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Saggio

Correttivo ter e accesso alle procedure di sovraindebitamento: la toppa è peggio del buco?*

Luigi Nannipieri, Consigliere della Corte d’Appello di Firenze

4 Novembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Lo scritto commenta alcune disposizioni del cosiddetto “correttivo ter” (D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136) in tema di accesso alle procedure di sovraindebitamento: la nuova definizione di consumatore; la conferma dell’esclusione dal concordato minore per l’imprenditore individuale cancellato; la limitazione temporale per la richiesta di liquidazione controllata.  
Riproduzione riservata
1 . Introduzione. Le particolarità della persona fisica sovraindebitata ed i “buchi” che dovevano essere “rattoppati”
Pezo el tacón del buso”, dicono i veneti.
In questo breve scritto, ritornando in larga misura su questioni già affrontate, cercherò di spiegare perché, a mio avviso, in tema di accesso alle procedure di sovraindebitamento, i recenti “correttivi” del D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 rischiano, sotto alcuni profili, di porre delle “toppe” peggiorative alla disciplina previgente e, sotto altri profili, non “rattoppano” dove invece era necessario ed era stato espressamente richiesto.
Il tema è quello del sovraindebitamento della persona fisica, che ha caratteristiche in qualche modo peculiari.
La persona fisica è necessariamente un consumatore ed in tale veste non può non contrarre obbligazioni; eventualmente possono cumularsi anche debiti di natura diversa, in relazione ad una concorrente attività imprenditoriale o professionale, presente o passata, esercita direttamente o meno. I debiti “civili” o “consumeristici” accompagnano quindi necessariamente il soggetto nell’arco di tutta la sua esistenza; i debiti “commerciali” o comunque “non consumeristici” possono sommarsi, con una certa frequenza, anche a prescindere dall’iscrizione nel registro delle imprese quale imprenditore individuale.
Per la persona fisica, a differenza delle società, la cancellazione dal registro delle imprese non determina poi la “estinzione”: il soggetto sopravvive e può svolgere altre attività (lavoratore dipendente, iniziare una attività libero-professionale od anche una diversa e nuova attività imprenditoriale, rimanere disoccupato comunque consumatore, etc).
La persona fisica può quindi contrarre debiti di natura eterogenea, svolgere attività diversificate, in contemporanea ed in successione nel tempo, comunque non cessando mai di agire almeno quale consumatore.
Ad un indebitamento eventualmente promiscuo e di varia origine corrisponde però un patrimonio necessariamente unico, sul quale tutti i creditori, consumeristici e non, possono e debbono soddisfarsi.
Già nella previgente legge fallimentare era stato chiarito che per l’insolvenza dell’imprenditore individuale rilevano indifferentemente sia i debiti “commerciali” che quelli “civili”, ovvero “consumeristici”, contratti per scopi estranei all’attività imprenditoriale svolta[1]; il fallimento interessava però (come l’attuale liquidazione giudiziale) solo l’imprenditore e poteva essere richiesto entro i limiti temporali dell’art. 10, correlati specificatamente alla cessazione dell’attività di impresa.
Per la liquidazione controllata disciplinata dal CCII la prospettiva è parzialmente diversa: se il debitore persona fisica non è soggetto alla liquidazione giudiziale il creditore può richiedere la liquidazione controllata senza che assuma alcun rilievo non solo l’origine del suo credito ma anche la qualifica soggettiva del debitore sovraindebitato, che in quel momento può essere semplice consumatore, consumatore e imprenditore minore, consumatore e libero professionista, consumatore e fideiussore non consumatore, etc.
Il sovraindebitamento e la correlata liquidazione controllata hanno infatti natura residuale, interessando “ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale” ex art. 2, lettera c), CCII[2].
Una razionale disciplina delle procedure di sovraindebitamento percorribili in alternativa alla liquidazione controllata dovrebbe necessariamente tenere conto di tali oggettive particolarità del debitore persona fisica: la relativa frequenza di un indebitamento “misto”; la continua possibilità, sino alla morte, di trovarsi in una situazione di sovraindebitamento, sia per debiti contratti quale mero consumatore (per i quali non è ipotizzabile una “cessazione dell’attività” se non, appunto, con il decesso), sia per debiti non consumeristici.
Unico il patrimonio ed unica anche la procedura che può essere richiesta[3].
Il CCII ha strutturato le procedure di sovraindebitamento diverse dalla liquidazione controllata in modo rigidamente alternativo: la ristrutturazione ex art. 67 può essere chiesta dal consumatore; il concordato minore ex art. 74 dagli altri sovraindebitati, “escluso il consumatore”[4]. 
In tale sistema rigidamente alternativo (consumatore/non consumatore) una prima questione interpretativa che si è posta è stata quella di qualificare le situazioni “grigie”, di indebitamento “misto” [5]. Seconda questione, distinta ma collegata, riguarda la sorte dell’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese e la possibilità di accesso al concordato minore nella forma liquidatoria in relazione al disposto dell’art. 33, comma 4, CCII come modificato dal D.Lgs. 26 ottobre 2020 n. 147 [6]. 
Questi, nell’ambito dell’accesso alle procedure di sovraindebitamento, erano due “buchi” che meritavano di essere “rattoppati” al meglio dal legislatore delegato-correttore. 
