Loading…

Saggio

Misure protettive e misure cautelari: una “staffetta” possibile?*

Tommaso Senni, Avvocato in Milano e docente a contratto all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

10 Settembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’A. analizza la possibilità, per il debitore in crisi, di promuovere, nel contesto della composizione negoziata, una istanza per la concessione di misure cautelari in via autonoma rispetto alle misure protettive già confermate dal Tribunale (e già scadute). In primo luogo, l’A. prende in considerazione i caratteri fondamentali delle misure cautelari (con particolare riguardo all’atipicità) e la possibilità di includere (tra i possibili contenuti delle misure cautelari) la protezione dalle istanze di liquidazione giudiziale: a quest’ultimo riguardo, vengono esaminate le possibili criticità che potrebbero emergere in tale contesto (con particolare riguardo alla difficoltà nella prova del periculum in mora e i possibili profili di abuso nel ricorso alle misure cautelari). Da ultimo, viene dedicato quale cenno alle possibili prospettive legate all’entrata in vigore del decreto correttivo al CCII. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa
La normativa concorsuale ha individuato nelle misure latu sensu di protezione (come di volta in volta denominate) uno strumento di centrale importanza per permettere alla società in crisi di corroborare le probabilità di successo delle trattative condotte con il ceto creditorio. Già nel vigore della legge fallimentare, si era discusso di “misure cautelari” in connessione all'ottavo comma dell'art. 15 L. fall. Come noto, la norma in questione prevedeva una tutela anticipata per la fase pre-fallimentare, con la possibilità che il tribunale, su istanza di parte (e, più precisamente, ad esclusiva tutela del creditore o, tutt’al più, del pubblico ministero)[1], emettesse provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell'impresa, con efficacia limitata alla durata del procedimento, da confermare o revocare con la sentenza che dichiara il fallimento (o con il decreto che rigetta l'istanza di fallimento, a seconda dei casi). In termini generali, si trattava di misure cautelari da pronunciarsi nei confronti del debitore in corso di causa, strumentali alla definizione del giudizio di merito e funzionali alla realizzazione delle finalità di tutela ed alle caratteristiche di giudizio contenzioso a cognizione piena (qual è quello prodromico alla dichiarazione di apertura del fallimento)[2].
La giurisprudenza precisava, inoltre, che, trattandosi di misure cautelari in senso tecnico, i relativi provvedimenti avrebbero potuto avere funzione non solo puramente conservativa, ma anche anticipatoria[3]. Alle misure in esame, inoltre, avrebbero dovuto applicarsi le norme del ‘modello cautelare uniforme’, per quanto compatibili[4]. 
Si trattava, dunque, di una tutela prevista a favore dei creditori, nelle more del giudizio volto alla apertura del fallimento, come dimostra, tra l’altro, il fatto che la prova del periculum dovesse poggiare sul rischio che, nelle more del giudizio di merito, potessero essere lese o deteriorate le ragioni e le aspettative dell’istante per la dichiarazione di fallimento. Pur considerata la limitatezza del dato testuale (che, come detto, è riferito esclusivamente all’interesse del creditore istante), la giurisprudenza ha tentato a più riprese di interpretare estensivamente l’art. 15 L. fall., consentendo, tra l’altro, l’applicazione di misure quali la revoca o la sospensione degli amministratori[5]; nel solco di tale favor creditoris, è stato anche affermato che, ove, in pendenza di istruttoria prefallimentare, il debitore presenti una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, il tribunale può, comunque, emettere provvedimenti cautelari ex art. 15, comma 8, L. fall., in presenza di condotte dispositive volte alla diminuzione o volatilizzazione dell'attivo da parte dell'imprenditore[6]. 
In ogni caso, pur considerato il citato trend giurisprudenziale espansivo, la tutela anticipatoria ex art. 15, comma 8, restava confinata ad un ambito processuale ben preciso (il procedimento prefallimentare) e ad una categoria di beneficiari piuttosto limitata (i creditori e il PM), escludendosi una analoga tutela cautelare anticipatoria a favore del debitore (cui è rivolto, invece, l’art. 168 L. fall.). 
Successivamente, con l’entrata in vigore del D.L. n. 118/2021, veniva concessa all’impresa facoltà di ricorrere a misure di protezione ben più ampie, che spaziano dalle misure protettive (tipiche e atipiche) alle misure cautelari, con un notevole grado di flessibilità e duttilità[7], per un duplice fine (l’uno consapevole, mentre l’altro, nella gran parte dei casi, involontario): da un lato, con le misure di protezione, l’impresa ottiene ampia protezione dalle azioni esecutive e cautelari dei terzi (sia quelle già avviate, sia quelle solo potenziali); dall’altro, il parallelismo tra il procedimento per conferma delle misure protettive e il procedimento cautelare (così come tipizzato dal c.p.c.) induce la società debitrice a riflettere più approfonditamente sui presupposti del proprio progetto di risanamento (se non altro, perché l’impresa si trova a dover giustificare la necessità delle misure cautelari alla luce del fumus boni iuris e del periculum in mora). 
Tale carattere di essenzialità può dirsi ulteriormente accentuato con l’entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza d’Impresa (“CCII”). Alle misure protettive si affiancano le misure cautelari, a cui, come noto, il CCII dedica varie norme. La concessione di misure protettive mira a prevenire o ad inibire azioni da parte dei creditori che potrebbero compromettere il tentativo di soluzione pattizia della crisi: l'articolo 2, lettera p), CCII definisce le “misure protettive” come le misure temporanee disposte (anzi, confermate) dal giudice competente, su istanza del debitore, volte ad evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza. Il CCII distingue le misure protettive dalle "misure cautelari"; queste ultime, alla luce della lettera q) del medesimo articolo 2, sono i provvedimenti emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza. 
Le misure di protezione vengono disciplinate in termini analoghi (sia pur con rilevanti differenze) nell’ambito della disciplina del procedimento unitario, dall’art. 54 CCII. Da un lato, si prevede (comma 1) che, nel corso del procedimento per l'apertura della liquidazione giudiziale o della procedura di concordato preventivo (o in funzione del provvedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione), su istanza di parte, il tribunale possa emettere provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio, che appaiano, secondo le circostanze, idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della sentenza che dichiara l'apertura della liquidazione giudiziale (o che omologa il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti). All’opposto, al momento della presentazione della domanda di accesso ad una procedura di soluzione concordata della crisi, il debitore può chiedere al tribunale il rilascio di un provvedimento in base al quale, dalla data della pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, i creditori per titolo o causa anteriore non possano, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio; dalla stessa data, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano (art. 54, comma 2, CCII). 
