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Saggio

Consumatore e sovraindebitamento misto*

Luigi Nannipieri, Consigliere Corte Appello Firenze

19 Aprile 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Lo scritto tratta della nozione di consumatore nel CCII e, in particolare, dell’ammissibilità di un piano di ristrutturazione di debiti in parte derivanti anche da attività imprenditoriale o professionale. La proposta interpretativa è quella di mutuare i criteri formulati dalla Corte di Giustizia UE con riferimento alla singola obbligazione contratta con finalità promiscua. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione. Il sovraindebitamento in “bianco e nero” ed i grigi
Nel sistema del CCII il sovraindebitato o è consumatore (ed allora è ammesso al piano di ristrutturazione) o non lo è (ed allora, in via residuale, dovrebbe poter accedere al concordato minore[1]): o bianco o nero, tertium non datur. Tuttavia, come insegnano le vecchie foto e le prime televisioni, per una rappresentazione decente della realtà occorre considerare almeno una vasta tonalità di grigi.
Dinanzi al giudice può infatti presentarsi un sovraindebitato con massa debitoria mista[2], “grigia”, variamente composta da debiti consumeristici “bianchi” e da debiti “commerciali” “neri”. Posto che la procedura da seguire, a mio avviso, può che essere una sola, perché unico è il patrimonio, sul quale tutti i creditori, bianchi e neri, debbono potersi soddisfare in condizioni di parità ex artt. 2740, 2741 c.c.[3], cosa fare? Che qualifica attribuire a questo soggetto?
Una prima, radicale, soluzione potrebbe essere quella di puntare tutto, in modo oggettivo e con lo sguardo rivolto al passato, alla purezza assoluta della massa: solo chi ha debiti consumeristici al 100%, bianco candido, è vero consumatore, tutti gli altri non lo sono, anche se il “sacco” delle passività che si portano dietro è solo debolmente grigio ed indipendentemente dalla attività che svolgono attualmente [4].
Opposta ma parimenti radicale soluzione potrebbe essere quella di puntare tutto in chiave soggettiva ed al presente: non importa se il sacco delle passività che porti è grigio, magari scuro; adesso, quando proponi il tuo piano, sei ormai uscito dal mercato imprenditoriale-professionale, ora hai comunque indossato i panni bianchi del consumatore; se vuoi ripartire con questi panni la procedura giusta per il tuo “fresh start” è comunque quella dell’art. 67 CCII[5]. 
Entrambe queste soluzioni (non semplici ma solo) semplicistiche conducono ad approdi insoddisfacenti ed iniqui: il grigio chiaro non è equiparabile al nero[6]; il sacco grigio scuro non può essere nascosto solo rivestendosi di bianco, magari strumentalmente[7]. 
In un sistema normativo in bianco e nero occorre trovare una chiave interpretativa assennata per classificare le sfumature di grigio che si presentano nel mondo reale.
2 . Stesse parole in contesti diversi
La definizione di consumatore dell’art. 2 CCII, salva la precisazione-aggiunta relativa ai soci, ricalca esattamente quella del codice del consumo, art. 3 D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (“persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale”); nella relazione al CCII si esplicita che si è trattato di una scelta consapevole e mirata, avendo il legislatore inteso “riprendere” “in assoluta coerenza” la nozione del codice del consumo [8].
Tuttavia le medesime, esatte parole, inserite in contesti sistematici diversi ed utilizzate per differenti finalità applicative possono assumere significati non sovrapponibili[9].
