Saggio
Contenuto della proposta di concordato semplificato e del piano di liquidazione: spunti dalla giurisprudenza*
Francesco Slucca e Alessandro Turchi, Dottori Commercialisti in Milano
10 Giugno 2025
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Sommario:
2 . Cenni sulle caratteristiche generali del concordato semplificato
3 . Il contenuto della proposta e il piano di liquidazione
3.1 . La proposta di concordato semplificato
3.1.2 . La suddivisione dei creditori in classi e le regole distributive
3.1.4 . L’attribuzione della percentuale irrisoria ai creditori
3.1.5 . Il trattamento dei debiti tributari e contributivi
3.1.6 . La realizzazione di operazioni straordinarie
3.1.7 . L’intervento di un assuntore e di un garante
3.2 . Il piano di liquidazione e le ipotesi di continuità aziendale
3.2.2 . Continuità diretta (ponte)
4 . Spunti dalla giurisprudenza di merito e legittimità
4.1 . L’ipotesi di “continuità indiretta” nel piano di liquidazione
4.2 . L’ipotesi di una continuità diretta temporanea
4.3 . La previsione di una utilità minima e l’attribuzione ai creditori di una percentuale irrisoria
4.4 . La falcidiabilità del debito erariale
4.5 . L’ammissibilità delle operazioni straordinarie
- sia funzionale rispetto al piano di dismissione;
- siano debitamente considerati i costi di gestione legati alla continuità temporanea dell’attività d’impresa e il rischio che questi ultimi vadano a detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale;
- l’esperto valuti la veridicità dei dati aziendali;
- l’esperto specifichi se la prosecuzione dell’attività d’impresa non arrechi un pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa apertura della liquidazione giudiziale, ossia se rimane inalterato il principio di equivalenza del soddisfacimento dei creditori nella proposta di concordato semplificato rispetto a quello conseguibile nell’alternativa liquidatoria in sede giudiziale.
La compatibilità della continuità diretta temporanea funzionale alla successiva dismissione del patrimonio è stata successivamente sostenuta da Trib. Treviso, 3 ottobre 2023[81], nell’ambito del quale la proposta prevedeva la gestione diretta dell’attività funzionale a “mantenere la continuità operativa propedeutica alla cessione in esercizio” dell’azienda, anche prima dell’omologazione, sulla base di un’offerta irrevocabile ricevuta. Nel caso di specie, un creditore, in sede di opposizione, ha eccepito l’estraneità della continuità aziendale rispetto al concordato semplificato. Il Tribunale ha ritenuto di non accogliere il motivo avanzato dal creditore, tenuto conto che la “continuità interinale, funzionale alla cessione, è stata valutata nel piano e verificata dall’Ausiliario come conveniente per i creditori perché ha garantito la miglior esitazione del compendio aziendale. La comparazione dei tre scenari alternativi (liquidatorio, NO-182 bis e piano) ha, pur nelle fasi congiunturali della crisi di […] e tenuto conto dei costi della continuità, sempre confermato la prevalenza della soluzione concordataria”.
La compatibilità della prosecuzione temporanea dell’attività d’impresa nell’ambito del concordato semplificato è stata altresì sostenuta dal Tribunale di Pescara con decreto del 27 gennaio 2025[82]. Nel caso di specie, il piano prevedeva, tra gli altri, “la temporanea prosecuzione diretta dell’attività d’impresa consistente nella vendita al miglior prezzo di realizzo dei ricambi ubicati nel magazzino della società avvalendosi della collaborazione a titolo gratuito della socia”. In sede di redazione del parere, l’ausiliario ha evidenziato che l’attività temporanea prevista dalla ricorrente, qualora non interrotta, avrebbe generato delle perdite che avrebbero influito negativamente sulle risorse finanziarie messe a disposizione della procedura. In sede di deposito della memoria difensiva, la ricorrente ha dato atto del conseguimento del risparmio di taluni costi di gestione che avrebbe consentito di generare un utile dall’attività temporanea, che l’ausiliario ha provveduto a verificare. Il Tribunale ha, infine, provveduto all’omologa del concordato, rigettando altresì le opposizioni pervenute, aventi anche ad oggetto l’esiguità dell’utile prospettato dalla ricorrente come derivante dalla continuità temporanea. Pertanto, in linea con quanto statuito dal Tribunale di Siena, pare che i giudici di merito abbiano ritenuto compatibile la previsione di una continuità diretta temporanea e funzionale alla dismissione del patrimonio aziendale, a condizione che ciò non comporti un pregiudizio al ceto creditorio, rinvenibile nella generazione di una perdita di periodo che andrebbe ad influenzare negativamente le risorse finanziarie da mettere a disposizione dei creditori.