Il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136 è intervenuto in modo diretto sulla prima questione, modificando la nozione di consumatore; ha scelto deliberatamente di non intervenire sulla seconda questione, nonostante entrambe le commissioni parlamentari avessero chiesto di modificare l’art. 33, comma 4; ha invece introdotto, nello stesso art. 33, una nuova disciplina dei tempi per l’apertura della liquidazione controllata[7]. 
Tutte e tre queste scelte si prestano, secondo me, a considerazioni critiche.
2 . La limitazione della procedura di ristrutturazione ex art. 67 CCII ai soli debiti 100% consumeristici: è davvero opportuna ?
Come già osservato l’eventualità che il debitore persona fisica presenti una situazione debitoria mista è relativamente frequente. In alcuni casi la percentuale di debiti non consumeristici è assai limitata se non addirittura marginale e derivante da una attività ormai cessata e risalente nel tempo: questo è sufficiente per escludere che si tratti di consumatore?
Prima del 29 settembre 2024[8] poteva discutersi, ora no: per il legislatore quel soggetto non è un consumatore, non può accedere alla ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII.
L’art. 1, comma 1, lettera a) del correttivo ter modifica la definizione di consumatore, specificando che lo stesso può accedere “agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (solo) “per debiti contratti in tale qualità”[9].
Il riferimento agli “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” risulta impreciso, posto che, stando alla stessa definizione normativa, si tratta di “misure”, “accordi”, “procedure” “diversi dalla liquidazione”, ma in ogni caso con una finalità di “risanamento dell’impresa” che è ontologicamente estranea alla figura del consumatore[10]; peraltro si trattava di disciplinare in sostanza l’accesso ad una sola procedura alternativa alla liquidazione controllata e forse era più corretto intervenire direttamente sull’art. 67 CCII piuttosto che sulla definizione generale.
In ogni caso l’intento è quello di chiarire che la procedura “di favore” del piano di ristrutturazione è riservata in via esclusiva ai debiti interamente consumeristici; nella relazione illustrativa[11] si legge che si è voluto “esplicitare il principio secondo il quale solo i debiti contratti al di fuori di un'attività produttiva o professionale possono essere ristrutturati con il piano del consumatore” e che “la precisazione non nuoce alle ragioni dell'imprenditore e del professionista che si trovano in stato di sovraindebitamento sia per debiti legati all'attività svolta sia per debiti contratti al di fuori di essa. Essi, infatti, possono ristrutturare i propri debiti tramite lo strumento del concordato minore nel quale i creditori, spesso rappresentati da altre imprese, trovano una maggiore tutela tramite il voto e nell'ambito del giudizio di omologazione”.
Questo intervento, presentato quale una mera “precisazione”, in realtà ridisegna profondamente la struttura di fondo delle procedure di sovraindebitamento, configurando il piano ex art. 67 CCII su basi “oggettive” in modo integrale (se non “integralista”), correlate solo alla pregressa situazione debitoria che deve essere “pura” e prescindendo in qualche modo dalla effettiva realtà “soggettiva” del ricorrente al momento di presentazione della domanda: pretendere che i debiti da ristrutturare siano al 100% consumeristici comporta l’irragionevole esclusione di una serie di soggetti che possono anche essere, in quel momento, concretamente ed effettivamente al di fuori da qualsiasi contesto imprenditoriale o professionale e “nuoce” gravemente alle loro ragioni, perché nella migliore delle ipotesi li costringe ad un concordato minore liquidatorio (con necessità di apportare “risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile”[12]), nella peggiore, precluso anche il concordato minore, li “condanna” alla liquidazione controllata, con perdita inevitabile anche della casa di abitazione .
La “precisazione” del correttivo ter si pone poi in assoluta controtendenza, sia rispetto a precedenti scelte compiute dal legislatore italiano proprio in tema di sovraindebitamento (orientate all’accesso alle procedure secondo un criterio non di assolutezza ma di “prevalenza”), sia rispetto alle indicazioni provenienti dalla legislazione e giurisprudenza unionale (secondo le quali la qualifica di protezione del consumatore ben può essere mantenuta anche in presenza di una “contaminazione” commerciale, purché “limitata e non prevalente”).
Il D.L. 22 dicembre 2011 n. 212, poi “sorpassato” in sede di conversione dalla legge 27 gennaio 2012 n. 3, all’art. 1, lettera b) definiva il sovraindebitamento del consumatore come quello dovuto “prevalentemente all'inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo”. Nel testo iniziale del disegno di legge di delega per il codice della crisi tra i criteri direttivi per la scelta delle procedure di sovraindebitamento in caso di obbligazioni contratte a diverso titolo era indicato anche quello della “prevalenza”[13].
Nei “considerando” di varie direttive unionali si specifica che la qualifica di consumatore dovrebbe essere mantenuta anche quando la singola obbligazione sia stata contratta per scopi promiscui, purché “lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale”[14]; l’indicazione dei “considerando”, di per sé non vincolante, è stata recepita ed accolta nella giurisprudenza della Corte di Giustizia [15].