Parecchi e non trascurabili sono, in effetti, gli elementi di eterogeneità; tra i più significativi:
a) il consumatore del codice del consumo è una “nozione fondamentalmente relazionale, nel senso che è tale chi agisce in quanto parte di un rapporto istituito con un altro soggetto: il ‘professionista”[10]; nel sovraindebitamento il consumatore è invece tale anche a prescindere da relazioni con professionisti: i debiti ben possono derivare da obbligazioni assunte con altri consumatori (ad esempio canoni di locazione da corrispondere ad un privato) oppure avere origine non contrattuale (risarcimento danni, etc): il consumatore del CCII non è la necessaria controparte del professionista ma, più in generale, un soggetto che agisce al di fuori dell’ambito imprenditoriale, professionale[11];
b) il consumatore del codice del consumo quando agisce in giudizio lo fa con un oggetto ed uno scopo esattamente corrispondenti alla singola, pregressa obbligazione contratta e per la quale è sorta controversia; il consumatore sovraindebitato quando propone un piano di ristrutturazione relativo ad una massa di debiti agisce in giudizio per uno scopo sostanzialmente diverso rispetto a quello per il quale tali debiti sono stati a suo tempo assunti, guardando più al futuro che al passato, come positivamente testimoniato dalle stesse nozioni di crisi ed insolvenza, strutturate con proiezione prospettica in avanti[12] e considerata la preminente finalità esdebitatoria[13];
c) la definizione di consumatore del codice del consumo deriva dalla legislazione unionale quindi deve essere interpretata in modo euroconforme; per il consumatore sovraindebitato manca allo stato una legislazione unionale di riferimento: la direttiva insolvency 2019/1023, come chiarito espressamente dall’art. 2, comma secondo, lettera h), non si applica a “una persona fisica diversa da un imprenditore”, anche se nei “considerando” si sottolinea che il sovraindebitamento del consumatore rappresenta “un problema di grande rilevanza economica e sociale” e si invitano gli Stati e la Commissione a provvedere[14] . 
Pur dovendosi considerare queste ed altre innegabili differenze di contesto e finalità, la perfetta identità testuale delle definizioni e la dichiarata intenzione del legislatore di ancorare la nozione del CCII a quella del codice di consumo non possono non indurre a verificare quali sono le soluzioni che sono state adottate per l’“euroconsumatore” e valutare se possano essere utili ed attagliarsi in qualche modo anche al debitore sovraindebitato.
3 . La Corte di Giustizia e l’obbligazione con “scopo promiscuo”
Una “zona grigia” ed un problema di qualificazione possono presentarsi non solo per una massa di debiti, ma pure per uno solo.
La Corte di Giustizia ha avuto modo di occuparsi, in alcune pronunzie, della possibilità di riconoscere la qualifica di consumatore in caso di obbligazione contratta con “scopo promiscuo”. La sentenza più significativa e recente è relativa ad un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Varsavia sull’interpretazione dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori[15].
Il caso aveva ad oggetto un mutuo contratto congiuntamente da due soggetti, uno imprenditore e l’altro no; il 35% circa delle somme mutuate era destinato a estinguere debiti dell’attività di impresa di uno dei mutuatari, il restante 65% era destinato a fini di consumo (acquisto-ristrutturazione dell’immobile destinato ad abitazione del soggetto non imprenditore, etc); il giudice polacco chiedeva se in tale contesto la parte mutuataria poteva o meno qualificarsi consumatore.
La Corte nella motivazione ricorda che in varie direttive, sia pure solo a livello di “considerando”, è contenuta la seguente indicazione: “qualora il contratto sia concluso per fini che parzialmente rientrano nel quadro delle attività commerciali della persona e parzialmente ne restano al di fuori e lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto, la persona in questione dovrebbe altresì essere considerata un consumatore”[16]; condivide poi le conclusioni dell’Avvocato generale secondo le quali “la natura imperativa delle disposizioni contenute nella direttiva 93/13 e le particolari esigenze di tutela del consumatore ad esse connesse richiedono che sia privilegiata un’interpretazione estensiva della nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di tale direttiva, al fine di garantire l’effetto utile di quest’ultima”. 
La Corte si preoccupa di spiegare come la scelta di adottare il criterio interpretativo suggerito dai “considerando” (“limitatezza-non predominanza” dello scopo commerciale) non determini contrasto con precedenti sentenze nelle quali era stato indicato il più restrittivo canone della “marginalità- trascurabilità”[17], posto che allora la questione era diversa ed aveva ad oggetto il foro del consumatore, quale regola a carattere sostanzialmente eccezionale, nell’ambito di esigenze di certezza e prevedibilità del giudice competente[18].  
Infine sono fornite al giudice del rinvio alcune indicazioni concrete: occorre “tener conto di tutte le circostanze del caso”, sulla base di criteri non solo “quantitativi” ma anche “qualitativi”[19].
4 . La possibile, analoga, soluzione interpretativa per l’indebitamento misto
L’eventuale traslazione sul piano del sovraindebitamento delle soluzioni ermeneutiche proposte dalla Corte di Giustizia comporta, in primo luogo, la scelta tra i due criteri proposti per il mantenimento della qualifica di consumatore in caso di parziale “contaminazione”: “trascurabilità-marginalità” o “limitatezza-non predominanza”. 
