Loading…

Saggio

Attualità e prospettive del piano del consumatore sovraindebitato*

Salvo Leuzzi, Magistrato addetto al Massimario della Suprema Corte di Cassazione

8 Luglio 2021

*Il saggio riprende, con alcune ulteriori considerazioni, la relazione tenuta dall’A. al recente corso della Scuola Superiore della Magistratura P21041, intitolato “La crisi da sovraindebitamento: la disciplina attuale, l’impatto economico conseguente all’emergenza sanitaria e la riforma contenuta nel ccii” (Responsabili del corso: Dott. Lorenza Calcagno, Prof. Fabrizio Di Marzio; Esperto Formatore: Dott. Federico Rolfi). Verrà riproposto, con ulteriori integrazioni, in un Quaderno omonimo, edito dalla Scuola e in fase di elaborazione.
Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il saggio affronta trasversalmente, secondo un approccio critico e sistematico, la tematica del sovraindebitamento consumeristico nel crinale tra L. n. 3 del 2012 e Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. L’indagine investe il piano consumatore e la ristrutturazione dei suoi debiti nella totalità dei suoi aspetti. Vengono colti gli snodi cruciali della disciplina vigente e di quella futuribile, con la prospettazione di possibili soluzioni alle persistenti criticità.
Riproduzione riservata
1 . La ristrutturazione delle obbligazioni consumeristiche tra le due leggi: profili concettuali e sistematici
Il sovraindebitamento è stato introdotto dalla L. n. 3 con l’esplicito fine, ex art. 6, comma 1, “di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali” [2]. La cronicizzazione delle situazioni passive ha suggerito la ricerca di mezzi processuali nuovi, che in una logica conciliativa o meramente liquidatoria valessero a ricondurre dentro il sistema economico-sociale anche i debitori più deboli, impedendone la definitiva marginalizzazione. 
Il capo II della L. n. 3/2012 consta di due sezioni, che tripartiscono gli strumenti: l'accordo di ristrutturazione dei debiti e il piano del consumatore, disciplinati pressoché in parallelo nella Sez. I, dagli artt. da 9 a 14-bis, e la procedura della liquidazione del patrimonio, isolata nella sez. II, agli artt. da 14-ter a 14-terdecies
Nel passaggio fra L. n. 32/2012 e Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d’ora in avanti CCII), le procedure rimarranno tre, salvo assumere nomi nuovi: l’"accordo di composizione della crisi" di cui agli artt. da 10 a 12 della l. n. 3 del 2012 diventerà evocativamente "concordato minore" e troverà le proprie norme negli artt. da 79 ad 88; il "piano del consumatore" di cui agli artt. da 12-bis a 14-bis si chiamerà, in omaggio al proprio scopo, "ristrutturazione dei debiti del consumatore" e sarà normato negli artt. da 72 a 78; la "liquidazione", oggi contemplata negli artt. da 14-ter a 14-terdecies della legge odierna, assumerà, nel contesto degli artt. da 273 a 281 del CCII, il titolo di "liquidazione controllata". Al di là dei lemmi nuovi, le prime due procedure continueranno a servire alla composizione dei debiti, l’ultima seguiterà a connotarsi come liquidatoria; tutte e tre resteranno affidate tendenzialmente a regole già sperimentate[3], essendosi l’attività del riformatore orientata a colmare le manchevolezze della disciplina vigente e a razionalizzare il sistema, senza immaginane un’impostazione difforme.
All’attualità, se l’accordo è declinato come procedura a carattere generale rivolta ad qualsiasi sovraindebitato non soggetto ad altre procedure concorsuali e indirizzata a realizzare una soluzione concordata della crisi ad efficacia vincolante generalizzata; il piano è procedura messa a disposizione in aggiunta e in esclusiva della categoria dei consumatori le cui passività sono rappresentate da obbligazioni assunte soltanto per scopi esterni all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata. Al pari dell’accordo, il piano consente al sovraindebitato di sacrificare beni e risorse di cui residualmente dispone, prospettando un adempimento dilazionato e percentualistico dei debiti, al fine di liberarsene per la porzione insoluta: è il c.d. fresh start.
Nella L. n. 3 del 2012 fra piano e accordo corre un rapporto di alternatività, oltre che di affinità di regole. Il comma 1-bis dell'art. 7 dispone che fermo il diritto di proporre un accordo ai creditori, il consumatore sovraindebitato può rivolgersi direttamente al giudice, presentando, con l'“ausilio” dell’OCC, un piano a contenuto libero, purché rispettoso delle previsioni di cui al primo comma della norma, le stesse che delineano gli elementi essenziali di un ipotetico accordo di composizione. 
L’alternatività viene meno nel CCII, nel cui quadro la ristrutturazione dei debiti diviene l’unica via concorsuale non liquidatoria transitabile dal consumatore, cui è precluso l’accesso al concordato minore. La ristrutturazione, il cui procedimento è tratteggiato dall’art. 67, norma che apre la Sezione II del Capo II, dedicato alle “Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, del Titolo IV, che ospita gli “Strumenti di regolazione della crisi”, riafferma, peraltro, gli obiettivi del piano ex L. n. 3/2012, rinverdendo l’esigenza di arginare situazioni di sovraindebitamento consumeristico, non soggette né assoggettabili alle altre procedure concorsuali. Il ruolo crescente del consumo finanziato a credito e il graduale assottigliamento del welfare hanno, tuttavia, consigliato la creazione di uno strumento semplificato e “dedicato”, attraverso il consumatore-debitore può guadagnare immantinente, a certe condizioni, la sua seconda chance.
Con buona evidenza, la ristrutturazione, come il piano, è imperniata su un criterio di concorsualizzazione dei debiti che si ritrova su più ambiti: il tenore letterale della legge, dichiaratamente mirata ad apprestare rimedio a situazioni di sovraindebitamento non governabili attraverso procedure concorsuali “diverse da quelle regolate dal presente capo" (comma 1, art. 6); l’apertura del procedimento con decreto dell’autorità giudiziaria e la sua successiva articolazione sotto l’egida di quest’ultima; la salvaguardia tendenziale del trattamento paritario dei titolari di pretese, attraverso la massimizzazione degli esiti dell’attività di risanamento intrapresa.
Anche le altre caratteristiche dell’istituto di nuova generazione – che l’ultimo comma della citata norma d’esordio assegna alla competenza del tribunale monocratico[4] – riprendono la falsariga dello strumento odierno. Così è per il presupposto d’accesso della qualifica di consumatore; così è per la meritevolezza come condizione di adoperabilità del mezzo; così è, infine, per la mancanza del passaggio procedurale del voto, quindi dell’approvazione dei creditori.
Quest’ultima peculiarità strutturale iscrive ristrutturazione e piano entro la categoria dei concordati coattivi[5], mostrandone la controtendenza rispetto alla degiurisdizionalizzazione e privatizzazione che ha solcato gli ultimi tre lustri del diritto concorsuale. Il tratto concordatario nondimeno si intravede nel riconoscimento ai creditori della facoltà di opporsi all’omologazione, rectius di contestare il programma d’affronto della crisi attraverso osservazioni anche in punto di maggior convenienza dell’alternativa liquidatoria; tale prerogativa, oggi tracciata dall’art. 12-bis, comma 3, L. n. 3/2012, si riaffaccia nell’art. 70, comma 9, del CCII.
2 . I corollari del nuovo impianto codicistico
Le novità del CCII attengono in principalità alla definizione di sovraindebitamento e alla sistematica delle tre procedure, che si scostano dai prototipi iniziali e appartati della l. n. 3 del 2012 per trovare una ubicazione armonicamente racchiusa nel corpus codicistico.
Sotto il primo profilo, a campeggiare è l’inserimento in apertura del CCII, fra le nozioni sciorinate dall’art. 2, del “Sovraindebitamento", ora coincidente con "lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012 e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”. 
Sotto l’aspetto sistematico è pregnante che nell’intelaiatura del decreto la disciplina relativa alla regolazione della crisi del soggetto “non fallibile” ancorché consumatore venga collocata nel Capo II del Titolo IV, destinato agli “Strumenti di regolazione della crisi” in generale. Detto capo comprende una Prima Sezione dedicata alle “Disposizioni di carattere generale” comuni ai tre strumenti di affronto del sovraindebitamento, disposizioni custodite in due sole norme: l’art. 65, incaricato di tratteggiare il recinto applicativo dei procedimenti de quibus, l’art. 66 chiamato a delineare l’istituto di nuova concezione delle c.d. “procedure familiari” (sulle quali v. § 4.6.).
L’art. 65 del CCII elegge il nuovo procedimento unitario di trattazione delle crisi e delle insolvenze a paradigma di riferimento, utile a colmare – sul presupposto della clausola di compatibilità – ciascuna carenza normativa venga in evidenza in tema di sovraindebitamento e a fungere da bussola di orientamento ermeneutico in rapporto ai casi dubbi; la norma dispone, infatti: "si applicano, per quanto non specificamente previsto dalle disposizioni della presente sezione, le disposizioni del titolo III, in quanto compatibili". All’esito dell’opera di codificazione, le procedure maggiori suggeriranno la traccia normativa di riferimento per le procedure di composizione del sovraindebitamento ogni qualvolta si tratterà di saturare omissioni di disciplina.
La scelta della disseminazione topografica delle norme sul sovraindebitamento susciterà di primo acchito la sensazione di un deficit di funzionalità: la disciplina, pur suddivisa in titoli, capi e sezioni del decreto, non è intercalata unitariamente nell’ordito normativo, cosicché si presta ad essere ricercata lungo l'intero provvedimento, con riverberi incerti sul piano del coordinamento e dell’organicità.  In realtà, nel contesto del trattamento codicistico della crisi e dell’insolvenza, il sovraindebitamento diviene semplicemente una parte del tutto. L’inclusione delle sue regole nello stesso articolato normativo che si occupa, con senso di sistema, del tema spazioso e sfaccettato del diritto concorsuale, potrà – secondo una visuale matura – avvantaggiare un’interpretazione omogenea e coerente degli istituti, finalmente liberata dai rischi dell’esegesi creativa e congiunturale, cui i "buchi neri" della disciplina vigente l’hanno per un gran tempo condannata.
Viene in apice, sul piano procedurale, l’unificazione del modello processuale di accertamento della crisi o dell’insolvenza. È stata percorsa la via segnata dall’art. 2, lett. 2, della legge delega (L. n. 155 del 2017), dell’assimilazione del trattamento processuale dei dissesti, attuali o prospettici, tanto dell'imprenditore quale che sia (quindi a prescindere dal suo profilo dimensionale), quanto dei debitori civili, professionisti o consumatori. Perciò il primo passaggio procedurale non può che mostrarsi identico per ciascun debitore, "sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un'attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici”, mentre ciò che muta sono solo gli sbocchi successivi nelle procedure specifiche, ossia “i diversi esiti possibili, con riguardo all'apertura di procedure di regolazione concordata o coattiva, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive ed oggettive” (art. 2, lett. b, l. n. 155 del 2017).
È dentro questo assetto che il codice punta sulla metabolizzazione culturale del sovraindebitamento; lo fa insistendo sul tragitto già battuto di procedure concorsuali messe (ma solo per quel che occorre) in disparte, le cui regole ad ogni modo raccoglie in un plesso normativo organico. Vi è in questa scelta l’abdicazione all’opportunità, pure astrattamente praticabile, di un accorpamento totalizzante delle regole di gestione delle crisi e delle insolvenze a prescindere dalle caratteristiche e dalle dimensioni del soggetto, scelta che avrebbe amalgamato in nuce il sistema. La perdurante scissione delle forme di affronto del dissesto, a seconda della tipologia del suo artefice, si risolve in un’istanza di maggior semplificazione o limitata caratterizzazione dei procedimenti riguardanti soggetti di dimensioni minute, titolari di rapporti obbligatori a gamma ridotta. 
3 . La riscrittura emergenziale della L. n. 3/2012
L’art. 5 del D.L. n. 23 del 2020 (c.d. “Decreto liquidità”) ha modificato l’art. 389, comma 1, d.lgs. n. 14 del 2019 spostando in avanti il termine di entrata in vigore del CCII: fissato originariamente per la data del 15 agosto 2020, è stato differito al 1° settembre 2021. Lo slittamento ha una ratio intuibile: nel quadro confuso della pandemia è ragionevole cimentarsi con una panoplia degli strumenti collaudati. 
La normativa sul sovraindebitamento è cosparsa fin dall’origine di vuoti e criticità. A rendersene conto il Legislatore dell’emergenza, che ha ritenuto di correre ai ripari con la L. n. 176 del 18 dicembre 2020, che pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della vigilia di Natale ha messo sotto l’albero dei debitori non fallibili una modifica sostanziosa della L. n. 3 del 27 gennaio 2012[6]. 
Lo schema è chiaro: l’innesto nella disciplina vigente di alcune prescrizioni incentivanti che connoteranno la trama delle regole coniate per la materia nel CCII. La via imboccata è quella dell’anticipazione di un nucleo di esse, rimodulate per quanto strettamente necessario e rimesse in “pronta consegna” ai sovraindebitati e tra costoro ai consumatori. La rubrica dell’art. 4-ter è rivelatrice del proprio obiettivo, che attiene all’introduzione di “Semplificazioni in materia di accesso alla procedure di sovraindebitamento per le imprese e i consumatori di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3)”.
L'art. 4-ter, D.L. n. 137/2020 prevede al secondo comma che le disposizioni di cui al comma 1, è cioè tutte le modifiche alla L. n. 3/2020 introdotte nell'occasione, regolano anche le procedure pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione e quindi alla data del 25 dicembre 2020, escludendo quindi l'usuale vacatio legis. Dalla formulazione della norma parrebbe dunque che l'intera disciplina si applichi da tale data immediatamente e integralmente anche attraverso la richiesta di un termine per rimodulare la domanda[7]. 
4 . Il presupposto soggettivo
In funzione dell’accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, in punto di presupposti soggettivi il CCII è ben più esplicito della L. 3 del 2012, posto che, laddove quest’ultima dischiude il ventaglio della propria applicabilità alle "situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili" ad altre procedure concorsuali, la neonata normativa già all’art. 2 sceglie una descrizione di dettaglio, destinando le procedure da sovraindebitamento a favore “del consumatore”, “del professionista”, “dell’imprenditore minore”, dell’“imprenditore agricolo”, delle “start-up innovative” di cui alla l. n. 179 del 2012, salvo conservare il riferimento di mera chiusura a “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”. 
Nel caso del consumatore l’accesso al piano è ancorato, all’evidenza, alla finalità perseguita dal debitore nel contesto dei rapporti contrattuali. Non rileva la natura dell’attività esplicata dal soggetto, bensì quella dei debiti che egli contrae. La qualifica di consumatore si lega alla funzione delle obbligazioni che hanno prodotto la condizione di sovraindebitamento e il rapporto di funzionalità fra la massa dei debiti maturati e il privato consumo va inteso in senso stretto e rigoroso. Se così non fosse non troverebbero giustificazione i benefici procedimentali che contrassegnano la procedura.
4.1 . La rivisitata nozione di consumatore
Il CCII ha ribadito la definizione di consumatore come della "persona fisica che che agisce per scopi estranei all’attività all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali " (art. 2, lett. e) e la definizione  è ora stata inserita nel comma 2 lett.b) dell’art.6 L. n.3/2012.
Si è trapiantata nel terreno concorsuale la nozione propria del codice del consumo[8], sicchè la qualità di consumatore non rappresenta un attributo soggettivo aprioristico, ma è "conferita" di volta in volta dallo scopo consumeristico del debito contratto, sul quale presuppone un’indagine[9]. In altri termini, la posizione di consumatore è immediata ed esclusiva derivazione della dimensione teleologica delle obbligazioni che hanno prodotto la situazione di sovraindebitamento: non rileva il tipo di attività svolta dal debitore, ma la natura dei debiti contratti[10]. 
Il D.lgs. n. 206/05 (“Codice del consumo”) costituisce, dunque, una “bussola” di orientamento interpretativo[11]. L’aggancio della nozione al profilo finalistico del rapporto obbligatorio fa residuare una sorte nebulosa per i debiti "misti", ossia per quelle obbligazioni che parzialmente orientate ai bisogni della persona o della famiglia del sovraindebitato per la restante porzione siano riconducibili all’attività imprenditoriale o professionale di chi le contrae. L’art. 6 della L. n. 3 del 2012 non sembrerebbe negare al debitore, per quanto sia stato soggetto attivo sul mercato imprenditoriale o professionistico, di venire in considerazione quale consumatore. Egli ha l’opportunità di "spacchettare" la propria esposizione passiva, nell’ottica di ristrutturare il solo debito personale, cioè quello assunto "esclusivamente per scopi estranei" alla professione o all’impresa. Questa, in un noto precedente, la ricostruzione perorata dalla Suprema Corte di Cassazione, ad avviso della quale può essere considerato consumatore anche colui che, avendo svolto e poi cessato un'attività dalla quale sono scaturiti debiti non pagati, presenti un piano per la sistemazione del solo debito civile. Rimarrebbe poi affidata al vaglio giudiziario provocato dall'eventuale iniziativa di colui che faccia opposizione all'omologazione la valutazione sulla convenienza di una simile soluzione[12].
