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La sospensione della prescrizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore (in caso di successiva nomina del liquidatore): orientamenti giurisprudenziali a confronto

Massimiliano Angelini, Avvocato in Rimini

23 Gennaio 2024

Il presente contributo affronta la tematica della sospensione della prescrizione dell’azione di responsabilità sociale nei confronti dell’organo amministrativo in caso di successiva nomina del liquidatore. In particolare, viene ripercorso il dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, sviluppatosi intorno agli artt. 2941, n. 7, e 2949 c.c.. In seguito, vengono descritti e sottoposti ad analisi critica gli orientamenti sviluppatisi sul tema. 
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1 . La sospensione della prescrizione dell’azione sociale di responsabilità (nei confronti del liquidatore)
La disciplina della prescrizione delle azioni sociali di responsabilità[1] nei confronti dei membri degli organi di gestione (e controllo) richiede, com’è noto, un coordinamento tra le norme contenute nel titolo V del Libro VI del Codice Civile e le disposizioni speciali dell’impresa societaria[2].
Com’è noto, l’azione sociale di responsabilità nei confronti dei propri amministratori (e dei soci co-gestori nelle s.r.l.) si prescrive, ex art. 2949 c.c.[3], nel termine di cinque anni, salvo il maggior lasso temporale nel caso in cui il fatto costituisca reato[4].
Il dies a quo del termine prescrizionale decorre dal momento in cui si è verificato l’illecito, fermo restando che l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dalla carica ex art. 2393, comma IV, c.c..
La consumazione dell’illecito non coincide, necessariamente, con la realizzazione della condotta dell’amministratore, poiché il danno può perfezionarsi anche in un diverso momento.
Il consolidato insegnamento giurisprudenziale è fermo nel ritenere infatti che il termine prescrizionale inizi a decorrere soltanto da quanto il danneggiato abbia avuto conoscenza (o, comunque, avrebbe potuto averla con l’uso della ordinaria diligenza) dell’atto illecito, del pregiudizio e del nesso causale[5].
Ad ogni buon conto, la prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori resta sospesa, ex art. 2941, n. 7, c.c.[6], fino alla cessazione della carica. Il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ha inoltre inserito nel quarto comma dell’art. 2393 cod. civ. la previsione secondo cui “l’azione [sociale di responsabilità] può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica”. Tale intervento normativo ha portato un problema di sovrapposizione e raccordo tra le due discipline la cui formulazione letterale è pressoché identica[7].
Ogniqualvolta, poi, l’amministratore abbia dolosamente  occultato il pregiudizio la prescrizione resta sospesa ai sensi dell’art. 2741, n. 8, c.c.[8], come nel caso (alquanto frequente) in cui l’organo amministrativo abbia deliberatamente alterato le scritture contabili per dissimulare una distrazione.
La sospensione del termine prescrizionale, che realizza una pausa del suo decorso che riprendere a correre dal punto di progressione che aveva raggiunto al verificarsi della causa sospensiva, non opera solo quando questo è già iniziato.
La sospensione infatti  opera anche determinando il differimento del dies a quo tutte le volte in cui la causa sospensiva sorga contestualmente alla possibilità di esercitare il diritto.
Tra le diverse cause di sospensione che presuppongono una circostanza fattuale tale da porre il titolare del diritto in condizioni di materiale o morale impossibilità o insuperabile difficoltà, in ordine all’esercizio del diritto rientra certamente l’ipotesi disciplinata dall’art. 2941, n. 7, c.c..
La disposizione citata mira ad evitare che la permanenza in carica degli amministratori finisca col rappresentare un ostacolo alla possibilità, per la società, di potersi avvedere degli illeciti posti in essere dagli amministratori, con conseguente difetto di informazioni in ordine a dati di realtà integranti i presupposti per l’esercizio delle azione di responsabilità contro di essi. 
Si pone per questo  l’esigenza di non pregiudicare il diritto della società ad agire nei confronti dei suoi amministratori, i quali che, proprio in virtù della carica ricoperta, ben potrebbero deliberatamente occultare i fatti generatori della propria responsabilità, con conseguente successiva impossibilità di esercizio della relativa azione sociale, stante il “provocato” decorso - dal fatto - del termine prescrizionale quinquennale. Quanto precede non impedisce comunque alla assemblea dei soci, anche nel dubbio, di deliberare medio tempore l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità.
La sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941, n. 7, c.c., prevista espressamente relativamente al rapporto tra società e amministratori, per giurisprudenza pacifica, vale anche per gli amministratori di fatto, in ragione della piena equiparazione tra i primi e i secondi[9].
Nel caso in cui la società di trovi in liquidazione, per scioglimento della stessa, nel silenzio della norma, la giurisprudenza ha ritenuto che le regole sulla sospensione della prescrizione della azione di responsabilità dettate espressamente per l’amministratore, valgano (anche) nei confronti del liquidatore[10].
Più precisamente, si ritiene che le regole sulla sospensione della prescrizione previste dall’art. 2941, n. 7, c.c., pur dettate “tra le persone giuridiche e i loro amministratori”, possano essere applicate anche alle azioni di responsabilità promosse nei confronti del liquidatore[11] ex artt. 2476, 2489, 2491 e 2495 c.c., sul presupposto che l’incarico svolto dal medesimo è “universalmente ricondotto alla figura del mandato (…)”[12], atteso che “la ragione sottostante alla causa di sospensione ora in esame, riposa sul carattere fiduciario che caratterizza tali rapporti”[13].
Una interpretazione estensiva della norma pare trovare la sua giustificazione nell’identità di ratio tra le due fattispecie.
Quanto precede lascia tuttavia qualche dubbio sulla correttezza di identico trattamento a situazioni parzialmente difformi poiché amministratore e liquidatore hanno obblighi, poteri e responsabilità (in parte coincidenti ma anche molto) differenti tra loro[14]-[15].
2 . La sospensione della prescrizione dell’azione sociale in caso nei confronti dell’amministratore in caso di successiva nomina del liquidatore: i diversi orientamenti giurisprudenziali
Se la giurisprudenza di merito (edita) appare uniforme in ordine alla interpretazione estensiva della norma nei termini sopra prospettati, lo stesso non può dirsi[16], invece, sull’applicabilità dell’art. 2941, n. 7, c.c., nell’ipotesi in cui l’amministratore (unico o quale membro del CdA) abbia successivamente rivesto l’incarico di liquidatore della medesima società (in scioglimento).
Ci si domanda, in altri termini, se l’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore resti sospesa sino alla cessazione del successivo incarico di liquidatore - qualora la stessa persona fisica abbia ricoperto entrambi i ruoli senza soluzione di continuità - oppure se il dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità decorra dal (precedente) momento della cessazione della carica di amministratore.
La fattispecie è tutt’altro che infrequente nella realtà, poiché la nomina del liquidatore coincide, sovente, con quella del precedente amministratore.
Orbene, da una parte vi è ci sostiene che la norma in tema di sospensione della prescrizione debba estendersi alle azioni di responsabilità nei confronti dell’amministratore che abbia successivamente ricoperto il ruolo di liquidatore.
Questo orientamento giurisprudenziale evidenzia come “la continuazione dell’attività gestoria (…) senza soluzione di continuità tra l’attività di amministratore e quella di liquidatore, consenta di rinvenire la medesima ratio che è alla base della disciplina della sospensione della prescrizione finché l’amministratore resta in carica (art. 1941 n. 7) c.c., di guisa che il termine di prescrizione dell’azione de qua deve ritenersi sospeso fino alla cessazione della carica di liquidatore avvenuta all’atto della dichiarazione di fallimento”[17].
Si afferma, infatti, che tra le cause di sospensione della prescrizione dell’azione di responsabilità vi sia quella caratterizzata da una speciale relazione giuridica esistente tra il titolare del diritto ed il soggetto passivo. In particolare, viene richiamata la sentenza 322/98 della Corte Cost., che ha dichiarato l’inco­stitu­zio­nalità dell’art. 2941 n. 7 nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimanga sospesa tra la società in accomandita semplice ed i suoi amministratori per le azioni di responsabilità, per evidenziare come nel caso di continuità tra amministratore e liquidatore nella stessa persona verrebbe di fatto ostacolata la possibilità, in capo alla persona giuridica, di acquisire una piena conoscenza del loro operato e, conseguentemente, di valutare se gli amministratori siano o meno incorsi in violazioni degli obblighi sui medesimi incombenti rilevanti per l’esercizio dell’azione di responsabilità. 