Le misure protettive possono essere richieste, peraltro, anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione (compresi gli accordi cd. ad efficacia estesa), allegando la documentazione di supporto prevista in relazione a questi ultimi e la proposta di accordo corredata da una dichiarazione del professionista indipendente, il quale attesta che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti, e che la stessa, se accettata, è idonea ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare (art. 54, comma 3, CCII). Oltre a ciò, la norma prevede che, con la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto (o anche con istanza successiva), il debitore possa chiedere l’adozione dei provvedimenti cautelari “necessari per condurre a termine le trattative”. La norma non precisa, tuttavia, nello specifico, quali provvedimenti possano essere richiesti, né la loro durata. 
Considerato il quadro normativo composito (in quanto frutto di stratificazioni accumulatesi nel tempo), la disciplina introdotta dal legislatore impone, in ogni caso, di precisare e circoscrivere il perimetro di tali misure (anche ponendo a raffronto le misure previste nell’ambito dei diversi strumenti contemplati dal CCII), nel tentativo di offrire una prima soluzione alle delicate problematiche processuali che possono insorgere nelle distinte fasi del procedimento finalizzato alla conferma, revoca o modifica delle misure protettive, ovvero al rilascio dei provvedimenti cautelari, ed alle relative impugnazioni. In questo contributo, in particolare, ci si ripropone di chiarire (i) la possibilità, per il debitore, di depositare, dopo la scadenza delle misure protettive, una istanza per la concessione di misure cautelari (come se queste ultime potessero permettere, de facto, la prosecuzione surrettizia delle misure protettive ormai scadute, sia pur in una veste processuale diversa); (ii) se tale “staffetta” tra misure protettive e misure cautelari possa dar luogo ad una forma di abuso (rilevabile d’ufficio o rimessa all’istanza di parte); e (iii) l’impatto dello schema di decreto correttivo al CCII, in corso di introduzione, sui temi qui in discussione.
2 . La proponibilità di una istanza cautelare in via autonoma e successiva rispetto alle misure protettive
Anzitutto, ci si dovrebbe chiedere, in via pregiudiziale, se una istanza di misura cautelare possa essere proposta in via autonoma e separata rispetto ad una (precedente) domanda di conferma delle misure protettive (magari già scadute nel frattempo, o in via di scadenza).  
A parere di chi scrive, è possibile ritenere che l’istanza cautelare ex art. 19, comma 1, CCII possa essere proposta con piena ammissibilità, in un procedimento cautelare proposto ex novo (separato rispetto al procedimento già avviato per la conferma delle misure protettive) con un ‘proprio’ specifico contraddittorio, avente ad oggetto la sola richiesta cautelare in corso di composizione negoziata (in via autonoma e separata rispetto al procedimento per la conferma delle misure protettive). Militano in tal senso diverse ragioni: 
i) appare del tutto coerente che istanze cautelari possano essere formulate nell’ambito della composizione negoziata, non solo con il ricorso per conferma delle misure protettive di cui all’art. 19, comma 1, CCII, ma anche con separati ricorsi, per tutto il corso della composizione negoziata, laddove le esigenze cautelari siano sopravvenute; non pare potersi ritenere che le esigenze cautelari possano essere valutate solo in limine della composizione negoziata (cioè in ottica necessariamente contestuale all’avvio del procedimento), né ciò risulta dal testo normativo, né appare coerente con un impianto di protezione che vuole essere funzionale a percorsi negoziali di risanamento articolati ed ‘in divenire’, ricalcandone le mutevoli vicende. tale considerazione appare, peraltro, anche in linea con la relazione illustrativa al D.L. n. 118/2021 (che non sembra in contrasto con la possibilità di depositare istanze a “correzione” dell’assetto di protezione iniziale[8]; 
ii) la giurisprudenza di merito si è espressa in senso nettamente favorevole alla conclusione. Tra gli altri, il tribunale di Torino ha confermato[9] la possibilità di proporre istanza cautelare in termini non coincidenti (e in via posticipata) rispetto alle misure protettive, per circostanze sopravvenute, “non potendosi limitare la formulazione di istanze cautelari solo nella fase iniziale della composizione negoziata ; ciò in quanto non sono ravvisabili limitazioni cosiffatte nella disciplina normativa e l' introduzione delle stesse appare incoerente con un iter negoziale di risanamento (con correlate esigenze di misure protettive cautelari) che si estende sino a 120 giorni , con possibilità di proroga per ulteriori 120 giorni, come avvenuto nel caso in esame, trattandosi di percorso complesso e articolato”[10]; 
iii) il tribunale di Gorizia ha concesso all’istante le misure cautelari richiesta (anche in quel caso, in ottica formalmente separata – pur se contestuale – con  le misure protettive), sottolineando che, ai fini della concessione di misure cautelari, è necessario accertare “un nesso di funzionalità tra le stesse e il buon esito delle trattative, in quanto si tratta di provvedimenti volti tutti […] a impedire che nelle more della conclusione delle trattative la società si trovi costretta a pagare dei debiti pregressi e così a distrarre la liquidità necessaria, unitamente all'ottenimento di una nuova linea di credito, dall'esercizio dell'attività di costruzione immobiliare che le permetterebbe di ottenere il risanamento aziendale e così, infine, di pagare anche i debiti pregressi (alle condizioni auspicabilmente rinegoziate in sede di conclusione degli accordi di composizione negoziata)”[11]; 
iv) il tribunale di Milano si è pronunciato su un caso affine (sia pur riguardante misure di protezione collegate ad un ricorso ex art. 40 CCII), confermando un principio che si ritiene applicabile, in via trasversale, anche al caso in esame (attesa la evidente comunanza della ratio sottostante). Secondo il tribunale di Milano[12], come si desume anche dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 83/2022, può dirsi coerente con la disciplina del CCII consentire al debitore di richiedere, in un momento successivo a quello del deposito del ricorso ex art. 40 CCII, misure di protezione […] anche ulteriori; ciò nell’ipotesi in cui l’esigenza di protezione del patrimonio, eventualmente mirata, emerga solo in un momento successivo al deposito del ricorso, ovvero nel caso in cui il debitore non abbia inteso accedere immediatamente alla protezione per non ‘consumare’ il termine di dodici mesi ex art. 8 CCII, ovvero nel caso in cui vi sia stata una sua omissione dovuta a dimenticanza nel ricorso iniziale, ipotesi che giustifica la locuzione ‘con successiva istanza’: in tutti questi casi, il patrimonio imprenditoriale non rimarrebbe esposto, per tutta la durata della procedura, alle possibili aggressioni, per evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare il percorso di risanamento intrapreso; 