4.2 . Il fideiussore
Il CCII, così come la riscrittura emergenziale della L.n.3/2012, non contengono puntualizzazioni neppure con riferimento alla posizione del fideiussore, il che determinerà la probabile perpetuazione di un confronto da molti anni in atto. 
Secondo un orientamento giurisprudenziale recessivo "la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini della individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore"[13]. La natura accessoria del debito comporta la riferibilità alla garanzia personale della medesima causa dell’esposizione passiva garantita. A derivarne è lo smarcamento automatico dell’obbligazione accessoria dal titolo consumeristico, con parallela assunzione della dimensione professionale-imprenditoriale, in ossequio alla c.d. teoria del "professionista di rimbalzo"[14]. 
Di certo, qualora la proposta di piano provenga da un soggetto il cui indebitamento vada ricondotto, in ipotesi, al rilascio di fideiussioni o alla concessione di ipoteche strumentali all’ottenimento di finanziamenti bancari alla società di cui sia socio o legale rappresentante, il rapporto di esclusiva funzionalità dell’indebitamento al consumo privato del debitore e della sua famiglia non è di facile riscontro.
Tuttavia, il tessuto dell’esperienza è più eterogeneo e sfrangiato, pertanto nel contesto unionale[15] e in quello interno[16] ha fatto breccia una crescente esigenza di approccio diretto, scevro da automatismi, all'obbligazione di garanzia, ai fini della ponderazione degli elementi di fatto idonei a illustrare la sussistenza effettiva di collegamenti funzionali tra garanzia prestata e debito garantito. In ragione del caso concreto dovrebbe viene dato o tolto risalto all’accessorietà a seconda che nella fattispecie concreta si possa registrare una dinamica di sostegno personale del debito oppure una cointeressenza tra il garante e l’imprenditore. 
Il panorama giurisprudenziale di merito offre molteplici spunti in questa seconda direzione. Si è affermato che può essere definito consumatore, ai fini dell’accesso alla procedura di sovraindebitamento, colui che abbia prestato garanzia a favore di terzi solo per consentire l’inizio di un’attività imprenditoriale a lui comunque non riconducibile e che, per l’assenza di indici del futuro insuccesso di tale attività, non possa dirsi negligente nell’assunzione dell’obbligazione[17]. In eguale orizzonte di vedute si è ritenuto sovraindebitato il consumatore che abbia sottoscritto un mutuo ipotecario per supportare il coniuge imprenditore individuale nella gestione finanziaria di impresa, senza avere mai partecipato alla conduzione di essa[18]. Ancora, si è evidenziato come il fideiussore di un'obbligazione oggettivamente riferibile ad un'attività imprenditoriale possa essere considerato consumatore qualora non abbia assunto cariche sociali o gestorie nell’ente beneficiato[19]. 
La Corte di Cassazione si è indirizzata da ultimo verso il recepimento della nuova impostazione della giurisprudenza euro-unitaria, qualificando come consumatore il fideiussore di un professionista[20], puntando sull’essenzialità di una valutazione in concreto dello scopo della garanzia stipulata dalla persona fisica, la quale rimane nell’archetipo di consumatore qualora abbia agito per scopi non espressivi della propria eventuale attività professionale, né ad essa strettamente funzionali.
4.3 . Patrimoni separati, trusts e condomini
La procedura del consumatore non sembra riferibile ai patrimoni separati (fondo patrimoniale) o segregati (trust), posta l’eloquente assenza di soggettività giuridica. 
La circostanza della non assoggettabilità a procedure concorsuali di detti patrimoni non è sufficiente a deporre per l’applicabilità della disciplina del sovraindebitamento, che rimane incentrata nei profili processuali e operativi proprio sul riconoscimento della soggettività, sol che si considerino, a titolo esemplificativo, gli aspetti connessi alla competenza territoriale del tribunale (legata alla residenza del debitore) e alla trascrizione del decreto di ammissione alla procedura presso gli uffici pubblici (nel caso di cessione o affidamento a terzi di beni immobili o mobili registrati).
Gli strumenti del sovraindebitamento sono inaccessibili anche al condominio[21]. 
La Corte di Giustizia ha di recente ribadito il proprio convincimento secondo cui i soggetti diversi dalla persona fisica non rientrano nella definizione di consumatore approntata dalla Dir. 13/1993/CEE, precisando, tuttavia, che non vi sono ostacoli, a livello di diritto europeo, ad ammettere che la giurisprudenza nazionale di uno Stato membro riferisca tale disciplina anche a un soggetto, come il condominio, che di per sé ne resterebbe estraneo[22]. Nell’affermare che in linea di principio, il Paese membro può incrementare le disposizioni a difesa dei consumatori, la decisione in esame non scioglie i nodi dogmatici della personalità e/o soggettività del condominio.
Nell’approccio alla questione soccorrono allora i dati consueti. 
Il condominio non è ovviamente “persona fisica”, unico soggetto di diritto autorizzato ad avvalersi nell'ordinamento interno della (più) favorevole disciplina del sovraindebitamento.
Il condominio non è neppure una persona giuridica, posto che secondo la tesi predominante è solo un ente di gestione sprovvisto di personalità e soggettività[23]. 
Non giova l’accorgimento di individuare nell'amministratore un mandatario con rappresentanza dei singoli condomini consumatori[24], giacché nulla esclude che fra i condomini figurino, non persone fisiche, ma società, associazioni, fondazioni.
In mancanza di un riconoscimento legislativo ad hoc, a tutt’oggi il condominio fatica a mostrarsi alla stregua di soggetto "diverso" dai condomini che ne fanno parte. Nell'attuale sistema è a costoro che va ascritta, tanto la capacità giuridica correlata agli atti imputabili al condominio (assunti mediante le delibere assembleari adottate secondo il metodo collegiale e nel rispetto del principio maggioritario), quanto il patrimonio comune, che è indivisibile ed indisponibile salvo il consenso unanime di tutti i singoli comproprietari forzosi. 
4.4 . Il socio illimitatamente responsabile
Il tema della posizione del socio illimitatamente responsabile intercetta due aree limitrofe. Di fianco a quella attinente alla regolazione degli effetti di estensione della procedura di sovraindebitamento della società al socio, si colloca quella riguardante l’ammissibilità dell'accesso in proprio del socio ad autonoma procedura. 
Due gli antitetici indirizzi ricostruttivi[25]. Il primo, più severo, ha valorizzato l’art. 6 della L. n. 3/2012 nella parte in cui circoscrive l’accesso agli istituti regolati alle situazioni “non sono soggette né assoggettabili a procedure concorsuali”. Il socio illimitatamente responsabile un assoggettamento a procedura concorsuale lo sconta di già, in estensione, ai sensi dell’art. 147 L. fall, essendo esposto in astratto al fallimento dell’ente. Ciò chiude il varco all’iniziativa personale in pendenza del rapporto societario e fino all’anno successivo alla pubblicizzazione della cessazione della sua responsabilità illimitata[26]. Ex art. 6 la disciplina sul sovraindebitamento è apparecchiata per rimediare a squilibri e dissesti non sottoponibili ad altre procedure concorsuali e ai sensi dell’art. 7, lett. a), ai fini dell'ammissibilità della singola procedura, il giudice è tenuto a verificare che il debitore non sia "soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo", ergo al socio è preclusa la possibilità di percorrere in autonomia soluzioni del proprio sovraindebitamento. 
Un caso peculiare ricorre qualora a fronte di una società solvibile vi sia un socio sovraindebitato sul piano personale. Il sistema adombrava al riguardo una sottile iniquità, non constando addentellato normativo che consenta di confinare l’impraticabilità contemporanea di sistemazioni del debito da parte del socio alle sole situazioni di assoggettabilità concreta (anziché astratta) a procedura concorsuale in estensione, per attualità dello stato di insolvenza o crisi dell’ente.
In definitiva, il socio che avesse inteso adoperare pro domo sua una procedura di sovraindebitamento avrebbe dovuto prima curarsi di sciogliere il rapporto sociale. Anzi, proprio in una fattispecie del genere – in cui il soggetto ambisce ad affrontare il proprio dissesto – sembrerebbe ricorrere una giusta causa di recesso, in linea con la previsione dell’art. 2285 c.c. È sulle medesime basi che si regge, d’altronde, la regola dell’esclusione di diritto del socio fallito in proprio, sol che si consideri come l’art. 2288 c.c. sia finalizzato a consentire in quel fallimento di comporre con esattezza la massa dei beni da liquidare, il che è incompatibile con la persistenza della quota in società. 
Non è mancata una differente e più morbida lettura dell’art. 6, che ha riconosciuto al socio l’opportunità di riassetto concorsuale motu proprio del proprio debito, rimarcandone la non assoggettabilità immediata e diretta al fallimento, fenomeno che invero lo travolge solo per ripercussione[27]. I membri del sodalizio sono assoggettabili al fallimento non perché imprenditori, ma solo a causa della relazione di corresponsabilità con l'ente collettivo. La riassunta opinione, pervasa da una tensione inclusiva, sembra muovere dall’assunto poco convincente dell’infungibilità (quindi irrinunziabilità) degli strumenti contemplati dalla L. n. 3/2012. In realtà, il socio non è del tutto sprovvisto di mezzi alternativi di composizione del debito a scopo esdebitatorio, ove si consideri che qualora fallisca personalmente ben può avvantaggiarsi del ricorso al concordato fallimentare della società, potendo provare persino ad accedervi in proprio[28], e che è inoltre legittimato a giovarsi del beneficio di cui all’art. 142 L. fall. e 280 CCII.
Il dissidio e il dubbio sono stati normativamente sopiti.
Nel quadro del CCII, il sovraindebitato mantiene la qualifica legittimante di “consumatore”, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e), quand’anche socio di una società di persone (v. § 4.1.), purché i debiti che aspira a ristrutturare siano estranei all’attività d’impresa per quel tramite esercitata. La definizione risolve in un sol colpo affermativamente le due questioni a lungo combattute: quella relativa alla possibilità di accedere alle procedure di sovraindebitamento da parte di coloro che sono fallibili per estensione in quanto soci illimitatamente responsabili di società fallibili; quella inerente l’opportunità per il sovraindebitato di presentare una proposta di definizione dei soli debiti non professionali o imprenditoriali.
La L. n. 176 del 2020 ha importato la definizione codicistica nell’art. 6, comma 2, lett. b), della L. n. 3/2012, decretando l’iscrizione nel novero dei legittimati attivi all’accesso alle procedure da sovraindebitamento per la composizione di debiti diversi da quelli sociali delle persone fisiche che siano soci società in nome collettivo, dell’accomandatario di società in accomandita semplice e per azioni e dell’accomandante ingeritosi nell’amministrazione ex art. 2320 c.c., purché non consti in capo ai creditori sociali un pregiudizio consistente nella destinazione del patrimonio del socio al soddisfacimento dei soli creditori personali, nell’assoluta pretermissione di quelli dell’ente.
Il socio illimitatamente responsabile può dunque in linea di principio accedere al piano del consumatore o all'accordo per la ristrutturazione unicamente dei debiti della sua “vita privata” lasciando impregiudicati, peraltro, quelli derivanti dalla responsabilità sussidiaria correlata alle obbligazioni contratte dalla società (art. 2291 c.c.)[29]. Certamente il socio sussidiariariamente esposto ha la libera disponibilità del suo patrimonio, tanto da poterlo dedicare per intero alla ristrutturazione dei debiti consumeristici, ma può farlo a condizione che sia in grado di dimostrare al giudice che nel momento in cui accede alla procedura la situazione economica e finanziaria della società è tale da assicurare il soddisfacimento dei debiti in quel momento sussistenti; in questo caso ai creditori sociali non sarebbe consentito evidentemente contrastare l'omologazione posto che sarebbe insussistente il requisito dell'attualità del pericolo di inadempimento dell'obbligazione sociale per la quale il socio ha, appunto, responsabilità solo sussidiaria.
La criticità lungamente dibattuta sul piano teorico trasloca su quello empirico. Al di là della possibilità di concepire una segregazione del patrimonio privando i creditori sociali della garanzia sussidiaria che pure loro compete ai sensi dell'art. 2740 c.c., dirottando il patrimonio del debitore a vantaggio dei suoi creditori privati in violazione dell'art. 2741 c.c., dal punto di vista pratico è piuttosto improbabile che i titolari di crediti non privati cui si prospetti l'erosione del patrimonio del loro debitore non reagiscano opponendosi all'omologazione. Occorrerà, pertanto, sterilizzare il possibile contenzioso in fase di omologa accantonando una parte di patrimonio sufficiente a tacitare le rimostranze dei creditori dell’ente, nel contempo confidando sulla possibilità di dimostrare (ad esempio prospettando l'utilizzo di finanza esterna) che per i creditori consumeristici la proposta è comunque più conveniente di un'eventuale alternativa liquidatoria.
Altro profilo persistentemente problematico attiene ai casi in cui, una volta omologato il piano di ristrutturazione del socio, i creditori sociali ne aggrediscano il patrimonio personale, avendo infruttuosamente escusso quello dell’ente, ex artt. 2304 e 2318 c.c. È ipotizzabile che tali iniziative siano accolte e gestite all’interno della procedura di sovraindebitamento come debiti sopravvenuti. 
Non meno critica si palesa la diversa fattispecie in cui disposta l’omologa della ristrutturazione dei debiti personali del socio venga aperta la liquidazione giudiziale della società e la stessa finisca per estendersi al socio ex art. 147 L. fall. (corrispondente a quello che sarà l’art. 261 CCII). Le previsioni normative non si pronunciano Il CCII non si pronuncia sulla prevalenza dell’una procedura o dell’altra sopravvenuta. Tuttavia, è scarsamente plausibile possano coesistere sul patrimonio del socio due procedure con altrettante masse attive e passive distinte. Ne deriva che la procedura di sovraindebitamento precedentemente aperta debba inevitabilmente comprimersi a vantaggio della procedura maggiore, strutturalmente vocata al governo unitario dell’indebitamento sociale e di quello personale del socio[30]. 
4.5 . La diffusione degli effetti del sovraindebitamento dell’ente sul socio
Nell’orizzonte originario della L. n. 3/2012 in senso contrario alla diffusione degli effetti del sovraindebitamento dell’ente al socio illimitatamente responsabile hanno militato l’assenza di una norma ad hoc e la difficoltà di chiamare in causa sul punto, in supplenza, il modello fallimentare, stante la natura eccezionale e di stretta interpretazione dell’art. 147 L. fall. 
Si è rivelato angusto il pertugio per coinvolgere il socio nella sfera d’efficacia del sovraindebitamento sociale, in virtù di ripercussione de plano del procedimento intrapreso dall’ente. 
Il CCII contiene sul punto una norma risolutiva, atteso che il quarto comma dell’art. 65 prevede che "la procedura produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili". Opzione chiara, dunque, nel senso della propagazione sul socio degli effetti della procedura che coinvolge la società. Il che vuol dire che la decozione accertata in capo all’ente comporterà l'attuazione coattiva della responsabilità patrimoniale del socio, nel mentre la diramazione del discharge in capo a quest’ultimo implicherà la fruizione da parte sua degli effetti liberatori connessi alla procedura dell’ente.
Anche il precetto citato è stato incastonato dalla L. n. 176/2020 nella L. n. 3/2012, attraverso il nuovo comma 2-ter dell’art. 7, a mente del quale “L’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”[31]. La norma d’emergenza vale, dunque, ad inserire sin da subito nella disciplina vigente una previsione riproduttiva a ben guardare del congegno remissorio che l’attuale art. 184, comma 2, L. fall. contempla, in ambito di concordato preventivo, per l’anzidetta categoria di soci.
4.6 . Il sovraindebitamento familiare
Il CCII delinea la possibilità per i “membri di una stessa famiglia” di presentare “un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento”, dando impulso ad una sola procedura, quale che sia (art. 66). La novità riprende, dal punto di vista dell’impostazione complessiva, quella relativa alla possibilità, nel quadro della liquidazione giudiziale e del concordato di gruppo, dell’apertura di un unico procedimento a fronte di situazioni di crisi riferibili a soggetti di diritto diversi. Nell’un caso e nell’altro il CCII precisa che le masse attive e passive devono rimanere distinte, in tal modo portando a corollario il limite della garanzia patrimoniale generica, che evidentemente deve essere rispettato nel pagamento dei creditori, onde evitare che quote del patrimonio di uno dei ricorrenti vengano destinate al pagamento dei debiti dell’altro, con evidente lesione dell’art. 2740 c.c.
Nel vigore della L. n. 3/2012, il pericolo di confusione delle masse ha indotto una parte della giurisprudenza ad escludere che potesse trovare accoglimento la proposta di un piano del consumatore “di gruppo” o “relativo al nucleo familiare”[32].
