Nella L. n. 3/2012 la divaricazione di regole tra l'accordo di composizione e il piano del consumatore afferisce precipuamente l'omologazione, che per quanto attiene al piano è disciplinata nell’art. 12-bis.
Il legislatore non ha previsto, come per l’accordo, l'adesione della maggioranza dei creditori. Costoro, al cospetto di un dissesto di piccolo cabotaggio, difficilmente rivelerebbero un interesse traducibile in una partecipazione attiva, tanto che qualora quell’interesse in concreto affiorasse rischierebbe di collegarsi a motivi (o risentimenti) originati da un “microcosmo” di rapporti di natura personale, più che alla necessità di apprezzare la convenienza in sé della proposta.
I creditori, in buona sostanza, non devono accogliere o rifiutare la proposta, che è autoreferenziale e si rivolge unilateralmente all'autorità giudiziale. Della proposta i creditori sono informati con congruo anticipo rispetto allo scrutinio del tribunale affinché possano opporre eventuali contestazioni al piano, non vincolanti per il magistrato ai fini della decisione. Qualora, infatti, uno dei creditori censuri la convenienza del piano, il giudice procede al c.d. cram down e può omologarlo se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall’esecuzione di esso in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria (comma 4, art. 12-bis) [72].
Le contestazioni è ragionevole possano essere svolte nel contesto di quella che s’atteggia a vera e propria udienza di discussione tra le parti dei rapporti obbligatori ricadenti nel cerchio del concorso, oppure possano essere veicolate per iscritto attraverso note depositate in un termine assegnato.
La sequenza procedimentale scarnita e priva di un momento di raccolta delle adesioni creditorie rende il piano uno strumento di sussidio forte per i consumatori in crisi [73]. La valvola di compensazione è in un ruolo di sintesi assegnato al magistrato. Il meccanismo del voto è, perciò, sostituito da un penetrante giudizio, che in base al comma 3 dell’art. 12-bis veniva a dipanarsi fino al Natale scorso su versanti eterogenei: fattibilità, convenienza, idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e di quelli fiscali, accertamento della mancata assunzione di obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, assenza di una colposa determinazione del sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali [74].
Con l’obiettivo di fluidificare il procedimento di omologazione del piano del consumatore il comma 3 è stato riproposto ex L. n. 176/2020 in una lettera dimagrita a tenore della quale “Verificate l’ammissibilità e la fattibilità del piano nonché l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e risolta ogni altra contestazione anche in ordine all’effettivo ammontare dei crediti, il giudice omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità”.
Sono stati eliminati i riferimenti alla ragionevole prospettiva di adempiere e alla colpevole determinazione del sovraindebitamento. In buona sostanza, il vaglio giudiziale viene ad imperniarsi in misura pressoché assorbente su ammissibilità e fattibilità, compendiandosi nella prognosi sulla legittimità dei mezzi adoperati e sull’effettiva realizzabilità economico-giuridica della ristrutturazione ipotizzata [75].
Nel perimetro del vaglio giudiziale funzionale all’omologa, la meritevolezza del consumatore – aspetto soggettivo venuto a galla e setacciato già in fase di ammissione attraverso la disamina della relazione particolareggiata (v. § 6) – pur senza svanire, sembra sbiadire d’importanza, a vantaggio di un ruolo centrale assegnato all’aspetto oggettivo della tenuta e operatività della soluzione pianificata [76].
In punto di responsabilità soggettiva nella determinazione del dissesto, un importante novità è stata incasellata dalla L. n. 176/2020 nel nuovo comma 3-bis, in forza del quale “Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i princìpi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”.
La richiamata norma del TUB onera il finanziatore di somministrare al finanziatore informazioni adeguate e aggiornate sia in caso di concessione del credito che di aumento dei limiti di esso.
La previsione di nuovo innesto introduce la singolare figura del “creditore processualmente sanzionato”. Al soggetto attivo del rapporto obbligatorio che abbia colpevolmente determinato o peggiorato la situazione di sovraindebitamento dell’altra parte, se del caso anche omettendo quale finanziatore di verificare adeguatamente il merito creditizio del finanziato, sono indirizzate alcune sanzioni processuali: egli, infatti, non può presentare contestazioni al piano – a queste ultime è da intendersi riferito l’inappropriato lemma “opposizione” – né reclamo avverso l’omologazione, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore [77], cause che per loro indole sono peraltro suscettibili di rilievo d’ufficio.
