1. Gli interventi del decreto correttivo hanno inoltre riguardato:
i) le definizioni, in parte riformulate per superare dubbi interpretativi che si erano posti, con particolare riferimento al significato di “strumento di regolazione della crisi” e alle misure protettive e cautelari. Viceversa, gli interventi sulle lett. n) e o) sono stati resi necessari dalla sostituzione dell’albo con un elenco e dai chiarimenti sulla figura del professionista indipendente nell’art. 356, come soggetto che deve essere iscritto nell’elenco anche se non è incaricato dall’autorità giudiziaria ma dal debitore, e deve avere i requisiti previsti all’art. 358
ii) l’art. 6 sulla prededuzione, sia, alla lett. d), nel senso di ampliarla ai compensi professionali di coloro che, su incarico del debitore e non di un organo della procedura, abbiano svolto attività successivamente alla domanda di accesso allo strumento (nella sostanza, quelli che, nella legge fallimentare, erano i compensi “in occasione”), sia nel senso di chiarire meglio cosa significasse il comma 2 nella sua versione originaria (“la prededucibilità permane anche nell’ambito delle procedure esecutive e concorsuali”): a quest’ultimo proposito, si è precisato che la prededucibilità non “permane” in caso di apertura del concorso, ma “opera” in caso di apertura del concorso, e “permane” anche quando si susseguono più procedure (sia esecutive che concorsuali, non c’è bisogno di sottolinearlo, poiché in entrambe vi è concorso), indipendentemente dalla consecuzione delle procedure. Ciò era quanto aveva voluto la Commissione Rordorf nello scrivere quella disposizione: per un errore nella relazione illustrativa alla versione del Codice del 2019, oggi corretto nella relazione al decreto correttivo, sembrava invece che la norma richiedesse la consecuzione
iii) la disciplina della composizione negoziata, con riferimento alla quale il decreto correttivo, in particolare:
a) interviene a chiarire che l’accesso alla composizione negoziata, nell’art. 12, non è previsto “solo” per l’impresa in stato di squilibrio, ma “anche” per quest’ultima (la sottolineatura dello stato di squilibrio era servita, nella prospettiva del D.L. n. 118/2021, a chiarire che l’intervento sulle regole del mercato (soprattutto la possibilità di cedere l’azienda senza l’applicazione dell’art. 2560, comma 2, e oggi anche dell’art. 14, comma 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che prevede la solidarietà fiscale, grazie alla norma contenuta nel D.Lgs. n. 87/2024) si giustificava soltanto in presenza di una condizione che rendesse probabile la crisi o l’insolvenza,
b) precisa che in alcuni casi le trattative possono svolgersi senza l’esperto, ne chiarisce il ruolo nel rilascio dei pareri, e ne prevede una sorta di ultrattività al termine del percorso,
c) spiega il rapporto tra l’art. 22 e l’art. 24, precisando (con il comma 1 ter dell’art. 22) che l’art. 24 non ha niente a che vedere col tema della prededuzione, come già si sarebbe dovuto comprendere, peraltro, dal fatto che quella norma fa riferimento a effetti che si siano già prodotti (per esempio, quelli collegati alla cessione d’azienda) e si debbano “conservare”, mentre la prededuzione si ha soltanto con l’apertura del concorso. In ogni caso, a scanso di equivoci, si precisa che la conservazione degli effetti, nell’art. 24, si ha “anche” (e non “solo”) nel caso in cui la composizione negoziata si concluda con una soluzione prevista al secondo comma dell’art. 23, in linea con quella che è la ratio della disposizione, ovvero incentivare le soluzioni interamente negoziali,
