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Saggio

Il Commissario Giudiziale nella fase prenotativa nel contesto del Codice della Crisi (e con uno sguardo al futuro “correttivo”)*

Tommaso Nigro, Dottore Commercialista in Salerno

14 Ottobre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo esamina il complesso ruolo del Commissario Giudiziale nella particolare fase del procedimento unitario, partendo dai criteri di nomina ed analizzando, di seguito, anche in chiave operativa, doveri, poteri e compiti attribuiti dalla nuova legiferazione. Completa il lavoro un’attenta analisi della sanzione sostanziale dell’interruzione della procedura e del compenso spettante, anche in ordine alla conservazione della prededucibilità nella successiva liquidazione giudiziale. 
Riproduzione riservata
1 . La nomina del Commissario Giudiziale nel Procedimento Unitario tra obbligatorietà e facoltatività
Il nuovo impianto del concordato preventivo, profondamente innovato dalla riforma del D.Lgs. n. 14/2019, pone all’attenzione degli operatori del diritto la figura cardine del Commissario Giudiziale la cui obbligatoria presenza, all’interno del più ampio contesto del procedimento unitario, non pare poi così scontata. 
In argomento, l’articolo 44, comma 1, lettera b) CCII dispone che, qualora il debitore abbia presentato la domanda di cui all’art. 40, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi, il Tribunale pronuncia decreto con il quale, tra gli altri, “nomina un commissario giudiziale”. 
Disposizione che non lascia spazio ad alcuna interpretazione, così confermando, in presenza di una “domanda con riserva”, l’obbligatorietà della nomina del Commissario, evidentemente ritenuto un organo dal quale il Tribunale non può prescindere in presenza di una documentazione decisamente più scarna[1]. Obbligatorietà che si ricava anche dalla previsione di cui al comma 1 lettera c) dell’art. 44 CCII dove, in tema di obblighi informativi, viene previsto che il procedimento si svolga “sotto la vigilanza del commissario giudiziale”, riproponendo la pedissequa disposizione contenuta nel comma 7 dell’art. 161 L. fall, ma eliminando l’inciso “se nominato”; nonché dalla condivisibile modifica operata in sede di stesura del testo definitivo che, alla lettera d) del medesimo comma 1 dell’art. 44, nel disciplinare i casi di deposito del fondo spese, ha escluso che vi possa essere un’ipotesi diversa dalla necessaria presenza, eliminando l’inciso “in caso di nomina del commissario giudiziale”. 
La questione si pone in termini differenti qualora si analizzi l’ipotesi di accesso diretto agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza posto che né l’articolo 40, né le altre disposizioni positive regolano il potere del Tribunale di nominare il Commissario Giudiziale nel periodo che intercorre tra la domanda di ingresso ed il decreto di apertura di uno degli strumenti, con l’unica eccezione per gli accordi di ristrutturazione dove, per effetto del comma 4 dell’art. 40 CCII, è espressamente previsto, seppur con riferimento alla fase di omologazione, che “il tribunale può nominare un commissario giudiziale o confermare quello già nominato ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera b”[2]. 
Contraddizione che si rinviene anche analizzando la previsione di cui al comma 1, lettera p) dell’art. 87 CCII che, quanto al contenuto del piano, chiede di dare conto anche de “l'indicazione del commissario giudiziale ove già nominato”; e dell’art. 46 dove, nel disciplinare la domanda di autorizzazione a compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione tra il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo ed il decreto di apertura di cui all'articolo 47, il tribunale, ai fini della concessione dell’autorizzazione, “acquisisce il parere del commissario giudiziale, se nominato”. Senza dimenticare, poi, il disposto di cui al comma 1 dell’art. 47 dove viene previsto, con riferimento alla fase di apertura, che il Tribunale, debba acquisire il parere del commissario giudiziale, se già nominato[3]. 
A chiarire i dubbi interpretativi è intervenuta una prima giurisprudenza di merito [4] che ha interpretato il presunto contrasto sancendo l’obbligatorietà in caso di concordato cd. prenotativo e la mera facoltatività di nomina in ipotesi di concordato cd. pieno. Il Tribunale sammaritano, esaminando l’ipotesi di nomina nella fase in cui la società aveva depositato ricorso ai sensi dell’art. 40 CCII, ha disposto che, in materia di concordato preventivo, la nomina del commissario giudiziale è obbligatoria nell’ipotesi di concordato cd. prenotativo, rispondendo all’esigenza di verificare che la società non compia atti in frode ai creditori nel corso della preparazione della proposta e del piano, nonché di vagliare la fattibilità del piano (in caso la società intenda accedere ad un concordato liquidatorio) ovvero la non manifesta inattitudine del piano al soddisfacimento dei creditori (ove la società voglia accedere ad un concordato in continuità). Qualora, invece, la società abbia depositato un concordato cd. pieno il Tribunale è titolare di un potere facoltativo di nomina del commissario giudiziale nella fase che va dall’accesso al procedimento unitario all’apertura della procedura concordataria[5].
2 . Il decalogo dei poteri e dei doveri del Commissario Giudiziale nella fase prenotativa
Il potenziato ruolo del Commissario Giudiziale nel nuovo assetto declinato dal Codice della Crisi suggerisce una disamina più attenta in ordine alla perimetrazione dei poteri e dei doveri nella particolare fase c.d. “prenotativa” che si prospetta come “incidentale” rispetto alla vera e propria procedura chiamata ad instaurarsi solo a seguito dell’emissione del decreto di cui all’art. 47 CCII. (o in alternativa, alla richiesta di omologazione degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 48 CCII) 
Nel far ciò occorre fare buon governo delle regole dettate dagli artt. 44 e 46 CCI che, nella parte qui di interesse, prevedono, quanto all’art. 44 CCII che “1. Il debitore può presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In tale caso il tribunale pronuncia decreto con il quale: …b) nomina un commissario giudiziale, disponendo che questi riferisca immediatamente al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi. Si applica l’articolo 49, comma 3, lettera f); c) dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sino alla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1, lettera a; 2. Il tribunale, su segnalazione di un creditore, del commissario giudiziale o del pubblico ministero, con decreto non soggetto a reclamo, sentiti il debitore e i creditori che hanno proposto ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, revoca il provvedimento di concessione dei termini adottato ai sensi del comma 1, lettera a), quando accerta una delle situazioni di cui al comma 1, lettera b) o quando vi è stata grave violazione degli obblighi informativi di cui al comma 1, lettera c).Nello stesso modo il tribunale provvede in caso di violazione dell’obbligo di cui al comma 1, lettera d). 
E, quanto all’art. 46 CCII che “1. Dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, anche ai sensi dell’articolo 44, e fino al decreto di apertura di cui all'articolo 47, il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale. In difetto di autorizzazione gli atti sono inefficaci e il tribunale dispone la revoca del decreto di cui all'articolo 44, comma 1. 2. La domanda di autorizzazione contiene idonee informazioni sul contenuto del piano. Il tribunale può assumere ulteriori informazioni, anche da terzi, acquisisce il parere del commissario giudiziale, se nominato”[6]. 
Dal combinato disposto delle citate norme, anche nel testo riformato dal Correttivo, può dunque ricavarsi il decalogo dei seguenti precipui compiti attribuiti ex lege al Commissario Giudiziale, ovvero: (i) verifica di eventuali atti di frode ai creditori non dichiarati nella domanda, ovvero di ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi; (ii) espressione di parere sul compimento di atti di straordinaria amministrazione che l'imprenditore eventualmente dovesse richiedere al Tribunale di autorizzare (nelle ipotesi di mancata indicazione dello strumento prescelto alternativo al concordato preventivo); (iii) vigilanza sull'adempimento da parte del debitore degli obblighi informativi e del mancato pagamento del fondo spese; (iv) incidentalmente, seppur non vi è più il richiamo all’art. 103, comma 2 (già 170, comma 2, L. fall.), la consultazione della contabilità e delle banche dati esterne. 
