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Saggio

L’autosospensione dagli obblighi di conservazione del capitale e i nuovi quadri di responsabilità degli organi sociali*

Alberto Cimolai, Dottore commercialista in Pordenone

1 Febbraio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’autore, dopo un dettagliato esame di prescrizioni e condizionalità gestorie poste a carico degli organi amministrativi e di controllo della società dal d.l. 118/2021 convertito con modifiche nella Legge n. 147, analizza gli effetti della ivi prevista sospensione degli obblighi sulla conservazione dell’integrità del capitale e dell’impedito scioglimento del contratto sociale previsti dall’art. 8 del decreto, ed esegue un approfondimento in ordine alla fisiopatologia delle nuove attribuzioni degli organi sociali e ai riflessi sulle rispettive linee di responsabilità conseguenti a condotte incoerenti o deviate. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione: la clausola di salvaguardia
Il pattern nell’ambito del quale ė stata strutturata la composizione negoziata della crisi non poteva non comprendere una clausola di salvaguardia che sembra ormai caratterizzare tutti percorsi ristrutturativi giudiziali associati al business as a going concern.
Se ai fini dell’ammissibilità alla procedura di composizione negoziata le condizioni di solvibilità dell’impresa potranno essere le più differenziate (dalla sola probabilità di crisi fino all’insolvenza conclamata), le corrispondenti condizioni patrimoniali in cui l’imprenditore si ritroverà nella fase immediatamente antecedente alla presentazione dell’istanza potrebbero rivelarsi notevolmente deteriorate, cosicché la prosecuzione dell’attività d’impresa, se non nei ristretti ambiti imposti dall’art. 2486 cod. civ., potrebbe essergli del tutto preclusa.
Il salvacondotto introdotto dall’art. 8 del d.l. 118 viceversa rimuove ogni ostacolo legale all’avvio della fase ristrutturativa cosicché, seppur nell’ambito delle (ineludibili) condizionalità gestorie prevedute dal successivo l’art. 9, consentirà di instradare il risanamento osservando le sole regole tecniche di origine aziendalistica.
La norma non è inedita e, seppur parzialmente discostandosene, richiama alcuni provvedimenti che l’hanno preceduta sia in ambito concorsuale sia nell’ambito delle norme specificamente introdotte per fronteggiare gli effetti della crisi sanitaria.
Per quanto attiene alla normativa concorsuale vigente, ricordiamo infatti il disposto di cui all’art. 182-sexies l.fall. che prevede la disapplicazione automatica degli obblighi di conservazione dell’integrità del capitale sociale (di cui agli artt. 2446 co. 2 e 3 , 2447, 2482-bis co. 4, 5 e 6 e 2482-ter, cod. civ.) e dell’operatività della clausola di scioglimento (di cui agli artt. 2484 , n. 4 e 2545-duodecies cod. civ.):
- dalla data di deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo (anche in bianco);
- dalla domanda per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis l.fall.
In ambito concorsuale oggetto di sospensione, e dunque nel corpus di norme che costituiscono il Codice della Crisi, ricordiamo che analogo provvedimento è contenuto:
- nell’art. 20 (misure protettive) che, al comma 4, prevede che, nell’ambito della composizione assistita, il debitore possa chiedere al giudice il differimento degli obblighi sul capitale, e degli effetti solutori sul contratto sociale, fino alla sua conclusione, con facoltà di potervi conferire pubblicità camerale; 
- nell’art. 89 (riduzione o perdita del capitale della società in crisi) che, al primo comma, prevede che dal deposito della domanda di concordato preventivo e fino alla sua omologazione non si applichino e non operino tali clausole;
- nell’art. 64 (effetti degli accordi sulla disciplina societaria) che, al comma 1, prevede che dal deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione e fino all’omologazione anche qui non si applichino e non operino le medesime clausole.
Nell’ambito della normativa emergenziale ricordiamo, infine, il provvedimento di cui all’art. 6 del d.l. 23/2020 (decreto Liquidità) - convertito dall’art. 1, co. 266, della legge 178/2020 (legge di bilancio 2021) - che ha introdotto la sterilizzazione delle perdite d’impresa emerse nell’esercizio 2020, sospendendo in loro favore, e per cinque anni, le norme sulla riduzione di capitale e sullo scioglimento della società, con l’effetto di rinviare i relativi provvedimenti all’assemblea di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2025. 
2 . L’art. 8 del d.l. 118/21
La norma in esame, con un testo (centrale) pressoché identico a quello di tutti i provvedimenti sopra richiamati, opera la sospensione:
- degli articoli 2446, secondo e terzo comma, e 2447 (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società per azioni) e delle fattispecie regolate dagli articoli 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società a responsabilità limitata); 
- della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4) (per tutte le società di capitali) e 2545-duodecies del codice civile (per le società cooperative).
L’agevolazione, invero, non esenta l’impresa dagli obblighi informativi che completano la portata del precetto; la sospensione non riguarda infatti il primo comma dell’art. 2446 cod. civ. nè i primi tre commi dell’art. 2482 bis, i quali (in parallelo, pur riferiti a diverse tipologie societarie) prevedono l’onere di immediata convocazione dell’assemblea alla quale sottoporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale (o del comitato di controllo della gestione). Tali obblighi andranno dunque regolarmente assolti.
La norma, infine, si completa con le disposizioni:
- sulle modalità di ottenimento della sospensione, che si acquisirà mediante la semplice dichiarazione di volersene avvalere; 
- sul momento di presentazione della dichiarazione, che potrà coincidere con l’istanza di nomina dell’esperto ma potrà intervenire in qualsiasi momento successivo; 
- sul decorso degli effetti, che si produrranno solo dopo la pubblicazione della dichiarazione presso il registro delle imprese.