Nel testo definitivo della legge delega 155/2017 non vi sono principi e criteri direttivi specifici in ordine alla nozione di consumatore; il legislatore delegato, anche in sede di correttivo, così come ha introdotto la citata “precisazione”, ben poteva, all’opposto, chiarire in quali limiti era possibile ristrutturare ex art. 67 CCII anche debiti non interamente consumeristici; a tal fine poteva richiamare clausole generali (“prevalenza”, “limitatezza e non predominanza”) ed affidarsi al prudente apprezzamento del giudice della fattispecie complessiva oppure specificare in dettaglio una misura percentuale, altre concorrenti od alternative condizioni (ad esempio il tempo trascorso da precedenti attività imprenditoriali e professionali svolte, etc) .
“Precisare” che la massa debitoria deve necessariamente essere al 100% consumeristica secondo me è inopportuno e controproducente: si tagliano fuori soggetti che sono, nella realtà socio-economica, veri consumatori; si procede in controtendenza rispetto alle indicazioni, anche se generali e non vincolanti, dell’ordinamento unionale; la integralista richiesta di “purezza” rischia poi di alimentare condotte scorrette (ad esempio potrebbe indurre a soddisfare in via prioritaria e preferenziale solo i pregressi debiti commerciali, in modo da poter poi presentare il piano ex art. 67 CCII vantando la richiesta purezza ma con risorse fortemente già pregiudicate, in danno dei creditori “civili”).
3 . L’esclusione dell’imprenditore individuale cancellato dal concordato minore: a questo punto occorre un intervento del giudice delle leggi
Con il precedente D.Lgs. 26 ottobre 2020 n. 147, modificando l’art. 33, comma 4, è stato previsto che la domanda di accesso alla procedura di concordato minore “presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile”.
In sostanza l’imprenditore individuale, anche sotto soglie, se intende cessare l’attività, deve necessariamente estinguere i propri debiti, in ipotesi tramite concordato minore liquidatorio prima della cancellazione dal registro delle imprese; dopo non potrà in alcun caso inserire i debiti commerciali, anche se marginali, in un piano di ristrutturazione del consumatore ex art. 67 CCII né potrà più accedere al concordato minore.
Può tuttavia accadere che la situazione di sovraindebitamento maturi incolpevolmente solo dopo la cancellazione dal registro delle imprese: il soggetto, ad esempio, confidava ragionevolmente di poter far fronte ai debiti commerciali pregressi anche attraverso il nuovo congruo stipendio da lavoratore dipendente, ma poi è stato licenziato per malattia o riduzione del personale. Vi è poi la massa dei “vecchi” ex imprenditori che all’epoca della risalente cancellazione neppure potevano avanzare domande di concordato minore. Sono tutti “condannati” alla liquidazione controllata?
Pure in tale ambito una disciplina irragionevolmente penalizzante rischia di incentivare condotte non corrette, ad esempio per l’imprenditore individuale sotto soglie a questo punto diventa conveniente, pur a fronte della cessazione di fatto dell’attività, non cancellarsi dal registro delle imprese e così mantenere aperta la via alternativa del concordato minore.
Anche per rimediare a tali incongruenze un orientamento della giurisprudenza di merito aveva ritenuto che la preclusione al concordato minore prevista dall’art. 33, comma 4, fosse riferita, in realtà, al solo imprenditore societario, che si estingue con la cancellazione ex 2495 c.c. e non all’imprenditore persona fisica[16]. Altra parte della giurisprudenza di merito riteneva invece non praticabile tale interpretazione, contraria al tenore testuale della disposizione[17].
Il correttivo ter ha ulteriormente complicato le cose:
a) ha aggravato o, meglio, ampliato l’estensione soggettiva del problema, posto che la “precisazione” in tema di consumatore necessariamente “puro” ha escluso la via di fuga del piano di ristrutturazione ex art. 67 CCII anche nell’ipotesi in cui i precedenti debiti della cessata attività imprenditoriale siano minoritari, limitati[18];
b) ha inserito nell’art. 33 ulteriori riferimenti all’imprenditore individuale, anche cancellato (vedi il nuovo comma 1 bis) e questo rafforza l’argomento testuale secondo il quale quando invece nella stessa disposizione di parla generalmente di “imprenditore”, si intende tanto l’imprenditore individuale che quello societario[19];
c) (soprattutto) entrambe le commissioni parlamentari nei pareri resi avevano espressamente richiesto che la preclusione al concordato minore fosse limitata alle sole imprese societarie minori[20] ed il legislatore delegato si è rifiutato di farlo, spiegando nella relazione: “tale precisazione non può essere inserita in quanto dopo la cancellazione dell’impresa dal registro delle imprese non può essere consentito il ricorso a strumenti quali il concordato minore, che presuppongono l’esistenza di un’attività imprenditoriale. L’esigenza di consentire al debitore persona fisica di esdebitarsi in questi casi è ampiamente soddisfatta dalla possibilità di chiedere la liquidazione controllata, se vi è attivo da liquidare, o la esdebitazione del debitore incapiente, se non vi è patrimonio da destinare ai creditori”.
Entrambe le argomentazioni della relaziona illustrativa sono tuttavia destituite di fondamento, non colgono nel segno.
La prima dimentica che il concordato minore può essere sia in continuità che liquidatorio e non vi è alcuna contraddizione od incompatibilità tra la scelta di cessare l’attività imprenditoriale, eventualmente cancellandosi anche dal registro delle imprese, e la successiva richiesta di concordato minore (ovviamente non in continuità ma) liquidatorio.
