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Saggio

Gli effetti della domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza*

Luca Mandrioli, Professore a contratto di diritto della crisi nell’Università di Modena e Reggio Emilia

5 Maggio 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo approfondisce le modifiche apportate dal D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 all’art. 44 CCII con particolare riguardo al disegno del legislatore indirizzato ad attribuire piena autonomia alla fase della riserva, svincolandola dalla scelta che sarà effettuata dal debitore in merito allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in modo tale che qualunque sia il contenuto della successiva domanda piena alla stessa possano essere collegati i relativi effetti senza che questi debbano scontare le conseguenze di una precedente applicazione, seppure temporanea, delle regole concordatarie. L’Autore si sofferma, inoltre, sui riflessi che la novella determina facendo decorrere dalla data di presentazione della domanda piena il richiamo disposto dall’art. 96 CCII con riguardo all’obbligatorietà del concordato omologato ex art. 117, comma 1, CCII per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso e in tema di anticipata scadenza dei crediti di cui all’art. 154, comma 2, CCII. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa introduttiva
Il D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 – meglio noto come Correttivo ter – ha introdotto significative novità in relazione alla disciplina degli effetti della domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Tra queste, due appaiono, più delle altre, degne di nota e meritano un particolare approfondimento: ci si riferisce alle modifiche apportate all’art. 44 CCII – riguardante il procedimento unitario con riserva di deposito della proposta, del piano e degli accordi – e all’art. 96 CCII in tema di conseguenze che si sprigionano quando il debitore sceglie di accedere, nel termine assegnato dal Tribunale ovvero a seguito della presentazione della domanda piena, al concordato preventivo. 
Entrambi gli interventi in oggetto non solo incidono nella sfera dell’imprenditore e del ceto creditorio a seguito del deposito del ricorso prenotativo, ma rappresentano la realizzazione di un disegno chiaro del legislatore, ovverosia quello di attribuire piena autonomia alla fase della riserva, svincolandola completamente dalla scelta che sarà effettuata dal debitore in merito allo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza in modo tale che, qualunque sia il contenuto della successiva domanda piena, alla stessa possano essere collegati i relativi effetti senza che questi, a differenza di quanto accadeva nella previgente disciplina, debbano scontare le conseguenze di una precedente applicazione, seppur temporanea, delle regole concordatarie. L’essere giunti a questa nuova concezione del ricorso previsto dall’art. 44 CCII [1] in termini di una vera e propria domanda introduttiva di un procedimento con riserva ha messo l’imprenditore nelle condizioni di sviluppare, durante questo segmento processuale, un percorso coerente a prescindere dalla decisione finale riguardo l’istituto da adottare. 
Infatti, mentre nel vigore del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, come disciplinato prima del Correttivo ter, gli effetti che discendevano dalla domanda prenotativa erano esclusivamente collegati al concordato preventivo benché il debitore potesse successivamente virare verso l’accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero chiedere l’omologazione del piano previsto dall’art. 64 bis CCII [2], oggi in forza dell’innesto nell’art. 44 CCII dei commi 1 bis e 1 quaterla novella ha dotato l’iniziale segmento procedurale dei necessari connotati di neutralità – o, se si preferisce, di aspecificità [3] – rispetto alla decisione sullo strumento di regolazione, tanto da apparire, per certi versi, simile a quella fase comune di osservazione che caratterizza, nell’ambito della disciplina di cui al D.Lgs. n. 270/1991, l’insolvenza della grande impresa in attesa dell’apertura dell’amministrazione straordinaria vera e propria in luogo dell’alternativo accesso alla liquidazione giudiziale. 
Sul presupposto che – già da quando venne introdotta nell’ordinamento concorsuale con l’art. 161, comma 6, L. fall. – la riserva si prefigge, come noto, lo scopo di permettere al ricorrente di elaborare il piano e la proposta escludendo medio tempore il rischio di eventuali azioni in executivis da parte del ceto creditorio, in forza delle modifiche apportate dal Correttivo ter il legislatore ha concesso all’imprenditore l’ulteriore possibilità di accedere a una fase processuale ad ampio spettro idonea a consentire di effettuare, entro il termine fissato dal Tribunale, la scelta ritenuta migliore tra i vari strumenti a disposizione per affrontare la crisi e l’insolvenza, allorquando il quadro di riferimento sia divenuto chiaro e definito e senza dovere assumere una precisa posizione in sede di domanda ex art. 44 CCII [4]. 
