obbligo restitutorio a carico del creditore soddisfatto, ma con un ambito di applicazione (6 mesi ovvero un anno) e sulla base di presupposti (la conoscenza dello stato d’insolvenza ovvero la condizione critica della società al momento del finanziamento) non sovrapponibili. Ferma la conclusione che probabilmente le due discipline devono considerarsi concorrenti (cioè applicabili entrambe, per quanto di ragione), si deve considerare che in caso di effettuazione del rimborso del finanziamento-soci, nonostante il divieto normativo (e laddove sia dimostrabile la criticità nella quale la società versava), tale pagamento potrebbe essere considerato come “anticipato”, in quanto rivolto al soddisfacimento di un credito non ancora esigibile, alla stregua del pagamento di un credito sottoposto a condizione, che fosse stato effettuato prima dell’avveramento della stessa”. 
[3] 
S. Bonfatti, op. loc. ultt. citt.: “Si colloca nel contesto preso in considerazione in questa sede il problema interpretativo della revocabilità ai sensi dell’art. 65 L. fall. dei pagamenti effettuati a titolo di rimborso dei finanziamenti-soci, una volta dimostrato che tali finanziamenti erano stati erogati in una condizione di difficoltà finanziaria della società. 
Ciò perché l’art. 2467, comma 1, c.c., afferma, come è noto, che il rimborso dei finanziamenti soci concessi in una condizione di difficoltà economica o finanziaria della società (descritta nel comma 2), “è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori” (e continua affermando che “se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”): per cui il rimborso del finanziamento-soci, per quanto effettuato alla scadenza contrattuale, potrebbe essere giudicato “anticipato”, in quanto non rispettoso del collocamento postergato agli altri creditori, che lo dovrebbe caratterizzare”. 
Per la tesi secondo la quale nel sistema anteriore al CCII l’art. 2467 c.c. non configurava una ipotesi di revocatoria, bensì “una azione restitutoria di diversa natura”, E. Bertacchini, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli creditori, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, Utet, Torino, 2016, 1439. 
[4] 
In argomento T. Di Marcello, Commento all’articolo 383, in Il Codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise, G. Di Cecco e D. Spagnuolo, Giappichelli, Torino, 2024, 1993 ss. 
[5] 
In argomento T. Di Marcello, op. cit., 1995 -). Secondo A. Di Bernardo e Signorelli, Commento all’articolo 383, in Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 3 ed., a cura di M. Giorgetti e A. Bonafine, Pacini editore, Pisa, 2023,483, “la norma disciplina, tra l’altro, gli effetti della liquidazione giudiziale sui pagamenti effettuati, a determinate condizioni, nei confronti dei creditori postergati: categoria, questa, alla quale il socio è degradato ex lege, ai sensi dell’articolo 2467 del codice civile”: la espressione “ai sensi dell’articolo 2437 del codice civile” si deve intendere come espressiva del concetto “alla condizione  che sussistano i presupposti previsti dall’articolo 2467 del codice civile”.
[6] 
In argomento T. Di Marcello, op. cit., 1997. 
[7] 
T. Di Marcello, op. loc. ultt. 
[8] 
E. Bertacchini, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli creditori, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, Utet, Torino, 2016, 1439. 
[9] 
Cass., Sez. VI, 24 ottobre 2017, n. 25163. 
[10] 
In argomento G. Ferri Jr., In tema di postergazione legale, in Dir. comm., 2004, I, 978; G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario diretto da F. D. Busnelli, Giuffrè, Milano, 2010, 482; M. Campobassso, La postergazione dei finanziamenti dei soci, in S.R.L. Commentario, dedicato a Giuseppe B. Portale, a cura di A.A. Dolmetta, G. Presti, Giuffrè, Milano, 2011, 253; Rubino De Ritis, Art. 2467, in Della società - Dell’azienda-Della concorrenza, a cura di D. Santosuosso, in Commentario del codice civile diretto da E. Gabrielli, Utet, Torino, 2015, 286. 

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Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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REV 02