v) in termini affini alla pronuncia del tribunale di Milano si è espresso anche il tribunale di Roma (pur trattandosi di misure ex art. 54, emerge, ancora una volta, un principio interpretativo applicabile all’”impianto” di protezione nel suo complesso), secondo il quale “la richiesta di misure ex art. 54, comma 2, CCII può essere avanzata anche successivamente all'iniziale deposito della domanda ex art. 40 CCII di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell'insolvenza (piena o prenotativa ex art. 44 CCII)”[13]. Analoga ratio può ritenersi applicabile anche alle misure cautelari previste dall’art. 18 CCII, considerata la definizione unitaria di “misure cautelari”, di cui all’art. 2, lett. q), CCII (tale norma, infatti, contiene una definizione di “misure cautelari” senza distinguere a seconda del contesto procedurale in cui le stesse, di volta in volta si collocano); 
vi) tale conclusione appare confermata, da ultimo, anche da trib. Milano, decr. 7 luglio 2024, con il quale sono state concesse misure cautelari inaudita altera parte (nei confronti di specifici creditori dell’istante), a fronte dell’avvenuta scadenza delle misure protettive a suo tempo confermate, nel contesto della composizione negoziata della crisi (le misure cautelari venivano, così, concesse con scadenza finale coincidente con quella della CNC, prorogata ex art. 17 CCII); 
vii) lo stesso art. 19, comma 3, ultimo periodo, CCII ammette espressamente la riproposizione della domanda di misure protettive, ovvero di misure cautelari in corso di composizione negoziata, ove precedentemente non concesse[14]; 
viii) con la proposizione di un nuovo ricorso, appositamente iscritto a ruolo, il contraddittorio viene costituito ex novo: il ricorso e il provvedimento di fissazione dell’udienza, infatti, potranno essere notificati ai creditori interessati, atteso che, ai sensi dell’art. 19, comma 7, CCII, “i procedimenti disciplinati dal presente articolo si svolgono nella forma prevista dagli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile”, salvaguardandosi, così, in ogni caso, il diritto dei terzi controinteressati di formulare osservazioni o opposizioni.
3 . In particolare: le misure cautelari. Atipicità e protezione dalle istanze di liquidazione giudiziale
Venendo, nello specifico, alle misure cautelari e al possibile contenuto delle stesse, occorre far riferimento, anzitutto, alla definizione generale offerta dall’art. 2, comma 1, lett. q) CCII: sembra trattarsi di una definizione unitaria e applicabile a tutte le misure cautelari, volta a fornire un criterio-guida per identificare le misure cautelari indipendentemente dal contesto in cui queste possano applicarsi (e, dunque, indipendentemente dal fatto che le misure trovino applicazione in “ambiente” di composizione negoziata della crisi, oppure ai sensi dell’art. 54 CCII, nel contesto di un procedimento per l’attivazione di uno strumento di regolazione della crisi). L’art. 2, lett. q) CCII definisce, infatti, le “misure cautelari” senza distinguere a seconda del contesto procedurale in cui le stesse, di volta in volta, si collocano; d’altra parte, a parere di chi scrive, non si ravvisano elementi convincenti per ritenere che le caratteristiche strutturali, intrinseche (contenutistiche) delle misure cautelari debbano variare a seconda del procedimento “sottostante” in cui esse si innestano[15]. 
Le misure cautelari sembrano, dunque, doversi uniformare ad un “archetipo” comune e unitario, che prescinde dal tipo di strumento/procedura in cui possono trovare, di volta in volta, applicazione. Per converso, occorre, però, anche far riferimento alle norme che precisano le possibili “declinazioni” delle misure cautelari nei vari contesti in cui esse possono essere invocate. 
Anzitutto, se si considera la definizione di ‘misure cautelari’ offerta dall’art. 2, lett. q) CCII, emerge che tali misure sono, per loro natura, finalizzate a fornire una “tutela del patrimonio o dell’impresa dell’imprenditore”. Ne deriva che le misure cautelari possono essere disposte (fermo restando il loro carattere di atipicità) non solo per la specifica protezione del patrimonio della società in crisi (in senso stretto e, dunque, per sterilizzare azioni esecutive che potrebbero essere avviate o coltivate al fine di procurare l’espropriazione forzata di un bene della società debitrice), ma anche per garantire la salvaguardia dell’impresa nel suo complesso e, più precisamente, della continuità aziendale. 
Per quanto riguarda il primo profilo (la tutela del patrimonio), è stata ampiamente riconosciuta la possibilità di inibire, per mezzo delle misure cautelari, azioni esecutive o cautelari sul patrimonio della società debitrice, o, comunque, sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa (è discusso, peraltro, anche alla luce dello schema di decreto correttivo al CCII, se la misura cautelare possa avere ad oggetto il divieto di azioni esecutive quando sia decorso il termine di dodici mesi previsto dall’art. 8 CCII, previsto in conformità al limite stabilito dalla Direttiva Insolvency)[16]. A conferma di tale conclusione, è appena il caso di citare l’orientamento della giurisprudenza di merito: il tribunale di Milano ha ritenuto ammissibile una istanza di concessione di misure cautelari aventi ad oggetto l’inibizione di azioni esecutive e cautelari di terzi in contesto di composizione negoziata della crisi, nel caso Acciaierie d’Italia, con ordinanza del 29 gennaio 2024 (in quel caso, la società ricorrente aveva richiesto, appunto, di inibire a taluni creditori di promuovere azioni esecutive o cautelari o istanze di apertura di procedure concorsuali); analogamente, secondo una diversa pronuncia del tribunale di Torino, le misure cautelari possono essere disposte “per scongiurare il rischio che […] i creditori possano instaurare o proseguire azioni esecutive individuali e realizzare l'eventuale soddisfacimento del loro pretese, con irrimediabile lesione del principio di par condicio creditorum e violazione della normativa concorsuale”[17]; in termini non diversi si sono espresse altre corti territoriali, tra cui il tribunale di Avellino, che ha riconosciuto che, tra gli obiettivi della tutela cautelare, “senz'altro vi è quello di precludere ai creditori anteriori la realizzazione uti singuli del credito nelle forme dell'esecuzione individuale”[18]. Come messo giustamente in evidenza dalla dottrina[19], non è neppure preclusa una domanda cautelare diretta ad inibire l’esecuzione forzata su un bene detenuto dal debitore (in ipotesi, in virtù di un contratto di leasing), pur se di proprietà di un terzo, in quanto funzionale all’esercizio dell’impresa. 
Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo (l’attitudine delle misure cautelari a salvaguardare l’impresa nel suo complesso, spostando il focus dalla tutela del patrimonio alla salvaguardia della continuità aziendale), già chiaramente desumibile, in via interpretativa (almeno, a parere di chi scrive), dall’art. 2 CCII, questo è soggetto a perplessità da parte di diversi Autori, che hanno sottolineato, invece, il carattere puramente residuale delle misure cautelari (rispetto alle misure protettive, che dovrebbero rappresentare, invece, il principale terreno di elezione delle protezioni delineate nel CCII), in contrasto con qualsiasi interpretazione estensiva delle misure cautelari[20]. Eppure, il principio che legittima l’uso delle misure cautelari anche al di fuori della mera tutela patrimoniale (con il solo limite di non poter imporre ai creditori o ai terzi una condotta slegata dall’esigenza di assicurare il buon esito delle trattative o gli effetti del futuro provvedimento del tribunale, e che potrebbe discendere, semmai, da decisioni assunte soltanto sul piano negoziale)[21]sembra trovare conforto nella giurisprudenza di merito: basti citare, tra le altre, una recente sentenza del tribunale di Trento[22], che si è pronunciato (con esito favorevole al debitore) proprio sulla richiesta di concessione di misure cautelari[23]. Secondo tale pronuncia, “la posizione di un singolo creditore deve - almeno provvisoriamente - recedere rispetto alla posizione del debitore che abbia fatto accesso, nelle forme e nei modi di legge, ad una procedura collettiva di regolazione della sua crisi in via alternativa alla liquidazione giudiziale, come tale potenzialmente mirante a salvaguardare gli interessi della massa dei creditori e di ogni altro soggetto orbitante attorno alle economie generate dalla conduzione aziendale, tanto più quando tale procedura sia volta alla conservazione dei valori aziendali mediante la continuità d’impresa”; considerato tale aspetto, si dovrebbe ritenere che la salvaguardia della continuità aziendale, se adeguatamente sostenuta e corroborata (in alternativa alla liquidazione giudiziale), possa assurgere a criterio-guida per la valutazione sulla concessione delle misure cautelari e che queste “siano precipuamente volte ad impedire che l’interesse di un singolo creditore - specie quanto strategico nell’economia dell’azienda condotta dal debitore, mettendo il debitore in una condizione di dipendenza economica della quale occorre evitare abusi - possa prevalere su quelli superindividuali riconducibili alla pendenza di una procedura concorsuale, impedendo che essa possa avere seguito”. 
In termini analoghi, secondo il tribunale di Bologna, “le misure cautelari […] hanno contenuto atipico e possono essere disposte […] non solo per tutelare il patrimonio del debitore da eventuali atti dispositivi dello stesso ovvero da iniziative individuali dei creditori ma anche per conservare il valore dell'impresa in continuità aziendale mediante la gestione della stessa in via provvisoria e strumentale, […] stante la atipicità della misura cautelare […]”[24]. 
La tesi in esame, che vede un rinnovato “protagonismo” delle misure cautelari (anche rispetto alle misure protettive) sembra confermata, peraltro, anche da alcuni Autori[25], che intravvedono (a fortiori alla luce dello schema di decreto correttivo al CCII)[26] scenari in cui le misure cautelari in CNC potrebbero godere di un ambito di applicazione più ampio (anche sulla scorta del richiamato orientamento giurisprudenziale). 
In ogni caso, volendo definire le possibili “declinazioni” delle misure cautelari, dall’analisi della disciplina applicabile (così come interpretata dalla giurisprudenza) emergono i seguenti elementi: (i) da un lato, i comuni caratteri di atipicità, proporzionalità, strumentalità e di “minimo mezzo” (e di lesività non oltre lo stretto necessario delle aspettative creditorie)[27] delle misure cautelari; e (ii) dall’altro, la possibilità di includere, nell’ambito di applicazione delle stesse, il divieto, per i creditori, di promuovere o coltivare una istanza di liquidazione giudiziale. A quest’ultimo riguardo, va ricordata, anzitutto, la previsione dell’art. 54, commi 2 e 3 CCII: l’art. 54, 3° comma richiama il comma precedente, primo e secondo periodo, prevedendo che, se (in corso di trattative, ad esempio, funzionali alla richiesta di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII) viene ottenuto lo strumento di protezione ex art. 54 CCII, comma 3, “dalla stessa data, […] la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”. 
Se ne può trarre la conseguenza per cui: (i) le misure protettive hanno contenuto atipico e, dunque, di per sé flessibile e suscettibile di essere modellato sulla base delle esigenze cautelari che vengono in rilievo; (ii) pur tenuto conto delle diversità e (al tempo stesso) delle analogie delle misure cautelari previste in “ambiente” di composizione negoziata rispetto a quelle previste dall’art. 54 CCII, le misure cautelari possono essere disposte non solo per la protezione del patrimonio della società in crisi (in senso stretto), ma anche per garantire la protezione da effetti che possano pregiudicare il percorso di risanamento, in ottica di funzionalità e strumentalità rispetto a tale fine (dunque, anche riguardo all’apertura di procedure di liquidazione giudiziale, che pregiudicherebbero il percorso di risanamento avviato); (iii) l’art. 54 CCII (contenente, come detto, una delle possibili “declinazioni” delle misure “cautelari e protettive”) prevede espressamente, al comma 2, la possibile inibizione della dichiarazione di liquidazione giudiziale (o di accertamento dello stato di insolvenza). 
Così, non sembra potersi dubitare dell’attitudine delle misure cautelari a proteggere la società debitrice dalla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale (sulla base sia dei citati richiami testuali e sistematici, sia delle caratteristiche strutturali delle misure cautelari). Occorre, tuttavia, prendere in considerazione talune possibili criticità che possono emergere proprio in sede di applicazione pratica di tali peculiari misure. 
