Come ricordato, il Correttivo-ter ha introdotto all’interno dell’art. 44 CCII (oltre ai commi 1 bis e 1 ter, su cui ci siamo già soffermati) il comma 1 quater. Il nuovo comma prevede (in tema di atti di straordinaria amministrazione) la facoltà del debitore di optare per un regime di autorizzazione diverso da quello previsto dall’art. 46. Come detto, infatti, il comma 1 bis del medesimo articolo si richiama all’art. 46 (che, a sua volta, si inserisce nella disciplina del concordato preventivo); il comma 1 quater prevede, invece, la facoltà del debitore di disattivare l’art. 46 (che si applicherebbe nel silenzio del ricorrente), richiedendo l’applicazione di un regime diverso (ai fini della disciplina sugli atti di straordinaria autorizzazione). Il diverso regime di autorizzazione sarebbe, in sostanza, modulato sulla base dello strumento di regolazione della crisi già individuato quale strumento preferibile (rispetto agli altri potenziali sbocchi della procedura prenotativa).
Più precisamente, il comma 1 quater prevede che, “in deroga a quanto previsto dal comma 1-bis, primo periodo” il debitore possa “chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui intende avvalersi se, unitamente alla domanda di cui al comma 1 o anche successivamente, deposita un progetto di regolazione della crisi e dell'insolvenza redatto in conformità alle disposizioni che disciplinano lo strumento prescelto”.
Si tratta di una modifica coerente (prima di tutto, dal punto di vista sistematico) con l’introduzione dei commi 1 bis e 1 ter: se, infatti, il legislatore del Correttivo-ter ha voluto prevede una disciplina ad hoc per la procedura prenotativa (per quanto attiene agli atti urgenti di straordinaria amministrazione), è ragionevole che si sia prevista la possibilità di modulare il regime di autorizzazione, plasmandolo ad immagine dello strumento di regolazione della crisi che si intende utilizzare nella fase successiva alla scadenza del termine concesso dal tribunale.
Tale nuovo assetto (che potrebbe apparire, prima facie, privo di rilievo, se non dal punto di vista sistematico, e, dunque, neutrale dal punto di vista delle implicazioni pratiche) si presta, però, ad alcune considerazioni problematiche.
Anzitutto, va ricordato che il pre-concordato rappresenta, di per sé, uno strumento neutrale rispetto alle decisioni che il debitore si riserva di assumere nella fase successiva: la procedura prenotativa, anzi, è proprio funzionale a permettere al debitore di elaborare un progetto di risanamento e di mettere a fuoco, tra l’altro, lo “schema” o lo strumento giuridico che meglio si adatta al proprio obiettivo, alla manovra finanziaria e alle azioni di ristrutturazione industriale che si intende perseguire. Certo, considerato il breve lasso di tempo che il legislatore concede al debitore, ai sensi dell’art. 44, comma 1 (a) CCII (che non può eccedere i 120 giorni), è verosimile che il debitore abbia maturato una qualche ipotesi di ristrutturazione (sia pur in nuce) fin dall’inizio, prima ancora di attivare la procedura prenotativa. Tuttavia, ciò non toglie che il debitore richieda la concessione del termine ex art. 44 “riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi” in un secondo momento. Numerose pronunce (anche recenti) della giurisprudenza di merito confermano tale impostazione di fondo: basti citare, tra le altre, una recente pronuncia del tribunale di Ferrara, con la quale è stato ribadito che “la norma [i.e., l’art. 44 CCII, ndr] sembra -da un lato- fare riferimento alla sola ipotesi di ricorso prenotativo depositato in funzione del deposito di una proposta concordataria, ma -dall'altro lato- è noto che nella concezione del nuovo codice, il ricorso c.d. in bianco è strumento aspecifico, in cui non si deve indicare la forma di composizione della crisi cui ci si orienterà, essendo quindi improprio esprimersi in termini di ricorso ex art. 44 CCI riferito a una domanda concordataria”[13].