Tuttavia, prima di analizzare effetti ed esiti che la sospensione genererà su condotte e responsabilità gestorie, andranno preliminarmente e necessariamente approfondite le molteplici prescrizioni di cui il decreto legge onera l’imprenditore che intraprende il percorso negoziale. 
3 . Gli obblighi e le condizionalitá gestorie prevedute da d.l. 118 in capo all’imprenditore
Dopo l’avvio del percorso compositivo, a fronte dell’assenza di alcuno spossessamento patrimoniale, nemmeno attenuato, e quindi della conservazione in capo al debitore della gestione sia ordinaria che straordinaria dell’impresa, sono stati introdotte a carico dello stesso specifiche indicazioni di governo dell’impresa e precisi oneri informativi. 
Le indicazioni e gli oneri sono molteplici, non circoscritti in un ambito unico e collocati in diverse sezioni del decreto.
Già all’art. 4 è imposto un primo, fondamentale, onere informativo, ossia il dovere di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente (per inciso, non siamo molto distanti, pur con una diversa terminologia, dalle clausole generali del bilancio prevedute dall’art. 2423 cod. civ.). Onere all’evidenza amplissimo sia sotto il profilo oggettivo, rappresentare la propria situazione in modo completo e trasparente, sia in riferimento ai soggetti destinatari, ossia esperto, creditori e ogni altro possibile interessato (verosimilmente clienti, nuovi fornitori, investitori, potenziali acquirenti…). 
A seguire, sempre nel medesimo articolo, viene introdotta la prima indicazione generale di governo ossia quella di gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori. (art. 4 c. 5), prescrizione affatto diversa dalla gestione conservativa del valore e dell’integrità del patrimonio prevista dopo l’avverarsi di una causa di scioglimento della società dall’art. 2486 cod. civ. (quantomeno nell’interpretazione restrittiva di tale regola) che lascia aperto, e dunque consente, il giusto pregiudizio agli interessi dei creditori. Un aspetto che dovrà essere esaminato con particolare cura in quanto, se la compromissione degli interessi dei creditori risultasse legittimata dalla conservazione dell’impresa, che all’evidenza appare come l’obiettivo strategico di tutta la riforma, saremmo di fronte ad un mutamento valoriale di assoluto rilievo (che potrebbe risultare addirittura disallineato con i più recenti orientamenti comunitari).
Le successive condizionalità gestorie sono state invece collocate nell’ambito di un articolo che le rubrica più propriamente (l’art. 9, titolato “gestione dell’impresa in pendenza delle trattative”), che include le più incisive prescrizioni di governo dell’impresa e che le sottodisciplina in riferimento alle due possibili manifestazioni dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, ossia la crisi o l’insolvenza.
Viene innanzitutto premesso che, non essendo disposto alcuno spossessamento patrimoniale del debitore, restano a lui devoluti tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione dell'impresa. 
La piena devoluzione non risulta però incondizionata e trattandosi pur sempre di un’impresa che potrebbe presto uscire, se non è già uscita, dal circuito dell’adempimento ordinario, all’imprenditore viene imposto il rispetto di alcuni specifici parametri economici. 
Se l’impresa è solo in crisi non potrà essere pregiudicata la sostenibilità economico-finanziaria dell'attività e dunque, si ritiene, non sarà consentito il peggioramento dei risultati della gestione corrente, che dovranno quantomeno essere, medio tempore, mantenuti inalterati (sul presupposto che sia in corso da parte dell’esperto la valutazione, o che lo stesso abbia già raggiunto la convinzione, sulla piena risanabilità dell’impresa e che quindi siano in via di predisposizione o di attuazione i correlati piani di azione). 
Se, viceversa, si fossero già verificati gli inadempimenti che caratterizzano l’insolvenza, ma l’esperto la giudicasse (concretamente) reversibile, l'impresa andrà gestita nel prevalente interesse dei creditori e dunque non sarà verosimilmente consentita la generazione di nuove perdite d’esercizio e il turnaround dovrà essere ben più rapido e deciso (fino al limite della dissociazione proprietà/gestione acquisibile mediante la continuità indiretta).
Sempre nell’ambito dell’art. 9 vengono introdotti ulteriori oneri ma di carattere informativo, questa volta finalizzati ad ulteriormente contrappesare gli ampi poteri di governo e, dunque, per prevenire incongruenze o anomalie nell’ambito delle operazioni non ordinarie. 
L’imprenditore infatti dovrà informare preventivamente l’esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. (art. 9 c. 2).
L’esperto potrà ovviamente condividerne le motivazioni, e quindi non reagire in alcun modo, ma se rileva che gli atti straordinari o i pagamenti incoerenti possono arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, dovrà segnalare il proprio dissenso per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo. (art. 9 c. 3).
Da ciò non conseguirà alcuna limitazione gestoria in capo all’imprenditore, ma se tali atti o pagamenti verranno comunque eseguiti (si tratterà, presumibilmente, di rilevanti divergenze su strategie di conduzione dell’impresa o sull’esecuzione del risanamento) si produrrà in capo ad esso un ulteriore obbligo informativo, in quanto dovrà notificare immediatamente all’esperto la loro esecuzione per l’eventuale (o, se vi è pregiudizio ai creditori, dovuta) iscrizione del dissenso presso il registro delle imprese) (art. 9 c. 4).
