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Saggio

Revoca dei finanziamenti e privilegio dei garanti pubblici

Alessandra Migliorino, Giudice nel Tribunale di Pisa

23 Aprile 2021

Il contributo ripercorre alcune recenti pronunce della Suprema Corte che riconoscono natura privilegiata ai crediti sorti a seguito della revoca dell’intervento di sostegno pubblico alle attività produttive ai sensi del D.Lgs. n. 123/1998, al fine di evidenziare il contrasto, allo stato irrisolto, con l’orientamento dei giudici di merito, i quali ne hanno invece sostenuto la natura chirografaria in ossequio ad un’interpretazione rigorosa della disciplina concorsuale e concordataria.

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1 . Introduzione
La natura – privilegiata o chirografaria ­– dei crediti originati dalla revoca degli interventi di sostegno pubblico alle attività produttive, regolati dal D.Lgs. n. 123/1998[1], è da tempo al centro di un dibattito giurisprudenziale animato da vivaci contrasti che vede contrapposti giudici di legittimità e di merito. La questione oggetto di recenti arrêts della Suprema Corte, e di altrettanto recenti prese di posizione dei giudici di merito, riguarda, in particolare, il riconoscimento della natura privilegiata di tali crediti in applicazione dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, soprattutto nel caso in cui questi derivino da interventi concessi sotto forma di garanzia[2].
Prima di esaminare funditus i diversi orientamenti interpretativi, è opportuno richiamare il panorama normativo di riferimento.
Il D.Lgs. n. 123/1998 si propone di individuare i principi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive (art. 1), che possono consistere “in una delle seguenti forme: credito d’imposta, bonus fiscale secondo i criteri e le procedure previsti dall’articolo 1 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi, finanziamento agevolato” (art. 7).
Detti interventi si realizzano attraverso un procedimento complesso che prevede una fase amministrativa, di selezione dei beneficiari[3], seguita dalla conclusione di un negozio di diritto privato (di finanziamento o di garanzia).
La seconda fase, che qui maggiormente interessa, si sostanzia nella conclusione di un negozio di diritto privato, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo.
L’art. 9[4] contempla tre tipologie di revoca[5], che si differenziano per presupposti applicativi e regime giuridico: 1) per vizi genetici del rapporto, a fronte della carenza, ab origine, dei requisiti di ammissione, oppure in caso di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili (comma 1); 2) per vizi funzionali dell’operazione, nel caso in cui i beni acquistati con l’intervento pubblico siano alienati, ceduti o distratti entro il quinquennio dalla concessione o addirittura prima del completamento del progetto (comma 3); 3) nel caso di “azioni o fatti addebitati all’impesa beneficiaria” (comma 4). 
È in tale contesto che si colloca il privilegio: la disposizione, al comma 5, statuisce infatti che “per le restituzioni di cui al comma 4  i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli di cui all’art. 2751 bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi.[...]”.
Venendo alle modalità con cui, in concreto, i soggetti pubblici erogano finanziamenti in forma “indiretta”, si osserva che il legislatore, nel tempo, ha individuato quali siano gli obiettivi economici da perseguire e quali gli strumenti per conseguirli. 
In proposito, si ricorda che la L. n. 662/1996 (recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”) ha dettato disposizioni per la costituzione di un fondo di garanzia centrale allo scopo di fornire parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese[6]. Il fondo, istituzionalmente demandato ad agevolare la concessione di finanziamenti a start up e PMI innovative mediante garanzia pubblica[7], negli ultimi anni ha visto notevolmente potenziata la sua funzione. 
Una prima svolta si è avuta con l’entrata in vigore del D.L n. 3/2015, conv. dalla L. n. 33/2015, recante “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”, che, all’art. 8-bis – non menzionando più i soli “finanziamenti” tra i negozi da cui trae origine il credito privilegiato – ha riconosciuto espressamente il privilegio a tutti i crediti restitutori sia del beneficiario finale sia dei terzi prestatori di garanzia, così estendendo la prelazione anche ai soggetti che si sono resi garanti dell’impresa beneficiaria in favore della banca[8]. Superando i contrasti giurisprudenziali sino ad allora sorti sul punto[9], nell’attuale sistema il credito restitutorio è in ogni caso privilegiato ope legis, a prescindere dalla forma di agevolazione pubblica concessa in concreto (in forma diretta ovvero sotto forma di garanzia)[10].
Più di recente, l’emergenza pandemica da Covid-19 ha reso necessario un intervento legislativo volto a far fronte alla contingente situazione di carenza di liquidità a cui le imprese andranno incontro a seguito dell’entrata in vigore delle misure restrittive per limitare la diffusione. Il governo ha quindi adottato interventi di sostegno finanziario attraverso la concessione di prestiti, a condizioni vantaggiose, in favore delle imprese che presentino determinati requisiti oggettivi e soggettivi. Il D.L. n. 23/2020, conv. dalla L. n. 40/2020[11] (abrogando il previgente art. 49, D.L. n. 18/2020, conv. dalla L. n. 27/2020): a) ha introdotto specifiche misure di supporto offerto alle PMI dal fondo centrale, estendendo la durata degli interventi fino al 31.12.2020. Tra tali misure, merita menzione la procedura semplificata che prevede l’accesso automatico alla garanzia del fondo senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del gestore, con copertura che arriva fino al 100% dell’importo finanziato, riconosciuta sui nuovi finanziamenti concessi in favore di operatori ritenuti vulnerabili (es. PMI, professionisti, agenti di assicurazione) (art. 13, comma 1, lett. m); b) ha potenziato il ruolo di Sace S.p.A.[12], legittimata a prestare garanzie in favore di banche, che concedono finanziamenti, sotto qualsiasi forma, alle imprese. Successivamente, il D.L. n. 104/2020, conv. con modificazioni dalla L. n. 126/2020[13], ha ampliato la platea delle imprese ammissibili, estesa anche alle aziende ammesse al concordato con continuità aziendale, hanno stipulato accordi di ristrutturazione dei debiti o hanno presentato un piano in tal senso, a condizione che non presentino esposizione deteriorate né importi in arretrato; da ultimo, la L. n. 178/2020 (Legge di Bilancio) ha prorogato fino al 30.6.2021 l’operatività degli interventi straordinari del fondo di garanzia (art. 13, comma 1, lett. d), D.L. n. 23/2020) e aumentato la durata dei finanziamenti concessi automaticamente secondo la disciplina di cui all’art. 13, comma 1, lett. m.), D.L. n. 23/2020.
Per tornare agli strumenti di intervento pubblico, il D.Lgs. n. 143/1998[14] ha autorizzato[15] Sace S.p.A.[16] a rilasciare garanzie e coperture assicurative per il rischio di mancato rimborso relativamente a finanziamenti e strumenti finanziari connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane. 
Sempre in tale ambito, la L. n. 133/2008[17] ha infine ammesso che le imprese nazionali beneficino degli interventi prioritari definiti dal CIPE (art. 6, comma 2, lett. c), tra i quali si annovera l’erogazione di finanziamenti agevolati da parte di Simest S.p.A.[18], con provvista rinvenuta nel fondo rotativo istituito dalla L. n. 394/1981.
2 . Il privilegio del credito originato dalla revoca del finanziamento pubblico concesso sotto forma di garanzia: l’orientamento costante della Suprema Corte
Tale il quadro normativo, le ultime pronunce di legittimità – valorizzando l’unitarietà della disciplina poc’anzi descritta – sembrano tutte riconoscere natura privilegiata ai crediti esigibili in conseguenza della revoca di finanziamenti pubblici, a prescindere dalla forma in cui questi siano stati concessi.
In un caso[19], la Suprema Corte ha affermato che fruisce del privilegio di cui all'art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998 il credito che il gestore del fondo di garanzia per le PMI faccia valere in via di surroga nei confronti dell'impresa finanziata, a seguito dell'escussione, da parte dell'istituto di credito finanziatore, della garanzia prestata ex lege e del relativo pagamento. 
In un'altra fattispecie[20], solo in parte sovrapponibile alla precedente, i giudici di legittimità hanno statuito che il credito di Sace S.p.A. nasce come privilegiato ex lege dal momento in cui viene prestata la garanzia; hanno poi precisato che l'Amministrazione, nel revocare il contributo già accordato, non compie alcuna valutazione discrezionale, con la conseguenza che l’atto di revoca ha valenza meramente dichiarativa ed è perciò opponibile alla massa dei creditori, anche se intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell'impresa beneficiaria.