La seconda non coglie i profili di illegittimità, che attengono non al contrasto con la normativa unionale ed alla possibilità comunque di conseguire per altra (unica) via l’esdebitazione, bensì all’irragionevolezza intrinseca ed alla disparità di trattamento con altri sovraindebitati in situazione sovrapponibile.
In un sistema nel quale la liquidazione (giudiziale ma anche controllata) è costruita come extrema ratio risulta irragionevole precludere al debitore persona fisica, che vuole “rifarsi una vita” dopo la cancellazione del registro delle imprese, di sottoporre al voto dei creditori una proposta alternativa alla liquidazione, con incremento dell’attivo disponibile e magari mantenimento della abitazione principale[21].
Evidente poi è la disparità di trattamento rispetto ad altri soggetti in situazioni sovrapponibili: perché mai l’ex libero professionista[22], il socio illimitatamente responsabile di una società cancellata da oltre un anno[23], l’imprenditore irregolare[24], il fideiussore non consumatore[25] ed altri debitori “promiscui” possono avere l’opportunità di accedere (oltre che alla liquidazione controllata anche) al concordato minore, in ipotesi per loro maggiormente favorevole mentre l’ex imprenditore individuale no ? A fronte di una stessa situazione di indebitamento misto, nell’ambito della variegata e residuale categoria di “ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale”, il mero dato formale della cancellazione dal registro delle imprese certo non può giustificare razionalmente disparità di trattamento ex art. 3 della Costituzione[26]. 
Posto che il legislatore, nonostante le indicazioni di parte della dottrina e della giurisprudenza e la richiesta esplicita delle commissioni parlamentari, si è rifiutato di porre la “toppa” (questa sì veramente necessaria ed utile) non resta, allo stato, che rivolgersi al giudice delle leggi.
4 . La limitazione temporale alla richiesta di liquidazione controllata e le insanabili aporie per il sovraindebitato persona fisica
Il correttivo ter, nonostante i pareri parlamentari, non ha modificato il comma 4 dell’art. 33 ma ha invece scelto di modificare il primo comma di quello stesso articolo, prevedendo che pure la liquidazione controllata, come quella giudiziale, possa essere richiesta “entro un anno dalla cessazione dell'attività del debitore, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo”; ha poi inserito un comma 1 bis, di parziale deroga al riformulato comma 1, del seguente tenore: “Il debitore persona fisica, dopo la cancellazione dell’impresa individuale, può chiedere l’apertura della liquidazione controllata anche oltre il termine di cui al comma 1”.
Nella relazione illustrativa è spiegato che si è voluto eliminare “una disparità di trattamento particolarmente evidente per le imprese minori” al contempo inserendo “una deroga al limite annuale per l’imprenditore individuale al fine di agevolarne l’esdebitazione, in coerenza con i principi della direttiva Insolvency”.
La disposizione che limita la possibilità di richiedere la liquidazione controllata “entro un anno dalla cessazione dell’attività”, per come testualmente formulata, sembrerebbe avere portata generale, ovvero riferirsi a tutte le ipotesi di sovraindebitamento. In realtà a me sembra che sia stata (erroneamente) concepita solo con riferimento alla attività imprenditoriale e dimenticandosi che per la liquidazione controllata del debitore persona fisica (a differenza di quella giudiziale) la qualifica di imprenditore (anche cessato) non assume rilievo.
In primo luogo, come già esposto, una persona fisica è comunque, inevitabilmente (almeno anche) un consumatore e non cessa mai di agire e contrarre obbligazioni in tale qualità se non con la morte, quindi una “cessazione dell’attività” di consumatore (che può di per sé condurre alla liquidazione controllata) non è ipotizzabile; il debitore persona fisica, cessata l’attività imprenditoriale e cancellato dal registro delle imprese, continuerà comunque ad operare, contraendo in ipotesi nuovi debiti, come disoccupato, lavoratore dipendente, libero professionista e magari anche nuovo e diverso imprenditore.
Quindi cosa dovrebbe concretamente accadere per un imprenditore individuale cancellato e ovviamente “sopravvissuto” in altra veste da oltre un anno?
Non può proporre un piano del consumatore anche se i debiti “commerciali” residui sono magari pochi e marginali (prima “toppa”, non opportuna, del correttivo ter); non può richiedere il concordato minore liquidatorio (qui era stata richiesta una opportuna “toppa” ma è stata rifiutata); può però chiedere la liquidazione controllata in proprio.
Ma la richiesta di liquidazione controllata “a tempo” da parte dei creditori come sarebbe disciplinata dall’altra “toppa” inserita al comma 1 dell’art. 34? La preclusione riguarderebbe le domande di apertura presentate dai creditori commerciali ante cancellazione oppure da tutti i creditori anteriori, pure quelli “civili”- “consumeristici” ?
In ogni caso a me pare che nessuna preclusione potrebbe ipotizzarsi per i creditori, “consumeristici” o no, “nuovi” e sopravvenuti, ovvero in relazione ai debiti inevitabilmente contratti anche nella vita dopo la cancellazione dal registro. Nell’ambito della liquidazione legittimamente aperta su richiesta dei nuovi creditori sopravvenuti si aprirebbe poi comunque il “concorso” anche con i precedenti creditori ante cancellazione, “commerciali” e non.
