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Saggio

La prededuzione per funzionalità del credito del professionista

Angelo Napolitano, Magistrato addetto al Massimario della Corte di Cassazione

12 Aprile 2021

L’Autore, attraverso un’analisi critica della nozione di consecuzione tra procedure e della nozione di “funzionalità”, giunge a concludere per la non prededucibilità, nel successivo fallimento, dei crediti professionali derivanti da attività svolte per la presentazione della domanda, del piano e della proposta (con la relativa documentazione) di un concordato preventivo non aperto, rinvenendo la ratio dell’esclusione nella diversità di posizione tra i professionisti del debitore e gli altri soggetti che agiscono nel mercato dell’impresa in crisi, rispetto ai creditori concorsuali.
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1 . I provvedimenti della Suprema Corte
Con due provvedimenti pressoché coevi, la Suprema Corte ha deciso in maniera opposta due fattispecie analoghe.
In particolare, sia la sentenza n. 639 del 2021 che l’ordinanza n. 1961/2021 hanno affrontato la questione della prededucibilità del compenso di professionisti che avevano assistito dei soggetti, successivamente dichiarati falliti, nella predisposizione della domanda (nel caso del primo provvedimento citato) e nella redazione dell’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano concordatario ex art. 161, comma 3 L. fall. (nel caso del secondo dei provvedimenti citati), in vista dell’accesso al concordato preventivo.
Nel primo caso, la Corte ha escluso la prededucibilità del compenso sulla base della circostanza che la domanda di accesso alla procedura di concordato era stata giudicata inammissibile e che, di conseguenza, prima della dichiarazione di fallimento, nessuna procedura di concordato preventivo era stata aperta nei confronti del debitore.
Nel secondo caso, trattandosi di un compenso maturato a fronte di una prestazione professionale resa dopo la presentazione di una domanda di concordato “in bianco” da parte del debitore e prima della dichiarazione di inammissibilità del concordato con la conseguente dichiarazione di fallimento, la Corte ha riconosciuto la prededucibilità del credito professionale, sulla scorta della considerazione che esso era maturato nel periodo di tempo contemplato dall’art. 161 comma 7 L. fall.
Le divergenti pronunce della Corte regolatrice stimolano varie riflessioni sulle condizioni del riconoscimento della prededuzione, all’interno della procedura fallimentare, in favore dei crediti dei professionisti che abbiano prestato, in precedenza, la loro attività per consentire al debitore l’accesso alla procedura di concordato preventivo, attività non andata a buon fine, non essendo ad essa seguita l’apertura della procedura concordataria.
2 . Le ragioni a sostegno del mancato riconoscimento della prededuzione del compenso per l’attività professionale funzionale ad una procedura di concordato preventivo non aperta
Con la sentenza n. 639 del 2021, la Suprema Corte ha disatteso le doglianze del ricorrente tese a negare la rilevanza del risultato della sua prestazione professionale e la sua concreta utilità per la massa dei creditori [1].
E’ interessante notare come le argomentazioni della Corte di legittimità seguono una percorso concettuale totalmente diverso da quello imboccato dal professionista con il suo ricorso.
In particolare, il giudice della nomofilachia, per rigettare il ricorso, richiama dei suoi precedenti che escludono che ai fini del riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento dei crediti sorti in funzione della procedura di concordato debba indagarsi se le attività da cui originano quei crediti siano state o meno concretamente utili per la massa dei creditori [2]; tuttavia afferma che senza il decreto di ammissione alla procedura di concordato, da un lato, manca il requisito della funzionalità di cui all’art. 111 comma 2 L. fall. affinché un determinato credito acquisti il requisito della prededucibilità; dall’altro, non si verifica il fenomeno di consecuzione tra le procedure in grado di determinare la traslazione della prededucibilità da una procedura antecedente (concordato) all’altra conseguente (fallimento) [3].
Nel richiamare, ai fini del riconoscimento della prededuzione, la nozione “propria” di consecuzione, riferita al fallimento successivo rispetto al concordato preventivo ammesso, la Corte [4]svaluta sia la concludenza dell’art. 69 bis, comma 2, L. fall., sia la significatività dell’art. 169 L. fall.
In sostanza, secondo la Corte, la prima delle disposizioni citate mira a non consentire che la frazione di tempo intercorrente tra la domanda di concordato non andata a buon fine e la dichiarazione di fallimento giochi a favore dei soggetti che, in danno dei creditori concorsuali, hanno concluso con un debitore già insolvente atti, ricevuto pagamenti o preso da lui garanzie inefficaci o revocabili ai sensi degli artt. 64, 65, 67 e 69 L. fall.     
La disposizione di cui all’art. 169 L. fall., invece, fa sì che alcuni effetti, compendiabili nell’espressione sintetica di “cristallizzazione del passivo” [5], invece di prodursi, come per il fallimento, alla data di apertura della procedura (cioè, dalla data del decreto di ammissione del concordato ex art. 163 L. fall.), si producono in un momento anteriore, coincidente con la data di presentazione della domanda di concordato.
Tuttavia, secondo la Corte, dalla riferita disposizione non può argomentarsi che la procedura di concordato preventivo inizi con la domanda di ammissione alla procedura: essa serve piuttosto a garantire al debitore la disponibilità di un congruo spatium temporis, durante il quale il passivo “concordatario” non aumenti, rimanendo esso “congelato” alla data di presentazione della domanda, al fine di consentirgli di elaborare una proposta ed un piano avendo quale obiettivo la sistemazione di una determinata debitoria tendente a rimanere stabile, disponendo d’altra parte di un attivo non aggredibile dai singoli creditori, nemmeno con provvedimenti cautelari, ai sensi dell’art. 168, comma 1 L. fall., e rispetto al quale gli stessi creditori non possono acquisire diritti di prelazione in spregio alla par condicio (art. 168, comma 3 L. fall.).
3 . L’inidoneità della nozione di “utilità”. Il concetto di “strumentalità”
In realtà, analizzando la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, può dirsi che, ai fini del riconoscimento della prededucibilità, nell’ambito del conseguente fallimento, del credito del professionista che abbia assistito il debitore ai fini dell’accesso al concordato preventivo, essa ha da tempo abbandonato gli incerti criteri dell’utilità e dell’adeguatezza funzionale [6].
Infatti, dopo un iniziale orientamento, assunto a breve distanza temporale dall’entrata in vigore delle novelle alla legge fallimentare apportate nel biennio 2006-2007 [7], secondo il quale, oltre all’ammissione alla procedura di concordato preventivo, ai fini della prededucibilità del credito professionale occorrerebbe dimostrare la sussistenza della adeguatezza funzionale o dell’utilità per la massa dei creditori dell’attività professionale svolta, la giurisprudenza della Corte di legittimità si è gradualmente ma inequivocabilmente assestata nel senso di ritenere che, ai fini del riconoscimento della prededucibilità, nell’ambito del conseguente fallimento, del credito professionale sorto per l’attività svolta al fine di consentire l’accesso del debitore alla procedura di concordato preventivo, è sufficiente che sia intervenuto il decreto di ammissione ex art. 163 L. fall. [8].
La prededucibilità, nella conseguente procedura di fallimento, del credito professionale per l’attività svolta al fine di consentire l’accesso del debitore alla procedura di concordato preventivo, inoltre, non è esclusa nel caso in cui il concordato sia revocato [9].
Un recente arresto, tuttavia, pur aderendo all’orientamento secondo il quale la revoca del concordato non esclude la prededucibilità del credito, all’interno del successivo fallimento, per l’attività professionale svolta ai fini dell’ammissione del debitore alla procedura minore, fa salvo il caso in cui la revoca sia stata determinata da atti di frode del debitore ed a questi abbia partecipato (o di essi sia stato a conoscenza) il professionista [10].