Riassumendo e schematizzando, siamo quindi in presenza di una serie di prescrizioni di natura informativa, in quanto l’imprenditore dovrà:
- fornire all’esperto tutte le informazioni utili o necessarie;
- rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati in modo completo e trasparente;
- informare preventivamente l’esperto, per iscritto, della sua intenzione di compiere di atti di straordinaria amministrazione ovvero di eseguire pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento;
- informare immediatamente l’esperto dell’intervenuto successivo compimento di atti straordinari nonché dei pagamenti incoerenti in ordine ai quali l’esperto abbia espresso il dissenso;
unite ad alcune prescrizioni di natura gestoria, in quanto l’imprenditore dovrà:
- gestire il patrimonio e l’impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori;
- gestire l'impresa, se in stato di crisi, in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività;
- gestire l'impresa, se in stato di insolvenza ma esistono concrete prospettive di risanamento, nel prevalente interesse dei creditori;
che, all’evidenza, imporranno all’organo amministrativo e al collegio sindacale una ampia e marcata rifasatura dei rispettivi processi decisionali e di controllo.
4 . Gli obblighi preveduti dal d.l. 118 in capo all’organo di controllo
Riuniti, a differenza di quelli posti a carico dell’imprenditore, in un unico articolo (l’art. n. 15) gli obblighi ascritti all’organo di controllo (nella sua forma uni o pluripersonale) sono di triplice natura e di portata particolarmente incisiva.
La prima prescrizione, di carattere segnalatorio, prevede il dovere in capo a tale organo di comunicare, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei due presupposti per la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 2, che la norma individua:
1. nella condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza; 
2. nella ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa. 
Com’è evidente già dal dato testuale, la comunicazione della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza presume, a propria volta, che l’organo di controllo abbia operato una valutazione preliminare sull’esistenza di tali presupposti. 
Per quanto attiene al primo di essi, in assenza di una precisa definizione legale (quantomeno vigente) di crisi e insolvenza cui fare riferimento, ci si potrà alternativamente attenere ad un dato normativo oggi sospeso e oggetto di rinvio, ossia l’art. 2, comma 1, del Codice della crisi (che, com’è ampiamente noto, la qualifica, con un arco visuale semestrale, come inadeguatezza del flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate) ovvero utilizzare un dato di normativa secondaria anch’esso oggetto di sospensione (nonché di conferma da parte del MEF), segnatamente gli indici dell’allerta elaborati dal CNDCEC in ottemperanza al disposto di cui all’art. 14 del codice della crisi [1], oppure, infine, avvalersi di un ampio spettro di elementi non normativi costituiti dalle misurazioni e dalle determinazioni quantitative aziendali contenute nelle best practices accademiche o professionali [2]
Per quanto viceversa attiene al secondo presupposto, ossia la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa, l’organo di controllo potrà questa volta fare sicuro e diretto riferimento al test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, di cui all’art. 3, co. 2, del decreto, le cui modalità esecutive sono state dettagliatamente definite dal decreto dirigenziale dd. 28.9.2021[3].
Rilevata dunque la compresenza dei requisiti, all’organo di controllo non resterà che segnalare all’organo amministrativo la sussistenza di entrambi i presupposti per la presentazione dell’istanza di composizione negoziata. 
La segnalazione dovrà indicare le motivazioni (e dunque riferire in ordine alle analisi quantitative operate e sull’esito dei procedimenti), dovrà essere trasmessa con mezzi che assicurano la prova dell’avvenuta ricezione e conterrà la fissazione di un congruo termine, ma non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo dovrà riferire in ordine alle iniziative intraprese. 
 
La seconda prescrizione di cui è onerato l’organo di controllo concerne l’esito della segnalazione, ossia la valutazione delle iniziative intraprese. 
Iniziative intraprese, e non iniziative da intraprendere (o soluzioni individuate, come prevedeva il Codice della crisi), pone l’accento sull’atteggiamento proattivo che l’imprenditore è tenuto ad adottare immediatamente dopo aver ricevuto la segnalazione; il riscontro dell’organo amministrativo dovrà infatti consistere o nella ricevuta di presentazione dell’istanza di composizione unitamente ad una prima strutturazione del piano (quantomeno nei suoi quadri generali) ovvero in una altrettanto motivata contestazione in ordine alle analisi o alle conclusioni della segnalazione. E se la contestazione non convincerà l’organo di controllo, come nel caso di mancato riscontro, ad esso non resterà altro che avviare i procedimenti legali posti a presidio delle irregolarità di gestione.
 
Quale terza ed ultima prescrizione, la norma conferma che in pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’articolo 2403 del codice civile. 
Trattasi, all’evidenza, di un richiamo pressochè superfluo; in assenza di uno spossessamento patrimoniale e gestionale dell’imprenditore, come della presenza di una qualsiasi forma di controllo esterno (non vi è alcuna procedura aperta nei suoi confronti né sono presenti organi commissariali ma è stato esclusivamente avviato un percorso negoziale facilitato), i controlli sul rispetto della legge, dello statuto e dei principi di corretta amministrazione preveduti dall’art. 2403, dovranno essere mantenuti inalterati e dunque la norma pare assolvere sostanzialmente una funzione di richiamo. 
Ma, ancor più, va osservato che l’introduzione in capo all’imprenditore di tutte le ulteriori prescrizioni legali di natura informativa e gestoria che caratterizzano il percorso compositivo, rende ben più ampio e complesso il set di controlli di cui i sindaci si dovranno far carico.
Salva la consultazione preliminare da parte dell’esperto preveduta dal comma 5 dell’art. 5, l’organo di controllo dovrà infatti attentamente vigilare affinché:
1. l’informativa preventiva nei confronti dell’esperto di cui è onerato l’imprenditore nel caso di esecuzione di atti di straordinaria amministrazione, ovvero di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento, sia correttamente eseguita;
2. sia altrettanto tempestivamente fornita all’esperto l’informativa sull’intervenuto successivo compimento di atti straordinari, come di pagamenti incoerenti con creditori, trattative o risanamento, in ordine ai quali l’esperto abbia espresso il dissenso;
3. il patrimonio e l’impresa vengano gestiti, in generale, senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori;
4. l'impresa, se in stato di crisi, sia gestita in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività;
5. l'impresa, se in stato di insolvenza ma esistono concrete prospettive di risanamento, sia gestita nel prevalente interesse dei creditori.
