Il dato da cui muovere è che la nuova norma dispone che il programma di liquidazione passa per l’esame del giudice, prima della sottoposizione dello stesso al comitato dei creditori per l’approvazione, e che, quindi, è il giudice delegato a dover decidere se trasmettere il programma al comitato, il quale, a sua volta, è chiamato a pronunciarsi sull’approvazione solo in subordine al giudizio positivo espresso dal giudice delegato.
Orbene, l’attribuzione di un potere di veto, in precedenza inesistente, che condiziona l’intero procedimento di approvazione del programma, senza che contestualmente siano fissati i criteri in base ai quali il giudice deve decidere se disporre o negare la trasmissione del programma al comitato dei creditori né, tanto meno, richiamare il concetto di ritualità dello scrutinio, è indice, a mio avviso, della volontà del legislatore di assegnare al giudice ampi margini di discrezionalità che gli permettono anche una verifica sostanziale di conformità ai criteri di economicità (quale ottimizzazione dei risultati in relazione alla natura dei beni disponibili), di efficacia (quale idoneità delle proposte alla cura effettiva degli interessi da perseguire), di congruenza teleologia e funzionale (congruità della previsione sulle procedure competitive, adeguatezza della motivazione per preferire una vendita particellizzata a quella unitaria dell’azienda o di un ramo di essa; ragionevolezza dei tempi e modi della liquidazione, e così via), che sfocia inevitabilmente in un sindacato sul merito delle scelte fatte dal curatore[6].
Ed infatti, proprio a causa di questa nuova distribuzione di poteri tra organi, nell’art. 213 non è stato riprodotto il comma quinto dell’art. 104 ter L. fall. che attribuisce al comitato il potere di “proporre al curatore modifiche al programma presentato”; a dimostrazione, cioè, che il comitato può o non approvare il programma visionato dal giudice, ma non può evidentemente chiedere di modificarlo, altrimenti la valutazione preventiva perderebbe significato. Se, come correttamente si è detto[7], la ratio della anticipazione del sindacato giudiziale consiste “nell’opportunità, avvertita dal riformatore, di assicurare un controllo non parcellizzato e atomistico sui singoli atti programmati, ma globale e onnicomprensivo sulla pianificazione delle vendite”, una tale finalità verrebbe elusa se il controllo del giudice sul piano di liquidazione globalmente inteso- che, a salvaguardia della molteplicità degli interessi attraversati dal fenomeno dell’insolvenza, deve tener conto del risultato complessivo che le singole operazioni liquidatorie sono in grado di determinare in ragione del loro interagire- non implicasse una valutazione di opportunità e convenienza delle scelte del curatore.
Certo, in questo modo il nuovo codice riafferma la centralità del giudice delegato benchè siano state eliminate dal tessuto normativo dell’art. 216 quelle disposizioni che gli consentivano addirittura di dettare le modalità delle vendite, ma, a ben vedere, il controllo penetrante di merito del giudice nella fase iniziale della presentazione del programma di liquidazione trova ulteriore conferma, per la sua coerenza sistematica, proprio nell’abolizione di quei poteri. Se, infatti, in presenza della originaria versione dell’art. 216 diventava superfluo (o comunque eccessivo) un sindacato di merito preventivo del giudice, essendo questi l’organo che poi avrebbe deciso le modalità delle vendite, una volta abolito questo potere originariamente previsto dall’art. 216, si giustifica, non volendo lasciare il curatore e il comitato dei creditori arbitri assoluti della liquidazione dell’attivo, l’attribuzione al giudice delegato di una valutazione preventiva di merito, che, come sembra convenire anche la relazione accompagnatoria a D.Lgs. n. 83 del 2022, è utile a soddisfare le esigenze di controllo e verifica dell’operato del curatore e idoneo a rendere più rapido ed efficiente il sistema delle vendite rispetto a quello previsto nella originaria versione del codice, potenzialmente foriero di lungaggini. Efficientismo che si giustifica proprio con il fatto che vi è a monte, al momento della formazione del programma di liquidazione, un penetrante controllo del giudice, che rende superflui interventi successivi dello stesso organo; sicchè la riscrittura dell’art. 216 va letta non come un ripensamento ad attribuire al giudice un ruolo centrale nella fase liquidatoria, ma come una conferma della riconquistata sua centralità, come peraltro riconosciuto nella Relazione al D.Lgs. n. 83/2022, quando si dice che “Le modifiche all’articolo 216 sono speculari all’impostazione dell’articolo 213 e tendono a chiarire le modalità di vendita e di informativa al giudice delegato per una più completa vigilanza”.