La circostanza per cui la finalità liquidatoria del concordato precluda che esso possa perseguire una continuità aziendale è stata, invece, sostenuta da App. Firenze, 5 febbraio 2025, secondo la quale il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio ha natura esclusivamente liquidatoria e non può essere utilizzato per perseguire finalità di continuità aziendale, neanche in forma indiretta o transitoria[83]. In realtà, non pare che il provvedimento in esame escluda a priori la compatibilità della continuità diretta con il concordato semplificato: il piano di liquidazione può contemplare una prospettiva temporale nella quale vi sia una continuità dell’azienda, “ma la gestione deve essere limitata all’ordinaria amministrazione, nell’ottica di non disperdere il patrimonio aziendale”. I giudici di legittimità hanno escluso, pertanto, che la continuità possa costituire l’aspetto saliente della proposta, neppure al fine di ottenere la liquidità necessaria per il pagamento dei creditori, dovendo questa necessariamente pervenire dalla vendita del compendio aziendale. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno confermato la revoca dell’omologazione, considerando che la finalità della proposta di concordato depositata dalla ricorrente è palesemente quella di garantire la continuità aziendale, inizialmente diretta per poi divenire indiretta. I giudici di legittimità hanno confermato, pertanto, che una simile proposta si collochi al di fuori dello schema normativo del concordato semplificato in quanto la finalità liquidatoria viene indicata in termini assolutamente residuali rispetto alla continuità aziendale[84].
L’estraneità del ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione, con il concordato semplificato è stata sostenuta recentemente dal Tribunale di Milano con provvedimento del 15 aprile 2025[85]. Nel caso di specie, il piano di liquidazione contemplava la prosecuzione dell’attività d’impresa per tre anni, ritenuta incompatibile dai giudici di merito con l’istituto del concordato semplificato. In particolare, il Tribunale ha statuito che non “è configurabile nel concordato semplificato il ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione. Lo strumento residuale concordatario è finalizzato (anche) ad evitare lo smembramento del going concern, ma solo nel quadro di una cessione immediata dell’attività, che non rende ipotizzabile la permanenza nella detenzione dell’azienda in capo ad un debitore che in premessa adduce la propria insolvenza”. I giudici di merito sono giunti a tale conclusione a seguito di una approfondita disamina della ratio del concordato semplificato, inteso quale extrema ratio a cui affidarsi qualora non sussista altro bivio operativo possibile e l'intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dall’art. 23 CCII come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall'esperto come impraticabili. Poiché nell’ambito della composizione negoziata è emersa l’impraticabilità di qualsiasi ipotesi di ristrutturazione sondata dall’imprenditore, con l’ausilio dell’esperto, la cessione dell’azienda in esercizio o quanto più aggregata dei beni di cui all’art. 25 septies CCII, “non è valorizzata dal legislatore in funzione della continuità d’impresa, ipotesi ormai esaurita nel contesto concreto, ma è funzionale alla maggior soddisfazione dei creditori, in linea con la previsione dell’art. 214 comma 1 CCII”. In conclusione, il Tribunale di Milano ha assunto una posizione chiara circa l’incompatibilità del ricorso alla continuità diretta, ancorché genericamente funzionale alla successiva liquidazione, con il concordato semplificato, cui accedono imprese non più risanabili con la finalità di favorire una cessione traslativa e non anche il “finanziamento di un persistente esercizio dell’attività economica da parte del debitore titolare dell’impresa non risanabile”.
Nel caso di specie, la società ricorrente ha presentato un piano che prevedeva la soddisfazione del ceto creditorio mediante l’intervento di un terzo assuntore che diviene successore e sostituto del debitore liberato, impegnandosi a adempiere in via esclusiva il concordato.
Il Tribunale ha riconosciuto come la fattispecie in questione non costituisca una tipologia di concordato diversa rispetto a quello con cessione dei beni o liquidatorio, in quanto l’assunzione da parte di un terzo degli obblighi di adempimento involge solo l’aspetto soggettivo del rapporto obbligatorio. In tal caso, il vaglio di fattibilità del piano è stato esteso alla verifica del grado di solvibilità del terzo assuntore e delle garanzie prestate a supporto del proprio intervento, nel caso di specie costituite da una somma imputata a caparra confirmatoria degli impegni assunti.
Note:
Sul punto si veda, E. Bissocoli, La presunta incompatibilità tra lo stato di liquidazione (recte il piano di liquidazione) e la composizione negoziata della crisi d’impresa: un equivoco da evitare, in Dirittodellacrisi.it, 31 agosto 2022.