Com’è evidente, la vigilanza del collegio dovrà essere notevolmente rafforzata sia in ordine al perimetro dei controlli, che dovrà estendersi fino a comprendervi pressoché tutti gli atti programmatici e gestori dell’impresa, sia nella frequenza delle verifiche, che nel semestre di sviluppo del procedimento dovrà essere marcatamente intensificata. 
5.1 . Sulle responsabilità gestorie dell’organo amministrativo
Come risulta evidente dalla ricostruzione appena esposta, la composizione negoziata ridisegna considerevolmente l’ambito delle responsabilità gestorie degli organi di amministrazione, mantenendo ad indirizzo esclusivo dell’imprenditore il governo del patrimonio e dell’impresa (l’esperto, come è noto, è normativamente definito terzo rispetto a tutte le parti) ma introducendo una serie di prescrizioni selettive ad intensità crescente modulate sulla gravità della crisi e volte a limitarne la potenziale dannosità.
In realtà, a ben vedere, non siamo in presenza di precetti particolarmente restrittivi rispetto alle ordinarie regole societarie; evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa come gestire l’impresa nel prevalente interesse dei creditori (le due previsioni dell’art. 9), sembrano infatti condotte immanenti al dovere di agire con diligenza di cui all’art. 2392 cod. civ., al dovere di conservazione dell’integrità del capitale sociale preveduto dall’art. 2394 cod. civ. e al rispetto del principio di corretta amministrazione regolato dal successivo art. 2403 [4].
Un po’ meno chiara appare tuttavia la motivazione che ha indotto il Senato all’approvazione dell’emendamento che, riformulando il primo comma dell’art. 9, ha previsto, in caso di insolvenza, l’obbligo di gestione dell’impresa conformato al prevalente interesse dei creditori nell’ipotesi in cui esistano concrete prospettive di risanamento; come se, nel caso queste ultime non esistessero, la condotta gestoria potesse viceversa deviare da quell’obbligo di tutela.
È infatti del tutto evidente che, nel caso di mancanza di prospettive di recupero dell’equilibrio economico finanziario, in crisi o insolvente che fosse l’imprenditore, si genererebbe l’obbligo in capo all’esperto (ex art. 5 co. 5) di avviare il procedimento di archiviazione della composizione; e, atteso il decorso fino a questo evento della sospensione della causa di scioglimento della società (ex art. 8 co. 1), contestualmente rivivrebbero gli obblighi di gestione conservativa dell’impresa imposti dall’art. 2486 cod. civ. che rappresentano, appunto, il principale presidio posto a tutela dei creditori. 
Considerato il testo originale del decreto, che prevedeva obblighi gestori solo in caso di probabilità di insolvenza, limitandoli al non pregiudizio della sostenibilità economico-finanziaria dell’attività, si può pensare che, di fronte ad un’indicazione gestoria esclusivamente business oriented che lasciasse il presidio ai creditori devoluto alla sola doppia interlocuzione imprenditore-esperto prevista dai successivi commi 2, 3 e 4, dunque di natura sostanzialmente informativa, si sia voluto introdurre un chiaro richiamo valoriale inserendo la precisazione che, in caso di insolvenza, l’interesse prevalente virasse dalla sostenibilità dell’impresa alla protezione dei creditori [5].
Precetti, tuttavia, per nulla agevoli da applicare in concreto di fronte alla complessità e, soprattutto, alla stretta interdipendenza dei processi aziendali; operando in un sistema dinamico e interconnesso potrebbe anche accadere che, nell’agire unidirezionale a presidio di uno specifico interesse si possa finire per arrecare al soggetto tutelato, seppur indirettamente, un danno. 
In un simile, incerto, contesto interviene molto opportunamente il decreto dirigenziale che, proprio al fine di indirizzare l’impresa nei diversi contesti in cui si assumono le scelte gestorie, individua gli obiettivi economici a cui l’imprenditore dovrà tendere, o le condotte a cui dovrà attenersi, declinandole in riferimento alle diverse condizioni di solvibilità in cui l’impresa potrebbe dibattersi (in crisi o insolvente).
In particolare, per quanto attiene agli obiettivi economici da assicurare in caso di (sola) crisi ed al fine di non cagionare pregiudizio alla sostenibilità economico finanziaria dell’impresa, il decreto precisa che non vi sarà di regola danno quando ci si attende un margine operativo lordo (MOL) positivo [6] o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori derivanti, secondo una ragionevole previsione, dalla continuità aziendale (che possono, esemplificativamente, prodursi con una più proficua gestione del magazzino o con un più efficiente incasso dei crediti, oppure permettendo il completamento dei lavori in corso, ovvero, e soprattutto, consentendo la cessione del compendio aziendale in funzionamento rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono) (sez. II° par. 7.5 decr. dirig.).
Più sfumata, viceversa, l’indicazione relativa alle condotte che non risultano generative di pregiudizio agli interessi dei creditori, da osservare in caso di insolvenza. In questo caso viene solo citata l’assenza di pregiudizio nell’ambito dei finanziamenti quando essi siano necessari ad assicurare la continuità aziendale e l’impresa sia in grado di rimborsarli attraverso i soli flussi derivanti dalla continuità stessa, mentre il pregiudizio è viceversa accertato quando le utilità per i creditori vengano compromesse, anche solo parzialmente, dalla maggiore esposizione debitoria derivante dal finanziamento (sez. II° par. 7.8 decr. dirig.). 