Il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore rappresenta, come indicato nella relazione illustrativa, una “una procedura di particolare favore in quanto consente al debitore di sottrarsi al giudizio e all’approvazione dei creditori”; ha una finalità di speciale protezione di quel soggetto, analogamente alle previsioni in tema di clausole abusive, ma non mi pare che possa essere connotata in termini di “eccezionalità” o correlata ad esigenze di certezza del diritto, come avviene per le regole in tema di foro del consumatore. 
Tra i due parametri in precedenza richiamati appare quindi più corretto recepire, in linea di massima, quello leggermente più ampio ed inclusivo. 
In sintesi, traendo le fila del discorso, potrebbe sostenersi che il piano di ristrutturazione  possa avere ad oggetto, in parte, pure debiti derivanti da una attività imprenditoriale o professionale o comunque non consumeristici, purché in forma “limitata e non predominante” (il grigio deve essere chiaro, non scuro), avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, che dovranno essere vagliate complessivamente dal giudice, in base a criteri non solo quantitativo-percentuali, ma anche qualitativi; tra quest’ultimi potrebbero indicarsi: l’attuale condizione soggettiva del debitore (conta principalmente la composizione ed il colore del “sacco” delle passività, ma, “nel contesto generale”, un rilievo deve essere attribuito pure al colore attuale della veste di chi porta con sé il sacco e se ne vuole liberare); la collocazione temporale delle obbligazioni (con il passare del tempo il nero sbiadisce un po’; se la veste bianca del consumatore è indossata da tanto tempo è difficile che si tratti di un mascheramento), la loro “qualità”, ovvero fonte e natura (ad esempio: è vero che avevo una “partecipazione di rilievo” nella società per la quale avevo prestato fideiussione e quindi quel consistente debito non può considerarsi “consumeristico”, ma ero comunque un mero socio di capitali); la composizione del patrimonio, quando e con quali risorse sono stati acquisiti i beni (prima di tutto l’abitazione), etc.  
Il carattere se non eccezionale almeno “di particolare favore” del piano di ristrutturazione e l’indicazione normativa dell’art. 66 CCII in merito al concordato minore per le procedure familiari “miste”[20] potrebbero poi fondare la regola (sull’onere della prova e quindi) di giudizio finale per i casi dubbi: se c’è irrisolvibile incertezza la domanda di ristrutturazione fondata sulla dedotta qualifica di consumatore non può trovare accoglimento. 
In ogni caso è opportuno sottolineare che, come già esposto, il giudice, per giungere a conclusioni aderenti alla effettiva natura del sovraindebitamento, non può limitarsi a soppesare unicamente il dato oggettivo, ovvero la quantità e percentuale di debiti dell’uno e dell’altro tipo, ma, utilizzando le espressioni della Corte di Giustizia, è tenuto  ad apprezzare il complessivo “contesto”, nel quale risultano “pertinenti” anche i concorrenti criteri soggettivi, qualitativi, temporali, che possono rivelarsi determinanti nel far pendere la bilancia da un certo lato.
5 . Conclusioni. L’intramontabile “prudente apprezzamento”
La definizione di consumatore del CCII, pur coincidendo testualmente con quella del codice del consumo, si inserisce in un diverso contesto ed è sganciata da qualsiasi vincolo interpretativo unionale; nonostante ciò le indicazioni della Corte di Giustizia circa il mantenimento della qualifica di consumatore in ipotesi di parziale “contaminazione commerciale” possono essere utili anche per il sovraindebitamento misto.
Classificare una tonalità di grigio, assimilandola al bianco oppure al nero, comporta sempre un certo margine di opinabilità e, pur con l’adozione di criteri di massima (si spera in progressivo affinamento e condivisione), il rischio è che una stessa situazione sia apprezzata diversamente a seconda della visione dell’osservatore, ma credo che il vecchio, classico “prudente apprezzamento del giudice” sia allo stato indispensabile per riuscire ad incasellare con equilibrio nell’attuale rigido sistema normativo del CCII fattispecie concrete che nella realtà si presentano spesso sfumate e frastagliate. 
Tutto questo, ovviamente, salvo prossimi “correttivi” del legislatore.