In un’ipotesi ulteriore[21], stavolta di concessione di un finanziamento in forma diretta, la Corte di Cassazione ha affermato che il vero presupposto abilitante il sorgere del privilegio è il procedimento di irrogazione del contributo, mentre la revoca ha la diversa funzione di rendere attuale ed esigibile il credito. 
Poche settimane dopo i giudici di legittimità[22], chiamati nuovamente a pronunciarsi sul tema, hanno ribadito che la revoca può essere determinata dall’inadempimento della società, poi fallita, agli obblighi restitutori derivanti dal mutuo e alla connessa escussione della garanzia, da parte del mutuante insoddisfatto, senza che sia necessaria l’adozione di un provvedimento formale. Le diverse forme di intervento individuate dal D.Lgs. n. 123/1998 (e descritte all’art. 7) appaiono espressione di un disegno unitario, come inteso alla razionalizzazione e riorganizzazione dell’intero settore, quindi la previsione dell’art. 9 opera a fronte di qualsivoglia modalità di “finanziamento”, proprio per consentire allo Stato di reimpiegare nel circuito delle misure di sostegno alle attività imprenditoriali le stesse somme messe originariamente a disposizione del beneficiario inadempiente.
Da ultimo[23], i principi illustrati sono stati estesi ai crediti originati dalla revoca di incentivi finanziari regionali, senza che vi sia bisogno, ai fini del privilegio, che la legge regionale richiami a sua volta la normativa statale rispetto al credito restitutorio, né che la legge statale preveda espressamente l’applicabilità della disciplina sui privilegi al recupero di quel determinato credito regionale.
Si rimanda ai paragrafi successivi per l’esame dell’impianto motivazionale delle singole pronunce, per poi indagare gli argomenti addotti dai giudici di merito a sostegno della tesi contraria.
2.1 . Gli argomenti della Suprema Corte: a) l’interpretazione del termine “finanziamento”
Dall’esame delle pronunce richiamate si ricava che la Corte di Cassazione si è concentrata, nel complesso, sui presupposti per l’operatività del privilegio e, quindi, sull’interpretazione dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998 (e del successivo art. 8-bis, D.L n. 3/2015, conv. dalla L. n. 33/2015), omettendo di esaminare, a monte, la compatibilità tra la normativa speciale e il microsistema delle procedure concorsuali nelle quali il privilegio “pubblico” è destinato ad operare.
In tale prospettiva, i giudici di legittimità hanno ritenuto centrale il presente quesito: posto che le norme che disciplinano i privilegi hanno carattere eccezionale e, in quanto tali, non sono suscettibili di applicazione analogica[24] (art. 14 Prel.), ma solo di interpretazione estensiva[25], è possibile riconoscere ai crediti in esame natura privilegiata alla luce del tenore letterale dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998?
La soluzione del problema ha richiesto: 1) un’indagine finalizzata a comprendere se tra i crediti privilegiati “nascenti dai finanziamenti” possa farsi rientrare anche il credito originato da un finanziamento attuato in forma indiretta; 2) un’indagine volta a verificare la ricorrenza, nel caso concreto, di una delle ipotesi di “revoca dei benefici” tale da legittimare il riconoscimento del privilegio; 3) uno scrutinio circa la compatibilità del menzionato privilegio con il meccanismo della surroga (art. 1203 c.c.).
Partendo dal primo interrogativo, l’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998 accorda il privilegio ai crediti restitutori nascenti dai “finanziamenti” erogati ai sensi della normativa in esame e l’art. 7 tra le procedure di erogazione comprende quelle attuate in forma indiretta (ad esempio, per il mezzo di un negozio di garanzia posto a presidio di un finanziamento bancario). 
I giudici di merito e di legittimità si sono interrogati sull’ampiezza semantica del termine “finanziamenti”, al fine di chiarire se comprenda anche le prestazioni di garanzia[26].
In passato, la giurisprudenza di merito aveva elaborato un orientamento preclusivo[27], fondato sui seguenti assunti critici: 1) sul piano letterale, il decreto legislativo non offre una definizione normativa del termine “finanziamenti”, che anzi viene impiegato per individuare solo uno dei sei modelli di intervento di cui all’art. 7; 2) inoltre, i termini “benefici” e “finanziamenti” sono posti in rapporto di genere a specie, quindi il legislatore, non facendo espresso riferimento al genere, ha inteso escludere dai crediti privilegiati quelli nascenti da prestazioni in favore di terzi[28]; 3) infine, l’art. 2745 c.c., introducendo una deroga al principio della par condicio creditorum (art. 2740 c.c.), è norma di stretta interpretazione, insuscettibile di applicazione analogica[29].
Di contro, la Suprema Corte sin dal 2010[30] si è mossa nel senso dell’interpretazione estensiva della norma, valorizzando la natura pubblicistica del credito. Ha poi chiarito[31] che gli interventi pubblici di sostegno all’economia si realizzano attraverso un procedimento complesso, per arrivare a valorizzare lo scopo perseguito dall’intera operazione che trascende gli interessi privatistici degli operatori coinvolti. 
Nel 2019[32] ha sviluppato l’iter argomentativo, incidendo definitivamente sulla natura giuridica dei crediti in esame. Depongono nel senso della natura privilegiata: 1) l’interpretazione sistematica dell’art. 9[33], dalla quale si ricava che il termine “finanziamento” può assumere un’accezione ampia, tale da ricomprendere anche le operazioni di rilascio di garanzie e impegni di firma; 2) l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, volta a scongiurare un’ingiustificata disparità di trattamento per situazioni di rischio analoghe; 3) infine, l’interpretazione teleologica del testo normativo, che presenta un disegno unitario ed è finalizzato, nel complesso, a realizzare e riorganizzare l’intero settore delle misure di sostegno alle attività produttive.
Le successive pronunce condividono questa linea interpretativa[34] e la arricchiscono di argomenti ulteriori.
Su tutte, si segnala l’ordinanza n. 8882/2020, nella parte in cui richiama, per la prima volta, l’art. 9, comma 6[35]: la Suprema Corte, dopo avere affermato che – a prescindere dalla forma dell’intervento – il privilegio consente sempre di procurare la provvista per lo svolgimento di futuri interventi di sostegno allo sviluppo delle attività produttive, individua il meccanismo con cui le somme restituite rientrano nelle casse dello Stato per incrementare la disponibilità dell’apposito fondo, così aggiungendo alla motivazione un argomento di carattere economico.
2.2 . b) l’indagine sulla “revoca” del beneficio. Presupposti e funzione dell’istituto
I giudici di legittimità hanno poi indagato natura giuridica e presupposti dell’atto di revoca del beneficio. 
Mentre la giurisprudenza di merito ha sempre sostenuto che le uniche ipotesi di revoca contemplate ai fini del riconoscimento del privilegio fossero quelle dell’art. 9, comma 3 (per il caso di alienazione, cessione o distrazione dei beni entro il quinquennio o prima del completamento del progetto) e quelle determinate da azioni o fatti addebitati alla beneficiaria[36], la Suprema Corte ha affermato che la revoca può essere disposta anche a fronte di un mero inadempimento di matrice civilistica[37].
In particolare, la Cassazione nel 2019[38] ha chiarito che i presupposti della revoca si riferiscono a patologie attinenti non solo alla fase genetica dell’erogazione del finanziamento, ma anche a quella di esecuzione del rapporto di credito, come si ricava dalla lettura sistematica delle singole ipotesi contemplate ai commi 1 e 3 dell’art. 9. 
La conclusione è stata sviluppata dalle pronunce in commento.
La Corte[39] ha precisato innanzitutto che la revoca è atto amministrativo strutturalmente necessario solo nel caso di erogazione diretta del finanziamento, laddove si pone il problema di far venire meno il titolo in virtù del quale il beneficiario ha fruito dell’importo erogato, mentre nelle ipotesi di concessione di garanzia essa non costituisce un presupposto indefettibile, perché il credito non nasce dalla consegna di una somma di denaro al beneficiario, bensì dal pagamento all’istituto di credito. 