La motivazione di questa meno articolata esemplificazione risiede, verosimilmente, nel disallineamento temporale fra la pubblicazione del decreto dirigenziale, intervenuta in data 28.9.2021, e la (successiva) approvazione da parte del Senato dell’emendamento al decreto legge che dissocia le prescrizioni gestorie nei diversi casi di crisi e di insolvenza, intervenuta in data 13.10.2021, dissociazione che risultava assente nella prima versione della norma e che dunque il decreto dirigenziale non poteva né conoscere né, appunto, articolare. 
Ma non vi è alcun dubbio che la questione più delicata sulla quale riflettere è rappresentata dagli effetti derivanti dalla sospensione degli obblighi sull’integrità del capitale. 
La norma, in particolare, sterilizza gli effetti:
- degli articoli 2446, secondo e terzo comma, e 2447 (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società per azioni) e di quelli regolati dagli articoli 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma e 2482-ter del codice civile (rispettivamente per la perdita di oltre un terzo del capitale, senza e con la riduzione al di sotto del minimo legale, per le società a responsabilità limitata); 
- della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, n. 4) (per tutte le società di capitali) e 2545-duodecies del codice civile (per le società cooperative).
La sospensione, nelle sue diverse articolazioni, è volta a garantire che nel corso delle negoziazioni l’imprenditore non venga assoggettato agli obblighi di ricapitalizzazione o di scioglimento a fonte di perdite superiori al terzo del capitale sociale; è infatti verosimile che le condizioni patrimoniali di chi si approssima al percorso compositivo, e forse in una rilevante quantità dei casi, risultino marcatamente compromesse e che dunque si stia per generare, se non si è già generata, la causa di scioglimento con i connessi obblighi ricostitutivi. 
La norma consente in questo modo di poter integrare i provvedimenti sul capitale nell’ambito dei piani di risanamento, cosi da poterli attuare nella loro fase esecutiva; con l’ulteriore effetto che le risorse per la ricostituzione potrebbero anche autogenerarsi sottoforma, ad esempio, di conversione di debiti in capitale oppure mediante rilascio di specifici appropriati strumenti finanziari partecipativi ovvero mediante la generazione di utili, da imputarsi a capitale, rivenienti da sopravvenienze attive originate dalla riduzione concordata di debiti. Una mutazione della regola del “ricapitalizza o liquida” che, in questo modo, evolverebbe in “ricapitalizza, liquida o rinegozia” [7].
Ricapitalizzazione che, peraltro, si risolverebbe in una sanatoria di tutte le eventuali responsabilità per danni cagionati ai creditori da perdite incrementali maturate anche prima della richiesta di sospensione; ciò in quanto lo scioglimento della società si produce automaticamente ed immediatamente salvo il verificarsi della condizione risolutiva costituita dalla reintegrazione del capitale e quindi, con il verificarsi dell'anzidetta condizione, lo scioglimento verrebbe meno con effetto ex tunc [8].
La perdita del capitale riverbera però i suoi effetti anche nel perimetro di operatività dell’art. 2484, primo comma, n. 4) (per tutte le società di capitali) e 2545-duodecies del codice civile (per le società cooperative) configurando, come è noto, una causa di scioglimento della società, con il conseguente obbligo in capo agli amministratori, in forza del disposto di cui all’art. 2486 cod. civ., di gestire la società al solo fine di conservare l’integrità e il valore del patrimonio, pena la responsabilità risarcitoria - personale e solidale - per i danni arrecati a società, soci e creditori per l’inosservanza di tale norma; precetto all’evidenza incompatibile con il percorso negoziale e il processo di risanamento che, seppur orientati al riequilibrio della situazione economico-finanziaria, presuppongono la prosecuzione dell’attività, con la conseguente accettazione di nuovo rischio d’impresa che, all’evidenza, non preclude il conseguimento di nuove perdite di gestione. 
Ad evitare questo ulteriore impedimento, il decreto interviene con la seconda parte dell’art. 8, inertizzando l’effetto solutorio del contratto sociale e legittimando la prosecuzione della gestione imprenditoriale senza obbligo di mantenimento della garanzia patrimoniale né aggravi di responsabilità per danni incrementali.
Andranno però attentamente esaminati sia i limiti temporali che quelli “spaziali” di questa disposizione, in quanto la sua portata non risulta del tutto illimitata e il suo utilizzo genera conseguenze che andranno altrettanto bene valutate.
Va preliminarmente osservato come l’ottenimento della sospensione non sia soggetto ad alcuna autorizzazione o conferma, né amministrativa né giudiziale; si tratta, dunque, di una vera e propria autodisattivazione degli obblighi di integrità del capitale e dell’automatico scioglimento dell’ente sociale conseguiti mediante una semplice espressione di volontà, che si manifesterà formulando una dichiarazione che potrà essere resa sia con l’istanza di nomina dell’esperto sia in un qualsiasi momento successivo, e la condizione permarrà inalterata fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione
La dichiarazione andrà però pubblicata presso il registro delle imprese, solo da quel momento decorreranno infatti i suoi effetti, e questo, va detto, genererà un non marginale contraccolpo relazionale in quanto la riservatezza del procedimento verrà inevitabilmente compromessa; d’altra parte, è altrettanto inevitabile che di tale perdita di garanzia vengano resi edotti coloro che accordano credito sul presupposto della sua legale esistenza e persistenza. 
Per quanto viceversa attiene alle dimensioni “spaziali” della sospensione, gli unici presidi posti a fronte di un’illimitata espansione delle perdite (incrementali) di patrimonio risiedono nelle precise condizionalità gestorie prevedute dal primo comma dell’art. 9, segnatamente nella preclusione al pregiudizio della sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa o, in caso di insolvenza, all’interesse dei creditori.