Il che impone, a latere del lavoro che il proponente è chiamato in autonomia a svolgere [7], di dare impulso, immediatamente dopo l’accettazione dell’incarico[8] e previa richiesta di acquisizione dell’intera contabilità e dei libri sociali[9], alla verifica della preventiva analisi degli adeguati assetti dell’azienda e delle scritture contabili, unitamente ad una generale vigilanza degli atti compiuti ed a compiersi, con particolare riferimento allo stato di avanzamento del piano e della proposta ed alla compatibilità con i tempi previsti dalla procedura. 
La struttura dei controlli diventa, dunque, trifasica[10]: da un lato occorre condurre un lavoro di verifica contabile e di riscontri esterni, utile anche ai fini della verifica della completa disclosure da parte del debitore, nonché a disaminare quantomeno l’affidabilità del progetto di risanamento dell’impresa; dall’altra, necessita verificare se le lavorazioni poste in essere dal proponente siano già in stato sufficientemente avanzato e, dunque, compatibili con l’approdo ad uno degli strumenti di regolazione della crisi nei tempi (oggi dimidiati) imposti dalla normativa e dal decreto di concessione dei termini; da altro angolo visuale occorre, poi, monitorare gli obblighi informativi ed il loro contenuto, sia al fine di farne constatare la completezza, sia anche, e principalmente, allo scopo di verificare che il debitore non abbia posto in essere (i) atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione preventiva del Tribunale [11]e/o (ii) il pagamento di debiti anteriori alla data di iscrizione al R.I. della domanda ex art. 44 CCII [12]. 
Il primo lavoro da compiersi attiene, dunque, alla richiesta delle banche dati [13] e della contabilità che va attivata con assoluta celerità, in considerazione anche dei tempi di risposta, generalmente non brevi, degli Enti interessati e dei clienti e fornitori. Ad esso si affianca un dovere di prima analisi di attendibilità dell’impianto contabile e della struttura organizzativa dell’azienda, in uno alla verifica dello standing dei professionisti coinvolti nell’operazione di ristrutturazione[14]. 
Quand’anche non previsto, posto che la disposizione è contenuta nell’art. 105 CCII (destinata a regolare la fase del “concordato pieno”), può essere di utilità, a seconda dei casi esaminati, la redazione del verbale di inventario[15], o, in ogni caso, un’attenta disamina degli asset aziendali, al fine di comprendere se le linee guida del piano di risanamento siano, almeno astrattamente, compatibili con la struttura dell’attivo e con la stratificazione del passivo [16]. 
Pare opportuno, inoltre, che il Commissario predisponga uno o più accessi presso la sede dell’azienda, ancor più se essa è operativa, anche al solo fine di “calarsi” nelle caratteristiche e specificità del singolo settore in cui l’azienda opera, quasi ad immaginare di poter temporaneamente “vivere” la complessa realtà in cui si muove l’imprenditore. 
L’obiettivo da raggiungere, nel pur breve segmento temporale a disposizione, è, dunque, quello di esaminare l’attendibilità, quantomeno potenziale, dei valori attivi e passivi esposti in contabilità[17], di rilevare gli eventuali atti di frode commessi, anche al di là della decettività della condotta, e, contemporaneamente dare atto, passo dopo passo [18], della compatibilità delle lavorazioni condotte rispetto al risultato prefissato della redazione del piano di risanamento in ottica di concordato preventivo, di accordo di ristrutturazione o di P.R.O., in uno all’astratta fattibilità del progetto di risanamento ideato.
3 . I nuovi compiti propositivi del Commissario Giudiziale e l’assimilazione alla diversa figura dell’esperto nella composizione negoziata
Il compito già arduo si arricchisce, e per vero si complica, per effetto dell’ulteriore disposizione di nuovo conio che ascrive un particolare potere al Commissario Giudiziale. Si tratta della norma di cui al comma 3 dell’art. 92 CCII che, da un canto, pone a carico di quest’ultimo un dovere di informativa, prevedendo che lo stesso “vigila sull’attività del debitore e fornisce ai creditori che ne fanno richiesta, valutata la congruità della stessa e previa assunzione di opportuni obblighi di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in suo possesso”; e dall’altro gli attribuisce, nei casi di concordato in continuità aziendale, inconsueti poteri di intervento, prevedendo che “nel termine concesso ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), il commissario giudiziale, se richiesto o in caso di concessione delle misure protettive di cui all’articolo 54, comma 2, affianca il debitore e i creditori [19] nella negoziazione del piano formulando, ove occorra, suggerimenti per la sua redazione”. 
Con la previsione di un potere, certamente condivisibile, e tra l’altro non nuovo, di vigilanza e di informativa che è insito nella funzione ed è conforme alla natura pubblicistica dell’incarico; ma che si estende, con qualche maggiore preoccupazione, ad un’attività di affiancamento al debitore e ai creditori nella fase delle trattative prodromiche alla predisposizione del piano che, seppur rispondente alla prescrizione recata all’articolo 5, paragrafo 3 della Direttiva Insolvency di “assistere il debitore e i creditori nel negoziare e redigere il piano”, avvicina il ruolo di un organo di giustizia a quello, del tutto diverso, dell’esperto facilitatore, rischiando di minare la vera funzione del Commissario Giudiziale e di creare una potenziale indebita ingerenza nella conduzione dell’impresa e nelle scelte gestionali durante la fase interinale che conduce alla redazione del piano e della proposta di concordato in continuità[20]. 
Non sfugge, infatti, che, tradizionalmente, il compito del Commissario Giudiziale - che la norma continua a qualificare come “Pubblico Ufficiale”- è sempre stato di mera ed esclusiva vigilanza, con una posizione ontologicamente “distante” dall’imprenditore, costituendo anche un presidio per l’organo di Procura; ma, soprattutto, è previsto che lo stesso sia, per effetto del disposto di cui all’art. 358 CCII, del tutto indipendente rispetto all’impresa, dovendo rispondere al preliminare requisito di non trovarsi “in conflitto di interessi con la procedura”. 
Così argomentando si realizza, a ben vedere, anche un potenziale paradosso se sol ci si pensi alla diversa funzione del professionista indipendente di cui alla lettera o) dell’art. 2 CCII che, seppur designato dall’imprenditore e non investito di funzioni pubblicistiche, deve, invece, rispettare appieno e con maggior rigore il requisito dell’indipendenza, essendogli precluso ogni intervento propositivo[21]; immaginando, così, uno scenario in cui l’attestatore deve “tenersi lontano” dall’imprenditore ed un Commissario Giudiziale che, diversamente, potrà a questi addirittura “fornire suggerimenti” per la redazione di un piano[22].  
Norma, dunque, di portata assolutamente innovativa e da salutare con favore, essendo evidentemente frutto di una concezione più aperta e di favor per la continuità aziendale,  ma che dovrà essere utilizzata cum grano salis essendo possibile, se non ben interpretata, il rischio di prevaricazione e di ingerenza del Commissario Giudiziale nelle scelte gestionali, ma anche quello di potenziali strumentalizzazioni, laddove quei “suggerimenti” possano essere valutati ex post come deleteri e preclusivi alla buona riuscita del piano. 
Il problema intimo resta, dunque, quello di coniugare le lavorazioni autonome dell’imprenditore e dei suoi advisor con un dovere di intervento che, a ben vedere, pare facoltativo e su impulso del debitore stesso solo nelle ipotesi, invero infrequenti, in cui la domanda prenotativa non sia accompagnata dalla richiesta di misure protettive[23]. Con la necessità di rendere compatibile il ruolo di intervento del Commissario con la fluidità del lavoro di creazione del piano da parte dei professionisti officiati, soprattutto nelle ipotesi di mancata linea di condivisione, con il rischio di innestare un pericoloso corto circuito[24] in un lasso temporale davvero molto ridotto. 