È invalso, tuttavia, un opposto indirizzo che ha riconosciuto ai familiari la facoltà di esperire un solo ricorso per accedere ad uno degli istituti del sovraindebitamento, sulla premessa per cui la soluzione della crisi non può essere assicurata dal ricorso di un solo coniuge – magari all’insaputa o nell’inerzia dell’altro – soprattutto qualora il ceto creditorio sia composto da titolari di pretese riguardanti entrambi i componenti della famiglia[33]. È apparso congruo permettere ai coniugi di affrontare in sinergia lo squilibrio finanziario correlato alla vita in comune, mostrandosi irragionevole pretendere che ciascuno fronteggiasse su binari paralleli un identico dissesto.
Il legislatore dell’emergenza ha giocato d’anticipo sul CCII e ha sterilizzato il narrato contrasto, introducendo, con la L. n. 176/2020, il nuovo art. 7-bis della L. n. 3/2020, in forza del quale “I membri della stessa famiglia possono presentare un’unica procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento quando sono conviventi o quando il sovraindebitamento ha un’origine comune”.
La lettera della norma è infelice, in quanto nel far riferimento ad "un'unica procedura di composizione della crisi" pare tagliar fuori l’applicabilità del sovraindebitamento familiare alle liquidazioni del patrimonio. È da credere che il legislatore sia incorso nell’ennesima svista semantica e che l’identità sostanziale delle esigenze debba prevalere sulla forma linguistica. 
Le condizioni di accesso al rimedio familiare sono due e alternative fra loro, come evincibile dalla disgiuntiva “o” che figura del testo della norma: la convivenza e/o l’origine comune dell’indebitamento. La circostanza che i familiari coabitino consente, anche a prescindere dalla contitolarità di beni o dalla condivisione di debiti, l’utilizzo di uno strumento cui è quantomeno connessa una riduzione di costi; la radice comune del debito, anche in assenza di vita in comune, permette una trattazione processuale unitaria della relativa vicenda.
L’origine comune dell’indebitamento ha una latitudine concettuale estesa, vi rientrano tanto il frequente caso dei congiunti coobbligati per sottoscrizione del mutuo per la casa o di un finanziamento per i bisogni della famiglia, quanto la fattispecie in cui l’uno abbia assunto le vesti di fideiussore dell’altro.
Il nuovo art. 7-bis descrive subito dopo il contorno esterno e largo della “famiglia”, che comprende oltre al coniuge i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto di cui alla L. 20 maggio 2016, n. 76.
Lo scopo è quello del risanamento complessivo degli indebitamenti delle famiglie, nel cui ambito, invero, le esposizioni passive dei singoli finiscono per sovrapporsi e influenzarsi, tanto da condizionarsi reciprocamente; lo strumento rimane quello, già adombrato in giurisprudenza, della proposizione di un'unica domanda da parte dei prossimi congiunti, domanda che attiene alla ristrutturazione (o al “saldo e stralcio”) dei debiti avvinti da una radice comune o parzialmente tale. 
La L. n. 3 del 2012 si arricchisce di un congegno coerente al proprio apparato, sorto nel solco dell’esperienza francese proprio per dar rimedio al quadro reale delle famiglie sovraindebitate[34]. La strenna natalizia non è di poco momento. All’esigenza di non disperdere né smembrare mezzi processuali, si combina l’opportunità pragmatica di assorbire globalmente debiti germinati, se non da una “cassa comune” (ancorché virtuale), comunque da un'unica causa, coinvolgenti sovente beni e risorse in contitolarità e correlati, in ogni caso, dall’adempimento di un dovere di contribuzione vicendevole.
Si fissa il concetto-base della distinzione tra masse attive e passive facenti capo ai membri dell’unione. Il complesso dei debiti e quello dei crediti rimangono frazionati, non potendo i creditori essere riversati, in contrasto con l’art. 2740 c.c., in un unico calderone indistinto. Il paradigma è quello dei fallimenti riuniti della società e dei soci.
È il progetto di contrasto dell’inadempimento a diventare, piuttosto, unico.
L’esigenza di una trattazione univoca è particolarmente sentita, posto che qualora pervengano più richieste di composizione della crisi riguardanti la stessa “famiglia” nel senso or ora riportato, è assegnato al giudice il compito di adottare “i necessari provvedimenti per assicurarne il coordinamento”. In tal modo, il legislatore mostra di affrontare il problema del sovraindebitamento familiare da due angoli di visuale: non solo introduce la possibilità del ricorso congiunto, ma incentiva la riunione dei ricorsi separatamente proposti dagli interessati, valorizzandone la connessione per l’oggetto o per il titolo.
Qualora i ricorsi pendano davanti allo stesso giudice torna utile applicare la regola generale della riunione di cui all’art. 274 c.p.c. Ove invece siano aditi tribunali diversi deve ritenersi che quello destinatario del secondo fra i due ricorsi adotti d’ufficio, senza indugio, un provvedimento che comporti il trasferimento della procedura davanti al giudice investito per primo. 
Soccorre, infatti, il criterio generale della competenza che viene sempre individuata in virtù della poziorità temporale del ricorso, per cui la procedura si radica in capo al “giudice adito per primo”. Ciò equivale alla presa d’atto dell’impellenza di contrastare senza indugio e al meglio l’indebitamento. La proficuità di risultato è direttamente proporzionale alla solerzia d’affronto del problema, ciò esclude che si possa impiegare del tempo in improbabili conflitti di competenza[35].
Pertanto, ben può ritenersi che il tribunale investito dal secondo dei due ricorsi adotti un provvedimento traslativo del procedimento al giudice destinatario del primo ricorso, il quale dovrà assumere a sua volta “i necessari provvedimenti”, che riguarderanno la necessaria designazione di un unico OCC, ove i familiari ne abbiano prescelto a monte due o più differenti.
Una precisazione equitativa e realista riguarda il compenso dell’OCC, che è unico e ripartito fra i membri della famiglia “in misura proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno”. 
Quando uno dei debitori non è un consumatore, al progetto si applicano “le disposizioni in materia di accordo di composizione della crisi”. Nel CCII consta un’analoga disposizione in base alla quale se uno dei membri non è consumatore si applica la disciplina del concordato minore (art. 66, comma 1, ultima parte, CCII).
4.7 . Le nuove condizioni soggettive ostative
Ai sensi dell’art. 7, comma 1-bis è ostativo fin dalle origini all’accesso alla procedura l’avere già ottenuto l’esdebitazione nei cinque anni precedenti, l’aver subito per cause imputabili un provvedimento di risoluzione dell’accordo o di revoca o cessazione degli effetti dell’omologa del piano e l’essersi mostrato inattendibile per aver fornito una documentazione inidonea a consentire di ricostruire compiutamente la propria situazione economica e patrimoniale. 
La L. n. 176/2020 irrigidisce, a livello soggettivo, i presupposti di ammissibilità delle procedure da sovraindebitamento; lo fa con l’implementazione del comma 2 dell’art. 7 L. n. 3 del 2012. Dall’elenco dei legittimati attivi vengono estromessi coloro che abbiano già beneficiato dell’esdebitazione per due volte, sicché non è mai concessa una “terza chance” (nuova lett. d-bis); coloro che, limitatamente all’accordo di composizione della crisi, risultino aver commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (lett. d-quater); coloro che, nella cornice del piano del consumatore, abbiano determinato la situazione di sovraindebitamento per colpa grave, malafede o frode (lett. d-ter), con una contaminazione degli istituti attraverso riferimenti a stati soggettivi di impegnativa esegesi e di riscontro pratico non sempre agevole.
Secondo parte della dottrina le nuove cause ostative del CCII, riprese dalla L. n. 176/2021, segnerebbero un abbandono del giudizio di meritevolezza, abbandono sospinto dall’evoluzione che ha contrassegnato l’istituto del concordato preventivo e testimoniato dal passo della Relazione alla legge delega, che sottolinea la prevalenza, in seno alla commissione, della scelta di non esigere requisiti troppo stringenti per l'ammissione alla procedura, preferendo l'inserimento di requisiti negativi, ostativi ai benefici di legge[36].
La tesi non convince del tutto. 
La valutazione relativa al carattere colpevole o meno del sovraindebitamento s’incunea nel vaglio di ammissibilità del piano predisposto dal consumatore e la relativa delibazione è adottata dal giudice de plano, addirittura prima della fissazione dell’udienza e, quindi, dell’instaurazione del contraddittorio con i creditori[37]. In buona sostanza, il sindacato sulla c.d. meritevolezza viene rimosso dalla fase di omologa al fine di accelerarne il corso (v. § 12) e anticipato a quella di ammissione, dove si rigenera sotto le mentite spoglie della “colpa grave” e si appaga di una relazione dell’OCC che si fa ancora più particolareggiata (v. § 6)[38]. L’innalzamento dell’asticella delle negligenze rilevanti è forse solo apparente: la colpa grave è concetto contiguo a quello di (im)meritevolezza che finora abbiamo conosciuto, finendo per intercettare le medesime condotte di assunzione di debiti senza una valutazione di buon senso sulla sostenibilità e in maniera eccessiva e sproporzionata rispetto alle entrate disponibili e a quelle prospettiche[39]. Escludere la sanzionabilità della “colpa lieve” vale come monito al giudice a far mostra di minor severità ed esercizio di maggior comprensione in favore del sovraindebitato perlomeno nei casi incerti. Per vedere se l’invito verrà recepito occorrerà attendere che il tempo vesta d’esperienza quella che allo stato è una suggestione del legislatore. Di certo, il riferimento alla colpa e alle sue graduazioni non vale ad escludere la meritevolezza, ma a temperarne e a indirizzarne il giudizio, per un verso depurandolo di ogni accezione eticizzante, per altro verso munendolo di un parametro meno etereo e più arato, in quanto orizzontalmente diffuso in plurime norme del codice civile[40].
Nel CCII è l’art. 69 a riprodurre il medesimo catalogo esposto delle condizioni soggettive ostative.
5 . Il ricorso e i suoi allegati
Nel contesto della L. n. 3/2012 alla fase d'avvio del procedimento di composizione della crisi mediante piano del consumatore è dedicato l’art. 9, che fissa anche il criterio di determinazione della competenza. L’articolata disposizione disciplina in parallelo l’apertura del procedimento di accordo di composizione e quella del piano del consumatore, dedicando molta cura agli oneri documentali, che per l’ipotesi del piano comprendono anche il deposito di una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi (v. § 6). 
È delineata dal comma 3-ter della norma anche la prerogativa del giudice di scandire un termine non superiore a quindici giorni finalizzato a consentire di colmare le incompletezze della proposta e della documentazione a corredo[41]. 
È poi stabilita la sospensione, ai soli effetti del concorso, del corso degli interessi convenzionali o legali.
L'iniziativa del piano, al pari di quella mirata all’accordo, spetta in esclusiva al debitore, venendo in rilievo una procedura di carattere squisitamente volontario.
L'atto introduttivo del procedimento è un ricorso contenente la domanda di ammissione alla procedura e un vero e proprio piano di ristrutturazione dei debiti, la cui fattibilità è attestata, per esplicita previsione dell’art. 9, comma 2, dall’OCC.
Ai sensi del comma 1, primo inciso, di detta norma il ricorso è indirizzato al tribunale nel quale il debitore ha la residenza. Tale competenza per territorio è da ritenersi inderogabile ex art. 28 c.p.c. 
Benché la legge taccia sulla qualifica, viene in essere una vera e propria domanda giudiziale. Essa è, infatti, rivolta a un tribunale nel rispetto di precise regole di competenza e instaura nell’immediato un rapporto processuale tra debitore e giudice e successivamente tra proponente e creditori, all'esito di un primo positivo vaglio giudiziale di ammissibilità, posto che i creditori medesimi come “qualunque altro interessato” possono contestare la convenienza del piano a tenore del comma 4 dell’art. 12-bis
Il piano è redatto con l’“ausilio” dell'OCC, che somma funzioni di consulente del debitore, ausiliario del giudice e organo di tutela dei creditori, svolgendo compiti che nel concordato preventivo sono espletati dal commissario giudiziale e dall'esperto attestatore. Il contenuto del progetto di ristrutturazione è rimesso alla libertà e alla fantasia del proponente, che è emancipato da restrizioni di merito e di metodo e – parrebbe – anche da una soglia di durata del piano. 
Una parte cospicua della giurisprudenza di merito insiste, in realtà, sulla necessità di fissare in concreto un arco-piano di ragionevole durata, ritenendo insuscettibili di placet programmi di risanamento cronologicamente sfuggenti[42].
Benché la L. n. 3 del 2012 sia reticente in merito alla durata del piano del consumatore, il limite è stato individuato ora richiamando per consonanza quanto affermato per il concordato preventivo[43], ora guardando alle previsioni della c.d. “Legge Pinto”[44], ora insistendo più genericamente sulla ragionevole durata del processo[45]. 
La giurisprudenza di legittimità, peraltro, sembra andare in senso contrario preordinazione di un limite di durata fisso[46]. 
Ai sensi del comma 2 dell’art. 9, la proposta è accompagnata dall'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione dei relativi crediti, del titolo delle obbligazioni e di tutte le somme dovute, con le relative scadenze e gli interessi; vanno precisati anche i crediti contestati. Ancorché non sia specificato, appare indispensabile che accanto all'indicazione delle somme dovute ai creditori siano messe in evidenza, ai fini della valutazione dell’ipotesi ristrutturatoria, le eventuali cause di prelazione. 
È necessario produrre l'elenco dei beni del debitore, che pertiene non solo agli elementi che compongono l'attivo ma ad ogni altra utilità idonea a tradursi in un valore liquidabile: rileva quindi anche il singolo credito suscettibile di scaturire dall’esecuzione di contratti in corso.
Tra le allegazioni figura l'elenco degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, in eloquente correlazione con il periodo di esperibilità dell'azione revocatoria (art. 2901 c.c.) e delle azioni di annullamento. Vanno prodotte anche le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni.
Gli oneri di produzione di dichiarazioni reddituali e scritture contabili, al pari di quelli aventi ad oggetto gli atti di disposizione dell'ultimo quinquennio, in quanto facenti riferimento a condotte pregresse del debitore, finiscono per configurare larvatamente altrettanti requisiti di meritevolezza che condizionano l’ammissibilità della domanda, assolvendo così anche ad una funzione selettiva, che disegna una qualche disparità rispetto all'imprenditore fallibile, la cui crisi è suscettibile di regolazione concordata con i creditori senza alcun vincolo di deposito preventivo delle scritture contabili ed anzi senza che l’omessa tenuta delle stesse sia suscettibile di avere di per sé rilevanza impeditiva.
Essenziale è il deposito dell'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia. Può trattarsi non soltanto delle spese strettamente inerenti alla sopravvivenza alimentare del debitore e della famiglia, ma anche di quelle intrinsecamente connesse al tenore di vita attuale che il proponente intende mantenere. La predeterminazione di oneri che dovranno essere sostenuti durante la procedura è volta ad informare i creditori sulla quota di patrimonio o di reddito sottratta alla loro soddisfazione, neutralizzando i conflitti fra costoro, il debitore e i componenti del suo nucleo familiare. Pertanto, l'elenco dovrà coprire l'intero periodo previsto dal piano. 
La menzione dello stato di famiglia anagrafico nell’ultimo inciso del comma 2 dell’art. 9 e la ratio della norma implicano che il nucleo familiare in rilievo ricomprende tutti coloro che sono legati al debitore da obblighi di mantenimento o di sostentamento di natura anche solo convenzionale o derivante da una situazione di convivenza fattuale.
È indispensabile, poi, una attestazione di fattibilità, redatta dall'OCC e che assume foggia e contenuto pressoché analoghi a quelli previsti nell'ambito del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione ex artt. 161 e 182-bis L. fall. e – in prospettiva – 44 e 57 CCII. L'attestazione si traduce in un giudizio esplicito e motivato – supportato dalla previa verifica dei dati concernenti l'attivo disponibile ed il passivo da soddisfare – di probabile idoneità del programma d’azione a concretizzarsi secondo i tempi e i modi predefiniti dal debitore. La forma dell’attestazione è, dunque, quella di una vera e propria relazione che, sulla base della documentazione disponibile e degli accertamenti eseguiti, preconizza ragionevolmente la capacità del debitore di osservare gli impegni assunti in seguito all’omologa del piano.
Va da sé che la proposta debba essere assistita, innanzitutto, da un piano finanziario che faccia emergere gli elementi utili ai fini del giudizio di convenienza, dando conto delle risorse necessarie, delle fonti di approvvigionamento, delle eventuali garanzie, dello schema scadenzato dei pagamenti, delle iniziative da intraprendere e dei tempi all’uopo necessari.
La copiosa documentazione passata in rassegna è necessaria all'accertamento dei presupposti di ammissibilità della procedura di cui all’art. 7 L. n. 3/2012 e favorisce la valutazione della convenienza offrendo ogni notizia utile a comporre un quadro completo ed adeguato delle concrete possibilità di realizzo e delle operazioni patrimoniali progettate, anche nell’ottica di accertare eventuali atti di frode o tentativi di abuso dello strumento.