Una volta sgombrato il campo dall’opinione che, oltre al decreto di ammissione, ai fini del riconoscimento della prededucibilità, nel successivo fallimento, del credito professionale derivante dall’attività svolta ai fini dell’ammissione del debitore alla precedente procedura di concordato, sia necessario verificare che quell’attività professionale abbia procurato una qualche utilità ai creditori concordatari, in termini di accrescimento o di salvaguardia dell’attivo o di una pur parziale soddisfazione delle loro ragioni creditorie [11], occorre allora stabilire se il nesso di funzionalità tra l’attività professionale da cui origina il credito e “le procedure concorsuali” [12] possa esistere anche nel caso in cui allo svolgimento dell’attività professionale segua la dichiarazione di fallimento del debitore, ma non l’apertura del concordato preventivo.
In altri termini, occorre stabilire se il decreto di ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo sia, oltre che condizione sufficiente per attribuire il carattere della prededucibilità al credito da attività professionale svolta ai fini dell’ammissione del debitore alla procedura minore, anche condizione necessaria.
Ed è proprio su questa questione che i provvedimenti in commento della Suprema Corte si pongono in conflitto.
Per cercare di sciogliere il nodo interpretativo occorre partire dal dato normativo.
Orbene, la funzionalità di una attività professionale, generatrice di un credito, rispetto ad una procedura concorsuale implica, senza tuttavia essere in toto sovrapponibile ad essa [13], la nozione di strumentalità di quell’attività o all’ingresso o allo svolgimento di una procedura concorsuale.
La strumentalità deve essere valutata in senso oggettivo e ex ante.
Un atto è strumentale al raggiungimento di un obiettivo se è conforme al modello normativo per esso predisposto.
La conformità a tale modello astratto comporterà, di quell’atto, la astratta efficienza causale rispetto all’obiettivo perseguito.
Dal momento che la prededuzione si attua all’interno della procedura concorsuale la cui apertura è lo scopo oggettivo della attività che genera il credito, la funzionalità di quest’ultima, e dunque del credito relativo, non può che essere apprezzata ex post, cioè dopo che la procedura, nella quale la prededuzione dovrebbe realizzarsi, sia stata aperta: il giudizio di funzionalità, in altre parole, implica che lo strumento impiegato abbia raggiunto il fine del suo impiego.
Si deve inoltre considerare che non esiste, né potrebbe esistere, un atto che, dal punto di vista processuale, si ponga in relazione di strumentalità, indifferentemente, rispetto a più procedure concorsuali.
La domanda di concordato con l’attività professionale che ne costituisce il sostegno, ad esempio, è strumentale rispetto alla procedura di concordato, ma non può essere contemporaneamente strumentale anche rispetto ad una procedura fallimentare, non foss’altro che per il motivo che il debitore che chiede di essere ammesso al concordato preventivo non vuole fallire.
Ne consegue che se, presentata domanda di ammissione al concordato preventivo, quest’ultima procedura non viene aperta e sopravviene, invece, la dichiarazione di fallimento, magari anche su istanza dello stesso debitore (istanza che varrà come implicita rinuncia alla domanda di concordato), quella domanda di ammissione al concordato preventivo, scaturita dall’attività di un professionista, non potrà essere valutata come strumentale (né, tanto meno, funzionale) rispetto alla procedura fallimentare, né da un punto di vista oggettivo (non potendo essa normativamente innescare contemporaneamente un procedimento per la apertura del concordato preventivo ed un procedimento per la dichiarazione di fallimento), né da un punto di vista soggettivo (avendo voluto il debitore, a quel tempo, accedere alla procedura di concordato e non a quella di fallimento).
Del resto, così come il credito dell’avvocato che abbia assistito il debitore nel giudizio prefallimentare da quest’ultimo instaurato non può godere della prededuzione se il fallimento non sia aperto [14]; allo stesso modo il professionista che abbia assistito il debitore nella proposizione della domanda di ammissione al concordato non può godere della prededuzione del suo credito se quel concordato richiesto non sia stato aperto.
Le condizioni che, dunque, consentono di attribuire nella successiva procedura di fallimento il carattere della prededucibilità al credito professionale maturato per l’opera prestata al fine di consentire al debitore l’accesso al concordato preventivo sono due: 1) che, essendosi accertata la sussistenza di uno stato di crisi o di insolvenza, il concordato richiesto sia stato aperto; 2) che la successiva procedura di fallimento costituisca lo sbocco della crisi o dell’insolvenza già positivamente verificata dal Tribunale mediante l’ammissione del debitore al concordato preventivo.
La prededucibilità dei crediti professionali sorti per l’assistenza prestata al debitore ai fini dell’accesso alla procedura di concordato preventivo è, dunque, una prededucibilità “da rimbalzo”: i suoi presupposti devono già essersi tutti realizzati nell’ambito della precedente procedura concorsuale di concordato, di modo che l’unica ragione per la quale il professionista non ne abbia goduto è che il concordato, aperto, non è proseguito fino al punto da consentire la soddisfazione del suo credito.
Invero, le argomentazioni a sostegno della tesi secondo la quale il decreto di apertura del concordato non sarebbe necessario al fine di riconoscere  la prededucibilità, nel successivo fallimento, del credito professionale maturato per l’opera prestata per la presentazione della domanda di concordato e per il deposito della successiva documentazione (piano, proposta, attestazione), non appaiono decisive.
D’altra parte, non sembra nemmeno decisivo, al fine di ritenere necessaria l’apertura della procedura di concordato preventivo per riconoscere la prededucibilità ai crediti professionali, l’argomento, utilizzato da Cass. n. 639/2021, della “consecutio” tra le procedure: tale argomento, infatti, non spiega perché i crediti “funzionali”, per essere prededucibili, avrebbero bisogno del provvedimento di apertura del concordato, mentre i crediti sorti per atti di ordinaria amministrazione (art. 161, comma 7 L. fall.) dopo il deposito della domanda di concordato (periodo di tempo in cui si collocano in genere anche quelli professionali) sarebbero prededucibili a prescindere dall’emanazione del decreto di ammissione ex art. 163 L. fall. [15].
4 . L’inidoneità della nozione di “consecuzione di procedure” ai fini della risoluzione del problema della prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura di concordato preventivo non aperta
Pur non essendo questa la sede per una esatta ricostruzione dogmatica della nozione di “consecuzione di procedure” né per una ricognizione globale degli effetti sul piano operativo che l’applicazione di tale nozione determina [16], sembra plausibile l’opinione secondo la quale gli effetti delle disposizioni richiamate dall’art. 169 L. fall., che si producono alla data di presentazione della domanda di concordato, presuppongono che la procedura di concordato preventivo si apra (con il decreto di ammissione ex art. 163 L. fall.) e si chiuda, con il decreto di omologazione ex art. 181 L. fall.
In ogni caso, sopravvenuto il fallimento, è l’apertura di quest’ultimo che si pone quale punto di riferimento temporale degli effetti delle disposizioni richiamate dall’art. 169 L. fall.
Ne consegue, ad esempio, che la sospensione del corso degli interessi sui crediti non prelatizi, di cui all’art. 55 L. fall., opera a far data dalla domanda di concordato, successivamente aperto, fino al provvedimento di omologazione, che ne segna la chiusura, ex art. 181 L. fall.; ma se alla domanda di concordato segue la dichiarazione di inammissibilità dello stesso con la dichiarazione di fallimento, non ha più senso retrodatare il dies a quo della sospensione del corso degli interessi convenzionali o legali alla data della domanda di concordato: sarebbe una opzione interpretativa pregiudizievole per i creditori, visto che, dichiarato il fallimento, è solo nell’ambito di quest’ultima procedura che si attua il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore e che, non essendo stata nemmeno aperta la procedura di concordato preventivo nel quale si sarebbero dovuti ridefinire i crediti dei creditori concorsuali (anteriori alla data della presentazione della domanda), è solo la dichiarazione di fallimento che segna la sospensione del corso degli interessi.