Note:

[1] 
Per l’imprenditore individuale cancellato dal registro delle imprese, una volta esclusa la qualifica di consumatore, l’art. 33, comma 4, del CCII sembra precludere, irragionevolmente, anche l’accesso al concordato minore, “condannandolo” alla liquidazione controllata. Sul punto mi sia consentito di rimandare, anche per ulteriori riferimenti, a L. Nannipieri, Il piccolo imprenditore individuale cancellato, l’ircocervo e l’art. 33 comma 4 CCII, Dirittodellacrisi.it, 2024. Il presente scritto riprende, in larga misura, la relazione tenuta al corso P 24026 della Scuola Superiore della Magistratura, La ristrutturazione dei debiti del consumatore
[2] 
Sul tema vedi, tra gli altri G. Rana, Ristrutturazione dei debiti del consumatore e debiti promiscui nel codice della crisi, Il Fall., 2023, 985; A. Farolfi, Orientamenti giurisprudenziali in tema di sovraindebitamento, Dirittogiustiziaecostituzione.it, 2024; G. Colangelo, Debiti promiscui del consumatore: può accedere al piano di ristrutturazione?, in Altalex.it, 2024;  C. Ravina, L’indebitamento “promiscuo” dà accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore?, in DejureCrisid’impresa.it, 2023; M. PETA, Ristrutturazione dei debiti del consumatore ammissibilità dei debiti dell’imprenditore cessato: relazione di “esclusività”, Dirittodellacrisi.it, 2023; A. Mancini, La definizione dei debiti promiscui nel piano del consumatore, Ilcaso.it, 2022. 
[3] 
In tal senso vedi anche G. Rana, op. cit
[4] 
Per tale impostazione vedi ad esempio Trib. Bologna, 30 dicembre 2022, Il Fall., 2023, 985: “alla procedura di cui artt. 67 ss. CCII può accedere solo la persona fisica che abbia maturato ed intenda ristrutturare obbligazioni integralmente consumeristiche”; vedi anche Trib. Ivrea, 20 aprile 2023, reperibile per esteso in Dejure.it: “non è mai predicabile la valutazione al presente dei debiti, poiché essi, necessariamente e fisiologicamente, afferiscono al passato […] richiedendo che il debitore, per essere abilitato a percorrere uno degli istituti riservati al consumatore, quale il piano di ristrutturazione ex art. 67 ccii, debba documentare debiti, tutti, di natura consumeristica, essendogli, al contrario, preclusa tale via - tenuto conto della specialità dell'istituto, che prevede un percorso, anche procedurale, notevolmente agevolato allorché i debiti abbiano natura diversa”.
[5] 
Per una impostazione, almeno tendenzialmente, in chiave soggettiva e proiettata in avanti vedi F. Cesare, L’imprenditore cessato tra piano di ristrutturazione e concordato minore, in DejureCrisid’impresa.it, 2023: “è condizione di accesso per il consumatore non la qualità del debito già contratto nel passato, ma l'incapacità di adempiere alle obbligazioni future. Il codice definisce in altre parole il debito e la sua ristrutturazione solo in chiave prospettica e non in chiave retrospettiva. Ne consegue che non può essere considerata rispettosa dell'attuale tessuto normativo una definizione che faccia leva soltanto sul passivo in quanto già cristallizzato nel passato, perché il codice chiede di cambiare sguardo. L'attenzione va rivolta allo squilibrio delle obbligazioni che dovranno essere regolate nei successivi dodici mesi (e non nei passati anni). In quest'ottica, la formazione del passivo non ha più peso.”. In giurisprudenza per tale prospettiva vedi Trib. Reggio Emilia 13 febbraio 2023, Ilcaso.it: “Deve riconoscersi la qualifica di consumatore a chi svolga domanda che comprende anche debiti contratti nell’esercizio di attività di impresa in passato svolta, ma da tempo cessata, reputandosi in tal caso che agisca per scopi estranei a quelli imprenditoriali. Secondo la nuova nozione fornita dall’art. 2, lett e), CCII, può considerarsi consumatore la persona fisica che non agisca più quale imprenditore, pur avendo svolto tale attività nel passato, essendo la qualifica di consumatore attribuita al debitore che si trovi in condizioni di estraneità al mercato quale imprenditore”. In effetti dal punto di vista meramente lessicale si è passati dalla definizione dell’art. 6 della legge n. 3/2012, nel testo risultante a seguito del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, impostata in modo oggettivo ed al passato, con l’utilizzo  dell’avverbio “esclusivamente” (“assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”), all’attuale definizione dell’art. 2 CCII che è invece formulata in chiave soggettiva, declinata al presente e senza richiesta di esclusività (“persona fisica che agisce per scopi estranei ..”). Nell’assetto della legge n. 3/2012 il consumatore con debiti promiscui poteva comunque accedere all’accordo di composizione: vedi L. D’Orazio, Il sovraindebitamento nel codice della crisi e dell'insolvenza, Il Fall. 2019, 697: “il consumatore ha, allora, dinanzi l'autostrada del piano, che gli consente di bypassare i creditori, che non possono votare […] Se le sue condotte passate non sono state "cristalline", ecco che il consumatore può, comunque, accedere all'accordo di composizione ai sensi degli artt. 10 ss., stavolta però affrontando, prima, le forche caudine della votazione dei creditori”.