La mancanza di tale elemento, in concreto, può essere superata con l’interpretazione estensiva dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998 diretta ad individuarne la portata effettiva[40] “anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale”, tenuto conto della ratio legis e della causa del credito che, ai sensi dell’art. 2745 c.c., rappresenta la ragione giustificativa di qualsiasi privilegio.
Poiché i crediti in esame presentano natura pubblicistica,[41]essi devono fruire del privilegio proprio in ragione della particolare meritevolezza dell’interesse tutelato.
In un successivo arresto, la Suprema Corte sembra essere giunta a conclusioni parzialmente difformi: nell’ordinanza n. 8882/2020 si legge infatti che la revoca del contributo pubblico costituisce la “condizione” affinché la società garante possa agire per il recupero del proprio credito, privilegiato sin dalla nascita, così lasciando intendere – seppure implicitamente – che sia sempre necessario un formale provvedimento di revoca, quale atto idoneo a rendere esigibile il credito privilegiato. 
Ma il contrasto può ritenersi superato alla luce di un’ulteriore pronuncia in cui la Corte[42] ha chiarito che la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia costituisce ex se presupposto per la revoca del beneficio erogato e che, in ogni caso, non è necessaria la formale “revoca amministrativa” perché possa venire a rendersi operativo il privilegio[43]. Anzi, non vi è dubbio che la “revoca” sia integrata a fronte della dichiarazione di risoluzione contrattuale (art. 1456 c.c.), come pure della diffida di cui all’art. 1454 c.c. ovvero della dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine (art. 1186 c.c.), e quindi in presenza di mero inadempimento contrattuale. 
In sintesi, ad avviso della Suprema Corte il credito restitutorio del garante escusso è da considerarsi privilegiato ex lege, mentre la revoca dell’intervento – che non deve necessariamente avere la forma di un provvedimento amministrativo, potendosi ritenere sussistente anche a fronte del mero inadempimento civilistico – ha la funzione di rendere attuale ed esigibile detto credito, con la connessa applicazione del privilegio.
Le posizioni sono divergenti anche per ciò che concerne l’efficacia della revoca, alla quale – in passato - veniva riconosciuta efficacia sanzionatoria[44] o comunque costitutiva del credito della società garante[45], con la logica conseguenza che essa, se intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento o il deposito della domanda di concordato preventivo, avrebbe dato origine ad un credito non opponibile alla massa dei creditori in applicazione degli artt. 45, 168, comma 3 e 169 L. Fall. 
Per la giurisprudenza di legittimità[46], invece, la revoca costituisce effetto automatico del verificarsi dei presupposti di cui all’art. 9[47] e ha funzione meramente dichiarativa, limitata all’accertamento del venir meno dei requisiti di legge. In altri termini, essa conferisce efficacia e rende esigibile un credito già perfetto (e privilegiato) al momento della nascita, ma quiescente fino al verificarsi di determinati presupposti[48]; ne consegue, sul piano pratico, che a prescindere dal momento in cui interviene, essa può essere sempre opposta al fallimento o al concordato, senza che operino i limiti di cui alle richiamate norme della L. Fall.[49]
La conclusione non è di poco momento, se si considera lo stridente contrasto con la tutela del principio della par condicio creditorum a presidio del quale la L. Fall. pone il principio di cristallizzazione della massa attiva e passiva, al momento dell’apertura della procedura, su cui si veda infra.
2.3 . c) Lo scrutinio relativo all’esercizio del diritto di surroga (art. 1203 c.c.)
L’ultimo ostacolo al riconoscimento della natura privilegiata ai crediti restitutori era rappresentato dall’esercizio del diritto di surroga, da parte del garante, nei diritti e nelle garanzie di cui il creditore originario godeva nei rapporti col debitore principale (art. 1203 c.c.).
La questione può essere così inquadrata[50]: lo Stato rilascia la garanzia in favore della banca mutuante che eroga il finanziamento chirografario all’impresa, divenendo quindi fideiussore, a prima richiesta, senza beneficium ordinis. Dinanzi all’inadempimento dell’impresa, la banca escute immediatamente la garanzia e lo Stato, soddisfatto l’istituto di credito, si surroga al creditore nei suoi diritti verso l’impresa. 
Sul piano degli effetti, è noto che la surrogazione sostituisce l’originario creditore con un creditore diverso, implicando il passaggio del diritto di credito, comprensivo degli accessori (art. 1204 c.c.), ed è altrettanto pacifico che essa trasferisce anche i privilegi che caratterizzano il credito per cui vi è stato il pagamento[51]. 
Rebus sic stantibus, è possibile ritenere che il credito della banca, originariamente chirografario, trasmigri nella sfera giuridico-patrimoniale del garante quale credito privilegiato, di grado potiore rispetto a quello del surrogato?
La giurisprudenza di merito[52], come accennato, aveva dato risposta negativa al quesito e lo stesso aveva fatto la Suprema Corte, in un isolato precedente[53]. Gli argomenti addotti a sostegno della tesi restrittiva sono i seguenti: a) la surroga, che si sostanza in una mera sostituzione soggettiva dal lato attivo inidonea a conferire al credito, nato in chirografo, natura privilegiata, pone il creditore surrogante nella medesima posizione giuridica del surrogato; b) la fonte dell’obbligazione è la medesima, talché non si comprende come il credito nascente dalla stessa fonte possa acquistare una causa legittima di prelazione a fronte del semplice mutamento del soggetto che si assume creditore; c) surroga e regresso sono istituti affatto diversi, che non possono essere sovrapposti laddove sia il nuovo creditore a sostituirsi a quello originario.
Tuttavia, in epoca più recente si è affermato un orientamento di segno contrario, confermato a più riprese dalla Suprema Corte pur nella varietà dei percorsi argomentativi.
Ad inaugurare il nuovo corso è stata la richiamata sentenza n. 2664/2019, in cui la Corte ha sostenuto che, considerata la natura ex lege privilegiata del credito, non vi è alcuna necessità che la posizione del creditore garantito (la banca) si avvantaggi di un privilegio affinché anche il garante ne possa disporre.
Infatti, poiché il privilegio rinviene la propria fonte nell'art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, esso non transita dal creditore originario, che ne è privo, ma sorge direttamente dalla norma al momento della concessione dell’intervento pubblico, quindi né con la surrogazione nei diritti né con la revoca. Ciò si spiega considerando che il soggetto che subisce effettivamente il depauperamento è lo Stato, e non certo la banca mutuante che può beneficiare della garanzia pubblica. In tale contesto, i due termini “surrogazione” e “regresso” sono quindi da ritenersi equivalenti[54] e non sintomatici del riconoscimento di una tutela differenziata e ulteriore in capo al garante escusso. E ciò senza contare che se il privilegio afferisse (anche) alla banca, che concede il mutuo nel contesto dell'ordinaria attività di impresa, la previsione normativa sarebbe del tutto ingiustificata.
In altra occasione[55] i giudici di legittimità hanno ribadito che, ai fini del riconoscimento del privilegio, non conta il tipo di azione restitutoria, bensì la circostanza che l’azione inerisca al peculiare finanziamento erogato per il sostegno pubblico alle attività produttive. Tanto è vero che né l’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, né l’art. 8-bis del D.L. n. 3/2015 (conv. dalla L. n. 33/2015)[56] contengono alcun riferimento alla surroga o al regresso. Inoltre, la surroga non ha effetto traslativo bensì estintivo dell’originario diritto di credito, con esclusione di qualsiasi effetto circolatorio della posta attiva. Gli stessi giudici, infine, hanno evidenziato che il depauperamento patrimoniale deve necessariamente ricadere sul solvens, il quale peraltro è in una posizione di vantaggio (secondo quanto disposto dall’art. 1203 c.c.).
L’ordinanza n. 6508/2020 ha condiviso la conclusione, discostandosi dal precedente solo per la ricostruzione dei rapporti tra surroga e regresso[57]; e da ultimo, la sentenza n. 27159/2020 si è posta in linea di continuità con i precedenti del 2019[58].
3 . La diversa impostazione dei Tribunali di merito: profili controversi e nodi irrisolti
L’esame del complesso panorama giurisprudenziale stimola una riflessione: dottrina e giurisprudenza di merito hanno espresso nel tempo posizioni ben argomentate a sostegno della tesi restrittiva che esclude la natura privilegiata dei crediti in esame, su cui tuttavia la Suprema Corte non si è pronunciata, neppure in occasione delle più recenti decisioni. 