L’altra ragione che permetterebbe di concludere allo stesso, secondo la già sentenza già citata del tribunale partenopeo “è poi quella che scaturisce dall’identità che si verrebbe a determinare nell’eser­ci­zio dell’azione di responsabilità tra attore e convenuto riunendosi in capo ad essi, se dovessero agire gli amministratori contro se stessi, la duplice qualità di attori e convenuti”. Si afferma infatti che la norma codicistica che disciplina la sospensione della prescrizione trova applicazione “in virtù di un’interpre­ta­zio­ne estensiva della norma medesima ricorrendo nella fattispecie per l’appunto la medesima ratio, e non in virtù di un’applicazione analogica (analogia legis) che presuppone un vuoto di normativa che con tale criterio viene colmato, essendo il ricorso all’analogia legis impedito dalla pacifica natura di disposizione di carattere eccezionale della norma in questione”.
Più recentemente, in una  fattispecie in cui era stata promossa un’azione sociale di responsabilità nei confronti di chi era stato prima presidente del CdA, poi amministratore unico ed infine liquidatore, anche il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 6664 del 28 luglio 2022[18], ha rigettato l’eccezione di prescrizione proposta dall’amministratore-convenuto applicando in via analogica ( dunque non estensiva) sia dell’art. 2393, comma 4, c.c. sia l’art. 2941, n. 7, c.c..
Pur con una diversa motivazione dunque, i tribunali meneghino e partenopeo giungono alla medesima conclusione.
Non va sottaciuta l’esistenza di una altra tesi, (opposta alle precedente)  secondo la quale “non vi è ragione per spostare alla cessazione di tale ultima carica [quella di liquidatore] il decorso della prescrizione, trattandosi di cariche [quella dell’amministratore rispetto a quella del liquidatore] diverse e con obblighi diversi”[19]-[20].
La  ragione per la quale  il liquidatore - che è stato in precedenza amministratore della società - non agirà mai contro se stesso[21], sarebbe smentita da un argomento decisivo di segno contrario.
Secondo il tribunale veneziano il liquidatore che omettesse di agire contro i precedenti amministratori della società, pur sussistendone i presupposti, si renderebbe responsabile (in proprio) di una condotta omissiva colpevole che lo esporrebbe al risarcimento per quanto dallo stesso non recuperato[22]. Ciò sarebbe sufficiente ad escludere un’interpretazione estensiva o analogica della norma sulla sospensione della prescrizione.
Ergo: la permanenza in carica senza soluzione di continuità in capo alla della medesima persona fisica, prima in qualità di amministratore e poi di liquidatore della società, non giustifica la sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 7, c.c., fino alla cessazione di tale  ultimo ruolo.
3 . Considerazioni conclusive
Il principio di fondo che l’istituto della prescrizione richiama è quello secondo cui i diritti si estinguono se non vengono esercitati, in quanto il mancato esercizio ingenera nella collettività il convincimento che ad essi il titolare abbia rinunciato. E’ una questione di certezza nei rapporti giuridici.
Nel 1933, Carnelutti metteva in evidenza un aspetto paradossale della prescrizione. Questa «è, fra gli istituti del diritto, uno dei più suggestivi. È una specie di miracolo per cui il diritto diventa non diritto e viceversa. Per essa, soprattutto, si rende manifesto che anche il diritto, come un essere vivente, nasce e muore»[23].
Il tema della prescrizione rappresenta da sempre un crocevia significativo del diritto, oggetto di ampio dibattito e di riflessioni attente da parte della dottrina e della giurisprudenza.
