Qualora il debitore non abbia depositato un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza esplicitando la scelta a favore dell’accordo di ristrutturazione dei debiti piuttosto che del piano previsto dall’art. 64 bis CCII ovvero ancora del concordato preventivo, vi è da ritenere che nella fase della riserva non trovino applicazione talune norme tipiche di quest’ultima procedura concorsuale posto che il rinvio dettato all’art. 44, comma 1 bis, CCII è limitato ai soli effetti contenuti nell’art. 46 CCII.
In questa prospettiva, il ricorso prenotativo assurge dunque a una vera e propria domanda con riserva “di destinazione” – oltre che di produzione della documentazione – in vista della successiva presentazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto dal debitore. È pertanto gioco forza che durante il predetto segmento processuale molte delle norme volte a disciplinare il concordato preventivo o a permettere al debitore di avvalersi di determinate opportunità – quali, a titolo esemplificativo, la stipula di finanziamenti prededucibili o la sospensione dei contratti pendenti – restino fin da subito estranee alla vicenda in esame.
Fra le disposizioni che non trovano applicazione dovrebbe innanzitutto annoverarsi quella in tema di offerte concorrenti, nonostante quest’ultimo precetto affermi che il relativo contenuto si estende, in quanto compatibile, nel caso in cui il debitore abbia chiesto l’assegnazione del termine previsto dall’art. 44, comma 1, lett. a), CCII e sebbene la giurisprudenza di merito in una recente pronuncia [15] si sia indirizzata verso una soluzione maggiormente permissiva affermando il principio secondo cui, laddove il debitore ne abbia fatto richiesta, non si può negare l’applicazione dell’art. 91, comma 11, CCII per il solo fatto che la domanda sia carente di un progetto di regolazione della crisi orientato al concordato preventivo.
Dovrebbe, inoltre, restare estraneo alla fase della riserva l’art. 94 CCII in tema di affitto e cessione d’azienda. Al riguardo, tra i primi arresti vi è chi ha ritenuto, correttamente, che, in difetto del deposito di un progetto di regolazione della crisi del tipo “concordato preventivo”, al debitore sia preclusa la facoltà di chiedere al giudice di applicare detta disciplina in presenza di una vicenda circolatoria del complesso produttivo [16]. Più precisamente, il provvedimento in oggetto ha statuito che, una volta depositata la domanda prenotativa di accesso a una procedura, l’art. 44, comma 1 quater, CCII impone al debitore di provvedere alla presentazione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità alle disposizioni dello strumento prescelto, anche per potersi giovare del regime di quest’ultimo. Pertanto, qualora il debitore chieda l’autorizzazione alla cessione dell’azienda previo esperimento di un procedimento competitivo, non potranno trovare spazio né l’art. 91 CCII in materia di offerte concorrenti né l’art. 94, commi 5 e 6, CCII, in tema di assenso tribunalizio alla vendita o all’affitto d’azienda, ma solamente l’art. 46 CCII – che è a propria volta richiamato dall’art. 44, comma 1 bis, CCII – il quale consente al ricorrente, a pena di inefficacia, di compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione a fronte dell’autorizzazione del giudice [17]. Nulla osta infatti, prosegue ragionevolmente il suddetto provvedimento, che il giudice possa disporre l’atto gestorio urgente secondo modalità che consentono la massimizzazione del risultato economico a vantaggio dei creditori, come per l’appunto quella consistente nella pianificazione di un procedimento competitivo, all’esito del quale sottoporre la cessione al placet del Tribunale, di talché può essere consentito l’esperimento di una gara aperta al mercato, riservando l’eventuale rilascio dell’autorizzazione ex art. 46 CCI successivamente alla conclusione della selezione dell’acquirente, una volta definiti i termini dell’accordo, previa acquisizione del parere del Commissario giudiziale [18].
Una ulteriore norma che non dovrebbe trovare applicazione, pendente la domanda prenotativa, è rappresentata dall’art. 100 CCII che, in ipotesi di continuazione dell’impresa, legittima il ricorrente a chiedere al Tribunale l’assenso al pagamento dei crediti pregressi relativi a prestazioni di beni e servizi essenziali per la prosecuzione dell’attività economica e funzionali ad assicurare il miglior soddisfacimento del ceto creditorio ovvero, alle medesime condizioni, quello delle retribuzioni dovute ai lavoratori dipendenti per le mensilità antecedenti a condizione che si tratti di addetti al ramo di attività di cui è prevista la continuazione. Ad analoghe conclusioni è possibile giungere con riferimento sia al disposto dell’art. 100, comma 2, CCII in tema di provvedimento autorizzatorio del giudice avente a oggetto – in deroga all’anticipata scadenza di cui all’art. 154, comma 2, CCII – il rimborso delle rate del mutuo con garanzia reale che grava su beni strumentali all’esercizio dell’impresa alle scadenze previste dal piano di ammortamento del contratto, sia a quello di cui all’art. 99 CCII relativo alla disciplina dei finanziamenti prededucibili ante omologazione.