Sebbene i giudici di merito abbiano addotto solidi argomenti nel senso della natura chirografaria dei crediti restitutori, la giurisprudenza di legittimità non sembra avere sempre risposto in modo puntuale alle conclusioni espresse dai Tribunali di merito, avendo pretermesso quelli che appaiono argomenti assai persuasivi.
Procedendo con ordine, non appare del tutto condivisibile l’approdo secondo cui è possibile riconoscere natura privilegiata a tutti crediti restitutori originati dalla revoca di un intervento di sostegno pubblico sotto forma di garanzia in quanto compresi nell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998: se è vero che al fine di adottare una interpretazione estensiva di una norma istitutiva del privilegio deve aversi riguardo alla sua struttura[59], è anche vero che il ricorso a tale tecnica interpretativa è espressamente circoscritto alle sole cause di prelazione previste dal c.c.[60], atteso il loro carattere generale e la loro rispondenza ad un criterio di equità (art. 3 Cost.), con esclusione delle norme settoriali istitutive di singoli privilegi, che presentano natura di ius singulare.
Già sotto tale primo profilo sembra auspicabile che la Suprema Corte, in futuro, prenda perlomeno in esame i rilievi critici concernenti i presupposti dell’interpretazione estensiva, per sciogliere il dubbio posto dai giudici di merito e tutt’oggi insoluto[61]. 
Desta inoltre qualche perplessità l’assimilazione tra gli istituti della surroga e del regresso, in merito ai quali non vi è uniformità di vedute neppure in seno alla stessa giurisprudenza di legittimità, che in alcune occasioni sembra sovrapporre i rapporti sostanziali dai quali essi traggono origine[62], in altre invece sembra voler prescindere dalla questione[63], affermando che il privilegio sorge, ex lege, in capo al garante, senza che rilevi un eventuale trasferimento del credito dal creditore originario al garante.
A ben vedere, per l’orientamento largamente maggioritario le due azioni sono complementari ed attengono a rapporti diversi[64]: mentre l’azione di regresso guarda al rapporto tra garante e debitore principale, ristabilendo l’equilibrio patrimoniale tra le parti, la surrogazione concerne il diverso rapporto tra garante e creditore originario, ed attribuisce al primo (garante) il vantaggio ulteriore di avvalersi, contro il debitore, delle garanzie accessorie del credito originario. E’ vero che, nella prassi, i due istituti possono cumularsi in capo al medesimo soggetto (come avviene, ad esempio, nella fideiussione), cionondimeno il regresso ha la sua fonte nel rapporto tra solvens e debitore, e il diritto alla restituzione nasce al momento del pagamento (secondo lo schema dell’acquisto del diritto a titolo originario), mentre la surroga presuppone la continuazione dell’originaria posizione di credito in capo al solvens (secondo lo schema dell’acquisto del diritto a titolo derivativo). [65]
Ciò premesso, un’applicazione rigorosa della disciplina di diritto comune porterebbe ad escludere che i crediti in parola abbiano natura privilegiata: se infatti si condivide l’orientamento, di legittimità, che assimila surroga e regresso, si deve escludere che l’azione di regresso – al pari della surroga - possa conferire al credito del garante natura privilegiata, laddove quello del garantito fosse chirografario. Invero, se il credito di regresso è il medesimo credito originariamente vantato dalla banca erogante, non vi sono ragioni per ritenere che esso muti la propria natura solo perché azionato dal garante nei confronti del debitore principale, a ciò ostando l’applicazione di un meccanismo analogo a quello che l’art. 1203 c.c. detta per la surrogazione.
Né appare convincente l’argomento, pure sostenuto dai giudici di legittimità[66], secondo cui il credito (nella specie di SACE S.p.A.) nasca privilegiato sin dall'origine, come a dire che il medesimo credito è chirografario per la banca e privilegiato per il garante. Premesso che il privilegio è una qualità che il credito acquista nella fase genetica e che trova ragione unicamente nella peculiare causa che lo caratterizza, e non già nella condotta del titolare del rapporto obbligatorio, non sembra ammissibile che si lasci all’iniziativa del garante il potere di incidere, addirittura dopo l’apertura del concorso, sulla massa passiva[67].
Inoltre, e qui il punctum dolens dell’iter argomentativo della Suprema Corte, anche a voler ammettere che, in astratto, il credito di regresso possa godere, per volontà della legge o dei privati, di una causa di prelazione che originariamente non aveva, l’operatività del privilegio incontrerebbe, in concreto, un sicuro limite nei principi dettati dalla disciplina concorsuale.
Sul punto, è cristallino il Tribunale di Udine[68], laddove afferma che il credito da regresso ha natura concorsuale[69] (se, come accaduto nel caso esaminato, la garanzia è escussa dopo la presentazione della domanda di concordato) e che pertanto debbono applicarsi le disposizioni della L. Fall. in tema di postergazione del credito di regresso e di cristallizzazione della massa passiva al momento dell’apertura della procedura.
Con riguardo al primo profilo, dalla lettura delle norme che regolano le obbligazioni solidali nel fallimento si ricava che il legislatore non ammette che ad un creditore chirografario subentri un creditore privilegiato[70]. 
Nel dettaglio, l’art. 61, cpv., L. Fall.[71] (che disciplina i pagamenti parziali effettuati dopo il fallimento) stabilisce che se il comune creditore non è stato integralmente soddisfatto prima del fallimento, il credito del coobbligato solvente è postergato. La norma[72], corrispondente ad una fattispecie frequente nella prassi[73], è stata costantemente interpretata nel senso che i pagamenti parziali eseguiti in pendenza di fallimento, anche se eccedenti la quota del solvens nei rapporti interni[74], legittimano l’esercizio del diritto di regresso solo dopo che il creditore originario sia stato integralmente soddisfatto[75]. 
Tale postergazione, giustificata dal fatto che il creditore originario è legittimato a tenere ferma la domanda di ammissione al passivo per l’intero, nonostante i pagamenti parziali medio tempore ricevuti, sembrerebbe logicamente incompatibile con il privilegio, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di legittimità; e ciò è ancor più vero se si considera che il solvens, non ammesso a partecipare al concorso, ha a disposizione speciali forme di tutela preventiva[76], che mal si conciliano con la titolarità di un credito privilegiato.
Del resto, anche il successivo art. 62 L. Fall. – che disciplina il caso del pagamento parziale effettuato prima dell’apertura della procedura – dopo aver disposto che il creditore originario, solo in parte soddisfatto, possa concorrere nel passivo del debitore per il residuo non riscosso[77], così come il coobbligato avente diritto di regresso[78], stabilisce a tutela del medesimo creditore originario che la quota di riparto spettante al solvens venga assegnata al primo fino alla concorrenza di quanto ancora dovutogli (3 comma).
Sempre a tutela del creditore originario, l’art. 63 L. Fall. dispone la postergazione del credito di regresso rispetto alla posta attiva del creditore originario garantito da pegno/ipoteca; quest’ultimo, infatti, benché chirografario, ha diritto di soddisfarsi in via prioritaria sul ricavato della vendita dei beni dati in garanzia, con la conseguenza che il solvens è collocato in posizione gradata rispetto al primo.
Con riferimento al secondo profilo, è noto che nel momento in cui prende avvio il procedimento di fallimento o di concordato, si cristallizzano le masse attive e passive (artt. 42 e 168 L. Fall.). Il patrimonio del debitore viene segregato a favore dei creditori anteriori (art. 184 L. Fall.) rispetto ai quali il concordato è obbligatorio e al contempo si cristallizza la massa passiva nella quale deve figurare il debito chirografario verso la banca erogante: la sorte di quel credito - e cioè l'avvenuta soddisfazione da parte del garante - non può incidere sui diritti preesistenti dei terzi, pena, altrimenti la violazione della disciplina concorsuale e, per attenta dottrina[79], anche dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, nella parte in cui fa salvi “i diritti preesistenti di terzi”[80]. 
Nello stesso senso si può menzionare anche l’art. 2916 n. 3 c.c.[81], che stabilisce, per le procedure di espropriazione individuale, che nella distribuzione del ricavato non si tenga conto dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento. Il principio trova applicazione anche in ambito concorsuale, in cui la cristallizzazione del patrimonio[82] segue alla pubblicazione del ricorso per concordato o della sentenza dichiarativa di fallimento: è da tale momento che il privilegio di cui all'art. 9 non è opponibile ai creditori, pena, altrimenti, l’alterazione del principio della par condicio creditorum.