Allo stesso modo, se un promissario acquirente propone un’azione ex art. 2932 c.c. nei confronti del promittente alienante, trascrivendo la domanda giudiziale dopo che quest’ultimo abbia presentato domanda per l’accesso al concordato preventivo, il curatore del successivo fallimento non potrà più sciogliersi dal contratto ex art. 72 L. fall. [17]: d’altronde, il potere di scioglimento del curatore dai rapporti pendenti non è lo stesso potere attribuito al debitore che abbia proposto domanda di concordato, in quanto si fonda su presupposti diversi e segue, nel suo esercizio, criteri diversi [18].
Ancora, se, in base all’art. 56 L. fall., anch’esso richiamato dall’art. 169 L. fall., non opera la compensazione tra il credito, anche non scaduto alla data di proposizione della domanda di concordato, vantato nei confronti del soggetto che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo, ed il contrapposto debito del creditore contratto, con lo stesso soggetto che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo, dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato, tuttavia deve ritenersi che la compensazione tra le descritte contrapposte ragioni di credito operi nel caso in cui il concordato non sia aperto e venga dichiarato il fallimento: rispetto alla data di apertura di quest’ultimo, infatti, le due ragioni di credito contrapposte avranno una “radice causale” cronologicamente anteriore al concorso fallimentare, sicché non vi sarà più alcuna ragione plausibile per impedire al creditore, richiesto di adempiere al suo debito contratto dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato, di eccepire la compensazione di questo debito con il credito vantato verso il fallito [19].
Seguendo la riferita linea di pensiero, l’applicazione delle disposizioni richiamate dall’art. 169, comma 1 L. fall., con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato, presuppone non solo che il concordato sia stato ammesso, ma anche che esso sia arrivato fino all’omologazione: se alla domanda di ammissione segue, per qualsiasi motivo, la dichiarazione di fallimento (anche in seguito alla risoluzione o all’annullamento del concordato), la data rilevante ai fini dell’applicazione delle disposizioni richiamate dall’art. 169, comma 1 L. fall. sarà (e non si vede per quale ragione non dovrebbe essere) quella della dichiarazione di fallimento.
In realtà, sembra che la nozione di consecuzione delle procedure sia stata, sotto la vigenza dell’attuale legge fallimentare (ormai sulla strada del tramonto, seppur lungo e convulso), alquanto enfatizzata, anche al fine di trarne conclusioni non autorizzate dal tenore e dallo scopo delle disposizioni di volta in volta da interpretare.
Si prenda, ad esempio, il caso dell’ipoteca giudiziale iscritta nei novanta giorni precedenti la data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo: l’art. 168, comma 3 L. fall. si limita a disporne l’inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato, mentre in giurisprudenza si è ritenuto che tale inefficacia, in applicazione del principio della consecuzione delle procedure, trova applicazione anche nel caso in cui all’apertura della procedura di concordato preventivo faccia seguito la dichiarazione di fallimento [20].
Senonché, sembra che la riferita opinione giurisprudenziale sia implicitamente smentita dal disposto dell’art. 69 bis, comma 2 L. fall.: rispetto ad una dichiarazione di fallimento sopravvenuta alla domanda di ammissione al concordato preventivo [21], le ipoteche giudiziali restano revocabili giudizialmente, se comprese nel periodo previsto dall’art. 67 comma 1 n. 4 L. fall., computato dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, anziché dalla data della dichiarazione di fallimento.
Ne consegue, allora, che la consecuzione di procedure, più che essere una nozione di sintesi di un complesso di norme unificanti che si fondano sullo stretto collegamento causale e cronologico di più procedure concorsuali, appare come un postulato sprovvisto di una adeguata base di disciplina positiva: non ne è espressione l’art. 169 L. fall., che si limita a dire che nella procedura di concordato preventivo, che si apre con il decreto di ammissione e termina con l’omologazione del concordato, gli effetti delle disposizioni in esso richiamate si producono a partire dalla data della domanda di accesso al concordato.
Anche la disposizione dell’art. 69 bis, comma 2 L. fall., d’altro canto, è insufficiente a fondare una costruzione di una nozione generale di consecuzione di procedure tale da indurre a ritenere che il carattere di strumentalità di una attività, rispetto ad una procedura concorsuale assunta come obiettivo, non conseguito, di essa, possa essere apprezzato e positivamente verificato anche in relazione ad una diversa e successiva procedura concorsuale (fallimento) [22].
La ratio di tale ultima disposizione, infatti, è semplicemente quella di far sì che coloro che hanno concluso atti inefficaci o revocabili con il debitore che abbia presentato domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo non lucrino, una volta che lo stato di crisi o di insolvenza sia venuto ad emersione con la domanda di ammissione al concordato, il periodo di tempo intercorrente tra la pubblicazione di tale domanda nel registro delle imprese e la dichiarazione di fallimento, così sfuggendo alle azioni revocatorie.
In altri termini, la disposizione dell’art. 69 bis comma 2 L. fall., lungi dal fondare la nozione di consecuzione di procedure, presuppone proprio l’assenza di una tale consecuzione unificante, e proprio per contrastare gli effetti di tale assenza dispone che, nel caso che alla domanda di concordato segua il fallimento (previa dichiarazione di inammissibilità della domanda ex art. 162 L. fall.) [23], il cd. “periodo sospetto” si computi dalla data di iscrizione della domanda di concordato nel registro delle imprese.
L’inaffidabilità della disposizione di cui all’art. 69 bis comma 2 L. fall. ai fini della costruzione di una nozione generale di consecuzione di procedure è, inoltre, testimoniata dal fatto che il nuovo CCII non l’ha riproposta [24], compensando la scelta di non retrodatare il periodo sospetto, in seguito alla sopravvenienza della dichiarazione di fallimento rispetto alla domanda di accesso al concordato, conferendo rilievo, ai fini del computo del detto periodo, non alla data di apertura della liquidazione giudiziale, ma alla data del deposito della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale (artt. da 163 a 169 CCII).
D’altronde, la declinazione pratica che la giurisprudenza [25] ha fatto del “postulato” (più che del “principio”) della consecuzione delle procedure, arrivando a ritenere che la retrodatazione del periodo sospetto operasse anche nel caso di fallimento dichiarato in seguito alla risoluzione o all’annullamento del concordato preventivo omologato [26], rischia di penalizzare eccessivamente ed irragionevolmente i soggetti che abbiano contrattato con il debitore fallito “in consecuzione”, costringendoli a subire azioni revocatorie e di inefficacia anche a distanza di molti anni dalla conclusione dei contratti e dalla ricezione dei pagamenti.
5 . Analisi della ratio dell’esclusione della prededucibilità del credito
Il carattere prededucibile dei crediti professionali maturati in relazione ad attività strumentali all’accesso al concordato preventivo è stato argomentato anche sulla base della disposizione di cui all’art. 67 comma 3 lett. g) L. fall., secondo la quale non sono soggetti all’azione revocatoria i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo.
In particolare, si afferma che la prededucibilità farebbe da pendant rispetto all’esenzione da revocatoria: cioè, se il pagamento dei crediti sorti per l’espletamento di servizi professionali strumentali all’accesso alla procedura di concordato è esente da revocatoria, significa che quei crediti sono prededucibili nel fallimento dichiarato successivamente rispetto alla proposizione della domanda di concordato, a prescindere dall’apertura di quest’ultimo.
Senonché, anche ad ammettere l’esistenza di una simmetria tra prededucibilità dei crediti professionali per servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo ed esenzione dei relativi pagamenti dall’azione revocatoria nel fallimento, il riconoscimento della prededucibilità all’interno del successivo fallimento dei crediti professionali per servizi strumentali all’accesso al concordato preventivo, a prescindere dall’avvenuta ammissione a quest’ultima procedura, presuppone che si dimostri che anche l’esenzione da revocatoria dei relativi pagamenti operi a prescindere dall’apertura del concordato preventivo.