A tal proposito è ben vero che nei suddetti precetti, come in molte disposizioni in tema di concordato preventivo, il Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza continua ad affermare expressis verbis che la disciplina in essi contenuta si estende anche alle ipotesi di ricorso ex art. 44, comma 1, CCII, ma una siffatta locuzione non può che essere intesa, volendo dare corso a una interpretazione sistematica che consenta di ricavare il significato della formulazione dalla sua collocazione all’interno del plesso normativo in cui è stata inserita come domanda prenotativa se e nella misura in cui sia stato presentato un progetto di regolazione della crisi con la richiesta di applicazione dei precetti tipici del concordato preventivo di cui al medesimo art. 44, comma 1 quater, CCII. Al riguardo, in forza dei connotati di aspecificità e neutralità che ha assunto la fase in bianco in assenza di una chiara scelta da parte del debitore, i vari rinvii menzionati nel Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza in tema di concordato preventivo al deposito della domanda di accesso prenotativa dovrebbero, in realtà, presupporre, sotto il profilo del disegno prescrittivo, il deposito di un progetto di regolazione della crisi o dell’insolvenza segnatamente di stampo concordatario in aggiunta alla richiesta dell’imprenditore di giovarsi di detto regime in forza del disposto dell’art. 44, comma 1 quater, CCII. Ciò è quanto si ricava se si concorda con la circostanza secondo cui per il legislatore è prevalsa la volontà di evitare che, durante la fase della riserva, il debitore compia atti non coerenti con lo strumento che poi andrà successivamente a selezionare per superare la crisi e l’insolvenza, limitando e circoscrivendo la disciplina di base ed escludendo, al tempo stesso, quella in tema di concordato preventivo.
D’altra parte, delle due l’una: o gli effetti della domanda con riserva di produzione della documentazione sono, in assenza di una precisa scelta dello strumento da adottare, esclusivamente quelli di cui all’art. 46 CCII, come pare affermare inequivocabilmente il comma 1 bis dell’art. 44 CCII collocandosi nel solco di una lettura che vuole la riserva caratterizzata da una disciplina di base minimale, oppure stante la mancata volontà di ricorrere agli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero al piano previsto dall’art. 64 bis CCII, alle conseguenze giuridiche di cui al suddetto art. 46 CCII si dovrebbero aggiungere tutte quelle previste dagli artt. 91, comma 11, 99, comma 1, e 100, commi 1 e 2, CCII. Ma se così fosse, la fase della riserva finirebbe per perdere i connotati di neutralità e aspecificità voluti dalla novella e nulla sarebbe stato modificato dal legislatore del Correttivo ter rispetto alla versione codicistica precedente.
Né vale a sconfessare quanto sin qui affermato l’argomentazione secondo la quale laddove il legislatore lo ha voluto, lo stesso non ha mancato di individuare le disposizioni applicabili qualora sia stata esplicitata, pendente la riserva, la richiesta del debitore di volersi giovare del regime dello strumento del concordato preventivo. Una siffatta considerazione non appare in effetti convincente. Al riguardo, infatti, non si può che prendere atto di come l’unica disposizione che richiama testualmente l’art. 44, comma 1 quater, CCII sia l’art. 97, comma 7, CCII, il quale, riferendosi ai contratti pendenti, stabilisce che durante la riserva la sospensione non può essere autorizzata per una durata eccedente il termine concesso dal Tribunale. Va da sé, pertanto, che se si volesse sostenere detta tesi – opposta rispetto alla soluzione qui prospettata – si dovrebbe del pari accogliere una circostanza difficilmente accettabile, vale a dire quella secondo cui il solo precetto del quale il debitore potrebbe ulteriormente giovarsi nella fase della riserva, qualora scelga il modello concordatario, sarebbe rappresentato dalla regola contenuta nell’art. 97, comma 7, CCII.
Chiarito quanto sopra rappresentato resta, tuttavia, un’ultima problematica da risolvere. Mentre nel caso in cui la decisione del debitore sia ricaduta sul concordato preventivo, a poter essere oggetto di applicazione durante la riserva saranno le sole norme che fanno uso dell’espressione «anche ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. a)», vero è che quanto agli accordi di ristrutturazione dei debiti o al piano previsto dall’art. 64 bis CCII l’assenza di una equivalente locuzione in relazione a tali istituti determina il rischio che un ampio utilizzo della disciplina prescelta finisca per trasformare quella che è una domanda prenotativa in una domanda piena.
Al fine di evitare ciò non resta, pertanto, che concludere affermando che pendente la riserva la scelta di un progetto del tipo accordo di ristrutturazione dei debiti o piano ex art. 64 bis CCII si sostanzierà nella disapplicazione, nella prima circostanza, dell’intero art. 46 CCII e, nella seconda, dei commi 1, 2 e 3 di quest’ultimo precetto, posto che si tratta di disposizioni incompatibili e conseguentemente non applicabili con lo strumento adottato.