Insomma: per il debitore persona fisica che, cessata l’attività imprenditoriale (o professionale), continua comunque ad esistere, ad operare ed anche a contrarre nuovi debiti almeno come semplice consumatore la limitazione temporale per la richiesta di liquidazione controllata a me appare priva di senso.
Per la liquidazione giudiziale (come già per il fallimento) la cessazione dell’attività imprenditoriale determina il venir meno dello stesso presupposto soggettivo, per la liquidazione controllata del debitore persona fisica la cessazione dell’attività imprenditoriale (o professionale) non determina il venir meno del presupposto soggettivo: rimane in ogni comunque un soggetto sovraindebitato, che continua ad agire.
Peraltro questo intervento sull’art. 33 rischia di generare ulteriori aporie ed insanabili contraddizioni: ad esempio il libero professionista che ha cessato la propria attività da oltre un anno non potrebbe chiedere la liquidazione in proprio per i precedenti debiti commerciali, perché, stando al tenore testuale delle disposizioni, gli si applicherebbe la regola generale del comma 1 ma non la deroga del comma 1 bis, posto che non vi è stata “cancellazione dell’impresa individuale”.
In realtà la limitazione temporale per la richiesta di liquidazione controllata ha una ragionevole giustificazione, anche di parità di trattamento con le imprese “sopra soglie”, solo ed esclusivamente per le imprese (non individuali ma) societarie, che non hanno debiti “consumeristici e che si estinguono con la cancellazione ex 2495 c.c., con impossibilità di “rifarsi una vita” e contrarre nuove obbligazioni.
5 . Conclusioni
Le correzioni apportate (e non apportate) in tema di accesso alle procedure di sovraindebitamento, forse anche per la necessità di rispettare i tempi divenuti stretti per l’esercizio della delega, con uno schema di decreto arrivato in “zona Cesarini” ed estiva[27], a me paiono, per le ragioni esposte, inopportune, a rischio incostituzionalità e di contraddizioni difficilmente risolvibili.
A questo punto è auspicabile un intervento maggiormente ponderato, con i tempi e gli approfondimenti propri della legge ordinaria, che magari riveda la nozione di consumatore in maggiore aderenza alle indicazioni dell’ordinamento unionale, superi la rigida struttura alternativa delle procedure di sovraindebitamento diverse dalla liquidazione controllata (una procedura “generale”, accessibile a prescindere dalla qualifica soggettiva e natura dei debiti faciliterebbe certamente l’accesso ed eviterebbe il rischio di inammissibilità “incrociate”), comunque differenzi in modo ragionevole la disciplina del sovraindebitamento del debitore persona fisica da quella delle imprese societarie minori, posto che alcune regole opportune od addirittura costituzionalmente imposte per le imprese minori societarie (quali l’esclusione dal concordato anche liquidatorio a seguito di cancellazione dal registro delle imprese oppure la limitazione temporale per la richiesta di liquidazione controllata in parallelo con quanto previsto per la liquidazione giudiziale) non vanno invece bene per il debitore persona fisica.

Note:

[1] 
Vedi tra le altre Cass, Sez. I, 18 Gennaio 2019, n. 1466: “ai fini della sussistenza del presupposto dell'insolvenza, l'ordinamento italiano non distingue tra i debiti di un imprenditore individuale, in ragione della natura civile o commerciale di essi, in quanto non consente limitazioni della garanzia patrimoniale in funzione della causa sottesa alle obbligazioni contratte, tutte ugualmente rilevanti sotto il profilo dell'esposizione del debitore al fallimento”. 
[2] 
Anche l’imprenditore individuale sopra soglie, trascorso l’anno dalla cancellazione rientra nella previsione residuale dell’art. 2, lettera c), di “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”. Vedi sul punto le acute considerazioni di A. Napolitano, La ristrutturazione dei debiti del consumatore: finalità e presupposti soggettivi, relazione tenuta il 15 aprile 2024 al corso P24026 organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura che parla di “osmosi delle procedure di risoluzione della crisi e dell’insolvenza con riferimento alla persona fisica”, spiegando: “decorso l’anno dalla cancellazione dal registro delle imprese senza che sia stata aperta la liquidazione giudiziale, quello che era un imprenditore individuale commerciale soprasoglia in crisi o già insolvente diventa, per il diritto comune, una persona fisica sovraindebitata con la conseguenza che essa potrà accedere al concordato minore per ristrutturare i suoi debiti e potrà anche accedere alla liquidazione controllata (o essere sottoposto ad essa, su richiesta di un creditore)”. La previsione dell’art. 77 CCII relativa all’inammissibilità della domanda di concordato minore per gli imprenditori sopra soglie deve essere interpretata in correlazione sistematica con gli artt. 2, lettera c), e 33 e quindi riferita ai soli imprenditori in attività (che in ipotesi potranno presentare domanda di concordato “maggiore”) o comunque cancellati da meno di un anno e in quanto tali ancora soggetti a liquidazione giudiziale. 