[6] 
Sulle possibili conseguenze inique di una impostazione che richieda il “bianco candido” delle passività vedi G. Rana, op. cit.: “sembra distonico indirizzare il debitore verso la liquidazione controllata quale unica alternativa all'espropriazione esecutiva, con la perdita della casa di abitazione, quando si tratti del caso (molto comune) di debitoria in gran parte dovuta ad un mutuo ipotecario in concorso con modesti debiti di natura tributaria, derivati da una lontana e da tempo archiviata attività commerciale”.
[7] 
Ipotizza possibili abusi di “cambio di casacca” App. Bologna, 20 giugno 2023, Ilcaso.it: “ben potendo il commerciante o il professionista ricorrere strumentalmente alla cessazione dell'impresa o della professione per usufruire delle agevolazioni del piano del consumatore ed evitare il voto dei creditori, salvo poi riprendere l'attività all'esito dell'omologazione”. 
[8] 
Vedi la relazione, reperibile anche in Dirittodellacrisi.it, sia trattando dell’art. 2 che dell’art. 67. S. Leuzzi, Attualità e prospettive del piano del consumatore sovraindebitato, Dirittodellacrisi.it, 2021 osserva: “si è trapiantata nel terreno concorsuale la nozione propria del codice del consumo, sicché la qualità di consumatore non rappresenta un attributo soggettivo aprioristico, ma è "conferita" di volta in volta dallo scopo consumeristico del debito contratto […] non rileva il tipo di attività svolta dal debitore, ma la natura dei debiti contratti [...] L’aggancio della nozione al profilo finalistico del rapporto obbligatorio fa residuare una sorte nebulosa per i debiti "misti”. Per analoga impostazione in chiave oggettiva, ma con apertura al criterio della “prevalenza” in caso di debito promiscuo vedi S. Ronco, Requisito oggettivo e soggettivo nel Codice della Crisi: qualche osservazione critica su definizioni e assenze, in Dirittodellacrisi.it, 2023. 
[9] 
Vedi ancora G. Rana, op. cit.: “non è infrequente il fatto che una stessa espressione testuale possa assumere significati diversi a seconda della normativa di riferimento: ciò dipende dai possibili diversi effetti collegati ad ogni norma che pur esprima identico enunciato ed in definitiva dai possibili diversi statuti normativi che ne derivano. 
[10] 
Così S. Scapellato, Consumatore - condominio - Per la Corte di Giustizia UE la tutela del consumatore può estendersi al condominio, Giur It., 2021, 1587. Vedi già G. Chiné, voce Consumatore (contratti del) [agg. IV, 2000] in Enc. Dir.: “la nozione di consumatore che ne scaturisce è fortemente connotata sul piano dei rapporti intersoggettivi ed è specificazione di quella, già in passato efficacemente proposta, di consumatore quale controparte non professionale dell'impresa. Tale nozione, infatti, acquisisce un significato compiuto solo nell'ambito del singolo rapporto, normalmente di natura contrattuale, instauratosi tra consumatore ed imprenditore ed avente ad oggetto l'acquisizione di un bene o la fruizione di un servizio di consumo”. 