A questo si aggiunge la ripristinata (almeno in parte) procedimentalizzazione delle vendite competitive come delineate nel secondo comma dell’art. 216, con la riproduzione di gran parte della disciplina dettata per le vendite secondo il codice di rito, di modo che una verifica legale del rispetto delle regole da parte del giudice è connaturato al ruolo di vigilanza e di controllo da questi svolto e non sarebbe stato necessario prevedere un intervento a monte; l’attribuzione al giudice di una verifica preventiva, con correlativo diritto di veto al proseguimento dell’iter di approvazione del programma di liquidazione, si spiega col fatto che le vendite competitive, seppur parzialmente procedimentalizzate, richiedono scelte strategiche a monte determinanti, sulle quali il legislatore ha inteso rispristinare un controllo del giudice[8].
Ed allora si spiega anche perché non è stata riprodotta nell’art. 213 la definizione che il programma di liquidazione presentato dal curatore “costituisce l'atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell'attivo”, proprio a significare che il programma, seppur sempre rapportabile all’iniziativa del curatore, non è più un atto esclusivo dello stesso, ma frutto della collaborazione con il giudice, che sullo stesso può esercitare un controllo di merito e operare un diritto di veto ove non d’accordo sulle scelte in esso contenute, che implica anche la possibilità di interlocuzione col curatore per apportare eventuali modifiche al programma.
Si spiega, inoltre, la diversa terminologia utilizzata nel terzo comma dell’art. 216, per il quale “il curatore può proporre nel programma di liquidazione” che le vendite vengano effettuate dal giudice delegato, rispetto alla dizione dell’art. 107, comma 2, L. fall., per il quale il curatore “può prevedere nel programma di liquidazione ….”, ove il verbo proporre, al posto di prevedere, sottolinea che non è il curatore che decide, ma avanza una proposta che va sottoposta al vaglio del giudice delegato, al quale viene indirizzato il programma e che è l’organo che stabilisce se tale programma possa essere rimesso al comitato dei creditori per l’approvazione.
Del resto, il comma quarto dell’art. 216, quando prevede che “Le vendite di cui ai commi 2 e 3 sono effettuate con modalità telematiche tramite il portale delle vendite pubbliche, salvo che tali modalità siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura”, implicitamente attribuisce proprio al giudice, sia nel caso delle vendite competitive informali di cui al comma 2 che delle vendite secondo il codice di rito di cui al comma 3 (riprendendo in tal caso la previsione di cui al comma 4 dell’art. 569 c.p.c.), una valutazione di merito circa la ricorrenza dei requisiti che consentono di non ricorrere alla vendita con modalità telematiche[9]. Egualmente il secondo comma dell’art. 213, quando fissa la presunzione di non convenienza a proseguire l’attività di liquidazione dopo sei infruttuosi esperimenti di vendita, lascia al giudice la libertà di valutare l’esistenza di giustificati motivi (che richiede uno vaglio nel merito) per continuare la liquidazione.
È sempre il giudice delegato che, a norma del secondo comma dell’art. 216 dà l’ordine di liberazione dell’immobile oggetto di vendita o già aggiudicato, emana le disposizioni per attuarlo, cui il curatore deve attenersi, può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’art. 68 c.p.c., a conferma della nuova centralità assunta dal giudice delegato, tanto da attribuirgli anche il compito di dettare le modalità di liberazione[10].
Ed ancora, l’art. 122, comma 1, lett. e), allorchè attribuisce al giudice il potere di autorizzare “ il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto quando è utile per il miglior soddisfacimento dei creditori”, consente al giudice di valutare l’opportunità delle proposte del curatore, essendo indubbio che il giudice possa, ad esempio, negare l’autorizzazione a promuovere un’azione che ritenga infondata e non sia pertanto utile per il miglior soddisfacimento dei creditori, come espressamente richiede l’attuale norma, a differenza dell’art. 25 L. fall. che non conteneva questo ultimo inciso. E se una tale valutazione compete al giudice quando non è ancora approvato il programma di liquidazione o l’esercizio dell’azione non è inclusa nello stesso, diventa illogico escludere che lo stesso potere il giudice non abbia nel momento in cui è chiamato a decidere se far proseguire l’iter approvativo del programma nel quale tale intenzione del curatore è esplicitata, salvo ad ammettere che il giudice possa disporre la trasmissione al comitato di un programma che comprenda l’esercizio di una azione giudiziaria ritenuta inopportuna e poi non autorizzare la stessa, pur essendo conforme al programma.
