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Saggio

L’azione dei creditori sociali nella s.r.l. dopo il Codice della crisi*

Massimo Fabiani, Ordinario di diritto commerciale nell'Università degli Studi del Molise

31 Dicembre 2020

*Il saggio è estratto dal Volume degli Scritti in onore di Oreste Cagnasso, Torino, 2020
Il saggio è dedicato all'esame di come le azioni di responsabilità siano destinate a mutare quando sono riferite alla s.r.l.; il D. Lgs. 14/2019, infatti, ha innestato nuove disposizioni sia nel codice civile che nel codice della crisi con le quali viene ridisegnata la mappatura delle azioniin modo più razionale
Riproduzione riservata
1 . L’art. 2476 c.c. nella riforma societaria del 2003
Prima della riforma societaria di cui al D.Lgs. 6/2003, le regole disciplinari in tema di azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali erano identiche nel “tipo” della società per azioni e nel modello della società a responsabilità limitata in quanto la normativa era contenuta negli artt. 2393, 2394 e 2395 c.c. (disposizioni incuneate nella partizione dedicata alla s.p.a.) e ad essa faceva rinvio l’art. 2487 c.c. dettato per le s.r.l. In particolare, il rinvio all’art. 2394 c.c. consentiva di ritenere che l’azione dei creditori sociali fosse parimenti spendibile nelle s.r.l.; a cascata, visto l’art. 146 L. fall., non vi erano dubbi in ordine al fatto che il curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata potesse sperimentare (anche) l’azione dei creditori sociali [1].
Sennonché, per quanto pertiene alla s.r.l., la trama normativa è decisamente mu- tata rispetto al passato, sia perché  la Riforma  del 2003 ha fortemente attenuato l’idea che la s.r.l. fosse un modello  minore di s.p.a., dando  alla prima una impronta diversa e, certo, ben più autonoma [2] (anche se di recente si nota un ritorno al passato) [3], sia perché le regole in tema di amministrazione sono significativamente diverse dal passato; fra queste anche le regole in tema di azione di responsabilità, visto che dall’art. 2487 c.c. che conteneva un rinvio al sistema della società per azioni [4], si è transitati all’art. 2476 c.c. nel quale è scomparsa tanto l’azione della società quanto l’azione dei creditori sociali.
È così accaduto che, improvvisamente, si è assistito ad una esplosione dell’interesse generale sull’azione dei creditori sociali nella s.r.l. Prima della riforma l’argomento  era negletto perché assorbito dall’azione svolta negli ambienti delle procedure concorsuali; dopo la riforma  del 2003, benché nessuno pensasse davvero che fuori da quell’ambiente si sarebbero diffuse le azioni dei creditori sociali nelle società in bonis,  tuttavia il solo dubbio che un’azione, praticamente mai sperimentata, potesse essere “scomparsa”  ha reso il tema molto discusso tanto da far germinare plurimi contributi  dottrinali che, in larga maggioranza,  declamavano  il vulnus inferto a quei creditori che sino al 2003, per vero, quasi mai si erano fatti sentire promuovendo  azioni di responsabilità nelle società in bonis.
È, quindi, un poco paradossale che dell’azione dei creditori sociali – nella s.r.l. – si sia iniziato a discutere solo perché quell’azione avrebbe potuto  essere evaporata.
Esula dai limiti del presente contributo – volto a prendere posizione sulle novità innescate dal D.Lgs. 14 febbraio 2019, n. 14 – procedere ad una indagine sulla natura dell’azione nella s.p.a.; qui va assunta la conclusione in base alla quale l’azione dei creditori sociali è una azione autonoma e di impronta contrattuale nella misura in cui preesiste una obbligazione diretta verso i creditori sociali [5]. Una volta postulata quella duplice natura, risultava complicato esportare tale conclusione nella società a responsabilità limitata, là dove una disposizione qual è quella di cui all’art. 2394 c.c. manca.
È chiaro, infatti, che l’azione dei creditori  sociali nella s.r.l. non sarebbe mai stata in discussione tanto percorrendo  la via della natura extracontrattuale dell’azione, posto che l’art. 2394 c.c. avrebbe assunto un valore al modo di un semplice precetto esplicativo della clausola generale di cui all’art. 2043 c.c., quanto percorrendo la via della natura surrogatoria dell’azione  perché i creditori avrebbero  potuto sostituirsi alla società, ove si considerasse che l’azione sociale di responsabilità è ben radicata nella s.r.l. pur a dispetto di una incompleta formulazione dell’art. 2476 c.c. [6].
Se si condivideva la tesi che ambedue questi percorsi interpretativi non fossero invocabili per le s.p.a., ne conseguiva che l’azione dei creditori sociali anche nella s.r.l. andasse considerata in modo del tutto distinto.
2 . Le prime letture
In questa sede, poiché la Novella del 2019 si concentra sull’azione più che sulla responsabilità, non interessa indagare sui profili della responsabilità degli amministratori della s.r.l. che si distaccano da quelli della s.p.a. [7], quanto invece investigare su come si atteggi l’azione dei creditori sociali.
Per far ciò è utile ricordare, ma al modo di una semplice premessa, che nelle s.r.l. l’azione di responsabilità continua a competere anche e soprattutto alla società (ancorché l’art. 2476 c.c. non ne faccia cenno) perché il titolare del diritto al risarcimento del danno è, soltanto, la società [8] (non rilevando, qui, se la società debba
agire su conforme delibera dei soci o se lo statuto possa stabilire la competenza dei – nuovi – amministratori), come si ricava, inter alia, dalla prevista possibilità che la società rinunci o transiga l’azione e dalla previsione per la quale gli amministra- tori sono solidalmente responsabili verso la società (art. 2476 c.c.).
Infatti, la circostanza che la legge riconosca la legittimazione all’esercizio dell’azione direttamente al singolo socio [9] si atteggia come espressione di una sorta di azione speciale di minoranza [10] (ma non necessariamente, di minoranza) [11] che avrà talune connotazioni comuni all’azione ex art. 2393-bis c.c., ma non tutte [12].
In questa cornice che vede confermate sia l’azione della società che quella dei soci di minoranza (tramite l’azione del singolo socio), v’è da chiedersi se anche l’azione dei creditori sociali fosse esperibile, una volta appurato che la norma di cui all’art. 2476 c.c. non la prevedeva e che non era più possibile operare un automatico rinvio alla disciplina della s.p.a.
La ricerca presupponeva che rispetto a condotte di mala gestio degli amministratori ai creditori sociali dovesse, in ogni caso, essere assegnato un qualche rimedio; in tale contesto, non v’era ragione di negare che i creditori, in caso di inerzia della società, potessero attivare l’azione sociale in via surrogatoria [13]. L’azione surrogatoria è un’azione di conservazione della garanzia patrimoniale che compete ad un qualunque creditore di fronte all’inerzia del suo debitore, sì che ben avrebbe potuto essere sperimentata anche in questo specifico contesto; i creditori sociali, nel rispetto delle regole di cui all’art. 2900 c.c., potevano agire contro gli amministratori. Si trattava, però, di una opzione di carattere generale e sistematico che prescindeva dalla previsione di un rimedio ad hoc.
Al contempo, se un creditore riteneva di aver subito un danno derivante dall’incapacità della società di far fronte al pagamento del debito, un’incapacità conseguente alla violazione di obblighi gravanti sugli amministratori, ben poteva sperimentare l’azione generale di cui all’art. 2043 c.c. facendo valere il principio del neminem laedere, assumendo una lesione del suo credito causata dal fatto illecito degli amministratori [14]; così pure era ben possibile che i creditori sociali agissero contro i soci per non avere questi vigilato sulla condotta degli amministratori e, se si vuole, per non avere intrapreso gli strumenti di tutela di cui all’art. 2476 c.c. [15].
Il nodo critico era un altro e cioè se i creditori sociali nella s.r.l. disponessero della stessa azione (quindi  con i medesimi risvolti disciplinari) di cui dispongono ex art. 2394 c.c. i creditori sociali nella s.p.a.; infatti, attribuire ai creditori  sociali della s.r.l. l’azione della società in via surrogatoria [16] avrebbe significato costringerli in un ambito ristretto caratterizzato, soprattutto, dalla circostanza che l’esito  della lite si sarebbe  risolto a favore della società [17]. Così pure, affermare che ai creditori sociali spettasse l’azione ex art. 2043 c.c. [18] avrebbe comportato a loro carico un complesso onere probatorio, oltre che ulteriori difficoltà nell’individuazione del danno [19].
Questi rimedi erano sicuramente spendibili e consentivano di escludere che i creditori fossero privati di tutele: restava, però,  nell’ombra  l’azione specifica prevista per le s.p.a., pur se la regola emergente dall’art. 2394 c.c. veniva tendenzialmente  estesa al tipo s.r.l. [20] sulla base del ragionamento per cui il regime di responsabilità è comune ai due modelli ed è diverso da quanto è stabilito per le società di persone là dove al potere di amministrazione fa da contrappeso  la responsabilità illimitata [21].
Per affrontare compiutamente il tema, era opportuno sgombrare il campo da una serie di argomenti che pur talora proposti con suggerimenti corretti e condivisibili lasciavano inappagato l’interprete.
I creditori sociali della s.r.l. avevano azione nei confronti degli amministratori nel sistema previgente (alla riforma del 2003) in virtù del fatto che la tessitura normativa in materia di responsabilità nella s.r.l. era ricalcata, per rinvio, a quella dettata per la s.p.a.
Ora che il modello  societario  della s.r.l. è, anche con riguardo  alla disciplina dell’amministrazione, fortemente distonico rispetto a quello della s.p.a. [22] non fosse altro che per le ingerenze dei soci, v’era chi adombrava un legislatore “sbadato”, dimentico di implementare nella s.r.l. l’azione dei creditori sociali (all’uopo  va rammentato che neppure nella Relazione governativa se ne faceva cenno alcuno e che nelle molteplici occasioni in cui il legislatore è successivamente intervenuto – fino al D.lgs. 14/2019 – si era ben guardato dal “toccare”  l’art. 2476 c.c., nonostante da subito si fosse manifestato allarme sul confezionamento di tale disposizione [23]), ma per converso  altri ipotizzavano  una scelta consapevole  vista la differenza  dei modelli societari.
Da un lato si poteva cogliere che la riforma della società a responsabilità limitata era ampia e improntata a marcare un distacco profondo rispetto alla tecnica del rinvio alle disposizioni in tema di s.p.a. [24], sì che non sarebbe stato coerente parlare di lacuna normativa [25] ma di precisa volontà di ricondurre all’interno della società (e solo all’interno) e nel rapporto soci amministratori la materia della responsabilità [26]. Molteplici erano le considerazioni volte a dimostrare che solo nelle s.p.a. vi sarebbe stata una vocazione al mercato e quindi l’esigenza di offrire una garanzia non solo all’interno della società (i soci) ma anche ai creditori sociali [27]; così come solo nella s.p.a. la gestione è affidata in via esclusiva agli amministratori e solo nella s.p.a. la gestione amministrativa è analiticamente procedimentalizzata [28]. Nella stessa proiezione si postulava che nella s.r.l. – in relazione alla diversità del modello statutario adottato dai soci – si sarebbe potuto allentare il classico rapporto fra amministrazione → potere → rischio → responsabilità [29].
Sennonché, era parimenti poco agevole predicare che il legislatore avesse consapevolmente voluto negare una tutela diretta ai creditori; un indebolimento della tutela dei creditori rischiava, infatti, di risolversi in una dispersione del valore della autonomia e flessibilità organizzativa della s.r.l. allontanando i creditori da tali imprese.
Questa contrapposizione di obiettivi e di esigenze e tenuto conto delle omissioni contenute nella legge e nella Relazione governativa, permetteva all’interprete
sia di concludere che era possibile discutere di una omissione inconsapevole e quindi come tale emendabile in via interpretativa (col ricorso all’analogia), sia di affermare che ci si trovava dinanzi ad una omissione voluta per marcare una distanza fra i diversi modelli della s.p.a. e della s.r.l. [30].
Secondo altre letture il presidio a garanzia dei creditori andava visto, di volta in volta, in disposizioni apparentemente diverse quanto a immediate finalità [31] e nella stessa legittimazione all’azione, attribuita a ciascun socio; una legittimazione che oltre che tutelare gli interessi della società (e di riflesso i propri), avrebbe potuto divenire essa stessa una forma di garanzia anche a favore dei creditori sociali in ordine alla corretta gestione, là dove il socio si assumesse l’onere di promuovere l’azione [32]. Sennonché, l’effettività di questa tutela appariva certamente insufficiente vista l’assenza di uno specifico obbligo del socio [33].
Anche col passare del tempo le discussioni erano proseguite visto che la riforma della legge fallimentare del 2006 non aveva offerto ulteriori argomenti decisivi [34].
Ecco, dunque, che analizzando il fenomeno dal punto di vista sostanziale si avvertiva che anche l’amministratore della s.r.l. è tenuto ad osservare ben precisi comportamenti in tema di salvaguardia del capitale sociale con riflessi sul patrimonio sociale [35], col risultato che per simmetria deve ritenersi sussistere un preci-so obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale [36]. Si trattava, quindi, di vedere se questo obbligo sussistesse verso la società o anche, e direttamente, verso i creditori sociali [37], ovvero se questo potesse sì affermarsi ma per patrocinare un’azione diversa da quella di cui all’art. 2394 c.c. (un’azione risarcitoria per danno causato da contatto sociale).
Il fatto che i creditori sociali abbiano un interesse a che gli amministratori si comportino in modo da conservare l’integrità del patrimonio è ampiamente dimostrabile [38]; così come è, poi, confermato dal fatto che in caso di liquidazione i creditori sociali sono muniti dell’azione diretta (v., artt. 2485 e 2486 c.c.).
Tuttavia, l’accertata sussistenza dell’interesse non era sufficiente posto che la tutela di questo interesse ben poteva essere assicurata sia con l’esercizio in via sur- rogatoria dell’azione sociale, sia con l’avvio dell’azione ex art. 2043 c.c.; il rinvio alle regole generali in materia di obbligazioni (anche da fatto illecito) appariva, allora, più una scelta di salvaguardia di una tutela che frutto di autentica convinzione [39].
Si trattava, invece, di valutare la possibilità di fare un passo in avanti nel ragionamento e stabilire se i creditori dovessero disporre di una azione diretta contro gli amministratori per far valere il rispetto dell’obbligo di conservare l’integrità del patrimonio.
Vi erano (quanto meno) seri argomenti per ritenere che non fosse sufficiente né necessario giungere a questa conclusione sulla base del ricorso al ragionamento analogico [40]. Parimenti, poco convincente pareva sollevare un sospetto di incostituzionalità dell’art. 2476 c.c. [41], visto che il giudice delle leggi aveva già rifiutato questioni di legittimità costituzionale fondate su un asserito ingiustificato diverso trattamento fra s.p.a. e s.r.l. [42].
Gli argomenti a favore di questa tesi, pur dotati di una certa persuasività, non erano, quindi, parsi insuperabili.
Forse più solidi, ma egualmente non decisivi, sembravano gli argomenti fondati sul fatto che i) che anche per le s.r.l., i creditori avevano azione diretta quando la società è in stato di scioglimento (art. 2485 e 2486 c.c.) e ii) quando la società è inserita in un gruppo di imprese (art. 2497 c.c.) [43], non dovendosi poi ignorare che l’artt. 2477 c.c. pone una equiparazione  fra s.p.a. ed s.r.l. in tema di collegio sindacale e di conseguente azione di responsabilità [44].
Se, però, si analizzavano questi argomenti ad uno ad uno, nessuno di essi appariva invincibile.
2.1 . Gli argomenti normativi spesi per giustificare l’azione dei creditori sociali
La spiegazione del cambiamento fra il vecchio ed il nuovo regime ben poteva giustificarsi con la complessiva revisione dell’assetto  del modello della s.r.l.; pertanto, un nuovo modello di s.r.l. ben poteva reclamare una diversa allocazione del regime delle responsabilità [45]. Che la società a responsabilità limitata abbia una sua identità è innegabile e non val neppure la pena di indugiarvi; così non è necessario prendere in considerazione i maggiori o minori profili di simmetria con gli interessi che circondano  una società per azioni e con quelli che stanno attorno alle società di persone.
È noto che il modello della s.r.l. si presta a innumerevoli varianti con la caleidoscopica modulazione statutaria [46], sì che voler offrire una regola disciplinare astratta per tutti i modelli si rivelava uno sforzo persino esuberante.  Per certe s.r.l. sarebbe giustificato pensare al ricorso all’interpretazione analogica della disciplina delle s.p.a. (si pensi ora al tipo s.r.l. per le PMI), ma per altre s.r.l. l’analogia potrebbe risultare un male peggiore del rimedio atteso [47]. È in questa prospettiva che il ragionamento analogico era destinato a rivelarsi fragile e comunque non adatto per tutte le situazioni [48]; né si poteva, più semplicisticamente risolvere la questione facendo rinvio all’esistenza di un principio “immanente” [49].
Né, al fondo, si poteva davvero sostenere che il rinnovato sistema della s.r.l. avesse obliterato la tutela dei creditori. Da un lato, era più che giustificabile la previsione della responsabilità verso i creditori sociali quando la società si trova in stato di scioglimento, in quanto nel momento della “fine” della società, gli amministratori e poi i liquidatori debbono rivolgere le loro azioni in funzione, soprattutto, dei creditori sì che in quel momento un obbligo diretto è ancor più giustificabile [50]. Al crepuscolo della società variano i doveri degli amministratori ed è, quindi, coerente che a prescindere dal modello societario sia prevista una responsabilità diretta degli amministratori [51].
Dall’altro  lato, la previsione  della responsabilità degli amministratori di s.r.l. nell’ambito del gruppo (posto che è indiscusso che la responsabilità della capogruppo sussista anche quando  rivesta la forma  giuridica  della s.r.l.) [52] è coerente con quella maggiore complessità societaria che pur nella scelta dei soci di mantenere il modello  della s.r.l. induce  a pensare ad una società rivolta al mercato  (o comunque “aperta”) e dunque attenta alle ragioni non solo dei soci ma anche dei terzi e principalmente dei creditori [53].
Vi è, poi, un ulteriore argomento che milita nella direzione della sottovalutazione del richiamo all’art. 2497 c.c. [54]. Se è ben vero che i creditori della società con- trollata possono agire direttamente anche contro gli amministratori della s.r.l. capogruppo, ciò deriva da una responsabilità che si riferisce sì al patrimonio sociale ma della società controllata; si tratta di un modello di responsabilità diverso e ulteriore perché presuppone una gestione abusiva del gruppo, fattispecie non repli- cabile nella s.r.l. monade [55]. E sempre per marcare l’autonomia della responsabilità degli amministratori che agiscono in un contesto di gruppo  giova rilevare che la condotta deve improntarsi a criteri diversi che tengano nel dovuto conto l’interesse del gruppo (con superamento dell’interesse della società capogruppo,  anche se ciò è piuttosto difficile da realizzare) oltre che l’interesse sociale [56]; non a caso talora si postula che per gli amministratori che operano  in un contesto di gruppo al criterio di valutazione secondo  la business judgement rule debba giustapporsi quello fondato sulla duty of loyalty  considerata la maggiore propensione  a comportamenti opportunistici [57]. Ed ancora a segnare la distanza fra i diversi regimi di responsabilità fra gruppo e società-monade non poteva trascurarsi che la differenza è registrata esplicitamente dal legislatore quando  si consente  al socio  della società etero-diretta di agire contro l’ente abusante per la perdita del valore della partecipzione e cioè di un tipico danno che viene considerato “riflesso”  e non azionabile direttamente ai sensi dell’art. 2395 c.c. [58].