[3] 
 Nel nostro ordinamento non è prevista la possibilità, ipotizzata dalla direttiva insolvency, di accesso sincrono a procedure diverse ma coordinate, con distinzione tra concorrenti debiti “professionali” e “personali” (vedi art. 24 della direttiva 2019/1023: “Riunione delle procedure relative ai debiti professionali e personali 1. Gli Stati membri provvedono affinché, ai fini dell'esdebitazione integrale, se l'imprenditore insolvente ha contratto debiti professionali nel corso della sua attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale e debiti personali al di fuori di tale attività, che non possono essere ragionevolmente distinti dai primi, tali debiti, se possono essere liberati, siano trattati in un'unica procedura. 2. Qualora i debiti professionali e quelli personali possano essere distinti, gli Stati membri possono prevedere che, ai fini dell'esdebitazione integrale, essi siano trattati o in procedure distinte ma coordinate, o nella stessa procedura”). 
[4] 
Nella legge n. 3/2012 l’accordo di composizione della crisi era invece strutturato come procedura “generale”, eventualmente accessibile anche al consumatore: vedi L. D’Orazio, Il sovraindebitamento nel codice della crisi e dell'insolvenza, Il Fall. 2019, 697: “il consumatore ha, allora, dinanzi l'autostrada del piano, che gli consente di bypassare i creditori, che non possono votare […] Se le sue condotte passate non sono state "cristalline", ecco che il consumatore può, comunque, accedere all'accordo di composizione ai sensi degli artt. 10 ss., stavolta però affrontando, prima, le forche caudine della votazione dei creditori”. 
[5] 
 Sul tema vedi, anche per i correlati riferimenti giurisprudenziali: G. Rana, Ristrutturazione dei debiti del consumatore e debiti promiscui nel codice della crisi, Il Fall., 2023, 985; A. Farolfi, Orientamenti giurisprudenziali in tema di sovraindebitamento, Dirittogiustiziaecostituzione.it, 2024; G. Colangelo, Debiti promiscui del consumatore: può accedere al piano di ristrutturazione?, in Altalex.it, 2024; C. Ravina, L’indebitamento “promiscuo” dà accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore?, in DejureCrisid’impresa.it, 2023; B. Vacca, relazione del 27 marzo 2023 al Corso FPFP23004 Ristrutturazione dei debiti del consumatore della Scuola Superiore della Magistratura, reperibile nel relativo sito tra il materiale didattico; M. PETA, Ristrutturazione dei debiti del consumatore ammissibilità dei debiti dell’imprenditore cessato: relazione di “esclusività”, Dirittodellacrisi.it, 2023; A. Mancini, La definizione dei debiti promiscui nel piano del consumatore, Ilcaso.it, 2022 ; F. Cesare, L’imprenditore cessato tra piano di ristrutturazione e concordato minore, DejureCrisid’impresa.it, 2023 ; L. Nannipieri, Consumatore e sovraindebitamento misto, Dirittodellacrisi.it, 2024; A. Napolitano, op.cit,; M. Spadaro, Ristrutturazione dei debiti del consumatore anche per obbligazioni derivanti da pregressa attività imprenditoriale cessata o dalla qualità di socio di società cessata, Il Fall., 2024, 883. 
[6] 
 Vedi A Mancini, Concordato minore e cancellazione dal registro imprese dell'impresa individuale, Ilcaso.it, 2023 e; A. Monteverde, Codice della crisi: tra novità e dubbi (ir)risolti (II parte) - ineluttabilità del piccolo fallimento per l'imprenditore cancellato?, Giur. it., 2023, 1722; G. Limitone, Vademecum sul garante nel sovraindebitamento (e la regola dell'accessorietà della garanzia) e l'imprenditore cessato o cancellato (con debiti misti), Ilcaso.it, 2023; L. Nannipieri, Il piccolo imprenditore individuale cancellato, l’ircocervo e l’art. 33 comma 4 CCII, Dirittodellacrisi.it, 2024; G.B. Nardecchia, Concordato minore liquidatorio: legittimazione del debitore e soddisfazione dei creditori, Il Fall. 2024, 541; M. Spadaro, Concordato minore dell'imprenditore individuale cancellato dal registro dell'imprese, Il Fall, 2024, 729. 
[7] 
Tra i primi commenti alla nuova disciplina del sovraindebitamento vedi L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, Dirittodellacrisi.it, 2024; A Mancini, Sovraindebitamento: una prima lettura del ‘correttivo-ter’ (d. lgs. 13 settembre 2024 n.136) - I parte: disposizioni generali, consumatore e concordato minore, Ilcaso.it, 2024; N. Nicola, L. Sicignano, Il terzo correttivo al codice della crisi (parte prima), Foro it., 2024, V, 278. 
[8] 
Il D. Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 settembre; secondo quanto previsto dall’art. 56 le norme introdotte entrano “in vigore il giorno successivo alla pubblicazione” e si applicano anche alle procedure in corso. 
[9] 
Questa la nuova formulazione completa dell’art. 2, comma primo, lettera e), CCII: “«consumatore»: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, e accede agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza per debiti contratti in tale qualità”. 
[10] 
L’art. 2, lettera m bis, nel testo riformulato dal correttivo recita: : “strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza: le misure, gli accordi e le procedure, diversi dalla liquidazione giudiziale e dalla liquidazione controllata, volti al risanamento dell'impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi”. 