Il problema da risolvere, dunque, posto in tal modo, rimane tal quale; e riconoscere che esiste una simmetria tra prededucibilità del credito e l’esenzione da revocatoria del relativo pagamento di certo serve soltanto a comprendere che i presupposti della prededucibilità dei crediti professionali per attività strumentali all’accesso al concordato preventivo sono perfettamente identici ai presupposti della esenzione dei pagamenti di quegli stessi crediti dalla revocatoria fallimentare [27].
Con riferimento, poi, all’argomento fondato sul tenore dell’art. 161 comma 7 L. fall., utilizzato dall’ordinanza n. 1961/2021 per attribuire carattere di prededucibilità nel successivo fallimento al credito del professionista in relazione all’attestazione di cui all’art. 161 comma 3 L. fall., non sembra che si possa ritenere che esso sia calzante rispetto ai crediti vantati dai professionisti che abbiano assistito il debitore al fine di consentirgli l’accesso al concordato preventivo.
Sembra, invece, che la disposizione di cui all’art. 161 comma 7 L. fall. abbia ad oggetto, da un lato, la sorte degli atti volontari di gestione dell’impresa posti in essere dal debitore tra il deposito della domanda (anche con riserva) di ammissione al concordato ed il decreto di apertura della procedura ex art. 163 L. fall. (disponendo l’art. 167 L. fall. per il periodo successivo all’apertura del concordato); dall’altro lato, le modalità di trattamento di coloro che contrattano con il debitore in crisi nel suddetto periodo.
Se così è, la disposizione di cui all’art. 161 comma 7 L. fall. si rivela perfettamente inutile per i professionisti che assistono il debitore nella predisposizione del piano, della proposta e della documentazione in vista dell’accesso al concordato (previo decreto di apertura ex art. 163 L. fall.): tra gli atti di ordinaria amministrazione di cui il secondo periodo del settimo comma dell’art. 161 L. fall. autorizza il compimento non vi può essere il contratto d’opera che il debitore conclude con il professionista per l’elaborazione ed il deposito del piano, della proposta e della documentazione, in quanto rispetto a tale contratto la norma sarebbe inutilmente autorizzatoria, non potendo esistere una procedura di concordato senza una attività professionale per la predisposizione del piano, della proposta e della documentazione da allegare.
In altri termini, è ovvio che il debitore che voglia essere ammesso al concordato preventivo e che abbia presentato domanda con riserva deve poter concludere con il professionista un contratto d’opera per l’elaborazione e il deposito del piano, della proposta e della documentazione di cui all’art. 161 comma 3 L. fall., sicché il legislatore, quando si riferisce, nell’art. 161 comma 7 L. fall., agli atti di ordinaria amministrazione di cui autorizza il compimento da parte del debitore che abbia presentato domanda (anche con riserva) di concordato, non ha inteso riferirsi al contratto d’opera con il professionista funzionale all’accesso alla procedura di concordato, bensì agli ordinari atti commerciali di gestione dell’impresa.
Nemmeno, d’altronde, potrebbe dirsi che il credito professionale derivante in relazione all’opera professionale prestata per l’elaborazione ed il deposito del piano, della proposta e della documentazione sia prededucibile ai sensi dell’art. 161 comma 7 L. fall. in quanto sorto “in occasione” del concordato preventivo: l’occasionalità riflette un criterio esclusivamente cronologico, e presuppone che la procedura sia già stata aperta. Non è un caso, infatti, che l’art. 167 L. fall., che disciplina il regime degli atti di gestione compiuti successivamente al decreto di apertura del concordato preventivo, non contenga la specificazione che tali atti generano crediti prededucibili ai sensi dell’art. 111 L. fall.
D’altronde, occorre dare, circa i requisiti della prededucibilità, una risposta unitaria sia per i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato con riserva o in funzione della presentazione della domanda “piena” (corredata cioè di piano, proposta e documentazione), che si situano cronologicamente in una epoca antecedente rispetto alla data di presentazione della domanda; sia per quelli sorti dopo il deposito della domanda con riserva.
E per tale risposta unitaria si deve tornare alla nozione di “funzionalità” dell’opera prestata, per cercare di trovare un filo conduttore che orienti l’interprete nella ricerca dell’ubi consistat di tale presupposto oggettivo della prededucibilità dei crediti.
Tale ricerca, a mio avviso, deve muoversi lungo la direttrice segnata dagli artt. 161 comma 7, 182 quater, commi 1 e 2, e 182 quinquies, commi 1, 2 e 3 L. fall.
La disposizione contenuta nel primo degli articoli testé citati consente di affermare che, depositata dal debitore la domanda, anche con riserva, per l’accesso al concordato preventivo, i soggetti che intendano contrattare con lui allo scopo di fornirgli i beni e i servizi necessari per l’esercizio della sua attività d’impresa o allo scopo di acquistare i beni o i servizi che egli offre sul mercato hanno, da un lato, la possibilità di sapere (essendo la domanda soggetta a pubblicazione nel registro delle imprese, ex art. 161 comma 5 L. fall.) che il debitore ha presentato domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo; dall’altro sanno che, se decidono di contrattare, il loro credito può essere soddisfatto con precedenza rispetto ai creditori concordatari (concorsuali).
In tal caso, la prededucibilità dei crediti è prevista per controbilanciare il rischio che i soggetti che contrattano con il debitore che ha esteriorizzato la sua crisi con la domanda di accesso al concordato corrono: quello di vedere i loro crediti trattati alla stessa stregua di quelli concordatari, subendo la dilazione della loro soddisfazione oltre che l’eventuale falcidia concordataria.
L’art. 182 quater, comma 1 L. fall., disciplina i crediti derivanti da finanziamenti “effettuati in esecuzione di un concordato preventivo” (per quel che in questa sede interessa): da finanziamenti, cioè, che non solo siano previsti nel piano di concordato, ma che siano anche funzionali alla sua esecuzione, cioè al raggiungimento degli obiettivi indicati nella proposta.
I crediti derivanti da tali finanziamenti sono prededucibili, senza che sia prevista un’autorizzazione giudiziaria al fine di attribuire loro il carattere della prededucibilità.
La ragione è evidente: i finanziamenti in esecuzione di un concordato preventivo sono richiesti a valle dell’omologazione, dopo il voto favorevole della maggioranza dei creditori. L’approvazione del piano da parte di questi ultimi, dunque, costituisce il presupposto della prededucibilità dei crediti derivanti da tali finanziamenti funzionali all’esecuzione del piano.
Qualora, invece, il piano di concordato preveda finanziamenti da erogare “in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo”, i crediti da essi derivanti sono prededucibili qualora la prededuzione sia “espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo” (art. 182 quater, comma 2 L. fall.).
In quest’ultimo caso, essendo i finanziamenti richiesti in funzione della presentazione della domanda, ai fini della prededucibilità dei crediti relativi occorre non solo il provvedimento di ammissione del Tribunale, ma anche che tale carattere sia espressamente attribuito nell’ambito del provvedimento giudiziario di ammissione.
L’art. 182 quinquies, comma 1 L. fall., dal canto suo, prevede che la prededucibilità dei crediti derivanti da finanziamenti che consentono di soddisfare il fabbisogno finanziario dell’impresa del debitore fino all’omologazione ha come presupposto il provvedimento di autorizzazione del Tribunale, sulla base dell’attestazione, da parte di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3 lett. d) L. fall., che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.