Queste regole specifiche esprimevano una forma di responsabilità verso i creditori sociali che, a ben vedere, non coincideva né si esauriva con la forma di responsabilità di cui all’art. 2394 c.c.
Infatti, un conto sono gli obblighi che pertengono alla conservazione del patrimonio sociale in un contesto di scioglimento della società o in un contesto di gruppo, là dove diversi sono gli orizzonti della gestione, altro conto è l’obbligo generale di garantire la conservazione del patrimonio della società.
Ancora, si era opposto che quando nella società a responsabilità limitata è previsto il collegio sindacale (art. 2477 c.c.), si applicano le regole della società per azioni fra le quali è incluso il regime di responsabilità dei sindaci verso i creditori sociali (art. 2407 c.c.), talché sarebbe stato paradossale che i creditori  avessero legittima- zione diretta verso i sindaci e non verso gli amministratori [59]. Tuttavia, anche questo argomento era controvertibile [60] perché si poteva assumere come quella disposizione restasse inapplicabile agli amministratori in forza di una consapevole opzione di differenziare la posizione del sindaco da quella dell’amministratore [61].
Sulla persuasività di tale argomento  si poteva discutere,  mentre assai più coerente e convincente  era il complesso  ragionamento svolto da chi osservava che la responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza presuppone  la responsabilità  degli amministratori e se questa non esiste (direttamente), tanto meno può esistere quella verso i sindaci [62]; l’art. 2477 c.c. si applica  (in virtù del rinvio di sponda incluso nell’art. 2407 c.c.) solo se si applica anche l’art. 2394 c.c. e non viceversa [63]; né andava trascurato che la giurisprudenza  aveva ridotto  al minimo  la portata del rinvio contenuto nell’art. 2477 c.c. alle regole in tema di profili professionali dei sindaci [64].
Proprio perché queste teorie sono state considerate, in fondo, inadeguate, si è ritornati ai principi generali [65] e si è postulato che i creditori sociali avevano azione diretta verso gli amministratori di s.r.l. perché tale azione altro non è che una e- semplificazione della clausola generale di cui all’art. 2043 c.c.: l’azione ex art. 2394 c.c. è un modello di azione diretta a tutelare la lesione aquiliana del credito [66]. Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali perché avendo posto in essere comportamenti violativi di obblighi loro imposti per legge o per statuto, hanno cagionato un pregiudizio al diritto di credito quando la loro condotta ha inciso sulla capacità del patrimonio di assolvere alle obbligazioni  verso i creditori.
Sennonché, a proposito di azione dei creditori nella s.p.a. ci si è tenuti distanti da quella lettura (e cioè che l’art. 2043 c.c. sia l’archetipo  dell’art. 2394 c.c.). Così pure era quasi inopportuno cimentarsi sul terreno della colpa e della prova [67], perché il vero nodo da sciogliere non era come attenuare l’onere probatorio del creditore-attore, ma valutare se esistesse un’azione diretta dei creditori di natura non extracontrattuale nonostante fosse assente nella disciplina della s.r.l. l’art. 2394 c.c. [68].
Nell’ambito  di una accurata ricerca [69] si è cercato di investigare quali altri rimedi (di pari efficienza) potenzialmente eleggibili, avrebbero potuto essere esperi- ti dai creditori  sociali, per giungere a dimostrare che sarebbero  risultati meno efficienti rispetto alla tesi dell’azione diretta [70], pur se una parità di trattamento, sempre in tema di tutele, era stata chiaramente  sconfessata  dal legislatore volta che nella s.r.l. si era assistito alla scomparsa del procedimento di cui all’art. 2409 c.c. [71] (ora ripristinato con il D.Lgs. 14/2019); un procedimento che pur non essendo una limpida espressione della tutela dei creditori è pur sempre un procedimento che assume anche una rilevanza come protezione di interessi superindividuali, pur in quei casi nei quali la legittimazione del pubblico  ministero è negata [72].
In questo panorama appariva suggestiva ed evocativa la tesi di chi postulava che la negazione dell’azione  dei creditori sociali si sarebbe risolta nella sostanziale disponibilità del patrimonio  sociale da parte degli amministratori con l’effetto di disincentivare il credito  (e di conseguenza  incentivando  la “fuga” dal tipo s.r.l. [73]) [74]; una tesi smentita dalla assoluta propensione  delle imprese a rivestirsi del tipo s.r.l.
D’altra parte, l’esperienza di tre lustri ha dimostrato la cedibilità dell’assunto che una società a “credibilità limitata” quale la s.r.l. penalizzi i creditori più di quanto accada per le s.p.a. L’esperienza, al più, insegna che il difetto di credibilità non sta tanto nella configurazione morfologica dell’ente-impresa ma dalla sua reale capitalizzazione o, meglio, dalla sua effettiva sottocapitalizzazione [75].
In conclusione, con lo sguardo retrospettivo si poteva predicare che era giustificabile un assetto di tutele differente e che, ciò nondimeno,  sarebbe stato più semplice omogeneizzare le due discipline [76]. 
2.2 . Un approccio diverso: la tutela della garanzia patrimoniale e l’eccezionalità della estensione dei patrimoni responsabili
Al lume delle ragionevoli (e talora marcate) differenze fra i due modelli societari [77], era giustificabile un diverso trattamento normativo; pur tuttavia, era diffusa e nettamente prevalente l’idea che ogni volta che si agita un problema di tutela dei terzi il modello di riferimento avrebbe dovuto essere quello della società per azioni e ciò anche sulla scorta della considerazione empirica che ammette che le s.r.l. possano intraprendere grandi operazioni economiche con un rilevante coinvolgimento di terzi [78]. La flessibilità del modello della s.r.l. non è assoluto e i soci nella loro libertà statutaria, comunque non assoluta, possono disciplinare i rapporti endosocietari ma non hanno la disponibilità di comprimere i diritti dei terzi. L’azione di responsabilità dei creditori sociali non poteva essere rimessa (solo) ai soci [79] .
Ma ancora si celava il tema di fondo, ovvero se esistesse un vero e proprio diritto del creditore sociale alla conservazione del patrimonio.
Un diritto la cui esistenza, secondo taluno, non dipenderebbe dalla formulazione (omissiva) dell’art. 2476 c.c., dal momento che questa disposizione sarebbe stata, tutta, incentrata sulla figura del socio-quotista, sì che da essa non si sarebbe potuto trarre alcun valido argomento per concludere che l’azione dei creditori esisteva o veniva negata [80] .
La soluzione non poteva essere quella per cui a maggiori poteri attribuiti al socio debbano corrispondere minori poteri dei creditori sociali. Anche predicando che un incremento dei poteri dei soci si può riflettere, indirettamente, su un accrescimento della protezione dei creditori [81], certo l’uno non esclude l’altra, tant’è che sarebbe stato ben coerente che ai nuovi poteri dei soci corrispondessero i vecchi poteri dei creditori [82].
Parimenti, non sembrava risolutivo trarre conseguenze a rime obbligate per il fatto che vi è tendenziale identità fra quotisti ed amministratori, per non parlare delle società unipersonali. Anche il probabile disinteresse del quotista ad agire contro l’amministratore col rischio di essere a propria volta imputabile per avere concorso nell’atto di mala gestio non era argomento risolutivo così da rendere unico presidio compensativo l’attribuzione ai creditori sociali di una azione diretta [83] .
Anche la tesi della natura generale della regola fissata nell’art. 2394 c.c. 84 si rivelava fragile perché si fondava su ciò che andava dimostrato.
L’aspetto più critico in tutta questa vicenda non era rappresentato dal fatto che nella s.r.l. mancasse una disposizione tal quale quella di cui all’art. 2394, comma 2, c.c. («L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti»), quanto, invece, nel fatto che mancasse la regola di cui al comma 1 («Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale») [85] .
La conservazione del patrimonio sociale è un dovere degli amministratori rispetto alla società e, quindi, rispetto ai soci. Il creditore sociale fa affidamento sulla garanzia patrimoniale costituita dal patrimonio della società; se taluno attenta alla conservazione del patrimonio reca un pregiudizio al creditore sociale non diversamente da quanto accade ogni volta che taluno mette in pericolo la consistenza della garanzia patrimoniale del debitore.
Ecco, allora, che la previsione di cui al comma 1 dell’art. 2394 c.c. non esprime affatto un principio generale ma, al contrario, rappresenta un’eccezione in quanto rafforza, per legge, la posizione del creditore. La ratio della responsabilità degli amministratori sociali verso i creditori pertiene ad un incremento della garanzia patrimoniale, al di fuori degli strumenti convenzionali tipici quali sono le garanzie personali.
Si trattava di una scelta di policy legislativa, limitata alla società per azioni che, anche senza scomodare la dottrina istituzionalistica, viene considerata una entità potenzialmente in grado di incidere sul mercato (anche nelle società “chiuse”) e da disciplinare con maggiore prudenza in funzione della tutela dei terzi. A ciò si aggiunga che nelle s.r.l. il ruolo dei soci sulla gestione implica che vi sia una maggior indiretta tutela per i creditori, in quanto i patrimoni addizionali per il rafforzamento della garanzia patrimoniale (ma mediatamente attraverso l’azione del socio) sono più numerosi [86] .
Pur nella consapevolezza della opinabilità della soluzione, notoriamente contrastata dalla letteratura prevalente, il sistema delineato nell’art. 2476 c.c. appariva autosufficiente e allineato alle normali relazioni debitore-creditore [87] .
Se la ratio dell’art. 2394 c.c. è quella del rafforzamento, indiretto, della garanzia patrimoniale (soggettiva) del creditore 88, perché la legge così ha stabilito per la società per azioni, e così ha ritenuto di non fare per la s.r.l., se ne poteva serenamente prenderne atto senza che questo portasse ad una negazione dei diritti dei creditori [89] .
La conseguenza era limpida (benché, ovviamente, controvertibile): il creditore sociale nella s.r.l. ha azione contro l’amministratore sia perché può configurarsi una responsabilità da fatto illecito (la lesione del credito vantato verso la società), sia perché può, alternativamente proporsi (per chi la ammette) una responsabilità da contatto sociale [90] ; tutto ciò però, non coincideva con l’azione postulata nell’art. 2394 c.c. che resta prerogativa delle s.p.a., perché non esiste(va) un principio immanente [91] durante societate del dovere di conservazione del patrimonio sociale verso i creditori se non quando è la legge che lo prevede.
Molto probabilmente quella postulazione potrebbe essere revocata in dubbio dopo l’introduzione degli strumenti di allerta quali paradigmi dell’ideale della anticipata emersione della crisi, ma sino al 2019 poteva essere fondatamente sostenuta.
3 . La soluzione contenuta nel d.lgs. 14 febbraio 2018, n. 14
Le conclusioni esposte nel paragrafo precedente sono destinate all’oblio perché il legislatore ha ritenuto, sostanzialmente, di tornare sui propri passi e di riscrivere le regole sulle azioni di responsabilità nella s.r.l. in modo conforme a quanto previsto per la s.p.a., così risolvendo i dubbi interpretativi sorti a partire dal 2003 [92] e ciò sul presupposto che le nuove regole portino ad un rinnovato avvicinamento fra s.p.a. e s.r.l. [93] .
L’art. 2476 c.c. viene innervato con una nuova (ma antica) previsione secondo la quale «Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente
al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da patte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi».
La formula normativa ricalca alla lettera quella inclusa nell’art. 2394 c.c.: infatti, la nuova disposizione prima ancora di offrire l’azione ai creditori sociali, incide sul piano del diritto sostanziale loro attribuendo il diritto alla conservazione del patrimonio sociale.
Ne consegue che per l’azione di responsabilità dei creditori sociali nella s.r.l. dovranno essere utilizzate tutte le speculazioni teoriche enunciate per la s.p.a.
Pertanto, si porranno anche per la s.r.l. una serie di questioni che in questa sede possono essere, succintamente, elencate e trattate. Si tratterà, allora, i) di valutare l’impatto dell’espressione “creditori” e cioè se sia necessaria una effettiva pluralità dei creditori; ii) di verificare la legittimazione del singolo creditore; iii) di specificare
la nozione di “insufficienza patrimoniale”; iv) di verificare il limite sostanziale del beneficium excussionis; v) di come si atteggi questo profilo fra condizione dell’azione, interesse ad agire e fattispecie costitutiva [94] .
4 . Il valore della nuova norma ai fini dell’applicazione ai casi precedenti
L’art. 378 d.lgs. 14/2019 è entrato in vigore il 30° giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e cioè il 16 marzo 2019.
Come si è precisato, la disposizione innestata consta di due segmenti, l’uno sulla responsabilità e l’altro sull’azione.
La norma, nella parte in cui precisa che gli amministratori sono responsabili verso i creditori sociali è regola di diritto sostanziale che trova applicazione per tutti i fatti successivi alla data di entrata in vigore della legge. Pertanto, sono colpite dalle reazioni risarcitorie dei creditori le condotte degli amministratori poste in essere dopo il 16 marzo 2019. Tuttavia, potranno essere censurate le condotte anteriori qualora si ritenga che già prima della Novella, esistesse un rapporto diretto fra amministratori e terzi creditori.
La seconda parte della norma, invece, attribuisce ai creditori sociali la legittimazione ad agire direttamente nei confronti degli amministratori. Questo significa che a partire dal 16 marzo 2019 i creditori possono promuovere l’azione di cui all’art. 2476 c.c. anche per fatti anteriori ma alla condizione che dimostrino l’esistenza della responsabilità: una responsabilità che dovrà essere dimostrata all’esterno della nuova regola di cui all’art. 2476 c.c., provando cioè l’esistenza di un rapporto diretto fra creditori e amministratori. Viceversa, non sarà necessario fare ricorso a questa cautela qualora la nuova disposizione venga invocata come mera conferma interpretativa della sempre esistita azione in capo ai creditori [95] .
Pertanto, tale disposizione è destinata, in modo più o meno esteso a seconda di come si interpretava il sistema prima della modifica, a trovare immediata applicazione.
5 . Le conseguenze per le azioni promosse nel contesto delle procedure di regolazione della crisi di impresa e dell’insolvenza
L’esperienza formatasi nel corso del secolo XX, nonché quella, più recente, modellatasi dopo le riforme “epocali” del diritto dell’impresa, dimostra in modo non controvertibile che l’azione di responsabilità della società verso gli amministratori è largamente inespressa se sganciata dalle vicende concorsuali della società.
Una indagine statistica (prevalentemente fondata sulle banche-dati giuridiche), pur sommaria, consente, infatti, di apprezzare che le azioni di responsabilità vengono esercitate, di regola, nella cornice di una procedura concorsuale nella quale sia incappata la società, nonché, ma in misura largamente minore, quando muta l’assetto proprietario della società (takeover) e l’organo amministrativo più non coincide con chi esprime la maggioranza sociale [96]; il capitalismo familiare e la scarsa propensione alla dissociazione fra proprietà e management costituiscono alcune del- le ragioni della poca esperienza sulle azioni sociali di responsabilità e sono occasione della assunta permanenza del potere sovrano dell’assemblea [97].
È un sentire diffuso, e da sempre, quello per il quale l’azione di responsabilità della società non viene praticata per la presenza di una commistione di interessi (e talora, proprio di responsabilità), fra chi deve deliberare l’azione – e cioè la maggioranza dei soci – e chi la deve subire, ovverosia quegli amministratori che proprio quei soci hanno designato [98]. Il meccanismo di raccordo fra assemblea, soci di maggioranza e amministratori si è, quasi sempre, dipanato in modo da coniugare l’interesse dei soci di maggioranza con l’agire degli amministratori, eventualmente a scapito, anche, dell’interesse sociale [99], talché non vi è stata fortuna per l’azione sociale fuori dall’ambiente patologico della crisi d’impresa.
Tutto e proprio tutto cambia quando l’azione viene esercitata nel contesto di una procedura concorsuale imposta, cioè nella liquidazione giudiziale, nella liqui- dazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese.
L’assetto normativo viene stravolto perché viene meno la distinzione fra azioni della società e azioni dei creditori sociali visto che la legge le attribuisce entrambe al curatore o al commissario.
Più esattamente non viene meno il profilo caratterizzante ciascuna azione sul piano dei presupposti sostanziali ma viene meno la distinzione sulla legittimazione.
Così, l’affermata attribuzione ai creditori sociali della s.r.l. di azione diretta verso gli amministratori produce come immediato riflesso l’attribuzione di tale azione an- che al curatore fallimentare, fatto questo spesso decisivo quando si discute di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
6 . Le azioni nella liquidazione giudiziale
Benché in misura non stravolgente, il Codice della crisi contiene qualche variante in tema di azioni attribuite al curatore per l’esercizio delle azioni di responsabilità.
In luogo dell’art. 146 L. fall., si incontra il nuovo art. 255 CCII – di non immediata applicazione in quanto sottoposto alla vacatio legis di 18 mesi – secondo il quale: (1) «Il curatore, autorizzato ai sensi dell’articolo 128, comma 2, può pro- muovere o proseguire, anche separatamente:
a) l’azione sociale di responsabilità;
b) l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 e dall’articolo 2476, sesto comma, del codice civile;
c) l’azione prevista dall’articolo 2476, settimo comma, del codice civile;
d) l’azione prevista dall’articolo 2497, quarto comma, del codice civile;
e) tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge».
Rispetto al tessuto normativo della legge fallimentare, la prima curiosità è destata dal fatto che è scomparso ogni riferimento ai soggetti destinatari delle azioni. L’art. 146 L. fall., oggi vigente e in vigore sino al 14 agosto 2020, indica quali contraddittori nelle azioni di responsabilità gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori, nonché i soci della società a responsabilità limitata quando è stabilita la loro responsabilità ai sensi dell’art. 2476, comma 7, c.c.
Il fatto che nel corpo dell’art. 255 CCII sia svanito il riferimento ai destinatari delle azioni giudiziarie intentate dal curatore fallimentare non pare davvero rilevante. Infatti, l’individuazione dei soggetti potrà avvenire, abbastanza semplicemente, con il rinvio alle singole disposizioni: tanto quelle espressamente menzionate nel- l’art. 255 CCII, quanto quelle sparse qua e là nella legge, nonché quelle che alle prime (o alle seconde) fanno rinvio. Ad esempio, l’art. 255 “copre” anche la posizione dei direttori generali perché l’art. 2396 c.c. rinvia alle disposizioni sulla responsabilità degli amministratori; così pure resterà percorribile l’azione contro i sindaci visto che l’art. 2407 c.c. rinvia agli artt. 2393 ss. c.c.
Parimenti, nonostante i dubbi emergenti dalla lettura dell’art. 255 CCII, deve ritenersi riconosciuta la legittimazione del curatore anche per le azioni di cui al- l’art. 2486 c.c. [100] (fra l’altro quelle più sperimentate nella pratica) e ciò perché se ne parla a proposito del criterio di determinazione del danno, là dove si fa esplicito riferimento alle procedure concorsuali.