Pur gemmando da quest’ultima alcuni effetti per vero tipici di quella piena, tra cui il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore disposto dall’art. 54 CCII – che resterà escluso dalla trattazione del presente contributo – e quelli previsti in tema di neutralizzazione degli obblighi relativi alla ricapitalizzazione della società in ipotesi di perdite rilevanti che, diversamente, essendo stati introdotti in sede di Correttivo ter saranno presi in considerazione nel paragrafo che segue [5], la caratteristica principe che assume il procedimento unitario sprovvisto di piano e proposta è dunque quella di limitare al massimo l’applicazione di disposizioni che potrebbero in futuro finire per porsi in contrasto con la disciplina dello strumento che da ultimo il debitore avrà deciso di adottare.
2 . Le novità in tema di sterilizzazione della disciplina della riduzione obbligatoria del capitale sociale per perdite
Nel colmare un rilevante vuoto normativo [6], al comma 1 bis, secondo periodo, dell’art. 44 CCII il legislatore ha stabilito che dalla data del deposito della domanda prenotativa e sino alla scadenza del termine previsto dal comma 1, lett. a) [7], non trovano applicazione gli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482 bis, commi 4, 5 e 6, e 2482 ter c.c., né opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4, e 2545 duodecies c.c.; quest’ultimo precetto in relazione alle sole società cooperative. Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito della domanda di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dall’art. 20 CCII con riguardo alla composizione negoziata della crisi, l’applicazione dell’art. 2486 c.c. 
Come noto, il rischio che caratterizza l’attività imprenditoriale può determinare, a dispetto dei propositi, perdite d’esercizio in capo alla società, in particolar modo allorquando vengono meno le condizioni di equilibrio economico. Nel corso della vita aziendale possono, infatti, manifestarsi situazioni che impongono di adottare i rimedi disciplinati dagli artt. 2446, 2447, 2482 bis e 2482 ter c.c., con modalità differenti qualora la riduzione sia o meno superiore a un terzo del capitale sociale, e, in quest’ultimo caso, a seconda che il predetto sia anche diminuito al di sotto del valore minimo di legge. 
Nell’ipotesi contemplata dall’art. 2446 c.c. in tema di società per azioni, ovvero nell’art. 2482 bis c.c. con riguardo alle società a responsabilità limitata, in cui la perdita è superiore al terzo del capitale sociale ma questo si mantiene nel limite legale, gli opportuni provvedimenti possono consistere semplicemente nella “presa d’atto” da parte dell’assemblea della situazione in cui versa la società e nel rinvio della decisione di ridurre il capitale all’esercizio successivo. Diversamente, più rigorosa è la disciplina degli artt. 2447 e 2482 ter c.c. che regolamenta la particolare ipotesi in cui, per effetto di perdite superiori al terzo del capitale sociale, questo si sia contestualmente attestato al di sotto del minimo fissato ex lege
A tal proposito il n. 4 del primo comma dell’art. 2484 c.c. non esita, infatti, a stabilire che, in detto caso, le società di capitali si sciolgono qualora l’assemblea – ai sensi dell’art. 2447 c.c. relativamente alle società per azioni ovvero dell’art. 2482 ter c.c. con riguardo alle società a responsabilità limitata – non deliberi la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento di quest’ultimo a una cifra non inferiore al minimo stabilito, oppure la trasformazione, concedendo la norma in esame la possibilità di mantenere in vita la società anche successivamente al verificarsi di rilevanti perdite solo nella misura in cui attraverso la ricostruzione del capitale vengano ripristinate le condizioni basilari di funzionamento che permettono la sopravvivenza dell’ente collettivo [8]. 
La modifica apportata dal Correttivo ter sterilizza pertanto, con ogni evidenza, tramite un apposito meccanismo di disapplicazione, la complessa disciplina civilistica poc’anzi precisata, sul presupposto che tale congelamento trova giustificazione nel fatto che attraverso la ristrutturazione posta in essere in virtù degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza scelti da debitore – vale a dire concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti oppure piano previsto dall’art. 64 bis CCII – si verrà a creare verosimilmente una sorta di sopravvenienza attiva derivante dalla riduzione dell’indebitamento tale per cui l’effetto contabile potrà essere quello di rimuovere le perdite e ripristinare l’entità del patrimonio netto al di sopra della cifra minima prevista per il capitale sociale [9]. 
Alla luce di tale conseguenza, sarebbe dunque del tutto inutile – se non addirittura inefficiente – imporre al debitore di deliberare ex abrupto lo scioglimento della società, con tutto ciò che ne comporta in termini di prosecuzione dell’attività d’impresa, quando di lì a poco, in conseguenza della modifica dell’obbligazione e del realizzo di sopravvenienze attive, è verosimile che il valore del patrimonio netto si assesti di nuovo a un livello superiore al minimo del capitale sociale costringendo, di converso, l’organo amministrativo a proporre ai soci di decretare la revoca dello stato di liquidazione dell’ente medesimo.