Entro questi limiti, e dunque entro i confini della sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa in crisi, saranno sopportate perdite incrementali se ed in quanto coerenti, e dunque finalizzate, all’esecuzione del piano di risanamento. 
Solo in caso di insolvenza le perdite incrementali dovranno orientarsi verso l’interesse dei creditori, e dunque saranno introitabili solo se il risultato che si prefigurano è rappresentato non tanto, o non solo, dal risanamento dell’impresa ma (verosimilmente) da un maggior realizzo in sede di liquidazione.
Sarà dunque un preciso compito dell’esperto, preliminarmente edotto della volontà di compimento di un atto incoerente o dannoso e, dopo l’espressione di un eventuale dissenso, successivamente informato della sua esecuzione, non intervenire ovvero iscrivere il dissenso presso il registro delle imprese ovvero ancora, nel caso più estremo, ossia quando l’atto dovesse compromettere le prospettive di risanamento, darne notizia all’imprenditore e alla struttura camerale per far disporre l’archiviazione della composizione. 
E di tali atti e condotte gli amministratori ne risponderanno specificatamente a creditori, soci o terzi in forza del disposto di cui agli articoli 2392 e seguenti cod. civ., posto che, come ricorda anche l’ultima parte del 1° comma dell’art. 9 (e con l’ulteriore richiamo, posto all’art. 12 in tema revocatorio, in ordine agli atti, i pagamenti e le garanzie, dannosi o incoerenti, compiuti nel corso del procedimento compositivo), restano del tutto ferme le responsabilità dell’imprenditore.

Ma mentre danni specifici, rivenienti da atti lesivi o incoerenti, potranno essere sempre arrecati e quindi divenire risarcibili - inespresso, espresso o pubblicato il dissenso dell’esperto che sia - non potrà viceversa ritenersi mai inoperante la sospensione della responsabilità per perdite d’impresa incrementali, posto che il suo limite temporale si estende, incondizionato, fino alla conclusione delle trattative o, se antecedente, all’archiviazione della negoziazione. 
Ma a questi fini andranno meglio approfonditi gli effetti connessi agli obblighi di natura informativa.
Ricordiamo che il quadro informativo che l’imprenditore è tenuto a condividere con l’esperto risulta estremamente ampio e particolareggiato; esso dovrà infatti fornire a quest’ultimo, se richieste, tutte le informazioni utili o necessarie (art. 4 co. 2), rappresentare la propria situazione in modo completo e trasparente (art. 4 co. 5), informarlo preventivamente della sua intenzione di compiere atti di straordinaria amministrazione (art. 9 co. 2) ovvero di eseguire pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento (art. 9 co. 2) e, infine, condividere immediatamente l’intervenuto successivo compimento di atti straordinari nonché di pagamenti incoerenti in ordine ai quali l’esperto abbia espresso il dissenso (art. 4 co. 4).
Risulta del tutto evidente la finalità di questa condivisione: l’esperto è tenuto ad operare una valutazione costante e concomitante sull’andamento della gestione in quanto, se e quando dovesse rilevare la compromissione delle prospettive di risanamento, le trattative e la composizione dovranno essere immediatamente interrotte. Appare dunque assolutamente centrale che l’informativa finanziaria gli pervenga in modo integro, completo e trasparente, e non risultino in alcun modo omesse notizie rilevanti.
Ma, per la delicatezza e l’importanza risolutiva di queste informazioni, è proprio in quest’ambito che potrebbero generarsi resistenze, opacità o vere e proprie dissimulazioni.
Ci si riferisce a tutte quelle passività certe o ancora potenziali, note all’imprenditore, che potrebbero essere celate o sottostimate per evitare che possano squilibrare o compromettere il risanamento e, con esso, il (già di per sé delicato e incerto) percorso negoziale. 
Si citano, solo esemplificativamente, possibili garanzie rilasciate a clienti o a terzi che l’imprenditore cela in quanto, diversamente, si renderebbero necessari appropriati accantonamenti; giacenze di magazzino dichiarate utilizzabili in realtà legate a prodotti o processi in dismissione; crediti dichiarati esigibili ma, in realtà, connessi a forniture in contestazione; richieste di risarcimento non rese manifeste, controversie con il personale non ancora approdate in giudizio, irregolarità tributarie o previdenziali non ancora formalmente accertate, danni ambientali commessi ma non ancora rilevati dalle autorità di controllo, e cosi via.
Appare evidente che, se l’omissione di una o più di queste informazioni risultasse determinante nel fuorviare il giudizio dell’esperto sulla perseguibilità del risanamento, ci troveremmo di fronte ad un avvio, o ad una prosecuzione, del percorso compositivo carente di una imprescindibile condizione giuridico-economica e dunque del tutto illegittimo; e se si rilevasse che la conoscenza degli elementi dissimulati si era rivelata determinante nel provocare l’archiviazione del procedimento, mentre lo stesso è stato comunque avviato o proseguito, potrà legittimamente sostenersi che la sospensione degli obblighi sull’integrità del capitale, se dichiarata, era illegittima e dunque inefficace fin da allora proprio per l’avveramento di una delle due condizioni terminali. 
E, per l’effetto, fin da quel momento si dovranno considerare riespansi gli obblighi di ricostituzione del capitale e riattivata la clausola di scioglimento della società, con la conseguente reviviscenza delle prescrizioni in ordine alla gestione conservativa e alla responsabilità per danni da aggravamento.
5.2 . Sulle responsabilità dell’organo di controllo
La segnalazione della sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza rappresenta solo in apparenza il primo degli obblighi a cui risulta soggetto l’organo di controllo dal decreto legge.