Ancorché l’art. 14 della legge delega 155/2017 prevedesse che il legislatore de- legato abrogasse l’art. 2394-bis c.c., nel D.Lgs. 14/2019 a tale incombente non si è provveduto [101]. Tuttavia, la circostanza che nel corpo del codice civile sia rimasta una disposizione che contempla la legittimazione del curatore in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria non appare densa di particolari criticità. Da una parte perché la previsione è assorbita nei nuovi artt. 255 (per la liquidazione giudiziale) e 307 (liquidazione coatta amministrativa), e dall’altra parte perché l’art. 2394-bis c.c. continua a trovare applicazione nel caso dell’amministrazione straordinaria, anche se il fatto che nel D.Lgs. 270/1999 sia contenuto un rinvio alla l.c.a. (v., art. 36), avrebbe potuto giustificare l’attuazione dell’abrogazione come stabilito nella legge delega.
Se mai, la formulazione dell’art. 255 merita di essere indagata nella parte in cui contiene, come sopra accennato, l’attribuzione al curatore delle azioni di responsabilità nella s.r.l., indicata nei commi 6 e 7.
Orbene, per commi 6 e 7, si debbono intendere quelli oggetto di una scalare progressione determinata dall’innesto di un nuovo comma (il 6) dopo il 5, quello cioè relativo all’azione dei creditori sociali. L’art. 378 si limita a prevede l’innesto ma non ne fornisce la numerazione; viste le norme che contengono un rinvio, deve ritenersi che per come sono state formulate, il comma aggiunto sia il 6 con conseguente “scivolamento” di quelli successivi. Con questa interpretazione, l’art. 255 CCII pone un problema in relazione a quello che è divenuto il comma 8 (contenente la previsione dell’azione contro i soci che abbiano intenzionalmente con le loro condotte recato pregiudizio alla società); ciò nondimeno, guardando alle azioni in chiave di sistema va preferita una lettura manipolativa che non estrae dal catalogo delle azioni del curatore quella verso i soci [102]. Ove, invece, si affermasse che l’art.
378 ha disposto l’innesto di un nuovo comma 5-bis (all’interno dell’art. 378) [103], senza alcuno spostamento di quelli successivi, la norma di cui all’art. 255 conterrebbe dei rinvii errati. Vista la mancata specificazione, la prima soluzione appare quella più in armonia con il sistema e dunque da preferire sicuramente [104].
La clausola di chiusura secondo la quale al curatore sono attribuite le azioni di responsabilità previste in specifiche disposizioni di legge assume un particolare rilievo in quanto conferma che il sistema non riconosce al curatore un generalizza- to potere di rappresentanza dei creditori del fallito, e le disposizioni che espressamente attribuiscono a tale organo il diritto di agire in luogo di tali creditori devono quindi considerarsi quali norme eccezionali, al di fuori delle quali la legittimazione della curatela quale organo rappresentativo della massa dei creditori deve essere esclusa [105].
Fra i primi commentatori v’è chi ha evidenziato la locuzione «può promuovere o proseguire, anche separatamente» come a voler postulare un mutamento di rotta rispetto all’interpretazione giurisprudenziale corrente in tema di c.d. “inscindibilità” dell’iniziativa del curatore [106].
Si tratta di una lettura acuta ma assai discutibile perché si fonda sul presupposto che la giurisprudenza si sia espressa, sino ad ora, per l’unitarietà delle azioni della società e dei creditori sociali. Infatti, se è ben vero che ricorrentemente nelle sentenze si trova l’espressione “inscindibile” (a proposito dell’azione della curate- la), una esegesi più accurata porta a ritenere che ciascuna azione mantenga una piena autonomia, come è comprovato, solo al modo di un esempio, dalla (diversa) decorrenza del termine di prescrizione [107]. Per tale ragione, l’inserzione della predicata separazione fra le azioni deve essere correttamente interpretata nel senso che il curatore non esercita una azione nuova rispetto a quelle che si ricavano dal palinsesto del codice civile [108]. Il curatore riceve una duplice legittimazione ma ciò non comporta affatto che l’azione del curatore sia diversa da quella di cui sono titolari, separatamente, la società e i creditori sociali [109]. Non vi è dubbio che se il curatore, come gli è possibile, esercita nel medesimo processo le due azioni, l’infondatezza dell’una non travolge l’altra; così pure, l’allegazione dei fatti che pertengono a ciascuna azione è il fondamento della legittimazione duale del curatore, con il conseguente riflesso in tema di prescrizione delle azioni: ciascuna mantiene il profilo temporale proprio, con il termine di prescrizione che inizia a decorrere in modo diverso [110].
Parimenti, la nuova norma deve essere interpretata nel senso che il curatore può promuovere l’una e l’altra in processi distinti (ma con l’avvertenza che, poi, si potranno porre i problemi in tema di continenza, di connessione e di cumulo oggettivo e soggettivo), fermo restando che il risarcimento non potrà essere duplicato [111].
Più precisamente, l’azione dei creditori sociali, in quanto volta alla reintegra- zione della garanzia patrimoniale mediante l’aggressione di un patrimonio additivo (quello degli organi sociali), consente il ripristino della garanzia patrimoniale a favore dei creditori insoddisfatti, ma nulla di più; diversamente, l’azione della società può mirare ad accrescere il patrimonio sociale nella misura in cui gli atti di mala gestio addebitati agli organi della società abbiano impedito un incremento del patrimonio sociale.
Un’ulteriore suggestione evocata dal nuovo art. 255 CCII concerne la regola di chiusura secondo la quale il curatore esercita «tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge». Questa formula deve es- sere intesa nel senso che nell’ambito del diritto societario, il curatore può promuovere azioni contro amministratori e organi di controllo solo in base a quanto previsto in singole disposizioni di legge con ciò escludendosi, in virtù della regola generale di cui all’art. 81 c.p.c., l’attribuzione al curatore di altre azioni [112].
Da tale precisazione, però, non se ne può inferire che il curatore non possa co- involgere nelle predette azioni anche soggetti terzi, a titolo di concorso nella responsabilità e causazione del danno, il che significa che la clausola ora in evidenza non esclude la c.d. “azione per concessione abusiva di credito”, quanto meno nella più recente terminazione interpretativa del giudice di legittimità [113].
Le modifiche apportate dall’art. 255 CCII all’impianto procedimentale sono limitate alla soppressione del parere del comitato dei creditori quale formale adempimento preliminare all’avvio dell’azione, mentre resta ineludibile l’autorizzazione all’avvio del processo da parte del giudice delegato.
La seconda precisazione, ovverosia il rinvio all’art. 128, comma 2, CCII è l’effetto del principio generale, nella distribuzione dei poteri fra gli organi della procedura, secondo il quale il curatore può stare in giudizio, nelle “cause attive”, solo con il supporto dell’autorizzazione del giudice delegato.
L’omessa previsione del parere del comitato dei creditori costituisce, invece, una semplificazione innocua: una semplificazione perché così non si potrà mettere in discussione l’azione anche ove dovesse mancare il parere [114], ma anche innocua per- ché il comitato dei creditori conserva il potere di controllare l’esercizio dell’azione di responsabilità attraverso l’approvazione del programma di liquidazione (art. 213, comma 3, CCII).
Nulla cambia, invece, con riferimento alla competenza giudiziaria in quanto le azioni di responsabilità vanno radicate presso il Tribunale distrettuale delle imprese dovendosi superare talune aporie formali [115].
L’art. 3, comma 2, legge 168/2003, come più volte modificato, stabilisce che sono attratte alla competenza del Tribunale «le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati, … omissis … le azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano» [116].
Dalla lettura della norma si ricava che tutte le azioni di responsabilità vanno attribuite alla competenza del Tribunale delle imprese, ma poi questa impressione viene revocata in dubbio volta che le azioni dei creditori sociali che sono devolute alla competenza del Tribunale delle imprese sono solo quelle di gruppo e cioè quel- le disegnate nell’art. 2497 c.c. [117].
Si tratta, quindi, di ricercare un coordinamento fra la prima parte della disposizione e l’ultima; la ragione per la quale si stabilisce che spetta al Tribunale delle imprese la lite promossa dai creditori sociali nei confronti delle società controllanti non deriva dalla diversa soggettività della parte che promuove il giudizio [cioè i creditori], ma dalla diversa soggettività della parte che subisce l’azione [cioè la società controllante]. Questo significa che l’inserzione dell’ultima porzione della norma si spiega per evitare che sorgesse il dubbio che al Tribunale delle imprese fossero devolute anche controversie dirette non già nei confronti di persone fisiche ma anche nei confronti degli enti [118].
Quanto al rito, una volta abrogato quello societario e venuta meno ogni ragionevole possibilità di applicare il rito delle controversie di lavoro [119] (con conseguente normale assoggettamento delle liti alla sospensione feriale), non resta che affidarsi al rito ordinario a cognizione piena con attribuzione del potere decisorio all’organo collegiale ai sensi dell’art. 50-bis c.p.c. [120] (e, dunque, con esclusione del rito sommario di cognizione di cui all’art. 702-bis c.p.c.).
Diversamente da quanto accade per l’azione di minoranza, l’azione dei creditori sociali rivolta contro gli amministratori, in quanto azione autonoma, non impone la necessità del litisconsorzio con la società [121], ma diviene necessario studiare meccanismi di raccordo quando vi sia la compresenza delle due azioni, quel- la sociale e quella dei creditori sociali [122] secondo la tecnica del c.d. concorso subiettivo di azioni.
Quanto al tema del concorso di azioni, la postulazione che si tratti di azione autonoma (e non surrogatoria) consente di escludere una subordinazione fra l’azione dei creditori sociali e l’azione sociale. Si è visto che la riparazione del pregiudizio arrecato al patrimonio della società rappresenta il limite dell’interesse ad agire dei creditori sociali, ciò che per converso significa che i creditori possono coltiva- re l’azione sino a quando tale riparazione non intervenga. In questo senso l’ipotetica applicazione del principio della pregiudizialità-dipendenza che potrebbe giustificare l’invocazione dell’art. 295 c.p.c., sfuma; il diritto del creditore non recede in presenza di un giudicato favorevole alla società, ma solo quando torna ad essere capiente il patrimonio. Al contempo non persuade affatto che la proposizione dell’azione sociale inibisca l’azione dei creditori sociali [123] perché i creditori sono interessati ad essere risarciti e non al fatto che la società abbia reagito alla mala gestio degli amministratori.
Per logica simmetria, qualora la società agisca nei confronti degli amministratori dopo che questi abbiano già risarcito i creditori sociali, l’entità del risarcimento dovrà essere decurtata dalla misura della condanna richiesta dalla società, visto che non vi può essere duplicazione di risarcimento; e se gli amministratori avesse- ro risarcito il danno ai creditori sociali ed i fatti allegati nell’azione dei creditori sociali coincidessero con quelli allegati dalla società, l’azione successiva promossa dalla società sconterebbe il rilievo del difetto dell’interesse ad agire.
Anche qui, come già per il caso della sequenza di azioni avviate da diversi creditori, l’unica ipotesi percorribile in concreto resta quella della chiamata in causa da parte degli amministratori del soggetto che abbia già ricevuto un ristoro patrimoniale secondo la tecnica (sostanziale) del regresso.
Ed ancora, la circostanza che l’azione dei creditori sociali abbia natura auto- noma giustifica pienamente che ai creditori-attori sia consentito rinunciare o transigere la lite, poiché il loro diritto è diverso dal diritto che spetta alla società. La rinuncia all’azione non implica alcuna conseguenza sulla permanenza del diritto della società, mentre la transazione stipulata fra i creditori e gli amministratori potrebbe rivelarsi rilevante sull’eventuale azione sociale ma ciò dipenderà, essenzialmente, dal titolo della transazione.
Da ultimo va ricordato che all’azione dei creditori sociali, in quanto terzi rispetto al contratto di società, non può reputarsi opponibile l’eventuale presenza di una clausola compromissoria che riguardi l’inclusione dell’azione di responsabilità fra le liti per le quali è previsto il ricorso all’arbitrato. Al contrario, una volta che l’azione è trasferita al curatore, nulla esclude che sia lo stesso organo della procedura, d’intesa con i potenziali convenuti, a stipulare un compromesso (da autorizzare nelle forme di cui all’art. 132 CCII) per devolvere in arbitrato la lite [124].
6.1 . Le azioni nel concordato preventivo
Una recente sentenza resa dal Tribunale di Piacenza [125] ha dissodato, a distanza di taluni anni dai più noti precedenti delle corti di merito, un argomento che per lungo tempo era rimasto in un cono d’ombra. Il tema è quello della “praticabilità” delle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali di una società che si trovi in concordato preventivo (o solo ammesso, od omologato o, finanche, eseguito); un tema che si può sviluppare secondo una pluralità di direttrici perché si trattava di verificare se fosse plausibile la conservazione in capo ai creditori sociali dell’azione di cui all’art. 2394 c.c., ovvero se tale azione fosse assorbita dall’omologazione del concordato preventivo. Ma occorreva dibattere, anche, dell’altro corno del problema e cioè se tale azione fosse rimasta nella disponibilità dei creditori o se dovesse transitare nella disponibilità di un organo della procedura concordataria.
I capisaldi della pronuncia che ha concluso per l’ammissibilità dell’azione e per la sua attribuzione ai creditori e non al liquidatore giudiziale, sono costituiti, proprio da questi due profili. Da un lato, l’omologazione del concordato preventivo non con- duce ad una estinzione dei crediti ed il vincolo di obbligatorietà che l’omologazione imprime sui creditori per effetto dell’art. 117 CCII non si estende a soggetti di- versi dalla società e dai soci illimitatamente responsabili [126]. Dall’altro lato, poiché nel concordato preventivo non esistono azioni di massa attribuite ad un soggetto che possa rappresentare impersonalmente tutti i creditori, la legittimazione a promuovere l’azione di responsabilità resta affidata all’iniziativa del singolo, o della pluralità dei creditori.
Per giungere a queste due conclusioni i giudici hanno dovuto smarcare il tema della qualificazione dell’azione dei creditori sociali; hanno, sul punto, precisato che l’ammissibilità dell’azione deriva dalla riconosciuta natura autonoma e non surrogatoria. Hanno, poi, ma solo incidentalmente postulato che l’azione si fondi su una responsabilità extracontrattuale.
6.1.1 . Rapporti fra azione di responsabilità e concordato preventivo nella legge fallimentare
Quando una società di capitali chiede di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo e, di poi, questa procedura viene avviata si pone il tema se ed in che misura siano praticabili le azioni di responsabilità che spettano alla società nei confronti degli organi sociali. In particolare, ci si interroga su quelle azioni di cui ricorrano i presupposti ma che non vengano rappresentate nella proposta concordataria.
Tuttavia ancor più delicata e di dubbia soluzione è la questione se l’azione che la legge (art. 2394 c.c. ed ora art. 2476 c.c.) attribuisce ai creditori sociali trovi ancora spazio nel caso di sottoposizione della società al concordato preventivo [127] e se, in caso di risposta affermativa, siano proprio i creditori a conservare la legittimazione a promuovere l’azione di responsabilità [128] (o se, per converso, questa non trasmigri al liquidatore giudiziale ove questi sia nominato); per rispondere ad un tale quesito, occorreva preliminarmente stabilire quale fosse la natura di tale azione; se cioè si aveva a che fare con una azione di matrice surrogatoria o di matrice autonoma, a prescindere poi dal fatto che si trattasse di azione contrattuale o extracontrattuale.
Nelle superiori enunciazioni si è presa decisa posizione sulla natura autonoma (e non surrogatoria) dell’azione, con l’addenda di una inclinazione a reputarla una azione contrattuale sui generis (pur al cospetto della prevalente lettura giurisprudenziale che premia la matrice extracontrattuale).
Assunta, quindi, come premessa teorica la preferenza per la tesi della natura autonoma dell’azione su questa lettura si fonderanno le riflessioni che seguono [129].
Una volta che la riforma della legge fallimentare ha determinato la scomparsa della dicotomia fra concordato con garanzia e concordato con cessione dei beni [130], non si potevano più predicare le ipotesi che venivano formulate in passato. Oc- correva prendere atto che i modelli di piani e di proposte concordatarie erano divenuti moltissimi così da non poterli irreggimentare in formule predefinite. L’unica distinzione ancora attuale era costituita da quei concordati che, in quanto de- stinati a soddisfare i creditori attraverso processi di liquidazione del patrimonio, contemplavano la separazione fra titolarità del patrimonio e potere di gestione affidato ad un soggetto (il liquidatore giudiziale) nominato dal Tribunale per la liquidazione dei beni in funzione del soddisfacimento dei creditori [131], da quei con- cordati nei quali, invece, appariva dominante un piano di continuità aziendale o imprenditoriale.
La distinzione non incideva direttamente al fine di stabilire se i creditori sociali avessero mantenuto l’azione ma solo per decidere se, in caso di affermativa risposta, la legittimazione competesse al liquidatore giudiziale.
Il primo tema da sviluppare riguardava, allora, la possibile permanenza dell’azione in capo ai creditori sociali.
Pertanto, se si partiva dal postulato che l’azione dei creditori è azione autonoma, ne conseguiva per logica inferenza che i creditori sociali avrebbero potuto esperi- re l’azione anche nel concordato preventivo [132] in quanto un’azione di questo tipo che, si badi, coinvolge un patrimonio addizionale quale è quello degli amministra- tori, non può incontrare né le limitazioni di cui all’art. 168 L. fall. che si riferisce alle azioni esecutive (e questa non la è, perché si tratta di azione dichiarativa di condanna) sul patrimonio del debitore (e l’aggressione riguarderà, se mai, il patrimonio di un terzo), né quelle di cui all’art. 184 L. fall. [133], norma dalla quale, al contrario, si desume che nessun effetto esdebitatorio si produce sui (a vario titolo) coobbligati [134].
L’avvenuta omologazione del concordato preventivo non estingue il credito per la porzione insoddisfatta ma lo rende, soltanto, non più esigibile nei confronti del debitore. Non si produce alcuna estinzione sia per la negazione dell’effetto esdebitatorio rispetto ai coobbligati, sia perché nel caso del successivo fallimento, il credito falcidiato torna ad essere esigibile [135].
Gli amministratori non sono coobbligati della società rispetto al danno che abbiano recato col loro comportamento ai creditori sociali e, dunque, a maggior ragione, se non possono giovarsi della liberazione dal debito i coobbligati, anche gli amministratori non possono giovarsi del beneficio dell’esdebitazione, non potendo essere parificati ai soci illimitatamente responsabili [136].
Neppure si poteva dire che i creditori avendo accettato il patto di concordato non potessero pretendere nulla più di quanto promesso perché questo valeva per il patrimonio dell’impresa e non per il patrimonio di un terzo quale è l’amministratore [137].
È ben vero che secondo taluno una «interpretazione teleologica della funzione esdebitatoria del concordato preventivo» [138] avrebbe dovuto condurre alla nega- zione della sopravvivenza dell’azione di responsabilità [139], e tuttavia il dato normativo non sembrava proprio indirizzato a negare la permanenza dell’azione.
Ed ancora non sembrava assumere un rilievo decisivo la differente situazione (talora adombrata) fra il caso del concordato già eseguito e quello non ancora eseguito, posto che il beneficio dell’esdebitazione riguarda soltanto la società ed i soci illimitatamente responsabili, talché anche a concordato perfettamente eseguito il credito per la porzione non soddisfatta è divenuto inesigibile nei soli confronti della società debitrice e ciò in quanto il patto di concordato lega, soltanto, le parti e queste parti sono il debitore da un lato e i creditori dall’altro [140]. Il principio del- la relatività degli effetti del contratto (art. 1372 c.c.) non può che impegnare solo i partecipanti al patto di concordato e fra questi non ci sono gli amministratori.