Infine, ai sensi dell’art. 182 quinquies, comma 3 L. fall., i crediti derivanti da finanziamenti “funzionali a urgenti necessità relative all’esercizio dell’attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale” per il deposito del piano, della proposta e della documentazione ex art. 161 comma 6 L. fall., sono prededucibili qualora tali finanziamenti siano autorizzati dal tribunale, ricorrendo determinati presupposti.
E’ evidente, allora, che quando un soggetto contrae o intende contrarre debiti per ottenere beni o servizi, come le risorse finanziarie, funzionali alla esecuzione di un piano di concordato, alla presentazione della domanda di concordato, al soddisfacimento delle esigenze dell’impresa fino all’omologazione di un piano di concordato o fino alla scadenza del termine, concesso dal Tribunale, per il deposito del piano, della proposta e della documentazione, affinché i correlativi crediti siano prededucibili è necessario che l’esistenza del nesso di funzionalità (intesa quale idoneità, attitudine allo scopo) sia positivamente e concretamente verificata o dai creditori concorsuali, nelle forme della deliberazione del concordato, o dal Tribunale.
La ragione è chiara: evitare che su richiesta del debitore in crisi si generino crediti incontrollati, a fronte dell’erogazione di risorse o servizi inidonei all’accesso al concordato o al buon esito della procedura, che, beneficiando della prededuzione, vadano ad erodere l’attivo in pregiudizio dei creditori concordatari.
Ci sono, dunque, indici positivi del fatto che i crediti funzionali (alla esecuzione del piano di concordato omologato, alla presentazione della domanda di accesso al concordato, al soddisfacimento del fabbisogno finanziario dell’impresa in crisi fino alla omologazione del concordato, al soddisfacimento del fabbisogno finanziario fino alla scadenza del termine fissato per il deposito del piano, della proposta e della documentazione di cui all’art. 161, comma 6 L. fall.) per godere della prededuzione sia all’interno del concordato, sia all’interno della procedura fallimentare, debbano essere, quando non autorizzati, almeno “approvati” (in senso atecnico, nel senso che l’attività che li genera deve essere positivamente apprezzata) dal Tribunale.
E, nel caso dei crediti rivenienti dall’attività professionale tesa al conseguimento dell’ammissione al concordato (che si estrinseca sia nella predisposizione e nel deposito della domanda, anche con riserva, sia nella predisposizione della proposta, del piano e della documentazione di cui all’art. 161 comma 3 L. fall.), il positivo apprezzamento si manifesta con l’emissione del decreto di cui all’art. 163 L. fall.
Ecco, allora, che la nozione di “funzionalità” esprime, come si accennava supra, un significato diverso da quello di semplice “strumentalità”: la strumentalità indica solo una relazione astratta tra il mezzo e il fine, a prescindere dalla idoneità del primo a consentire il raggiungimento del secondo, dalla sua adeguatezza; la funzionalità [28] è la capacità, la attitudine non solo astratta ma anche concretamente verificata di raggiungere un obiettivo, e tale capacità, tale idoneità, con riguardo ai crediti professionali prededucibili nascenti da attività volte all’apertura del concordato, non può essere verificata se non con il decreto di ammissione emesso dal Tribunale ex art. 163 L. fall.; prededucibilità che poi “rimbalza” nel successivo fallimento.
Contro l’opinione che reputa necessaria l’emissione del decreto di ammissione al concordato ai fini del riconoscimento, anche nel successivo fallimento, della prededucibilità ai crediti professionali nati da attività funzionali all’ammissione del debitore al concordato preventivo si adducono due motivi sistematici ed uno pratico.
I motivi sistematici sono l’abrogazione, ad opera del D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134/2012, dell’art. 182 quater, comma 4 L. fall., a norma del quale “sono altresì prededucibili i compensi spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, terzo comma, 182 bis, primo comma, purché ciò sia espressamente disposto nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l’accordo sia omologato”; e l’abrogazione, ad opera del D.L. n. 91/2014, conv. con mod. nella legge n. 116/2014, della norma interpretativa recata dall’art. 11, comma 3 quater, del D.L. n. 145/2013, conv. con mod. n. 9/2014, secondo la quale “la disposizione di cui all'articolo 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, e successive modificazioni, sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del citato articolo 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura sia aperta ai sensi dell'articolo 163 del medesimo regio decreto, e successive modificazioni, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato articolo 161, sesto comma”.
Ebbene, non sembra che tali abrogazioni depongano per l’esclusione della necessità che, nell’ambito del successivo fallimento, la prededucibilità dei crediti per l’attività professionale svolta per consentire l’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo possa essere riconosciuta anche se la procedura di concordato preventivo non sia stata aperta con l’emissione del decreto di cui all’art. 163 L. fall.
Se si vuole restare su di un piano interpretativo volto a valorizzare la voluntas legis, intesa come intenzione del legislatore, non può escludersi che con l’abrogazione della disposizione di cui all’art. 182 quater, comma 4 L. fall., il legislatore abbia voluto evitare sia che si limitasse il riconoscimento del carattere prededucibile al credito del professionista attestatore, sia la necessità che il carattere prededucibile dei crediti professionali fosse oggetto di una espressa disposizione attributiva nell’ambito del provvedimento di ammissione del concordato.
Ben può dirsi, dunque, che l’eliminazione di tale doppia limitazione ha fatto sì che la prededucibilità possa essere riconosciuta a tutti i crediti per attività funzionali all’ammissione del debitore al concordato (e non solo a quello del professionista attestatore), alla sola implicita condizione che il concordato sia aperto e senza necessità di una esplicita attribuzione del carattere prededucibile a tali crediti all’interno del decreto ex art. 163 L. fall.
Quanto all’abrogazione della norma interpretativa di cui all’art. 11 comma 3 quater del D.L. n. 145/2013, convertito con modificazioni in legge n. 9/2014, essa (nonostante l’incerta formulazione della disposizione abrogata) sembra aver avuto l’effetto di eliminare la doppia condizione posta al riconoscimento della prededucibilità dei crediti sorti in pendenza della domanda di concordato con riserva, consistente nella presentazione entro il termine originariamente fissato dal Tribunale o successivamente prorogato della proposta, del piano e della documentazione ex art. 161 comma 3 L. fall. e nell’apertura della procedura di concordato, con l’emissione del decreto ex art. 163 L. fall., senza soluzione di continuità rispetto al deposito della domanda con riserva di cui all’art. 161 comma 6 L. fall.
L’abrogazione in parola, in altri termini, ha voluto tutelare i soggetti che si determinano a contrattare con l’imprenditore nonostante che questo abbia manifestato il suo stato di crisi o di insolvenza con il deposito, pubblicato nel registro delle imprese, di una domanda di concordato preventivo con riserva: il carattere prededucibile dei loro crediti, sancito dall’ultimo periodo dell’art. 161 comma 7 L. fall., non può essere risolutivamente condizionato al mancato deposito nel termine (originariamente concesso o successivamente prorogato) della proposta, del piano e della documentazione o alla mancata apertura del concordato ex art. 163 L. fall. senza soluzione di continuità rispetto alla domanda con riserva.
Senza mercato per l’impresa in crisi non può esistere nemmeno il concordato preventivo, sicché i soggetti che contrattano con l’imprenditore che abbia presentato domanda di concordato con riserva, per essere incentivati a farlo, devono sapere che il rischio che corrono nel contrattare con un soggetto che ha esteriorizzato il suo stato di crisi è compensato dalla certezza che, in una successiva procedura di concordato (nata da una nuova domanda) o in una successiva procedura di fallimento, i loro crediti saranno antergati rispetto a quelli dei creditori concordatari (concorsuali).
Non così per i fornitori di servizi professionali funzionali all’accesso al concordato: essi, assistendo il debitore in funzione del raggiungimento di un obiettivo (ammissione al concordato), rispetto alla posizione dei creditori concorsuali, condividono con lui il rischio che l’obiettivo non venga raggiunto.