È evidente come la prescrizione sia diventato, purtroppo in molti casi, un nodo irrisolto ed insoddisfacente al raggiungimento di un assetto che correttamente tuteli tutti i diritti riconosciuti implicati nelle diverse fattispecie. Leggendo i principali studi e gli orientamenti giurisprudenziali sulla prescrizione è infatti incerto praticamente tutto e trovare una guida nella diversità di opinioni, non è facile. 
La prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori (di cui questo contributo ha esaminato solo uno alcuni dei tanti aspetti) non fa eccezione.
La breve disamina della peculiare questione di cui ci si è occupati mette in luce come lo “stato dell’arte” sulla prescrizione delle azioni di responsabilità dei membri degli organi di amministrazione (e di controllo) consenta in maniera esponenziale il ricorso alla discrezionalità (determinato il proliferare del contenzioso[24]).

Note:

[1] 
E’ necessario precisare che per tutte le figure di responsabilità vale quanto osservato dalla migliore dottrina (Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, rist., 1981, pagg. 115-116) sul rapporto fra prescrizione del diritto e prescrizione dell’azione. Il Codice Civile dispone che per tale causa si estingue “ogni diritto” (art. 2934), quindi non solo l’azione, ma lo stesso diritto soggettivo. Pertanto, le norme che fanno riferimento alla prescrizione dell’“azione”, devono essere interpretate come estinzione (anche) del diritto sostanziale .
[2] 
Il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ha inserito nel quarto comma dell’art. 2393 c.c. la previsione secondo cui “l’azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica”.
[3] 
Fino alla riforma del diritto societario del 2003 la prescrizione delle azioni contro gli amministratori e i sindaci è stata disciplinata unicamente dall’art. 2949 c.c.. Il D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 ha inserito nel quarto comma dell’art. 2393 c.c. la previsione secondo cui “L’azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione della carica” La riforma ha sollevato dubbi sul reale contenuto e dato luogo a un contrasto di opinioni in dottrina.
Secondo una prima tesi (Di Amato, Le azioni di responsabilità nella nuova disciplina delle società a responsabilità limitata, pag. 297) l’art. 2393, comma 4, c.c. il termine quinquennale è a pena di decadenza dell’azione. Secondo un’altra parte della dottrina (Calvosa, La prescrizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci di società per azioni, In AA.VV., Società, banche e cristi d’impresa, 942-943), invece, la riforma avrebbe riconosciuto la natura prescrizionale decorrente dalla cessazione della carica, che necessariamente non coincide necessariamente al “giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.
[4] 
Cass., Sez. Un., 18 novembre 2008, n. 27337, ha stabilito che “Qualora l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all’azione risarcitoria si applica l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato [ art. 2947. terzo comma, prima parte, c.c. ] perché il giudice, in sede civile, accerti incidenter tantum e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato”. In dottrina, Bona, Reato e prescrizione dell’azione risarcitoria con il revirement delle Sezioni Unite il termine più lungo trova applicazione anche in assenza di querela, in Resp. civ. e prev., 2009, 828.
[5] 
Cass., Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 580 in Foro It., 2008, 2, I, 453, secondo la quale: “La responsabilità del ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus Hbv, Hiv e Hcv contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli art. 2935 e 2947, 1º comma, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 l. n. 210 del 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa)”.
[6] 
La norma, dettata espressamente per il rapporto “tra le persone giuridiche e i loro amministratori”, è stata oggetto di due pronunce di incostituzionalità. Con la sentenza n. 322 del 24 luglio 1998, la Corte Cost. ne ha dichiarato l’incostituzionalità “nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimane sospesa tra la società in accomandita semplice ed i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi” e con la sentenza n. 262 dell’11 dicembre 2015, ne ha dichiarato l’incostituzionalità “nella parte in cui non prevede che la prescrizione sia sospesa tra la società in nome collettivo e i suoi amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi”. 
[7] 
Per una disamina completa del contrasto di opinioni in dottrina: M. Paladini, Crisi d’impresa e responsabilità nelle società di capitali, a cura di l. Balestra e M. Martino, p. 788 e segg.; L. Reanna, Responsabilità degli amministratori di società di capitali, pagg. 287 e segg.
[8] 
S. Ambrosini, Il termine per l’esercizio delle azioni di responsabilità, La responsabilità di amministratori, sindaci e revisori contabili, p. 217 e segg..