Proprio per questo non era condivisibile il prospettare che con il concordato viene meno l’interesse del creditore alla reintegrazione del patrimonio sociale, posto che l’azione va a beneficio del creditore, danneggiato dall’insufficienza del patrimonio sociale, e non a beneficio della società (ciò, ovviamente, partendo dal presupposto della natura autonoma dell’azione).
A maggior ragione l’azione dei creditori era praticabile se si condivideva la tesi che vuole l’azione dei creditori uno strumento integrativo/rafforzativo della garanzia patrimoniale. È proprio quando c’è il concordato preventivo che si esalta l’interesse dei creditori a far valere questa garanzia patrimoniale aggiuntiva.
Quanto sino ad ora enunciato valeva sia con riguardo al concordato con cessione dei beni, sia con riferimento ad altri modelli di concordato [141]; non è, infatti, il modello di concordato che rende diversa la posizione dei creditori ma solo la misura della previsione di soddisfacimento, o, ancor meglio, l’effettivo soddisfacimento.
6.1.2 . Azione di responsabilità nel concordato e legittimazione
Una volta ammesso che l’azione dei creditori sociali nelle s.p.a. non è impedita dall’apertura e dall’esecuzione del concordato preventivo, non si era, però, risolta la questione più spinosa e cioè se tale azione restasse nel patrimonio dei creditori sociali o si trasferisse in capo al liquidatore giudiziale.
L’azione dei creditori sociali, in quanto azione autonoma, non si trasferiva, nel caso del concordato con cessione dei beni, in capo al liquidatore giudiziale in quanto al liquidatore poteva, al più, essere attribuita l’azione della società [142]. L’azione sociale gli competeva perché appartiene al patrimonio della società ed il patrimonio della società, segregato a favore dei creditori, va liquidato.
Al contrario, l’azione dei creditori sociali, se considerata autonoma, appartiene al loro patrimonio (nel senso che hanno l’aspettativa di soddisfarsi con essa). Ciò significa che non poteva essere trasferita al liquidatore giudiziale affinché la esercitasse in nome dei creditori sociali. Un trasferimento di questo genere era impedito dal principio basilare per il quale, salvo espressa previsione di legge, deve esistere piena corrispondenza fra titolarità del diritto sostanziale e legittimazione processuale come esemplarmente fissato nell’art. 81 c.p.c. che stabilisce i limitati casi di sostituzione processuale, fra i quali non è contemplata la fattispecie in esame [143].
Sennonché, nella piena consapevolezza che la clausola generale insita nell’art. 81 c.p.c. ostacola il processo di concorsualizzazione di alcune possibili altre azioni, si è obiettato che al curatore non verrebbe trasmessa la legittimazione processuale ma proprio il diritto sostanziale [144]. Una tesi di certo suggestiva e tuttavia non condivisibile poiché giustificava sì il superamento dell’eccezionalità dell’art. 81 c.p.c., ma non riempiva di contenuto il tema del rapporto fra creditori e liquidato- re giudiziale. Gli artt. 66 L. fall. e 2394-bis c.c. attribuivano al curatore una legittimazione speciale e, nei limiti del concorso, trasferivano la pretesa alla ricostituzione della garanzia o il credito risarcitorio. Tuttavia, poiché il curatore non è un successore dei creditori, il diritto sostanziale non poteva essergli trasmesso in virtù di successione e la legittimazione non poteva essergli trasmessa visti i limiti in tema di legittimazione straordinaria. Orbene, se questi ostacoli valevano nel fallimento, a maggior ragione andavano replicati nel concordato preventivo, là dove nep- pure era ipotizzabile una relazione di successione fra diritti dei creditori e posi- zione del liquidatore giudiziale.
A completamento degli argomenti primari così enunciati, si poteva addizionare che nel concordato non solo non esistono le azioni di massa che nascono dal fallimento e, ora, dalla liquidazione giudiziale (come le azioni revocatorie fallimentari, ora trasformate in revocatorie concorsuali), ma neppure ricorrono quelle che pur già spettanti ai creditori, per effetto dell’apertura di un concorso, si trasfigurano in azioni volte a tutelare tutti i creditori [145].
In verità, ciò che manca nel concordato preventivo non è tanto l’attribuzione al liquidatore giudiziale dell’azione di responsabilità dei creditori sociali, quanto di quel complesso di azioni che hanno un senso all’interno del fallimento ma non anche nel concordato preventivo [146]. In tale contesto, la circostanza che non fosse prevista la legittimazione del liquidatore giudiziale è del tutto coerente con questo principio e non è eccentrico che fossero i creditori a poter agire individualmente o come gruppo [147].
Tutto ciò non significava, però, che l’apertura di un concordato preventivo fosse neutrale per l’azione dei creditori sociali [148]: infatti, la misura del danno che i creditori potevano pretendere andava (ed ancora, va) determinata proprio guardando alla proposta di concordato preventivo. Infatti, considerato che la responsabilità che gli amministratori assumono verso i creditori è limitata (al massimo) alla differenza fra il credito e le aspettative di riparto dalla liquidazione del patrimonio sociale, le azioni che i creditori volessero intraprendere non potrebbero non tenere conto dell’andamento e dei risultati del concordato.
Quando l’azione dei creditori sociali viene esercitata nella liquidazione giudiziale dal curatore, non vi è alcun dubbio sul fatto che le risorse recuperate dagli amministratori vadano ad incrementare la massa attiva della procedura, perché ciò di cui ci si duole è, proprio, la riduzione della massa attiva [149]. Diverso è il discorso quando l’azione dei creditori viene svolta fuori dalle procedure in cui vi è spossessamento; in questi casi – tanto che la società sia in bonis, quanto che sia in concordato – ci si chiedeva (e ci si chiede) dove confluissero le risorse ricavate dal positivo esperimento dell’azione verso gli amministratori. Ove, infatti, il danno cagiona- to dalle condotte degli amministratori fosse di entità inferiore alla differenza fra quanto si può percepire dal concordato e l’ammontare dell’indebitamento, al creditore che ha esercitato l’azione non poteva che essere riconosciuta una percentuale pari alla proporzione del singolo credito e l’intera esposizione debitoria, al netto, però, delle passività soddisfatte con prelazione.

Come già rammentato, ai creditori sociali la titolarità dell’azione competeva a prescindere dal fatto che uno o più creditori avessero espresso adesione alla proposta di concordato, dal momento che un conto è l’obbligazione per debito che grava sulla società e altro conto è l’obbligazione per responsabilità che grava sugli amministratori. Il creditore sociale aderisce alla proposta di concordato della società che, se approvata, non libera da responsabilità gli autori di [eventuali] fatti illeciti [150]; ma il patto di concordato vincola il proponente-debitore, i creditori e, di riflesso, i coobbligati: non gli amministratori [151].
D’altra parte, non vi era alcun serio motivo per qualificare l’approvazione del concordato come una transazione fra creditori e amministratori posto che costoro sono estranei al procedimento di concordato; ed, ancora, neppure pareva prospettabile che la proposta di concordato silente sull’azione di responsabilità potesse essere qualificata come una (implicita) transazione fra la società e gli amministra- tori, tale da precludere l’azione dei creditori sociali 152.
Parimenti, la tesi per la quale l’esecuzione del concordato rendendo inesigibile il credito verso l’impresa impedisce al creditore sociale di agire nei confronti degli amministratori perché non più creditori [153] non era condivisibile al lume della previsione di cui all’art. 117 CCII, là dove si stabilisce che l’obbligatorietà del concordato preventivo riguarda l’impresa e, se ve ne sono, i soci illimitatamente responsabili [154].
Predicare che l’effetto esdebitatorio non si estendesse agli amministratori li poneva in una posizione deteriore rispetto a quella dei soci illimitatamente responsabili [155], al punto da disincentivarli nel presentare la domanda di concordato per la società [156].
Tuttavia, a ben vedere, queste riflessioni erano largamente controvertibili. Il socio illimitatamente responsabile fruisce dell’esdebitazione (per i debiti sociali) per- ché si assume che il suo patrimonio sarà stato oggetto di devoluzione ai creditori o, quanto meno, di considerazione da parte dei creditori, visto che la domanda di con- cordato deve indicare la consistenza dei beni dei soci illimitatamente responsabili. Se i beni del socio sono stati destinati ai creditori o se i creditori hanno ritenuto irrilevante il patrimonio – che non è stato offerto – dei soci, la conseguenza dell’effetto esdebitatorio è del tutto naturale.
Quindi si poteva concludere che gli amministratori non subivano un trattamento deteriore rispetto ai soci illimitatamente responsabili.
Pertanto, nella vigenza della legge fallimentare, le azioni dei creditori sociali potevano essere promosse anche in costanza di concordato preventivo e pur dopo la sua esecuzione [157].
6.2 . Le azioni nel concordato dopo il CCII
Se le modifiche apportate all’art. 255 CCII non appaiono stravolgenti, più dense di significato sono quelle innestate nell’art. 115 CCII. L’art. 115 CCII è dedicato – sottolineatura decisiva – a «Azioni del liquidatore giudiziale in caso di cessione dei beni».
Tale disposizione al comma 2 così prevede: «Il liquidatore esercita oppure, se pendente, prosegue l’azione sociale di responsabilità. Ogni patto contrario o ogni diversa previsione contenuti nella proposta o nel piano sono inopponibili al liquidatore e ai creditori sociali».
Nei paragrafi precedenti si sono marcate le criticità in ordine all’individuazione del soggetto titolare dell’azione di responsabilità sociale in caso di concordato con cessione dei beni. In particolare, dal momento del deposito del ricorso e sino all’omologazione, non vi è alcun dubbio che la società possa promuovere l’azione di responsabilità, secondo le ordinarie regole del codice civile [158]. Posta in disparte l’osservazione per cui, in futuro, i concordati con cessione dei beni sono destinati a divenire marginali se non fosse altro perché impongono – ai fini della loro ammissibilità – una iniezione di risorse esterne, resta il fatto, interessante in chiave di sistema, che l’azione sociale, di default, passa nella titolarità del liquidatore giudiziale e questi può agire in giudizio senza essere vincolato dalla eventuale contraria volontà della società; una contraria volontà assunta nelle previsioni del piano o della proposta.
Una tal previsione dovrebbe, dunque, confermare che, al contrario, la delibera assembleare di rinuncia all’azione sociale adottata prima del deposito del ricorso per concordato è opponibile al liquidatore giudiziale.
Più precisamente, se si vuole, il liquidatore giudiziale subentra negli stessi diritti esistenti nel patrimonio della società al momento dell’apertura del concorso [159], essendogli resi inopponibili atti di disposizione della società adottati durante la procedura.
Il legislatore non si è preoccupato di risolvere un interrogativo che nasce spontaneo e cioè se alla titolarità dell’azione si affianchi l’autonomia del liquidatore, ovvero se il liquidatore debba, pur sempre, far approvare l’azione dall’assemblea e in caso di ostruzionismo utilizzare il meccanismo della fase di esecuzione previsto nel- l’art. 118 CCII.
L’art. 185 L. fall. stabilisce che in fase di esecuzione i poteri della assemblea possano essere forzati nel caso di proposta presentata da uno o più creditori. Sen- nonché nell’art. 118 CCII che costituisce il pendant della precedente disposizione con mirabile lungimiranza, all’ultimo momento, è stato inserito un avverbio che cambia radicalmente il sistema. La norma così recita: «Il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato anche se presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata». L’innesto del lemma “anche” assume una portata dirompente perché consente di for- zare l’assemblea anche quando la proposta proviene dalla società [160]. In tale conte- sto, nulla impedirebbe al liquidatore giudiziale di dotarsi della delibera dell’assemblea chiedendo, direttamente o forse tramite il commissario giudiziale, la nomina di un amministratore giudiziario o la propria per assumere la delibera [161].
Tuttavia, v’è da chiedersi se questo percorso sia veramente necessario o se non sia lecito assumere che il nuovo art. 115 CCII assorba anche la questione procedurale, escludendo la necessità della delibera. Se a questa conclusione già si poteva pervenire in sede interpretativa [162], la nuova regola rafforza a maggior ragione quella conclusione, sì che deve ritenersi che il liquidatore giudiziale possa avviare l’azione senza prima munirsi della delibera della assemblea.
Sciolto questo primo nodo, occorre confrontarsi con il comma 3 dell’art. 115 che si occupa, invece, dell’azione dei creditori sociali, stabilendo che «Resta ferma, in ogni caso, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione di ciascun creditore sociale a esercitare o proseguire l’azione di responsabilità prevista dall’articolo 2394 del codice civile».
Questa disposizione è importante perché innanzi tutto emancipa del tutto l’azione dei creditori sociali dal percorso concordatario. Può piacere o no ai manager e ai sindaci della società, ma il successo dell’operazione concordataria non li pone al riparo da iniziative dei singoli creditori che potranno lamentare il danno derivante dall’insufficienza del patrimonio della società. Pertanto, il risultato concordatario non ostacola le pretese risarcitorie dei creditori [163].
Già questo è un punto fermo rispetto al passato perché come esposto supra taluno dubitava della praticabilità dell’azione ex artt. 2394 e 2476, comma 6, c.c.
Si pone, allora, un ulteriore interrogativo e cioè se questa regola valga anche ad escludere la concorrente legittimazione del liquidatore giudiziale. In precedenza, si è cercato di dimostrare come nel sistema del concordato sia decisamente arduo sostenere il trasferimento di azioni dei creditori sociali in azioni del liquidatore giudiziale.
Le valutazioni assunte sulla normativa codicistica e della legge fallimentare non solo non sono superate dal CCII, ma al contrario la previsione del comma 3 sembra doversi interpretare, proprio, come una conferma della legittimazione dei creditori in luogo di quella del liquidatore giudiziale [164]. 
Benché non sempre la tecnica del Codice possa predicarsi come raffinata, il fatto che si parli della legittimazione del liquidatore solo a proposito dell’azione sociale, costituisce un argomento addizionale rispetto a quelli passati [165]; forse perché poco sperimentate nella pratica, nel Codice della crisi si è omesso di prevedere un metodo di calcolo del danno [166].
Come accennato nelle premesse del presente paragrafo, l’art. 115 si occupa del concordato con cessione dei beni.
Nel concordato con piano di continuità, la titolarità dell’azione resta prerogativa della società e specificatamente dell’assemblea [167]. Quanto all’ipotesi, spesso frequente, di piani misti di continuità e di cessione, occorre domandarsi dove si vada a collocare l’asset dell’azione risarcitoria. In verità non sembra realistico fornire una risposta valevole per ogni piano perché si tratterà di verificare, di volta in volta, quali risorse della società siano destinate a finanziare la continuità (e di poi, i creditori con i frutti della continuità) e quali siano direttamente dedicate al soddisfacimento dei creditori. In particolare, se il piano prevedesse una good company e una bad company, o altri metodi di separazione patrimoniale, l’azione potrebbe essere allocata sia nell’una che nell’altra, fermo restando che della scelta il debitore dovrà fornire una giustificazione razionale; così pure, nulla esclude che nei pia- ni “misti”, si preveda la cessione dell’azione di responsabilità [168], al pari della cessione di un qualunque altro asset.
La previsione di cui all’art. 115 CCII va altresì letta come conferma della insostenibilità della tesi che vorrebbe attribuire la legittimazione all’azione al commissario giudiziale [169].



*Il saggio è estratto dal Volume degli Scritti in onore di Oreste Cagnasso, Torino, 2020

Note:

[1] 
Sul punto si vedano gli autori che si erano espressi prima della riforma societaria del 2003: in luogo di molti, v., M. FRANZONI, La responsabilità civile degli amministratori di società di capi- tali, in Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico  dell’economia,  diretto da F. Galgano, vol. XIX, Padova, 1994, 95; A. NIGRO, La società per azioni nelle procedure  concorsuali,  in Trattato delle società per azioni. Profili tributari e profili concorsuali, diretto da G. Colombo-G.B. Portale, Torino, 1993, 375; F. BONELLI, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, Milano,
1992, 193. 
[2] 
La letteratura è amplissima: v., fra i molti, i più recenti contributi  di A.L. SANTINI, Della società a responsabilità  limitata, in Società a responsabilità limitata. Commentario  Scialoja-Branca al codice civile, Bologna, 2014, 24; V. BUONOCORE, La società a responsabilità limitata, in ID. (a cura di), Manuale di diritto commerciale, Torino, 2013, 501; A.A. DOLMETTA, Sul “tipo” S.r.l., in S.r.l. Commentario,  a cura di A.A. Dolmetta-G.  Presti, Milano, 2011, 15; O. CAGNASSO, Introduzione alla disciplina della società a responsabilità limitata, in G. COTTINO-G. BONFANTE-O. CA- GNASSO-P. MONTALENTI  (diretto da), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2009, 899; A. SERRA, Sguardo d’insieme, in F. FARINA-C. IBBA-G. RACUGNO-A.  SERRA (a cura di), La nuova s.r.l., Mi- lano, 2004, 1; A. NIGRO, La società a responsabilità limitata nel nuovo diritto societario: profili generali, in V. SANTORO (a cura di), La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, Mi- lano, 2003, 3. Sino a poco tempo fa le ulteriori giustapposizioni normative intervenute ancor più di recente a proposito  delle s.r.l. semplificate e con capitale minimo, concorrono  ad espandere la forbice  fra s.p.a. e s.r.l. (ma v., nota seguente).; sulle nuove s.r.l., inter alia, v., M. RESCIGNO, La società a responsabilità limitata a capitale ridotto e semplificata (art. 2463 bis c.c.; art. 44D.L. 83/12; d.m. giustizia 23 giugno 2012 n. 138), in Nuove leggi civ., 2013, 65; G. FERRI jr., Recenti novità legislative in materia di società a responsabilità  limitata, in Riv. dir. comm., 2013, II, 415; M. CIAN, Srl, srl semplificata, srl a capitale ridotto – Una nuova geometria del sistema o un sistema disarticolato?,  in Riv. soc., 2012, 1101.
[3] 
Proprio nel D.Lgs. 14/2019 è contenuta la previsione (art. 379) secondo  la quale il procedi- mento di cui all’art. 2409 c.c. è di nuovo innestato in tutte le s.r.l., anche se prive del collegio  sin- dacale; parimenti, la nuova struttura finanziaria delle s.r.l.-PMI consente una apertura al capita- le prossima a quella delle s.p.a., v., P. BENAZZO, Categorie di quote, diritti di vote e governance della “nuovissima” s.r.l.: quale ruolo e quale spazio per la disciplina azionaria nella s.r.l.-pmi aperta?, in Riv.  soc., 2018, 1441; V. DI CATALDO-S. ROSSI, Nuove regole generali per l’impresa nel nuovo codice della crisi e dell’insolvenza,  in Riv. dir. soc., 2018, 765 ss.
[4] 
M.G. PAOLUCCI, Sub art. 2476, in Società a responsabilità limitata. Commentario Scialoja- Branca al codice civile, cit., 473, osserva che la tecnica della norma di rinvio facilitava l’opera dell’interprete.
 
[5] 
Ci si permette  di rinviare a M. FABIANI, L’azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, Milano, 2015, 51 ss.