D’altronde, non appare irragionevole che il carattere prededucibile dei loro crediti sia fatto dipendere dal raggiungimento dell’obiettivo procedurale in funzione del quale essi hanno prestato la loro opera.
Sicché se quell’obiettivo sia raggiunto, la prededuzione per loro opererà sia all’interno della procedura di concordato preventivo in funzione della quale abbiano prestato assistenza, sia nella successiva procedura di fallimento aperta in seguito al mancato buon esito della precedente procedura di concordato.
Se, invece, la procedura di concordato in funzione della quale quei creditori abbiano prestato la loro assistenza non venga aperta, i loro crediti saranno trattati quali concorsuali, benché muniti di privilegio, in un’eventuale successiva procedura di fallimento.
Si è, così, implicitamente confutato anche l’argomento pratico su cui si fonda l’opinione secondo la quale ai crediti professionali funzionali all’accesso al concordato deve essere riconosciuta la prededucibilità, nel successivo fallimento, indipendentemente dall’apertura del concordato: se così non fosse, i professionisti sarebbero disincentivati a prestare assistenza al debitore che voglia accedere al concordato; d’altronde, l’obbligazione del professionista è un’obbligazione di mezzi, sicché non sarebbe corretto condizionare la prededucibilità del suo credito al provvedimento di ammissione al concordato preventivo.
Di converso, non vi è alcuna irragionevolezza nel distinguere, all’interno del fallimento successivo ad una domanda di concordato non ammesso, tra categorie di stakeholders in base ad una distribuzione del rischio che sia quanto più funzionale possibile al raggiungimento dell’obiettivo “minimo” dell’apertura della procedura di concordato.
Gli stakeholders “primari” sono gli operatori del mercato (clienti e fornitori di beni e servizi rientranti nell’oggetto dell’impresa), senza i quali l’impresa in crisi non potrebbe sopravvivere nemmeno in astratto: è giusto che essi siano “incentivati” a contrattare con l’imprenditore in crisi, o meglio, che al disincentivo “fisiologico” consistente nello scegliersi una controparte in crisi di liquidità non si aggiunga il dover concorrere alla pari degli altri creditori concorsuali per i crediti derivanti da contrattazioni da compiersi in data successiva alla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.
I professionisti che assistono il debitore ai fini dell’accesso al concordato non rientrano (ragionevolmente) tra questi stakeholders primari: l’essere percepiti, dai creditori concorsuali, quali operatori “dalla parte del debitore”, nel perseguimento di un obiettivo (ammissione al concordato preventivo del debitore che si rivolge a loro), fa sì che il trattamento preferenziale dei loro crediti rispetto a quelli concorsuali si giustifichi solo se quell’obiettivo sia raggiunto.
Né rileva punto che l’obbligazione del professionista sia una obbligazione di mezzi: tale circostanza è influente in tema di responsabilità per inadempimento contrattuale, non ai fini del trattamento da riservare ai crediti professionali ai fini del concorso nelle procedure di risoluzione della crisi o dell’insolvenza.
Se si accoglie la proposta ricostruttiva che qui si è tentato di sviluppare, si deve ritenere, simmetricamente, che l’esenzione da revocatoria stabilita dalla disposizione di cui all’art. 67, comma 3 lett. g) L. fall., vale solo per i pagamenti eseguiti a fronte della prestazione di servizi professionali resi per consentire al debitore l’accesso ad un concordato che sia stato effettivamente aperto, anche se poi non sia andato a buon fine.  

6 . Conclusioni e prospettive de iure condendo
Tra le due tesi che si contendono il campo anche in seno alla Suprema Corte, sembra che la più convincente sia quella secondo la quale, per il riconoscimento della prededucibilità, all’interno della successiva procedura fallimentare, del credito derivante da attività professionale prestata per consentire al debitore l’accesso al concordato preventivo, è necessario che quest’ultima procedura sia stata aperta con il decreto di cui all’art. 163 L. fall.
Il nuovo CCII, all’art. 6, comma 1 lett. c), accoglie espressamente questa opzione, condizionando la prededucibilità dei crediti professionali di cui si discute, in una misura peraltro predeterminata (il settantacinque per cento del credito “accertato”), all’apertura del concordato preventivo.
La nozione di “consecuzione delle procedure” ha fondamenti di diritto positivo troppo labili per poggiarvi la spiegazione del perché, già oggi, prima dell’entrata in vigore del CCII, i crediti per l’attività professionale svolta per consentire al debitore l’accesso al concordato preventivo sono prededucibili nel successivo fallimento solo se il concordato sia stato aperto.
La spiegazione deve ricercarsi invece nella nozione stessa di “funzionalità” e nella disamina sistematica del trattamento, all’interno dell’attuale legge fallimentare, degli altri crediti funzionali al sostegno economico-finanziario dell’impresa in vista, nel corso e in esecuzione del concordato preventivo; oltre che nella considerazione che i creditori per l’attività professionale volta a consentire l’accesso del debitore al concordato preventivo costituiscono una categoria di stakeholders diversa rispetto agli “ordinari” fornitori di beni e servizi e ai clienti del debitore in crisi, con riferimento all’accollo del rischio che il concordato non sia aperto e che il debitore sia dichiarato fallito.
La nozione di “consecuzione di procedure”, tuttavia, se riguardata nella sua essenza economica [29], svolge una importante funzione selettiva per determinare quale sia la procedura concorsuale, successiva all’apertura del concordato preventivo, con riferimento alla quale si verifica il “rimbalzo” dei crediti professionali prededucibili.
Con riferimento a tale problema, l’art. 6 CCII non è di aiuto, in quanto il comma 2, con una espressione poco precisa, afferma che “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”.
La scarsa precisione della disposizione normativa consiste nel fatto che non si può pensare che, rispetto ad una dato imprenditore in crisi o insolvente, l’ammissione ad una procedura di concordato preventivo, non andata a buon fine, determina il “rimbalzo” dei crediti professionali prededucibili verso qualunque successiva procedura di fallimento (liquidazione giudiziale, in prospettiva) che investa quello stesso imprenditore: il criterio cronologico della posteriorità della procedura fallimentare rispetto all’apertura del concordato preventivo non può essere sufficiente per attribuire il carattere prededucibile, anche all’interno del fallimento, ai crediti sorti dall’attività professionale prestata per consentire al debitore l’accesso al concordato preventivo.
Soccorre, allora, il criterio della consecuzione delle procedure che, nella sua accezione “economica”, consente di individuare la procedura fallimentare verso la quale sono “rimbalzati” i crediti professionali prededucibili sorti in funzione di un precedente concordato preventivo in quella che costituisce lo sbocco finale della crisi o dell’insolvenza già esteriorizzata con l’ammissione alla precedente procedura di concordato preventivo.
Sulla scorta dell’art. 2 CCII, allora, può dirsi che la procedura fallimentare (di liquidazione giudiziale) verso la quale saranno “rimbalzati” i crediti professionali prededucibili sorti in funzione di un precedente concordato preventivo (aperto) è quella in cui trovi il suo epilogo l’insolvenza (art. 2, comma 1 lett. b CCII) già manifestatasi al tempo dell’ammissione del debitore al concordato preventivo, o quella in cui lo squilibrio economico-finanziario che, al tempo dell’ammissione del debitore al concordato, rendeva probabile la sua insolvenza (art. 2, comma 1 lett. a CCII), si tramuti in vero e proprio stato di insolvenza.
Secondo il dettato dell’art. 6, comma 2 CCII, che afferma che la prededucibilità permane “anche nell’ambito delle successive procedure esecutive e concorsuali”, sembra che si possa affermare che il fenomeno del “rimbalzo” dei crediti prededucibili possa operare anche tra due diverse procedure di concordato preventivo, purché la situazione di crisi o di insolvenza che si vuole comporre con la seconda procedura sia la stessa di quella precedente. Chiaramente, i crediti professionali maturati “in funzione” del primo concordato potranno essere trattati come prededucibili nell’ambito del secondo concordato solo se il primo sia stato ammesso, anche se non sia fruttuosamente proseguito [30].