Il nuovo comma 1 quater prevede, invece, come detto, la possibilità che il debitore abbia già chiaro (sia durante il decorso del termine ex art. 44, sia addirittura ab initio)[14] quale strumento di regolazione della crisi utilizzare. In sostanza, il debitore potrà dichiarare di volersi avvalere di uno strumento diverso dal concordato preventivo (per ipotesi, un accordo di ristrutturazione del debito o un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione), invocando, così, la disciplina prevista (per l’autorizzazione di atti urgenti di straordinaria amministrazione) per lo strumento prescelto.
È previsto, dunque, un regime-base (quello proprio del concordato preventivo), che troverà applicazione in assenza di una diversa richiesta da parte del debitore; esistono, poi, regimi alternativi, che potranno essere opzionati dal ricorrente che dichiari di aver già “pre-selezionato” uno specifico strumento di regolazione della crisi.
Di tale opzione il debitore potrebbe avvalersi al fine di giovarsi di un regime di autorizzazione più favorevole rispetto a quello applicabile al concordato preventivo (il più restrittivo). È appena il caso di notare, infatti, che, nel caso dell’accordo di ristrutturazione del debito[15]:
- la gestione ordinaria e straordinaria rimane saldamente in capo all’organo amministrativo (che non è tenuto a richiedere alcuna particolare autorizzazione al tribunale): l’obbligo di evitare atti di gestione distonici rispetto a quanto indicato nel ricorso di omologa si può ritenere implicito nelle generali regole di condotta desumibili dal procedimento (volontariamente) attivato dalla ricorrente. In sostanza, “pre-selezionando” l’art. 57 CCII, il debitore ottiene senz’altro l’esenzione dall’obbligo di previa autorizzazione degli atti di straordinaria amministrazione (a prescindere, peraltro, dal fatto che si tratti di atti urgenti o meno).
- non è prevista la nomina (necessaria) del commissario giudiziale. Nello scenario in esame, tuttavia, tale nomina non sarebbe evitabile, considerato che, già con l’attivazione del pre-concordato, il tribunale è già tenuto a nominarlo (come chiarito anche dalla Relazione illustrativa): di conseguenza, optare per lo strumento ex art. 57 CCII non potrebbe valere ad escludere la nomina (o a provocare la sopravvenuta decadenza della nomina) del commissario giudiziale, già presente dall’inizio della procedura prenotativa.
- con l’introduzione del Correttivo-ter (che ha modificato l’art. 64 CCII), già dalla data di deposito del ricorso di omologa (e fino alla data dell’omologazione), i creditori non possono acquisire diritti di prelazione non concordati con la ricorrente. Tuttavia, anche in tema di concordato preventivo, l’art. 46, comma 5, CCII prevede (come effetto automatico e ope legis) che i creditori non possano acquisire “diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione prevista dai commi 1, 2 e 3”. Al riguardo, valga ricordare, tra le tante, la recente pronuncia del tribunale Lodi[16], con la quale è stato ribadito che “il divieto disposto dall'art. 46 CCII di acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l'autorizzazione prevista dai commi 1, 2, 3, è un effetto legale derivante dal deposito della domanda di ammissione alla procedura, estraneo al perimetro delle misure protettive che necessitano di conferma giudiziale e non rientra nello spettro della tutela delle misure protettive. Le misure protettive di cui all'art. 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII, non possono consistere nel divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, in quanto tale divieto è già sancito dall'art. 46 CCII ed opera ex lege per effetto del deposito della domanda di concordato preventivo”.
Sotto tale profilo, dunque, non si ravvisano particolari elementi di convenienza rispetto al regime previsto in materia di concordato preventivo (sostanzialmente identico).
- non opera l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti al deposito del ricorso: anche in questo caso, tuttavia, si tratta di un effetto già acquisito alla data di attivazione della procedura prenotativa (non si vede per quale motivo tale effetto debba essere perso dal debitore per il sol fatto di aver individuato, ai fini del comma 1 quater, uno strumento di regolazione della crisi diverso dal concordato preventivo). Anche sotto tale profilo, dunque, non si ravvisano differenze rispetto al regime-base (concordato preventivo).