3 . (Segue) La disattivazione del disposto dell’art. 2486 c.c. e le ripercussioni sulla responsabilità degli organi sociali
Come noto, nel disciplinare il potere dell’organo amministrativo al verificarsi di una causa di scioglimento e sino al momento della consegna ai liquidatori degli adempimenti di cui all’art. 2487 bis, comma 3, c.c., l’art. 2486 c.c. dispiega il proprio raggio d’azione verso due differenti direzioni: la prima riguardante la gestione dell’impresa, specificando che gli amministratori ne mantengono il potere ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, e la seconda attinente, invece, alla responsabilità personale e solidale di questi per i danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali e ai terzi, per atti od omissioni in violazione dei suddetti obblighi conservativi. 
Sennonché, al pari di quanto in precedenza affermato, dalla precisazione contenuta nell’art. 44, comma 1 bis, CCII – in forza della quale resta fermo, per il periodo anteriore al deposito della domanda di cui all’art. 40 CCII, quanto previsto dall’art. 2486 c.c. – sembrerebbe potersi trarre l’implicita conclusione che, durante la riserva, quest’ultimo precetto e la relativa disciplina in termini di responsabilità degli organi sociali non troverebbero mai applicazione. 
Se questa prospettiva fosse corretta, l’obbligo di gestione “oculata” degli amministratori finirebbe quindi per cessare con la presentazione del ricorso prenotativo. Ma così non è. Sul punto occorre, infatti, fare chiarezza e precisare che alla data di deposito del ricorso ex art. 44 CCII ciò che si arresta sono esclusivamente le conseguenze in termini di limitazione alle sole operazioni volte alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale di cui all’art. 2486 c.c. Non è certo in forza di detta sterilizzazione che quanto posto in essere dall’amministratore in pendenza della riserva diventa sempre e comunque lecito e ammissibile, compresa l’erosione di eventuali valori patrimoniali in conseguenza di una conduzione in continuità dell’impresa in spregio delle regole di sana e prudente conduzione imprenditoriale. Infatti, la responsabilità degli organi sociali in ordine alle scelte gestorie compiute in sede di pianificazione delle modalità di superamento della crisi d’impresa non risulta, nel contesto sin qui delineato e a fronte della disapplicazione della disciplina civilistica sulla riduzione del capitale sociale per perdite, né depotenziata né affievolita, come l’interprete potrebbe essere indotto a ritenere sulla base di una prima lettura dell’art. 44, comma 1 bis, CCII. L’inoperatività, insita nella disapplicazione dell’art. 2486 c.c., dei criteri di conservazione del valore e dell’integrità del capitale sociale, se, da un lato, lascia ampi margini di manovra alla governance di un’impresa in crisi, dall’altro finisce, senza ombra di dubbio, per incrementare il rischio, in capo agli organi sociali, di essere chiamati a rispondere per eventuali danni cagionati alla società e al ceto creditorio a seguito di una errata progettazione degli strumenti necessari per il superamento della crisi d’impresa. 
In particolare, la disattivazione del disposto dell’art. 2486 c.c. ha, in effetti, il solo scopo di restituire all’organo gestorio quella discrezionalità di cui abbisogna per poter elaborare la migliore soluzione per la composizione della crisi d’impresa, nel modo più ampio possibile, ivi compresa la continuazione dell’attività imprenditoriale allorquando da ciò non derivi un pregiudizio per i creditori. In altri termini quello della pianificazione è un profilo di cui non può, invece, disporre chi amministra una società in bonis in corrispondenza di una causa di scioglimento per riduzione del capitale sociale per perdite, stante l’obbligatorio rinvio disposto dalla legge e, in particolare, dall’art. 2487 c.c., alle decisioni dell’assemblea dei soci per la definizione dei criteri in base ai quali svolgere la liquidazione, dei poteri dei liquidatori, degli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa, nonché di un eventuale suo esercizio provvisorio in funzione del miglior realizzo; continuazione e gestione dell’impresa che, di norma, competono all’organo amministrativo. 