4 . Il potere di accesso alle banche dati ed il riscontro esterno
Si è fatto cenno, in precedenza, ai poteri di cui è investito il Commissario Giudiziale, con espresso rimando alla disposizione normativa di cui all’art. 49, comma 3, lettera f) CCII, richiamata all’art. 44 CCII che prevede, tra gli altri, che il Commissario Giudiziale sia già autorizzato “con le modalità di cui agli articoli 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies delle disp.att del c.p.c.: 1) ad accedere alle banche dati dell'anagrafe tributaria e dell'archivio dei rapporti finanziari; 2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi; 3) ad acquisire l'elenco dei clienti e l'elenco dei fornitori; 4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l'impresa debitrice, anche se estinti; 5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l'impresa debitrice[25]. 
La disposizione, di ampia portata, ha un evidente contenuto precettivo che genera, a ben vedere, un preciso obbligo a carico del Commissario Giudiziale di attivarsi in tal senso, senza che possa essere interpretato come mera facoltà, da attivare, dunque, discrezionalmente. La volontà legislativa è, infatti, quella di agevolare la ricostruzione del patrimonio beneficiando delle c.d “fonti esterne”, senza poter invocare l’eventuale assenza della documentazione depositata[26]. 
Norma che, quand’anche apprezzabile nell’intento, contiene alcuni elementi di criticità che potrebbero ridurre la portata dell’intervento.  
In primo luogo, in punto di puro formalismo, va segnalato l’ultroneo richiamo agli articoli 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies che, essendo riferiti a richieste da formulare agli Enti, non pare possano adattarsi alle acquisizioni delle schede contabili. Parimenti non sembra del tutto felice il richiamo all’elenco dei clienti e fornitori, destinato a perdere vigore in considerazione dell’avvenuta abrogazione di tale obbligo già a far data dal 1 gennaio 2019 e che va, evidentemente, riferito al periodo antecedente, non mancando di evidenziare come esso sia comunque integrato dalla possibile consultazione degli archivi delle fatture elettroniche, attive e passive. 
Ma quel che più manca è, con riferimento alla prevista acquisizione delle schede contabili dei fornitori e dei clienti, una precisa disposizione che imponga un’attestazione di veridicità del dato e di conformità alle scritture contabili, nonché un’espressa sanzione o un rimedio coattivo nelle ipotesi, vi è da credere frequenti, in cui i destinatari della richiesta omettano la risposta. Poter contare su di un riscontro da parte del cliente, nelle situazioni di imprese che vantino posizioni creditorie di rilievo, rappresenta un indubbio vantaggio in termini di affidabilità dei rapporti e di speditezza della procedura; tuttavia, ben potrebbe il soggetto compulsato provvedere ad alterare il contenuto della scrittura ausiliaria, senza che si possa ottenere un ulteriore riscontro riferito, ad esempio alle registrazioni del libro giornale o all’acquisizione delle fatture; così come potrebbe la controparte decidere di omettere il riscontro proprio al fine di impedire la ricostruzione del rapporto. Ferma la lacuna attestativa, resta allora da domandarsi se tra le competenze del Giudice Delegato possano rientrare quelle di ordinare alla Polizia Giudiziaria di acquisire il dato omesso. Pur non rinvenendo uno specifico potere in tal senso è possibile immaginare una risposta positiva solo utilizzando quel principio di cooperazione tra gli Uffici che si ricava, in via generale, dalle attivate prassi e dai protocolli adottati dai Tribunali, specie nei casi in cui si sospetta l’utilizzo di fatturazioni per operazioni inesistenti o altre ipotesi di reato. Acquisizione che, quand’anche si rivelasse non decisiva ai fini penalistici, consentirebbe, comunque, di reperire l’informazione utile anche ai soli fini della verifica della eventuale condotta decettiva.
5 . Il perimetro del controllo giudiziale degli atti in frode
Tra i variegati compiti ascritti al commissario Giudiziale, di cui si è fornita un’ampia panoramica, merita un particolare approfondimento l’interpretazione del dovere di verifica in ordine all’esistenza di eventuali atti in frode non dichiarati nella domanda ex art. 44, comma 1, lett. b) ed il conseguente obbligo di segnalazione.  
Non sfugge, infatti, che il contenuto del ricorso per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi è alquanto “basico” essendo previsto, al comma 2 dell’art. 40 CCII, che vengano in esso indicati esclusivamente “l'ufficio giudiziario, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni”, senza alcun riferimento espresso a pregressi comportamenti aventi carattere fraudolento in danno dei creditori. Né sopperisce a tanto il corredo documentale imposto che, nei casi previsti dall’art. 44 CCII, si riduce al mero deposito dei bilanci e dell’elenco nominativo dei creditori, senza far riferimento, ad esempio, alla relazione di cui all’art. 39, comma 2, CCII sul compimento degli atti di straordinaria amministrazione nel quinquennio. 
Provando, dunque, a trovare una chiave di lettura capace di riallineare il sistema, posto che la domanda di assegnazione del termine non contiene obbligatorie indicazioni per imporre già in partenza una disclosure in ordine alla legalità degli atti compiuti, pare opportuno che il Commissario Giudiziale, nell’ambito dei più generali poteri di cui è dotato, solleciti, laddove ovviamente la domanda sia carente di tali informazioni, una espressa dichiarazione da parte del legale rappresentante “di non aver, anche in epoca antecedente la presentazione della domanda, occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode”, o in alternativa, imponga l’acquisizione di una relazione dettagliata su eventuali atti compiuti in violazione all’art. 106 CCII. 
Al fine di agevolare la genuinità della predetta dichiarazione e, dunque, scongiurare sin dal principio l’eventuale portata decettiva delle condotte pregresse, sarà necessario impostare una prima verifica sui dati contabili e porre l’attenzione su eventuali punti di criticità, anche avvalendosi delle fonti esterne ex art. 49, comma 3, lettera f) CCII, con la conseguenza che laddove la dichiarazione dovesse risultare non conforme a fatti successivamente accertati, occorrerà riferire al Tribunale per l’ipotesi di revoca ex art. 44, comma 2, CCII. 
Solo in tal modo, a ben vedere, è possibile ricucire l’evidente frattura che si rinviene del dato normativo laddove impone un obbligo di verifica da parte del Commissario Giudiziale di un dato la cui ostensibilità all’interno della domanda di accesso non è affatto prevista. 
Operando in tal modo si lega il contenuto dell’art. 44 CCII a quello dell’art. 106 CCII, consentendo un “travaso” di norme non senza difficoltà interpretative[27], tenuto conto anche della diversa locuzione utilizzata, ma pur sempre restando nel campo della valutazione di “decettività”, includendo nell’operato sanzionabile ogni omessa informazione di fatti, pur di per sé non necessariamente fraudolenti, ma comunque idonei ad influire sulla deliberazione dei creditori[28]. 
In detto contesto si annidano alcune difficoltà operative che possono conseguire ad una diversa interpretazione da parte del Commissario Giudiziale del carattere fraudolento di alcuni atti. 
È ben possibile, infatti, che il debitore, all’interno della domanda principale (o nella successiva dichiarazione richiesta) non abbia ritenuto alcune circostanze come astrattamente configuranti “atti in frode” e non le abbia, dunque, menzionate. Qui occorre domandarsi se ciò possa condurre ad una censura con le conseguenti ricadute in termini di interruzione della procedura. 