Il deposito dei documenti sembra assumere carattere di indefettibilità, anche alla luce dell'art. 10 L. n. 3/2012, che subordina al positivo riscontro della completezza del corredo documentale l’ammissibilità della domanda. 
Nel contesto del CCII, il bagaglio documentale della domanda è tratteggiato dal comma 2 dell’art. 67, con non minore attenzione rispetto alla disciplina vigente, dovendo esso includere, oltre al piano, l’elenco dei creditori, l’elenco dei dati sulla consistenza del patrimonio; l’indicazione degli atti di straordinaria amministrazione e quindi sostanzialmente degli atti di disposizione del patrimonio compiuti negli ultimi cinque anni (di nuovo coerentemente con il termine di prescrizione stabilito dal codice civile per la revocatoria ordinaria), la dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni; l’indicazione delle entrate del debitore da attività lavorativa o da altra fonte, con la precisazione di quanto occorre per il mantenimento della famiglia.
Nel vigore della L. n. 7/2012 si agita il dubbio sul se il ricorso per l’accesso al piano del consumatore sia sottoscrivibile personalmente dal ricorrente. Il tenore letterale dell'art. 7 è equivoco, nella misura in cui riconosce al debitore il potere di proporre la domanda “con l'ausilio” degli organismi di composizione della crisi; non meno ambigua la littera legis dell'art. 15, comma 5, secondo cui l'organismo “assume ogni iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione e all'esecuzione dello stesso”. 
Nel CCII l’art. 68 fa chiarezza, affidando l’avvio della procedura all’intervento dell’OCC costituito presso il tribunale competente, che è quello del circondario in cui il debitore ha la residenza[47]. La presentazione della domanda spetta, pertanto, all’organismo, che su incarico ricevuto dal debitore, non solo individua di concerto con lui la scelta ristrutturatoria maggiormente opportuna, ma tiene le veci di legale del sovraindebitato che assiste.
5.1 . Il debito tributario “trasparente”
Il comma 1-quinquies dell’art. 8, introdotto dalla L. n. 176/2020, dispone che l’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne dà notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, affinché entro trenta giorni comunichino il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti.
La norma è volta a consentire agli uffici di rendersi attivi e vigili tempestivamente nella procedura, comunicando il debito tributario del sovraindebitato all’OCC e favorendo la ricognizione indilazionabile della propria posizione. Ciò, al fine di poterne tener conto sia nella relazione particolareggiata di cui al comma 3-bis dell’art. 9 L. n. 3 del 2012, sia nella predisposizione della proposta di ristrutturazione delle passività.
Per tale ragione si spiega la scelta di un termine strettissimo, che decorre dal momento in cui il debitore si rivolge all’OCC sottoscrivendo la domanda, collocandosi, pertanto, in un frangente in cui non è affatto scontato che l’attività dell’organismo finisca per partorire una reale proposta di affronto della crisi.
6 . La relazione particolareggiata e la meritevolezza
La procedura di accordo ed il piano del consumatore sono attualmente, in larga parte, disciplinati dalle medesime regole. Ciò nonostante, se nell'accordo la convenienza della proposta è vagliata dai creditori, il piano del consumatore s’atteggia ad atto unilaterale del debitore, in quanto rivolto al tribunale che ha il compito di approvarlo per mezzo dell'omologazione. 
Per sopperire alla mancanza del voto dei creditori il legislatore ha previsto un giudizio di meritevolezza[48]. A tal fine alla proposta di piano va allegata, ex art. 9, comma 3-bis, una relazione particolareggiata dell'organismo di composizione della crisi che tocca molteplici aspetti, delineando una griglia di valutazione sin da subito rimessa al sindacato del tribunale. 
Nella struttura originaria della norma la relazione contiene l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell'assumere volontariamente le obbligazioni; l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, al fine di accertare che l'accesso al credito da parte di quest'ultimo non sia stato perseguito nella consapevolezza di non poter fare fronte agli impegni presi o in misura non proporzionata alle sue capacità patrimoniali; il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni; l'indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori; il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a supporto della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria.
I profili attinti dalla relazione persuadono che suo tramite il legislatore abbia dato sostanza al presupposto soggettivo di accesso alla procedura rappresentato dalla meritevolezza. Gli elementi enucleati sono tutti mirati a svolgere un apprezzamento dell’affidabilità o della disinvoltura del debitore e della diligenza o della leggerezza delle sue condotte. La strada della ristrutturazione è destinata a restare preclusa sol che si riscontri un’inaffidabilità del richiedente, vuoi perché si appuri l'assunzione di obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, vuoi perché si constati una responsabilità nella determinazione del sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non commisurato alle proprie capacità patrimoniali[49]. 
Il contenuto della relazione è stato riplasmato dall’intervento emergenziale svolto con L. n. 176/2020. Essa deve ora contenere l’indicazione delle cause dell’inadempimento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni; l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore ad adempiere le obbligazioni assunte; la valutazione sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata; la segnalazione dei costi presumibili della procedura; l’indicazione dell’avvenuta valutazione da parte del finanziatore del c.d. “merito creditizio”, con la deduzione dell’importo necessario al debitore a mantenere un dignitoso tenore di vita, in relazione al suo reddito disponibile. A tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno di sociale, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
Significativo venga previsto, in conformità con la legge delega, che l’OCC espliciti se il finanziatore abbia valutato, nell’accordare il finanziamento, il merito creditizio. Gli istituti bancari vengono responsabilizzati mediante l’incombenza di un monitoraggio attento al singolo utente, affinché non venga a trovarsi a dover far fronte a obbligazioni non calibrate alla sua dimensione economico-reddituale effettiva.
Non è più prevista l'indicazione degli atti eventualmente impugnati dai creditori, trattandosi di elementi che evidentemente non sono destinati a interferire con il vaglio del giudice qualora non integrino atti di frode ai creditori.
Non è più contemplata neppure l’indicazione dell’espletata valutazione sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria benché quella valutazione, ogni qualvolta i creditori chiedano la prova di convenienza, rappresenti uno snodo cruciale al quale sarebbe essenziale il giudice giungesse documentalmente edotto.
Gli obiettivi sono netti: la presentazione della domanda comporta una valutazione della condotta del debitore e del supponibile sviluppo della procedura. È a tal fine, che l’OCC deve allegare un elaborato idoneo a comporre un “cruscotto” di informazioni utili a stimare, tanto la meritevolezza (indicazione delle cause dell’indebitamento ed esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte), quanto l’affidabilità dei dati sui quali il piano è fondato (attendibilità della documentazione), quanto – infine – i tempi e i costi della procedura (quindi essenzialmente l’accordo sui compensi tra OCC e debitore).
Con ogni evidenza il congegno maggioritario e la raccolta delle adesioni dei creditori sono rimpiazzati da un contrappeso di sistema che si sostanzia in un giudizio avveduto del tribunale in punto di meritevolezza del debitore e di affidabilità del progetto di ristrutturazione proposto. 
La meritevolezza conserva un ruolo centrale coincidendo proprio con l'assenza di colpa – ora grave – nella determinazione dissesto. Ricorre quando il consumatore, confidando sull'entità disponibile di reddito e patrimonio, ha ritenuto di poter ragionevolmente pagare ogni debito alla scadenza finendo per trovarsi in una condizione di sproporzione tra risorse e passività non causata da una condotta colposa[50].
Una lettura accorta induce a limitare l'accesso alla procedura del piano ai soli casi in cui il disagio economico-finanziario sia frutto di fatti sopravvenuti e imprevedibili.
Fattori esterni non imputabili al debitore sono la perdita del posto di lavoro, il calo inatteso dei redditi, la malattia di un familiare, una ludopatia certificata[51], la subita usura, un aggravio dei costi di sostentamento determinato da una crisi coniugale, il mancato incasso di crediti attesi[52]. 
Tuttavia, il sovraindebitamento spesso non è un fenomeno istantaneo, quanto il prodotto di un deterioramento finanziario progressivo; ciò implica un attento esame incentrato sull'indebitamento iniziale e sui singoli motivi e scopi che hanno portato il consumatore a contrarre ulteriori obbligazioni, non rivelandosi priva di riflessi sul grado della colpa la circostanza che i finanziamenti siano stati acquisiti, non per aspirazioni voluttuarie, ma per l’esigenza di sostenere economicamente i figli nei loro studi[53] o nell’intrapresa di attività economiche[54].
L’assenza di meritevolezza condiziona la prosecuzione della procedura impegnando il tribunale a negare l'omologazione. Tuttavia, il tribunale può discrezionalmente concedere, ai sensi del comma 3-ter dell’art. 9 L. n. 3/2012, un termine utile ad integrare la proposta e le allegazioni. Qualora concesso, questo tempo supplementare consente all’OCC, nell’esercizio di un’attività consulenziale di sostegno al debitore, di suggerirgli le preventive correzioni di rotta, scongiurando un giudizio negativo del giudice. 
La prospettiva riassunta non muta nel CCII. La presentazione della domanda comporta una valutazione della condotta del debitore e del probabile sviluppo della procedura ed è a tal fine che l’OCC dovrà allegare alla domanda, anche in quel quadro, ai sensi dell’art. 68, comma 2, CCII una relazione contenutisticamente identica all’attuale, per far luce sui profili poc’anzi segnalati. 
7 . Il trattamento dei prelazionari
A tenore del comma 4 dell’art. 67 CCII i creditori privilegiati o con garanzia reale possono essere destinatari di un livello di soddisfacimento anche non integrale, purché non inferiore al valore realizzabile nell’alternativa ipotesi della liquidazione, tenuto conto del valore di mercato del bene oggetto della garanzia come attestato dall’OCC[55].
La norma riprende per intero il secondo inciso dell’art. 7 L. n. 3/2012, che in punto di disciplina dei presupposti di ammissibilità delle di accordo di composizione e piano del consumatore testualmente prevede la possibilità che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca non siano soddisfatti totalmente, purché ne sia assicurato il pagamento in misura non minore rispetto a quella realizzabile, per primazia di collocazione sul ricavato, nel caso di liquidazione coattiva dei cespiti o dei diritti sui quali insiste la causa di prelazione al valore commerciale attestato dal predetto organismo.
La previsione di un pagamento parziale e di una dilazione nel pagamento dei crediti prelatizi insegue uno scopo ampliativo dei margini operativi di ristrutturazione del debito nelle diffuse ipotesi in cui il debitore sia titolare di beni già incisi da garanzie reali. 
Lo schema della falcidia mutua la regola prevista dall’art. 160, comma 2, L. fall., ora riprodotta nell’art. 85, comma 7, CCII, attribuendo al debitore una facoltà di declassamento dei crediti privilegiati imperniata su un criterio del tutto analogo a quello delle norme d’ambito concordatario preventivo.
La giurisprudenza di legittimità ha significativamente chiarito che nelle procedure di sovraindebitamento ristrutturatorie è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine annuale dall'omologazione previsto dall'art. 8, comma 4, L. n. 3/2012 ai fini della moratoria, sol che si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme a essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, sol che sia data a essi la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore[56].
Il dato letterale della norma, che permette il pagamento dei creditori privilegiati solo entro un anno dall'omologa, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni ove sussiste la causa di prelazione, viene superato sul presupposto della previsione di un meccanismo di espressione di volontà dei creditori prelatizi falcidiati. Nella visuale nomofilattica, infatti, non può aprioristicamente escludersi che gli interessi del creditore risultino meglio presidiati con un piano del consumatore, che pur preveda una dilazione di significativa durata, piuttosto che per mezzo della vendita forzata dei beni del patrimonio del debitore[57]. La soluzione tesa a ristrutturare il debito potrà essere valutata favorevolmente dai creditori, ben sapendo gli stessi che il patrimonio del debitore, aggredibile tramite esecuzione forzata, molto spesso non risulta in grado di soddisfare integralmente le loro ragioni, tenuto conto di quanto gravano nelle esecuzioni forzate gli oneri e costi di procedura e le endemiche ed inevitabili svalutazioni dei cespiti liquidati[58].
Rimane apparentemente distonica per il piano del consumatore la previsione del coinvolgimento interlocutorio dei creditori privilegiati pagati oltre il termine annuale: la procedura concorsuale di che trattasi non prevede, infatti, alcuna espressione di voto. 
L’opzione nomofilattica non è del tutto persuasiva.
Non tanto per la difficoltà, empiricamente non insormontabile, di allestire per i creditori incisi un momento processuale utile a farli esprimere sulla proposta.
A convincere poco è la costruzione per atto unilaterale del debitore di un diritto di voto che diviene succedaneo del diritto di garanzia. Il voto, ove è previsto (art. 177 L. fall. e 109 CCII), spetta ai creditori privilegiati in ipotesi di incapienza del bene o di rinuncia alla causa di prelazione che assiste il credito. È abbastanza bizzarro che al debitore sia consentito l’azzeramento arbitrario della funzione e dell’effettività della garanzia attraverso l’attribuzione, in luogo di essa, di una facoltà di “manifestazione del pensiero” sulla propria proposta di modifica unilaterale delle condizioni di adempimento dell'obbligazione, proposta il cui contenuto potrà essergli imposto dal giudice o manu militari dalla maggioranza di creditori di grado chirografario. 
Più ragionevole, allora, consegnare l’ultrannualità della dilazione alla “regola del consenso”. La dialettica tra il debitore e i creditori prelazionari trova una sintesi efficace, più che nel processo, nella negoziazione “in buona fede” a margine di esso, con l’eventuale stipula di appositi patti para-concordatari aventi a oggetto proprio la rimodulazione delle tempistiche di pagamento dei prelatizi. 
In alternativa, si è indotti a ritenere che l'adesione del creditore privilegiato leso dal pagamento tardivo evidentemente vada apprezzata come condizione necessaria per l'omologa del piano, non essendo né previsto, né plausibile che il giudice si sostituisca nell'approvazione del piano ai privilegiati parzialmente degradati al chirografo, non rientrando un tale esercizio sostitutivo nel vaglio giudiziale perimetrato dai commi 3 e 4 dell’art. 12-bis L. n. 3/2012.
8 . La falcidiabilità del debito IVA
Con la riforma ex L. n. 176/2020 è stato soppresso il terzo periodo dell’art. 7 della L. n. 3 del 2012, che ammetteva per l’IVA la sola dilazione di pagamento, escludendone la decurtazione contemplata per gli altri tributi. Nell’ambito primigenio delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento era ipotizzabile la falcidia dei crediti provvisti di privilegio ai sensi dell’art. 2752 c.c. Tuttavia, qualora nel recinto del piano fosse rientrata l’imposta sul valore aggiunto, rimaneva percorribile solo la dilazione nel pagamento dell’importo secondo la norma su richiamata. 
Della disposizione ora eliminata la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui escludeva che il piano ristrutturatorio potesse prevedere il pagamento parziale dell’IVA alla stessa stregua degli altri crediti concorsuali[59]. Ad onta di situazioni omogenee tra loro, i debitori sovraindebitati venivano discriminati rispetto quelli legittimati a proporre il concordato preventivo, per i quali la falcidia del credito IVA è consentita a tenore dell’art. 182-ter L. fall.
La pronuncia del giudice delle leggi ha sancito, dunque, una nuova opportunità operativa che il legislatore emergenziale si è ora incaricato ab implicito di positivizzare.
9 . La cessione del quinto
La L. n. 176/2020 ha incapsulato nell’art. 8 L. n. 3/2012 un incentivo poderoso alle procedure da sovraindebitamento, attraverso il nuovo comma 1-bis, in forza del quale la proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno [60].
Una disposizione identica a quella ora introdotta si ritrova nel terzo comma dell’art. 67, comma 3, CCII, precetto del quale viene sostanzialmente anticipato il corso.
È così trasfuso ante tempus nella disciplina attuale un principio scolpito nell’art. 9, lett. d), della L. 19 ottobre 2017, n. 155 del 2017 (c.d. Legge delega per la riforma delle procedure concorsuali) [61].
Il “quinto” verrà regolato come debito di massa, agevolando la liberazione di risorse a vantaggio di tutti i creditori.
Il caso di riferimento è quello quasi classico in cui la messa a disposizione di utilità da parte del debitore comprenda la retribuzione da lavoro e la stessa sia stata addirittura vincolata nell’anzidetto limite di un quinto. Un’espressione attigua, se non omologa, della questione è quella in cui tale frazione stipendiale sia stata attinta da un pignoramento. In ambedue le ipotesi si realizza, infatti, una modificazione soggettiva del destinatario finale (o assegnatario) della somma attraverso una cessione pro solvendo di una parte del credito [62].
Pur con varietà d’accenti, l'opinione assolutamente prevalente nel contesto pre-novellato era proprio nel senso della non vincolatività delle cessioni stipulate anteriormente all'apertura della procedura, posto che qualora così non fosse tali negozi ostruirebbero l'accesso alla stessa [63].
La nuova norma sancisce perspicuamente che la cessione “preventiva” non è opponibile alla procedura da sovraindebitamento. Il contrasto fra il debitore che si ponga nella carreggiata della ristrutturazione del debito e il creditore cessionario (o assegnatario) del quinto è risolto ab ovo in via normativa ad appannaggio del primo.
