Saggio
Brevi spunti intorno alle “variazioni” del piano concordatario nella fase post omologazione – Parte I*
Renato Bogoni ed Emanuele Artuso, Dottori Commercialisti in Padova
23 Ottobre 2023
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Sommario:
2 . Le “variazioni” nella prospettiva giuridica: “proposta” vs. “piano”
3 . Il discrimine giuridico e temporale decisivo: l’omologazione
4 . Focus: la Relazione tematica della Corte di Cassazione, n. 56/2020
5 . Il contenuto delle modifiche al piano ed i limiti normativi e sistematici alle stesse
6 . L’interpretazione della giurisprudenza e della prassi in ordine alle “modifiche”
[1] Ex multis, in questo senso, cfr. S. Leuzzi, L’impatto della pandemia, cit.; G. La Croce, La fase successiva all’omologazione del concordato: quali vincoli alla gestione dell’impresa?, in ODC Milano (a cura di G. Rocca – G. Acciaro), Quaderno dott. comm. n. 75, febbraio 2018, Il concordato con continuità aziendale, 58 e ss.; F. Marelli, La fase di attuazione del concordato con continuità aziendale “diretta”, in ODC Milano (a cura di G. Rocca – G. Acciaro), Quaderno dott. comm. n. 75, 71 e ss.; in una prospettiva più rigida, pare invece A. Rossi, L’esecuzione del concordato di risanamento, tra governance e conflitti, in Fallimento, 2017, 1005 e ss. ed in specie 1012.
Per un esauriente inquadramento delle varie posizioni dottrinali e giurisprudenziali, oltre che per amplissimi riferimenti bibliografici, si veda il contributo di A. Zanardo, La rinegoziazione del concordato preventivo tra vecchie e nuove sollecitazioni, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2021, 913 e ss.
Infine, per una disamina sistematica e puntuale del giudizio di omologazione si veda il recentissimo e chiarissimo contributo di S. Leuzzi, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo: oggetto, regole, controlli, in www.dirittodellacrisi.it, 9 ottobre 2023, nel quale vengono ampiamente affrontate le regole processuali e sostanziali dell'omologazione del concordato preventivo.
[2] Bisognosa di approfondita risposta e di apposita sedes materiae è la seguente domanda: risultano ugualmente applicabili gli altri rimedi contrattuali alle situazioni di impossibilità di adempiere del concordato (ad esempio, la sopravvenuta impossibilità)? Ad una prima osservazione, la giurisprudenza sembra orientata negativamente, essendo il contenuto della proposta maggiormente “cristallizzato” per effetto dell’omologa (cfr. ad esempio Trib. Milano, 17 novembre 2022).
[3] Resta, al più, la possibilità di indagare se modifiche del contenuto dell’offerta, prive di alcun rilievo sostanziale, siano ammissibili.
In effetti, un marginale spazio per adattamenti alla proposta, fuori dalla valutazione della gravità dell’inadempimento (l’inadempimento lieve non determina la risoluzione del concordato), dovrebbe permanere proprio a fronte delle molteplici configurazioni che può assumere la proposta concordataria.
Tale residua e marginale modificabilità può essere individuata seguendo quanto statuito da Cass., 22 luglio 2022, n. 22988, in cui, seppur con riferimento alla fase anteriore all’omologa, vengono espressi principi che pare possono essere rilevanti anche nella fase esecutiva.
In tale pronuncia viene delineata la differenza tra (i) “nuova proposta”, (ii) modifiche alla originaria proposta (comunque non ammesse) e (iii) variazioni alla stessa non idonee ad incidere sulla qualità della soddisfazione dei creditori: solo queste ultime sarebbero ammissibili.
In particolare “le modifiche integrano una nuova proposta allorquando: i) mutino la natura dell’accordo proposto ai creditori (o meglio, cambino la logica di superamento della situazione di crisi o di insolvenza nella quale versa la società)” tanto che i creditori “alla luce delle modifiche introdotte, non possono più fare affidamento sull’assetto originario, per essere cambiate le caratteristiche fondamentali della proposta (…) laddove mutino elementi della proposta che vadano ad incidere sull’impianto “satisfattorio” del ceto creditorio, quali, inter alia: il numero e la composizione delle classi, la percentuale riconosciuta ai chirografari, la previsione di nuova finanza”.
Ovviamente, la definizione di una proposta totalmente nuova rappresenta una deviazione dal contenuto degli accordi concordatari che non potrebbe essere adottata unilateralmente da parte del debitore. Peraltro, come già osservato, anche semplici modifiche dell’offerta risultano generalmente idonee a rappresentare una deviazione determinante rispetto alla proposta originaria considerato che esse possono alterare “la sostanziale coincidenza, propria di ogni stipulazione negoziale, tra proposta originaria e sua accettazione”.
D’altro canto proprio l’art. 172 L.F. (ripreso nell’art. 105 del Codice Crisi), che espressamente sancisce l’ambito temporale in cui la proposta diviene immodificabile, non pare escludere tout court ogni aggiustamento alla configurazione dell’offerta, considerato che “quella disposizione, lungi dal doversi intendere riferita ad un qualsivoglia mutamento, magari di carattere assolutamente insignificante, della proposta originaria, deve trovare applicazione in presenza di una modifica che, concretamente, pregiudichi la valutazione (quanto alla convenienza economica, ai suoi rischi, alla sua possibilità di successo) già effettuata dai creditori approvando la proposta ed il piano ad essa relativo” (sempre Cass., 22 luglio 2022, n. 22988).
Pare ragionevole ritenere che tale principio possa essere esteso alla fase successiva all’omologa: pertanto dovrebbero essere ammissibili adattamenti al contenuto di quanto erogato ai creditori, purché tali adeguamenti siano assolutamente non sostanziali e non modifichino in concreto la soddisfazione dei creditori rispetto a quanto previsto nell’offerta oggetto di valutazione al momento del voto.
Il punto – in questa nota superficialmente trattato – sarà oggetto di specifico approfondimento nel prosieguo.
- Si verifica uno scostamento rispetto al contenuto ed alle previsioni del Piano, tale da incidere sulla realizzabilità dello stesso (e non consentirne il rispetto) sui tempi e sulle modalità del percorso di superamento della crisi;
- Lo scostamento non è “assorbito” da risparmi (savings) e/o correttivi e meccanismi di aggiustamento, in quanto non previsti e/o non sufficienti;
- Occorra modificare le intenzioni strategiche del piano.
Note:
Per un esauriente inquadramento delle varie posizioni dottrinali e giurisprudenziali, oltre che per amplissimi riferimenti bibliografici, si veda il contributo di A. Zanardo, La rinegoziazione del concordato preventivo tra vecchie e nuove sollecitazioni, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2021, 913 e ss.