Certo è, ricorda la più avveduta giurisprudenza già formatasi nel rito previgente, che “l’obbligo di disclosure grava sul proponente il concordato e non sull’attestatore, e che tale obbligo non può ritenersi assolto semplicemente perché la circostanza emerge dalla documentazione contabile della società, in quanto l’informazione dovuta ai ceditori si basa su una chiara esposizione in ordine a circostanze rilevanti e non può di certo essere affidata alla semplice consegna delle scritture contabili e di documentazione”[29]. 
Il che impone, in ogni caso, che il debitore esponga in maniera chiara gli atti anche solo potenzialmente rilevanti, lasciando poi, nei casi dubbi, al Commissario Giudiziale la valutazione in ordine alla loro qualificazione, così innalzando il livello di esigibilità della condotta ed invertendo l’onere della prova del dolo richiesto. 
6 . La sanzione sostanziale dell’interruzione della procedura ed il tema della riproposizione del ricorso prenotativo
Cercare di interpretare la logica che anima un intervento così invasivo, in un contesto in cui il debitore è chiamato ad organizzare le risorse per tentare una soluzione alla sua condizione di crisi o di insolvenza, è questione davvero complessa.   
La decettività della condotta del debitore assume certamente un ruolo rilevante all’interno della “domanda di concordato pieno” e ciò spiega il contesto ed il rimedio di cui all’art. 106 CCII; più difficile è giustificare una richiesta di disclosure anticipata in una fase in cui il proponente non ha ancora organizzato la sua proposta ed il suo piano e, magari, sta imbastendo una disamina, anche per mezzo di consulenti esterni, degli atti di frode commessi, al fine di rendere una completa informativa. 
Una risposta potrebbe risiedere nel nuovo lasso temporale concesso che, a ben vedere, è così ristretto da dover ritenere che, già in partenza e con la richiesta del termine, il debitore debba aver preventivamente, e da tempo, attivato tutti i necessari presidi ed abbia, dunque, bisogno della concessione del (pur breve) termine solo per portare a compimento un complesso lavoro in gran parte svolto. 
Un contesto che si può immaginare, per vero, solo in un prossimo futuro, quanto l’art. 2086 CC sarà davvero “interiorizzato”, comportando quel monitoraggio auspicato capace di far intercettare la crisi e porre ad essa tempestivo rimedio, evitando di giungere all’appuntamento con gli istituti di regolazione della crisi e dell’insolvenza con colpevole e grave e ritardo. 
La conclusione cui si è giunti si presta, però, ad un nuovo interrogativo che impone una riflessione sui sostanziali effetti dell’interruzione del termine: ma è davvero una sanzione quella contenuta al co.2 dell’art. 44 CCII? 
Come noto, il riformato testo dell’art. 44 CCII ricalca, con qualche lieve modifica, soprattutto in termini acceleratori, il contenuto del c.d. “ricorso prenotativo”, già presente all’art. 161, comma 6, R.D. n. 267/1942. 
L’attuale norma dispone, al comma 1, che “Il debitore può presentare la domanda di cui all'articolo 40 con la documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi. In tale caso il tribunale pronuncia decreto con il quale: a) fissa un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l'apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori sessanta giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo” (o gli ADR o il PRO); con ciò riproponendo un impianto pressoché inalterato, se non per una dimidiazione dei termini originari (prima fissati fra sessanta e centoventi giorni), per l’impossibilità di proroga allorquando penda un ricorso per apertura della liquidazione giudiziale [30] e per l’espressa specificazione della mancata applicazione della cd “sospensione feriale”. 
In tema merita, dunque, una particolare attenzione la questione della riproposizione della domanda “in bianco” nelle ipotesi di esito infausto del primo ricorso, che nel previgente sistema era stata espressamente esclusa dal comma 9 dell’art. 161 L. fall. [31] e che, nel caso di interruzione per violazione di norma, avrebbe compostato sempre un’effettiva “sanzione processuale”. 
In assenza di disposizione positiva la giurisprudenza di merito [32] ha risolto il quesito nel senso di ritenere, in mancanza di una previsione conforme a quella dell’art. 161, comma 9, L. fall., l’ammissibilità della nuova domanda “senza i precedenti limiti temporali, purché ciò non si traduca in un abuso dello strumento concordatario” [33] Interpretazione che offre l’occasione per ampliare il perimetro di indagine, cercando di cogliere, oltre il profilo dell’abuso, anche ulteriori tutele, specie con riferimento alle (generalmente) collegate misure protettive. 
Uno sguardo di insieme al Codice della Crisi consente di rinvenire una limitazione all’interno del solo art. 47, comma 6, CCII che, disciplinando il diverso caso del “concordato pieno”, prevede, nelle ipotesi di dichiarata inammissibilità della proposta, la possibilità di riproposizione solo “quando si verifichino mutamenti delle circostanze” 
Quanto tale regola possa essere utilizzata al caso del ricorso “aperto”, dove gli epiloghi sono molteplici e, soprattutto, il contenuto della domanda è molto semplificato, è questione complicata, potendo azzardare un’applicazione in chiave analogica[34], così da giungere a ritenere impedito l’ulteriore utilizzo dello strumento a quell’imprenditore che, nel depositare la nuova domanda, non dia dimostrazione del mutamento dei presupposti. 
Tesi che, tuttavia, appare forse troppo spinta, potendo in forma più mediata utilizzare, invece, la disposizione dell’art. 47 CCII solo come uno tra i criteri per valutare l’eventuale “abuso dello strumento”. 
Così ragionando, non tutte le domande nuove dovrebbero contenere “mutate circostanze”, dovendo ritenere, però, necessario acquisire, da parte del Tribunale, un ulteriore corredo argomentativo che, nell’osservanza dei principi di buona fede e correttezza declinati all’art. 4 CCII, consenta una completa disclosure dei motivi del rinnovato deposito e, conseguentemente, l’individuazione di eventuali profili di abuso[35]. 
Per di più va distinto il caso in cui la nuova domanda ex art. 44 CCII consegua ad un precedente ricorso che ha generato un concordato inammissibile (e qui la valutazione dovrà essere necessariamente più rigorosa), da quella che promana da una precedente domanda il cui termine è spirato senza il deposito del piano (che potrebbe ritenersi, in assenza di ricorsi per liquidazione giudiziale, una sorta di “proroga”, che non necessariamente impone un mutamento di struttura). 
In detto ricostruito contesto non sfugge, però, che la vera tutela risieda oggi non tanto nel termine di cui all’art. 44 CCII, quanto piuttosto nelle collegate misure protettive. Ora, la circostanza che le stesse non siano più automatiche ma necessitanti di conferma o di revoca, sposta il tema dell’abuso del diritto su un diverso piano e pone un ulteriore limite nella consecuzione delle procedure, da confinarsi nel perimetro temporale di cui all’art. 8 CCII, dovendo tener conto del loro complessivo utilizzo. 
Sicché, ed in conclusione, restando nei limiti della difficile perimetrazione dell’“abuso” dello strumento concordatario è da ritenersi che, laddove l’interruzione della procedura derivi da un evidente comportamento decettivo del debitore, ben potrà il Tribunale negare l’ulteriore richiesta di termine eventualmente avanzata, conferendo “sostanzialità” alla sanzione di cui al comma 2 dell’art. 44 CCII. Diversamente, in un contesto in cui il debitore si è mostrato collaborativo e l’interruzione del termine derivi, ad esempio, da una diversa interpretazione degli atti in frode, o più banalmente, da una incolpevole inerzia o da giustificati ritardi nei tempi di lavoro, si aprirebbe la strada per una nuova legittima domanda di concessione dei termini, ferma, in ogni caso, la diversa valutazione da assumere in ordine alla eventuale ulteriore richiesta di misure protettive.