[6] 
Sulla pacifica applicabilità dell’azione dei creditori sociali alla s.r.l. v., D. FICO, L’azione di responsabilità  contro gli amministratori nella s.r.l., in Società, 2008, 1405; G.M. ZAMPERETTI, sub art. 2394-2394  bis, in G. COTTINO-G. BONFANTE-O. CAGNASSO-P. MONTALENTI (diretto da), op. cit., 827; ma in senso contrario v., Trib. Sant’Angelo dei Lombardi 3 novembre 2009, in Dir. fall., 2011, II, 113; Trib. Napoli 20 ottobre 2005, in Società, 2006, 625; L. ABETE, L’articolo 2476 c.c.: spunti e riflessioni, ivi, 2012, 646, ove si nega che l’iniziativa del socio sia sostitutiva dell’iniziativa della società e si postula che al socio viene riconosciuta una diretta legittimazione diffusa. 
[7] 
Si pensi al tema della solidarietà della responsabilità fra amministratori in mancanza di una disciplina omologa  a quella dettata in tema di deleghe nella s.p.a., cfr., M. AIELLO, La responsabilità degli amministratori e dei soci nelle s.r.l., Bologna, 2013, 146; per riferimenti, v in luogo di altri, P.F. MONDINI, Responsabilità degli amministratori nei confronti della società: profili sostanziali, in S.r.l. Commentario,  a cura di A.A. Dolmetta-G. Presti, cit., 629; C. ANGELICI, Note sulla responsabilità degli amministratori di società a responsabilità  limitata, in Riv. soc., 2007, 1220; R. TETI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società. Liber amico- rum Gian Franco Campobasso,  diretto da P. Abbadessa- G.B. Portale, vol. III, Torino, 2006, 638; S. AMBROSINI,  Sub art. 2476, in G. NICCOLINI-A. STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, vol. III, Napoli, 2004, 1590. Per C.F. GIAMPAOLINO, Fallimento e responsabilità gestoria, in Trattato delle società a responsabilità limitata, a cura di C. Ibba-G.  Marasà, vol. VIII, Milano- fiori-Assago, 2012, 92, nelle s.r.l. la ragione più probabile di insorgenza di una responsabilità è quella che pertiene al tema del conflitto di interessi. Per l’identità del metro di valutazione della condotta degli amministratori fra s.r.l. e s.p.a. sul tema della “diligenza professionale”, v. S. AMBROSINI, La responsabilità degli amministratori nella nuova s.r.l., in Società, 2004, 293.
[8] 
A. DIMUNDO, La responsabilità civile degli amministratori di s.r.l. in concordato preventivo, in Fall., 2014, 1132; R. RORDORF, L’azione di responsabilità nel fallimento della s.r.l., in F. DI MARZIO (a cura di), La crisi d’impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, Pado- va, 2010, 214; G. ZANARONE, Della società a responsabilità  limitata, Milano, 2010, 065; D. LA- TELLA, L’azione sociale di responsabilità  esercitata dalla minoranza, Torino, 2008, 180; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., Torino, 2007, 6; ID., La legittimazione del curatore all’esercizio  delle azioni di responsabilità contro gli amministratori nella srl fallita, in Banca, borsa, tit. cred., 2010, II, 492; L. SALVATO, Profili della disciplina della responsabilità degli amministratori della s.r.l., in Società, 2009, 713; O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. COTTINO, vol. V, Pado- va, 2007, 259; R. VIGO, Decisioni dei soci: competenze, in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, cit., 467; A. SILVESTRINI, Responsabilità  degli amministratori nella s.p.a. e nella s.r.l. dopo la riforma societaria, in Società, 2004, 696; V. SALAFIA, Il nuovo modello di società a responsabilità limitata, ivi, 2003, 8; F. MAINETTI, Il controllo dei soci e la responsabilità degli amministratori nella società a responsabilità limitata, ibidem, 941; M. AIELLO, op. cit., 246; C.F. GIAMPAOLINO,  Fallimento e responsabilità  gestoria, cit., 93; Trib. Milano 28 maggio 2015, in Società, 2016, 433; Trib. Milano 18 luglio 2013, ivi, 2013, 1130; Trib. Milano 19 dicembre 2011, ivi, 2012, 335; Trib. Roma 21 maggio 2007, ivi, 2008, 1400; Trib. Marsala 1° aprile 2005, ivi, 2006, 733; Trib. Napoli 11 novembre 2004, ivi, 2005, 1007; contra, V. SANTARSIERE, Problematiche ricorrenti circa istituti del diritto societario alla luce della riforma, in Giur.  merito, 2007, 2914.; F. CIAMPI, Novità della Novella per le azioni di responsabilità nelle s.r.l., ivi, 2006, 286; Trib. Milano 27 febbraio 2008, in Riv.  dir. soc., 2009, 780; Trib. Milano 2 novembre 2006, in Giur.  it., 2007,655; Trib. Milano 12 aprile 2006, ivi, 2006, 2096; Trib. Milano 13 gennaio 2005, ivi, 2005, 523. La circostanza che la legge non preveda espressamente l’azione sociale non è neutrale pur quando non sia in discussione che l’azione deve spettare alla società, pena l’incostituzionalità della norma per un palese contrasto con il principio-paradigma di cui all’art. 24 Cost. (v., S. AMBROSINI, Sub art. 2476, cit., 1594); infatti, occorre trovare la regola disciplinare relati- va alla formazione della volontà di promuovere l’azione, essendo discusso se la volontà competa agli amministratori (evidentemente quelli nuovi nominati) o alla assemblea della società; per la prima alternativa v., fra gli altri, V. MELI, Legittimazione e potere di iniziativa ad intraprendere l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori di S.r.l., in Società, 2016, 437; V. ALLEGRI, L’amministrazione della società a responsabilità limitata dopo la recente riforma, in V. SANTORO (a cura di), La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 166; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1067; per la seconda, S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, in Giur.  comm., 2003, I, 294; D. LATELLA, L’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza, cit., 181; M. AIELLO, op. cit., 260; R. TETI, La responsabilità degli amministratori, cit., 644; M.G. PAOLUCCI, op. cit., 504; A. DIMUNDO, La responsabilità civile degli amministratori di s.r.l. in concordato preventivo, cit., 1134; Trib. Roma 22 maggio 2007, in Foro it., 2008, I, 307; in questa seconda dire- zione milita il non trascurabile argomento che l’art. 2476 c.c. prevede per la rinuncia e la transazione dell’azione un deliberato dell’assemblea. Ma, contra, v., M. FRANZONI, Società per azioni. Dell’amministrazione e del controllo, in Commentario Scialoja-Branca al codice civile, cit., tomo, 3, vol. 2, 501, che nega la persistenza dell’azione sociale.
[9] 
Una legittimazione che si spiega con la scelta di affidare al singolo socio maggiori poteri di controllo non mediati dalla comune volontà degli altri soci, v., S. AMBROSINI, La responsabilità degli amministratori nella nuova s.r.l., cit., 295; M. AIELLO, op. cit., 237.
[10] 
D. LATELLA, L’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza, cit., 180; M. AIEL- LO, op. cit., 246; C. PALLAORO, Profili della responsabilità degli amministratori di s.r.l. tra vecchia e nuova disciplina, in Giur. comm., 2009, II, 712.
[11] 
Il socio che esercita l’azione di responsabilità non si pone, infatti, in una situazione di contrapposizione con la società, potendo decidere l’azione anche con il consenso della società ma senza che questa esprima una formale delibera; v., M.G. PAOLUCCI, op. cit., 503.
[12] 
E.E. BONAVERA, L’esercizio delle azioni di responsabilità degli amministratori nella s.r.l., in Società, 2010, 104; P. DUBINI-L. LENTINI, Azione sociale di responsabilità contro l’amministrato- re unico di s.r.l. e litisconsorzio necessario, ivi, 2007, 195; F. MAINETTI, op. cit., 941; M.G. PAO- LUCCI, op. cit., 499. Di poi, anche nella s.r.l. all’azione di minoranza del socio si assume debba conseguire la partecipazione al giudizio, quale litisconsorte necessario, della società (v., M. MOZ- ZARELLI, La legittimazione ad agire, in S.r.l. Commentario, a cura di A.A. Dolmetta-G. Presti, cit., 646; M.G. PAOLUCCI, op. cit., 500; Trib. Roma 10 ottobre 2008, in Riv. dir. comm., 2009, II, 1; Trib. Roma 22 maggio 2007, in Foro it., 2008, I, 307; Trib. Milano 21 dicembre 2005, in Società, 2007, 193; Trib. Piacenza 23 agosto 2004, in Corr. merito, 2005, 25; contra, Trib. Palermo 6 aprile 2009, in Dir. fall., 2010, II, 257). Anche in questo caso, ci si trova di fronte ad una ipotesi di sostituzione processuale non surrogatoria – v., S. GROSSI, L’azione di responsabilità ex art.2476, comma 3 c.c.: in claris non fit interpretatio, in Società, 2009, 1296; G. MOLLO, Le responsabilità per danni nella srl, in Giur.  comm., 2008, I, 814; A. LOLLI, Azione sociale di responsabilità e re- voca dell’amministratore nella s.r.l. del dopo riforma, in Società, 2006, 739; v. F. PASQUARIELLO, Sub art. 2476, in A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, vol. III, Padova, 2005, 1984; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1071; M. AIELLO, op. cit., 247; S. AMBROSINI, La responsabilità degli amministratori nella nuova s.r.l., cit., 295; A. SILVE- STRINI, Responsabilità degli amministratori nella s.p.a. e nella s.r.l. dopo la riforma societaria, cit., 695; M. MOZZARELLI, La legittimazione ad agire, cit., 644; S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 292; Trib. Napoli 17 settembre 2008, in Società, 2009, 1289. Altri come G. OPPO, L’azione «sociale» di responsabilità pro- mossa dalla minoranza nelle società quotate, in Riv. dir. civ., 1998, II, 408, la definisce una sorta di gestione d’affari processuale; in termini simili, anche S. SERAFINI, L’azione sociale di responsabilità e la responsabilità verso i creditori, Milano, 2013, 880; contra, invece, L. SALVATO, Profili della disciplina della responsabilità degli amministratori della s.r.l., cit., 713, il quale esclude il litisconsorzio necessario sul presupposto che l’azione del socio non è surrogatoria, postulazione con- divisibile ma che trascura che il fenomeno  della sostituzione processuale è più ampio di quello della azione surrogatoria in senso stretto (così,  giustamente, G. ZANARONE, Della società a responsabilità  limitata, cit., 1070). Le differenze rispetto all’azione dei soci di minoranza di s.p.a. si intravvedono  nelle regole formali, nel senso che non sembra necessaria la nomina di un rap- presentante comune nel caso siano più di uno i soci-attori (fermo restando che i gruppi dei soci possono così orientarsi, v., F. PASQUARIELLO, op. cit., 1982), come pure le regole sulla notificazione non debbono essere rispettate; sulla inutilità della catalogazione  fra le legittimazioni sostitutive, v., R. TETI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., cit., 649. 
[13] 
M. SANDULLI, Azione di responsabilità e di revoca verso gli amministratori di s.r.l., in Società, 2005, 484; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1097; M. AIELLO, op. cit., 299. Il creditore  della società, nel caso di inerzia della stessa, può agire in giudizio  nei confronti del debitore  della società anche quando  si tratti di crediti di natura risarcitoria, purché si abbia consapevolezza che chi agisce in giudizio difende un interesse proprio  ma un diritto altrui, con la conseguenza che quel diritto esiste se esiste in capo alla società, con tutti gli ovvi riflessi sul regime delle eccezioni;  il creditore che agisce in surrogatoria è esposto alle eccezioni  che l’amministratore avrebbe potuto sollevare davanti ad un’azione proposta dalla società.
[14] 
L. ABETE, L’articolo 2476 c.c., cit., 659; L. SALVATO, Profili della disciplina della responsabilità degli amministratori della s.r.l., cit., 714; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1096; A. SILVESTRINI, Responsabilità degli amministratori nella s.p.a. e nella s.r.l. dopo la riforma societaria, cit., 697.
[15] 
M. SANDULLI, Azione di responsabilità e di revoca verso gli amministratori di s.r.l., cit., 484. 
[16] 
G.B. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 2014, 432.
[17] 
In questo senso v. già F. BRIOLINI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., in Riv. dir. comm., 2008, I, 795; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutele dei creditori nella s.r.l., cit., 117; M. AIELLO, op. cit., 301. 
[18] 
N. ABRIANI, Sub art. 2476 c.c., in P. BENAZZO-S. PATRIARCA (a cura di), Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 378; O. CAGNASSO, Sub art. 2476 c.c., in G. COTTINO-G. BONFANTE- O. CAGNASSO-P. MONTALENTI (diretto da), op. cit., 1890; F. BRIOLINI, op. cit., 795.
[19] 
M. AIELLO, op. cit., 315.
[20] 
In luogo di altri, P. BENAZZO, L’organizzazionenella nuova s.r.l. fra modelli legali e statutari, in Società, 2003, 1073; L. PANZANI, L’azione di responsabilità ed il coinvolgimento del gruppo di imprese dopo la riforma, ivi, 2002, 1483; S. AMBROSINI,  La responsabilità degli amministratori nella nuova s.r.l., cit., 301; O. CAGNASSO, La società a responsabilità  limitata, cit., 266; R. BER- NABEI, Profili processuali delle azioni di responsabilità,  in Società, 2005, 226; F. BRIOLINI, op. cit.,
795; G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1095. G.B. PORTALE, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del diritto nazionale, in Società, 2003, 261, reputa ingiustificata la mancata previsione.
[21] 
O. CAGNASSO, Azione di responsabilità e s.r.l.:  a legittimazione (anch’essa) limitata?, in Giur. it., 2006, 2098, insiste nell’escludere  che il modello  da importare sia quello delle società a base personale.
[22] 
Il diverso assetto normativo fra i due modelli capitalistici viene da lontano, v., G. ZANARONE, S.r.l. contro s.p.a. nella legislazione recente, in Giur. comm., 1995, I, 391. 
[23] 
M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 7. 
[24] 
La letteratura sul punto è vastissima; per un ampio quadro bibliografico in merito alla emancipazione della s.r.l. dalla s.p.a., v., M. AIELLO, op. cit., 1 ss.
[25] 
Trib. Torino 8 giugno 2011, in Giur.  it., 2012, 332. È, però, abbastanza diffusa la tesi per la quale ci si trova al cospettodi una svista del legislatore (v., G. ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., 1098; Trib. Napoli 11 gennaio 2011, in Società, 2011, 510) e che tale sia lo dimostrerebbe il fatto che, altrimenti, sarebbe incostituzionale la disciplina che non prevedesse l’azione dei creditori sociali e ciò sulla base di una duplice censura: il vizio del decreto delegato rispetto ad una legge delega silente sul punto; la violazione del principio di eguaglianza sostanziale; sostengono  trattarsi di una lacuna, R. RIVARO,  La società a r.l. e l’azione dei creditori sociali, in Giur. it., 2008, 512; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 156; S. AMBROSINI,  Sub art. 2476, cit., 1607; Trib. Milano 18 gennaio 2011, in Riv. dir. comm., 2012, II, 135; Trib. Udine 11 febbraio 2005, in Dir. fall., 2005, II, 808; per la altrimenti conclamata incostituzionalità, Trib. Vicenza 26 luglio 2010, in Società, 2010, 1399.
[26] 
R. MANGANO, La responsabilità degli amministratori di s.r.l. Dalla diligenza del mandatario alla ragionevolezza delle scelte gestionali, Milano, 2011, 97; E. SPANO, Prime riflessioni sulla nuova s.r.l., in Società, 2003, 1185.
[27] 
F. PASQUARIELLO, op. cit., 1994; C. ANGELICI, op. cit., 1223.
[28] 
B. LIBONATI, Creditori sociali e responsabilità degli amministratori delle società di capitali, in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, cit., 630. 
[29] 
S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 287.
[30] 
F. RAFFAELE, Ubi noluit, tacuit? Non, illìus oblitus est! – Conferme in tema di applicabilità analogica dell’art. 2394 c.c. al caso di responsabilità degli amministratori verso i creditori di srl, in Riv.  dir. comm., 2012, II, 138; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 159. Sulla autonomia di disciplina v., Trib. Verona 9 marzo 2007, in Giur. comm., 2008, II, 1032 
[31] 
Si pensi alla postergazione dei finanziamenti dei soci (art. 2467 c.c.) che avvantaggia i creditori, oppure alla circostanza che la tutela della società sia affidata a ciascun creditore, oppure al fatto che la responsabilità si estenda anche ai soci a certe condizioni.  Fra i tanti, v. S. SERAFINI, L’azione sociale di responsabilità e la responsabilità verso i creditori, in Riv.  dir. comm., 2011, I, 898.
[32] 
Su questa ipotesi v., F. RAFFAELE, op. cit., 143; F. BRIZZI, Responsabilità gestorie in prossimità dello stato di insolvenza e tutela dei creditori, in Riv. dir. comm., 2008, I, 1108.
[33] 
F. RAFFAELE, op. cit., 144; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 16.
[34] 
G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, in Trattato delle società a responsabilità limitata, diretto da C. Ibba-G. Marasà, cit., 392.
[35] 
G.B. PORTALE, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del diritto nazionale, in  Corr. giur., 2003, 147; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 20; F. BRIOLINI, op. cit., 795; M. AIELLO, op. cit., 164.
[36] 
G. RACUGNO, La tutela dei creditori nella s.r.l. dieci anni dopo la riforma del diritto societario, in Riv. dir. soc., 2016, 397. Pare condivisibile la lettura di M. AIELLO, op. cit., 166, ad avviso del quale è escluso che i soci nella loro autonomia statutaria possano decidere di smorzare la qualità della diligenza professionale stabilendo uno standard  inferiore a quello espresso nell’art. 2392 c.c.
[37] 
G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, cit., 399.
[38] 
G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, cit., 401; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 85 ss. 
[39] 
Sulla praticabilità di queste soluzioni alternative ma sulla loro complessive inefficienza v., F. RAFFAELE, op. cit., 146, ad avviso del quale nell’azione surrogatoria, oltre al rischio che la società rinunci all’azione così disinnescandola, vi è un disincentivo al suo esercizio per il fatto che il creditore che agisce non ottiene un risultato diretto ma mediato (l’incremento del patrimonio sociale) e che dovrà condividere con gli altri creditori.
[40] 
Per l’applicazione analogica, in luogo di molti, v. P. PISCITELLO, La responsabilità  degli amministratori di società di capitali tra discrezionalità del giudice e business judgement rule, in Riv. soc., 2012, 1182; E. CIVERRA, Esiste ancora l’azione dei creditori sociali di una s.r.l., in Società, 2011, 519; M. RESCIGNO, Rapporti e interferenze fra riforma societaria e fallimentare, in A. JORIO (diretto da)-M. FABIANI (coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare,  Bologna, 2007, 2125; O. CAGNASSO-M. IRRERA, Il fallimento delle società, Milanofiori-Assago, 2007, 94; N. SALANITRO, Profili sistematici della società a responsabilità  limitata, Milano, 2005, 31; C.F. GIAMPAOLINO, Pri- me riflessioni sull’art. 146 l.f. e l’azione di responsabilità dei creditori nella società a responsabilità limitata, in F. DI MARZIO (a cura di), Il nuovo diritto della crisi d’impresa, Torino, 2006, 540; F. IOZZO, Le azioni di responsabilità nella s.r.l. tra vecchia  e nuova disciplina, in Giur.  comm., 2005, II, 61; M. AIELLO, op. cit., 44; G. CAVALLI, Le azioni di responsabilità,  in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B. Sassani, vol. I, Milano, 2014, 289; F. BRIOLINI, op. cit., 796; M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 180; M.G. PAOLUCCI, op. cit., 515; G. ZANARONE, Della società a responsabilità  limitata, cit., 1099; R. TETI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., cit., 662; P. BENAZZO, L’organizzazione nella nuova s.r.l. tra modelli legali e statutari, cit., 1073.
