Venendo, nello specifico, alle misure cautelari e al possibile contenuto delle stesse, occorre far riferimento, anzitutto, alla definizione generale offerta dall’art. 2, comma 1, lett. q) CCII: sembra trattarsi di una definizione unitaria e applicabile a tutte le misure cautelari, volta a fornire un criterio-guida per identificare le misure cautelari indipendentemente dal contesto in cui queste possano applicarsi (e, dunque, indipendentemente dal fatto che le misure trovino applicazione in “ambiente” di composizione negoziata della crisi, oppure ai sensi dell’art. 54 CCII, nel contesto di un procedimento per l’attivazione di uno strumento di regolazione della crisi). L’art. 2, lett. q) CCII definisce, infatti, le “misure cautelari” senza distinguere a seconda del contesto procedurale in cui le stesse, di volta in volta, si collocano; d’altra parte, a parere di chi scrive, non si ravvisano elementi convincenti per ritenere che le caratteristiche strutturali, intrinseche (contenutistiche) delle misure cautelari debbano variare a seconda del procedimento “sottostante” in cui esse si innestano[15].
Le misure cautelari sembrano, dunque, doversi uniformare ad un “archetipo” comune e unitario, che prescinde dal tipo di strumento/procedura in cui possono trovare, di volta in volta, applicazione. Per converso, occorre, però, anche far riferimento alle norme che precisano le possibili “declinazioni” delle misure cautelari nei vari contesti in cui esse possono essere invocate.
Anzitutto, se si considera la definizione di ‘misure cautelari’ offerta dall’art. 2, lett. q) CCII, emerge che tali misure sono, per loro natura, finalizzate a fornire una “tutela del patrimonio o dell’impresa dell’imprenditore”. Ne deriva che le misure cautelari possono essere disposte (fermo restando il loro carattere di atipicità) non solo per la specifica protezione del patrimonio della società in crisi (in senso stretto e, dunque, per sterilizzare azioni esecutive che potrebbero essere avviate o coltivate al fine di procurare l’espropriazione forzata di un bene della società debitrice), ma anche per garantire la salvaguardia dell’impresa nel suo complesso e, più precisamente, della continuità aziendale.
Per quanto riguarda il primo profilo (la tutela del patrimonio), è stata ampiamente riconosciuta la possibilità di inibire, per mezzo delle misure cautelari, azioni esecutive o cautelari sul patrimonio della società debitrice, o, comunque, sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa (è discusso, peraltro, anche alla luce dello schema di decreto correttivo al CCII, se la misura cautelare possa avere ad oggetto il divieto di azioni esecutive quando sia decorso il termine di dodici mesi previsto dall’art. 8 CCII, previsto in conformità al limite stabilito dalla Direttiva Insolvency)[16]. A conferma di tale conclusione, è appena il caso di citare l’orientamento della giurisprudenza di merito: il tribunale di Milano ha ritenuto ammissibile una istanza di concessione di misure cautelari aventi ad oggetto l’inibizione di azioni esecutive e cautelari di terzi in contesto di composizione negoziata della crisi, nel caso Acciaierie d’Italia, con ordinanza del 29 gennaio 2024 (in quel caso, la società ricorrente aveva richiesto, appunto, di inibire a taluni creditori di promuovere azioni esecutive o cautelari o istanze di apertura di procedure concorsuali); analogamente, secondo una diversa pronuncia del tribunale di Torino, le misure cautelari possono essere disposte “per scongiurare il rischio che […] i creditori possano instaurare o proseguire azioni esecutive individuali e realizzare l'eventuale soddisfacimento del loro pretese, con irrimediabile lesione del principio di par condicio creditorum e violazione della normativa concorsuale”[17]; in termini non diversi si sono espresse altre corti territoriali, tra cui il tribunale di Avellino, che ha riconosciuto che, tra gli obiettivi della tutela cautelare, “senz'altro vi è quello di precludere ai creditori anteriori la realizzazione uti singuli del credito nelle forme dell'esecuzione individuale”[18]. Come messo giustamente in evidenza dalla dottrina[19], non è neppure preclusa una domanda cautelare diretta ad inibire l’esecuzione forzata su un bene detenuto dal debitore (in ipotesi, in virtù di un contratto di leasing), pur se di proprietà di un terzo, in quanto funzionale all’esercizio dell’impresa.
Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo (l’attitudine delle misure cautelari a salvaguardare l’impresa nel suo complesso, spostando il focus dalla tutela del patrimonio alla salvaguardia della continuità aziendale), già chiaramente desumibile, in via interpretativa (almeno, a parere di chi scrive), dall’art. 2 CCII, questo è soggetto a perplessità da parte di diversi Autori, che hanno sottolineato, invece, il carattere puramente residuale delle misure cautelari (rispetto alle misure protettive, che dovrebbero rappresentare, invece, il principale terreno di elezione delle protezioni delineate nel CCII), in contrasto con qualsiasi interpretazione estensiva delle misure cautelari[20]. Eppure, il principio che legittima l’uso delle misure cautelari anche al di fuori della mera tutela patrimoniale (con il solo limite di non poter imporre ai creditori o ai terzi una condotta slegata dall’esigenza di assicurare il buon esito delle trattative o gli effetti del futuro provvedimento del tribunale, e che potrebbe discendere, semmai, da decisioni assunte soltanto sul piano negoziale)[21]sembra trovare conforto nella giurisprudenza di merito: basti citare, tra le altre, una recente sentenza del tribunale di Trento[22], che si è pronunciato (con esito favorevole al debitore) proprio sulla richiesta di concessione di misure cautelari[23]. Secondo tale pronuncia, “la posizione di un singolo creditore deve - almeno provvisoriamente - recedere rispetto alla posizione del debitore che abbia fatto accesso, nelle forme e nei modi di legge, ad una procedura collettiva di regolazione della sua crisi in via alternativa alla liquidazione giudiziale, come tale potenzialmente mirante a salvaguardare gli interessi della massa dei creditori e di ogni altro soggetto orbitante attorno alle economie generate dalla conduzione aziendale, tanto più quando tale procedura sia volta alla conservazione dei valori aziendali mediante la continuità d’impresa”; considerato tale aspetto, si dovrebbe ritenere che la salvaguardia della continuità aziendale, se adeguatamente sostenuta e corroborata (in alternativa alla liquidazione giudiziale), possa assurgere a criterio-guida per la valutazione sulla concessione delle misure cautelari e che queste “siano precipuamente volte ad impedire che l’interesse di un singolo creditore - specie quanto strategico nell’economia dell’azienda condotta dal debitore, mettendo il debitore in una condizione di dipendenza economica della quale occorre evitare abusi - possa prevalere su quelli superindividuali riconducibili alla pendenza di una procedura concorsuale, impedendo che essa possa avere seguito”.
In termini analoghi, secondo il tribunale di Bologna, “le misure cautelari […] hanno contenuto atipico e possono essere disposte […] non solo per tutelare il patrimonio del debitore da eventuali atti dispositivi dello stesso ovvero da iniziative individuali dei creditori ma anche per conservare il valore dell'impresa in continuità aziendale mediante la gestione della stessa in via provvisoria e strumentale, […] stante la atipicità della misura cautelare […]”[24].
La tesi in esame, che vede un rinnovato “protagonismo” delle misure cautelari (anche rispetto alle misure protettive) sembra confermata, peraltro, anche da alcuni Autori[25], che intravvedono (a fortiori alla luce dello schema di decreto correttivo al CCII)[26] scenari in cui le misure cautelari in CNC potrebbero godere di un ambito di applicazione più ampio (anche sulla scorta del richiamato orientamento giurisprudenziale).
In ogni caso, volendo definire le possibili “declinazioni” delle misure cautelari, dall’analisi della disciplina applicabile (così come interpretata dalla giurisprudenza) emergono i seguenti elementi: (i) da un lato, i comuni caratteri di atipicità, proporzionalità, strumentalità e di “minimo mezzo” (e di lesività non oltre lo stretto necessario delle aspettative creditorie)[27] delle misure cautelari; e (ii) dall’altro, la possibilità di includere, nell’ambito di applicazione delle stesse, il divieto, per i creditori, di promuovere o coltivare una istanza di liquidazione giudiziale. A quest’ultimo riguardo, va ricordata, anzitutto, la previsione dell’art. 54, commi 2 e 3 CCII: l’art. 54, 3° comma richiama il comma precedente, primo e secondo periodo, prevedendo che, se (in corso di trattative, ad esempio, funzionali alla richiesta di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII) viene ottenuto lo strumento di protezione ex art. 54 CCII, comma 3, “dalla stessa data, […] la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”.
Se ne può trarre la conseguenza per cui: (i) le misure protettive hanno contenuto atipico e, dunque, di per sé flessibile e suscettibile di essere modellato sulla base delle esigenze cautelari che vengono in rilievo; (ii) pur tenuto conto delle diversità e (al tempo stesso) delle analogie delle misure cautelari previste in “ambiente” di composizione negoziata rispetto a quelle previste dall’art. 54 CCII, le misure cautelari possono essere disposte non solo per la protezione del patrimonio della società in crisi (in senso stretto), ma anche per garantire la protezione da effetti che possano pregiudicare il percorso di risanamento, in ottica di funzionalità e strumentalità rispetto a tale fine (dunque, anche riguardo all’apertura di procedure di liquidazione giudiziale, che pregiudicherebbero il percorso di risanamento avviato); (iii) l’art. 54 CCII (contenente, come detto, una delle possibili “declinazioni” delle misure “cautelari e protettive”) prevede espressamente, al comma 2, la possibile inibizione della dichiarazione di liquidazione giudiziale (o di accertamento dello stato di insolvenza).
Così, non sembra potersi dubitare dell’attitudine delle misure cautelari a proteggere la società debitrice dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (sulla base sia dei citati richiami testuali e sistematici, sia delle caratteristiche strutturali delle misure cautelari). Occorre, tuttavia, prendere in considerazione talune possibili criticità che possono emergere proprio in sede di applicazione pratica di tali peculiari misure.