La nuova disposizione consente di utilizzare in toto il credito del finanziatore, attraendolo nell’orbita del concorso. In tal senso, esso sarà falcidiabile per quanto riguarda il quantum e rimodulabile per ciò che concerne i tempi e le modalità di soddisfazione, che potranno prevedere una riduzione del prelievo mensile consentito come pure la sua immediata cessazione.
È fatto salvo il rispetto di quanto previsto dall'art. 7, comma 1, secondo periodo, sicché deve essere osservata la prescrizione che consente il pagamento non integrale dei crediti assistiti da ipoteca, pegno o privilegio a condizione che l'importo offerto non sia inferiore a quello realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dall'OCC.
Nel sovraindebitamento la norma di nuovo conio echeggia, a grandi linee, lo schema dell’art. 44 L. fall., rieditato dall’art. 144 CCII, sull’inopponibilità ai creditori in concorso dei pagamenti successivi all’accertamento dell’insolvenza. I pagamenti posteriori all’ammissione alla procedura da sovraindebitamento si risolverebbero in preferenziali e confliggenti con il principio della "par condicio" (o con lo stendardo sforacchiato che ne è rimasto).
Ci muoviamo in ambiente concorsuale, non nel corpo del diritto civile della tradizione. La ristrutturazione è procedura che in tanto esiste in quanto assicura il concorso tendenzialmente paritetico fra i creditori.
La cessione del credito, al pari dell’assegnazione da parte del giudice dell’esecuzione, ha sicuramente effetto definitivo. Tuttavia, il dato sensibile è quello per cui si tratta della cessione – ma lo stesso vale concettualmente per l’assegnazione – di una parte di reddito che maturerà soltanto in mensilità future [64]. Pertanto, gli effetti in corso all’atto dell’apertura della procedura da sovraindebitamento non possono che proseguire nel rispetto della par condicio [65].
Il cessionario del quinto non beneficia di un effetto conclusivo ed immutabile, come nella cessione del credito tout court, ma soltanto di una modalità di riscossione, che esige successivi pagamenti periodici e che diviene incompatibile con la procedura concorsuale in rapporto a quanto residua alla data di inaugurazione del concorso.
La concorsualità della procedura postula il coinvolgimento in essa dell’intero patrimonio del debitore (c.d. universalità oggettiva) e di tutti i suoi creditori (c.d. universalità soggettiva), i quali “hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione” (art. 2741 c.c.). Ne consegue il principio in base al quale i debiti debbono intendersi interamente scaduti quando si varca la barra del recinto del concorso fra i creditori. Da qui l’effetto per cui la prosecuzione di un finanziamento erogato dietro cessione del quinto diviene inammissibile risolvendosi in una frustrazione dell’universalità della procedura e di quella par condicio che con essa vive in simbiosi.
I vincoli imposti o volontariamente assunti dal debitore valgono fino a quando costui non patisce l’effetto straordinario della procedura da sovraindebitamento, che travolge le obbligazioni precedenti convogliandole entro l’unico ambito deputato a dare ordine ai pagamenti sulle basi nuove della parità di trattamento e della graduazione delle cause di prelazione.
La cessione o l’assegnazione del quinto dello stipendio operano, d’altronde, il trasferimento di un credito futuro, cui è insita un’efficacia eminentemente obbligatoria, secondo l’avviso sedimentato della giurisprudenza di legittimità [66].
La nuova norma non disegna un arabesco nel sistema, muovendosi piuttosto tra le linee rette di questo. Finché il credito non diviene esigibile, cessione e assegnazione sono una forma di garanzia di restituzione dell’importo dovuto. Prima della maturazione del diritto alla retribuzione, la titolarità della somma rimane in capo al dipendente, sicché è coerente possa disporne nella procedura concorsuale intrapresa.
In effetti, se quest’ultima è idonea ad impattare in senso sospensivo sulle esecuzioni forzate, il medesimo effetto di blocco non può che aversi sulla quota di cessioni e assegnazioni che non sia stata anteriormente all’apertura del sovraindebitamento ancora riscossa [67].
La nuova norma, coerente con i principi dell’ordinamento giova, dunque, a sgomberare il campo da equivoci esegetici, restituendo razionalità allo strumento e margini di manovra al debitore.
Diversa anche nello scenario tratteggiato dalla mini-riforma natalizia sembrerebbe la sorte della cessione del quinto conclusa dal debitore a fronte di un finanziamento strumentale al reperimento della provvista sufficiente per proporre ai creditori la ristrutturazione dei debiti nei loro confronti. Il ricorso al finanziamento con cessione previsto nell'ambito di un piano del consumatore, in forza del quale il soddisfacimento in percentuale dei crediti avverrà mediante sottoscrizione di contratto di cessione di un quinto dello stipendio, parrebbe compatibile con la struttura del piano e con la sua finalità, atteso che lo stesso art. 8, primo comma, della L. n. 3 del 2012, prevede la ristrutturazione dei debiti ed il soddisfacimento dei crediti attraverso qualsiasi forma [68]. 
10 . La sorte del mutuo ipotecario
Il mutuo è un contratto reale con effetti reali. La traditio della somma ne comporta il passaggio di proprietà. A sopravanzare non è un contratto pendente, ma una mera controprestazione restitutoria, cioè nulla di più che un debito di denaro da adempiere. E com’è noto, ex art. 55, comma 2, L. fall., i debiti pecuniari, siano muniti o meno di garanzia, si considerano scaduti agli effetti del concorso alla data in cui quest’ultimo si apre. Da qui l'obbligo del pagamento integrale, immediatamente dopo la dichiarazione di fallimento o – mutatis mutandis – l’omologa, di quello che era un finanziamento, ma si è ormai tradotto in un’obbligazione scaduta. La cristallizzazione della massa passiva, rispondente all'esigenza di rimuovere in radice il rischio di situazioni disomogenee o sperequative, implica che i crediti debbano concorrere secondo l'importo che recano al momento dell’apertura del concorso [69]. Si tratta di un principio immanente all’ordinamento concorsuale, ancorato alla par condicio, e che come tale permea anche le procedura di sovraindebitamento. Pertanto, il debitore che volesse mantenere la disponibilità del bene dovrebbe pagare il creditore ipotecario integralmente e immediatamente (o entro il termine in cui è consentita la dilazione) e nei limiti del valore del bene, con una conseguente drastica strozzatura delle opportunità concrete di utilizzo dello strumento del piano.
Per ovviare al descritto inconveniente, nella disciplina del CCII sono state previste in tema di sovraindebitamento alcune precise disposizioni (art. 67 per la ristrutturazione dei debiti del consumatore, art 75 per il concordato minore). Il legislatore dell’emergenza ne ha anticipato il meccanismo, calandolo nella disciplina vigente.
La novità è stata incardinata dalla L. n. 176/2020 nel nuovo comma 1-ter dell’art. 8, ai sensi del quale la proposta di piano del consumatore e la proposta di accordo formulata dal medesimo possono prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della proposta, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza  al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.
Scelta limpida: si vuol consentire il rimborso, alle date pattuite, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca che grava la c.d. “prima casa” se, alla data del deposito della domanda, il debitore è in regole coi pagamenti o fa prontezza di poterli in un’unica soluzione regolare. 
Viene favorito l’accesso del consumatore alla procedura ristrutturatoria sottraendo il debito per il rimborso del mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’abitazione alle regole del concorso. La norma permette al debitore che non sia stato rispetto al mutuo un “cattivo pagatore”, tanto da presentarsi in regola con i ratei scaduti precedentemente al deposito della domanda, di tenere una categoria di debito al di fuori della proposta. Analoga opportunità è assegnata al debitore che, sebbene in ritardo con i pagamenti, sia autorizzato dal giudice a pagare il pregresso per capitale e interessi al giorno della domanda. Ex facto oritur jus: il retroterra sociologico del piano del consumatore è in gran parte rappresentato da persone che provano a salvare la residenza di famiglia, che molto spesso rappresenta il sacrificio di una vita. 
Ove la ristrutturazione includesse la categoria del debito correlato alla casa in cui il sovraindebitato vive e risiede finirebbe per trovare un angusto spazio applicativo. Quello correlato al mutuo viene, perciò, fatto assurgere esplicitamente ad unico bene suscettibile di smarcarsi dall’universalità tendenziale della procedura di concorso [70].
L'operazione parrebbe percorribile anche in danno degli altri creditori, non essendo esplicitamente fissato alcun limite con riferimento alla capienza del valore dell'immobile. In tal senso, il giudice può autorizzare il pagamento alle scadenze quand’anche il valore del bene oggetto della garanzia sia minore del debito residuo e quindi la corresponsione per intero delle rate implichi un pregiudizio per i creditori, costretti a sopportare il pagamento integrale di un credito che in tutto o in parte sarebbe da degradare al chirografo.
Il giudice rimane, peraltro, obbligato a verificare, ai sensi dell’art. 12-bis, comma 4, L. n. 3/2012, la convenienza per i creditori della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria, non essendo il giudizio in parola escluso dalla norma.
11 . L’ammissione alla procedura
La prima fase processuale del piano del consumatore si condensa in un decreto d’apertura, che segna l’ammissione al procedimento. 
Ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, infatti, il giudice competente, qualora la proposta di piano soddisfi i requisiti di ammissibilità e non sussistano atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l'udienza per l’omologazione, disponendo, a cura dell'OCC, la comunicazione, almeno trenta giorni prima, a tutti i creditori della proposta e del decreto. Tra il giorno del deposito della documentazione allegata al ricorso e l'udienza non devono decorrere più di sessanta giorni.
Il decreto in parola ha un contenuto all’evidenza più ampio di quello assunto nel contesto dell’accordo di composizione (art. 10 l. n. 3/2012), potendo il magistrato verificare, non solo che la proposta soddisfi i requisiti previsti dagli artt. 7, 8, e 9, ma anche che non vi siano atti in frode dei creditori, verifica quest'ultima che nella proposta di accordo è posticipata all'udienza, ma che in ipotesi di piano viene in rilievo subito, a conferma della pregnanza del profilo della meritevolezza e della spiccata incisività del vaglio giudiziale. 
Si è ritenuto in giurisprudenza che il giudice possa addirittura rigettare prima facie l'istanza di ammissione alla procedura del piano, senza nemmeno fissare un'apposita udienza, qualora nel corso dell'esame preventivo accerti la carenza dei requisiti di ammissibilità della domanda di cui ai ridetti artt. 7, 8 e 9 [71].
Attraverso la fissazione d’udienza si apre una fase di contraddittorio con i creditori, i quali benché non siano chiamati a votare sono sollecitati a interloquire in ordine alla regolarità del procedimento, alla fattibilità che nel susseguente giudizio di omologazione il tribunale sarà chiamato a compiere e, infine, alla convenienza del piano prospettato, che infatti possono contestare.
Diversamente dal procedimento di accordo, il giudice, nel fissare l'udienza di comparizione dei creditori, non adotta i provvedimenti relativi alla pubblicità della proposta e alla sospensione complessiva delle azioni esecutive e cautelari di cui all'art. 10, comma 2, L. n. 3/2012. A mente del comma 2 dell’art. 12-bis la sospensione dei procedimenti esecutivi in corso (anche di taluni soltanto) sino alla definitiva omologa è discrezionale e viene disposta dal magistrato qualora nelle more della convocazione dei creditori la prosecuzione dei singoli giudizi possa pregiudicare la fattibilità del piano.
Quattro sono le divergenze rispetto all'inibitoria totalizzante che contrassegna l'accordo di composizione: in primo luogo, risalta l'attinenza del provvedimento sospensivo ai soli provvedimenti di esecuzione individuale già pendenti (i quali peraltro devono essere “specifici”), non anche il divieto di avviarne di nuovi; in secondo luogo, emerge la non inerenza dell'inibitoria ai sequestri conservativi e alla costituzione di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore; in terzo luogo viene in evidenza la provvisorietà intrinseca del provvedimento ora in esame, concesso solo “nelle more della convocazione dei creditori”; in quarto luogo, il periculum in mora assume una precisa coloritura dovendosi tradurre nel rischio concreto di vulnerare la fattibilità del piano.
12 . L’omologazione del piano
Nella L. n. 3/2012 la divaricazione di regole tra l'accordo di composizione e il piano del consumatore afferisce precipuamente l'omologazione, che per quanto attiene al piano è disciplinata nell’art. 12-bis.
Il legislatore non ha previsto, come per l’accordo, l'adesione della maggioranza dei creditori. Costoro, al cospetto di un dissesto di piccolo cabotaggio, difficilmente rivelerebbero un interesse traducibile in una partecipazione attiva, tanto che qualora quell’interesse in concreto affiorasse rischierebbe di collegarsi a motivi (o risentimenti) originati da un “microcosmo” di rapporti di natura personale, più che alla necessità di apprezzare la convenienza in sé della proposta.
I creditori, in buona sostanza, non devono accogliere o rifiutare la proposta, che è autoreferenziale e si rivolge unilateralmente all'autorità giudiziale. Della proposta i creditori sono informati con congruo anticipo rispetto allo scrutinio del tribunale affinché possano opporre eventuali contestazioni al piano, non vincolanti per il magistrato ai fini della decisione. Qualora, infatti, uno dei creditori censuri la convenienza del piano, il giudice procede al c.d. cram down e può omologarlo se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall’esecuzione di esso in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria (comma 4, art. 12-bis) [72].
Le contestazioni è ragionevole possano essere svolte nel contesto di quella che s’atteggia a vera e propria udienza di discussione tra le parti dei rapporti obbligatori ricadenti nel cerchio del concorso, oppure possano essere veicolate per iscritto attraverso note depositate in un termine assegnato. 
La sequenza procedimentale scarnita e priva di un momento di raccolta delle adesioni creditorie rende il piano uno strumento di sussidio forte per i consumatori in crisi [73]. La valvola di compensazione è in un ruolo di sintesi assegnato al magistrato. Il meccanismo del voto è, perciò, sostituito da un penetrante giudizio, che in base al comma 3 dell’art. 12-bis veniva a dipanarsi fino al Natale scorso su versanti eterogenei: fattibilità, convenienza, idoneità del piano ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e di quelli fiscali, accertamento della mancata assunzione di obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, assenza di una colposa determinazione del sovraindebitamento anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali [74].
Con l’obiettivo di fluidificare il procedimento di omologazione del piano del consumatore il comma 3 è stato riproposto ex L. n. 176/2020 in una lettera dimagrita a tenore della quale “Verificate l’ammissibilità e la fattibilità del piano nonché l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e risolta ogni altra contestazione anche in ordine all’effettivo ammontare  dei crediti, il giudice omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità”. 
Sono stati eliminati i riferimenti alla ragionevole prospettiva di adempiere e alla colpevole determinazione del sovraindebitamento. In buona sostanza, il vaglio giudiziale viene ad imperniarsi in misura pressoché assorbente su ammissibilità e fattibilità, compendiandosi nella prognosi sulla legittimità dei mezzi adoperati e sull’effettiva realizzabilità economico-giuridica della ristrutturazione ipotizzata [75].
Nel perimetro del vaglio giudiziale funzionale all’omologa, la meritevolezza del consumatore – aspetto soggettivo venuto a galla e setacciato già in fase di ammissione attraverso la disamina della relazione particolareggiata (v. § 6) – pur senza svanire, sembra sbiadire d’importanza, a vantaggio di un ruolo centrale assegnato all’aspetto oggettivo della tenuta e operatività della soluzione pianificata [76].
In punto di responsabilità soggettiva nella determinazione del dissesto, un importante novità è  stata incasellata dalla L. n. 176/2020 nel nuovo comma 3-bis, in forza del quale “Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i princìpi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”. 
La richiamata norma del TUB onera il finanziatore di somministrare al finanziatore informazioni adeguate e aggiornate sia in caso di concessione del credito che di aumento dei limiti di esso.
La previsione di nuovo innesto introduce la singolare figura del “creditore processualmente sanzionato”. Al soggetto attivo del rapporto obbligatorio che abbia colpevolmente determinato o peggiorato la situazione di sovraindebitamento dell’altra parte, se del caso anche omettendo quale finanziatore di verificare adeguatamente il merito creditizio del finanziato, sono indirizzate alcune sanzioni processuali: egli, infatti, non può presentare contestazioni al piano – a queste ultime è da intendersi riferito l’inappropriato lemma “opposizione” –  né reclamo avverso l’omologazione, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore [77], cause che per loro indole sono peraltro suscettibili di rilievo d’ufficio. 
La specifica considerazione che la novella normativa ha inteso riconoscere alla valutazione del merito creditizio è funzionale soltanto all’accertamento della legittimazione del creditore alla presentazione di opposizioni o reclami rispetto alla proposta del debitore, non spiegando l’effetto di creare una indiscriminata zona franca di incolpevolezza di quest’ultimo nel caso il finanziamento gli sia stato incautamente concesso [78]. 