Nessuna delle norme richiamate sembra essere stata esaminata dai giudici di legittimità, i quali sembrano non avere tenuto in considerazione, da un lato, la peculiare situazione che si crea quando le pretese dei diversi coobbligati si realizzano nel fallimento, e non già sul piano della soddisfazione meramente individuale, e, dall’altro, che gli artt. 61 – 63 L. Fall. hanno un ambito applicativo assai ampio, che comprende ogni vincolo di solidarietà passiva a prescindere dalla circostanza che l’obbligazione sia stata assunta nell’interesse esclusivo di uno solo dei coobbligati[83].
4 . Considerazioni conclusive
Il contrasto ermeneutico su cui si è cercato di far luce reca con sé una riflessione conclusiva.  Nonostante la giurisprudenza di merito abbia formulato rilevi critici in epoca antecedente alla pubblicazione delle pronunce esaminate nella prima parte del contributo, la Suprema Corte non si è espressa sui principali nodi problematici, lasciando ai giudici di prime cure l’arduo compito di dirimere i contrasti che potrebbero originare da un’apodittica affermazione della natura privilegiata del credito da revoca dei contributi pubblici. 
A ben vedere, le pronunce della Cassazione vertono tutte sull’interpretazione dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. 123/1998: la circostanza può essere giustificata dal fatto che il legislatore solo nel 2015 ha esteso il privilegio, prima riconosciuto solo a fronte di contributo erogato in forma diretta, anche ai contributi concessi sotto forma di garanzia; nondimeno, superato, perlomeno a partire dal 24 marzo 2015[84], il problema dell’ambito applicativo della causa di prelazione in esame, la questione sembra essersi spostata dal piano squisitamente interpretativo a quello del coordinamento tra due sistemi normativi in apparente discrasia, trattandosi di una contrapposizione che investe il rapporto tra leggi di settore, istitutive di privilegi latu sensu pubblicistici, e la L. Fall., lex specialis in tema di procedure concorsuali e di rapporti tra coobbligati.
Appare quindi auspicabile una consapevole presa di posizione sulle questioni lasciate, allo stato, irrisolte, tenuto conto che la ricerca di una soluzione interpretativa idonea a superare le obiezioni mosse dai giudici di merito renderebbe meno fragile l’indirizzo, di legittimità, che continua ad apparire condivisibile nella scelta di fondo di tutelare le finanze pubbliche dal mancato recupero delle risorse destinate al sostegno delle attività produttive.

Note:

[1] 
Il Decreto Legislativo reca “Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’art. 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[2] 
Assai meno controversa è la natura privilegiata del credito originato dalla revoca di un finanziamento pubblico concesso in forma diretta e, in particolare, mediante erogazione di un finanziamento agevolato: in tale ipotesi, per giurisprudenza costante, l’inadempimento privatistico è di per sé idoneo a costituire presupposto per la “revoca” del finanziamento, senza che si pongano ulteriori questioni interpretative.
[3] 
La prima fase può essere attuata in forma: a) “automatica”, qualora non risulti necessaria un’attività istruttoria del programma di spesa, e il soggetto pubblico (Ministero competente per materia, Regione o ente locale) si limiti ad accertare unicamente la completezza e la regolarità delle dichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti in capo al soggetto interessato (art. 4); b) “valutativa”, se il soggetto competente dapprima seleziona le iniziative ammissibili, esercitando la propria discrezionalità nell’ambito di un procedimento a graduatoria o a sportello, e successivamente svolge attività istruttoria per verificare il perseguimento degli obiettivi prestabiliti e la congruità delle spese sostenute (art. 5); c) “negoziale”, laddove invece si tratti di interventi di sviluppo territoriale o settoriale (art. 6).
[4] 
Per il testo della disposizione, v. nt. 2.
[5] 
Si veda, in proposito: ARSI’, Le “revoche” delle agevolazioni finanziarie alle imprese”, in Rivista giuridica del mezzogiorno, 2007, 538.
[6] 
Il riferimento è all’art. 2, comma, 100, L. n. 662/1996. La disposizione è stata oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art. 11 quinquies, comma 2, D.L. n. 35/2005, conv. dalla l. n. 80/2005.
[7] 
Il Fondo di garanzia per le PMI attualmente è gestito per conto del MISE, ex Decreto Ministeriale n. 18456 del 20 giugno 2005, avente ad oggetto la “Rideterminazione delle caratteristiche degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese”, da un raggruppamento di istituti di credito di cui è mandataria la Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. 
[8] 
BENVENUTO, “Un insolito caso di insorgenza del privilegio da un credito in origine chirografo”, in www.ilfallimentarista.it, 25 febbraio 2020.
[9] 
Su cui si veda infra.
[10] 
L’entrata in vigore della novella ha posto il problema di diritto intertemporale concernente la sua eventuale applicazione alle garanzie prestate in epoca antecedente al 24 marzo 2015, ma ancora non escusse. La giurisprudenza di merito ha sino ad ora escluso che si tratti di una norma di interpretazione autentica o innovativa, e quindi avente efficacia ex tunc, per carenza: 1) della reale difformità di interpretazione giurisprudenziale della norma che riconosceva il privilegio ai soli crediti nati da finanziamento in forma diretta; 2) di una espressa definizione legislativa in tal senso; 3)
di qualsivoglia rinvio alla disposizione assunta quale interpretata (art. 9, comma 5, D.Lgs. 123/1998), limitandosi esclusivamente a rinviare alla L n. 662/1996 istitutiva del Fondo di garanzia. In termini, si vedano: Trib. Treviso, sez. II, 11 dicembre 2018; Trib. Brescia, 26 luglio 2018; Trib. Milano, 1° marzo 2018, in banca dati DeJure, che chiariscono che non si tratta neppure di interpretazione autentica per ragioni di sistema, posto che in giurisprudenza, all’epoca della sua emanazione, prevaleva nettamente la tesi che negava che il privilegio previsto dall’art. art. 9, comma 5, D. Lgs. 123/1998 si applicasse alle prestazioni a favore di terzi, come le garanzie.
[11] 
D.L. n. 23/2020, conv. dalla L. n. 40/2020, recante “misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché' interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.
[12] 
V. nt. 15. 
[13] 
D.L. n. 104/2020, conv. dalla L. n. 126/2020, recante “misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”. 
[14] 
Recante “Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[15] 
Art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 143/1998. 
[16] 
Si rammenta che Sace S.p.A. è una società nata dalla trasformazione in società per azioni, per effetto dell'art. 6, D.L. n. 269/2003 (conv. dalla L. n. 326/2003), dell'Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE), essendo stata destinata allo svolgimento delle funzioni di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 143/1998. Essa è interamente controllata da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. e svolge istituzionalmente attività di assicurazione e garanzia dei rischi ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività di internazionalizzazione. Gli interventi, effettuati con fondi pubblici, sono volti al rilascio di una garanzia per il rischio di mancato rimborso di finanziamenti erogati alle piccole e medie imprese e beneficiano della controgaranzia dello Stato (art. 11 quinquies, comma 4, D.L. n.35/2005, conv. dalla L. n 80/2005). Come anticipato, con il D.L. n. 23/2020, conv. dalla L. n. 40/2020,  il raggio d'azione di SACE S.p.a. viene oggi notevolmente allargato, essendo stata chiamata a interventi il cui oggetto consiste nel concedere “fino al 31 dicembre 2020 garanzie (…) in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese” (art. 1, comma 1), con lo scopo di “assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19”.
[17] 
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.
[18] 
Simest S.p.A. è una società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, controllata al 76% da Sace S.p.A., istituzionalmente demandata al finanziamento delle imprese nella fase dell’internazionalizzazione attraverso la concessione di finanziamenti agevolati, il supporto del credito alle esportazioni e la partecipazione al capitale di imprese.