4 . Misure cautelari con inibitoria dell’apertura della liquidazione giudiziale: le possibili criticità
La conclusione appena delineata pone almeno due temi critici: anzitutto, misure cautelari ottenute allo scopo precipuo di inibire l’avvio di procedure di liquidazione giudiziale da parte dei creditori potrebbero risultare, di fatto, superflue, anche a seguito della scadenza delle misure cautelari già ottenute: l’istante potrebbe, così, incontrare serie difficoltà nel fornire la prova a supporto del periculum in mora, posto che l’effetto di protezione dalle istanze per l’avvio della liquidazione giudiziale potrebbe prodursi anche a seguito della scadenza delle misure protettive (il tema verrà trattato al successivo paragrafo 4.1). In secondo luogo, l’attivazione di misure cautelari (a seguito della scadenza di misure protettive) potrebbe configurare una forma di abuso delle norme a protezione del debitore (il tema verrà trattato al paragrafo 4.2). 
4.1 . La possibile superfluità delle misure cautelari (carenza del "periculum in mora")
Qualora la società debitrice abbia già ottenuto le misure protettive (per ipotesi, contestualmente all’avvio della composizione negoziata della crisi), l’effetto di inibizione della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale non decade con l’estinzione delle stesse misure protettive, ma rimane vigente fino alla conclusione delle trattative (o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata). Tale conclusione è basata sull’art. 18, comma 4 CCII, che, come noto, inibisce l’apertura della liquidazione giudiziale dal giorno della pubblicazione dell’istanza di conferma delle misure protettive “fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata”. 
Di conseguenza, la mera sussistenza della composizione negoziata (pur a fronte della scadenza, nel frattempo, delle misure protettive) già comporta il divieto di pronunciare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (fino all’archiviazione della CNC o alla conclusione delle trattative). 
L’art. 18, comma 4 CCII è stato ampiamente recepito dall’orientamento formatosi in giurisprudenza in tema di misure di protezione nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa. Secondo taluni precedenti, oltretutto, non deve neppure essere oggetto di conferma da parte del giudice (perché opera ex lege) il divieto di pronunciare sentenza di apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del debitore dal giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata. Ci si riferisce, in particolare, alle seguenti pronunce: 
· secondo il tribunale di S. Maria Capua Vetere, “rispetto alla inibizione delle istanze di fallimento, non sussista la facoltà per il Giudice di esercitare il proprio sindacato, conseguendo l’improcedibilità dell’eventuale dichiarazione di fallimento proposta alla mera iniziativa del debitore e perdurando fino alla conclusione delle trattative o fino all’archiviazione della composizione negoziata della crisi, senza che il Giudice possa confermare o revocare la misura. Peraltro, in dottrina, non si è mancato di evidenziare che il divieto di proposizione dell’istanza di fallimento più che una misura vera e propria, costituisce un ‘vantaggio collaterale aggiuntivo’ che non mira a favorire il buon esito delle trattative, bensì lo stesso svolgimento alla procedura di composizione negoziata la quale resterebbe inevitabilmente compromessa dallo spossessamento dell’imprenditore conseguente al suo fallimento o dal verificarsi di una causa di scioglimento della società con conseguente limitazione dei poteri gestori dell’organo amministrativo”. Nel caso di specie, appunto, il debitore, dopo avere ottenuto l’accesso alla composizione negoziata della crisi ed avere fatto istanza per la conferma delle misure protettive, aveva richiesto al tribunale di confermare - l’altro - il divieto di pronunciare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale[28]; 
· analogamente, secondo il tribunale di Roma, “il creditore che abbia presentato ricorso per la dichiarazione di fallimento a carico del debitore non ha legittimazione passiva nel procedimento ex art. 7, D.L. n. 118/2021, atteso che l'inibitoria della dichiarazione di fallimento non è misura soggetta a conferma da parte del giudice”[29]; 
· secondo il tribunale di Lecce, “una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con il disposto di cui all'art. 6. Co. 4 D.L. n. 118 del 2021 cit. [oggi, art. 18, co. 4 CCII, ndr] (che, prevedendo il divieto - fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata - di pronunciare sentenza dichiarativa di fallimento, riconosce all'evidenza la possibilità di ricorrere alla composizione negoziata anche in presenza dei presupposti per una tale pronuncia: procedimento per la dichiarazione di fallimento in corso e stato di insolvenza) e sarebbe scarsamente conciliabile con l'art. 11 d.l. cit. (che indica, quale possibile epilogo delle trattative, l'avvio delle procedure disciplinate dall'art. 267/1942 ecc.)”[30]; 
· secondo il tribunale di Brescia, “il comma 4 della stessa disposizione [dell’art. 16 CCII, ndr] esclude che dal giorno della pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive e fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata possa essere pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento dell'imprenditore coinvolto nel percorso di risanamento negoziato”[31]; 
· sullo stesso argomento, anche la dottrina si è espressa a favore di una sospensione di fatto della trattazione sulla istanza di liquidazione giudiziale, che si traduce in un semplice rinvio della discussione alla scadenza del termine massimo di durata della composizione negoziata[32]. 
Di conseguenza, pur a fronte della scadenza delle misure protettive (ma in costanza di CNC), l’inibizione delle istanze di liquidazione giudiziale resta operante: le misure cautelari richieste per ottenere tale inibizione potrebbero, quindi, essere concesse (l’istante non potrebbe dimostrare efficacemente la sussistenza di un periculum in mora, che, di fatto, non esisterebbe). Per converso, qualora le misure protettive non fossero state richieste al momento dell’avvio della CNC (o, se richieste, non fossero state confermate dal tribunale), le misure cautelari potrebbero essere richieste e attivate (anche in una fase avanzata della CNC o, al limite, in prossimità della sua archiviazione), al fine di acquisire una protezione da istanze di apertura della liquidazione giudiziale.
4.2 . Possibili profili di abuso nel ricorso alle misure cautelari
Considerato, allora, che (i) le misure cautelari possono essere concesse per inibire l’avvio (o la prosecuzione) della liquidazione giudiziale e (ii) una istanza per concessione di misure cautelari può essere depositata anche in via autonoma e successivamente al provvedimento di conferma delle misure protettive (e, per ipotesi, dopo la scadenza di queste ultime)[33], occorre chiedersi se possano configurarsi condotte abusive da parte del debitore, nella misura in cui le misure cautelari possano apparire come uno strumento per estendere surrettiziamente le misure protettive (di cui riprodurrebbero pedissequamente il contenuto), eludendo, così, i limiti di durata massima di queste ultime (il termine di 240 giorni o il termine annuale di cui all’art. 8). 