- il debitore è, in generale, libero di procedere al pagamento di creditori, con particolare riguardo a quelli che vantino pretese antecedenti alla data di riferimento del piano di ristrutturazione, fermo restando l’obbligo di conformare la propria condotta a quanto previsto dal piano e dagli obblighi ex lege riguardanti il trattamento dei non aderenti. L’art. 100 CCII[17] si applica, infatti, al solo concordato preventivo (rectius, al solo concordato in continuità e, tutt’al più, il pre-concordato con prospettiva di continuità aziendale) e non all’accordo di ristrutturazione: pur considerato che tale aspetto non viene citato dall’art. 46 (cui l’art. 44, comma 1 quater si incarica di derogare), ci si potrebbe chiedere se il debitore possa evitare (anche) il regime di autorizzazione al pagamento dei creditori, in virtù del nuovo comma 1 quater: sulla base di tale assunto, la “pre-selezione” dell’art. 57 potrebbe consentire di evitare il regime di autorizzazione dei pagamenti dei debiti pregressi (pagamenti che, invece, dovrebbero essere autorizzati in caso di concordato preventivo in continuità e che sarebbero preclusi in caso di concordato liquidatorio).
- non prevede (se non in specifici casi) la prededuzione quale automatico (e costante) effetto degli “atti legalmente compiuti dal debitore” (come, invece, previsto dall’art. 46, comma 3, CCII, per il concordato preventivo). Un (potenziale) effetto della “pre-selezione” dell’art. 57 potrebbe essere, dunque, quello della disattivazione della prededucibilità automatica dei crediti conseguenti agli atti inerenti alla procedura (aspetto non di poco conto, se si considerano i potenziali riflessi degli atti compiuti nel futuro scenario concorsuale, per ipotesi nel concordato preventivo cui ci si riservi di accedere in caso di insuccesso dell’accordo di ristrutturazione - prassi tutt’altro che rara).
Per quanto attiene, poi, al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione[18]:
- pur considerato l’obbligo di conformare la gestione al prevalente interesse dei creditori (come previsto dall’art. 64 bis, comma 5, CCII), l’organo amministrativo mantiene la piena titolarità dei poteri gestori;
- alla domanda presentata dal debitore si applicano i commi 4 e 5 dell’articolo 46: di conseguenza, (i) gli atti legalmente compiuti dal debitore danno luogo alla prededucibilità dei crediti conseguenti; (ii) vige la preclusione sull’acquisizione dei diritti di prelazione non concordati con il ricorrente;
- come previsto dall’art. 64 bis, comma 6 CCII, sussiste l’obbligo di previa informativa sugli atti di straordinaria amministrazione a favore del commissario giudiziale (che, a sua volta, può riferire al tribunale, qualora ritenga che l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori o non sia coerente rispetto al piano, ovvero nei casi di cui all’art. 106 CCII). Pur considerata, dunque, l’esenzione dell’obbligo di puntuale autorizzazione di ciascun atto di straordinaria gestione, sussiste l’obbligo di coinvolgere il commissario giudiziale, che può, a sua volta, provocare l’anticipato arresto delle iniziative della società. Anche in questo caso, comunque, la nomina di un commissario deriva della precedente decisione di attivare la procedura prenotativa (e, quindi, non sembra poter essere evitata ex post, considerato che la procedura prenotativa, di per sé, prosegue; il regime “speciale” di autorizzazione degli atti di straordinaria amministrazione viene, semmai, ad innestarsi nella procedura prenotativa, che, per il resto, rimane immutata).
La facoltà di “pre-selezionare” uno specifico strumento di regolazione della crisi può comportare, dunque, aspetti di convenienza per la debitrice, che (rispetto alla disciplina previgente) si vede riconoscere facoltà duttili e adattabili alla natura della procedura prenotativa (di per sé, aspecifica). Ad una prima lettura, però, la norma (e, in particolare, la facoltà di “switch” da un regime ad un altro, su richiesta del debitore, ai fini dell’autorizzazione di atti eccedenti l’ordinaria gestione) si può prestare ad alcune considerazioni critiche.