[19] 
Esaminato da Cass. civ., sez. I, ord. 9/03/2020, n. 6508. Nella specie, il gestore del fondo di garanzia per le PMI (Banca Centrale del Mezzogiorno, poi divenuta Mediocredito Centrale S.p.A.) chiedeva l’ammissione al passivo, in privilegio, del credito originato dalla garanzia concessa ad una S.p.A. per il finanziamento da parte di una banca. Sia il g.d., sia il tribunale adito in sede di opposizione ex art. 98 L. Fall. riconoscevano al credito natura chirografaria, sicché il gestore del fondo ricorreva per cassazione, ottenendo la riforma della pronuncia di merito. 
[20] 
Affrontato da Cass. civ., sez. III, ord. 13/05/2020, n. 8882: Sace S.p.A. provvedeva a revocare il contributo pubblico dopo l’ammissione al concordato preventivo della società beneficiaria. La garante aveva pagato quanto dovuto in luogo della garantita e chiedeva quindi che le venisse riconosciuto il privilegio sul credito restitutorio, senza successo.
[21] 
Cass. civ., sez. I, 22/10/2020, n. 23137, con nota di PAPAGNI, “Il credito proveniente da fondi pubblici gode del privilegio?”, in Diritto&Giustizia, 204, 2020,7.
[22] 
Cass. civ., sez. VI, 27/11/2020, n. 27159. Il caso traeva origine dalla presentazione, da parte di Sace S.p.A., di una domanda, di insinuazione in via privilegiata al passivo del fallimento di una s.r.l., fondata sul rilascio di una “lettera di manleva” quale forma di intervento pubblico ai sensi del D.Lgs. n. 123/1998, che era stata poi onorata a seguito dell’escussione effettuata dall’istituto di credito mutuante. La società garante aggiungeva di avere accertato, già prima dell’escussione, l’inadempimento dell’impresa mutuataria e dato corso al procedimento di revoca del sostegno pubblico.
[23] 
Cass. civ., sez. VI, 17/12/2020, n. 28892. Nella fattispecie, la Regione Toscana aveva accordato un finanziamento in forza della L.R. n. 36/1995, allo scopo di “favorire il consolidamento e lo sviluppo dell’artigianato e dell’associazionismo artigiano […] nell’ambito della programmazione regionale”. Revocato il finanziamento, la Regione aveva chiesto l’ammissione in via privilegiata del proprio credito restitutorio al passivo della società beneficiaria, medio tempore fallita; tuttavia, sia il g.d., sia il tribunale in composizione collegiale avevano disconosciuto il privilegio in base ai principi di riserva di legge e di tassatività, osservando che avrebbe dovuto essere la legge statale a prevedere espressamente l’applicabilità della disciplina dei privilegi al recupero del credito regionale. La Corte di Cassazione ha invece concluso per la natura privilegiata del credito, attesa la finalità pubblica di sostegno ad esso sottesa.
[24] 
Per il principio consolidato si vedano ex multis: Cass. civ., sez. I, 5/03/2009, n. 5297; Cass. civ., sez. I, 15/09/1995, n. 9763.
[25] 
Cass. civ., sez. un., 17/05/2010, n. 11930; conf. Cass. civ., sez. I, 12/08/2016, n. 17087; Cass. civ., sez. I, 16/04/2014, n. 8869; Cass. civ., sez. lav., 11/08/2011, n. 17202.
[26] 
Sul tema: BRUNI – D’AMICO, “Interventi pubblici di sostegno alle imprese (d.lgs. n. 123/1998): finalmente chiarezza sui crediti privilegiati”, in Rassegna Avvocatura dello Stato n. 2/2019.
[27] 
Trib. Roma, sez. XVII, 10 gennaio 2019, n. 579, in banca dati DeJure; Trib. Roma, 2 marzo 2017, in www.ilcaso.it.; Trib. Pistoia, 21 maggio 2015, n. 3178, in www.ilcaso.it.; Trib. Milano, 2 luglio 2014, in www.ilcaso.it.; Trib. Tolmezzo, 11 marzo 2013, in www.unijuris.it. In senso contrario: ANDRETTO, “Natura privilegiata del credito per restituzioni di finanziamenti pubblici: il caso SACE”, in Fallimento, 2019, 7, 224, e Trib. Padova, 23 luglio 2012, in www.ilcaso.it
[28] 
Trib. Roma, XVII sez. civ., 10/01/2019, n. 579; Trib. Roma, IX sez. civ., 2/03/2017. 
[29] 
Come sostenuto da Cass. civ., sez. I, 5/03/2009, n. 5297.
[30] 
Per Cass. civ., sez. un. 17/05/2010, n. 11930 “Le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi in favore di determinati crediti possono essere oggetto di interpretazione estensiva, la quale costituisce il risultato di un'operazione logica diretta ad individuare il reale significato e la portata effettiva della norma, che permette di determinare il suo esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale; e di identificare l'effettivo valore semantico della disposizione, tenendo conto dell'intenzione del legislatore, e soprattutto dalla causa del credito che, ai sensi dell'art. 2745 c.c., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio.” 
[31] 
Si menzionano, a tal proposito: Cass. civ., sez. I, 20/09/2017, n. 21841, in cui si legge “L'art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 123 del 1998, in tema di interventi a sostegno pubblico delle imprese, che riconosce il privilegio generale ai crediti dello Stato per la restituzione dei “finanziamenti” erogati, trova applicazione anche per i contributi che siano stati concessi a fondo perduto, atteso che una volta risultate frustrate le finalità proprie degli interventi a sostegno delle imprese, deve comunque trovare adeguata protezione l’interesse pubblico al reimpiego delle risorse messe a loro disposizione.” e Cass. civ., sez. I, 20/04/2018, n. 9926, che ne riprende le conclusioni.
[32] 
Cass. civ., sez. VI, 28/01/2019, n. 2264, seguita a breve distanza da Cass. civ., sez. I, 26/06/2019, n. 17101. Per la dottrina in senso critico, si veda: DELLE MONACHE, “Garanzie rilasciate da Sace S.p.A. e privilegio ex art. 9. D.lgs. n. 123 del 1998”, in www.GiustiziaCivile.com, 4, 2020.
[33] 
L’indagine è stata condotta prendendo in esame, in primo luogo, l’art. 47 T.U.B. (“Finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici”) a tenore del quale “tutte le banche possono erogare finanziamenti o prestare servizi previsti dalle vigenti leggi di agevolazione, purché essi siano regolati da contratto con l'amministrazione pubblica competente e rientrino tra le attività che le banche possono svolgere in via ordinaria”. A fianco di quella data dalle “operazioni di prestito”, tra queste attività ordinarie di finanziamento compare anche quella costituita dal "rilascio di garanzie e di impegni di firma" (art. 1, comma 2, lett. f) del T.U.B.).  In secondo luogo, è stato considerato il “finanziamento destinato a uno specifico affare” di cui all'art. 2447 decies c.c., nel cui alveo la dottrina pacificamente ricomprende, oltre ai contratti di credito, le strutture negoziali di stampo partecipativo (dal c.d. mutuo parziario all'associazione in partecipazione alla cointeressenza) e pure le operazioni di finanza strutturata (quali quelle di cartolarizzazione e quelle di leveraged). In terzo luogo, è stato esaminato l’art. 106, comma l, T.U.B., poiché nel lungo elenco di operazioni con cui la normativa secondaria dà corpo al lemma "finanziamento", compaiono le operazioni di “rilascio di garanzie" (cfr. D.M. n. 53 del 2015, art. 2). Infine, anche il "finanziamento" richiamato dall'art. 2467 c.c. (sui "finanziamenti dei soci" nelle s.r.l.) è comunemente ritenuto termine idoneo a ricomprendere - tra le altre "agevolazioni finanziarie" - pure le prestazioni di garanzia. Non diversamente avviene, poi, quanto ai "finanziamenti" presi in considerazione dall’art. 182 quater, L. Fall.