7 . La quantificazione del compenso del Commissario Giudiziale e la sua prededucibilità in caso di apertura della liquidazione giudiziale
Resta un’ultima questione, di non secondaria importanza, che va trattata e che riguarda la determinazione del compenso del Commissario Giudiziale nelle ipotesi in cui alla fase “prenotativa” non segua l’ammissione alla procedura di concordato (o quando la “passarella” porti ad un accordo di ristrutturazione del debito). 
Nonostante le più pregnanti indicazioni del nuovo ruolo, il Legislatore continua, infatti, a non prevedere una specifica modalità di quantificazione del compenso. Nel previgente sistema della Legge Fallimentare, si erano formati due diversi orientamenti, con un andamento ondivago ed oscillante tra l’assimilazione alla figura dell’ausiliario e/o del C.T.U. (con l’applicazione dei relativi compensi) e a quella, per vero più aderente, del Commissario Giudiziario nel caso di concordato pieno (con determinazione falcidiata dei relativi compensi) [36]. 
A dirimere in via assorbente la questione è intervenuta la Suprema Corte che, con due distinte pronunce [37], ha fissato i seguenti principi di diritto: (i) per la liquidazione non è sufficiente una motivazione stereotipata da parte del tribunale, contenente frasi generiche o “di stile” applicabili a una serie indeterminata di casi, ma è necessaria una motivazione analitica che rappresenti, quand’anche per relationem, il percorso logico seguito nella quantificazione, con espressa e specifica enunciazione dei criteri di determinazione dell’onorario in relazione alle attività svolte e ai risultati conseguiti (comportando la violazione la nullità del decreto di liquidazione); (ii) i criteri stabiliti con il D.M. n. 30/2012 su attivo (inventariato, a prescindere dalla natura liquidatoria o in continuità della procedura) e passivo si applicano anche nella determinazione del compenso spettante al pre-commissario giudiziale; con la conseguenza che, nelle ipotesi in cui alla cessazione della procedura non sia stato redatto l’inventario, i valori dell’attivo e del passivo andranno ritratti dalla documentazione acquisita alla procedura tra cui, ai fini dell’attivo, l’ultimo bilancio e, ai fini del passivo, l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti;(iii) in tutte le ipotesi di cessazione anticipata dell’incarico la determinazione del compenso al commissario va effettuata “tenuto conto dell’opera prestata” ex art. 2, comma 1, del D.M. n. 30/2012, secondo un criterio di proporzionalità del compenso rispetto a natura, qualità e quantità del lavoro svolto, il che consente di ridurre l’onorario al di sotto delle percentuali minime e finanche al di sotto del compenso minimo previsto. 
La giurisprudenza richiamata esclude, dunque, in radice la possibilità, pure paventata da alcuni Tribunali, che il compenso possa essere liquidato alla stregua di quello spettante agli “ausiliari”, scongiurando così un’ingiusta penalizzazione del gravoso lavoro svolto; lasciando, tuttavia, aperta l’effettiva quantificazione all’interno dei parametri del D.M. 25 gennaio 2012 n. 30, senza fornire specifici riferimenti numerici, se non quelli della proporzionalità. 
Gli orientamenti di quella giurisprudenza di merito che già propendeva per l’adozione del D.M. n. 30/2012, avevano provato a quantificare il dato, individuando un compenso oscillante tra il 20% e il 25% di quanto sarebbe spettato al commissario giudiziale nel “concordato pieno” e per l’intera procedura; ciò sul presupposto, non del tutto condivisibile, che l’attività del commissario nella fase prenotativa sia da ritenersi meramente prodromica alla presentazione del piano e della proposta, con esercizio di compiti generici di vigilanza e di redazione di pareri, tenuto anche conto dell’assenza di inventariazione dell’attivo del debitore. 
Tra essi si annovera il provvedimento del tribunale capitolino [38] il quale, più in particolare, ha ritenuto che "Il compenso spettante al commissario giudiziale per l'attività svolta nell'ambito del concordato con riserva di cui all'articolo 161, comma 6, L. fall. deve essere liquidato tenendo conto del passivo dichiarato dall'imprenditore, commisurato ad un quinto di quanto spetterebbe applicando i criteri di cui al decreto ministeriale n. 30/2012, avuto riguardo alla complessità dell'incarico ed alla attività complessivamente prestata"; così introducendo un criterio numerico, ma rapportando lo stesso al solo dato del passivo. 
Interpolando i dati esposti, prendendo atto che la giurisprudenza di legittimità non esclude che anche nella fase prodromica possano essere svolte operazioni di inventariazione e che comunque, in assenza di redazione dell’inventario da parte del commissario, i valori dell’attivo e del passivo vadano tratti dalla documentazione acquisita alla procedura[39], è possibile ritenere che, al di là di ulteriori valutazioni che il Tribunale è chiamato a compiere, la percentuale del 20% debba, in ogni caso e se applicata, commisurarsi all’attivo ed al passivo come sopra determinati. 
Ciò consente individuare una sorta di “zoccolo duro” per il Tribunale chiamato a liquidare il compenso, sul presupposto che il “peso specifico” della fase prenotativa sia pari ad un 20/25 % rispetto all’intero percorso del concordato, non escludendo, però, in linea con il richiamato principio di Cassazione, che il Tribunale possa discostarsi, in eccesso o in difetto, valorizzando adeguatamente la natura, la qualità e la quantità del lavoro svolto (con la conseguenza che quanto più lavoro il Commissario Giudiziale abbia svolto, tanto più generoso dovrà essere il compenso erogato, anche superiore a quello stimato con il “fondo spese” indicato nel decreto di concessione dei termini). 
Strettamente connesso alla liquidazione è poi il tema della prededucibilità del compenso spettante al termine della fase concordataria in caso di successiva liquidazione giudiziale, nelle ipotesi di incapienza del fondo spese. 
Questione che oggi appare risolta facendo affidamento sul nuovo testo dell’art. 6 CCII, ma che offre lo spunto per esaminare, oltre al contesto attuale, anche quello previgente. 
Qui può farsi riferimento ad un recente provvedimento reso da un Tribunale campano [40], che, chiamato ad esaminare la questione nella vigenza di una procedura regolata con il vecchio rito, ha accolto il ricorso del Commissario Giudiziale, ammettendo al passivo il credito in prededuzione, sul presupposto che tra la procedura di regolazione della crisi e la liquidazione giudiziale intercorra una consecuzione di procedure aventi il medesimo requisito oggettivo. 
La questione oggetto di disputa parte dalla diversa interpretazione offerta dal Giudice Delegato in sede di verifica dello stato passivo che, facendo applicazione dei principi sanciti da Cassazione Sezioni Unite del 31 dicembre 2021, n. 42093 [41], aveva ritenuto di non poter riconoscere la prededuzione al suddetto credito, ammettendolo in privilegio; così equiparando l’opera di un organo di giustizia a quello dei professionisti che avevano assistito l'impresa,  violando anche, in chiave evolutiva, la disciplina ora contenuta ora nell'art. 6 del D.Lgs. n. 14/2019[42].  Il Tribunale, utilizzando, invece, in chiave interpretativa i nuovi criteri presenti nel Codice della Crisi ha stabilito che “l’art. 6, comma 2, CCII risulta costituire recepimento di un orientamento già consolidato, confermando il riconoscimento della prededucibilità nelle “successive procedure concorsuali”[43], da intendersi queste ultime quelle legate da un nesso di consequenzialità a quelle attivate in pregresso ove ricorra il medesimo presupposto oggettivo (la crisi o l’insolvenza)”. Con ciò ritenendo che “anche la norma dell’art. 6, comma 1, lett. d) - che per i crediti per i compensi degli organi preposti prevede il carattere prededucibile, da confermarsi nella procedura consecutiva individuato secondo quanto appena precisato - appare confermare l’interpretazione dell’art. 111, comma 2, L. fall., nella parte in cui essa riconosce la prededuzione ai crediti sorti in occasione delle procedure concorsuali”.