a. La revocabilità della “pre-selezione” dello strumento di regolazione della crisi
Occorre, anzitutto, chiarire se la facoltà di opzionare uno specifico strumento di regolazione della crisi (in alternativa al concordato preventivo) possa essere successivamente modificata o revocata dalla società ricorrente. A parere di chi scrive, la “pre-selezione” dovrebbe essere intesa come senz’altro revocabile (e modificabile) da parte della società ricorrente. A conferma di tale assunto, ci pare si possano indicare i seguenti elementi:
(i) anzitutto, non si rinviene alcun elemento testuale, sistematico o interpretativo (anche sulla base della ratio del comma 1-quater, di cui si è già detto) per sostenere l’irrevocabilità (o la non modificabilità): la ratio alla base del neo-introdotto comma 1-quater è legata, infatti, alla necessità di adeguare (ancor meglio di quanto già fatto in precedenza) la disciplina sul pre-concordato alle caratteristiche dello strumento di regolazione prescelto (sia pur in via preliminare) dal debitore, rendendo la procedura prenotativa maggiormente flessibile e duttile, così da poter essere plasmata ad immagine dello strumento da utilizzare per la fase successiva. Tale carattere generale di flessibilità non può che militare a favore della modificabilità (o revocabilità) della “pre-selezione” operata dal debitore (al contrario, sostenere la irrevocabilità/non-modificabilità sarebbe una scelta interpretativa ispirata alla maggiore rigidità, in contrasto con la ratio del legislatore);
(ii) lo stesso comma 1 quater prevede che il diritto al c.d. switch possa essere esercitato “unitamente alla domanda di cui al comma 1 o anche successivamente”: l’opzione di “pre-selezione”, quindi, non deve necessariamente concretizzarsi in un momento puntuale; viene, anzi, concesso al debitore un lasso di tempo (coincidente con il termine concesso dal tribunale ai sensi dell’art. 44 CCII), entro il quale l’opzione può essere esercitata. Ciò considerato (e ipotizzando che, nel corso della procedura prenotativa, il debitore veda evolversi le proprie analisi in un senso o nell’altro, anche alla luce degli approfondimenti resi possibili proprio dal termine ex art. 44), non si vede come non si possa permettere al debitore l’adeguamento dell’impostazione originaria alle mutate esigenze (ricordiamo che, fino alla scadenza del termine ex art. 44, il debitore non è tenuto a prendere posizione definitiva sullo strumento da utilizzare). Affermare, dunque, l’irrevocabilità della dichiarazione della società (che decida di avvalersi del comma 1 quater) appare arbitrario e irragionevole (oltre che contrastante con l’obiettivo perseguito dal legislatore del Correttivo-ter);
(iii) la “pre-selezione” dello strumento di regolazione non pregiudica, in ogni caso, la scelta dello strumento che la società debitrice potrà attivare alla scadenza del termine ex art. 44 CCII: in altri termini, pur a fronte della “pre-selezione” di uno strumento di regolazione della crisi (per ipotesi, un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione), il ricorrente resta libero, poi, di presentare un ricorso di accesso ad uno strumento diverso (e.g., un ricorso di omologa di un accordo di ristrutturazione, o un ricorso di ammissione al concordato preventivo). Sulla base di una interpretazione puramente letterale, infatti, il comma 1 quater si riferisce ad una mera dichiarazione di intenti (“il debitore può chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui intende avvalersi”), in termini non vincolanti. Testualmente, il comma 1 quater non prevede alcuna conseguenza nel caso in cui, alla scadenza del termine ex art. 44 CCII, il debitore viri su uno strumento diverso da quello “pre-selezionato”;
(iv) ancora una volta alla luce del dato testuale, la stessa “pre-selezione” ha ad oggetto esclusivamente il regime dello strumento di regolazione che si intende utilizzare (non coinvolge lo strumento di regolazione tout court).
La società, dunque, dovrebbe poter modificare la richiesta già depositata ai sensi dell’art. 44, comma 1 quater CCII, modificando l’opzione dichiarata sullo strumento di regolazione (strumento che, d’altra parte, il debitore non è tenuto a “cristallizzare” all’avvio della procedura prenotativa, ma, semmai, solo entro la scadenza del termine concesso dal tribunale).