Con riferimento, invece, alla prededucibilità “anche nell’ambito delle successive procedure esecutive”, è difficile immaginare come possa operare la prededuzione al di fuori delle procedure concorsuali, visto che il processo di espropriazione non conosce la categoria dei crediti prededucibili, tanto è vero che perfino il creditore procedente non gode della prededuzione, ma di un privilegio sostanziale (artt. 2755 e 2770 c.c.) che lo rende poziore rispetto ad ogni altro creditore intervenuto anche pignoratizio o ipotecario (art. 2777 c.c.) [31].
Non si riesce nemmeno a comprendere come possa verificarsi se il processo di espropriazione subìto dal debitore precedentemente ammesso ad una procedura di concordato preventivo sia la manifestazione della stessa crisi o della stessa insolvenza esteriorizzata mercé l’ammissione alla precedente procedura di concordato preventivo, a meno che non si immagini che in sede di controversie distributive ex art. 512 c.p.c. il debitore o un creditore concorrente possa contestare la sussistenza di tale forma di prelazione deducendo che l’inadempimento che ha provocato il processo di espropriazione non configuri la stessa situazione di insolvenza di quella patita dal debitore medesimo al tempo della maturazione della causa di prelazione (in senso atecnico: la prededuzione), o non rappresenta lo sbocco terminale della situazione di crisi manifestatasi con la precedente apertura di un concordato preventivo nell’ambito del quale sia maturato il credito prededucibile.
In ogni caso, deve affermarsi che l’ammissione al concordato è condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente per il riconoscimento della prededucibilità del credito nascente dall’attività professionale funzionale al concordato: gli eventi patologici che determinano la cessazione della procedura di concordato, anche se verificatisi con il concorso dei professionisti, non incidono sulla prededucibilità del credito, ma solo sulla sua esigibilità nell’ambito del rapporto sinallagmatico: in sede di verifica del passivo fallimentare, il curatore può opporre l’exceptio inadimpleti aut non rite adimpleti contractus per rifiutare il pagamento del compenso ai professionisti che con dolo o mala fede, venendo meno ai loro doveri professionali, abbiano sulla base di dati non veritieri predisposto piani o proposte di concordato rivelatisi non fattibili [32].

Note:

[1] 
La pronuncia è commentata da L. Boggio, Concordato preventivo. Non dire “concordato” finché non è pronunciato il decreto ex art. 163 L. fall., in Giur. it., 2021, 619.
[2] 
Cass., Sez. 1, 18/6/2019, n. 16224; Cass., Sez. 1, 18/1/2018, n. 1182; Cass., Sez. 1, 4/11/2015, n. 22450; Cass., Sez. 1, 10/9/2014, n. 19013.
[3] 
Cass., Sez. 1, 11/6/2019, n. 15724. 
[4] 
Richiamando il precedente di cui a Cass., Sez. 1, 18/12/2015, n. 25589, e discostandosi dall’orientamento espresso da Cass., Sez. 1, 30/3/2018, n. 7974 e Cass., Sez. 1, 15/12/2017, n. 30204.
[5] 
Si tratta, in particolare, degli effetti previsti negli artt. 45 e 55 L. fall., di inopponibilità rispetto ai creditori concordatari delle formalità iscrizionali e trascrizionali eseguite dopo la data di presentazione della domanda di concordato e di sospensione del corso degli interessi legali e convenzionali, salvi i crediti prelatizi, fino alla chiusura della procedura di concordato ex art. 181 L. fall. 
[6] 
Sul tema della prededuzione la letteratura è ampia. V. S. Leuzzi, Il credito del subappaltatore di opere pubbliche nel fallimento, in nota a Cass., SS.UU. 2/3/2020 n. 5685, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali 2020, 4, pagg. 468-476; Idem, Dalla crisi all’emergenza: la prededuzione al tempo del covid-19, in www.Ilcaso.it; G.B. Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, nota a Cass., sez. 1, 10/10/2019 n. 25471, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali 2020, 2, pagg. 175-184; Idem, Atti di ordinaria amministrazione, atti legalmente compiuti e consecuzione di procedure: la prededuzione ieri, oggi e domani, nota a Cass., sez. 1, 11/6/2019 n. 15724, Cass., sez. 1, 29/5/2019 n. 14713, Cass., sez. 1, 6/5/2019 n. 13261, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali 2019, 8-9, pagg. 1020-1021; Idem, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, nota a Cass., sez. 1, 10/1/2018 n. 380, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali 2018, 4, pagg. 418-424; V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, nota a Trib. Milano 4/12/2019, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali 2020, 4, pagg. 553-559; G. Carmellino, Concordato preventivo e prededuzione dei crediti, nota a Cass., sez. 1, 11/6/2019 n. 15724, Cass., sez. 1, 29/5/2019 n. 14713, Cass., sez. 1, 16/5/2019 n. 13261, in Il Foro it. 2019, 11, pt. 1, pagg. 3632-3637; Stefano A. Cerrato, La prededuzione dei crediti dei professionisti tra conferme e prospettive, nota a Cass., sez. 1, 21/11/2018 n. 30114, in Giurisprudenza italiana 2019, 5, pagg. 1113-1115; A. Monteverde, Prededuzione del compenso dei professionisti ed accordi di ristrutturazione, nota a Cass., sez. 1, 18/1/2018 n. 1182, in Giurisprudenza italiana 2018, 3, pagg. 650-652; M. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in Giurisprudenza commerciale 2017, fasc. 5, pt. 1, pagg. 720-758; Idem, la variabile dei costi nei procedimenti di regolazione della crisi, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali 2017, 10, pagg. 1091-1100; M. Spadaro, La prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura minore nel fallimento consecutivo: tra adeguatezza funzionale ed utilità per i creditori, in Il Fallimento 2014, pagg. 544 ss.; G. Lo Cascio, La prededuzione nelle procedure concorsuali: vecchi e nuovi profili normativi ed interpretativi, in Il Fallimento, 2015, I, pag. 5; F. Cocito, La prededuzione dei crediti sorti nel concordato preventivo: limiti e criteri per il riconoscimento di un trattamento preferenziale ai professionisti, in Il Fallimento 2014, pagg. 921 ss.
[7] 
Cass., Sez. 1, 8/4/2013, n. 8534, che, rispetto ad una fattispecie anteriore all’entrata in vigore dei decreti legislativi nn. 5 del 2006 e 169 del 2007, ha ritenuto che, nell’ambito di un fallimento seguito ad una procedura di concordato ammessa, la prededucibilità del credito del professionista che aveva assistito il debitore ai fini dell’ingresso nella procedura di concordato dovesse essere riconosciuta solo se fosse stata dimostrata “l’adeguatezza funzionale” dell’attività svolta dal professionista, in termini di “nesso di funzionalità tra l’attività e il buon esito della procedura e di effettiva utilità per i creditori”; sulla stessa linea di pensiero, Cass., Sez. 1, 17/4/2014, n. 8958, secondo la quale la collocazione in prededuzione del credito per attività giudiziale compiuta dall’avvocato in relazione a processi pendenti alla data dell’apertura del concordato preventivo del cliente sarebbe subordinata all’accertamento dell’adeguatezza funzionale di quell’attività rispetto agli interessi della massa dei creditori, in termini di accrescimento dell’attivo o di salvaguardia della sua integrità; cfr. anche Cass., Sez. 1, 18/12/2015, n. 25589. Al di fuori della sequenza procedimentale iniziata con la domanda di concordato preventivo e terminata con la sentenza di fallimento, alla nozione di utilità per la massa dei creditori, ai fini del riconoscimento del carattere della prededucibilità del credito scaturente da una determinata attività, avevano fatto ricorso Cass., Sez. 1, 7/3/2013, n. 5705 e Cass., Sez. 1, 5/3/2012, n. 3402.  