Il tema è stato posto in luce da una recente pronuncia del tribunale di Milano, che stigmatizza la condotta del debitore che si limiti a richiedere la concessione di misure con un contenuto ed effetti sovrapponibili a quelli delle misure protettive[34]. Al fine di ovviare ad un possibile motivo di rigetto dell’istanza cautelare, potrebbe rendersi opportuno, allora, ricordare che le misure cautelari, a differenza delle misure protettive atipiche (di cui condividono, ictu oculi, la gran parte delle caratteristiche, prima fra tutte la atipicità), non hanno uno specifico destinatario e sono per definizione provvedimenti selettivi, plasmabili con riferimento ai suoi specifici destinatari, e sono concesse a tutela del patrimonio o dell’impresa qualora, secondo le circostanze, appaiano idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi (o delle procedure di insolvenza)[35]. Tenuto conto, dunque, delle indicazioni offerte dall’art. 2, lett. q) CCII, appare senz’altro possibile differenziare le misure cautelari dalle misure protettive (atipiche). 
Piuttosto, come rilevato in una recente pronuncia del Tribunale di Imperia (anche sulla scorta della precedente ordinanza del Tribunale di Torino, Sez VI, del 5/12/2023), “l’obiezione dell’elusione normativa del termine di 240 giorni o del termine annuale di cui all’art. 8 CCII, appare superabile rimettendo al giudice il vaglio concreto della proporzionalità del sacrificio imposto ai singoli creditori oggetto di inibitoria cautelare e la risoluzione negoziata della crisi di impresa […], non essendo al giudicante preclusa la fissazione di un ulteriore termine, coerente con la proroga della composizione negoziata, per contemperare i contrapposti interessi”[36]. Il riferimento al principio della “proporzione” del sacrificio imposto ai creditori sembra, peraltro, riecheggiare la disciplina sulla revoca (o abbreviazione del termine di efficacia) delle misure protettive: come noto, tali misure possono essere revocate (o la loro durata può essere abbreviata), in qualunque momento, su istanza dell’imprenditore o di un creditore o su segnalazione dell’esperto, sentite le parti interessate (e, in ogni caso, a seguito dell’archiviazione dell’istanza ai sensi dell’articolo 17, commi 5 e 8 CCII), quando esse “non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”. Il principio della proporzione sembra, dunque, poter assurgere a criterio di applicazione generale (comune alle misure protettive e alle misure cautelari, quanto meno quelle che si pongano in ottica di “continuità” rispetto alle misure protettive precedentemente concesse). 
In ogni caso, anche considerata la sottile linea di confine tra misure protettive atipiche (di cui si suppone che il debitore abbia già fruito) e misure cautelari, il debitore dovrà farsi carico di oneri probatori particolarmente pregnanti, sotto il profilo sia del fumus boni iuris, sia del periculum in mora (requisiti che dovranno essere soggetti ad un vaglio particolarmente rigoroso, trattandosi di estendere effetti, di fatto, già prodotti da misure già concesse e ormai scadute).
5 . Cenni alle prospettive legate all’entrata in vigore dello schema di decreto correttivo al CCII
Per quanto attiene al possibile impatto dello schema di decreto correttivo al CCII, questo opera una significativa revisione della disciplina delle misure di protezione, sia per quanto concerne gli artt. 18 e 19 (in tema di composizione negoziata), sia con riguardo agli artt. 54 e 55 (in tema di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza). 
Per quanto attiene alle misure cautelari, ci limitiamo, in questa sede, a due brevi notazioni. Anzitutto, l’art. 2, comma 1, lett. q) amplia la nozione di misure cautelari alla “attuazione delle relative decisioni”. Com’è stato acutamente segnalato[37], la nozione viene, dunque, estesa anche ai provvedimenti anticipatori non soltanto degli effetti degli strumenti di regolazione della crisi, ma anche dell’attuazione delle relative decisioni, considerato che “il provvedimento non può essere anticipatorio in senso stretto, perché non si guarda al contenuto della decisione, ma alla sua attuazione in concreto”[38]. 
Una seconda notazione riguarda, poi, la possibile interferenza tra misure cautelari e misure protettive atipiche (disciplinate, come noto, dal secondo comma, ultima parte, dell’art. 54 CCII). Con l’entrata in vigore del decreto correttivo (e la conseguente revisione dell’art. 54, comma 2 CCII), queste ultime potranno essere richieste solo dopo il deposito della proposta, del piano o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39 CCII (così da consentire al tribunale una delibazione, sia pur sommaria e in via d’urgenza, della coerenza tra la misura richiesta e la proposta o il piano): per converso, il debitore non potrebbe più richiedere l’attivazione di misure protettive atipiche nell’ambito di una domanda “con riserva”, ai sensi degli artt. 40 e 44 CCII (proprio perché, per definizione, in tale sede, non è ancora disponibile la documentazione definitiva relativa al piano e alla proposta ai creditori). Orbene, non appare irragionevole che anche le misure cautelari (per definizione atipiche) possano essere assimilate, sotto tale profilo, alle misure protettive atipiche e assoggettate, dunque, alla medesima regola processuale così introdotta dal correttivo (considerate, tra l’altro, le analogie tra le esigenze sottese alle due misure di protezione, oltre che la necessità di evitare, con lo strumento della misura cautelare, indebite elusioni della disciplina sulle misure protettive atipiche): qualora dovesse svilupparsi un tale orientamento, però, una istanza cautelare potrebbe essere ritenuta ammissibile solo a seguito del deposito della proposta, del piano o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39 CCII (con la conseguenza, quindi, di posticipare il dies a quo della tutela cautelare, vanificando, verosimilmente, l’esigenza di tutela d’urgenza, che presuppone, all’opposto, l’immediatezza dell’intervento giurisdizionale). 

Note:

[1] 
Cfr. Cass. civ., Sez. VI - 1, Ordinanza, 09/07/2021, n. 19618, Massima redazionale, 2021; Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 14/02/2017, n. 3836 (rv. 644306-01), CED Cassazione, 2017; Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 31/07/2019, n. 20666 (rv. 654883-02), in: Fallimento, 2020, 2, 187, nota di Finocchiaro. 