Note:

[1] 
Si veda L. De Simone, “L’accesso “con riserva” al procedimento unitario”, in Dirittodellacrisi.it:“la scelta della “standardizzazione” della nomina commissariale si lega all’esigenza di assicurare un controllo permanente ed effettivo anche nella fase di progettazione della soluzione negoziale, presidiando il diritto dei creditori a rimanere costantemente edotti sull’evoluzione del percorso intrapreso e su eventuali abusi del debitore. 
[2] 
Tra l’altro prevedendo ora, diversamente dalla prima versione, “che la nomina del commissario giudiziale è disposta in presenza di istanze per la apertura della procedura di liquidazione giudiziale, quando è necessaria per tutelare gli interessi delle parti istanti”. 
[3] 
Dando rilievo, tra l’altro, alla modifica dell’ultimo intervento correttivo di cui al D.Lgs. n. 83/2022 il quale, nella sua previgente formulazione, faceva riferimento ad un parere del commissario giudiziale,” se nominato ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera b)”. 
[4] 
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 31 maggio 2023, in Dirittodellacrisi.it
[5] 
Potere che, nel caso di specie, il Tribunale ha esercitato nominando, appunto, il Commissario Giudiziale ritenendone l’utilità al fine di ottenere pareri in ordine alla fattibilità del piano e ad una dedotta prescrizione dei crediti derivanti da finanziamenti effettuati. 
[6] 
In argomento necessita evidenziare il nuovo scenario derivante dall’approvazione del Decreto Correttivo che interviene congiuntamente sugli articoli 44 e 46. Per una più compiuta disamina si veda la Relazione Illustrativa a commento dell’art. 12 del Decreto, la quale descrive puntualmente la logica che ha animato le modifiche e le relative implicazioni: “Il comma 2 modifica l’articolo 44 (Accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza con riserva di deposito di documentazione) con la finalità di risolvere dubbi applicativi e problemi pratici sorti in relazione alle disposizioni che disciplinano uno dei passaggi processuali più comuni e frequenti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: la c.d. domanda prenotativa. La lettera a) interviene sul comma 1 dell’articolo 44 apportando le seguenti modifiche: 1) si allinea la lettera a) del comma 1, alle modifiche apportate all’articolo 46, dal quale è stato espunto il riferimento alla domanda prenotativa per le ragioni, di natura sistematica di cui si dirà di seguito. L’allineamento avviene inserendo la puntualizzazione sugli effetti connessi al deposito della domanda prenotativa nell’ambito di una fase del procedimento unitario che non necessariamente conduce al concordato preventivo e contemporaneamente chiarendo che l’articolo 46 è norma di per sé destinata a operare solo con riferimento alla domanda “piena” che sia volta a ottenere l’apertura della procedura di concordato. In questo modo, se il debitore, proponendo la domanda ex articolo 40 con riserva di presentare la proposta, il piano e gli accordi (la “domanda ex articolo 44”, infatti, come tale non esiste, essendo la medesima domanda che si propone col ricorso previsto all’articolo 40, senza il deposito della documentazione completa), non sceglie lo strumento, il regime applicabile è quello, più rigido, del concordato preventivo. In questo modo si intende chiarire i dubbi interpretativi sorti sulla natura degli effetti collegati alla domanda prenotativa, e si è al tempo stesso precisato l’ambito applicativo dell’articolo 46. È fatto salvo il riferimento al comma 1 ter per permettere all’impresa di avvalersi comunque, al momento della domanda prenotativa, del regime dello strumento che vuole utilizzare. In tal caso è richiesto però il deposito di un progetto di piano di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità allo strumento prescelto. Il medesimo progetto di piano (in linea con la prassi in uso presso molti uffici, volta a evitare il rischio di istanze di proroga meramente dilatorie) è divenuto requisito per ottenere la proroga del termine fissato dal tribunale e per controbilanciare il fatto che, per favorire il raggiungimento della soluzione pattizia, è stata modificata la previsione che non consente la proroga del termine in pendenza di domande di apertura di liquidazione giudiziale nei confronti della stessa impresa. Le ulteriori modifiche al comma hanno natura terminologica e mirano a rendere la disposizione più in linea con le disposizioni che regolano il procedimento unitario. Si chiarisce inoltre, sempre alla lettera a), che il termine fissato dal tribunale decorre dall’iscrizione nel registro delle imprese del decreto di concessione del termine, prevista all’articolo 45, comma 2”.  “Il comma 4 modifica l’articolo 46 (Effetti della domanda di accesso al concordato preventivo) per renderlo coerente con la sua natura di disposizione dettata in materia di concordato preventivo – come emerge dalla stessa rubrica – nella quale il riferimento all’articolo 44 è stato considerato asistematico e foriero di dubbi interpretativi. Nel Codice della crisi d’impresa, infatti, a differenza della legge fallimentare, la domanda prenotativa è del tutto svincolata dal concordato preventivo in quanto rappresenta una delle modalità di accesso al procedimento unitario. Tale vocazione generale della domanda prevista dall’articolo 44 ha reso distonico il riferimento ad essa contenuto nell'articolo 46 e ha suggerito di inserire direttamente all’interno dello stesso articolo 44 il regime più rigido che si applicherebbe in caso di domanda di concordato e che, così, si applicherà a tutti i casi in cui il debitore accede senza avere ancora scelto lo strumento di cui chiederà l’omologazione, in linea col fatto che, in questi casi, si ha sempre anche la nomina del commissario giudiziale, indipendentemente dal fatto che siano proposte anche domande di liquidazione giudiziale (come avverrebbe, invece, nel caso di domanda volta all’omologazione degli accordi di ristrutturazione).
[7] 
E conseguentemente il professionista indipendente a vagliare criticamente in ordine a veridicità e fattibilità. 
[8] 
O forse meglio a partire dal versamento del fondo spese, in maniera tale da comprendere se la domanda non sia frutto di un mero abuso dello strumento. 
[9] 
Si riporta, a mero titolo esemplificativo, un’elencazione di documentazione da acquisire in sede di primo accesso: 
1. Bilanci contabili (situazione patrimoniale ed economica) annualità ______con indicazione “esplosa” ed analitica di tutte le voci dell’attivo e del passivo; 
2. Bilancio contabile (situazione patrimoniale ed economica) alla data del 31.12.____ ed alla data di iscrizione al R.I. della domanda ex art. 44 CCII con indicazione “esplosa” ed analitica di tutte le voci dell’attivo e del passivo; 
3. Breve nota esplicativa sui processi gestionali adottati, sulle procedure di rilevazione ed elaborazione dei dati anche contabili e sull’adeguatezza dei sistemi di amministrazione e controllo adottati;  
4. Organigramma aziendale con individuazione dei responsabili dei singoli settori (amministrazione, contabilità, direzione impianti, manutenzione, etc..) con allegazione dell’elenco dei dipendenti contenente generalità, data di assunzione e mansioni esercitate 
5. Relazione informativa sulle caratteristiche dell’attività svolta, sulle cause che hanno generato lo stato di crisi e sulle prospettive di ripresa; 
6. Elenco, recapiti ed indirizzi di posta elettronica dei consulenti esterni e dei legali nominati (con particolare riferimento all’individuazione degli advisor redattori del piano e del professionista indipendente, eventualmente anche ex art. 84 CCII, con allegazione dei relativi mandati se già conferiti; 
7. Breve relazione sulla programmazione e sullo stato di avanzamento delle lavorazioni del piano sia con riferimento all’analisi di veridicità dei dati che con riferimento alle misure adottate per il superamento della crisi nell’ottica dell’eventuale continuità aziendale; 
8. Contabilità aziendale (situazioni contabili, libro giornale, registri IVA, partitari, libro inventari, registro dei beni ammortizzabili) annualità ______in formato pdf;  
9. Libri sociali (Libro soci, Libro verbali del Consiglio di Amministrazione, Libro delle deliberazioni assembleari), in formato pdf con attestazione di conformità all’originale 
10. Elenco ed anagrafica degli istituti bancari; 
11. Elenco ed anagrafici clienti e fornitori con relativo indirizzo Pec; 
12.Tutta la documentazione depositata in sede di ricorso ex art. 44 CCII. 