Va infatti considerato che, con l’introduzione nel marzo del 2019 della riscrittura dell’art. 2086 del codice, gli obblighi di rilevazione tempestiva della crisi, unitamente agli obblighi organizzativi per renderla efficace, ha reso la rilevazione degli squilibri economico-finanziari che la precedono - per il tramite della vigilanza sull’adeguatezza degli assetti organizzativi di cui è onerato dal disposto di cui all’art. 2403 cod. civ. – uno degli obblighi centrali ascritti all’organo di controllo. 
Dal combinato disposto delle due normative, l’art. 15 del d.l. n. 118 e il 2° comma dell’art. 2086, si desume che sarà proprio la segnalazione prevista dall’art. 15 la reazione naturale dell’organo di controllo di fronte alla rilevazione degli squilibri economici o finanziari; segnalazione che, se tempestiva, eviterà il decorso delle responsabilità per eventuali danni incrementali successivi allo scioglimento della società per perdita del capitale mentre, se tardiva, di quel decorso ne segnerà unicamente la cessazione.
 
Ben più complessa si rivela, viceversa, l’individuazione delle responsabilità derivanti da omissione o inadeguatezza nel controllo sulle condotte dell’imprenditore successive all’avvio della composizione negoziale.
Al tradizionale quadro dei controlli sul rispetto della legge, dello statuto e delle regole aziendali, si sommeranno infatti, rientrandovi, le necessarie verifiche sull’osservanza delle condizionalità gestorie e sul rispetto degli obblighi informativi da parte dell’imprenditore.
Il controllo sul rispetto delle condizionalità si svolgerà seguendo i tradizionali schemi codificati nelle regole professionali e riferibili ai controlli cd. concomitanti che il collegio esercita mediante la partecipazione alle sedute degli organi di governo collegiali [9] (ovvero mediante controlli periodici intensificati per le verifiche necessariamente ex post in caso di organi unipersonali [10]) e dovrà essere particolarmente accurato nella valutazione di coerenza di atti e i pagamenti con il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario; a questo fine sarà dunque imprescindibile:
1. l’esistenza di un piano aziendale ad orientamento prospettico che assicuri il raggiungimento di margini operativi lordi positivi (o, se negativi, che evidenzi se e come essi possano essere compensati dai vantaggi conseguibili dalla continuità che, diversamente, andrebbero perduti) al quale poter riferire la coerenza dei singoli atti o pagamenti;
2. un pressochè costante monitoraggio degli scostamenti dalle previsioni di piano al fine di poter tempestivamente intercettare l’approssimarsi dello stato di insolvenza, al manifestarsi del quale si genererà l’inversione delle priorità con il sovraordinamento gerarchico dell’interesse dei creditori rispetto all’equilibrio economico-finanziario dell’impresa;
3. in tale ultimo caso, la conseguente rifasatura del piano in modo tale da assicurare, oltre ai margini lordi positivi (o negativi compensati), la reversibilità di detto stato e, medio tempore, il necessario rispetto delle legittime clausole di prelazione, obiettivo imprescindibile della tutela dei creditori.
 
Oggetto di particolare attenzione da parte del collegio dovrà risultare anche l’osservanza dell’interlocuzione preventiva con l’esperto in ordine agli atti di straordinaria amministrazione, ovvero i pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento, nonché l’immediata comunicazione successiva sul compimento di quelli in ordine ai quali l’esperto abbia manifestato il dissenso.
Mentre l’interlocuzione preventiva potrebbe tuttavia risultare un evento fisiologico, sicuramente per gli atti straordinari ma anche per quelli incoerenti in quanto potrebbero legittimamente generarsi valutazioni discordanti, l’esecuzione di atti straordinari o pagamenti incoerenti in contrasto con il parere dell’esperto potrebbe viceversa rivelarsi causativa di danno risarcibile (oltre che non garantire l’esenzione da revocatoria se il dissenso viene pubblicato). 
Dovrà dunque il collegio, in questo caso, attivarsi per impedirne l’esecuzione ricorrendo agli strumenti di reazione che gli sono propri e che, in simile contesto, configurandosi indubitabilmente una grave irregolarità di gestione, legittimeranno la denunzia al tribunale ex art. 2409 cod. civ. 
 
Va infine considerata la prescrizione informativa che maggiormente incide sulla decisione dell’esperto di avviare il procedimento di composizione, in particolare quell’obbligo di rappresentazione completa e trasparente della propria situazione a cui l’imprenditore è assoggettato e che costituisce l’impalcatura numerica su cui si regge il piano di risanamento.
Come già ampiamente esposto nella parte relativa alle responsabilità dell’imprenditore, la sospensione degli obblighi sull’integrità del capitale, con la conseguente sospensione degli effetti e delle prescrizioni derivate, rimane efficace fino alla conclusione delle trattative o, se antecedente, all’archiviazione della composizione per mancanza di concrete prospettive di risanamento.
Ma per l’omissione di informazioni determinanti che fuorviassero il giudizio dell’esperto sulla perseguibilità del risanamento, l’avvio o la prosecuzione del percorso compositivo risulterebbe del tutto illegittima e, da allora, inevitabilmente rivivrebbero le prescrizioni in ordine alla gestione conservativa e alla responsabilità per danno da aggravamento.
Va però osservato che la norma non prevede la sottoposizione dell’informativa finanziaria ad alcuna verifica preliminare da parte dell’organo di controllo (né peraltro del revisore legale, nel caso fosse presente), che rimane estraneo ad ogni valutazione qualitativa in ordine a completezza e trasparenza del dato fornito, e dunque alle connesse responsabilità solidali per omissione di controllo.
Il dato rimarrà dunque sotto il completo controllo e la completa responsabilità dell’organo amministrativo.