La norma innestata nella disciplina vigente precorre la previsione del secondo comma dell’art. 69 CCII, che, del pari, commina sanzioni processuali al creditore che ha colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento anche omettendo, quale finanziatore, di verificare adeguatamente il merito creditizio del finanziato; tale creditore, infatti, non può presentare osservazioni al piano né reclamo avverso l’omologazione né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.
In virtù del rinvio operato dal comma 5 dell’art.12-bis all’art. 10 comma 2, L. n. 3/2012 al procedimento di omologa si applicano, anche ai fini del reclamo, le norme sui procedimenti in camera di consiglio che valgono nei limiti della compatibilità con la natura speciale e atipica del piano del consumatore [79]. La competenza sul mezzo impugnatorio è attribuita al tribunale in composizione collegiale, con l’esclusione del giudice che ha emesso il provvedimento negativo. 
In giurisprudenza si è ritenuto che in mancanza di specifiche disposizioni nella L. n. 3/2012  debba applicarsi per analogia il principio espresso nell' art. 180, comma 3, L. fall. con riferimento all'omologazione del concordato preventivo, traendone la conseguenza che il reclamo, rimedio di natura impugnatoria, presuppone necessariamente che il reclamante abbia visto in qualche modo disattese le sue richieste nella fase precedente oppure lamenti di non aver potuto partecipare per un vizio procedurale [80]. 
 L’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 12-bis prevede che l'ordinanza di diniego del piano del consumatore il giudice contiene la declaratoria di inefficacia del provvedimento di sospensione delle azioni esecutive individuali, ove adottato.
Le coordinate assunte dalla L. n. 3/2012 a seguito dell’intervento del legislatore dell’emergenza sembrano eguali a quelle entro le quali in tema di omologa si collocherà il CCII. L’art. 70, che nel suo contesto ne disciplina la relativa fase, al comma 1 è letteralmente identico all’art. 12-bis, comma 3, novellato e prescrive che superato il vaglio dell’ammissibilità il piano e la proposta sono pubblicati in apposita area del sito web del Ministero della giustizia, in forza di decreto del giudice comunicato entro trenta giorni a tutti i creditori, i quali potranno presentare, ai sensi del comma 3 dell’art. 70 medesimo, osservazioni nei venti giorni successivi indirizzandole via pec all’OCC.
Ai sensi del comma 4 della norma, con lo stesso decreto, su istanza del debitore, il giudice può accordare le misure protettive dirette a porre il patrimonio del debitore al riparo dalle iniziative individuali dei creditori tali da pregiudicare l’attuazione del piano.
L’ammissione non dispiega, dunque, effetti protettivi del patrimonio del consumatore, salva la facoltà discrezionale del giudice – in linea con la previsione dell'art. 12-bis, comma 2, l. n. 3 del 2012 – di disporre la sospensione di specifici procedimenti esecutivi la cui prosecuzione possa minare l’ipotesi ristrutturatoria. L’inibitoria si palesa quale esercizio di una facoltà discrezionale del magistrato. In caso di atti di frode, le misure adottate possono essere, ai sensi del comma 5, revocate, anche d’ufficio, previa instaurazione del contraddittorio.
Ai sensi del comma 6, l’OCC può proporre modifiche al piano, alla luce delle osservazioni ricevute dai creditori, riferendone al giudice. 
In base al comma 7, il giudice, se ritiene ammissibile e fattibile (economicamente) il piano, lo omologa con sentenza impugnabile ex art. 51 (impugnazioni in generale). 
In forza del comma 9, se un creditore o un qualunque interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice procede all’omologazione se comunque ritiene che essa consenta un soddisfacimento per il creditore in misura non inferiore a quello che questi potrebbe conseguire con la liquidazione controllata. 
Ai sensi del comma 10, se invece l’omologazione è negata, il giudice pronuncia decreto di rigetto – impugnabile – e revoca le misure protettive concesse. Il decreto è reclamabile ai sensi dell’art. 50 (norma che contempla il mezzo in questione con riferimento alla liquidazione giudiziale). 
A mente del comma 11, se vi è istanza del debitore o, in casi di inadempimento o frode, di un creditore o del pubblico ministero, il tribunale provvede con sentenza all’apertura della liquidazione controllata.
13 . Gli effetti dell’omologazione
L’art. 12-ter L. n. 3/2012 disciplina gli effetti dell'omologazione rispetto ai creditori con causa o titolo anteriore; essi sono analoghi a quelli dell'omologazione dell'accordo di composizione, sostanziandosi nel divieto ope legis di iniziare o proseguire azioni individuali [81], nel divieto di acquistare prelazioni sul patrimonio del debitore, nella generalizzata obbligatorietà del piano nei confronti di tutti i creditori anteriori alla data di esecuzione degli adempimenti pubblicitari previsti dall'art. 12-bis, comma 3, per il decreto di omologa [82].
Con l’omologa del piano cessano, inoltre, le limitazioni ai poteri di disposizione del patrimonio, che contrassegnano il debitore ammesso alla procedura, risolvendosi in uno “spossessamento attenuato” nel cui quadro costui, pur continuando a disporre dei propri beni e a proseguire i rapporti negoziali, soggiace a vincoli che ne restringono l’autonomia negoziale in punto di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione e di pagamenti (art. 12-bis, comma 5, L. n. 3/2012).
La regolare esecuzione del piano risulta certamente favorita dalla segregazione patrimoniale dei beni destinati al soddisfacimento dei creditori anteriori che gli effetti dell’omologazione determinano e che impedisce azioni esecutive su tali beni da parte dei creditori le cui ragioni di credito siano sorte successivamente alla presentazione della domanda. Il complessivo sistema tutela in modo adeguato sia i creditori, che possono contare in via esclusiva su un patrimonio destinato al loro soddisfacimento, sia i debitori, che in forza della relativa intangibilità dei beni da cui deve essere ricavato l’attivo da distribuire possono ragionevolmente confidare di adempiere il piano senza interferenze di soggetti non vincolati agli effetti della omologazione [83]. 
Il blocco delle esecuzioni individuali viene meno, ai sensi del comma 4 dell’art. 12-ter, in caso di mancato pagamento dei titolari di crediti impignorabili nonché dei crediti di cui all’art. 7, comma 1, terzo periodo (tra i quali si annoverano i crediti IVA, il cui mancato pagamento nei termini previsti, ancorchè non debba essere più integrale produce, pur sempre, l’effetto della cessazione degli effetti dell’accordo) [84]. 
L'accertamento dell'omesso pagamento va richiesto al tribunale, con ricorso che viene definito in camera di consiglio, così come avviene nell'ambito della disciplina dell'accordo ai sensi dell'art. 12, comma 4, l. n. 3/2012.
A mente del comma 3 dell’art. 12-ter l'omologazione non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso. Secondo uno schema che riprende quello del concordato preventivo ex art. 184 L. fall. e 117 CII, verso costoro lo sgravio dei debiti non opera, sicché essi potranno essere resi destinatari di iniziative dei creditori volti ad ottenere la soddisfazione tanto dell'intera pretesa, quanto del netto che residui in esito all'adempimento del piano medesimo.
L’effetto esdebitativo dell’omologa, pur immediato, non si consolida finché la proposta non sia integralmente adempiuta, posto che il mancato rispetto dell’accordo costituisce un inadempimento rispetto al quale i creditori sono legittimati ad insorgere con l’azione di risoluzione per inadempimento, chiedendo la conversione della procedura ristrutturatoria in liquidazione del patrimonio.
I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni dei beni posti in essere in violazione dell’accordo o del piano del consumatore sono inefficaci ex art. 13, comma 4, L. n. 3/2012. È sufficiente un’azione di inefficacia, esercitata dal liquidatore eventualmente nominato oppure dal creditore uti singuli, che miri alla verifica del mancato inserimento dell’atto impugnato nel piano, senza indagine sulla natura dolosa o colposa della condotta, né sulla dannosità dell’atto. 
Il CCII contempla un assetto di regole nettamente difforme, che non annovera la segregazione dei beni oggetto del piano; viene in rilievo il solo divieto di azioni esecutive nella fase antecedente l’omologazione, che si traduce in esito ad essa nell’obbligo del rispetto del piano concordatario per tutti i creditori anteriori, da lì in avanti semplicemente tenuti ad attendere lo sviluppo della procedura ed i tempi previsti nel piano omologato per i prospettati pagamenti. I titolari di ragioni di credito posteriori all’inizio della procedura di concordato minore rimangono liberi di agire in executivis su tutti i beni del debitore, finanche per far valere individualmente le prededuzioni che maturano ex art. 6 CCII. 
14 . L’esecuzione del piano
Le disposizioni sull’esecuzione sono contenute nell’art. 13 L. n. 3 del 2012. La disciplina dell'accordo e del piano, che si differenzia in alcuni passaggi nella parte procedimentale, torna ad essere comune nella fase esecutiva che segue all'omologa.
Il debitore deve provvedere ad adempiere le obbligazioni secondo identiche prescrizioni.
Un ruolo centrale è attribuito all'OCC, gravato, ai sensi del comma 2 dell’art. 13, del duplice compito di vigilare sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità e di risolvere le “eventuali difficoltà” attuative del piano, sottoponendole al giudice solo “se necessario”.
Il richiamo alle difficoltà è volutamente generico e onnicomprensivo; al relativo ambito devono sottrarsi soltanto le controversie in materia di diritti soggettivi e quelle afferenti la sostituzione del liquidatore per giustificati motivi, che in virtù del secondo periodo del comma 2 sono risolte dal giudice investito della procedura con un provvedimento decisorio che presuppone un procedimento in camera di consiglio teso ad assicurare l'effettività del contraddittorio e del diritto di difesa.
Sono fissate, poi, regole essenziali in punto di inefficacia dei pagamenti e degli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell'accordo o del piano; di sospensione per gravi e giustificati motivi; di prededuzione dei crediti sorti in occasione o in funzione della procedura.
Solo una volta adempiute le obbligazioni in conformità all'accordo si determina la vera e propria esdebitazione, con l'effetto liberatorio del debitore dal residuo di esse. 
È il debitore che, non subendo spossessamento alcuno, deve provvedere personalmente ai pagamenti e agli altri atti previsti nell'accordo e nel piano.
In forza del comma 1 dell’art. 13, se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento o se a stabilirlo è l’accordo, il giudice, su proposta dell'OCC, nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate (al fine di distribuirle). Il liquidatore va scelto tra i soggetti che hanno i requisiti per la nomina a curatore fallimentare, atteso il richiamo esplicito all'art. 28 L. fall. Le modalità di liquidazione dei beni che possono assumere la più varia fisionomia [85]. Nella L. n. 3 del 2012 non è, peraltro, previsto il diritto del debitore di controllare la gestione e di averne il rendiconto alla fine della liquidazione, come prescritto dall'art. 1983 c.c.
Ai sensi del comma 3 dell'art. 13, il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell'atto di disposizione all'accordo, anche con riferimento alla possibilità di pagamento di crediti impignorabili e privilegiati, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo. Benché la norma faccia riferimento al liquidatore, il giudice provvederà allo stesso modo qualora detto organo non vi sia.
L'ultimo inciso del comma 3, prevede che, con decreto motivato, il giudice possa sospendere d'ufficio gli atti di esecuzione per gravi e giustificati motivi.
Ai sensi del comma 4 dell’art. 13, viene fissato una sorta di “vincolo di destinazione” sulle risorse del debitore, posto che i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla data di esecuzione della pubblicità del decreto di omologa (comma 3 dell'art. 12). 
Il comma 4-bis dell’art. 13, sul calco dell’art. 111 L. fall., assegna il rango della prededuzione ai crediti sorti “in occasione o in funzione” di una delle tre procedure di cui alla L. n. 3/2012. La prededuzione è riconosciuta “con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e di ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”. La prededuzione riguarderà essenzialmente le spese di procedura, il compenso del liquidatore o del gestore e gli eventuali crediti dell'organismo di composizione connessi all'istruttoria relativa alla presentazione della proposta.
Per l'ipotesi d'impossibilità dell'esecuzione dell'accordo o del piano del consumatore per cause non imputabili al debitore, il comma 4-ter dell’art. 13 dispone che quest'ultimo, con l'ausilio dell'organismo di composizione, possa modificare la proposta, ai sensi degli artt. 10 s. L. n. 3/2012 [86]. Torneranno ad applicarsi in tal caso le disposizioni che regolano la procedura di accordo.
Dalla norma si evince a contrario che è precluso al debitore di poter modificare il piano suggellato dall’omologa qualora la mancata esecuzione dipenda da un inadempimento a lui imputabile. In questi casi è prevista soltanto la conversione nella procedura di liquidazione del patrimonio.
Certa giurisprudenza di merito ha ritenuto rientrante nel concetto di causa non imputabile ai fini della sospensione della procedura del piano la pandemia da Covid-19, anche alla luce delle rigide restrizioni dettate dall'autorità governativa a protezione della salute pubblica, che, imponendo divieti hanno reso di fatto impossibile l'adempimento di una obbligazione, a prescindere dal volere di chi si sia impegnato contrattualmente a farlo [87].
Nel CCII l’esecuzione del piano è disciplinata dall’art. 71. Poiché l’omologazione non comporta lo spossessamento del debitore né la perdita della capacità d’agire, la norma prevede che questi provveda ad adempiere le previsioni del piano sotto il controllo dell’organismo, cui continua a far capo anche la risoluzione delle difficoltà insorte nella fase attuativa, ricorrendo al giudice nei casi di necessità.
La vigilanza giudiziale sulla procedura è meglio scandita, in quanto assicurata attraverso relazioni che l’OCC deve depositare semestralmente (comma 1).
Viene introdotto, in forza del comma 2, il rendiconto, che una volta terminata l’esecuzione del piano l’OCC è tenuto a presentare. Se il rendiconto è approvato il giudice liquida il compenso e ne autorizza il pagamento; diversamente il giudice individua, ai sensi del comma 3, gli atti necessari per l’esatto adempimento del piano omologato e il termine entro il quale detti atti devono essere posti in essere. Scaduto inutilmente il termine l’omologazione è revocata.
La norma precisa al comma 4 che nella liquidazione del compenso il giudice tiene conto della diligenza dimostrata, potendo ridurre o anche escludere il compenso [88].
15 . Conversione
La Legge 3/12, anche dopo le recenti modifiche, conserva il piuttosto farraginoso sistema di cessazione degli effetti dell’omologazione articolato su molte ipotesi.  
L’art. 14- bis L. n. 3/2012 disciplina fattispecie di revoca e di cessazione di diritto degli effetti del piano. Il comma 1 della norma dispone la perdita automatica d’efficacia del piano nelle medesime ipotesi contemplate dall'art. 11, comma 5, l. n. 3/2012 per l’accordo, ossia laddove il pagamento in favore delle Pubbliche Amministrazioni e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza non sia avvenuto entro novanta giorni dalla scadenza dei crediti; analoga risoluzione ope legis viene in rilievo qualora siano scoperti atti in frode ai creditori commessi in costanza di procedura.
Il comma 2 della norma annovera talune fattispecie di scioglimento del vincolo connesso al piano su istanza del singolo. Rilevano, a tal fine: a) l'aumento o diminuzione del passivo con dolo o colpa grave, la sottrazione o dissimulazione di una parte rilevante dell'attivo, la dolosa simulazione di attività inesistente; b) l'inadempimento da parte del proponente degli obblighi derivanti dal piano, la mancata costituzione delle garanzie promesse, la sopravvenuta impossibilità di esecuzione del piano anche per ragioni non imputabili al debitore.
La risoluzione giudiziale è dichiarata in contraddittorio fra debitore e creditori, su ricorso di uno di questi ultimi proposto nel termine decadenziale di sei mesi dalla scoperta ed in ogni caso non oltre due anni o un anno – per le ipotesi, rispettivamente, di cui alle lett. a) e b) – dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto.
In virtù del rinvio operato dall'art. 14-bis, comma 6, all'art. 14, comma 5, l. n. 3/2012 trova applicazione il rito camerale anche per quanto concerne il reclamo al collegio. 
Ai sensi dell’art. 14-quater la revoca e la cessazione del piano comportano la conversione della procedura in quella di liquidazione del patrimonio, salvo che la cessazione del piano nelle ipotesi sub b) del comma 2 dell’art. 14-bis sia determinata da cause non imputabili al debitore.
La dichiarazione di cessazione degli effetti dell'omologazione non pregiudica, ai sensi del comma 5 i diritti dei terzi in buona fede.
Il CCII interviene sulle cause di cessazione degli effetti dell’accordo semplificando opportunamente il sistema, molto involuto, della L. 3/2012. 
È prevista, infatti, solo l’ipotesi della revoca ex art. 72 CCII dell’omologazione disposta dal giudice d’ufficio o su istanza di un creditore o di un qualsiasi altro interessato per atti di frode, ossia quando è stato dolosamente o colposamente aumentato o diminuito il passivo o sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo o siano state dolosamente simulate attività inesistenti o commesse altre frodi verso i creditori; il giudice “provvede allo stesso modo” in ipotesi di inadempimento degli obblighi previsti nel piano o quando il piano non sia più attuabile e non sia possibile modificarlo.