[41] 
Così, invece, M. AIELLO, op. cit., 333. 
[42] 
Corte cost. 14 dicembre 2005, n. 481, in Giur.  comm., 2006, II, 798; in dottrina, A. TINTI- SONA, Controllo giudiziario e nuova s.r.l., ibidem, 821; dibattito alimentato dall’ulteriore ordinanza di rimessione pronunciata da Trib. Tivoli 29 marzo 2012, in Dir. fall., 2013, II, 137 (per vero ritenuta inammissibile da Corte cost. 7 maggio 2014, n. 116, in Gazzetta  ufficiale, 1a Serie Speciale n. 21 del 14 maggio 2014). 
[43] 
Per questa compiuta rappresentazione v. G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, cit., 407; M. AIELLO, op. cit., 324. 
[44] 
S. AMBROSINI, Sub art. 2476, cit., 1605; R. BERNABEI, op. cit., 226.
 
[45] 
R. RORDORF, I sistemi di amministrazione e di controllo nella nuova s.r.l., in Società, 2003,665, rileva che il modello della s.r.l. subisce una evidente trazione verso quello delle società per- sonali ed esprime, comunque,  una valorizzazione di interessi privatistici (cioè quelli dei soci), con un accantonamento (ma non un oblio) degli interessi di altri soggetti, quali i creditori,  coinvolti nell’intrapresa economica. Non è trascurabile che l’art. 3 della legge delega 366/2001 invitasse il legislatore delegato a tenere tendenzialmente distinti il modello azionario dal modello della s.r.l. Non a caso P. BENAZZO, La «nuova» srl tra rivoluzione e continuità: il ruolo degli interpreti, in Riv.  soc., 2006, 653, pone in evidenza come in concreto il modello della s.r.l. riformato non si distacchi così tanto da quello superato a dispetto dell’enfasi data alla “rivoluzione” della società a responsabilità limitata.
[46] 
D. GIORDANO, Profili tipologici della nuova s.r.l., in Riv.  dir. comm., 2005, I, 1105. Sulla variabilità dei modelli, v., A.A. DOLMETTA, Sul “tipo” S.r.l., cit., 21. 
[47] 
Sulla necessaria cautela nell’uso dell’analogia v., P. BENAZZO, La «nuova» srl tra rivoluzione e continuità: il ruolo degli interpreti, cit., 662, il quale sottolinea che le molteplici lacune con- tenute nella disciplina della s.r.l. andrebbero riempite prima guardando all’intero sistema di regole di questo modello societario e solo in caso di insuccesso, si dovrebbe sbirciare verso l’esterno e, quindi, anche verso le regole della s.p.a.
[48] 
Non mi pare, quindi, condivisibile l’osservazione di M AIELLO, op. cit., 11, ad avviso del quale, posto che la s.r.l. fa da cerniera fra s.p.a. e società personali sarebbe il campo di elezione del ragionamento analogico; proprio la varietà dei modelli induce ad essere, al contrario, molto cauti.
[49] 
Così F. IOZZO, Le azioni di responsabilità nella s.r.l. tra vecchia e nuova disciplina, cit., 61. 
[50] 
E. CIVERRA, op. cit., 518. Sulla neutralità del rinvio a tale norma, v., M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 171, ad avviso del quale si potrebbe, persino, ribaltare la prospettiva ed assumere una opposta conclusione sul significato dell’art. 2486 c.c. se rapportato all’art. 2394 c.c.
[51] 
S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 300; M. AIELLO, op. cit., 306, rileva esattamente che le regole in tema di responsabilità in situazione di scioglimento possono  essere utili a colmare la tutela dei creditori ma non sono decisive, in quanto resterebbero prive di tutela le lesioni subite dal patrimonio sociale per condotte  antecedenti al verificarsi della causa di scioglimento e di essa causative.
[52] 
M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit.,182.
[53] 
La fragilità di questi argomenti è colta da G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, cit., 408, la quale rileva che la presenza di regole espresse di responsabilità verso i creditori sociali solo in talune situazioni potrebbe confermare che la regola principale è quella opposta e cioè l’assenza dell’azione diretta. Secondo tale Autrice, nell’ambito del gruppo la responsabilità diretta verso i creditori sociali è giustificabile per la maggiore ampiezza degli obblighi  derivanti dalla conservazione della separatezza patrimoniale, obbligo funzionale alla tutela dei creditori delle diverse masse.
[54] 
Disposizione valorizzata, invece, da Trib. Milano 18 gennaio 2011, cit., 135.
[55] 
Si può pienamente condividere la postulazione di partenza di M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 189, secondo  la quale la responsabilità della capogruppo  presuppone la responsabilità degli amministratori della stessa (ma non la responsabilità degli amministratori della controllata) e tuttavia non pare che se ne possa far derivare la prova della necessità di applicare l’art. 2394 c.c. alla s.r.l. extra gruppo. Chi agisce verso la capogruppo  (costituita come s.r.l.) ed i suoi amministratori non sono i creditori  della holding, ma i creditori della controllata ed allora il bene tutelato è sì la conservazione  del patrimonio sociale [della controllata] ma chi vi è tenuto è l’amministratore della controllante,  talché questa disposizione non può assumere il valore di norma dimostrativa della essenzialità della responsabilità verso i creditori sociali. Potrebbe apparire paradossale (cfr., R. TETI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., cit., 664; ma nel senso del testo G. SCOGNAMIGLIO, La nuova s.r.l. e i gruppi di società, in M. CIAN (a cura di), Le grandi opzioni della riforma del diritto e del processo societario, Padova, 2004, 336) che i creditori sociali di una s.r.l. controllata da altra s.r.l. possano  disporre dell’azione diretta verso gli amministratori della capogruppo e non della s.r.l. da loro direttamente finanziata (nonostante anche costoro  siano responsabili, vista la vincolatività dell’ingerenza),  ma se si guarda al titolo della responsabilità (la direzione abusiva) questa bizzarria lascia il campo ad una ragionevolezza, pur certo discutibile. Lo stesso Autore, cit., 213 (M. MOZZARELLI., La legittimazione del curatore all’esercizio delle azioni di responsabilità contro gli amministratori nella srl fallita, cit., 504), riconosce che la valutazione del metro di condotta dell’amministratore della capogruppo è, o deve essere, diverso da quello dell’amministratore della società monade. Ciò spiega per quale ragione gli amministratori della controllata non risponderebbero verso i creditori della stessa; il titolo della responsabilità, infatti, è diverso, posto che la loro responsabilità non attiene alla eterodirezione.  Anzi, proprio il dedotto interesse di gruppo giustifica che i creditori sociali abbiano azione diretta rispetto alla capogruppo  ed ai suoi  amministratori in quanto  la (da loro) supposta lesione del patrimonio dipende  da fatti che non attengono alla gestione della società monade. Si è, tuttavia, replicato che se i creditori non potessero colpire  direttamente gli amministratori della controllata avendo, invece, azione contro la capogruppo,  il sistema sarebbe inefficiente in quanto la capogruppo  avrebbe  interesse a che le decisioni  che coinvolgono la controllata  venissero prese dagli organi della stessa, senza alcuna direttiva da coordinamento, così da garantirsi una impunità. Il rilievo è suggestivo ma superabile  perché  si tratta di una responsabilità supplementare e addizionale che coinvolgendo interessi assai più compositi  (l’interesse di gruppo),  giustifica un ampliamento della catena delle responsabilità; responsabilità che si relazionano ad un potere (della capogruppo)  il cui esercizio, per essere giustificabile, presuppone la selezione di un interesse economico  più esteso. In sostanza, se la capogruppo  non esercitasse l’attività di direzione e coordinamento,  riversando le decisioni sulle società controllate, la conseguenza sarebbe quella dell’evaporazione  sostanziale del gruppo  con tutti i riflessi sulle “economia compensative”. Non pare, dunque, che la presunta impunità (presunta perché il rimedio ex art. 2043 c.c. è di certo eleggibile) degli amministratori della controllata s.r.l. possa modificare il rapporto di gruppo. Pe simili valutazioni sulla diversa tipologia di responsabilità v., S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 299.
[56] 
F. GUERRERA, Autoregolamentazionee organizzazione del gruppo di società, in Riv. dir. comm., 2012, I, 623; U. TOMBARI, Riforma del diritto societario e gruppo di imprese, in Giur.  comm., 2004, I, 74; sulla difficoltà di identificare il concetto di interesse di gruppo e cioè se rapportato a  più unità o alla sola capogruppo,  v., M. BUSSOLETTI, Sulla «irresponsabilità»  da direzione unitaria abusiva e su altre questioni aperte in tema di responsabilità ex art. 2497 c.c., in Riv. dir. comm., 2013, I, 402; S. GIOVANNINI, La responsabilità per attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, Milano, 2007, 152 (in relazione alla teoria del gruppo come collegamento negoziale); V. CARIELLO, La «compensazione» dei danni con i benefici da attività di direzione e coordinamento, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, II, 386 (il quale propende per la prima ipotesi).
[57] 
R. SACCHI, Sulla responsabilità da direzione e coordinamento nella riforma delle società di capitali, in Giur. comm., 2003, I, 663.
[58] 
Non si può, dunque, trarre proficui elementi di convincimento dal confronto col diritto dei gruppi perché è un diritto che, a più riprese, si allontana dal diritto della società-monade, v, D. LATELLA, L’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza, cit., 176. 
[59] 
S. ROSSI, Deformalizzazione delle funzioni gestorie e perimetro della responsabilità da gestione nella s.r.l., in Giur.  comm., 2004, I, 1075; S. AMBROSINI,  La responsabilità degli amministratori nella nuova s.r.l., cit., 301; M. AIELLO, op. cit., 319.
[60] 
P.P. FERRARO, Sulla responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata nei confronti dei creditori sociali, in Dir. fall., 2011, II, 119; S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 305.
[61] 
E. CIVERRA, op. cit., 518.
[62] 
M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 175; S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 301.
[63] 
Opportunamente C.F. GIAMPAOLINO, Fallimento e responsabilità gestoria, cit., 98, rileva che nel contrasto fra l’art. 2476 e l’art. 2477 c.c., per logica dovrebbe essere il primo a prevalere e non il secondo, con la conseguenza che se non c’è azione verso gli amministratori, neppure c’è verso i sindaci. Nessuna rilevanza può desumersi dalla previsione di cui all’art. 2476, comma 7, c.c. nella parte in cui si prevede la responsabilità accessoria dei soci; va, infatti, considerato che tale disposizione evoca la responsabilità nei confronti della società, dei soci e dei terzi, una formula che rimanda ad una legittimazione ben diversa da quella che si vorrebbe assegnare ai creditori.  Anzi, la coerenza interna dell’art. 2476 c.c. dimostra, proprio, che le azioni non competono ai creditori sociali, nei confronti dei quali – per le s.r.l. – non si stabilisce alcuna forma di garanzia patrimoniale addizionale: né verso gli amministratori, né verso i soci.
[64] 
Cass. 13 gennaio 2010, n. 403, in Giur. comm., 2011, II, 500.
[65] 
V., la similare indagine di M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 118 ss. 
[66] 
M. RESCIGNO, Il problema dell’azione dei creditori, in S.r.l. Commentario, a cura di A.A. Dolmetta-G.  Presti, cit., 707; A. AUDINO, Sub art. 2394, in A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, vol. I, cit., 845.
[67] 
G. SCOGNAMIGLIO, La responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali, cit., 415.
[68] 
Pare, da questo punto di vista, perfettamente condivisibile l’osservazione di M. MOZZA- RELLI, Responsabilità  degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 127, là dove si rileva che non ha senso applicare l’art. 2043 c.c. in luogo dell’art. 2394 c.c. se questa disposizione è considerata espressione di una tutela da illecito extracontrattuale. Ma, si osserva, anche se si configura l’illecito come concorso dell’amministratore nell’inadempimento dell’obbligato  principale (la società) non si perseguono  migliori risultati, col rischio di eccedere  nella tutela del credito quando si consideri che l’azione ex art. 2043 c.c. non imporrebbe la previa dimostrazione dell’insufficienza patrimoniale del terzo.
[69] 
Quella di M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutela dei creditori nella s.r.l., cit., 120 ss.
[70] 
Ad esempio, quando si discute della sostituibilità dell’azione diretta con quella surrogatoria, si pone in evidenza che in questa è necessario il presupposto dell’inerzia della società; un presupposto facilmente superabile dalla società che rinunciando all’azione (o transigendola) mostrerebbe di non essere inerte. 
[71] 
G. DOMENICHINII,  Sub art. 2409, in Società di capitali, in G. NICCOLINI-A. STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), op. cit., 782.
[72] 
Sulla visione pubblicistica del procedimento, v., A. PRINCIPE, Il controllo giudiziario nel go- verno societario, Milano, 2008, 74; M.F. GHIRGA, Il procedimento per irregolarità della gestione sociale, Padova, 1994, 82. G. TERRANOVA, Controllo giudiziario e tutela delle minoranze nella società per azioni, in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, cit., 122, rileva che i profili pubblicistici non sono stati irreversibilmente espunti, ma il rinvio contenuto alla nozione di “danno”, lascia intendere una netta preferenza per ricondurre  lo strumento alla tutela dei rapporti intrasocietari; F. BORTOLUZZI, Il controllo giudiziario sulla gestione: l’iniziativa dei soci e la perdita della titolarità  della quota minima nel corso del procedimento, in Giur. comm., 2010, I, 99. Per S. AMBROSINI, L’amministrazione e i controlli nella società per azioni, ivi, 2003, I, 310, il venir meno della legittimazione del p.m. e la richiesta del requisito del danno spostano decisivamente l’asse del procedimento  verso la protezione  di interessi endosocietari; così anche M. CERA, I controlli nelle società chiuse fra modelli legali ed evoluzioni della realtà, ivi, 2006, I, 375; G.C.M. RIVOLTA, Il controllo giudiziario sulla gestione nel nuovo diritto delle società, ivi, 2005, I, 750; M. BUSSOLETTI, Il procedimento ex art. 2409 c.c., in Riv. soc., 2003, 1216; R. TETI, Il controllo giudiziario, in AA.VV., Amministrazione  e controllo nel diritto delle società, Liber amicorum Antonio Piras, Torino, 2010, 555. Eppure, Corte cost. 29 dicembre 2005, n. 481, in Giur.  comm., 2006, II, 798 (poi recepita da Cass. 13 gennaio 2010, n. 403, in Foro it., 2010, I, 3113), ha giudicato infondate le questioni di legittimità costituzionale degli art. 2409, commi  1 e 7, 2477, comma 4, e 2476, comma 3, c.c., nella parte in cui escludono  l’ammissibilità del ricorso alla procedura  del controllo  giudiziario sulla gestione nella società a responsabilità limitata, in riferimento all’art. 76 Cost., nonché del combinato  disposto degli artt. 2409, 2476, comma 3, e 2477, comma 4, c.c., nella parte in cui, in caso di gravi irregolarità degli amministratori, prevedono che solo il collegio sindacale, e non anche i soci della società a responsabilità limitata, possa invoca- re il controllo  giudiziario ai sensi dell’art. 2409 c.c., in riferimento  agli artt. 3 e 76 Cost.; per la necessità di una diversa interpretazione costituzionalizzatrice v., M. SPIOTTA, Luci e ombre sul fallimento della società e dei soci, in A. JORIO-M. FABIANI (diretto da), Il nuovo diritto fallimentare, (novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riforma), Bologna, 2010, 850; E. RIMINI, L’art. 2409 c.c. e le s.r.l. dopo l’intervento della Consulta, in Giur.  comm., 2006, II, 809; S. AMBROSINI, Il problema del controllo giudiziario nella s.r.l. tra tentazioni ‹‹correttrici››  degli interpreti e dubbi di incostituzionalità,  in Giur. comm., 2005, I, 375. Diversamente e condivisibilmente. P. BENAZZO, La «nuova» srl tra rivoluzione  e continuità: il ruolo degli interpreti,  cit., 661, segnala che la decisione della Consulta appare come  un monito  agli interpreti a guardare alla s.r.l. senza restare prigionieri del passato. Il D.Lgs. 14/2019, ha ripristinato la regole previgente al 2003, reintroducendo il controllo  giudiziario nelle s.r.l., comprese quelle per le quali non è superata la soglia che impone la costituzione di un organo di controllo  (v., art. 379 CCII).
[73] 
S. AMBROSINI, Sub art. 2476, cit., 1609.
[74] 
A. CETRA, L’impresa collettiva non societaria, Torino, 2004, 385, reputa che i minori costi della s.r.l. finirebbero  per essere assorbiti dai maggiori costi assunti per regolare in via convenzionale (sotto forma di garanzie) ciò che la disciplina delle s.r.l. non prevede. Ora, senza pervenire alla più drastica conclusione  di F. TASSINARI, Nuova s.r.l., competenza per la gestione del- l’impresa e autonomia  statutaria, in Dir. fall., 2004, I, 564, il quale ritiene che gli amministratori si vengano a collocare  in una posizione  subalterna a quella dei soci, pare incongruo  postulare che l’azione dei creditori sociali non “valga” l’azione verso i soci; la s.r.l. ha una sua disciplina nella quale è prevista, sebbene con precisi distinguo, un’azione di responsabilità contro i soci; ora se si ammette che esiste una responsabilità di costoro in via solidale con gli amministratori, si afferma un principio che può essere esportato anche rispetto alle pretese dei creditori,  il che comporta che i creditori della società se agiscono contro gli amministratori (nei limiti indicati nel testo), possono  agire anche contro  i soci. Una tutela meno efficace? Per predicare questa teoria occorrerebbe  dimostrarlo e non sembra che allo stato esistano studi scientifici sull’impiego della s.r.l. a conferma della tesi.
[75] 
G.B. PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Riv.  soc., 1991, 3; sulla rilevanza del profilo  della capitalizzazione delle società proprio  in relazione alle azioni di responsabilità e alla crisi v., A. MUNARI, Impresa e capitale sociale nel nuovo diritto della crisi, Torino, 2012, 106; L. GUGLIELMUCCI, Governo della società a responsabilità limitata e tutela dei creditori, in Dir. fall., 2009, I, 198; P. BENAZZO, La «nuova» srl tra rivoluzione e continuità: il ruolo degli interpreti, cit., 658; AA.VV., Diritto fallimentare. Manuale  breve, Milano, 2007, 17.
[76] 
Così, testualmente, M. SPIOTTA, Luci e ombre sul fallimento della società e dei soci, cit., 851; sulla opportunità  di un approccio più semplice e più empirico, v. M. MARTINO, La responsabilità degli amministratori,  in L. BALESTRA  (a cura di), Le azioni di responsabilità  nelle procedure concorsuali, Milano, 2016, 44.
[77] 
Ancora di recente sul tipo societario s.r.l. e sulla sua variegata conformazione distonica rispetto alla s.p.a. v., L. DE ANGELIS, La s.r.l. cent’anni dopo: una società a la carte, in Società, 2018, 684.
