L’istituto della composizione negoziata è stato introdotto con il D.L. n. 118 del 2021 ed è stato successivamente innestato nel Codice della Crisi, al Titolo II, con il D.Lgs. n. 83 del 2022, sostituendo interamente la disciplina delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi innanzi agli OCRI, contenuta nella prima versione dello stesso Codice e mai entrata in vigore.
Non si tratta, pacificamente[1], di una procedura concorsuale, né, stando alla tassonomia del Codice, di uno “strumento di regolazione della crisi”[2], pur potendovi dare agevolmente adito, stanti gli esiti possibili della composizione enumerati all’art. 23 CCII. Manca lo spossessamento del debitore[3], così come la cristallizzazione del debito, visto che l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa e che non sono inibiti pagamento a creditori “anteriori” all’apertura del procedimento[4].
Consiste, secondo anche la descrizione contenuta nelle relazioni accompagnatorie ai provvedimenti normativi che si sono succeduti, di uno strumento stragiudiziale, caratterizzato da una impronta prettamente negoziale, incentrata sul ruolo attribuito all’esperto, mentre l’intervento dell’autorità giudiziaria è limitato ai casi di richiesta di misure protettive e cautelari, oltre che alle ipotesi di autorizzazione alla contrazione di finanziamenti prededucibili e al trasferimento dell’azienda o di suoi rami[5].
È senza dubbio la figura dell’esperto ad assurgere al ruolo di protagonista nel nuovo istituto, come emerge dalle decisive determinazioni che lo stesso è chiamato a compiere non appena nominato. Spetta infatti al medesimo convocare senza indugio l’imprenditore e valutare – sulla base di ogni informazione utile allo scopo che sia possibile reperire – l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento. Una simile valutazione presenta non di rado elementi di notevole complessità, stante l’esigenza di comprendere se il disequilibrio, la crisi o anche l’insolvenza[6] in atto siano reversibili, per il tramite della continuità diretta o indiretta del complesso aziendale o di suoi rami di rilievo[7]. Un eventuale giudizio negativo dell’esperto è esiziale per il procedimento, visto che lo stesso è tenuto, all’esito della convocazione o in un momento successivo, a darne notizia all’imprenditore e al segretario generale della camera di commercio, al fine dell’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata entro i successivi cinque giorni lavorativi[8].
L’esperto – definito dall’art. 2, comma 1, lett. o bis), CCII, proprio come colui che facilita le trattative nell’ambito della composizione negoziata, ma sul punto si tornerà meglio infra – ha precipuamente il compito di porsi quale professionista indipendente ed equidistante dalle parti, al fine di aiutare l’impresa a raggiungere un accordo con i creditori, così da individuare soluzioni idonee per il superamento delle condizioni di disequilibrio. L’esperto può giungere ad indicare soluzioni, per poi verificare la possibilità di far convergere le posizioni delle parti sulle stesse, così come può ritenere appropriate soluzioni proposte da una o più delle parti, laddove sulle stesse sia possibile costruire il consenso degli aderenti e le medesime siano idonee – secondo la prudente valutazione dell’esperto – a prospettare il superamento della situazione di disequilibrio[9].
Giungendo al tema oggetto del presente contributo, vale a dire agli esiti positivi della composizione negoziata, con particolare riferimento all’accordo sottoscritto (anche) dall’esperto, di cui al primo comma, lettera c), dell’art. 11 del D.L. n. 118/2021 prima e dell’art. 23 del CCII poi (entrambi rubricati “Conclusione delle trattative”), merita di essere sottolineato come – nell’ampio novero degli sbocchi possibili – detto accordo sia stato concepito dal Legislatore come la soluzione positiva per eccellenza[10] della composizione. Lo si deriva agevolmente dal fatto che gli altri esiti “idonei” di cui al richiamato primo comma attengono a soluzioni dal carattere transitorio (la moratoria) o comunque limitato nel tempo e dagli effetti modesti, circoscritti alle misure premiali di cui all’art. 25 bis CCII (il contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno un biennio). L’accordo di cui alla lettera c), invece, non vede limitazioni temporali ed è impreziosito dagli stessi effetti, in tema di esenzione da revocatoria e dai reati di bancarotta, del piano attestato di cui all’art. 56 CCII. Le soluzioni di cui al secondo comma dell’art. 23 CCII, poi, sono individuate quali subottimali dal Legislatore e non sono esclusive del procedimento di composizione negoziata, anche se l’attivazione in via preventiva dello stesso permette di accedere a rilevanti agevolazioni, quali ad esempio l’abbassamento della soglia della percentuale di aderenti necessaria per accedere all’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 57 CCII.