[11] 
La relazione illustrativa può leggersi in Dirittodellacrisi.it, sezione News. 
[12] 
Vedi l’art. 74, comma 2, CCII come modificato dal correttivo ter
[13] 
Vedi l’art. 9 del disegno di legge governativo n. 3671 presentato alla Camera l’11 marzo 2016: “Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la disciplina della procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, il Governo procede al riordino e alla semplificazione della disciplina in materia attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) specificare le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base a un criterio di prevalenza delle obbligazioni assunte a diverso titolo ”. 
[14] 
Vedi considerando 17 della direttiva 2011/83/UE del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori; considerando 18 della direttiva 2013/11/UE del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori; considerando 22 della direttiva 2019/771/UE del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni. 
[15] 
Vedi Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, 8 giugno 2023, causa C 570/21. Le sentenze della Corte di Giustizia sono reperibili in Curia.europa.eu; sul medesimo sito possono leggersi le conclusioni dell’Avvocato Generale G. Pitruzzella, recepite dalla Corte. Per un commento analitico a tale pronunzia ed ulteriori riferimenti vedi E. Bacciardi, Lo statuto eurounitario degli atti di consumo con scopo promiscuo. Distingue frequenter, Riv. Dir. Civ, 2024, 148. Per una proposta interpretativa tendente a traslare le indicazioni della Corte di Giustizia relative alla singola obbligazione con scopo promiscuo sul terreno del sovraindebitamento misto vedi, se vuoi, L. Nannipieri, Consumatore e sovraindebitamento misto, op. cit. 
[16] 
Vedi Trib. Ancona 11 gennaio 2023, Trib. Treviso 7 febbraio 2023; Trib. Rimini 15 febbraio 2023, Trib. Ferrara 23 maggio 2023 con nota di A. Mancini, Sovraindebitamento: il debitore deve poter accedere ad una procedura negoziale, in alternativa alla liquidazione controllata, Ilcaso.it; Trib. La Spezia 30 agosto 2023 Il Fall. 2024, 146; Trib. Cagliari 21 settembre 2023 in Dirittodelrisparmio.it con nota di V.V. Loi. 
[17] 
Vedi Trib. Torino 24 luglio 2023, Trib. Milano 20 ottobre 2023 con nota di A. Mancini Consumatore e debitoria c.d. promiscua: una decisione del Tribunale di Milano si allinea a Cass. 2023/22699. Considerazioni critiche, entrambe in Ilcaso.it; Trib. Forlì, 5 febbraio 2024, Il Fall., 2024, 883; Trib. Bari 15 febbraio 2024 e App. Torino 12 marzo 2024, entrambe in Ilcaso.it. 
[18] 
Vedi anche A Mancini, Sovraindebitamento: una prima lettura del ‘correttivo-ter’, op. cit : “Se la procedura ex art. 67 CCII viene riservata dal “Correttivo-ter” alla definizione dei debiti di natura esclusivamente consumeristica, non vi è spazio, dunque, per ricondurre alla nozione di ‘consumatore’ l’imprenditore individuale cancellato, sul quale residua una pregressa debitoria d’impresa, anche risalente nel tempo, dovendosi, appunto, avere riguardo alla natura delle obbligazioni garantite, a prescindere dall’attuale condizione personale, per es., di lavoratore dipendente, casalinga o pensionato”. 
[19] 
In tal senso vedi anche N. Nicola, L. Sicignano, op. cit. che osservano: “La modifica potrebbe servire anche a confermare l'applicabilità dell' art. 33, comma 4, c.c. i.i. all'imprenditore individuale cessato, con la conseguente impossibilità di accedere al concordato minore”. 
[20] 
Vedi, nei rispettivi siti istituzionali, il parere della Commissione Giustizia del Senato in data 6 agosto 2024 e l’esattamente corrispondente parere della Commissione Giustizia della Camera in data 7 agosto 2024, che chiedevano al Governo di “valutare l’opportunità … all’articolo 33, comma 4, del CCII, di chiarire che, considerato che l’imprenditore individuale rimane responsabile delle obbligazioni anche dopo la cancellazione della impresa, la disposizione si riferisca all’imprenditore costituito in forma di società, permettendo pertanto che il soggetto, anche dopo la cancellazione dell’impresa individuale, possa ricorrere agli istituti”. Vedi inoltre, nell’ambito dell’attività conoscitiva svolta dalla Commissione Giustizia della Camera, la memoria depositata del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili: “A tale riguardo si propone di inserire nel menzionato art. 33 del Codice un nuovo comma 5 tramite cui specificare che quanto disposto nel comma 4 del medesimo art. 33 non trovi applicazione in caso di domanda presentata dall’imprenditore persona fisica. Siffatta modifica dell’art. 33 appare opportuna perché in tal modo verrebbe evitato che l’imprenditore persona fisica o il professionista che hanno cessato l’attività siano condannati alla liquidazione controllata, se dotati di un qualche patrimonio. Si osserva, al riguardo, che a seguito della cancellazione solo le società si estinguono e non anche l’imprenditore persona fisica che resta responsabile delle relative obbligazioni con tutto il suo patrimonio. La disposizione recata dal comma 4, pertanto, dovrebbe essere riferita unicamente alle imprese che operano in forma societaria”. 
