Prima di proseguire nell’analisi, occorre soffermarsi brevemente su alcuni aspetti definitori, tratti dal diritto vigente, e dove occorra, dalla migliore prassi professionale. Più in dettaglio, trattare di assetti organizzativi significa riferirsi a:
“(i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità;
(ii) il complesso procedurale di controllo[6], da intendersi come
”
l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative adottate dall’impresa allo scopo di raggiungere, attraverso un adeguato processo” di Risk management, gli obiettivi aziendali;
per sistema amministrativo contabile si intende invece:
“
l’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative dirette a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa”
[7].
Il legislatore ha inoltre definito all’art. 2 del CCII il concetto di crisi da intendersi quale “lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.
Quando un assetto organizzativo amministrativo contabile può ritenersi adeguato?
La migliore prassi professionale qualifica un assetto organizzativo adeguato quando consente il perseguimento dell’oggetto sociale, “
nonché la rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e può quindi consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione[8]”, mentre un sistema amministrativo contabile può dirsi adeguato quando consente: “
la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione; la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale; la produzione di dati attendibili per la formazione dell’informativa societaria[9]”.
Al fine di normare l’obbligo di adeguati assetti, il legislatore non ha inteso prevedere una soluzione unica e uguale per tutte le imprese, ma ha lasciato all’impresa l’autonomia di definire strutture organizzative a misura della tipologia di attività svolta e della dimensione di impresa. Tuttavia, con l’introduzione del Codice della crisi, il legislatore ha voluto circoscrivere gli ambiti di discrezionalità dell’imprenditore definendo quali sono gli standard qualitativi minimali che un assetto adeguato deve garantire per prevenire i segnali di crisi, e cioè: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario; b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi; b bis) rilevare l'esistenza di scaduti rilevanti relativi all’esposizioni verso dipendenti, fornitori, banche, altri intermediari finanziari, e creditori pubblici qualificati, oltre il superamento degli affidamenti in qualunque forma concessi; c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'articolo 13, comma 2.
Dalla lettura delle disposizioni normative, i valori fondanti un “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato” possono essere individuati nella necessità di operare secondo un approccio previsionale (i.e. forward looking) e nella prioritaria rilevanza della gestione finanziaria nelle dinamiche organizzative.
Ciò detto, le imprese di maggiori dimensioni e più strutturate si confrontano con il diritto vigente senza subire forti scossoni: in tali contesti, infatti, la visione imprenditoriale ispirata ai principi del forward looking e tradotta nei processi di budget periodici e nei piani industriali pluriennali è parte di meccanismi organizzativi già familiari e facenti parte del patrimonio culturale dell’intera organizzazione, con particolare riferimento alle risorse umane. Aggiungasi che in tali organizzazioni la dinamica finanziaria della gestione di impresa ha assunto una importanza pari se non superiore alle dinamiche economiche e patrimoniali, anche a fronte di un rapporto con il ceto bancario, diventato più esigente rispetto all’aggiornamento del set informativo da porre a base del rinnovo degli affidamenti.
Diverso è il confronto con le aggiornate disposizioni normative a cui va incontro l’impresa, tipicamente di piccole-medie dimensioni, che non ha ancora affrontato a livello organizzativo le nuove tematiche poste dal legislatore. In tali contesti, il cambiamento organizzativo, spesso attuato con il supporto consulenziale, richiede una sorta di “rivoluzione culturale” dell’impresa, che coinvolge le risorse umane a tutti i livelli organizzativi tramite progetti di reskilling, insieme agli investimenti in strumenti hardware e/o software e/o all’ampliamento delle relative modalità di utilizzo.
In sintesi, la lettura del set informativo minimale che un assetto adeguato deve garantire all’imprenditore è figlio di una struttura organizzata, con approccio forward looking, con attenzione prioritaria alla previsione delle dinamiche finanziarie. Fra le informazioni minimali che devono essere fruibili all’imprenditore per la corretta gestione dell’impresa, si rammenta che la lista di controllo particolareggiata, elaborata dal Ministero di Giustizia in occasione dell’istituzione della composizione negoziata della crisi di impresa, è una check list da compilarsi a cura dell’imprenditore e dell’Esperto e rappresenta un percorso guidato per la costruzione di un piano pluriennale che presenti requisiti di affidabilità, coerenza e sostenibilità, necessari a intraprendere le trattative con i creditori e con gli stakeholders; così pure come il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento rappresenta sostanzialmente un indicatore approssimativo del numero di anni necessari all’impresa per pagare il debito maturato ad una certa data.
Ora, considerato l’intervento legislativo, ideare e porre in essere un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai nuovi standard normativi non è un’attività che si perfeziona con soluzioni puramente formali, ma scaturisce da un progetto che coinvolge tutte le risorse aziendali e che richiede la pianificazione di un percorso che può implicare la necessità di prendere le distanze rispetto a “ciò che si è sempre fatto”; in breve:
- gestire un’impresa monitorando i soli consuntivi una volta l’anno, in occasione della redazione del bilancio civilistico, rappresenta un modus operandi che rende difficoltosa la preservazione della continuità aziendale, tanto più nel contesto mondiale che le imprese di tutte le dimensioni stanno sperimentando da oltre un decennio;
- ignorare la necessità di pianificare e monitorare la dinamica finanziaria mette l’impresa in particolare debolezza rispetto alla conservazione della continuità aziendale e alla preservazione dei rapporti con i principali stakeholders (e.g. fornitori, clienti, banche, etc.);
- pianificare l’attività di impresa, rilevare gli scostamenti dei consuntivi rispetto ai valori pianificati, approfondirne le cause e revisionare di conseguenza la pianificazione, rappresenta probabilmente l’unico modus operandi per preservare la continuità aziendale, secondo un percorso tracciato in cui limitare il rischio di impresa;
- il rapporto con gli organi di controllo deve evolvere da puro adempimento formale a confronto costruttivo, per anticipare e gestire le problematiche che possono interessare l’esercizio dell’impresa.
Ciò su cui si intende richiamare l’attenzione è che l’adempimento del dovere degli amministratori di istituire un adeguato assetto non si misurerà né in termini di “carte di lavoro” prodotte e archiviate in azienda (i.e. il famoso” libro delle procedure”, che spesso non viene applicato), né in termini di oneri di consulenza sostenuti, quanto nell’attitudine dell’organizzazione a fornire informazioni, segnali e indicazioni strumentali a supportare le decisioni degli amministratori allo scopo di preservare la continuità aziendale e di scongiurare la crisi di impresa.
A supporto degli imprenditori e dei professionisti che li assistono, oggi sono stati resi disponibili dal Ministero e dagli organismi professionali numerosi documenti tecnici
[10] nella forma di “Check list” che dovrebbero supportare l’organo amministrativo e/o il consulente nella riflessione sullo stato attuale degli assetti e sulla eventuale necessità che vengano modificati e/o integrati. Rispetto all’utilizzo di tali utilissimi strumenti, è necessario porsi in un’ottica per cui la relativa compilazione non deve essere realizzata a fini di mero adempimento formale per rispondere ad un obbligo richiesto dal legislatore e/o per precostituirsi uno strumento di difesa in caso di contenzioso giudiziale; occorre infatti in tale contesto superare un atteggiamento meramente formalistico, per trasformare l’utilizzo dello strumento in una riflessione che abbia un valore aggiunto per l’impresa.