L’attenzione riservata dal Legislatore all’accordo sottoscritto dall’esperto emerge anche dalle modifiche che sono state apportate alla disposizione all’atto del passaggio al Codice della Crisi, laddove dal testo originario di cui al D.L. n. 118/2021, che vedeva la possibilità per le parti di “concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto n. 267 del 1942 senza necessità dell'attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d)”, si è addivenuti[11] alla possibilità di “concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con la sottoscrizione dell'accordo l'esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza”. Del tutto coerentemente, all’art. 16, comma 2, CCII specifica che l’esperto “non è equiparabile al professionista indipendente di cui all’articolo 2, comma 1, lettera o)”, vale a dire all’attestatore.
L’aggiunta appena riportata, secondo la quale l’esperto, con la sottoscrizione dell’accordo, deve dare atto che il piano di risanamento “appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza”, è del tutto armonizzata con la previsione di cui all’art. 23, comma 1, CCII, circa la necessità che “sia individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di pericolo di crisi o di insolvenza che costituisce il presupposto di accesso alla composizione negoziata (ora ai sensi dell’art. 12, comma 1, schema d.lgs.).”[12].
Sul punto si tornerà nel paragrafo quarto del presente scritto, ma è significativo che nel testo definitivo il ruolo dell’esperto e la portata della sottoscrizione dell’accordo, al fine di agevolare la fruizione dello strumento, siano stati precisati in via inequivocabile, ponendo fine a poderose incertezze interpretative, che vedevano taluni autori pronti a equiparare tout court ruolo e responsabilità dell’esperto a quelle dell’attestatore e altri, all’opposto, propensi a disegnare per lo stesso compiti e responsabilità minime, commisurate al mero dovere di agevolare le trattative e di valutare la ragionevolezza del riequilibrio, sulla base di dati forniti da terzi e senza verifiche di una qualche pregnanza[13].
Le modifiche normative non hanno poi riguardato le misure premiali, rimaste intatte dopo il D.Lgs. n. 83/2022, ed anzi da ultimo in via di rafforzamento[14].
Quanto ai soggetti chiamati a sottoscrivere l’accordo, oltre all’impresa debitrice e all’esperto, il riferimento normativo “dai creditori”, a fronte della più precisa dizione contenuta al comma 1, lett. a), dello stesso art. 23 CCII, laddove ci si riferisce al diverso contratto in grado di assicurare la continuità aziendale almeno per due anni e si fa espresso riferimento “a uno o più creditori”, ha condotto taluni interpreti a ritenere che ai fini della sottoscrizione dell’accordo sia richiesto il consenso da parte di tutti i creditori, con la conseguenza di rendere “estremamente difficile per non dire impossibile l’accesso all’istituto”[15]. Pur essendo ammissibile alla luce del richiamato dato letterale, si ritiene che una simile lettura vada rigettata, per una pluralità di motivi, sia di ordine giuridico sia di opportunità: i) anche con riguardo all’istituto per molti versi assimilabile dell’accordo in esecuzione di piani attestati di risanamento si fa generico riferimento, al comma quarto dell’art. 56, “ad accordi conclusi con i creditori”, laddove nessuno dubita – né ha dubitato in passato nel vigore della legge fallimentare – della possibilità (desumibile espressamente anche dalla lettura del secondo comma della stessa norma) di prevedere dei creditori non aderenti, laddove un accordo con gli stessi non sia necessario ai fini della fattibilità; ii) l’esistenza di creditori non aderenti non è di ostacolo all’espressione da parte dell’esperto del giudizio di coerenza del piano ai fini del riequilibrio, sempre che l’adesione degli altri consenta di raggiungere una simile valutazione; iii) nella composizione negoziata non vi è una cesura fra creditori anteriori o meno, sicché non si saprebbe a quale data riferire l’elenco dei creditori chiamati a firmare l’accordo, se non a quello dell’atto, il che sarebbe del tutto impraticabile, visto che l’azienda deve essere in continuità, con i fornitori in continua evoluzione; iv) i creditori estranei, non incisi dall’accordo, non avrebbero alcun interesse a sottoscrivere un accordo, del quale nella sostanza non sarebbero parti, non essendo previste concessioni da parte degli stessi; v) le prima applicazioni pratiche di accordi sottoscritti dall’esperto, sulla base dell’esperienza diretta e delle informazioni che si sono potute reperire, non vedono la sottoscrizione dei non aderenti.