[11] 
In merito al progressivo emergere di uno “status” di consumatore vedi G. Alpa – G. Chiné, voce Consumatore (protezione del) nel diritto civile, in Dig. Disc. Priv. Sez. civ. 1997: “Se da una parte non può essere negato che il consumatore sia destinatario di una normativa speciale solo in quanto interessato ad un atto o ad un rapporto […], dall'altra non può ignorarsi che allorquando una molteplicità di norme ad esso facciano riferimento in una pluralità di atti e rapporti tra essi eterogenei, il cui numero è destinato necessariamente a crescere con il passare del tempo, si finisce con il creare una condizione soggettiva particolare avente valenza generale”.
[12] 
Vedi ancora F. Cesare, op. cit. 
[13] 
Vedi F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, p. 40: “anche le procedure del sovraindebitamento hanno carattere concorsuale, ma la finalità perseguita non è esclusivamente (e nemmeno primariamente) di tutelare i creditori; attraverso il soddisfacimento dei creditori, o anche attraverso il semplice tentativo di soddisfazione queste procedure si indirizzano all’obiettivo finale: l’esdebitazione”. 
[14] 
Vedi considerando n. 21: “Il sovraindebitamento del consumatore è un problema di grande rilevanza economica e sociale ed è strettamente correlato alla riduzione dell'eccesso di debito. Inoltre, spesso non è possibile distinguere chiaramente tra debiti maturati in capo all'imprenditore nell'esercizio della sua attività o quelli maturati al di fuori di tali attività [...]. Pertanto, sebbene la presente direttiva non contenga norme vincolanti in materia di sovraindebitamento del consumatore, sarebbe opportuno che gli Stati membri applicassero al più presto le disposizioni della presente direttiva sull'esdebitazione anche al consumatore”; considerando n. 98: “La Commissione dovrebbe effettuare uno studio al fine di valutare la necessità di presentare proposte legislative per trattare l'insolvenza di persone che non esercitano un'attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale che in quanto consumatori sono, in buona fede, incapaci, temporaneamente o definitivamente, di pagare i debiti in scadenza. Detto studio dovrebbe esaminare se per tali persone sia necessario salvaguardare l'accesso ai beni e ai servizi di base al fine di garantire loro condizioni di vita dignitose”. 
[15] 
Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, 8 giugno 2023, causa C 570/21; le sentenze della Corte di Giustizia sono reperibili in Curia.europa.eu; sul medesimo sito possono leggersi le conclusioni dell’Avvocato Generale G. Pitruzzella, recepite dalla Corte. Per un commento analitico a tale pronunzia ed ulteriori riferimenti vedi E. Bacciardi, Lo statuto eurounitario degli atti di consumo con scopo promiscuo. Distingue frequenter, Riv. Dir. Civ, 2024, 148. 
[16] 
Vedi considerando 17 della direttiva 2011/83/UE del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori; identico considerando 18 della direttiva 2013/11/UE del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori; considerando 22 della direttiva 2019/771/UE del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, che aggiunge: “gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di determinare se la persona in questione dovrebbe altresì essere considerata un consumatore, e a quali condizioni”. Nelle conclusioni rassegnate dall’Avvocato Generale era evidenziato che dai lavori preparatori della direttiva 2011/83 emerge che «il Parlamento europeo aveva introdotto un emendamento che proponeva espressamente di modificare la definizione di consumatore estendendola a «qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisca per fini che essenzialmente non rientrano nel quadro della sua attività professionale». Durante i negoziati successivi il Parlamento europeo ha accettato di mantenere la definizione di consumatore, eliminando l’avverbio ‘essenzialmente’, a condizione che nel considerando diretto a chiarire tale definizione, originariamente basato sulla sentenza Gruber, il termine ‘marginale’ fosse sostituito con ‘predominante’» (vedi punto 77 e nota 48 delle conclusioni). E. Bacciardi, op. cit. richiama il codice civile tedesco nel quale la definizione di consumatore si fonda su di un criterio di prevalenza, con l’utilizzo dell’avverbio überwiegend (art. 13 BGB). S. Pagliantini, Consumatore e procedimento monitorio nel prisma del diritto europeo - il consumatore di rito italiano e l'acquisto promiscuo: cronaca di un rebus, Giur. it., 2022, 485, ricorda poi la legge portoghese relativa alla vendita dei beni (Decreto-Lei n. 84/2021) che, in attuazione del considerando 22 della direttiva 2019/771 in precedenza richiamato, ha previsto che il soggetto mantenga la qualifica di consumatore pur in presenza di una finalità commerciale “non prevalente nel contesto generale” (art. 49: “desde que a finalidade comercial não seja predominante no contexto global do contrato"). E’ utile ricordare che pure il “nostro” D.L. 22 dicembre 2011 n. 212, “sorpassato” in sede di conversione dalla legge 27 gennaio 2012 n. 3, nel testo originario delineava il sovraindebitamento del consumatore come quello “dovuto prevalentemente all'inadempimento di obbligazioni contratte dal consumatore, come definito dal codice del consumo”. Anche l’originario disegno di legge delega per il CCII all’art 9, tra i criteri per il sovraindebitamento prevedeva: “specificare le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base a un criterio di prevalenza delle obbligazioni assunte a diverso titolo” (vedi disegno di legge governativo, atto n. 3671 Camera dei Deputati). 