d) riscrive l’art. 23, per superare la convinzione che le alternative del comma 2 rappresentino un insuccesso della composizione, come si poteva ritenere dall’originario incipit del comma (“se all’esito delle trattative non è individuata una soluzione tra quelle di cui al comma 1 ecc.”). Oggi il decreto recita: “Oltre ai contratti o agli accordi di cui al comma 1, l’imprenditore può anche, alternativamente ecc.”, per dare il senso della continuità tra composizione negoziata e sbocchi che, pur andando nella direzione della regolazione giudiziale della crisi e dell’insolvenza, si caratterizzano comunque per la rilevanza dell’elemento negoziale. Continuità che, del resto, è sottolineata anche dall’inserimento, nella lett. b) del comma 2, della previsione per cui la percentuale per gli accordi a efficacia estesa scende al 60% se la domanda di omologazione è proposta nei sessanta giorni successivi alla comunicazione della chiusura della composizione. A rigore, neppure il concordato semplificato può essere considerato un esito negativo della composizione: nell’art. 25-sexies è stato cancellato, infatti, il passaggio in cui si prevedeva “quando l’esperto nella relazione dichiara che le trattative (…) non hanno avuto esito positivo”, per sottolineare come anche in quel caso le trattative siano alla base della soluzione della crisi prescelta, e, anzi, suppliscano alla mancanza della approvazione del concordato da parte dei creditori. Ovviamente, le trattative si devono essere svolte in buona fede (e non al solo fine di guadagnare la possibilità del concordato semplificato), e devono aver portato a escludere altre possibili soluzioni
iv) alcuni snodi particolarmente delicati, come il raccordo tra l’art. 44 e l’art. 46, chiarito nel comma 1 bis, cui si correla la previsione tutta nuova del comma 1 quater, che permette di avvalersi degli effetti dello strumento nel caso in cui fin dall’inizio il ricorrente scelga la direzione avuta di mira. A questo proposito si noti anche la modifica apportata all’art. 54, comma 4, fatta per chiarire che la domanda prenotativa è, come la domanda piena, domanda di accesso ex art. 40, e che perciò il procedimento unitario è già pendente anche quando l’attore si riserva di depositare la documentazione nei termini fissati dal tribunale: il deposito della documentazione successiva, infatti, non richiede mai un nuovo ricorso, ma soltanto una integrazione dell’oggetto, e talora neppure quella, quando il debitore si avvale della possibilità oggi offerta dal comma 1 quater. L’intervento sull’art. 44 si ritrova poi nell’art. 97, con riferimento agli spazi di manovra sui contratti pendenti, nella distinzione tra scioglimento (possibile solo in caso di domanda piena) e sospensione (la cui durata è diversa a seconda che sia richiesta ai sensi del comma 1-quater con la domanda prenotativa, oppure una volta depositata la documentazione integrativa)
v) alcuni punti tuttora critici della disciplina processuale:
a) il contenuto “tipico” delle misure protettive, allineato in tutti gli ambiti nei quali le misure protettive operano,
b) l’applicazione delle misure protettive e cautelari al concordato semplificato, chiarita con le modifiche all’art. 54,
c) la possibilità di proporre domanda prenotativa anche quando l’obiettivo è il concordato semplificato (purché la proposta di concordato sia comunque presentata “nel rispetto” del termine di sessanta giorni dalla comunicazione da parte dell’esperto della relazione finale: il che significa che entro i sessanta giorni dev’essere integrato il ricorso con la documentazione completa, senza possibilità di ulteriori proroghe, e non già che nel termine è sufficiente proporre la domanda prenotativa; quel che può dare più tempo è solo, dunque, lo spazio occupato dall’esperto per predisporre la relazione),
d) la possibilità di chiedere le misure cautelari “in pendenza del procedimento per l’accesso agli strumenti di regolazione” e perciò anche quando il procedimento sia aperto con domanda prenotativa o con domanda finalizzata a ottenere l’omologazione di un concordato semplificato, e non soltanto, come nel testo originario, “nel corso della procedura di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”, previsione, questa, che intendeva soltanto escludere la possibilità di richiedere misure cautelari ante causam
e) il significato dell’espressione “ritualità”, ripresa dal concordato fallimentare e utilizzata, oltre che nel concordato nella liquidazione giudiziale, nel concordato semplificato e nel giudizio di apertura del concordato in continuità (oltre che nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione),
f) l’ambito di applicazione dell’art. 53, a chiarire che la norma non disciplina solo gli esiti altalenanti tra un grado e l’altro dell’accoglimento o del rigetto dell’unica domanda, ma anche l’altalena degli effetti tra liquidazione giudiziale e strumenti, di qualunque tipo essi siano,