In linea più generale, ove non sia ancora approvato il programma di liquidazione, è il giudice che autorizza il curatore alla liquidazione dei beni sentito il comitato dei creditori se già nominato (art. 203, comma 6), o all’esercizio provvisorio (art. 211, comma 3) o all’affitto di azienda o di rami di essa (art. 212, comma 1) a dimostrazione che la legge non esclude la possibilità di ingerenze del giudice nel merito delle scelte gestionali del curatore quando manca un programma di liquidazione, giacchè, se questo è stato approvato vuol dire che ha già superato lo scrutinio di merito del giudice.
Significativa è anche la correzione apportata dall’art.196 alla pari previsione dell’art. 87 bis L. fall.. Questo consente di restituire, su istanza della parte interessata e con decreto del giudice delegato i “beni mobili sui quali i terzi vantino diritti reali o personali chiaramente riconoscibili”, previo “consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato”, omettendone la inventariazione; la nuova norma ha sostituito al consenso del curatore e del comitato dei creditori il parere espresso da tali organi, di modo che l’attuale formula, non solo libera il giudice dal vincolo del consenso di tali organi- ristabilendo una coerenza tra l’attività svolta dal giudice in questo frangente e quella che avrebbe espletato in sede di verifica delle domande di rivendica e restituzione ai sensi dell’art. 210 di cui si esplicita la deroga- ma fa chiaramente capire che il parere del comitato è richiesto se tale organo è già costituito, altrimenti se ne fa a meno[11] in quanto provvede il giudice.
Concetto che trova una puntuale applicazione nella liquidazione controllata, ove il programma di liquidazione, che deve avere lo stesso contenuto indicato nei commi 3 e 4 dell’art. 213, è approvato dal giudice delegato (art. 272, comma 2), con tutti i relativi poteri di indagine e verifica di merito. Nella procedura da sovraindebitamento non è prevista la figura del comitato dei creditori, ma, se si pone mente al fatto che la liquidazione controllata mutua l’impianto della liquidazione giudiziale, che le vendite effettuate in entrambe le procedure hanno natura coattiva ed hanno in comune la predisposizione di un programma di liquidazione che indica le linee programmatiche da seguire, si vede come il legislatore, nel prevedere nella liquidazione giudiziale, la trasmissione del programma di liquidazione al giudice, il quale stabilisce se sottoporre poi il documento all’approvazione del comitato dei creditori, abbia inteso uniformare i poteri dell’organo giudiziario nelle due procedure, adattandoli, nella identità della natura e funzione delle vendite, alle diverse strutture organizzative: in quella da sovraindebitamento, in mancanza del comitato dei creditori, tali poteri si estrinsecano direttamente nell’approvazione, per cui giustamente non è stato richiamato il comma settimo dell’art. 213, in quella maggiore, ove è prevista la nomina del comitato dei creditori, si traducono in un vaglio preliminare che precede l’approvazione da parte del comitato, che, infatti, non può più proporre modifiche del piano.
Quello che si intende dire è che attribuire al giudice un intervento nel merito del programma non è eterodosso rispetto alle funzioni del giudice delegato in tema di inventariazione, gestione e liquidazione dell’attivo.
Il fatto è che l’emarginazione dell’organo giudiziario conseguente alla riforma degli anni 2006/2007 per un verso, presentava aspetti di incostituzionalità per eccesso di delega, richiedendo la relativa legge che il curatore predisponesse “un programma di liquidazione da sottoporre, previa approvazione del comitato dei creditori, all’autorizzazione del giudice delegato”[12], e, per altro verso, l’intero meccanismo non ha avuto una proficua applicazione nella pianificazione e organizzazione della procedura, tant’è che il CSM, da ultimo con delibera 20 luglio 2022, nel raccogliere le buone prassi in tema di liquidazione formatesi nel vigore della legge fallimentare, precisa che “si rivela particolarmente utile -specie per garantire uniformità di applicazione da parte dei curatori e facilitare le verifiche da parte del giudice delegato - che ciascuna sezione predisponga una circolare sulle modalità di liquidazione che contenga le condizioni generali e favorisca l’adozione da parte dei curatori di bandi omogenei per le singole tipologie di vendita” (pag. 56) e, più specificatamente quanto al programma di liquidazione, che “al fine di consentire un più attento e consapevole monitoraggio dell’operato del curatore, può raccomandarsi agli uffici l’adozione di indicazioni ai curatori circa le informazioni da rendere in sede di stesura del programma di liquidazione” (pag. 58).