[8] 
Cass., Sez. 1, 10/9/2014, n. 19013; Cass., Sez. 1, 4/11/2015, n. 22450; Cass., Sez. 1, 18/12/2015, n. 25589, che argomenta nel senso che il decreto di ammissione è il presupposto necessario per la verifica della sussistenza dell’ulteriore elemento dell’utilità della prestazione a vantaggio della massa dei creditori; Cass., Sez. 1, 18/1/2018, n. 1182, con riferimento al credito per l’attività professionale prestata ai fini dell’omologazione, poi conseguita, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, seguito dal fallimento del debitore; Cass., Sez. 1, 16/5/2018, n. 12017.
[9] 
Cass., Sez. 1, 28/10/2019, n. 27538; Cass., Sez. 1, 25/11/2019, n. 30695. 
[10] 
Cass., Sez. 1, 2/7/2020 n. 13596. Sul tema, v. M.L. De Rosa, Insussistenza della prededuzione per il credito del professionista a seguito della revoca del concordato preventivo ex art. 173 L.F. (nota a Cass., sez. 1, 15/5/2020, n. 9027), in Giustiziacivile.com, 2020, fasc. 7 pagg. 8 ss.
[11] 
Verifica che, oltre a non essere richiesta da alcuna norma, si porrebbe in contrasto con la natura di obbligazione di mezzi della prestazione professionale.
[12] 
Come si esprime l’art. 111, comma 2 L. fall.
[13] 
Per le ragioni che si espliciteranno nel corso del presente contributo.
[14] 
Prededuzione riconosciuta da Cass., Sez. 1, 28/6/2019, n. 17596.
[15] 
Frutto di una petizione di principio appare l’arresto di Cass., sez. 1, 29/5/2019, n. 14713, che, per giustificare la prededucibilità da riconoscere ai crediti di terzi, scaturenti da atti legalmente compiuti dall’imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, afferma implicitamente che la procedura di concordato preventivo inizierebbe già con la domanda, a prescindere dal provvedimento di ammissione. 
[16] 
Sul tema della consecuzione v. A. Didone, Note minime sulla consecuzione di procedure, su Giust. civ. 2010, 2458, in nota a Cass., Sez. 1, 6/8/2010, n. 18437; A. Pazzi, l’infinito mondo della consecuzione fra procedure concorsuali, in Il Fallimento 2015, pagg. 27 ss.
[17] 
Cass., Sez. 1, 30/5/2018, n. 13687.
[18] 
Il debitore che vuole accedere al concordato esercita il potere di sciogliersi dal contratto ai sensi dell’art. 169 bis L. fall. su autorizzazione del Tribunale o del giudice delegato, sulla base della funzionalità o meno di quel contratto rispetto alla proposta e al piano di concordato da presentare o presentato. Il curatore, invece, nell’esercizio del potere attribuitogli dal’art. 72 L. fall., ha di mira solo la massimizzazione e la salvaguardia dell’attivo nell’interesse dei creditori concorsuali. 
[19] 
In quest’ottica, Cass., Sez. 1, 22/11/2007, n. 24330; contra, Cass., Sez. 1, 6/8/2010, n. 18437.
[20] 
Cass., Sez. 1, 5/3/2019, n. 6381.
[21] 
Deve intendersi, anche sopravvenuta all’ammissione del concordato preventivo, a causa della revoca ex art. 173 L. fall. o del mancato raggiungimento delle maggioranze previste per l’approvazione o del diniego di omologazione ex art. 180 L. fall. 
[22] 
Per la consecuzione tra procedure come “fenomeno generalissimo” v. Cass., Sez. 1. 11/6/2019, n. 15724.
[23] 
Così come anche nel caso che il concordato, aperto, sia revocato ex art. 173 L. fall. o dichiarato inammissibile per mancata approvazione ex art. 179 L. fall. o ne venga negata l’omologazione ex art. 180 L. fall. e, non necessariamente senza soluzione di continuità, sia dichiarato il fallimento quale sbocco terminale della crisi che aveva portato il debitore alla presentazione della domanda di concordato. 
[24] 
L’art. 170 CCII ha, infatti, ripreso la norma dell’art. 69 bis comma 1 L. fall. sui limiti temporali all’esercizio delle azioni revocatorie e d’inefficacia di cui ai nuovi artt. 163 e ss. CCII (corrispondenti agli artt. 64 ss. L. fall.), ma non quella sulla retrodatazione del periodo sospetto di cui al comma 2 dell’art. 69 bis L. fall.
[25] 
Sin da epoca antecedente alla presunta “positivizzazione” di quel “postulato”, con l’introduzione, nell’ambito dell’art. 69 bis L. fall., del comma 2 (avvenuto con D.L. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012), che ha fissato il dies a quo del computo alla data della (pubblicazione nel registro delle imprese della) domanda di accesso al concordato, anticipandolo rispetto alla data assunta dalla giurisprudenza, che era quella del decreto di apertura della procedura ex art. 163 L. fall.
[26] 
Cass., Sez. 1, 7/1/1965, n. 3; Cass., Sez. 1, 26/11/1960 n. 3147; Cass., Sez. 1, 27/10/1956, n. 3981.
[27] 
Per l’esistenza della riferita simmetria, Cass., Sez. 1, 5/3/2014, n. 5098; Cass., Sez. 1, 14/3/2014, n. 6031; Cass., Sez. 1, 9/5/2014, n. 10110. 
[28] 
In perfetta aderenza con l’etimologia, dal verbo deponente latino “fungor”, soddisfo, completo, porto a compimento.
[29] 
In un’ottica, dunque, affatto diversa da Cass., Sez. 1, 6/8/2010, n. 18437.
[30] 
Dovrebbe dunque appartenere al passato l’orientamento di Cass., Sez. 1, 6/6/2018, n. 14671. 
[31] 
A. Pazzi, L’espressione del principio di inerenza delle spese processuali all’interesse tutelato a mezzo della regola della tara del ricavato e della prededuzione, in nota a sentenza Trib. Napoli Nord, sez. III, 9/12/2019, in Rivista dell’esecuzione forzata, fasc. 2, pagg. 463-480; sul controverso tema della prededuzione nell’ambito dei processi di espropriazione forzata, v. A. Auletta, “Le prededuzioni” nell’esecuzione forzata, con particolare riferimento alle spese di amministrazione e gestione del bene pignorato, 15/7/2018, in inExecutivis, rivista telematica dell’esecuzione forzata. 
[32] 
La non incidenza degli inadempimenti delle obbligazioni dei professionisti sulla prededucibilità dei loro crediti può argomentarsi, a contrario, dalla disposizione di cui all’art. 101, comma 2 CCII: la mala fede dei finanziatori adeguatamente dimostrata dal curatore può escludere la prededuzione solo dei crediti derivanti da finanziamenti in esecuzione di un piano di concordato omologato, in esso previsti. La ragione è chiara: la mala fede dei finanziatori si pone all’esterno del contratto di finanziamento e non ne inficia l’adempimento dell’obbligazione a loro carico, visto che quello che essi dovevano fare (finanziare l’esecuzione del piano) lo hanno fatto. L’unica forma di sanzione per loro, dunque, non potrebbe che essere la perdita del carattere prededucibile del loro credito ed il suo declassamento al rango chirografario. V. F. Briolini, Problemi vecchi e nuovi in tema di finanziamenti nel concordato preventivo, Relazione al Convegno “Il codice della crisi e dell’insolvenza. La composizione assistita e la regolazione concordata”, Roma, 12 aprile 2019, in Banca Borsa e titoli di credito 2020, fasc. 2, pt. 1, pagg. 163-177. 

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