È l’art. 73 a contemplare la conversione della ristrutturazione consumeristica in procedura liquidatoria, proprio nei casi di revoca dell’omologazione. In particolare, il giudice può disporre la conversione della procedura in liquidazione controllata sempre se lo richiede il debitore; solo se la revoca consegue ad atti di frode o inadempimento, su istanza di un creditore o del pubblico ministero.
Il giudice, quando dispone la conversione, deve concedere al debitore un termine per integrare la documentazione e provvedere alla nomina del giudice delegato e del liquidatore.
16 . Rilievi conclusivi
Il sovraindebitamento del consumatore vive in una dimensione regolamentare sospesa fra la disciplina legislativa delle origini e quella concorsuale entro cui dovrebbe confluire. Della fisionomia futura il legislatore emergenziale ha divulgato un’anteprima, sulla spinta dell’emergenza. L’intervento va salutato con favore perché, nonostante per la sua connotazione “ortopedica” non metta a disposizione dei debitori tutto l’apparato di regole immaginato nel contesto della riforma organica, certamente consegna loro alcuni degli ingranaggi più innovativi del CCII. 
Ad uscirne allargato è l’alveo della concorsualizzazione dei debiti, con gli operatori messi in condizione di muoversi scontando una somma minore di incertezze applicative rispetto alla disciplina precedente.
Resta la criticità della mancanza di un precetto-cardine qual è, nel telaio già pronto del CCII, l’art. 65, norma che rimanda per le lacune di disciplina delle procedure da sovraindebitamento al paradigma delle procedure maggiori, fungendo da “cinghia di trasmissione” e rendendo le procedure minori “una parte del tutto”, informandole ai medesimi principi, orientandole verso gli stessi obiettivi. 

Note:

[2] 
Cospicua, tanto da non poterla inventariare per intero, la mole dei contributi sul tema. Tra gli altri v: D’Attorre-Fimmanò, La composizione delle crisi da sovraindebitamento, 2017, Pisani Massamormile (a cura di), La crisi del soggetto non fallibile,Torino, 2016; Caiafa e Vaglio (a cura di), La risoluzione delle crisi da sovraindebitamento, Roma, 2015; Ferro (a cura di), Sovraindebitamento e usura, Milano, 2012; Angelici e G.B. Ferri, Manuale di diritto commerciale,Milano, 2015, p. 821; Bonfatti, Gli incentivi alla composizione negoziale delle crisi d'impresa: uno sguardo d'insieme, in Bonfatti e Falcone (a cura di), Le procedure di composizione negoziale delle crisi e del sovraindebitamento, Milano, 2014, p. 33; Costa, Profili problematici della disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, in Dir. fall., 2014, I, p. 663; Del Linz, Spunti critici sulle nuove procedure di sovraindebitamento e ordinamenti a confronto, ivi, 2015, I, p. 482; De Matteis e Graziano, Crisi da sovraindebitamento ovvero il fallimento del consumatore, Rimini, 2015; Di Marzio, Macario e Terranova, La nuova composizione della crisi da sovraindebitamento, Milano, 2013; Fabiani, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur., 2012, p. 449; Falcone, Il trattamento normativo del sovraindebitamento del consumatore, in Giur. comm., 2015, I, p. 132; G. Ferri jr., Sovraindebitamento, piccoli imprenditori e imprese piccole, in Riv. dir. comm., 2012, I, p. 423; Frascaroli Santi, Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, inVassalli, Luiso e Gabrielli (diretto da), Tratt. dir. fall. e delle altre procedure concorsuali, IV, Torino, 2014, p. 563; Guiotto, La nuova procedura per l'insolvenza del soggetto non fallibile: osservazioni in itinere, in Fall., 2012, p. 21; Leozappa, Il sovraindebitamento del debitore fallibile, delle società professionali e degli enti pubblici, in Giur. comm., 2015, I, p. 574; Lo Cascio, La composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Fall., 2012, p. 1021; Macario, La nuova disciplina del sovra-indebitamento e dell'accordo di ristrutturazione per i debitori non fallibili, in Contratti, 2012, p. 229; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p. 2027 ss.; Nigro e Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2017, p. 582; Paciello, Prime riflessioni (inevitabilmente) critiche sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, in Riv. dir. comm., 2012, I, p. 83; Panzani, La composizione della crisi da sovraindebitamento dopo il d.l. 179/2912, in www.ilfallimentarista.it; Id., La composizione della crisi da sovraindebitamento, in www.treccani.it, 2012; Perrino, La "crisi" delle procedure di rimedio al sovraindebitamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Giust. civ., 2014, p. 435; Presti, Stanghellini e Vella (a cura di), L'insolvenza del debitore civile. Dalla prigione alla liberazione, in Analisi giur. econ., 2004, p. 337; Rispoli Farina, La nuova disciplina del sovraindebitamento del consumatore, in Problemi attuali di diritto privato. Studi in memoria di Di Prisco, Torino, 2016, p. 891; Sciuto, La crisi dell'impresa, in M. Cian (a cura di), Diritto commerciale, Torino, 2017, p. 165; Soldati, Il sovraindebitamento alla prova della riforma del diritto fallimentare, in Contratti, 2016, p. 628; Trisorio Liuzzi, Il procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento, in Giusto proc. civ., 2012, p. 649; Verde, Il sovraindebitamento, Bari, 2014.
[3] 
La stabilità di molte delle disposizioni è sintomatica, forse, di una implicita sospensione di giudizio sull’affidabilità delle regole: ancora circoscritto il rodaggio di esse, per decretarne la buona riuscita o l’insuccesso, come pure per lasciar immaginare per l’istituto "tripartito" una fisionomia differente.
[4] 
Ciò diversamente da quanto avviene per le altre procedure di regolazione della crisi ex art. 40, comma 1, CCII.
[5] 
Di Marzio, Il diritto negoziale della crisi d’impresa, Milano, 2011, passim.
[6] 
Per una primissima lettura “multimediale” sia consentito rinviare a Leuzzi, La riscrittura natalizia del sovraindebitamento, in www.dirittodellacrisi.it (area Podcast). Le prime applicazioni giurisprudenziali sono censite, invece, da Spiotta, Sovraindebitamento – Prime applicazioni della novellata L. n. 3/2012, in Giur. It., 2021, 4, p. 898.
[7] 
Sul tema v. Zanichelli, Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento, in Fallimento, 2021, 4, p. 441. 
[8] 
In tema v. Cracoli e Curletti, La nozione di consumatore tra codice del consumo e l. 3/2012, in Contratti, 2018, p. 81; Troiano, Significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, in Alpa e S. Patti (a cura di), Clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, in Comm. Schlesinger, Milano, 2003, p. 31. 
[9] 
Per tutti cfr. Pacchi, Il sovraindebitamento. Il regime italiano, in Riv. dir. comm., 2012, I, p. 694. 
[10] 
Trib. Milano, sez. II,  16 maggio 2015, in Il caso.it: ai fini dell'ammissibilità di una domanda di composizione della crisi da sovraindebitamento ex art. 6 legge n. 3/2012, per consumatore deve intendersi solo il debitore persona fisica il cui indebitamento non sia riconducibile ad un'attività imprenditoriale o libero professionale.
[11] 
La formulazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, per cui "ai fini del presente codice ove non diversamente previsto, si intende per: a) consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta" circoscrive con estrema chiarezza, l'ambito di operatività della disciplina consumeristica ai soli contratti conclusi con una persona fisica che agisca al di fuori dell'attività professionale eventualmente svolta.
[12] 
Significativo che Suprema Corte abbia ritenuto che la volontà legislativa sia stata certamente quella di escludere dal novero dei debiti "candidabili" alla procedura da sovraindebitamento quelli contratti per obiettivi connessi alla attività imprenditoriale o professionale svolta dal richiedente, ma non anche quella di postulare la totale estraneità della persona fisica a relazioni d'impresa o professionali: Cass 1 febbraio 2016, n. 1869, in Fallimento, 2016, p. 661, con commento di Pasquariello; in Giur. it., 2016, p. 817, con nota di Capoccetti. Nella giurisprudenza di merito v. Trib. Bergamo 16 dicembre 2014, in Il Fallimentarista, secondo cui anche l'imprenditore o il libero professionista possono avere qualifica di consumatore a condizione che le obbligazioni scadute e non adempiute, e che abbiano determinato il "sovraindebitamento", non siano riferibili in alcun modo all'attività d'impresa o professionale svolta.
[13] 
Cass., 11 gennaio 2001, n. 314, in Contratti, 2001, p. 491 nonché in Giust. Civ., 2001, p. 2151 con nota di Di Marzio, Intorno alla nozione di consumatore nei contratti; più di recente, Cass., 29 novembre 2011, n. 25212, in Dir. e Giust., 2011, p. 506, con nota di Bortolotti, Il fideiussore di una società non è un consumatore.
[14] 
La tesi del professionista "di rimbalzo" è stata originariamente formulata per il "caso Dietzinger" (Corte giust. CE 17 marzo 1998, causa C-45/96), in relazione all'interpretazione della nozione di consumatore dettata dalla Dir. 1985/577/CEE sui contratti negoziati fuori sede. La Corte di Lussemburgo era stata investita di rinvio pregiudiziale in ordine all'interpretazione della direttiva 85/577/CEE sui contratti conclusi fuori dei locali commerciali, con riguardo al caso di una fideiussione rilasciata, in favore della banca creditrice, da un soggetto estraneo all'attività di impresa esercitata dai genitori e per la quale egli si rendeva garante. Facendo leva sull'accessorietà della garanzia fideiussoria, veniva statuita - per quanto rileva - l'inapplicabilità al garante della normativa di tutela.
[15] 
Cfr. Corte giust. UE 19 novembre 2015, Tarc_u, in causa C-74/15, pubblicata, ex multis, in Banca Borsa, 2017, p. 276 e ss., con nota adesiva di Dolmetta e in Nuova giur. civ. comm.,2016, II, p. 1119, con commento di Renna.
[16] 
Trib Bologna 21 dicembre 2017, in www.ilcaso.it.
[17] 
Trib. Rovigo, 13 dicembre 2016, in www.unijuris.it
[18] 
Trib. Reggio Emilia, 19 novembre 2016, Il caso.it.
[19] 
Trib. Palermo, Sez. I,  31 luglio 2017, in Deiure. Di converso, è esclusa la qualità di consumatore ai fini della predisposizione del relativo piano nel caso in cui il debitore abbia prestato fideiussione a favore di un'attività d'impresa nella quale era professionalmente coinvolto: Trib. Torino 7 agosto 2017, in www.unijuris.it. 
[20] 
Cass., 16 gennaio 2020, n. 742, in Giur. It., 2021, 4, p. 834, con nota di Melano Bosco. In precedenza sembra esseresi posta in questa direzione soltanto Cass., 13 dicembre 2018, n. 32225, in Italgiure.
[21] 
Trib. Bergamo, 16 gennaio 2019, in Deiure: “Il condominio non è legittimato a proporre un piano del consumatore al fine di superare la crisi da sovraindebitamento in cui versi, in quanto, ai sensi dell'art. 6, comma 2, lett. b) , della L . n. 3/2012 solo una persona fisica può essere qualificata consumatore”
[22] 
Cass., Sez. Un., 18 aprile 2019, n. 10934, in Immobili e proprietà, 2019, 6, p. 387 ss. con nota di M. Monegat, Il condominio non ha personalità giuridica e l'amministratore non ne ha la rappresentanza processuale esclusiva: le azioni concernenti i beni comuni competono anche al singolo condomino.
[23] 
V. anche in chiave ricostruttiva Chiesi e Sturiale, Condominio: “Essere o non essere” (consumatore)?, in Immobili e proprietà, 2020, 8-9, p. 493.
[24] 
Secondo lo schema di Cass., 22 maggio 2015, n. 10679, in Italgiure.
[25] 
Per un esame delle diverse posizioni in dottrina e giurisprudenza Michelotti, I soci illimitatamente responsabili e le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2020, p. 315; Pasquariello, L'accesso del socio alle procedure di sovraindebitamento: una grave lacuna normativa, in Fallimento, 2017, p. 198.
[26] 
V. Trib. Milano, 18 agosto 2016, in www.ilcaso.it, per il quale “sembra incongruente procedere ad una sistemazione della situa-zione debitoria senza considerare tutti i debiti sociali oltre a quelli della socia …. Va altresì considerato che in qualunque momento la società potrebbe fallire trascinando il socio nel fallimento”. Contra ammettono l’accesso del socio a dette procedure Trib. Prato, 16 novembre 2016, in www.ilcaso.it, e Trib. Rimini, 13 marzo 2018, in www.ilcaso.it.
[27] 
È la soluzione perorata da Limitone, Accesso alla procedura di sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile di sas, in Il Fallimentarista e da Marturzi, La composizione delle crisi da sovraindebitamento mediante accordo di ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti, in Dir. fall., 2014, I, p. 1067. In giurisprudenza v. in tal senso Trib. Prato 16 novembre 2016, in Fallimento, 2017, p. 197, con commento di Pasquariello. In giurisprudenza si è sottolinato come il disposto dell'art. 9, L. delega n. 155 del 2017 indichi al legislatore delegato il criterio direttivo di includere nella procedura di sovraindebitamento i soci illimitatamente responsabili suscettibile validamente di costituire un criterio interpretativo della disciplina vigente, ancor prima dell'entrata in vigore del CCII: v. Trib. Rimini 13 marzo 2018, in www.ilcaso.it
[28] 
Artt. 153 e 154 L. fall. 
[29] 
In questo caso non si è in presenza di un unico patrimonio e di un unico soggetto debitore ma di un soggetto (la società) che ha contratto il debito e che risponde del medesimo con il suo patrimonio e di un altro soggetto dotato di un proprio patrimonio che risponde del debito in via sussidiaria e quindi gradata in quanto gode del beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale (art. 2304 c.c.).
[30] 
Parrebbero conciliabili in un modo affine la procedura di concordato preventivo omologato della società e la procedura del sovraindebitamento del socio.
[31] 
Anche all’art. 14-ter, in tema di liquidazione del patrimonio, dopo il comma 7 è stato aggiunto un comma 7-bis, in forza del quale “Il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.
[32] 
Trib. Novara, 25 luglio 2017, in Dejure.
[33] 
Trib. Napoli Nord, 18 maggio 2018, in relazione ad un piano del consumatore; Trib. Milano, 6 dicembre 2017, in relazione ad un accordo di composizione della crisi, entrambi in Dejure. 
[34] 
L’attenzione “concorsuale” verso le famiglie ha avuto una prima manifestazione proprio in Francia e nel Regno Unito, per poi diffondersi nei paesi nordici, infine in Spagna e Germania.
[35] 
Ha osservato Zanichelli, Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento cit., p. 441: “Si pone in tema di procedura familiare la questione della individuazione del tribunale competente per l'accesso nel caso in cui la connessione derivi non dalla convivenza ma dalla comunanza del titolo. In applicazione del dettato dell'art. 33 c.p.c. il foro competente è quello della residenza di uno dei debitori con l'avvertenza che non pare evitabile, nella vigenza della L. n. 3/2012, il rischio di forum shopping in quanto permane l'assenza di una disposizione come quella prevista dall'art. 28 CCII che prevede l'irrilevanza, ai fini della determinazione della competenza territoriale, degli spostamenti delle sede o della residenza nell'anno anteriore alla presentazione della domanda; né, d'altra parte, può ricorrersi all'analogia in quanto la necessità di evitare spostamenti in prossimità dell'apertura di una procedura di crisi non pare essere un principio implicito nel sistema e non esiste un vuoto normativo che necessita di essere colmato”.
[36] 
Sostengono che la nuova normativa avrebbe segnato l’abbandono della meritevolezza Modica, Effetti esdebitativi (nella nuova disciplina del sovraindebitamento) e favor creditoris, in I Contratti, 4, 2019, p. 472; De Matteis, L’interesse del debitore all’esdebitazione, in R. BOCCHINI-S. DE MATTEIS, Sovraindebitamento: profili civilistici nella legge delega di riforma della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Corr. giur., 5, 2018, p. 656 ss.
[37] 
Trib. Barcellona P.G., 16 aprile 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[38] 
Sulla meritevolezza v. funditus da ultimo Soldati, Il sovraindebitamento e la babele della meritevolezza, in www.dirittodellacrisi.it.
[39] 
Trib. Catania, 5 marzo 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[40] 
Si rammentano gli artt. 491, 535, 789, 935, 939, 1147, 1229, 1592, 1696, 1698, 1713, 1836, 1892, 1992, 2236, 2864 c.c.
[41] 
Il termine rievoca quello dell’art. 162, comma 1, L. fall. in materia di concordato preventivo.