[21] 
Vedi il nuovo comma 2 bis dell’art. 75 CCIII introdotto dal correttivo ter
[22] 
Vedi App. Firenze 30 gennaio 2024, Dirittodellacrisi.it: “la proposta di concordato minore liquidatorio del professionista che ha cessato l’attività è ammissibile, non ostandovi il disposto dall’art. 33, comma 4, CCII posto che trattasi di soggetto che non era iscritto al registro delle imprese”. 
[23] 
Vedi per questa figura G. B. Nardecchia, op. cit. : “il socio illimitatamente responsabile di una società cancellata (non più assoggettabile a liquidazione giudiziale) sia per i debiti personale che per debiti nascenti dall’esercizio dell’impresa cessata, non potendosi applicare al socio la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 33 CCII che preclude all’imprenditore cancellato la possibilità di accedere agli strumenti di regolazione della crisi, posto che tale disposizione ha carattere eccezionale e di conseguenza non è suscettibile di applicazione analogica al caso dell’ex socio illimitatamente responsabile della società cancellata, che non è, né è mai stato, “imprenditore”. 
[24] 
Per tale ipotesi vedi A. Monteverde, op. cit. 
[25] 
Vedi ad esempio Trib. Salerno 13 giugno 2023: “Il debitore, nella qualità di socio e fideiussore coinvolto nella gestione dell’impresa, non può attivare la procedura del consumatore, ma ha accesso alla procedura di concordato minore, seppur limitatamente a quello di tipo liquidatorio, non avendo, nell'attualità, alcuna attività imprenditoriale o professionale da continuare, ben potendo definire con detto strumento l’intera propria posizione debitoria, che deriva sia da debiti personali, sia da debiti di natura non consumeristica”; Trib. Mantova 27 febbraio 2023: “È ammissibile il concordato minore proposto ai sensi degli artt. 74 e segg. CCI da persona fisica la cui posizione debitoria deriva in gran parte da fideiussioni prestate in favore di una società di capitali di cui deteneva la maggioranza delle quote e, in misura marginale, da debiti personali”; Trib. Trento, 4 novembre 2022 : “Il debitore-fideiussore che non risulti aver esercitato in proprio alcuna attività imprenditoriale o professionale, è legittimato a richiedere l'accesso al concordato minore liquidatorio, non anche alla ristrutturazione dei debiti del consumatore”; tutte pronunzie reperibili in Ilcaso.it. 
[26] 
 Vedi A. Napolitano, op. cit.: “il divieto per l’imprenditore individuale sovraindebitato di accedere al concordato minore una volta che si sia cancellato dal registro delle imprese è fortemente sospetto di incostituzionalità, per violazione dell’art. 3, comma 1, Cost. in quanto non si è tenuto conto che egli, cessando la sua impresa e cancellandosi dal registro delle imprese, torna ad essere una “normale” persona fisica sovraindebitata, libera di comporre la sua crisi secondo uno degli strumenti forgiati per essa dall’ordinamento”; analogamente, G. RANA, op. cit.: : “sembra distonico indirizzare il debitore verso la liquidazione controllata quale unica alternativa all'espropriazione esecutiva, con la perdita della casa di abitazione, quando si tratti del caso (molto comune) di debitoria in gran parte dovuta ad un mutuo ipotecario in concorso con modesti debiti di natura tributaria, derivati da una lontana e da tempo archiviata attività commerciale”; A. Monteverde, op. cit.: “la conclusione che traspare, la quale induce ad affermare l'ineluttabilità della liquidazione controllata per l'imprenditore cancellato indebitato, risulta tuttavia insoddisfacente, iniqua e contraddittoria [..] paradossalmente, riserva un trattamento deteriore all'imprenditore iscritto nel registro delle imprese rispetto a quello irregolare, che non potrà logicamente mai essere cancellato d'ufficio. È contraddittoria perché, mentre tutta la normativa va nella direzione di un chiaro disfavore per le procedure liquidatorie, colui il quale sia gravato da debiti di un'impresa ormai esaurita non può avvalersi di alcuno strumento a carattere concordatario in senso lato che ne eviti la disgregazione del patrimonio, neppure quando l'intento perseguito sia quello di avvantaggiare nel complesso gli stessi creditori (come avverrebbe ad es. nei casi di apporto di finanza esterna)”; N. Nicola, L. Sicignano, op. cit. osservano che questo debitore viene a trovarsi “in un vero e proprio limbo”. 
[27] 
Il Consiglio di Stato nel parere n. 910 del primo agosto 2024 ha osservato: “essendo la richiesta di parere al Consiglio di Stato pervenuta il 12 luglio, il termine per l’espressione del parere da parte di tale organo (applicandosi, in mancanza di diversa disposizione legislativa, l’ordinario termine di 45 giorni ex art. 17, comma 27, della legge 15 maggio 1997, n. 127) scade il 26 agosto. Ciò comporta, considerato che di regola le Commissioni parlamentari si esprimono solo una volta acquisito il parere di questo organo consultivo e il termine per l’esercizio della delega scade il 13 settembre, una eccessiva compressione dei tempi per l’ordinata espressione dei pareri prescritti dalla legge sia da parte del Consiglio di Stato sia da parte delle Commissioni parlamentari”. 

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