In altri termini, l’orizzonte pianificatorio che, in forza del disposto dell’art. 44, comma 1 bis, CCII, si prospetta agli amministratori di una società che ha presentato domanda ex art. 40 CCII non ha carattere conservativo, ma risulta molto più ampio e autonomo. Peraltro, è proprio l’estesa libertà di manovra che fa sorgere, in capo all’amministratore, addirittura una maggiore responsabilità. Ecco, quindi, che a seguito dell’ingresso in una procedura concorsuale, gli amministratori stessi – e quanto ai loro compiti di controllo e vigilanza anche i sindaci – non sono tenuti a dare corso ai comportamenti solitamente a essi richiesti – la convocazione dell’assemblea per la nomina dei liquidatori e l’individuazione dei criteri di liquidazione – ma sono legittimati a pianificare, godendo di piena discrezionalità nell’individuazione dei mezzi e degli strumenti, la ristrutturazione del debito, con la conseguenza che nulla esclude che possano essere chiamati a rispondere di un piano irrazionale e non fattibile laddove tali deficienze dovessero essere a loro ascrivibili [10]. 
D’altra parte, non è pensabile che, a fronte di una struttura complessa come quella che contraddistingue la responsabilità degli organi sociali, una singola disposizione – quale è l’art. 44, comma 1 bis, CCII – possa essere di per sé sola idonea a proteggere l’operato degli amministratori. In altri termini, il diritto della crisi d’impresa non è dotato di una capacità riorganizzativa idonea a interferire a tal punto con le scelte gestionali di chi conduce l’impresa dettando una obbligatoria condotta del debitore insolvente che, se assolta, lo esonera da qualsiasi responsabilità. 
Infatti, con la presentazione della domanda di concordato preventivo e la conseguente operatività della relativa disciplina, il regime a cui sarà sottoposto l’organo amministrativo non sarà quello prescritto dall’art. 2486 c.c. bensì quello più generale di corretta gestione societaria e imprenditoriale, di adeguatezza e protezione dell’integrità del patrimonio sociale di cui agli artt. 2392, 2393, 2393 bis, 2394, 2395, 2476 c.c. e, in particolare, quello discendente dall’art. 2381 c.c. che impone all’organo amministrativo di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo e, quando elaborati, di esaminare i piani strategici, finanziari e industriali della società nonché l’andamento della gestione. Il che significa, quindi, che la paralisi di quella particolare responsabilità verso i creditori sociali sancita, in tema di liquidazione, dall’art. 2486 c.c. conseguente, per effetto dell’art. 44, comma 1 bis, CCII, alla mancata applicazione della disciplina del verificarsi della causa di scioglimento, non impedisce di certo che si faccia largo la norma in tema di statuto della responsabilità degli amministratori prevista dall’art. 2394 c.c. a tutela del patrimonio sociale e, pertanto, del soddisfacimento dei creditori. 
Una prospettiva, quella sin qui più ripercorsa, che se, da un lato, consente di riempire di contenuto i doveri di comportamento degli amministratori nel governo del rischio d’impresa, dall’altro finisce per eludere la vera problematica sottostante. In definitiva, la circostanza che l’atto compiuto sia stato posto in essere in esecuzione del piano non esime l’amministratore da responsabilità in caso di un eventuale danno. Se così non fosse si dovrebbe, in effetti, concludere – e ciò sarebbe, ancor prima che inaccettabile, del tutto assurdo – che per il solo fatto che gli atti dannosi siano stati a suo tempo pianificati l’amministratore vada esente da ogni tipo di responsabilità.
4 . Gli effetti della domanda con riserva e il progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza
Volendosi ora soffermare sugli altri effetti che discendono dall’applicazione della domanda con riserva, corre l’obbligo di osservare come il disposto dell’art. 44, comma 1 bis, primo periodo, CCII – secondo cui dalla data del deposito del ricorso e sino alla scadenza del termine fissato dal Tribunale si producono gli effetti di cui all’art. 46 CCII – debba essere letto in combinato con il successivo comma 1 quater dello stesso articolo, in forza del quale al debitore è comunque concessa la facoltà di derogare a detta disposizione presentando, unitamente alla domanda prenotativa oppure successivamente durante l’intera fase della riserva, un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
Le novità introdotte dal Correttivo ter chiariscono, dunque, che nella sua interezza l’art. 46 CCII – nel frattempo divenuto una norma autonoma in tema di concordato preventivo [11] – trova applicazione nella fase della riserva solo se e fino a quando il debitore non abbia scelto di avvalersi di un accordo di ristrutturazione del debito o di un piano di cui all’art. 64 bis CCII. 