g) il passaggio di consegne tra Corte d’appello e tribunale, quando si revoca la liquidazione giudiziale e si omologa lo strumento, e viceversa, oggi meglio disciplinato dall’art. 51, comma 12,
h) gli spazi, dopo la riscrittura dell’art. 53, comma 5, per la domanda di apertura della liquidazione giudiziale una volta che penda il procedimento unitario per l’omologazione di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza,
i) la possibilità per il tribunale di gestire non solo l’altalena degli effetti tra revoca dello strumento e apertura della liquidazione giudiziale (comma 5 dell’art. 53, già in precedenza richiamato dal comma 6), ma anche, a rovescio, il caso della revoca della liquidazione e omologa dello strumento (comma 1 dell’art. 53, richiamato anch’esso nell’ultima versione del decreto correttivo), seppure rimanga scoperta l’ipotesi in cui le impugnazioni dello stato passivo siano già state proposte e occorra sospenderle,
e, infine,
j) il modo in cui si arriva alla fissazione dell’udienza di omologazione del concordato quando il debitore chiede la ristrutturazione trasversale in difetto di approvazione della proposta e del piano (art. 111)
vi) il classamento, il trattamento dei chirografari, il contenuto del piano di concordato (con la precisazione di come si misuri il valore di liquidazione e con la specificazione della necessità che nell’apposito fondo rischi costituito quando i finanziamenti siano garantiti da misure di sostegno pubblico siano indicate le risorse necessarie a far fronte al debito che da chirografario diviene privilegiato quando la garanzia venga escussa), le modalità per scegliere tra più proposte concorrenti incomparabili ma tutte quante approvate (art. 109, comma 5 bis), e l’omologazione del concordato in continuità aziendale. Quanto a quest’ultima, è importante segnalare che la disciplina è stata chiarita:
a) con l’inserimento nel comma 6 dell’art. 84 della frase “ai fini del giudizio di omologazione”, che serve a precisare che la corretta destinazione del valore eccedente quello di liquidazione non dev’essere valutata in fase di apertura, ma è oggetto esclusivo del giudizio di omologazione, non potendo essere giudicata prima che si verifichino i presupposti perché eventualmente operi la ristrutturazione trasversale,
b) con la riscrittura della lett. d) dell’art. 112, comma 2, per precisare quale sia la classe che consente l’omologazione anche in caso di mancata approvazione a maggioranza: non la classe dei creditori “maltrattati”, ma la classe composta da creditori interessati (perché ad essi è offerto un importo non integrale del credito) che in caso di applicazione della regola della priorità assoluta avrebbero ricevuto comunque un pagamento. In sostanza, la classe può essere anche beneficiata, e non maltrattata o svantaggiata, perché quel che si esclude è solo la rilevanza dell’approvazione ad opera della classe che in caso di applicazione della regola della priorità assoluta anche sul valore eccedente quello di liquidazione non riceverebbe alcunché
vii) le forme per la reclamabilità dei decreti del giudice delegato e del tribunale, nonché degli atti e delle omissioni del commissario o del liquidatore giudiziale (art. 93 bis, che colma un vuoto in precedenza rimesso all’interprete)
viii) le operazioni straordinarie previste dallo strumento di regolazione della crisi, la cui disciplina è stata rivista con:
a) la confluenza di tutte le opposizioni (anche di quelle dei creditori delle società partecipanti all’operazione, diverse dalla debitrice) nel giudizio di omologazione,
b) uno spatium temporis tra la pubblicità dell’operazione e l’udienza di almeno 45 giorni, dovuto alla necessità di considerare la complessità della preparazione dell’opposizione,
c) la regolamentazione della sorte dell’operazione in pendenza del giudizio di omologa di primo grado,
d) l’impossibilità, una volta che l’omologazione sia intervenuta, di pronunciare l’invalidità delle deliberazioni previste dal piano di concordato, salvo il risarcimento del danno con credito prededucibile,