[9] 
Trib. Roma 8 giugno 2015, in www.iusexprorer.it; Trib. Parma 5 febbraio 2014, ibidem. In dottrina, F. Dimundo, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, pagg. 404-405.
[10] 
Così Trib. Milano 7 aprile 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; in precedenza, nello stesso senso, Trib. Milano 21 aprile 1975, in giur. comm., 1976, II, 712.
[11] 
Sulla responsabilità dei liquidatori: F. Fimmanò, Poteri obblighi e responsabilità del liquidatore, in Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, a cura di L.A. Bianchi e G. Strampelli.
[12] 
Per molto tempo, i negozio che viene ad instaurarsi tra società e amministratore è stato assimilato al contratto di mandato, ad esempio, App. Roma, 23 aprile 2009, n. 1779, in deiure; Cass. 3 marzo 1990, n. 2679, in riv. Giur. lav., 1990, II, 265, con nota di Prasca. Oggi, invece, per lo più, viene ricostruito in termini di contrato di amministrazione, tra i tanti, L. Iannaccone, La responsabilità degli amministratori di società di capitale la determinazione del danno, a cura di F. Aratari e L. Iannaccone, pagg. 94 e segg..
[13] 
Cosi Tribunale di Milano 7 aprile 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it. 
[14] 
Per le problematiche relative all’applicabilità (o meno) all’amministratore di fatto della società della norma che sospende il decorso prescrizionale “tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finché sono in carica,  per l’azione di responsabilità”, si segnala Cass., sez. I, 12 marzo 2008, n. 6719, Soc., 2008, 1226, commentata da Cavallaro 2008, 1228. In dottrina, Del Signore, Contributo alla teoria della prescrizione, tutto il libro; Molfese G. e Molfese A., Prescrizione e decadenza, tutto il libro.
[15] 
E’ invece consegnato alla storia il problema se l’art. 2941, n. 7, c.c. si applica per analogia ai sindaci. Infatti, “anche sulla disciplina che regolamenta i loro doveri è intervenuta (…) la novella, che, dettando (…) l’art. 2407, comma III, c.c., dovrebbe aver risolto alla radice, sia pur in modo insoddisfacente, le questioni sull’individuazione del dies a quo” (Iozzo, Nota in tema di art. 146 l. fall. e prescrizione delle azioni di responsabilità, in GI, versione su DVD.
[16] 
Alla quale unicamente possiamo fare riferimento in assenza di pronunce della Cassazione.
[17] 
Così Trib. Napoli 18/06/2012, in rivista di diritto societario con commento di M. Marobbio.
[18] 
In www.giurispudenzadelleimprese.it
[19] 
Cfr. Trib. Venezia 21/12/2022 inedita. Nella fattispecie il liquidatore, precedentemente membro del CdA, aveva successivamente ricevuto l’incarico dall’assemblea dei soci di liquidare la società. Intervenuto poi il fallimento, il curatore aveva promosso (anche) l’azione sociale di responsabilità per condotte poste in essere nel periodo in cui il convenuto rivestiva la carica di conigliere.
[20] 
Per una disamina sulla distinzione tra la responsabilità dell’amministratore e quella del liquidatore: F. Fimmanò, Poteri obblighi e responsabilità del liquidatore, in Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, a cura di L.A. Bianchi e G. Strampelli.
[21] 
Ratio che, secondo le sentenze esaminate, legittimerebbe l’interpretazione estensiva (per alcuni) o analogica (per altri) delle norme sulla sospensione della prescrizione dell’azione di responsabilità.
[22] 
Cfr. Trib. Firenze 2 ottobre 2023, n. 2093 in Dejure
[23] 
F. Carnelutti, Appunti sulla prescrizione, in Riv. dir. proc. civ., 1933, I, p, 32.
[24] 
Le eccezioni di prescrizioni rappresentato infatti in questa materia le più ricorrente (e preliminari) questioni sottoposte al vaglio del giudice. Insieme alla contestazione del danno e alla c.d. BJR, sono spesso le argomentazioni più “solide” della difesa degli amministratori. 

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

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