Giovanni
La Croce,Dottore Commercialista in Milano
Prende il via, tra incertezze e ingiustificate discriminazioni, l’Albo dei gestori della crisi e dell’insolvenza delle imprese.
Da ieri sono aperte le iscrizioni all’Albo dei gestori della crisi e dell’insolvenza delle imprese, la cui istituzione era stata prevista dagli artt. 356 e 357 del D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, meglio noto come “Codice della crisi e dell’insolvenza”, la cui entrata in vigore, per diverse ragioni, era stabilito dovesse avvenire nel tempo; originariamente il 15 agosto 2020. Tale differimento temporale non riguardava, però, alcune disposizioni, tra le quali quelle, appunto, degli artt. 356 e 357 CCII, entrate in vigore sin dal febbraio 2019 (pur con regolamento attuativo che avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 giugno 2020). La ragione era evidente: dal momento che gli incarichi di curatore, commissario giudiziale e, anche, di professionista indipendente avrebbero potuto essere assunti solo da iscritti all’Albo in questione, occorreva che questo al momento dell’avvio concreto della riforma fosse già operativo. Così non è stato. Il nuovo codice nel suo complesso è entrato in vigore il 15 luglio 2022 (a due anni di distanza dall’originaria previsione), il predetto regolamento il 3 marzo 2022 (a mezzo decreto Mi. G. n. 75), ma, nonostante ciò, le indispensabili "Specifiche Tecniche Albo dei Gestori della Crisi d’impresa" (da emanarsi entro 6 mesi, ai sensi dell’art. 3, comma 5 di detto decreto) sono state pubblicate solo lo scorso 30 dicembre e la collegata "Circolare Albo gestori crisi di impresa", è stata pubblicata l'altro ieri. Nel frattempo, sono passati quasi quattro anni, un lasso temporale così ampio da non poter non aver ingenerato, come si vedrà, incertezze applicative riguardo al tema della cd. “prima popolazione”, la cui necessità era evidentemente quella, già richiamata, di poter disporre di un Albo operativo al momento dell’entrata in vigore del nuovo codice, che originariamente, giova ribadirlo, era fissata a distanza di diciotto mesi e non di quattro anni.Il secondo comma dell’art. 356 CCII prevedeva – con una scelta assai opinabile – che alla “prima popolazione” dell’Albo avrebbero potuto partecipare solo coloro che negli ultimi quattro anni dalla sua entrata in vigore (11 febbraio 2019) fossero stati nominati curatori o commissari giudiziali in almeno due procedure, anche, dunque, in due fallimenti cd. “a zero”. Ne conseguiva – e forse ne consegue ancora – che solo i “nominati” nel periodo 11 febbraio 2015/11 febbraio 2019 potevano (possono) partecipare alla “prima popolazione”. Senonché, come dicevamo, nel frattempo sono passati altri quattro anni, sicché da tale diritto non sarebbero esclusi solo coloro che erano stati beneficiari dei medesimi incarichi giudiziari – magari per decenni e in procedure di rilevante dimensione e complessità – nel tempo anteriore l’11 febbraio 2015, ma anche coloro che avessero ricevuto i medesimi incarichi solo dopo il 10 febbraio 2019. La discriminazione conseguente – già difficilmente giustificabile sotto il profilo costituzionale in relazione al disposto (i) del secondo comma dell’art. 3 Cost., (ii) del primo e secondo comma dell’art. 35 Cost. e (iii) del primo comma dell’art. 51 Cost., in ordine a chi avesse ricevuto i medesimi incarichi in epoca precedente – appare davvero intollerabile se applicata ai professionisti “nominati” successivamente l’entrata in vigore dell’art. 356 CCII, che, stando alla lettera della disposizione dovrebbero, invece, acquisire prima, e come tutti gli altri, le credenziali necessarie, tramite la partecipazione a un corso di quaranta ore strutturato secondo le linee guida della Scuola superiore della magistratura protocollate in data 7 novembre 2019. A complicare ulteriormente il quadro v’è la circostanza che, sempre il secondo comma dell’art. 356 CCII, tutti i soggetti iscritti all’Albo debbono partecipare ad un corso di aggiornamento biennale. Essendo trascorsi, ben più di due anni da quando gli aventi diritto a partecipare alla “prima popolazione” dell’Albo