[78] 
M. AIELLO, op. cit., 31; R. RORDORF, L’azione di responsabilità nel fallimento della s.r.l., cit., 206; in termini simili anche F. RAFFAELE, op. cit., 149. Il dato normativo è inequivoco e tuttavia merita segnalare che questa postulazione non è del tutto veritiera, posto che in tanti casi la legge stabilisce che la forma della società sia quella della s.p.a. (si pensi, ad esempio, alle società calcistiche, per non parlare ovviamente di quelle che esercitano attività finanziaria o assicurativa).
[79] 
F. PASQUARIELLO, op. cit., 1973. Ma per una diversa lettura, C. ANGELICI, op. cit., 1229.
[80] 
M. AIELLO, op. cit., 98, rileva che tutto l’art. 2476 c.c. è pervaso dall’interesse per la posizione del quotista, sia con l’affermazione di suoi diritti – i diritti di informazione (v., G. PRESTI, Il diritto di controllo dei soci non amministratori, in S.r.l. Commentario, a cura di A.A. Dolmetta- G. Presti, cit., 650; R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l., Milano, 2007, 61 ss.; G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa- G.B. Portale, cit., 585; R. TETI, La responsabilità degli amministratori di s.r.l., cit., 644; M.G. PAOLUCCI, op. cit., 491) – sia con l’affermazione delle sue responsabilità, quelle che derivano dall’aver concorso alle determinazioni pregiudizievoli direttamente ascrivibili agli amministratori.
[81] 
La stessa previsione che sia possibile promuovere l’azione di responsabilità anche contro i soci per la loro compartecipazione agli atti di mala gestio degli amministratori eleva la protezione dei creditori (v., M. AIELLO, op. cit., 237), ma non è motivo da solo sufficiente per concludere che costoro non hanno azione diretta.
[82] 
M. AIELLO, op. cit., 105, nega che i creditori sociali possano dirsi protetti per effetto dell’azione del socio in quanto l’interesse particolaristico del socio il più delle volte non coincide con l’interesse sociale e con quello dei creditori. Una postulazione questa indubbia ma non coerente con il dettato normativo. L’azione promossa dal socio di cui si discute è l’azione sociale, non l’azione individuale (tanto per intendersi quella di cui all’art. 2395 c.c.).
[83] 
Così, invece, M. AIELLO, op. cit., 106, 303.
[84] 
Tale la ritiene P. BENAZZO, L’organizzazione nella nuova s.r.l. fra modelli legali e statutari, cit., 1074; contra, però, F. PASQUARIELLO, op. cit., 1994.
[85] 
Mi pare che questo aspetto sia colto da M. AIELLO, op. cit., 315, che peraltro reputa applicabile l’analogia alla s.r.l. della regola fissata nell’art. 2394 c.c.
[86] 
Per una ulteriore giustificazione fondata sull’interesse imprenditoriale dei soci v., S. SERAFINI, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, cit., 196.
[87] 
In termini simili, L. ABETE, L’articolo 2476 c.c., cit., 658; G. MOLLO, op. cit., 810.
[88] 
F. BRIZZI, Doveri degli amministratori e tutela dei creditori nel diritto societario della crisi, Torino, 2015, 175; A.M. LUCIANO, La gestione della s.p.a. nella crisi pre-concorsuale, Milano, 2016, 69; F. NIEDDU ARRICA, I principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale nella prospettiva della tutela dei creditori, Torino, 2016, 39.
[89] 
Molti sono anche gli Autori che predicano l’autosufficienza dell’art. 2476 c.c. rispetto ai creditori: F. COSSU, Azioni di responsabilità e provvedimenti cautelari nelle società a responsabilità limitata dichiarate insolventi, in F. FIMMANÒ (a cura di), Diritto delle imprese in crisi e tutela cautelare, Milano, 2012, 462; P. L. PELLEGRINO, Le imprese collettive, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da U. Apice, vol. II, Torino, 2010, 762; F. PARRELLA, Sub art. 2476, in M. SANDULLI-V. SANTORO (diretto da), La riforma delle società, Torino, 2003, 127; C. PROTO, Le azioni di responsabilità contro gli amministratori nel fallimento della società a responsabilità limitata, in Fall., 2003, 1144; V. BUONOCORE, La società a responsabilità limitata, in V. BUONOCORE (a cura di), La riforma del diritto societario, Torino, 2003, 165; S. DI AMATO, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina della società a responsabilità limitata, cit., 298; C. ANGELICI, op. cit., 1236; P.P. FERRARO, Sulla responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata nei confronti dei creditori sociali, cit., 120; App. Napoli 7 luglio 2008, in Riv. dir. comm., 2010, II, 1.
[90] 
Ed il contenitore potrebbe essere l’azione ex art. 2395 c.c., v. S. SERAFINI, L’azione sociale di responsabilità e la responsabilità verso i creditori, cit., 901.
[91] 
Così, invece, S. AMBROSINI, Sub art. 2476, cit., 1606.
[92] 
Sull’apprezzabilità dell’intervento chiarificatore v., S. SANZO-D. BURRONI, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, 344; G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019, 240.
[93] 
N. ABRIANI-A. ROSSI, Nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 404.
[94] 
Sul tema ci si permette di rinviare a M. FABIANI, L’azione di responsabilità dei creditori sociali e le altre azioni sostitutive, Milano, 2015, 87 ss.
[95] 
L. JEANTET-P. VALLINO, La responsabilità degli amministratori: guardare al passato, pensare al futuro e interpretare il presente, in www.ilfallimentarista.it, 11; F. DIMUNDO, Le azioni di responsabilità esperibili dagli organi delle procedure concorsuali: il regime attuale e la nuova disciplina introdotta dal codice della crisi e dell’insolvenza, in www.ilcaso.it, 11; A. BARTALENA, Le azioni di responsabilità nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fall., 2019, 302; L. ABETE, La “bozza Rordorf”: l’impatto delle innovazioni prefigurate in ambito societario, in Fall., 2016, 1133.
[96] 
M. AIELLO, op. cit., 92; M. FRANZONI, Società per azioni. Dell’amministrazione e del controllo, cit., 500; F. M. MUCCIARELLI, L’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di società quotate, in Giur. comm., 2000, I, 61; P.G. JAEGER, La responsabilità degli amministra- tori e dei sindaci nelle procedure concorsuali: una valutazione critica, in Giur. comm., 1988, I, 548. Più raramente tali azioni vengono promosse dalla stessa maggioranza che ha designato l’organo amministrativo quando le violazioni perpetrate sono di una tale gravità che l’interesse alla conservazione del valore sopravanza l’interesse alla prosecuzione dell’intrapresa commerciale. 
[97] 
Il tema del ruolo centrale dell’assemblea potrebbe modificare anche le classiche impostazioni in tema di titolarità del diritto leso dalla mala gestio degli amministratori; esiste, infatti una (recente) lettura che vuole che i soggetti danneggiati siano nella sostanza i soci e non la società, cfr., S. SERAFINI, L’azione sociale di responsabilità e la responsabilità verso i creditori, cit., 876. 
[98] 
S. AMBROSINI, La società per azioni. La responsabilità degli amministratori, cit., 668; F. CORSI, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 80; G. DOMENICHINI, Amministratori di spa e azione di responsabilità, in Società, 1993, 614; F. BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, 283. 
[99] 
D. LATELLA, L’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza, cit., 155. 
[100] 
A. BARTALENA, op. cit., 303.
[101] 
G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 257.
[102] 
A. BARTALENA, op. cit., 304. 
[103] 
G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 258.
[104] 
N. ABRIANI-A. ROSSI, op. cit., 404.
[105] 
F. DIMUNDO, Le azioni di responsabilità esperibili dagli organi delle procedure concorsuali, cit., 14; N. RASCIO, La legittimazione attiva alle azioni risarcitorie del curatore nel fallimento, in Giur. comm., 2013, I, 149.
[106] 
P. POTOTSCHING, Responsabilità degli amministratori e questioni ricorrenti alle prime luci del Codice della crisi d’impresa, in Società, 2019, 760; G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 258. 
[107] 
Si discute se l’azione del curatore sia unitaria e inscindibile (quasi un’azione ibrida, o per dirla con altri, un “centauro”) – v. G. BARTALINI, op. cit., 421; E. RICCIARDIELLO, op. cit., 312 –, oppure se risulti il cumulo dell’azione sociale e dei creditori sociali (A. SILVESTRINI, Sub art. 2394 bis, in M. SANDULLI-V. SANTORO (diretto da), op. cit., 503), con un ulteriore possibile sdoppiamento, posto che si potrebbe pensare ad una somma fra le due azioni, ma anche ad una sin- tesi fra le due azioni; se è comprensibile che per effetto del cumulo il curatore possa di volta in volta trarre vantaggio dal profilo di responsabilità che più gli “garba”, è ben vero che poi per coerenza le conseguenze sono inesorabili. Il curatore può far valere, ad esempio, la responsabilità per violazione degli obblighi che pertengono alla conservazione del patrimonio sociale per beneficiare di un più vantaggioso termine di prescrizione ma in tal caso non può pretendere a titolo di danno più di quanto serva a ristorare i creditori. Per converso il curatore può agire facendo valere la responsabilità sicuramente contrattuale verso la società ma in tal caso la prescrizione inizia a maturare con la cessazione dell’incarico e non può essere trascinata al momento di apertura della crisi. Pare allora che le letture ormai stereotipate del cumulo e della inscindibilità delle azioni trasferite al curatore o al commissario straordinario (Cass. 23 giugno 2008, n. 17033, in Fall., 2009, 565; Cass. 6 dicembre 2000, n. 15487, in Società, 2001, 591; Cass. 24 marzo 1999, n. 2772, ivi, 1999, 1065; Trib. Napoli 23 gennaio 2009, in Giur. comm., 2009, II, 1244; Trib. Ge- nova 17 marzo 2008, in Società, 2010, 246; Trib. Milano 14 novembre 2006, ivi, 2007, 864; Trib. Milano 28 novembre 2005, ibidem, 67; Trib. Napoli 4 aprile 2000, ivi, 2000, 1243; in dottrina, V. BISIGNANO, Le azioni di responsabilità esercitate dal curatore fallimentare: profili processuali e risarcitori, in Società, 2016, 615; E. CICCONI, L’azione di responsabilità contro amministratori, sindaci, liquidatori e direttori generali di società fallite, in Giust. civ., 1998, I, 523; G. COSTANTINO, op. cit., 211; M. BODELLINI, Ancora sui criteri di accertamento e di valutazione della condotta de- gli amministratori, in Giur. comm., 2011, II, 1191; G. GUIZZI, L’art. 146 L. fall. nel sistema delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di società – Un falso problema?, in Riv. dir. comm., 1999, I, 937; I. PAGNI, Revoca degli amministratori, azioni di responsabilità e tutela del credito, in C. CONSOLO-G. GUIZZI-I PAGNI (a cura di), Le società nel processo, Torino, 2012, 53), meritino di essere ampiamente rimeditate (v. opportunamente, L. SAMBUCCI, Sub art. 2394 bis, cit., 712; G. DONGIACOMO, op. cit., 887; M. FRANZONI, Società per azioni. Dell’amministra- zione e del controllo, cit., 566; E. GENNARI, op. cit., 336; G. CAVALLI, op. cit., 265, ad avviso del quale vi è contraddizione nelle decisioni della giurisprudenza e non piena consapevolezza della evanescenza della distinzione; F. SALA, Un auspicato “approdo” sull’azione di responsabilità dei creditori sociali nel concordato preventivo, in Società, 2016, 753. Innanzi tutto ciò che è trasferita al curatore è solo l’azione dei creditori sociali, posto che quella della società appartiene al patrimonio della fallita (art. 42 L. fall.) e quindi per essa unico legittimato è il curatore ai sensi dell’art. 43 L. fall., v., Cass. 22 ottobre 1998, n. 10488, cit., 1967; M. LUPOI, Le azioni di responsabilità esercitate dal curatore fallimentare. La legittimazione del curatore e la natura dell’a- zione, in L. BALESTRA (a cura di), Le azioni di responsabilità, cit., 353; D. LATELLA, La cessione delle azioni ‹‹di pertinenza della massa›› nel sistema di realizzazione concorsuale dell’attivo, in Dir. fall., 2014, I, 52; A. AUDINO, Sub art. 2394 bis, in A. MAFFEI ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, vol. I, cit., 848; S. DI AMATO, Responsabilità degli amministratori e fallimento, cit., 821; P.L. PELLEGRINO, op. cit., 750; F. DE SANTIS, Il tribunale fallimentare, in Trattato del- le procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B. Sassani, vol. I, cit., 656. Le due azioni vengono esercitate dal curatore nel medesimo processo ma restano distinte perché non sorge una azione nuova, connotata dalla mescolanza delle due azioni del Codice (in termini analoghi, v. S. CORSO, Le azioni di responsabilità nel fallimento tra «azioni della massa» e «azioni individuali», in Riv. dir. comm., 2010, I, 1061; G.M. ZAMPERETTI, Sub art. 2394-2394 bis, cit., 828; R. BERNABEI, op. cit., 224; P. L. PELLEGRINO, op. cit., 755; S. SERAFINI, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, cit., 239); sulla autonomia e diversità delle azioni esercitate dal curatore v., Trib. Lecce 9 dicembre 2011, in Società, 2012, 1173; per S. DI AMATO, Responsabilità degli amministratori e fallimento, cit., 834, la concorsualizzazione dell’azione dei creditori sociali si risolve in una sovrapposizione con l’azione della società, così da rendere tendenzialmente ininfluenti le distinzioni. Una posizione molto critica era quella di P.G. JAEGER, op. cit., 550. L’autonomia dell’a- zione ovvero la sua derivazione rileva, poi, ai fini della applicabilità (o no) dell’eventuale clausola compromissoria prevista nello statuto sociale, ma per l’esclusione dell’opponibilità della clausola al curatore v., G. DONGIACOMO, op. cit., 935, ad avviso del quale se la clausola è contenuta nello statuto della società poiché rispetto ad esso il curatore non subentra, non è immaginabile l’applicazione dell’art. 83-bis L. fall.
[108] 
F. DIMUNDO, Le azioni di responsabilità esperibili dagli organi delle procedure concorsuali, cit., 17.
[109] 
V. BISIGNANO, op. cit., 616. 
[110] 
V. BISIGNANO, op. cit., 618; Trib. Milano, 29 novembre 2003, in Giur. it., 2004, 1216; Trib. Messina 12 novembre 1999, in Fall., 2000, 1279. 
[111] 
V. BISIGNANO, op. cit., 616; L. D’ORAZIO, L’azione di responsabilità del curatore fallimentare nelle s.p.a. e nelle s.r.l.: profili sostanziali e processuali. Carattere unitario e inscindibile dell’azione ex art. 146 L. fall., in Giur. merito, 2010, 707. 
[112] 
 G. FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 258.
[113] 
Cass. 20 aprile 2017, n. 9983, in Dir. fall., 2017, 978; B. INZITARI, Il curatore è legittimato all’azione di responsabilità verso gli amministratori e la banca per abusiva concessione di credito e aggravamento del dissesto, in Dir. fall., 2017, 978; L. BALESTRA, Concessione abusiva del credito e legittimazione del curatore: sulla non facile delimitazione perimetrale, in Fall., 2017, 1158; A. NIGRO, La responsabilità delle banche nell’erogazione del credito alle imprese in «crisi», in Giur. comm., 2011, I, 305. 
[114] 
Secondo la legge fallimentare, dopo la riforma del 2006, la confermata previsione del parere del comitato dei creditori (sul punto si rinvia a G. CAVALLI, op. cit., 301), era foriera di possibile confusione emergendo la distonia fra la disposizione di cui all’art. 146 L. fall. là dove è prevista l’autorizzazione del giudice delegato previo parere (consultivo) del comitato dei creditori, e la disposizione di cui all’art. 104-ter L. fall., là dove si stabilisce che è il comitato dei credi- tori che deve approvare il programma di liquidazione, un programma che deve prevedere, anche, le azioni risarcitorie; cfr., anche, E. BERTACCHINI, Il fallimento delle società, in AA.VV., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2011, 469; G. DONGIACOMO, op. cit., 929; L. ABETE, Azione di responsabilità contro amministratori e membri di organo di controllo, cit., 1501. Sulla necessità che il programma di liquidazione debba contenere una analitica disamina delle azioni di responsabilità v., M. BERTI, La lesione nella prospettiva della società fallita e nelle valutazioni del curatore, in L. BALESTRA (a cura di), Le azioni di responsabilità, cit., 261.
[115] 
G. CAVALLI, op. cit., 302. 
[116] 
Resta così superato il dubbio se l’azione dovesse appartenere al catalogo delle azioni per le quali è fissata la competenza esclusiva del Tribunale fallimentare; per la condivisibile soluzione negativa in ordine alla applicabilità dell’art. 24 L. fall., v., G. FAUCEGLIA, Sub art. 146, in A. JORIO (diretto da)-M. FABIANI (coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, vol. II, cit., 2166. 
[117] 
P. CELENTANO, Le sezioni specializzate in materia d’impresa, in Società, 2012, 812 osserva che la disposizione presenta l’utilità di chiarire, una volta per tutte, che le azioni del curatore fallimentare non sono azioni che derivano dal fallimento (v., per la ricostruzione storica del lemma, G. CASELLI, Organi del fallimento, in Commentario Scialoja-Branca alla legge fallimentare, cit., 44), e per esse non vige, dunque, l’attrazione della vis concursus di cui all’art. 24 L. fall. F. DE SANTIS, Il tribunale fallimentare, cit., 642; R. BATTAGLIA, Le azioni di massa, Torino, 2012, 54; S. RECCHIONI, Sub art. 24, in Commentario alla riforma della legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, vol. I, cit., 497; A. NIGRO-D. VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2017, 98; I. PAGNI, Le azioni di massa e la sostituzione del curatore ai creditori, in Fall., 2007, 1037; M. FABIANI, Sub art. 24, in A. JORIO (diretto da)-M. FABIANI (coordinato da), Il nuovo diritto fallimentare, vol. I, cit., 424; G. CAVALLI, op. cit., 302; C. MONTAGNANI, Sub art. 146, in Commentario alla riforma della legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, vol. II, cit., 279; G. DONGIA- COMO, op. cit., 915; L. GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, cit., 96; contra, F.P. LUISO, Il tribunale fallimentare, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli-F.P. Luiso-E. Gabrielli, vol. II, cit., 179, ad avviso del quale tali azioni vanno radicate presso il foro fallimentare e non presso il Tribunale delle imprese. Sulle regole processuali applicabili v. M. ZOPPELLARI, Giurisdizione, competenza e rito applicabile, in L. BALESTRA (a cura di), Le azioni di responsabilità, cit., 411.
[118] 
Non pare, invece rilevante la circostanza che nella legge si parli di «azioni di responsabili- tà promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano» (così, in- vece, F. SANTAGADA, Sezioni specializzate per l’impresa, accelerazione dei processi e competitività delle imprese, in Riv. dir. proc., 2012, 1281), in quanto la disposizione deve intendersi corretta- mente riferita alla fattispecie di cui all’art. 2497 c.c.
[119] 
Cass. 24 marzo 1999, n. 2772, in Società, 1999, 1065; Cass. 2 marzo 1999, n. 1726, ibidem, 830; Trib. Roma 3 giugno 1996, ivi, 1996, 1193; E. BONAVERA, Controversie tra società e amministratori: a quale giudice la competenza?, ibidem, 1195; V. SALAFIA, La competenza nelle azioni per la responsabilità di amministratori e sindaci dopo il D.Lgs. n. 51/1998, in Società, 1998, 633; contra, Cass. 14 dicembre 1994, n. 10680, in Foro it., 1995, I, 1486, che aveva ritenuto che il rap- porto fra amministratore e società integrasse una figura di parasubordinazione tale da giustificare l’applicazione del rito delle controversie di lavoro; Cass. 7 marzo 1996, n. 1793, in Società, 1996, 797; App. Milano 29 luglio 1997, ivi, 1998, 297.