Si ritiene, tuttavia, che si debba tener conto del contesto in cui lo “switch” (sia il primo, sia quelli successivi) si pone e, dunque, della necessità di argomentare la decisione in base a precisi elementi afferenti al progetto di risanamento (per ipotesi, la sopravvenuta opportunità – o necessità – di apportare correttivi alla manovra finanziaria originaria o agli aspetti di natura industriale, per far fronte a circostanze ignote e imprevedibili al momento della prima stesura del piano). Inoltre, non si può negare che anche il fattore cronologico abbia una sua rilevanza: la modifica o la revoca della dichiarazione iniziale dovrebbe essere vista in una luce diversa a seconda che intervenga in una fase iniziale della procedura prenotativa, in una fase intermedia, in coincidenza con la richiesta di proroga o in una fase prossima alla scadenza del termine. In ciascuno di tali scenari, infatti, lo scrutinio del tribunale dovrà essere opportunamente tarato, per recepire il background logico, fattuale e giuridico della richiesta del debitore. Per ipotesi, nel caso in cui la revoca o la modifica vengano presentate in una fase ancora precoce della procedura prenotativa, ex abrupto e senza una plausibile giustificazione alla luce delle circostanze sottostanti, la decisione potrebbe apparire come un ingiustificato abuso dello strumento da parte del debitore, se non come una violazione del dovere di evitare condotte in frode ai creditori (con l’obiettivo di agevolare, in via strumentale e opportunistica, il compimento di atti di straordinaria amministrazione, i cui effetti potrebbero essere irreversibili, eludendo le tutele a favore dei creditori).
La stessa giurisprudenza di merito aveva, del resto, sollevato questa esigenza prima ancora dell’approvazione del Correttivo-ter. Si ricorda una recente pronuncia del tribunale di Parma[19] (che abbraccia, in realtà, sia i profili di autorizzazione in ambiente di composizione negoziata, sia gli analoghi profili legati al pre-concordato), secondo la quale: “aInizio moduloFine moduloappare coerente con le finalità della composizione negoziata che l'autorizzazione ex art. 22 comma I lett. d) CCII produca i propri effetti in funzione dello strumento prescelto per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale ed economico finanziario e subordinatamente al successo della composizione negoziata. La valutazione del giudice nell'accogliere o rigettare l'istanza ex art. 22, comma 1, lett. d) CCI deve entrare nel merito non solo della scelta gestoria dell'imprenditore tradotta nell'atto di cui è concretamente chiesta l'autorizzazione, al pari di quanto avviene nelle ipotesi in cui sia chiamato ad autorizzare gli atti di straordinaria amministrazione ex art. 167 (o 161, comma VII) L Fall, oggi art. 94 (o 46) CCI nell'ambito del concordato preventivo, ma anche nella prospettiva del progetto di risanamento in cui la stessa è collocata, di talché i suddetti requisiti possono dirsi sussistenti: - laddove il trasferimento dell'azienda risponda in prima analisi, all'interesse del ceto creditorio, attraverso un giudizio prognostico incentrato sulla comparazione tra due scenari connotati dal compimento o dal mancato compimento dell'atto da autorizzare; - sia possibile altresì verificare le modalità di soddisfazione dei creditori con riguardo al progetto o al percorso di risanamento che il debitore intende intraprendere che deve pertanto essere delineato nelle concrete modalità operative (con indicazione dello stato di avanzamento delle trattative in atto, delle modalità della ristrutturazione dell'esposizione debitoria e del grado di consenso dei creditori su quest'ultima). L'operazione può essere autorizzata ove, superato un preliminare vaglio di ammissibilità, risulti coerente con il piano delineato per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell'imprenditore e con gli strumenti di cui questi intenda avvalersi all'esito delle trattative”.
Introdotta, così, l’esigenza della tutela dei terzi (innescata dalla possibile revoca o modifica della “pre-selezione”), occorre sviluppare le possibili implicazioni delle decisioni del debitore, più in generale, sulla posizione dei creditori.
b. La revoca o la variazione, in corso d’opera, della “pre-selezione”: le esigenze di tutela dei terzi
Posto che la “pre-selezione” non è irrevocabile (e che, a quanto ci consta, la stessa non riguarda solo il regime di autorizzazione degli atti di straordinaria autorizzazione, ma anche la disciplina di ulteriori aspetti non accessori, come la prededuzione dei crediti così occasionati, il coinvolgimento del commissario giudiziale, il regime sui pagamenti del debito antecedente e l’inefficacia delle ipoteche giudiziali pregresse), lo strumento di regolazione inizialmente indicato può essere variato. Occorre chiedersi, allora, quali siano le implicazioni della eventuale modifica dello “switch” iniziale, dal punto di vista delle esigenze di tutela dei creditori e dei terzi in genere. Ad una prima analisi della nuova norma, riteniamo vadano poste svolte le seguenti considerazioni.