l’hanno acquisita, non v’è ragione per non ritenere che non debbano, anch’essi, partecipare a un corso di aggiornamento biennale (invero, si tratterebbe di un aggiornamento “quadriennale”) e ciò in relazione, anche, alle sopravvenute modificazioni legislative intercorse. Infatti, la Scuola superiore della magistratura, nelle proprie linee guida del novembre 2019 prevedeva espressamente che le stesse dovessero essere aggiornate ogni due anni. Alcuni ordini professionali, nel frattempo, hanno provveduto in conseguenza a organizzare corsi di formazione – gli ordini di Milano degli avvocati e quello dei commercialisti, congiuntamente, ne hanno organizzati, nel perfetto rispetto del dettato normativo, due: uno del 2021 e l’altro nel 2022 – per i quali si pone tema della loro validità ai fini dell’iscrizione all’Albo. Per il primo corso, prendendo ad esempio il caso milanese, la questione è, se decorso il biennio, senza che il soggetto abbia partecipato al corso di aggiornamento, il medesimo conservi i requisiti d’iscrizione e, dunque, possa partecipare alla “prima popolazione” dell’Albo, mentre, per il secondo corso si pone il tema della sua validità, essendo stato tenuto secondo le vecchie linee guida della Scuola superiore della magistratura del novembre 2019, non aggiornate pur essendo passato più di un biennio e pur essendo intervenute significative modificazioni normative. A tale proposito non può non considerarsi l’invito del Consiglio nazionale dell’ODCEC a non pubblicizzare i corsi 2022 come abilitativi ai fini dell’iscrizione all’Albo. Si è venuto così a creare un vero e proprio cortocircuito in base al quale solo i professionisti che hanno ricevuto almeno due incarichi di commissario giudiziale o di curatore nel quadriennio 11 febbraio 2015/10 febbraio 2019 potrebbero avere diritto a iscriversi all’Albo, sino a che non sarà possibile per tutti gli altri partecipare a un corso abilitante “valido”, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero in tema di tenuta costituzionale di una simile lettura, non potendosi più, oggi, reclamare le medesime ragioni di urgenza che vigevano nel 2019 in funzione di una entrata in vigore del nuovo codice ad agosto 2020. Per altro non va sottovalutata la circostanza che una lettura rigorosa delle disposizioni del secondo comma dell’art. 356 CCII potrebbe far ritenere che anche tali soggetti siano decaduti dall’abilitazione automatica, non avendo fatto seguire, medio tempore alla stessa, l’obbligatorio aggiornamento biennale. Da un simile imbroglio si può uscire, solo con un’interpretazione costituzionalmente orientata, ritenendo che alla prima formazione dell’Albo possano partecipare, indistintamente, sia i cd. “nominati”, però, nel più ampio arco temporale 11 febbraio 2015/4 gennaio 2023, nonché tutti coloro che abbiano compiutamente partecipato, prima del 5 gennaio 2023, a un corso abilitante tenuto secondo le uniche linee guida emanate della Scuola superiore della magistratura pur se non aggiornate. Tale lettura costituzionalmente orientata è la sola che non determinerebbe una forzata uscita dal mercato di quei professionisti che, pur non ambendo a incarichi giudiziari, fondano il core business della propria attività professionale sulla validazione dei piani di risanamento, che, alla luce dell’art. 2, comma 1, lett. o), n. 1, CCII, diverrebbero appannaggio esclusivo anch’essi – seppure solo sino a che la Scuola superiore della magistratura non avrà aggiornato le proprie linee guida e si siano potuti tenere, conseguentemente, corsi validi ai fini dell’abilitazione all’iscrizione all’Albo – esclusivamente di soggetti “graditi” agli ambienti giudiziari, pur non essendo la relativa nomina di emanazione giudiziaria. Una eclatante, quanto surrettizia, esclusione dal mercato per svariati mesi che potrebbe essere esiziale per molti professionisti più dovesse tardare l’emanazione delle nuove linee guida da parte della Scuola superiore della magistratura e che impone, dunque, un immediato chiarimento da parte del Ministero della giustizia opportunamente a ciò sollecitato dai Consigli nazionali degli ordini professionali.