13. Dichiarazione espressa di non aver, anche in epoca antecedente la presentazione della domanda, occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, ovvero relazione dettagliata su eventuali atti compiuti in violazione all’art. 105 CCII. 
[10] 
Oltre, ovviamente, alla redazione dei pareri imposti ex lege. 
[11] 
Sempre nelle ipotesi in cui non sia stato previsto nella domanda ex art. 44, comma 1 quater, CCII di volersi avvalere di uno strumento alternativo al concordato preventivo.
[12] 
Anche qui sempre qualora non vi sia stata un’espressa indicazione nella domanda di accesso di voler adottare uno strumento diverso dal concordato preventivo. Ed invero, nonostante l’art. 100 CCII nella nuova formulazione faccia ora riferimento, per la possibilità di effettuare pagamenti anteriori, non più alla “domanda di concordato ai sensi degli articoli 44 e 87” ma, più in generale alla “domanda di accesso, anche nell’ipotesi di cui all’articolo 44, comma 1, lettera a)” (lasciando prima facie intendere una generalizzata utilizzazione), l’inapplicabilità a strumenti diversi va ricercata nel perimetro applicativo dell’art. 100 CCII che si colloca all’interno del Capo III dedicato al “Concordato preventivo” ed alla Sezione III, che disciplina esclusivamente gli “Effetti della presentazione della domanda di concordato preventivo”. Conferma tale impostazione la Relazione illustrativa a commento dell’art. 100 CCII che pare far riferimento ad una domanda che prelude al solo concordato: “La lettera a) interviene sull’incipit del comma 1 puntualizzando che l’autorizzazione al pagamento dei crediti pregressi può essere chiesta con la domanda di accesso al concordato - che comprende l’ipotesi di accesso con richiesta del termine per il deposito di piano, proposta e documentazione - o anche successivamente (quando, cioè, l’esigenza di procedere con pagamenti in favore di creditori concorsuali sorge dopo l’ammissione alla procedura o dopo la concessione del termine). 
[13] 
La cui valenza ed i cui confini possono essere meglio apprezzati nel seguito del seguente lavoro. 
[14] 
L’affidabilità degli advisor legali e finanziari e la riconosciuta capacità del Professionista Indipendente contribuiscono, infatti, inevitabilmente, ad innalzare il livello di comfort. 
[15] 
Tanto più che nel concordato preventivo non vi è un espresso richiamo all’art. 195 CCII, il che rende possibile una forma di inventariazione meno formalizzata, soprattutto nelle ipotesi di concordato con continuità aziendale.  
[16] 
Quest’ultimo già esaminabile in considerazione della necessaria allegazione dell’elenco dei creditori corredato dall’indicazione delle cause legittime di prelazione. 
[17] 
In ciò coadiuvati anche dalla quadratura con le fonti esterne e con le risultanze dell’inventario, ove disposto. 
[18] 
E, in ogni caso, in occasione della valutazione del deposito degli obblighi informativi, la cui scadenza, in uno al disposto versamento del fondo spese, va auspicabilmente “ricordata” per tempo al debitore. 
[19] 
Il riferimento all’affiancamento anche ai “creditori” nella “negoziazione del piano” crea qualche imbarazzo posto che il coinvolgimento dei creditori è del tutto assente nelle ipotesi di concordato preventivo, dove il consenso viene formato e manifestato nella sede della votazione della proposta. La disposizione sembrerebbe meglio attagliarsi alle ipotesi di formulazione di un accordo di ristrutturazione che, tuttavia, non è espressamente richiamato, quand’anche esso possa rappresentare uno degli exit della domanda prenotativa di cui all’art. 44 CCII. 
[20] 
Idealmente collegata all’attività di facilitazione delle trattative è, poi, la previsione che si rinviene all’articolo 94-bis che, nella rinnovata versione ricalcante la disciplina che regola la composizione negoziata (art. 18 CCII), regola  i rapporti esistenti tra i creditori ed il debitore con particolare riferimento ai contratti pendenti ed a quelli in corso di esecuzione, allorquando siano in corso di svolgimento le trattative del concordato in continuità aziendale. 
[21] 
Come si ricava dalla lettura del punto 2.5.3. dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”: “La partecipazione dell’Attestatore alle riunioni di lavoro con il debitore e/o i suoi consulenti e/o i creditori non ne pregiudica l’indipendenza, a condizione che lo stesso non si ingerisca nella scelta delle strategie identificate nel Piano e/o della soluzione di composizione della crisi identificate dal debitore”. 
[22] 
La portata della norma risulta con il Decreto Correttivo  ulteriormente ampliata coinvolgendo anche il Commissario Giudiziale nella fase del “concordato pieno”, essendo previsto al comma 3 dell’art. 92 CCII che “Nel concordato in continuità aziendale il commissario giudiziale può affiancare il debitore e i creditori anche nella negoziazione di eventuali modifiche del piano o della proposta sino a venti giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori. 
[23] 
Si veda F. Grieco, “Il nuovo ruolo del commissario giudiziale nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, in Rivista Corte dei Conti 1/24,  www.corteconti.it/Download?id=4a2e8876-4250-480f-9abf-084d670d4409: “Da un lato siffatta collaborazione è facoltativa se richiesta dal debitore, dall’altro è da considerarsi obbligatoria, invece, nel caso di misure protettive, ritenendosi che il commissario possa essere il garante della legalità concordataria contro eventuali “abusi” derivanti da condotte ostruzionistiche poste in essere dal debitore verso i suoi creditori”. 
[24] 
Innestando reazioni già sperimentate all’interno delle procedure di composizione negoziata, nei rapporti tra advisor ed esperto. 
[25] 
La formulazione del nuovo articolo 44 CCII è ancora più chiara dopo il Correttivo nel riconoscere l’esistenza di un potere immediato di accesso. Si veda sul punto il commento all’art. 44 CCII della Relazione illustrativa “si modifica la lettera b) dell’articolo 44 al fine di chiarire le modalità attraverso le quali il commissario compie le ricerche sulle banche dati e acquisisce la documentazione dell’impresa secondo quanto previsto dall’articolo 49, comma 3, lettera f). Si precisa dunque che il tribunale concede l’autorizzazione al commissario sin dal decreto di concessione del termine e quindi immediatamente, così che le verifiche in questione siano svolte con tempestività. 
[26] 
Ciò probabilmente si spiega con l’altro precetto normativo che impone la verifica degli atti in frode non dichiarati nella domanda e dovrebbe ad esso essere strumentale. 
[27] 
F. Santangeli e M. Cortese, in “Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”, a cura di Fabio Santangeli, Giuffré Francis Lefebvre, 2023, 719. 
[28] 
A. Audino in Commentario breve alle leggi su Crisi di Impresa ed Insolvenza, a cura di Maffei Alberti,2023,762. 
[29] 
Tribunale di Padova, 12.11.2015, in www.ilcaso.it;  Tribunale di Trento, 30.10.2015, in www.ilcaso.it. 
[30] 
La modifica operata con il Decreto correttivo prevede ora  la possibilità di proroga anche in presenza di ricorso per apertura della liquidazione giudiziale, quand’anche solo se esistenti giustificati motivi comprovati dalla predisposizione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
[31] 
A mente del quale “La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti”. 