[34] 
Si legge infatti in Cass. civ., sez. I, 9/03/2020, n. 6508: “Pertanto, essendo tutte le forme di intervenuto pubblico di sostegno alle attività produttive individuate dal D.lgs. n. 123 del 1998 espressione di un disegno unitario, inteso alla razionalizzazione e riorganizzazione dell’intero settore, non vi sono ragioni giustificatrici di trattamenti normativi differenziati a seconda delle diverse forme di intervento. Infine, l’intervento di sostegno a mezzo di una garanzia personale non presenta, per qualità, una tipologia di rischio imprenditoriale diversa ed inferiore rispetto alla concessione di mutui o all’erogazione diretta di somme di denaro”. Inoltre, per Cass. civ., sez. VI, 27/11/2020, n. 27159: “In realtà, le diverse forme di intervento pubblico di sostegno alle attività produttive individuate dal D.Lgs. n. 123 del 1998, (e descritte nella norma dell'art. 7) appaiono espressione di un disegno di impianto unitario, come inteso alla "razionalizzazione" e riorganizzazione dell'intero settore (cfr., tra l'altro, la norma dell'art. 1). E portatore di una disciplina di segno unitario delle diverse forme di intervento, pur nel rispetto delle differenze rilevanti che tra le stesse possano eventualmente manifestarsi" (così, in particolare, la già richiamata pronuncia di Cass., n. 2664/2019). Il tutto nel segno uniformante - si è anche precisato - delle finalità proprie dei finanziamenti in discorso e, nel contempo, delle necessarie garanzie che lo Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito: anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione, per potere realizzare l'interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse già messe a disposizione delle imprese per scopi poi frustrati dall'inadempimento delle medesime agli obblighi assunti (sul punto si confronti, in specie, Cass., n. 9926/2018)”.
[35] 
Le somme restituite sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per incrementare la disponibilità di cui all’art. 10, comma 2.
[37] 
Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2663. La soluzione è stata criticata da TRENTINI, “Privilegio dei crediti di restituzione derivanti da risoluzione dei finanziamenti di sostegno pubblico alle attività produttive”, in Fallimento, 2019, 5, 613.
[38] 
Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664: la questione concerneva un credito nascente dalla concessione di una garanzia da parte di Sace S.p.A. per il rilascio di due mutui chirografari, escusse le garanzie, Sace S.p.A. dichiarava di volersi surrogare in tutti i diritti e le azioni spettanti agli istituti di credito nei confronti della società debitrice. Per il commento della pronuncia, sia consentito rimandare a BOLOGNESE, “Il privilegio dei rediti nascenti dalla revoca del finanziamento pubblico per il sostegno alle imprese: il caso della revoca della garanzia”, in Fallimento, 2019, 7, 892.
[39] 
Cass. civ., sez. I, ord. 9/03/2020, n. 6508.
[40] 
In linea di continuità con Cass. civ., sez. un., 17/05/2010, n. 11930.
[41] 
Come del resto tutti gli interventi di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 123/1998.
[42] 
È questo il caso esaminato da Cass. civ., sez. I, 22/10/2020, n. 23137: v. nt. 17.
[43] 
La pronuncia richiama la precedente ord. n. 6508/2020, con cui si pone in linea di continuità. 
[44] 
Trib. Trieste, 30 maggio 2017, in www.ilcaso.it e Trib. Padova, 12 novembre 2015, in www.ilcaso.it
[45] 
Corte d’appello Roma, 12 gennaio 2012, in banca dati DeJure.
[46] 
Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664; Cass. civ., sez. I, n. 20/04/2018, n. 9926.
[47] 
In proposito, Cass. civ. sez. I, 30/01/2019, n. 2664 richiama, a sua volta, Cass. civ., sez. un., 20/07/2011, n. 15867, conf. Cass. civ., sez. VI, 31/05/2017, n. 12751; Cass. civ., sez. I, 26/02/2018, n. 4510.
[48] 
v. BOLOGNESE, ibidem, in Fallimento, 2019, 7, 893; v. anche CATALDO, “I crediti verso il fallito dopo il fallimento e i presupposti della loro ammissione al concorso”, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2018, 7, 54.
[49] 
Vale a dire senza il limite dell’inefficacia, verso i creditori, degli atti compiuti dopo la dichiarazione di fallimento o dopo il deposito del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo. In termini, si vedano: Cass. civ., sez. VI, 4/02/2020, n. 2457; Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664; Cass. civ., sez. I, 23/05/2018, n. 12853; Cass. civ., sez. I, 26/02/2018, n. 4510; Cass. civ., sez. I, 31/05/2017, n. 13751; Cass. civ., sez. I, 3/07/2015, n. 13763.
[50] 
v. amplius D’ORAZIO, “Il privilegio Sace ex d.lgs. n. 123 del 1998 tra revoca provvedimentale e risoluzione di diritto nella fase esecutiva del rapporto”, in Fallimento, 2020, 11, 1378.
[51] 
In tal senso: Cass. civ., sez. VI, 25/11/2019, n. 30621; Cass. civ., sez. I, 31/05/2019, n. 14915.
[52] 
Trib. Udine, 14 aprile 2019, in www.unijuris.it.; Trib. Milano, 1° marzo 2018, in banca dati DeJure; Corte d’appello Roma, 12 gennaio 2012, in banca dati DeJure.
[53] 
Cass. civ., sez. I, 7/07/2017, n. 16870, in banca dati Pluris, che così argomentaè un’evidente forzatura logica assumere che, se il credito della banca non fosse ab origine munito di privilegio - privilegiato è solo il credito dello Stato (Cass., Sez. 1, 24/08/2015, n. 17111) - lo possa essere divenuto a seguito del pagamento effettuato da SACE, essendo semmai vero il contrario ossia che, se il credito nasce privilegiato, il fideiussore che lo soddisfa e si surroga perciò nei diritti del creditore originario è surrogato anche nelle garanzie (Cass., Sez. 3, 19/07/1967, n. 1846)”.
[54] 
Nello stesso senso, anche Cass. civ., sez. III, 28/07/2018, n. 18782 e Cass. civ., sez. I, 5/06/2007, n. 13180, entrambe richiamate dalla pronuncia in rassegna. La dottrina ha osservato in senso critico che le due azioni sono complementari ed attengono a rapporti diversi: mentre il diritto al regresso guarda al rapporto tra garante e debitore principale, ristabilendo l’equilibrio patrimoniale tra le parti, l’azione di surrogazione concerne il diverso rapporto tra garante e creditore garantito, ed attribuisce al primo (garante) il vantaggio ulteriore di avvalersi, contro il debitore, delle garanzie accessorie del credito originario: BOLOGNESE, ibidem.
[55] 
Cass. civ., sez. IV, 25/11/2019, n. 30621.
[56] 
L’introduzione della norma ha evidentemente offerto un valido argomento a sostegno della natura privilegiata del credito dello Stato. La disposizione si riferisce in generale al diritto alla restituzione “nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzia”, così richiamando anche i garanti dell’impresa beneficiaria nei confronti della banca. Come affermato dalla Suprema Corte, non si tratta di una norma di interpretazione autentica, né innovativa, bensì di una norma ripetitiva e confermativa del regime previgente (Cass. civ., sez. I, 31/05/2019, n. 14915), utilizzata quale canone interpretativo per risolvere controversie sorte prima della sua entrata in vigore. In tal senso si veda anche:  D’ORAZIO, ibidem. 
[57] 
La Suprema Corte afferma “In tale prospettiva si è osservato che, essendo il senso della surroga quello di dar vita ad uno strumento idoneo ad apportare al solvens dei “vantaggi” e tutele ulteriori rispetto a quelli propriamente connessi al regresso, ne consegue che il richiamo all’art. 1203 c.c. non potrebbe mai far “cadere” un diritto proprio del solvens, solo perché estraneo alla posizione del creditore accipiens”. 
[58] 
La Corte di Cassazione ha infatti affermato: “Quanto all'ulteriore rilievo addotto dal Tribunale, per cui non è possibile che la posizione del soggetto che si surroga sia migliore di quella del creditore originario (sopra, nel n. 5, secondo capoverso), questa Corte ha rilevato, in particolare, che il "garante che ha pagato il creditore ha comunque diritto di recuperare dal debitore finale quanto per lui pagato, posto che è su quest'ultimo - non già sul garante solvens - che non può non ricadere il depauperamento patrimoniale conseguente alla rilevata sussistenza di un "debito". Si tratta, in effetti, di un diritto proprio del solvens (c.d. rivalsa), che il relativo comportamento (di effettuare il pagamento, appunto) tenga perché garante". È da "da aggiungere che, in ogni caso, il richiamo alla figura della surroga non potrebbe mai fare "cadere" un diritto proprio del solvens, perché estraneo alla posizione del creditore accipiens. La norma dell'art. 1203 c.c., è univoca nel dichiararsi "a vantaggio", e non già a danno, del solvens: la stessa, perciò, non potrebbe comunque togliere a questi dei "vantaggi", che risultano connessi alla posizione propria di questo" (così, in particolare, Cass., 25 novembre 2019, n. 30621).”.