[2] 
Cfr., sul punto, Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 06/11/2013, n. 24969 (rv. 628898), in: Riv. Esec. Forzata, 2015, 3, 487, nota di Morani. 
[3] 
Cfr. trib. Brescia, Sez. IV, Decreto, 19/05/2022, Massima redazionale, 2022, in: Il caso, 2022. Sulla distinzione, cfr. l’art. 669 octies, comma 6, c.p.c., in base al quale “le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’art. 669 novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’art. 688 e ai provvedimenti di sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell’articolo 1137, quarto comma, del Codice Civile, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito”. 
[4] 
Cfr. Cass. civ., 12/06/2014, n. 13407, in: Il caso, 2014. 
[5] 
È stato affermato, a questo riguardo, quanto segue: “l'art. 15, comma 8, R.D. n. 267/1942 non prevede un numero chiuso di provvedimenti adottabili. Può, quindi essere disposta la nomina di un amministratore (giudiziario), previa revoca di quello in carica, che provveda all'amministrazione ordinaria e straordinaria, al fine di rimuovere ogni possibile occasione di peggioramento della situazione economico-patrimoniale sino alla conclusione del processo prefallimentare” (trib. Brescia, Sez. IV, Decreto, 19/05/2022, Massima redazionale, 2022, in: Il caso, 2022). 
[6] 
Tribunale Catania, Sez. fall., 28/02/2019, in: Fallimento, 2019, 8-9, 1062, nota di Baroncini. 
[7] 
Cfr., sul punto e, in particolare, sui limiti di ammissibilità delle misure protettive c.d. atipiche, Pagni, Le misure protettive e le misure cautelari nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Le Società, 2019, p. 441; Scarselli, Le misure cautelari e protettive nel nuovo codice della crisi dell’impresa, in Juridicum; in particolare, in favore della atipicità delle misure protettive, v. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, in Riv. dir. proc., 2019, p. 868.
[8] 
Il procedimento che si svolge a seguito del deposito del ricorso ed i procedimenti incidentali che possono essere instaurati innanzi allo stesso giudice per la successiva revoca, modifica o proroga dei provvedimenti concessi, sono instaurati innanzi al tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 del regio decreto n. 267/1942 e seguono le forme del procedimento cautelare uniforme. La loro caratteristica principale è quella della celerità (come si evince dall’accento posto sulle modalità alternative di notifica che possono essere disposte dal tribunale per la rapida instaurazione del contraddittorio) posto che si tratta di procedimenti che si inseriscono, condizionandolo, all’interno di un percorso negoziale della durata massima di centottanta giorni”. 
[9] 
Nell’ordinanza del tribunale di Torino, si menziona quanto segue: “Con il ricorso in esame, depositato in data 3.11.2023 per esigenze cautelari sopravvenute in corso di composizione negoziata, la società ricorrente chiedeva la concessione di misure cautelari inibitorie nei confronti di […]”. 
[10] 
Così trib. Torino, Sez VI, ord. 5/12/2023, in Dirittodellacrisi.it
[11] 
Trib. Gorizia, ord. 19 marzo 2024, in , in Dirittodellacrisi.it
[12] 
Trib. Milano, sent. 30 marzo 2023, in Fallimento, 2/2024, nota di Spadaro. 
[13] 
Trib. Roma, Sez. XIV, 4 novembre 2022, in Ilcaso.it, 2022. 
[14] 
D’altra parte, l’art. 19, comma 7, CCII si riferisce espressamente ai “procedimenti disciplinati dal presente articolo”, e non ad un solo procedimento “monolitico”, nel quale debbano confluire tutte le esigenze di protezione. 
[15] 
Cfr. Baccaglini - De Santis, cit., in Dirittodellacrisi.it; Baccaglini, Il procedimento di conferma, revoca o modifica delle misure protettive e di concessione delle misure cautelari, nella composizione negoziata della crisi, in: Riv. dir. proc., 2022, 635 ss.; Baccaglini, Composizione negoziata della crisi e misure protettive: presupposti, conseguenze ed effetti della loro selettività sulle azioni esecutive individuali, in: Fallimento, 2022, 1091 ss.; Rana, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021, in Dir. fall., 2022, 282; Didone, Le misure protettive/cautelari, in: Fallimento, 2022, 1251 ss. 
[16] 
Cfr. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in questa Rivista, 17 luglio 2024, pag. 56. 
[17] 
Così tribunale di Torino, Sez. VI, decreto, 11/11/2023, Massima redazionale, 2024. 
[18] 
Così tribunale di Avellino, Sez. I, decreto, 23/03/2023, Massima redazionale, 2024. 
[19] 
Baccaglini – De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in questa Rivista, 12 ottobre 2021. 
[20] 
Cfr. Baccaglini – De Santis, cit., secondo i quali “Meno immediato è immaginare una richiesta di provvedimenti cautelari “innominati”, suscettibili di trovare attuazione nelle forme dell’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 669-duodecies c.p.c., che costringano il creditore ad un facere, o, più realisticamente, gli inibiscano l’esercizio di un diritto, al solo fine di cautelare un percorso di trattativa avviato dal debitore. Va rammentato, infatti, che le iniziative esecutive dei creditori possono essere inibite per il tramite delle misure protettive, sicché un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., diretto contro un creditore, potrebbe rivelarsi assai utile (solo) se sia necessario impedire a quest’ultimo di attivarsi, in via stragiudiziale, per ottenere l’adempimento, ad esempio escutendo una garanzia autonoma. Fuori dal percorso contenzioso, in funzione del quale la tutela cautelare trova il suo fisiologico nutrimento, l’imposizione ab externo di provvedimenti d’autorità, col solo limite di un esile contraddittorio svincolato dal processo di merito, potrebbe comportare ingiustificati (e forse illegittimi) sacrifici al libero esercizio dell’attività economica privata. In questo senso, perciò, v’è da credere che il richiamo contenuto nella norma ai provvedimenti cautelari abbia una portata davvero residuale, essendo in realtà le misure protettive (piuttosto che quelle cautelari) lo strumento d’elezione pressoché esclusivo posto a presidio della “serenità” delle trattative”. 
[21] 
Cfr. Panzani, cit., pag. 56. 