La specifica considerazione che la novella normativa ha inteso riconoscere alla valutazione del merito creditizio è funzionale soltanto all’accertamento della legittimazione del creditore alla presentazione di opposizioni o reclami rispetto alla proposta del debitore, non spiegando l’effetto di creare una indiscriminata zona franca di incolpevolezza di quest’ultimo nel caso il finanziamento gli sia stato incautamente concesso [78].
La norma innestata nella disciplina vigente precorre la previsione del secondo comma dell’art. 69 CCII, che, del pari, commina sanzioni processuali al creditore che ha colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento anche omettendo, quale finanziatore, di verificare adeguatamente il merito creditizio del finanziato; tale creditore, infatti, non può presentare osservazioni al piano né reclamo avverso l’omologazione né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.
In virtù del rinvio operato dal comma 5 dell’art.12-bis all’art. 10 comma 2, L. n. 3/2012 al procedimento di omologa si applicano, anche ai fini del reclamo, le norme sui procedimenti in camera di consiglio che valgono nei limiti della compatibilità con la natura speciale e atipica del piano del consumatore [79]. La competenza sul mezzo impugnatorio è attribuita al tribunale in composizione collegiale, con l’esclusione del giudice che ha emesso il provvedimento negativo.
In giurisprudenza si è ritenuto che in mancanza di specifiche disposizioni nella L. n. 3/2012 debba applicarsi per analogia il principio espresso nell' art. 180, comma 3, L. fall. con riferimento all'omologazione del concordato preventivo, traendone la conseguenza che il reclamo, rimedio di natura impugnatoria, presuppone necessariamente che il reclamante abbia visto in qualche modo disattese le sue richieste nella fase precedente oppure lamenti di non aver potuto partecipare per un vizio procedurale [80].
L’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 12-bis prevede che l'ordinanza di diniego del piano del consumatore il giudice contiene la declaratoria di inefficacia del provvedimento di sospensione delle azioni esecutive individuali, ove adottato.
Le coordinate assunte dalla L. n. 3/2012 a seguito dell’intervento del legislatore dell’emergenza sembrano eguali a quelle entro le quali in tema di omologa si collocherà il CCII. L’art. 70, che nel suo contesto ne disciplina la relativa fase, al comma 1 è letteralmente identico all’art. 12-bis, comma 3, novellato e prescrive che superato il vaglio dell’ammissibilità il piano e la proposta sono pubblicati in apposita area del sito web del Ministero della giustizia, in forza di decreto del giudice comunicato entro trenta giorni a tutti i creditori, i quali potranno presentare, ai sensi del comma 3 dell’art. 70 medesimo, osservazioni nei venti giorni successivi indirizzandole via pec all’OCC.
Ai sensi del comma 4 della norma, con lo stesso decreto, su istanza del debitore, il giudice può accordare le misure protettive dirette a porre il patrimonio del debitore al riparo dalle iniziative individuali dei creditori tali da pregiudicare l’attuazione del piano.
L’ammissione non dispiega, dunque, effetti protettivi del patrimonio del consumatore, salva la facoltà discrezionale del giudice – in linea con la previsione dell'art. 12-bis, comma 2, l. n. 3 del 2012 – di disporre la sospensione di specifici procedimenti esecutivi la cui prosecuzione possa minare l’ipotesi ristrutturatoria. L’inibitoria si palesa quale esercizio di una facoltà discrezionale del magistrato. In caso di atti di frode, le misure adottate possono essere, ai sensi del comma 5, revocate, anche d’ufficio, previa instaurazione del contraddittorio.
Ai sensi del comma 6, l’OCC può proporre modifiche al piano, alla luce delle osservazioni ricevute dai creditori, riferendone al giudice.
In base al comma 7, il giudice, se ritiene ammissibile e fattibile (economicamente) il piano, lo omologa con sentenza impugnabile ex art. 51 (impugnazioni in generale).
In forza del comma 9, se un creditore o un qualunque interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice procede all’omologazione se comunque ritiene che essa consenta un soddisfacimento per il creditore in misura non inferiore a quello che questi potrebbe conseguire con la liquidazione controllata.
Ai sensi del comma 10, se invece l’omologazione è negata, il giudice pronuncia decreto di rigetto – impugnabile – e revoca le misure protettive concesse. Il decreto è reclamabile ai sensi dell’art. 50 (norma che contempla il mezzo in questione con riferimento alla liquidazione giudiziale).
A mente del comma 11, se vi è istanza del debitore o, in casi di inadempimento o frode, di un creditore o del pubblico ministero, il tribunale provvede con sentenza all’apertura della liquidazione controllata.