[42] 
Trib. Padova, 13 aprile 2018, in www.ilcaso.it secondo cui in tema di mutuo ipotecario, la durata del piano del consumatore deve collocarsi in un arco di cinque anni circa; solo in tal modo viene rispettato il principio della ragionevole durata del processo, oltre al fatto che solo così viene ridotto al minimo il sacrificio, impostò ai creditori mediante la previsione di un piano di durata ragionevolmente breve e la cui esecuzione appaia verosimilmente prevedibile. Il principio ex art. 9, comma 3-quater , L. n. 3/2012 secondo il quale "Il deposito della proposta di accordo o di piano del consumatore sospende, ai soli effetti del concorso, in corso degli interessi convenzionali o legali, a meno che i debiti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile" non può ritenersi automaticamente applicabile ai principi esposti nella legge fallimentare in tema di scadenza dei debiti (art. 55, comma 1, L. fall.). Cfr. anche Trib. Bari, 18 settembre 2017, in Dejure: Nella procedura da sovraindebitamento, il piano del consumatore, in mancanza di un'esatta determinazione di legge del limite di durata, deve prevedere un termine finale ragionevole affinché possa essere omologato.
[43] 
Trib. Rovigo 13 dicembre 2016 cit.. Il limite quinquennale è tenuto in conto anche da Trib. Mantova 2 maggio 2019, in www.ilcaso.it, in Trib. Reggio Calabria 27 marzo 2018 e in Trib. Grosseto 11 novembre 2019, in www.unijuris.it che, tuttavia, tiene ferma la possibilità per il giudice di valutare l'accoglibilità del ricorso in base alle specificità caratterizzanti la fattispecie concreta, e ciò alla luce della ratio che governa la normativa "salva suicidi", tenuto comunque conto delle ragioni creditorie. Su tali basi argomentative, in assenza di osservazioni dei creditori sulla durata del piano proposto, è stato omologato un piano di durata fissata in otto anni e mezzo.
[44] 
Trib. Napoli Nord 21 dicembre 2018, in www.ilcaso.it.
[45] 
Trib. Padova 13 aprile 2018 cit.
[46] 
Si allude all’orientamento della Suprema Corte in tema di moratoria ultrannuale di cui si dà conto diffusamente al § 7 e nel cui quadro la durata del piano sembra aspetto recessivo di fronte della valutazione rimessa al creditore prelatizio inciso.
[47] 
Nel caso in cui nel circondario del tribunale competente non vi sia un OCC, i compiti e le funzioni attribuiti all’OCC possono essere svolti anche da un professionista o da una società tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’art. 358 nominati dal presidente del tribunale competente o da un giudice da lui delegato. Ciò consente la piena funzionalità dell’istituto anche nei casi in cui nel circondario del tribunale competente non sia stato costituito alcun organismo.
[48] 
All'interno della L. n. 3/2012 non si parla mai espressamente di giudizio di meritevolezza, eppure di esso fa menzione, a proposito del procedimento di omologazione del piano del consumatore, la relazione illustrativa al D.L. n. 179/2012, conv. con L. n. 221/2012, ove si discorre di un “giudizio di meritevolezza” basato “sulla ragionevolezza della prospettiva di adempimento delle obbligazioni avuta dal debitore e sulla mancanza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento”.
[49] 
Anche una sola obbligazione assunta in modo incongruo ed eccentrico rispetto alla misura delle proprie risorse può, peraltro, determinare l'esito negativo della procedura concorsuale.
[50] 
Secondo Trib. Napoli, 21 luglio 2020, in www.dirittodellacrisi.it “In tema di sovraindebitamento, non è omologabile il piano del consumatore qualora faccia difetto il requisito della “meritevolezza” del soggetto, la cui negligenza è senz’altro desumibile dalla plurima assunzione di debiti c.d. volontari in misura sproporzionata rispetto alle proprie capacità patrimoniali e reddituali, in quanto avvenuta in contrasto con la regola prudenziale che richiede di non far si che il reddito mensile di una persona sia assorbito per oltre un terzo dai debiti contratti.”
[51] 
Trib. Catania, 7 febbraio 2015, in www.ilcaso.it; Trib. Vicenza 24 settembre 2020, in www.unijuris.it.
[52] 
Trib. Verona 8 maggio 2015, in www.ilcaso.it: nella specie il debitore aveva fatto i conti con la morosità di inquilini e un'azione esecutiva in danno della moglie comproprietaria.
[53] 
Trib. Verona, 5 febbraio 2021, in Dejure.
[54] 
Trib. Rimini, 9 luglio 2019, in Dejure.
[55] 
Trib. Campobasso, 2 gennaio 2020, in www.dirittodellacrisi.itevidenzia che “In tema di sovraindebitamento, nel piano del consumatore il valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dall’Organismo di composizione della crisi, e che funge da limite al soddisfacimento dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca ex art. 7, comma 1, L. n. 3 del 2012, nel caso di beni immobili oggetto di vendite coattive nell’ambito di procedure esecutive, non è rappresentato dal valore di stima, ma da quello dell’ultimo esperimento di alienazione forzosa in sede esecutiva”.
[56] 
Cass. 28 ottobre 2019, n. 27544 in Italgiure e Cass. Civ. 3 luglio 2019, n. 17834, in Fallimento, 2020, 215 con nota critica di Rolfi, Sovraindebitamento e "moratoria" ultrannuale dei privilegiati tra regole attuali e future, 218 nonché in www.ilfallimentarista.it, 21 agosto 2019, con nota adesiva di Gianna, L'ammissibilità della dilazione ultrannuale del credito privilegiato nel sovraindebitamento.
[57] 
In ambito di concordato l’indirizzo che avalla l’opportunità della dilazione dei crediti oltre il termine di moratoria è ormai sedimentato v. Cass. 20 agosto 2020, n. 17391; Cass. 28 ottobre 2019, n. 27544, entrambe in Italgiure e Cass. 3 luglio 2019, n. 17834, in Fallimento, 2020, 215, con nota di Rolfi. In prospettiva, l'art. 86 CCII sembrerebbe risolvere la questione dal momento che ha tipizzato il criterio per determinare la misura del diritto di voto spettante a favore dei creditori prelatizi dilazionati (i.e., la differenza fra il loro credito maggiorato degli interessi di legge e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano calcolato alla data di presentazione della domanda di concordato, determinato sulla base di un tasso di sconto pari alla metà del tasso previsto dall'art. 5, D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, in vigore nel semestre in cui viene presentata la domanda di concordato preventivo).
[58] 
In tema di recente v. Bianchi e Miccio, La moratoria nel sovraindebitamento, in www.dirittodellacrisi.it, 26 aprile 2021.
[59] 
Corte Cost. 22 ottobre 2019, n. 245, in www.cortecostituzionale.it. 
[60] 
La norma è applicabile soltanto al piano del consumatore per cui non può essere invocata nell'ambito di un accordo con i creditori nemmeno se il ricorrente riveste la qualifica di consumatore.
[61] 
La norma commissionava al legislatore delegato di prevedere che il piano del consumatore potesse comprendere anche la ristrutturazione dei crediti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio.
[62] 
Cass. 8 febbraio 2007, n. 2745; Cass 14 febbraio 2000, n. 1611, entrambe in Italgiure.
[63] 
Trib. Pistoia 27 dicembre 2013, in www.ilcaso.it; Trib. Brescia 15 marzo 2019, in unijuris.it. Trib. Santa Maria Capua Vetere 2 dicembre 2020, in www.ilcaso.it. Una terza via è stata percorsa da Trib. Monza 26 luglio 2017, in www.ilcaso.it, che sulla scorta di una interpretazione analogica dell'art. 2643, comma 1, n. 9, c.c., ha ritenuto, in tema di efficacia e di opponibilità del contratto di cessione del quinto della pensione o dello stipendio, che la cessione dei crediti futuri e la conseguente sottrazione di tali risorse alla disponibilità del debitore ai fini della ristrutturazione del proprio debito è tutelabile nel termine di tre anni dall'omologa del piano del consumatore, dovendo poi lasciare il passo all'efficacia conformativa del piano stesso. L’orientamento brianzolo è stato ripreso da Trib. Forlì 14 luglio 2020, in www.ilcaso.it
[64] 
Trib. Livorno, 30 marzo 2021, in Dejure ha rimesso alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1-bis, L. 3/2012, con riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non stabilisce che il piano del consumatore possa prevedere, alle medesime condizioni, anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione. La questione viene rimessa alla Corte costituzionale.
[65] 
Contra nel sistema antecedente la riforma Trib. Siracusa, 3 marzo 2020, in www.dirittodellacrisi.itsecondo cui “È inammissibile la proposta di piano del consumatore ex L. n. 3/2012 che preveda la revoca delle cessioni di crediti futuri perfezionatesi e notificate in data anteriore al decreto ex art. 10 L. n. 3/2012, palesandosi le medesime infatti, opponibili alla procedura e non suscettibili di revoca né di riduzione. Ne consegue che il piano del consumatore, pur potendo prevedere la falcidia dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio non può spingersi a sottrarre al creditore il diritto di soddisfarsi in ragione della cessione del credito, sia pure sino a concorrenza del credito come falcidiato”.
[66] 
Cass. 17 gennaio 2012, n. 551, in Italgiure.
[67] 
In forza del comma 2 dell’art. 12-bis l. n. 3 del 2012: “Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo”. Non dissimile la fisionomia delle regole del CCII, posto che ai sensi del relativo art. 70, il giudice se proposta e piano sono ammissibili, ne dispone con decreto la pubblicazione in area del sito web del tribunale e può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano medesimo e il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore fino alla conclusione del procedimento.
[68] 
Così nel contesto anteriore alla L. n. 176/2012 Trib. Rimini 1 marzo 2019, in www.ilcaso.it.
[69] 
Su queste tematiche generali sia permesso rinviare a Leuzzi, Note sui mutui pendenti nel concordato preventivo, tra anticipata scadenza e moratoria, in Dir. Fall., 2015, 109 ss. 
[70] 
Una somma di finalità identica e un medesimo archetipo operativo si rinvengono nel comma 1-quater declinato a supporto della continuità d’impresa. Quando l’accordo è proposto da un soggetto che non è consumatore e contempla la continuazione aziendale, è  possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della proposta di accordo, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
[71] 
Trib. Ravenna, 17 dicembre 2014, in www.ilcaso.it.
[72] 
L’art. 12 comma 3 quater della l.3/2012, inserito nella normativa del sovraindebitamento dall’art. 4 ter comma 1 lettera f), d. l. 137/2020, convertito nella l. 176/2020, consente al Tribunale  di omologare l’accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria, quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuali di cui all’art.11, comma 2, L.3/2012 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Una disposizione analoga non è prevista per il piano del consumatore, ma la ragione sta in ciò che in tale procedura manca il voto e la valutazione della ristrutturazione dei debiti è rimessa in via esclusiva proprio al giudice.
[73] 
Il congegno processuale che ha a meno del consenso dei creditori è significativamente distante dai principi invalsi nelle altre procedure concorsuali, nel cui contesto partecipazione e approvazione dei titolari delle pretese rappresentano un polo basilare, nel quale risalta la natura prettamente privatistica degli istituti che regolano la crisi e l'insolvenza delle imprese.
[74] 
In tema di controllo in sede di omologa v. Trib. Pistoia, 27 dicembre 2013 cit.; Trib. Bergamo, 16 dicembre 2014; Trib. Ascoli Piceno, 4 aprile 2014; Trib. Vicenza, 29 aprile 2014; Trib. Catania, 17 giugno 2014; Trib. Lucca, 14 agosto 2014; Trib. Asti, 18 novembre 2014; Trib. Ravenna, 17 dicembre 2014; Trib. Reggio Emilia, 11 marzo 2015, tutte edite su www.ilcaso.it.
[75] 
La vecchia endiadi fattibilità giuridica e fattibilità economica è stata sostituita da quella di ammissibilità e fattibilità. 
[76] 
Condivisibilmente Trib. Benevento, 26 gennaio 2021, in www.dirittodellacrisi.it osserva che, pur nel quadro rivisitato dalla L. n. 176/2021 “l’omologazione, tuttavia, è condizionata non solo alla valutazione di fattibilità del piano, ma anche alla più incisiva valutazione di meritevolezza del debitore, contrappeso alla mancanza di negozialità e tutela indiretta del principio generale di correttezza e, quindi, degli interessi del ceto creditorio”; tale valutazione continua a sostanziarsi “in un giudizio di prognosi postuma avente per oggetto la ragionevolezza della prospettiva di adempimento al momento dell’assunzione dell’obbligazione e, conseguentemente, la diligenza adottata dal debitore nella fase genetica del rapporto nel prospettarsi le concrete possibilità di adempimento alla luce dei redditi percepiti”.
[77] 
Secondo Trib. Benevento, 26 gennaio 2021 cit. non osta alla omologazione del piano del consumatore l’opposizione formalizzata dall’Istituto di credito che ha colpevolmente concorso alla determinazione dell’aggravamento dell’esposizione debitoria del consumatore istante, in quanto l’art. 124- bis TUB, letto in combinato disposto con il modificato art. 12 bis L. 3/2012, pone a carico del finanziatore l’onere di vagliare, prima della conclusione del contratto, il c.d. merito creditizio del consumatore, non potendo successivamente e, dunque, in caso di inadempimento del debitore, far valere la situazione di difficoltà economica in cui versava quest’ultimo al momento della stipula del contratto di finanziamento. Nel caso di specie risultava agli atti che la società finanziaria fosse a conoscenza della esposizione debitoria del consumatore, come rilevato anche dal gestore nel suo parere.
[78] 
La colpa grave prescinde dalla eventuale errata o colpevole valutazione che il finanziatore abbia compiuto al momento della concessione del finanziamento anche nell’ottica di Trib. Catania, 5 marzo 2021 cit. La medesima prospettiva è accolta da Trib. Barcellona P.G., 16 aprile 2021 cit.
[79] 
Opportunamente valorizzando la riserva di compatibilità Trib. Siracusa, 16 giugno 2020, in www.dirittodellacrisi.itha ritenuto che il termine iniziale di decorrenza per la presentazione del reclamo avverso il decreto che omologa il piano del consumatore ai sensi dell’art. 12-bis L. n. 3/2012  coincida con la comunicazione del decreto medesimo alla parte, anche con forme equipollenti alla notificazione prevista dall’art. 739 c.p.c., purché in grado di assicurare l’effettiva ed integrale conoscenza del contenuto del provvedimento e la data in cui essa è avvenuta, come nel caso in cui il provvedimento sia comunicato ai creditori, in forma integrale, a mezzo PEC, nel rispetto della normativa regolamentare. 
[80] 
Trib. Udine, sez. II, 2 maggio 2019, in Dejure. 
[81] 
Se in ipotesi di accordo di composizione le azioni esecutive non possono essere iniziate o proseguite dalla data del decreto di fissazione dell'udienza per l'omologazione, in caso di piano del consumatore, qualora il giudice non abbia stabilito nel decreto di fissazione dell'udienza la sospensione di specifici procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano (comma 2, art. 12 L. n. 3/2012), l'inibitoria automatica si lega al diverso momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo (art. 12-bis, comma 2, L. n. 3/2012). 
[82] 
Con previsione identica a quella del comma 3 dell'art. 11 L. n. 3/2012 in tema di accordo di composizione, è espressamente precisato che l'omologazione del piano non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.
[83] 
L’aspetto è sottolineato da Platania, La conservazione degli effetti esdebitativi del piano del consumatore nella legge sul sovraindebitamento e nel codice della crisi e dell’insolvenza, in www.dirittodellacrisi.it.
[84] 
Anche in questo caso, la previsione è analoga a quella del comma 4 dell'art. 12 L. n. 3/2012 in tema di accordo.
[85] 
Secondo Trib. Torino, Sez. VI,  11 novembre 2019, in Dejure dalla natura concorsuale del procedimento del piano del consumatore e dal riferimento al “valore di mercato” contenuto nell’art. 7 l. n. 3/2012 deriverebbe la necessità di applicare le regole della procedura competitiva al fine di addivenire al provvedimento di cui all' art. 13, comma 3, L. n. 3/2012 (quali: la completezza dell'informazione sul bene, un sistema incrementale di offerte, un'adeguata pubblicità e assoluta trasparenza endo-processuale ottenuta con la comunicazione alle parti, regole prestabilite e non discrezionali di selezione dell'offerente, completa e totale accessibilità a tutti gli operatori interessati), ancorché non esplicitamente prevista per il piano del consumatore e l'accordo del debitore, deriva dalla natura concorsuale delle procedure previste dalla l. 3/2012 .  
[86] 
In ogni caso, quando, a seguito dell'intervenuta omologa del piano del consumatore, il debitore ne richieda una modifica ai sensi dell'art. 13, comma 4-ter, L. n. 3 del 2012, è stato giustamente evidenziata la necessità di disporre giudizialmente la comparizione delle parti affinché le stesse, e in particolare i creditori, possano interloquire al riguardo: v. Trib. Mantova 3 febbraio 2020, in www.ilcaso.it.
[87] 
Trib. Napoli 3 aprile 2020 e Trib. Napoli 17 aprile 2020, in www.ilcaso.it.
[88] 
In tema v. Cocco, I compensi dell’Organismo di composizione della crisi (O.C.C.) nel sovraindebitamento, in www.dirittodellacrisi.it.

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02