[32] 
Tribunale di Brescia, 01.02.2024, in www.ilcaso.it, Riv. Ristrutturazioni aziendali. 
[33] 
Abuso che, nel caso di specie, Il Tribunale non ha ritenuto ricorrente posto che la società aveva documentato lo stato avanzato dei lavori e la necessità di acquisire alcuni dati dei flussi dell’affittuaria. 
[34] 
L. De Simone, “L’accesso con riserva al procedimento unitario”, in Dirittodellacrisi.it: “La previsione è senz’altro trasponibile nella domanda prenotativa di accesso agli strumenti negoziali di regolazione della crisi e dell’insolvenza in quanto espressione di un principio di carattere generale”. 
[35] 
Su questo aspetto si veda F. Pani, “La domanda prenotativa nel procedimento unitario”, in Dirittodellacrisi.it: “In questo senso, per certi versi, la verifica relativa al “mutamento delle circostanze”, pur prevista solo per il concordato preventivo pieno, finisce per essere recuperata proprio per il tramite della clausola generale della buona fede e correttezza. È infatti evidente che in tanto possa giustificarsi la concessione di un nuovo termine (con annesse misure protettive) in quanto l’imprenditore dimostri che qualcosa sia effettivamente cambiato rispetto a prima. È poi in ogni caso sicuro che, qualora l’imprenditore nel nuovo ricorso in bianco dovesse anticipare che avrebbe l’intenzione di replicare un concordato preventivo già non ammesso, è inevitabile che il Tribunale esiga comunque che il ricorrente espliciti fin da subito quali siano le “mutate circostanze”, non avendo evidentemente senso attendere la fine del termine eventualmente assegnato per vagliare un presupposto che, a mente dell’art. 47, ultimo comma, CCII poi si troverebbe comunque a dover valutare a valle”. 
[36] 
Si veda Quaderno “Il Commissario Giudiziale nella Fase Prenotativa della Procedura di Concordato Preventivo”, Giugno 2016, a cura A cura della Commissione Concordato Preventivo Prenotativo – Area Procedure Concorsuali, pag. 30-32  in  https://commercialisti.it/informative/80-quaderno-il-commissario-giudiziale-nella-fase-prenotativa-della-procedura-di-concordato-preventivo/.“a) è stato in primo luogo ipotizzato, ai fini della liquidazione del compenso, di ricondurre la figura del Commissario giudiziale all’ausiliario del giudice; in alcuni casi i tribunali hanno liquidato il compenso considerando l’attività prestata analoga a quella dei CTU e quindi in base al D.P.R. n. 115/2002 ed all’art. 2 del D.M. 30 maggio 2002 avendo a riferimento l’attivo ed il passivo sociale. Tale ipotesi, non soltanto appare difficilmente giustificabile sul piano della qualificazione astratta della figura del Commissario giudiziale, che, come detto, non può mai ridursi a quella di mero “ausiliario” del giudice, ma appare anche insufficiente allo scopo di consentire di parametrare più agevolmente un idoneo compenso. 
b) Nell’intento di rimanere più aderenti al dato positivo, occorre considerare che nell’eventualità di concordato liquidatorio il compenso del Commissario deve essere determinato tenendo conto dell’attivo realizzato e del passivo indicato nell’inventario; invece, nei concordati in “forme diverse” dalla liquidazione (ad esempio in continuità aziendale) deve essere parametrato all’attivo e al passivo risultanti dall’inventario. 
Nel caso in questione, il compenso spettante al Commissario giudiziale per l'attività svolta nell’ambito del concordato “con riserva” di cui all’articolo 161, comma 6, L. fall. deve essere liquidato tenendo conto dell’attivo e del passivo risultante da bilancio. Tuttavia, tenuto conto che i compensi di cui al D.M. n. 30/2012 comprendono le attività ante e post omologa, e preso atto che in questo caso l’attività del Commissario giudiziale viene meno con la dichiarazione di 
improcedibilità della procedura, è ipotizzabile considerare un abbattimento percentuale del compenso; d’altra parte, è vero che tale percentuale è difficile da parametrare in quanto ogni procedura richiede svariate tipologie di impegno profuso. Tale calcolo quindi si rivelerebbe inadeguato ove si prendesse in considerazione soltanto il profilo della durata dell’incarico e si sottovalutasse il profilo dell’impegno e della responsabilità professionale riconducibili all’attività del Commissario giudiziale (anche) in costanza della fase “prenotativa” del concordato preventivo. Ai fini di una più corretta graduazione, tale abbattimento potrà essere utilmente determinato su un compenso calcolato sulla base dei margini di elasticità lasciati dal citato D.M. n. 30/2012, ed in particolare calibrare l’oscillazione fra i minimi ed i massimi previsti alla variabile complessità dell’incarico. In secondo luogo, può notarsi che forse potrebbe risultare opportuno prevedere in modo esplicito che il compenso e le spese di procedura destinate a soddisfare il compenso del Commissario giudiziale per l’attività svolta nel periodo tra la nomina e la presentazione della proposta del piano e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo di cui all’art. 161 L. fall., vengano determinati nel decreto di concessione dei termini. Tale soluzione si lascia preferire e potrebbe essere sostenuta applicando in via analogica l’art. 163, comma 4, L. fall., e dunque il deposito da parte del ricorrente (su ordine del tribunale) di una somma per sostenere lespese della procedura. 
[37] 
Cassazione 23 novembre 2023 n. 32536 in www.ilcaso.it; Cassazione, Sez. 1, 6 giugno 2023, n. 15790, in Dirittodellacrisi.it .
[38] 
Tribunale Roma 09 ottobre 2014, in www.ilcaso.it. 
[39] 
Ai fini del passivo, dall’elenco dei creditori con l’indicazione dei crediti (come eventualmente verificato e rettificato dal commissario) e ai fini dell’attivo dall’ultimo bilancio (come eventualmente rettificato dal commissario) – per le imprese non soggette all’obbligo, dalla dichiarazione dei redditi e dalla dichiarazione IRAP per l’ultimo esercizio – o, se più aggiornata, dalla situazione finanziaria depositata mensilmente dal debitore e sottoposta a verifica del commissario o, infine, dal piano concordatario, se già depositato. 
[40] 
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 11 giugno 2024 in www.dejure.it. 
[41] 
In tema di concordato preventivo, il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 L. fall., sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, L. fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa sempre che  il debitore sia stato poi ammesso al concordato ex art. 163 L. fall. ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa…. 
[42] 
Che diversifica il trattamento di tali organi (lett. d) rispetto a quello previsto per i professionisti che hanno viceversa assistito l'imprenditore in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo (lett. b) e c). 
[43] 
Il  Decreto Correttivo abbandona il richiamo alle procedure concorsuali in omaggio ad una terminologia più aderente ai dettami europei come si evince del seguente testo della Relazione Illustrativa: “ Con il comma 2 si modifica l’articolo 6 (Prededucibilità dei crediti), al comma 1, lettera d) ed al comma 2, al fine di adeguare la terminologia in esso utilizzata a quella derivante dall’attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 con la quale non si parla di “procedure concorsuali” ma di liquidazione giudiziale e di strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza. Con la modifica apportata al comma 2 dello stesso articolo si puntualizza inoltre, in maniera più chiara, che l’istituto, che opera al momento dell’apertura del concorso, permane anche quando le procedure al cui interno la prededuzione opera si susseguono, purché ricorrano le condizioni fissate dal consolidato orientamento giurisprudenziale che, in caso di molteplicità di procedure, ha tracciato i limiti di operabilità della prededuzione richiedendo che le procedure abbiano regolato una “coincidente situazione di dissesto”. La modifica, infatti, non intende intervenire in alcun modo sui consolidati principi interpretativi formatisi sui presupposti di applicabilità degli effetti della consecutio tra procedure”. 

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