- Va segnalata, anzitutto, l’esigenza di porre un argine a comportamenti puramente strumentali o opportunistici da parte del debitore. Come si è accennato, non si può escludere a priori che la ricorrente si avvalga dello “switch” in maniera svincolata dalle circostanze sottostanti, riguardanti lo sviluppo del percorso di risanamento e avulsa dal principio di buona fede e linearità della condotta del debitore. Ciò posto, differentemente da quanto osservato in sede di primo commento al Correttivo-ter, si ritiene che il tribunale (sia in sede di primo “switch” ai sensi del comma 1 quater, sia in caso di ulteriore variazione del regime applicabile) non possa limitarsi alla verifica della non-manifesta inidoneità del progetto, ma possa (e debba) indagare sulla effettiva correlazione tra il “progetto di regolazione della crisi” (di cui il comma 1 quater richiede il deposito), le assumptions di fattibilità e le potenziali decisioni di straordinaria amministrazione che si prospettano (queste ultime devono essere necessariamente coerenti con le premesse industriali e finanziarie prospettate dal debitore). Inoltre, come detto, il timing della richiesta e il carattere di urgenza degli atti da compiere dovranno rientrare nel perimetro di verifica. Peraltro, la stessa espressione “progetto di regolazione della crisi” non sembra definita in modo preciso e univoco, dovendo essere interpretata, piuttosto, come sinonimo di “piano di ristrutturazione” (o di risanamento).
In caso di “declassamento” del regime di autorizzazione (da quello previsto dall’art. 46 CCII a quello proprio dell’art. 57 o 64 bis), gli atti di straordinaria gestione (non compiuti prima dell’attivazione della procedura prenotativa) vengono prospettati durante la procedura, ma eludendo, di fatto, il regime previsto in via di default (quello proprio del concordato preventivo): in tal caso, sembra ragionevole imporre oneri di motivazione di particolare pregnanza. Il testo dell’art. 161, comma 7, primo periodo della previgente LF prevedeva la facoltà del tribunale di assumere “sommarie informazioni” (allo scopo di valutare se autorizzare o meno gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione): tuttavia, il contesto di cui si occupava la vecchia norma era completamente diverso da quello qui in esame (da un lato, la struttura del pre-concordato è stata radicalmente variata rispetto alla L. fall.; dall’altro, l’art. 44, comma 1 quater CCII prevede - più che l’autorizzazione di specifici atti - lo “switch” da un intero regime di autorizzazione ad un altro, con conseguenze irreversibili, da quel momento in poi, per i creditori): se ne può trarre la conferma, dunque, sulla necessaria verifica approfondita (e non limitata ad aspetti formale o di coerenza esteriore).
Lo stesso art. 46 CCII (che, come detto, contiene la disciplina “di base”) impone al debitore, al comma 2, di corredare il proprio ricorso con “idonee informazioni sul contenuto del piano” (si suppone, quindi, che, al momento della richiesta di autorizzazione, la società disponga già di linee-guida precise sul piano in corso di elaborazione e che possano essere, dunque, fornite informazioni “idonee”). A conferma di tale assunto, lo stesso comma 1-quater prevede che il (non meglio precisato) “progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza” debba essere redatto “in conformità alle disposizioni che disciplinano lo strumento prescelto” (si suppone, dunque, che il progetto di ristrutturazione sia già in stato avanzato di definizione, al punto da poter già recepire i requisiti previsti per i singoli strumenti in via specifica).