Nel volgere al termine del presente paragrafo introduttivo, teso a inquadrare la fattispecie e a mettere in luce la rilevanza dell’accordo di cui si tratta nei disegni del Legislatore, si crede opportuno rimarcare come la classificazione introdotta dallo stesso, indirizzata a considerare quali esiti prioritari solo quelli di cui al primo comma dell’art. 23 CCII appaia per certi versi fuorviante e sia stata giustamente riconsiderata, quanto meno a fini divulgativi ([16]).
Gli obiettivi della composizione, stante l’art. 12, commi 1 e 2, CCII, sono la continuità aziendale e il riequilibrio. Se a questi risultati si giunge tramite le soluzioni di cui al secondo comma, lett. a) (piano attestato) o b) (accordo di ristrutturazione), pur al prezzo di tempi più lunghi, di maggiori costi (per l’attestatore e per gli eventuali ausiliari) e dell’intervento omologatorio del Tribunale nel secondo caso, l’esito della composizione dovrebbe comunque essere considerato favorevolmente[17].
In tal senso depone il fatto che le misure premiali di cui all’art. 25 bis CCII non siano riservate solo alle fattispecie del primo comma dell’art. 23 CCII, ma anche all’accordo di ristrutturazione.
Va poi considerato che l’obiettivo di giungere a un accordo di ristrutturazione, ad efficacia estesa o meno, è del tutto legittimamente – sulla base anche delle prime applicazioni pratiche[18] – non di rado già dichiarato dall’impresa all’atto dell’accesso alla composizione negoziata.
Il percorso della ristrutturazione, infatti, ben potrebbe essere imperniato sull’iniziale accesso alla composizione, al fine di dare continuità ai rapporti bancari (semmai chiedendo in proposito le misure protettive) e/o di chiedere l’autorizzazione a contrarre finanza d’urgenza, avviando al contempo le negoziazioni con i creditori, potendo beneficiare della presenza dell’esperto e degli obblighi di negoziazione in buona fede incombenti sulle banche. Sullo sfondo, potrebbe già essere previsto il ricorso all’accordo di ristrutturazione, vuoi per godere dell’abbassamento della soglia di acceso di cui all’art. 23, comma 2, lett.b), e/o delle forme di trascinamento dei creditori consentite dalla versione ad efficacia estesa, vuoi per utilizzare la transazione su crediti fiscali e contributivi di cui all’art. 63 CCII[19].
Certo, un percorso – laddove non servano misure protettive o cautelari, o autorizzazioni di atti straordinari – totalmente stragiudiziale, azionato tempestivamente, dalla minor durata e a minor costo, costituisce l’obiettivo dichiarato del Legislatore del Codice della Crisi. Da tale assunto derivano la graduatoria dei possibili esiti, di cui all’art. 23 CCII, e le conseguenti misure incentivanti.
Proprio della misura “principe” e più innovativa della composizione negoziata ci si occupa nel presente scritto.