Segnali inequivoci che già nel vigore della legge fallimentare era nella prassi avvertita l’esigenza di un cambiamento che investisse proprio i ruoli dei vari organi in modo da rendere più efficiente quello del giudice delegato. Questo fine è stato realizzato, più che positivizzando quelle prassi virtuose avallate e sponsorizzate dal CSM (destinate comunque a condizionare l’operato dei curatori), attribuendo al giudice, con una forma di nemesi storica, quello stesso potere di veto che nella versione originaria dell’art. 104 ter L. fall. spettava al comitato, che poteva, con il suo parere negativo che, ovviamente investiva il merito, bloccare l’autorizzazione del giudice. Esattamente come allora il comitato, ora il giudice dà un parere positivo a che possa proseguire l’iter della approvazione del programma o impedisce che ciò accada[13]; con conseguente possibilità, a tutela dei creditori, di impugnare il provvedimento ai sensi dell’art. 124, che consente al tribunale una valutazione di merito, nel mentre i provvedimenti del curatore e del comitato dei creditori sono impugnabili, ai sensi dell’art. 133 e dell’art. 141 esclusivamente per violazione di legge.
Questa lettura rende più coerente al sistema l’incipit del secondo comma dell’art. 216, per il quale “Le vendite …. sono effettuati dal curatore o dal delegato alle vendite …”; espressione tecnica precisa che richiama quella del “delegato alle operazioni di vendita” di cui tratta l’art. 591-bis. c.p.c. e che consente di superare l’opinione in precedenza formatasi, secondo cui il curatore non poteva servirsi del professionista delegato, fondata sulla ben diversa formula di cui al quarto comma dell’art. 104 ter L. fall.[14]. Nuovo potere attribuito al curatore, che si inserisce armonicamente nel nuovo sistema di approvazione del programma di liquidazione (nel quale il curatore deve indicare se intende affidare la vendita ad un delegato), su cui il giudice ha già esercito un controllo anche di merito.
Di contro, per le attività che non vanno indicate nel programma di liquidazione, i poteri del curatore sono stati ristretti, come per la nomina dello stimatore. Dal combinato disposto degli artt. 87, comma 2 e 107, comma 1, L. fall. si deduce chiaramente che il curatore deve servirsi di un esperto per la stima dei beni che non siano di modesto valore e che lo stimatore è nominato dal curatore, il quale per tale nomina non ha bisogno di autorizzazione, né del giudice delegato né del comitato dei creditori; da qui la conseguenza che lo stimatore non è equiparabile ad un coadiutore (per la cui nomina è necessaria l’autorizzazione del comitato dei creditori a norma del secondo comma dell’art. 32 L. fall.), ma è un professionista al quale il curatore affida un incarico professionale. Il nuovo codice segue apparentemente la stessa linea ribadendo nell’art. 195 (che riprende l’art. 87 L. fall.) che è il curatore che nomina uno stimatore quando occorre[15], ma, il primo comma dell’art. 216, nel riaffermare ulteriormente che i beni acquisiti all’attivo della procedura sono “stimati da esperti nominati dal curatore”, precisa “ai sensi dell’art. 129, comma 2, che riproduce il secondo comma dell’art. 32 L. fall., per cui ora è stabilito per legge che lo stimatore è un coadiutore, la cui nomina deve essere autorizzata dal comitato dei creditori, che, peraltro il più delle volte, si tradurrà in una autorizzazione sostitutiva del giudice delegato, a norma del comma quarto dell’art. 140, essendo difficile che nella prima fase dell’inventariazione sia già costituito il comitato dei creditori; al di là della bontà di questa scelta rimane il fatto, che qui interessa sottolineare, che per la indicazione e nomina dello stimatore, che non fa parte del contenuto del programma di liquidazione, è stata realizzata una restrizione della libertà del curatore che fa da pendant all’ampliamento dei poteri del comitato dei creditori direttamene e, indirettamente, del giudice delegato[16].