[17] 
Sentenza (Seconda Sezione) 20 gennaio 2005 Causa C-464/01 – Gruber (“un soggetto che ha stipulato un contratto relativo ad un bene destinato ad un uso in parte professionale ed in parte estraneo alla sua attività professionale non ha il diritto di avvalersi del beneficio delle regole di competenza specifiche [..] a meno che l’uso professionale sia talmente marginale da avere un ruolo trascurabile nel contesto globale dell’operazione di cui trattasi, essendo irrilevante a tale riguardo il fatto che predomini l’aspetto extraprofessionale; spetta al giudice adito decidere se il contratto in questione sia stato concluso per soddisfare, in misura non trascurabile, esigenze attinenti all’attività professionale del soggetto di cui trattasi ovvero se, al contrario, l’uso professionale abbia rivestito solo un ruolo insignificante”), Sentenza (Terza Sezione) 25 gennaio 2018, Schrems Causa C-498/16 Entrambe le sentenze sono relative ai regolamenti concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (n. 44/2001 ed il successivo, sostitutivo, n. 1215/2012). La nostra Corte di Cassazione prima della sentenza della Corte UE di giugno 2023 aveva recepito il criterio della “marginalità”, richiamando la sentenza Gruber: vedi Cass. 17 febbraio 2023, n. 5097 in Contratti, 2023, 408, con nota di C. Marseglia, Statuto giuridico del professionista consumatore nei rapporti giuridici a scopo misto; per un commento alla nostra giurisprudenza di legittimità vedi inoltre, diffusamente, S. Pagliantini, op. cit.
[18] 
Vedi punti da 47 a 51 della motivazione. E. Bacciardi, op. cit., osserva giustamente che il parziale disallineamento dei criteri indicati dalla Corte per i “singoli (sotto)regimi di protezione” può comportare che uno stesso soggetto, in relazione al medesimo contratto, potrebbe essere considerato non consumatore ai fini della competenza ed invece consumatore ai fini della tutela da clausole abusive: “L'evoluzione interpretativa che ha coinvolto i mixed contracts induce, in altri termini, a chiedersi se la definizione di consumatore esprima una qualità soggettiva "intermittente" - subordinata a requisiti che mutano, financo in relazione alla medesima operazione economica, alla luce della tipologia di interesse protetto”. 
[19] 
Questo il dispositivo finale: “rientra nella nozione di «consumatore» .. la persona che abbia concluso un contratto di mutuo destinato a un uso in parte connesso alla sua attività professionale e in parte estraneo a tale attività, unitamente a un altro mutuatario che non abbia agito nel quadro della sua attività professionale, qualora lo scopo professionale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale di tale contratto …al fine di stabilire se una persona rientri nella nozione di «consumatore» .. il giudice del rinvio è tenuto a prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti relative al contratto, sia quantitative che qualitative, quali, in particolare, la ripartizione del capitale mutuato tra un’attività professionale e un’attività extraprofessionale nonché, in caso di più mutuatari, il fatto che solo uno di loro persegua uno scopo professionale o che il mutuante abbia subordinato la concessione di un credito al consumo alla parziale destinazione dell’importo mutuato al rimborso di debiti connessi a un’attività professionale”. 
[20] 
La disposizione dell’art. 66 CCII relativa alle procedure familiari fornisce un’indicazione ma non deve essere sopravvalutata: la scelta di presentare un unico progetto di risoluzione sottoposto alle regole del concordato minore è su base volontaria (“I membri della stessa famiglia possono ..”) ed in difetto la coordinazione procedimentale delle autonome, in ipotesi non omogenee, domande deve essere assicurata dal giudice (comma 4). 

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