[120] 
P. CELENTANO, op. cit., 827.
[121] 
M. AIELLO, op. cit., 295.
[122] 
M. AIELLO, op. cit., 295.
[123] 
Così, invece, S. SERAFINI, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, cit., 193, che trae argomenti dal fatto che se la rinuncia non impedisce l’azione dei creditori, ciò significa che l’azione la esclude. Si tratta di un argomento che può essere rovesciato in quanto dimostra l’autonomia del diritto dei creditori rispetto al diritto della società. 
[124] 
. BOVE, Arbitrato e fallimento, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli-F.P. Luiso-E. Gabrielli, vol. III, cit., 507; G.U. TEDESCHI, Effetti giuridici preesistenti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, vol. XVI, Torino, 2011,
393; S. SICA-B. MEOLI, Effetti sui rapporti giuridici preesistenti, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore-A. Bassi, vol. II, cit., 457; S. RECCHIONI, op. cit., 552; M. FERRO, La legge fallimentare, Padova, 2014, 1129.
[125] 
Trib. Piacenza 12 febbraio 2015, in Società, 2016, 743; in senso opposto e cioè per l’esclusione della legittimazione dei creditori sociali v., App. Bologna 5 giugno 2017, in Fall., 2018, 205. 
[126] 
In senso conforme, F. SALA, op. cit., 754. 
[127] 
Non sembra, invece, che alcun problema neppure teorico si ponga per la permanenza, in capo ai soci e ai singoli creditori, per l’esercizio dell’azione di cui all’art. 2395 c.c., purché si tratti, davvero di danno diretto e non riflesso dall’insufficienza patrimoniale cagionata dalla condotta dell’amministratore, v., Cass. 22 marzo 2010, n. 6870, in Società, 2010, 1185; Cass. 5 agosto 2008, n. 21130, ivi, 2010, 69; Trib. Milano 15 luglio 2015, ivi, 2016, 306; in dottrina, D. CARMINATI, Azioni di responsabilità nei confronti di amministratori da parte dei creditori nel corso della procedura concorsuale, in Società, 2016, 311. 
[128] 
Quesito che non ha intercettato, sino ad ora, una sufficiente consapevolezza come ricordava R. RORDORF, Azione di responsabilità, concordato preventivo e amministrazione controllata, in Società, 1995, 753, secondo il quale non solo le azioni di responsabilità contro amministratori e sindaci di società in concordato sono rare, ma anzi, nel comune modo di sentire, è quasi implicito che uno dei vantaggi cui i gestori della società insolvente soprattutto mirano, allorché richiedono l’ammissione delle società alla procedura concordataria, è proprio quello di sottrarsi ai rischi di eventuali future azioni di responsabilità. Le ragioni di questa apparente stranezza sono, probabilmente, varie. Di certo vi ha contribuito la convinzione piuttosto diffusa, ma forse non molto meditata, secondo la quale vi sarebbe una qualche incompatibilità di fondo tra la logica cui la procedura concordataria s’ispira e l’ipotesi di un’azione dei creditori volta a far valere l’eventuale responsabilità degli organi della società ammessa al concordato. 
[129] 
È chiaro che se si dovesse, invece, privilegiare la soluzione della tesi della natura surrogatoria, il panorama muterebbe come posto in luce da R. RORDORF, Azione di responsabilità, con- cordato preventivo e amministrazione controllata, cit., 753. 
[130] 
In luogo di molti, v., A. PATTI, Il giudice nella crisi d’impresa: le ragioni di una presenza, in Fall., 2011, 261; S. PACCHI, La valutazione del piano del concordato preventivo, in Dir. fall., 2011, I, 95; G. CANALE, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in Giur. comm., 2011, I, 358; V. ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 148; G. JACHIA, Il concordato preventivo e la sua proposta, in G. FAUCEGLIA-L. PANZANI (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, vol. III, cit., 1584; F. SANTANGELI, Auto ed eterotutela dei creditori nelle soluzioni concordate delle crisi d’impresa (il piano di risanamento, l’accordo di ristrutturazione, il concordato preventivo) – Le tutele giudiziali dei crediti nelle procedure ante crisi, in Dir. fall., 2009, I, 616; P.F. CENSONI, Il “nuovo” concordato preventivo, in Giur. comm., 2005, I, 726; G. RACUGNO, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e transazione fiscale, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore-A. Bassi, vol. I, cit., 487; M. FABIANI, Concordato preventivo, cit., 169; S. BONFATTI-P.F. CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, 523. 
[131] 
Sulla atipicità assoluta della cessione, in luogo di molti, v., M. FABIANI, Concordato preventivo, cit., 174; M. PERRINO, La liquidazione dei beni nel fallimento e nei concordati mediante cessione, in Giur. comm., 2009, I, 699; G. BOZZA, La fase esecutiva del concordato preventivo con cessione dei beni, in Fall., 2012, 768; F. FILOCAMO, L’esattezza della proposta di concordato preventivo, ivi, 2012, 1275. 
[132] 
F. SALA, op. cit., 754; G.B. NARDECCHIA, Gli effetti del concordato preventivo sui creditori, Assago, 2011, 153; G. DOMENICHINI, Amministratori di spa e azione di responsabilità, cit., 615; M. AIELLO, op. cit., 294; Trib. Bologna 8 agosto 2002, in Giur. it., 2003, 1649; App. Milano 14 gennaio 1992, in Fall., 1992, 1146; Trib. Reggio Emilia 19 giugno 1979, in Giur. comm., 1981, II, 183; Trib. Milano 23 dicembre 1968, in Giur. it., 1970, I, 2, 283; contra, G. LO CASCIO, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 397; Cass. 10 giugno 1964, n. 1441, in Giur. it., 1965, I, 1, 213; Trib. Milano 23 dicembre 1968, ivi, 1970, I, 2, 283. 
[133] 
A. ZANARDO, Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo, Torino, 2018, 124; G. D’ATTORRE, Le azioni di responsabilità nel concordato preventivo, in Riv. soc., 2015, 33; G. PIGNOT- TI, Sull’azione di responsabilità dei creditori sociali nel concordato preventivo con cessione dei be- ni, in Riv. dir. impresa, 2016, 164; Trib. Padova 18 giugno 1987, in Giur. merito, 1989, 84. 
[134] 
D. VATTERMOLI, Sub art. 184, in A. NIGRO-M. SANDULLI-V. SANTORO (a cura di), Il con- cordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2014, 538; G.B. NARDEC- CHIA, op. cit., 250. Contra, in argomento cfr., in particolare, G. RAGUSA MAGGIORE, Concordato preventivo e responsabilità degli amministratori ex articolo 2394 codice civile, in Dir. fall., 1990, II, 1173; F. MARIANI, Questioni in tema di concordato preventivo, in Giur. it., 1970, I, 2, 288 ss.; A. NIGRO, La società per azioni nelle procedure concorsuali, cit., 396. V. anche, R. FISCON, op. cit., 839, il quale ritiene la norma dell’art. 184 L. fall. del tutto irrilevante perché gli amministratori sono, comunque, terzi rispetto al “contratto” di concordato fra società e creditori socia- li, e quindi non possono esserne, né beneficiati, né pregiudicati. Come enunciato nel testo, gli amministratori non possono essere reputati dei coobbligati della società perché i titoli della obbligazione sono diversi sia quanto alla fonte sia quanto alla misura: da un lato una obbligazione per debito e dall’altro lato una obbligazione per responsabilità; da una parte un credito pari all’obbligazione e dall’altra parte un credito diverso per quantità dall’obbligazione. Tuttavia, se già per i coobbligati il concordato non produce l’effetto estintivo dell’obbligazione, tale effetto estintivo a maggior ragione non può estendersi ad altri, potenziali, debitori; cfr. in senso conforme al testo, anche, M. MOZZARELLI, Responsabilità degli amministratori e tutele dei creditori nel- la s.r.l., cit., 95; contra, G. D’ATTORRE, op. cit., 33. 
[135] 
Negli stessi termini, v., F. SALA, op. cit., 754. 
[136] 
S. BORELLA, Note in tema di concordato preventivo e azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori, in Giur. comm., 1993, II, 75. 
[137] 
Una volta condiviso che l’azione dei creditori sociali è azione diretta neppure si può ritenere che con l’azione dei creditori sociali si incrementerebbe il patrimonio del debitore, perché così non è, anche se il ristoro è quello derivato dall’insufficienza patrimoniale. 
[138] 
Il concordato preventivo non è un premio per scriminare la responsabilità penale (art. 322 CCII) e gli effetti di esdebitazione sono voluti solo rispetto al debitore principale (art. 117 CCII). Se si vuole che il concordato preventivo divenga uno strumento per conservare valore, per proteggere risorse e per non distruggere complessi imprenditoriali, occorre potenziarne le dota- zioni, presidiare i diritti e non utilizzarlo come semplice strumento opportunistico per porsi al riparo dalle responsabilità.
[139] 
A. MAZZONI, op. cit., 846. 
[140] 
Ma per M. FRANZONI, Società per azioni. Dell’amministrazione e del controllo, cit., 514, l’azione non è più esperibile dopo l’esecuzione del concordato. Non è necessario stare qui a stabilire il senso del patto di concordato come accordo negoziale e sia, dunque, consentito un rinvio a M. FABIANI, Concordato preventivo, cit., 49. A conclusioni simili a quelle esposte nel testo per- viene C. CONFORTI, op. cit., 1003, il quale osserva che condividendo la tesi della natura auto- noma dell’azione dei creditori sociali, è indifferente che il concordato sia stato, o no, eseguito. 
[141] 
S. BORELLA, op. cit., 77.
[142] 
M. LUPOI, La legittimazione all’esperimento dell’azione, in L. BALESTRA (a cura di), Le azioni di responsabilità, cit., 403. Diversa, pare, la posizione di C. CARDARELLI, Azione di responsabilità: legittimazione del liquidatore ‹‹ad acta›› e volontà sociale, in Società, 1996, 916, ad avviso della quale non va escluso che al liquidatore si trasferisca anche l’azione dei creditori sociali; S. BORELLA, op. cit., 81; I. PAGNI, La legittimazione alle azioni di responsabilità nel concordato preventivo, in Società, 2015, 606.
[143] 
In termini identici, A. ZANARDO, op. cit., 138; G. D’ATTORRE, op. cit., 32; I. POLLASTRO, Responsabilità degli amministratori nel concordato preventivo, in Giur. it., 2017, 400; F. SALA, op. cit., 757; G. PIGNOTTI, op. cit., 159; M. LUPOI, La legittimazione all’esperimento dell’azione, cit.,
405. Sulla eccezionalità del disposto di cui all’art. 81 c.p.c. in relazione alle azioni di responsabilità, v., App. Milano 14 gennaio 1992, in Fall., 1992, 1146. In senso contrario, Trib. Roma 20 gennaio 1996, in Società, 1996, 913, ha affermato che nelle situazioni di patologia della società, quale è anche il concordato preventivo, è naturale che la legittimazione spetti ad un soggetto terzo, quale è il liquidatore (nel caso di specie nominato ad acta e cioè, proprio, per promuovere l’a- zione di responsabilità). In termini simili v. C. CARDARELLI, op. cit., 913, ad avviso della quale la ragione della legittimazione risiede nella circostanza che nel corso dell’esecuzione del concorda- to preventivo gli organi sociali hanno perso autonomia nelle determinazioni che debbono spettare agli organi della procedura.
[144] 
I. PAGNI, Le azioni di massa e la sostituzione del curatore ai creditori, cit., 1042; S. SERA- FINI, Responsabilità degli amministratori e interessi protetti, cit., 253. 
[145] 
F. SALA, op. cit., 756; M. LUPOI, Le azioni di responsabilità esercitate dal curatore fallimentare, cit., 342. 
[146] 
A. ZANARDO, op. cit., 134. 
[147] 
Trib. Piacenza 12 febbraio 2015, cit., 743; Trib. Torino 7 ottobre 2016, in Giur. it., 2017, 398.
[148] 
Ad identiche conclusioni si perviene con riguardo all’azione dei creditori sociali nelle società a responsabilità limitata, nei limiti in cui si acceda alla tesi per cui tale azione, proprio per- ché autonoma, spetta ai creditori anche in tale modello societario, v. Cass. 21 luglio 2010, n. 17121, in Foro it., 2011, I, 2459, prima della modifica dell’art. 2476 c.c. 
[149] 
Cass. 6 dicembre 2000, n. 15487, in Società, 2001, 591.
[150] 
Così, invece, F. MARIANI, op. cit., 283. 
[151] 
Ma, in senso contrario, la risalente giurisprudenza, v., Cass. 10 giugno 1964, n. 1441, in Dir. fall., 1964, II, 392; Trib. Milano 13 novembre 1989, ivi, 1990, II, 1169. 
[152] 
Questa, pare, invece la tesi di G. RAGUSA MAGGIORE, op. cit., 1174. 
[153] 
 R. PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, vol. IV, Milano, 1974, 2266.
[154] 
F. SALA, op. cit., 755; App. Milano 14 gennaio 1992, in Fall., 1992, 1146, reputa invece, utile, ma non decisivo, il richiamo. 
[155] 
A. DIDONE, Concordato preventivo della società e azione di responsabilità ex art. 2394 codice civile, in Giur. merito, 1989, I, 87. 
[156] 
F. MARIANI, op. cit., 283.
[157] 
G. BARTALINI, op. cit., 432. 
[158] 
A. ZANARDO, op. cit., 76. 
[159] 
A. ZANARDO, op. cit., 88.
[160] 
Nel vigore dell’art. 185 L. fall., esclude tale possibilità Trib. Reggio Emilia 28 giugno 2017, con nota contraria di L. BENEDETTI, L’applicazione giurisprudenziale dell’art. 163, 5° comma, L. fall., in Fall., 2017, 1327; nello stesso senso, v., in dottrina M. FABIANI-G. BARBIERI, Aumenti di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione (o di sottoscrizione) dei soci: una prerogativa a solo beneficio delle proposte concorrenti “esterne” oppure una possibilità anche per la società debitrice, costituita in forma di società di capitali, che voglia accedere al concordato preventivo?, in Nuovo dir. soc., 2018, 963. 
[161] 
Sulla necessità della delibera, F. SALA, op. cit., 757. 
[162] 
Trib. Trento 10 giugno 2016, in IlFallimentarista.it. In un caso particolare, Trib. Roma 20 gennaio 1996, in Società, 1996, 913, ha nominato un liquidatore ad acta per promuovere un’a- zione di responsabilità che la società si era rifiutata di deliberare, utilizzando quale elemento di supporto la posizione dell’amministratore giudiziario nominato nel caso di irregolarità di gestione. Ad avviso del Tribunale, infatti, se è attribuita all’amministratore giudiziario nominato nel procedimento ex art. 2409 c.c., la legittimazione a proporre l’azione di responsabilità in una situazione di patologia, simmetricamente, in presenza di una patologia rappresentata dall’insolvenza, non è irragionevole che vi sia un organo della procedura cui affidare la legittimazione per proporre l’azione; in dottrina, E. BARCELLONA, L’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nel con- cordato preventivo con cessione dei beni: legittimazione del liquidatore giudiziale o necessità di previa deliberazione assembleare?, in Giur. comm., 2018, II, 157. In senso opposto e cioè per la permanenza della delibera quale condizione di legittimazione all’azione, v., Trib. Bologna 16 agosto 2016, in Giur. comm., 2018, II, 157; S. AMBROSINI, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli-F.P. Luiso-E. Gabrielli, vol. IV, cit., 142; G. D’ATTORRE, op. cit., 22; A. ZANARDO, op. cit., 107. 
[163] 
A. ZANARDO, op. cit., 129. 
[164] 
A. ZANARDO, op. cit., 163. 
[165] 
In tal senso resta delusa l’aspettativa di G. PIGNOTTI, op. cit., 171, il quale auspicava che il Codice della crisi attribuisse la legittimazione dell’azione dei creditori sociali al liquidatore giudiziale.
[166] 
Secondo App. Venezia 9 gennaio 2019, in Pluris on Line, la natura autonoma dell’azione ex art. 2394 c.c. comporta che l’esito favorevole di essa possa giovare unicamente al creditore attore, l’individuazione del danno di quest’ultimo deve però essere proporzionalmente ricavato dal danno complessivo alla società, che rappresenta il limite risarcitorio di cui l’amministratore può essere chiamato a rispondere data la natura riflessa del danno stesso. Con la conseguenza che oc- corre quindi verificare l’entità del danno ingiusto complessivamente provocato a tutti i creditori dall’illecito degli amministratori e determinare poi l’incidenza proporzionale di detto danno sulla posizione del singolo attore. 
[167] 
A. ZANARDO, op. cit., 99.
[168] 
A. ZANARDO, op. cit., 91. 
[169] 
G. D’ATTORRE, op. cit., 22; G. PIGNOTTI, op. cit., 159; A. ZANARDO, op. cit., 78; M. LU- POI, La legittimazione all’esperimento dell’azione, cit., 405. Di recente, Trib. Firenze 7 maggio 2019, ined., ha escluso la legittimazione del commissario giudiziale. Talora si era adombrato che esisterebbe, invece, una legittimazione speciale del commissario giudiziale derivante dalla regola stabilita nell’art. 240 L. fall. a tenore della quale il commissario è legittimato a costituirsi par- te civile per i fatti penalmente rilevanti di cui agli artt. 216 ss. L. fall., così Trib. Napoli 25 luglio 2013, in Dir. fall., 2015, II, 144. Orbene, nella fase che precede l’omologazione non è revocabile in dubbio che il commissario giudiziale non sia mai affidatario di una legittimazione autonoma (salvo che per diritti che lo riguardano personalmente) e ciò perché il patrimonio del debitore resta saldamente (anche se sottoposto a controlli) nelle sue mani, v., M. FABIANI, Con- cordato preventivo, cit., 366; Cass. 10 settembre 1999, n. 9663, in Fall., 2000, 768; Cass. 6 aprile 1995, n. 4033, in Giur. it., 1996, I, 1, 51; Cass. 12 gennaio 1988, n. 136, in Giust. civ., 1988, I, 96. Nella fase successiva all’omologazione al commissario giudiziale sono assegnate funzioni di sorveglianza sull’adempimento del concordato e nulla di più, quindi non la legittimazione ad esperire l’azione di responsabilità, v., A. DIMUNDO, La responsabilità civile degli amministratori di s.r.l. in concordato preventivo, cit., 1138; G. D’ATTORRE, op. cit., 17. In verità, tale legittimazione speciale ai sensi dell’art. 240 L. fall. – sempre che non la si volesse giustificare come frutto di un refuso – andava ritenuta di stretta interpretazione e ragionevolmente riferita a fatti che attengono alla responsabilità penale degli stessi organi della procedura. Ai più era parsa una aporia e’ attuale art. 347 CCII rimuove il dubbio visto che il commissario giudiziale non è più menzionato fra chi può costituirsi parte civile nel processo penale («Il curatore, il liquidatore giudiziale, il commissario liquidatore e il commissario speciale di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro l’imprenditore in liquidazione giudiziale»). 

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  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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