Andrà solo richiamata, quale onere comunque gravante sull’organo di controllo, la vigilanza sull’adeguatezza e sul funzionamento del sistema amministrativo-contabile, che le norme professionali pongono proprio a presidio dell’attendibilità dell’informativa societaria, ma che prevede per il collegio l’emissione di un solo giudizio professionale di adeguatezza sulla base di un’analisi delle caratteristiche del sistema come desumibili dai flussi informativi acquisiti dal collegio stesso [11].
6 . Conclusioni
Il percorso completamente inedito che la crisi d’impresa sta per affrontare consente all’interprete di operare analisi sulla correttezza delle condotte gestorie degli organi amministrativi, come sulle loro incoerenze o deviazioni, di natura quasi esclusivamente teorica; solo una verifica a posteriori permetterà di individuare, in un ambito marcatamente dinamico e instabile quale quello aziendale, i nuovi spazi entro i quali le scelte imprenditoriali potranno ritenersi insindacabili e, dunque, non generative di responsabilità. 
L’inertizzazione dei presupposti per l’addebito di danni incrementali originati dall’assunzione di nuovo rischio d’impresa certamente permetterà al debitore di affrontare con maggior serenità quelle scelte, tuttavia le molteplici condizionalità a cui risultano sottoposte dovranno consolidarsi in prassi riconosciute e condivise prima di poter assicurare a organi di amministrazione, di controllo ed esperti, richiami solidi e certi ai quali potersi riferire nei giudizi di coerenza.
Il decreto dirigenziale, che conferisce immediato contenuto alle molte clausole generali della norma, introduce comunque fin d’ora una guida precisa e concreta per affrontare i passaggi più complessi del percorso negoziale, e dunque l’avvio di questo nuovo procedimento potrà contare su questo strumento inedito che, quantomeno dalle prime valutazioni, appare particolarmente utile ed efficace. 
Va tuttavia osservato che, a causa del disallineamento temporale fra la pubblicazione del 
decreto dirigenziale e l’iter parlamentare di approvazione del decreto legge, l’emendamento che ha introdotto un’ulteriore e diversa regola gestoria in caso di insolvenza dell’impresa non è stato oggetto di specifico approfondimento tecnico da parte del decreto dirigenziale; per l’effetto, ad oggi l’esatto contenuto di tale clausola (segnatamente, la gestione dell’impresa nel prevalente interesse dei creditori) e la compatibilità con l’omologa clausola nel caso di semplice crisi (la prescrizione di non pregiudizio alla sostenibilità dell’equilibrio economico e finanziario dell’attività) non appaiono di facile maneggiabilità e dunque, salvo un intervento (dirigenziale) integrativo, dovranno essere oggetto di un adeguato approfondimento dottrinale [12]. 

Note:

[1] 
Reperibili in www.commercialisti.it.
[2] 
Ex multis potranno essere consultati i Principi di Attestazione dei Piani di Risanamento editi dal CNDCEC (edizione 16.12.2020), in particolare le definizioni di crisi proposte al par. 5.2.3 di pagina 39.
[3] 
Che ne consente l’individuazione mediante la preventiva determinazione del rapporto fra A) debiti scaduti più debiti finanziari in scadenza più investimenti programmati e B) flussi finanziari a servizio del debito che l’impresa è in grado di generare a regime, seguito dalla verifica del tempo necessario affinché B) regoli A); gli anni necessari per raggiungere quest’ultimo obiettivo, e le eventuali iniziative intraprese per renderlo raggiungibile, daranno conto di quanto sia ragionevole la perseguibilità del risanamento.
[4] 
Cosi, in riferimento al dovere di agire evitando il pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’impresa, anche A. ROSSI in Composizione negoziata nella crisi d’impresa, 25.10.2021 su questa rivista.
[5] 
Sul tema delle deviazioni valoriali presenti nel decreto offre ampi spunti di riflessione D. Galletti in Breve storia (stucchevole) di una (contro)riforma “annunciata” ne Il Fallimentarista, ed. Giuffrè.
[6] 
Indicatore reddituale, noto anche come Ebitda, che è definito dalla differenza fra il valore della produzione caratteristica e i costi operativi (dunque al lordo degli ammortamenti, degli oneri finanziari e di quelli tributari) e che rappresenta una fondamentale misura di redditività della gestione industriale.
[7] 
Ne parla diffusamente, e criticamente, P. LICCARDO nel suo Neoliberismo concorsuale e le svalutazioni competitive: il mercato delle regole, in Giustizia Insieme, che ipotizza l’introduzione (surrettizia) di questa nuova regola giudicandolo distorsiva in quanto “l’impresa in crisi si rinsalda e si consolida nei suoi assets non per nuovo capitale di rischio ma per capitale indirettamente versato dal ceto creditorio nella negoziazione”.
[8] 
Cosi F. PLATANIA in Composizione negoziata: misure protettive e cautelari e sospensione degli obblighi ex artt. 2446 e 2447 c.c. (citando Cass. 22.4.2009 n. 9619) ne Il Fallimentarista, ed. Giuffrè.
[9] 
Si veda a questo proposito la norma n. 4.2 delle Norme di Comportamento del collegio sindacale di società non quotate, edizione 18.12.2020, reperibile su www.commercialisti.it.
[10] 
Si veda a questo proposito la norma n. 4.3 delle Norme di Comportamento del collegio sindacale citate.
[11] 
Norma 3.7 delle già citate Norme di comportamento del collegio sindacale.
[12] 
Ritiene la modifica all’art. 9 introdotta dalla legge di conversione gravida di implicazioni sistematiche anche S. AMBROSINI ne La legge n. 147/2021 di conversione del D.L. 118: primi brevi appunti in ordine sparso in Ristrutturazioni Aziendali ed. IL CASO.it.

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