e) l’estensione della irreversibilità degli effetti delle operazioni, già prevista in caso di annullamento o risoluzione del concordato, al caso della revoca,
f) la non necessità che la società debitrice assuma deliberazioni per le operazioni straordinarie, essendo sufficiente, in sostituzione, la sentenza di omologazione (sicché le delibere di cui l’invalidità non può essere pronunciata sono quelle delle società diverse dalla debitrice)
ix) la disciplina dell’esecuzione del concordato preventivo, portata tutta al di fuori dell’art. 84, e riscritta sia per precisare che il concordato liquidatorio sta in rapporto di genere a specie con quello con cessione dei beni (artt. 84, comma 1, e 114), sia per chiarire gli spazi in cui opera il liquidatore, anche nel concordato in continuità (artt. 114 bis e 115), sia per armonizzare le previsioni degli artt. 116, 118, commi 5 e 6, e 120 quinquies (distinguendo tra il caso in cui occorra dare materiale esecuzione alla proposta omologata, nel qual caso può intervenire, in caso di inerzia, la nomina di un amministratore giudiziario, e il caso in cui, con riferimento alle operazioni societarie, la sentenza di omologazione già determina qualsiasi modificazione dello statuto prevista dal piano e l’intervento degli amministratori o dell’amministratore giudiziario per l’adozione degli atti esecutivi è considerata solo eventuale)
x) la possibilità di apportare modifiche al concordato in continuità aziendale dopo l’omologazione (senza passaggio da una nuova approvazione ma direttamente, con la possibilità dell’opposizione all’omologazione proposta con ricorso): modifiche che, nell’ultima versione del decreto correttivo, successiva rispetto al testo che era stato approvato dal Consiglio dei Ministri nel mese di giugno, si è precisato essere solo quelle relative al piano e non anche alla proposta. La norma riprende la previsione dell’art. 58, comma 2, riferita agli accordi di ristrutturazione
xi) il chiarimento, frutto della sostituzione della sezione VI bis con il capo III bis, che le norme degli artt. 120 bis ss., dove non contengono previsioni speciali per il concordato, si riferiscono anche agli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società
xii) il concordato nella liquidazione giudiziale, dove, tra le altre cose, è stato riscritto il giudizio di omologazione (art. 245, particolarmente nel suo comma 3, col chiarimento dei rapporti tra richiesta di omologazione e opposizione, anche qui, come nel concordato preventivo, pensata come difesa) ed è stata risistemata la disciplina dell’efficacia del decreto di omologazione (art. 246, nel quale è stato eliminato il riferimento all’efficacia della proposta, sostituita dall’efficacia del decreto che la omologa). Un’efficacia che si produce fin dalla pubblicazione, indipendentemente dalle opposizioni proposte, e che perciò non deve attendere la definitività del decreto, cui sono subordinati, invece, gli effetti, diversi, della chiusura della procedura di liquidazione giudiziale e della interruzione dei giudizi di impugnazione dello stato passivo. Dunque, è possibile procedere a dare esecuzione alla proposta di concordato prima che il decreto di omologazione diventi definitivo: occorrerà pertanto ragionare sulle conseguenze, in questo caso, della revoca del concordato a opera della Corte d’appello in sede di reclamo o della Corte di cassazione in sede di giudizio di legittimità
xiii) la materia dei gruppi, rivista solo in parte
xiv) la liquidazione giudiziale (in alcuni punti su cui non è possibile soffermarsi)
xv) la riscrittura delle previsioni dell’albo dei gestori della crisi, sostituito con un elenco per accedere al quale sono state riviste le prescrizioni iniziali, introdotta la possibilità di scegliere la funzione che si vuole svolgere e la scelta fuori circondario, senza che occorra una specifica motivazione, nonché corrette alcune storture, come quella relativa al tirocinio, e mantenute le prerogative degli Ordini professionali.
Sono tutti interventi che richiederebbero ciascuno un approfondimento non possibile in questa sede, ma la cui ratio e il cui significato ho cercato di chiarire per offrire un quadro d’insieme delle modifiche apportate dal decreto correttivo.