- Tra le possibili modalità di applicazione dell’art. 1 quater, sembrano annidarsi potenziali condotte di abuso o di frode ai creditori. Se, al deposito del ricorso per concessione dei termini ex art. 44 CCII, lo stesso debitore dichiara di aver già assunto una decisione sullo strumento da utilizzare (che si suppone tendenzialmente definitiva, considerate le notevoli implicazioni per i terzi, vittime di un declassamento di tutela sugli atti di straordinaria amministrazione), come giustificare il fatto di non aver compiuto gli atti di straordinaria gestione prima di allora? Peraltro, l’art. 39, comma 2 CCII prevede espressamente l’obbligo del debitore di depositare (entro il termine concesso ex art. 44 CCII) “una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione di cui all’art. 94, comma 2, compiuti nel quinquennio anteriore”[20].
Da un lato, la posticipazione di tali atti alla fase successiva all’avvio della procedura potrebbe meritare il plauso dei creditori, considerato il regime di maggior trasparenza e tutela applicabile in procedura (il pre-concordato prevede, se non altro, obblighi di informativa periodica e il coinvolgimento del commissario giudiziale); dall’altro lato, verrebbe da chiedersi quale sia la logica sottesa ad una strategia in cui il debitore: (1) avvia il pre-concordato, riservandosi di elaborare il piano e la proposta ai creditori; (2) contestualmente, dichiara di aver già selezionato lo strumento di regolazione della crisi; (3) si appresta a compiere, fin da subito, atti urgenti di straordinaria amministrazione (che magari ritiene esenti da autorizzazione, proprio in virtù dello “swtich”). In casi come questi, ci si dovrebbe attendere una precisa e approfondita descrizione della ratio sottostante la strategia del debitore.
- Tra le varie implicazioni della decisione del debitore, va ricordata, in particolare, quella riguardante la prededuzione dei crediti. Il tema della prededuzione (che sembra avere sorte diversa a seconda delle modalità d’uso del comma 1 quater, come ricordato sopra) sembra avere, infatti, un impatto rilevante sulla procedura concorsuale che dovesse conseguire: ne va della persistenza (o meno) o della prededucibilità “derivata” dei crediti, in conseguenza degli atti compiuti dalla società debitrice (con la conseguente compressione delle aspettative di recovery dei creditori chirografari). Tale aspetto sembra rafforzare ulteriormente l’opportunità di uno scrutinio severo al momento dell’attivazione del comma 1 quater.
- Sembra profilarsi una qualche discrasia tra l’art. 44, comma 1-ter e l’art. 46 (da una parte) e l’art. 44, comma 1 quater (dall’altra): si parla, infatti, di atti urgenti di straordinaria amministrazione, ma non è chiaro come il carattere urgente degli atti in esame possa combinarsi con la previa pianificazione (già piuttosto precisa e dettagliata) dello strumento di regolazione (presupposto del comma 1 quater). Se si tratta, infatti, di atti, per definizione, urgenti (indotti - si suppone - da circostanze sopravvenute e non previste in origine), la ricorrente dovrebbe poter chiarire in che termini lo “switch” (per definizione pianificato ex ante, in quanto basato sulla scelta dello strumento giuridico da utilizzare) sia coerente con la natura urgente degli atti da autorizzare. Lo “switch”, peraltro, sembra una dichiarazione generica (non necessariamente riguardante atti specifici) e rivolta al futuro, mentre gli atti da autorizzare sono specifici e, soprattutto, urgenti.
Peraltro, volendosi avvalere del portato interpretativo della Legge Fallimentare[21], proprio il carattere di urgenza degli atti di autorizzare spiega perché la legge non abbia previsto la necessità di una relazione attestativa dell’esperto: secondo tale opinione, l’urgenza avrebbe dovuto essere comunque provata sulla base di documentazione contrattuale o contabile, anche a prescindere da piani o proposte definitivi, fermo restando l’onere del tribunale di valutare “con prudenza e rigore” se accordare o meno l’autorizzazione, avvalendosi del potere di assumere sommarie informazioni, a maggior ragione nel caso di pre-concordato, dove dovrebbero essere ignoti, per definizione, i contenuti del piano e della proposta. Per le ragioni di cui sopra, si ritiene, appunto, che tale approccio di rigore si giustifichi anche dopo l’introduzione del CCII (e, in particolare, del nuovo comma 1 quater).