[22] 
Tribunale di Trento, 10 ottobre 2023 (in Il Fallimento, n. 2, 1° febbraio 2024, p. 291, nota di Spadaro). Secondo il tribunale, in particolare, “la misura cautelare invocata presenta carattere strumentale e anticipatorio rispetto alla possibile omologazione del concordato in continuità aziendale proposto, in linea con la previsione di cui all’art. 2, lett. q), CCII, poiché mira precisamente ed inequivocabilmente alla conservazione, in via temporanea e provvisoria, dell’impresa, nella sua continuità, con ciò consentendo al debitore di dare seguito al procedimento di concordato preventivo”. 
[23] 
La richiesta di concessione delle misure cautelari, peraltro, veniva depositata allo scadere del termine di durata delle misure protettive accordate dal Tribunale. 
[24] 
Tribunale di Bologna, 19 dicembre 2023, in Fallimento, 2024, 3, 440. 
[25] 
Cfr. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in questa Rivista, 17 luglio 2024, pag. 22. Tale Autore, in particolare, mette in luce che “Vi è quindi spazio per un’interpretazione più ampia della nozione di misura cautelare, quando tale misura è disposta nell’ambito della composizione negoziata su istanza dell’imprenditore” (pagg. 56 e 57). 
[26] 
Si rinvia al successivo paragrafo 5 per una disamina di alcuni aspetti di innovatività dello schema di decreto correttivo al CCII rispetto al tema delle misure cautelari. 
[27] 
In questo senso si esprimono anche i primi provvedimenti dei giudici di merito. Se ne richiama, in particolare, uno del tribunale di Milano (ordinanza del 17 gennaio 2022), secondo cui “Le misure possono, dunque, essere confermate quando (i) il tribunale si convince che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris) e quando (ii) il tribunale reputa che le misure, nella gradazione necessaria, siano funzionali a raggiungere quel risultato, sicché la loro assenza potrebbe pregiudicare il risanamento aziendale (periculum in mora)”
[28] 
Cfr. trib. S. Maria Capua Vetere, 21 giugno 2023, in Fallimento, n. 6, 1° giugno 2023, p. 851. 
[29] 
Cfr. trib. Roma (ordinanza 3 febbraio 2022, in Fallimento, 2022, 8-9, 1097, nota di Baccaglini. 
[30] 
Cfr. trib. Lecce, 23 maggio 2022, in Quotidiano Giuridico, 2022. 
[31] 
Cfr. trib. Brescia, 2 dicembre 2021, Massima redazionale 2021. 
[32] 
Cfr., tra gli altri, Rana, Il non facile coordinamento tra composizione negoziata, regolazione concorsuale della crisi e iniziative cautelari, in Fallimento, 2022, spec. 159 ss. 
[33] 
Tale conclusione appare confermata, da ultimo, anche da trib. Milano, decr. 7 luglio 2024, che prevede la concessione di misure cautelari inaudita altera parte (nei confronti di specifici creditori dell’istante), a fronte dell’avvenuta scadenza delle misure protettive a suo tempo confermate, nel contesto della composizione negoziata della crisi (le misure cautelari venivano, così, concesse con scadenza finale coincidente con quella della CNC, prorogata ex art. 17 CCII). 
[34] 
Tribunale di Milano, Sez. II, decr., 22/11/2023, secondo il quale “vista, in particolare, l'istanza depositata dalla parte ricorrente il 22 novembre 2023 con cui, premesso che le misure protettive concesse hanno prodotto effetti per la durata massima consentita di duecentoquaranta giorni, si chiede che vengano adottate misure cautelari dirette a sospendere, sino alla scadenza del termine annuale della composizione negoziata, l'efficacia esecutiva dei titoli esecutivi detenuti da specifici creditori, in modo da impedire loro di introdurre azioni esecutive e procedere all'iscrizione di ipoteche giudiziali […]. I provvedimenti cautelari, che possono avere una durata coerente con quella delle trattative (naturalmente nei limiti temporali di cui all'art. 17, comma 7, cc.ii.), non possono però presentare un contenuto e degli effetti sovrapponibili a quelli, tipici, delle misure protettive, risolvendosi, altrimenti, in uno strumento elusivo del termine di durata massima di tali misure, fissato dall'art. 19, comma 5, ultimo periodo, cc.ii. in modo da riservare alla composizione negoziata una porzione predeterminata del termine di durata complessiva di cui all'art. 8 cc.ii. (che rappresenta il piano recepimento nell'ordinamento interno dell'art. 6, par. 8 della citata dir. (UE) 1023/2019)”. 
[35] 
Peraltro, secondo la dottrina, non sembrerebbe neppure applicabile il principio della residualità delle misure cautelari previste dal CCII rispetto alle misure di urgenza previste dal codice di rito: si dovrebbe ricorrere alle misure cautelari, piuttosto, solo quando non sia possibile, per il debitore, ottenere misure protettive anche atipiche. Così Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano, in: Fallimento, 2024, 273. 
[36] 
Tribunale di Imperia, sentenza del 20 febbraio 2024, con nota Pagni e Baccaglini, “Misure cautelari e misure protettive nel codice della crisi: una chiave di lettura per l’impego anche combinato dei diversi strumenti di tutela”, in questa Rivista, 4 marzo 2024. Secondo la nota di commento (a cui si rinvia), anche a prescindere da quanto affermato dal tribunale di Imperia, ad analoga conclusione si potrebbe giungere “anche considerando che la prescrizione della Direttiva Insolvency che ha determinato l’art. 8 CCII (art. 6, paragrafo 8) si riferiva al generale divieto di azioni esecutive, e non a misure selettive, a destinatari determinati, quali sono le misure protettive atipiche e le misure cautelari: dunque, soprattutto se non si chiede che il giudice estenda l’intero ombrello protettivo ma inibisca singole iniziative dei creditori, non è corretto parlare neppure di superamento del termine previsto dal Codice ma di una iniziativa mirata, volta a ottenere che sia il giudice, nel contraddittorio con gli interessati, a bilanciare gli opposti interessi”. 
[37] 
Cfr. Panzani, cit., pag. 56, che mette in luce, peraltro, che, coerentemente, in base alla Relazione illustrativa, la formulazione della norma è ricalcata sul disposto dell’art. 700 c.p.c., che, com’è noto, prevede l’esigenza di “assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione”. 
[38] 
Cfr. Panzani, cit., pag. 56. 

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02