[59] 
Trib. Milano, 3 luglio 2014, in www.unijuris.it.
[60] 
In tal senso Cass. civ., sez. un. 13/4/2010, n. 11930; in termini si veda PALLADINO, “Presupposti e limiti di applicabilità del privilegio ex art. 9 d.lgs. 123/1998 sui finanziamenti alle imprese”, in IlSocietario.it, fasc. 10/2/2015.
[61] 
Si rinvia a QUATRARO-DIMUNDO, “La verifica dei crediti nelle procedure concorsuali”, Milano, 2014, 1253.
[62] 
Cass. civ., sez. IV, 25/11/2019, n. 30621. 
[63] 
Cass. civ., sez. III, 10/06/2020, n. 11122: “In tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia, ai fini del riconoscimento del privilegio di cui all' art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123 del 1998, è irrilevante l'inquadramento in termini di regresso ovvero di surroga della pretesa fatta valere dalla Sace spa contro l'impresa garantita, nell'ambito della procedura concorsuale, a seguito della revoca dell'agevolazione concessa in forma di garanzia.”; Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664.
[64] 
ANDREANI, v. Regresso, in Enc. dir., Milano 1988; GIORGIANNI, v. Surrogazione (Pagamento con), in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988; BIANCA, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; SICCHIERO, Regresso e surrogazione legale, in Contratto e Impresa 1996,  998 e ss; DOLMETTA, “Questioni sulla surrogazione per volontà del debitore ex art. 8 legge n. 40/2007 (c.d. portabilità del mutuo)”, in Banca, borsa, tit. cred., 4, 2008, 395; per CORAPI, Regresso e surrogazione nelle obbligazioni solidali, Padova, 2010, 106, il diritto di regresso è un diritto "nuovo", che sorge in conseguenza dell'adempimento dell'obbligazione solidale, sicché sia la surrogazione che il regresso assolvono al medesimo scopo di consentire al solvens di recuperare quanto corrisposto al creditore.
[65] 
Gli istituti si differenziano anche per il contenuto (poiché solo nel caso di surroga il debitore è tenuto a pagare gli interessi, anche se prima non dovuti) e per la diversa decorrenza del termine di prescrizione del diritto di credito.
[66] 
Si veda la richiamata Cass. civ., n. 2664/2019.
[67] 
Un Autore ha parlato di “prospettazione bizzarra”, criticando l’assunto secondo cui se la banca non escute la garanzia (nulla può costringerla...) il credito è chirografario nel concorso, mentre se la escute, trasforma il credito chirografario in privilegiato, e il correlato assunto della Cassazione che postula che il credito azionato sia non già quello originato dal rapporto di finanziamento, bensì quello derivante dalla garanzia (che, in effetti, potrebbe non venire mai ad esistenza…): FABIANI, “Privilegio dei crediti con garanzia dello Stato: una postilla”, in Il Fallimento, 11, 2020, 1396 ss.
[68] 
Il riferimento è a Trib. Udine, 14 aprile 2019, in www.unijuris.it: il caso traeva origine da un’opposizione a cartella esattoriale notificata da Agenzia delle Entrate S.p.A. con riferimento ad un credito di Mediocredito centrale S.p.A., nella veste di gestore del fondo di garanzia ex L. n. 662/1996. La società opposta chiedeva il rigetto dell’opposizione con conseguente accertamento della consistenza del credito e della sua collocazione in privilegio generale ex artt. 1 e 9, D.Lgs. n. 123/1998 e 8-bis, D.L. n. 3/2015. Nella fattispecie, correttamente è stato rilevato che il garante aveva pagato quanto dovuto solo dopo la pubblicazione della domanda di concordato preventivo, da parte del debitore principale, sicché era da considerarsi credito concorsuale, soggetto ai principi di postergazione del credito e di cristallizzazione della massa passiva al momento dell’apertura della procedura, in applicazione degli artt. 61, 63 e  168 L. Fall.
[69] 
Richiamando peraltro un precedente in termini della Suprema Corte: Cass. civ.,  sez. I, 4/8/2017, n. 19609.
[70] 
In dottrina: AMOROSINI CAVALLI IORIO, Trattato di Diritto Commerciale - Il fallimento, vol. XI, Padova, 2009, 378; VACCARELLA, “La solidarietà passiva nel fallimento”, in Dir. fall., 1967, I, 46 ss; INZITARI, Effetti del fallimento per i creditori, in RAGUSA MAGGIORE COSTA (diretto da), Le procedure concorsuali. Il fallimento, I, Torino, 1997.
[71] 
Che la giurisprudenza ritiene pacificamente applicabile anche ai rapporti tra coobbligati in bonis e fallito: Cass. civ., 17/10/2018, n. 26003 e Cass. civ., 1/03/2012, n. 3216. Per un approfondimento sul complesso di norme che disciplinano i rapporti tra coobbligati solidali nel fallimento, si rinvia a PINTO, L’attuazione dell’obbligazione solidale nel  di uno o più coobbligati, in www.ilfallimentarista.it, 30 ottobre 2012.
[72] 
Che per autorevole dottrina è espressione del divieto di regresso parziale: per approfondimenti, si veda BONFATTI, Il coobbligato del fallito nel fallimento, Milano, 1989, 128.
[73] 
Dal momento che il fondo di garanzia, Sace S.p.A. e Simest S.p.A. prestano garanzia solo per parte del credito, mentre la restante parte resta a carico del debitore principale, accade spesso che il creditore originario (istituto di credito) ottenga il soddisfacimento solo parziale della propria pretesa, mediante l’escussione della garanzia, restando insoddisfatto per la parte di competenza del debitore principale.
[74] 
Cass. civ., sez. I, 7/12/1998, n. 12366.
[75] 
Corte d’Appello di Torino, 7 febbraio 2007.
[76] 
Per una tesi il solvens, in attesa che il creditore originario sia interamente soddisfatto in sede concorsuale, può in ogni caso insinuarsi al passivo con riserva, destinata a essere sciolta solo laddove sopravvenga il soddisfacimento del creditore per l'intero credito (Cass. civ., sez. I, 21/07/2004, n. 13508; Trib. Milano, 9 maggio 2008; Trib. Monza, 16 aprile 2008; Trib. Modena, 11 febbraio 2003; in dottrina, v. Autori richiamati da PINTO, ibidem); altra tesi, allo stato dominante, nega invece l’ammissione con riserva dal momento che è impossibile stabilire un'analogia fra la posizione del creditore di regresso e quella del creditore condizionale (Cass. civ. sez. I, 8/08/2003, n. 11953; in dottrina, BONFATTI, op.cit., 198 ss.; v. Autori richiamati da PINTO, ibidem), e che essa determinerebbe una inammissibile sottrazione di attivo agli altri creditori (BONFATTI, op. cit., 204; FERRARA-BORGIOLI, Il fallimento, Milano, 1995, 366 s. nt. 3; Cass. civ., sez. I, 17/01/2008, n. 903); infine, per altra impostazione il divieto sancito dall’art. 61, comma 2, L. Fall. andrebbe riferito esclusivamente alla collocazione sul ricavato del credito di regresso e non anche alla sua ammissione al passivo, con conseguente diritto del coobbligato che abbia eseguito pagamenti parziali in pendenza di fallimento di essere ammesso al passivo con collocazione sul ricavato subordinata alla mancata collocazione del comune creditore (BONFATTI, op. cit., 178).
[77] 
Secondo una norma che ripropone, in sede fallimentare, il contenuto dell’art. 1292 c.c.
[78] 
Che può quindi insinuarsi per la sua parte, purché sussista il regresso e solo nei limiti del credito per cui ha offerto la garanzia.
[79] 
FABIANI, “Il privilegio dei crediti con garanzia dello stato: una postilla”, ibidem.
[80] 
Tra i quali annoverare, a questo punto, anche i creditori della massa che subirebbero un pregiudizio dal riconoscimento del privilegio di che trattasi.
[81] 
FABIANI, ibidem.
[82] 
In tema di cristallizzazione dei privilegi, v. Cass. civ., sez. I, 28/12/1994, n. 11250.
[83] 
PINTO, ibidem.
[84] 
V. nt. 10.

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