 In un siffatto contesto, vanno peraltro ricordate talune regole che si estendono alla fattispecie in esame a partire dalla disciplina in materia di atti urgenti di straordinaria amministrazione, i quali devono essere autorizzati dal Tribunale e, in difetto di quanto precede, sono inefficaci oltre a comportare – come dispone l’art. 44, comma 1 ter, CCII – la revoca del decreto pronunciato ai sensi del relativo comma 1, ovverosia del provvedimento che determina l’avvio, in capo al debitore, della fase di riserva e del percorso prenotativo. A detto enunciato va aggiunto tanto il precetto che comporta il riconoscimento della prededuzione in relazione ai crediti che sorgono per gli atti legalmente compiuti dal ricorrente – vale a dire quelli di ordinaria amministrazione inerenti all’attività di impresa [12] e gli atti di straordinaria amministrazione autorizzati – quanto l’inefficacia, stante il relativo divieto di acquisizione delle prelazioni rispetto ai creditori concorrenti carenti di autorizzazione tribunalizia e delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso. 
Nella sostanza, dunque, l’art. 44, comma 1 quater, CCII afferma il principio che, pendente la riserva, mai al debitore è preclusa la facoltà di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza che intenderà scegliere alla scadenza del termine fissato dal Tribunale. A tal proposito, il ricorrente non solo deve presentare un progetto di regolazione ma affinché possa fruire delle regole che contraddistinguono l’istituto individuato occorre che faccia contestuale istanza di applicazione delle norme del concordato preventivo, piuttosto che dell’accordo di ristrutturazione del debito ovvero del piano previsto dall’art. 64 bis CCII. Peraltro, si tratta di una decisione che può essere presa dall’imprenditore al momento del deposito del ricorso di cui al comma 1 dell’art. 44 CCII ma anche successivamente, ovverosia in un qualunque frangente temporale della riserva. 
Sennonché non così immediata si presenta la nozione di progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Nulla, infatti, dispone la legge quanto al suo grado di dettaglio, sebbene sia verosimile che lo stesso possa essere declinato in termini di un programma sufficientemente individuato nelle sue linee guida ancorché in corso di completamento in relazione a taluni aspetti secondari dal momento che se fosse ultimato in ogni particolare si configurerebbe, per l’appunto, quale vero e proprio piano [13]. 
Fermo restando quanto sopra precisato, la riflessione che promana dalla disamina di tali novità conduce, tuttavia, a ritenere che ci si trovi al cospetto di una fase interlocutoria del procedimento unitario nella quale il legislatore abbia così voluto evitare di estendere la più rigorosa disciplina che contraddistingue l’intero articolato normativo applicabile al concordato preventivo, allorquando il debitore può non avere ancora le idee del tutto chiare in ordine a quale sia l’istituto su cui debba ricadere la decisione finale, limitandosi a disporre una norma di tipo suppletivo – ossia quella contenuta nell’art. 46 CCII, che rappresenta una sorta di regime di base [14] – escludendo in tal modo che si possa creare una situazione di incoerenza con lo strumento che sarà in seguito scelto dall’imprenditore. In altri termini, la novella ha voluto evitare di imporre al debitore determinati vincoli qualora poi la scelta alla fine del percorso della fase prenotativa sia differente e, in particolare, ricada sugli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero su un piano previsto dall’art. 64 bis CCII dove maggiori sono i connotati di autonomia negoziale. 
In definitiva, se così è, in forza della novella di cui al Correttivo ter la fase della riserva può, dunque, assumere una differente natura: quella meno stringente degli accordi ex artt. 57 ss. CCII o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione o, ancora, diversamente, quella più rigida caratterizzata da controlli pubblicistici del concordato preventivo, posto che la sussistenza di questa terza via che il debitore può percorrere pare potersi inequivocabilmente ricavare dall’art. 97, comma 7, CCII che, in tema di contratti pendenti, stabilisce la regola secondo cui la sospensione del contratto – in ipotesi di applicazione della disciplina di cui all’art. 44, comma 1 quater, CCII – non può essere autorizzata per una durata eccedente il termine concesso dal Tribunale.
5 . L’esclusione della disciplina concordataria nella fase della riserva in assenza del deposito di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza
Qualora il debitore non abbia depositato un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza esplicitando la scelta a favore dell’accordo di ristrutturazione dei debiti piuttosto che del piano previsto dall’art. 64 bis CCII ovvero ancora del concordato preventivo, vi è da ritenere che nella fase della riserva non trovino applicazione talune norme tipiche di quest’ultima procedura concorsuale posto che il rinvio dettato all’art. 44, comma 1 bis, CCII è limitato ai soli effetti contenuti nell’art. 46 CCII. 
In questa prospettiva, il ricorso prenotativo assurge dunque a una vera e propria domanda con riserva “di destinazione” – oltre che di produzione della documentazione – in vista della successiva presentazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza prescelto dal debitore. È pertanto gioco forza che durante il predetto segmento processuale molte delle norme volte a disciplinare il concordato preventivo o a permettere al debitore di avvalersi di determinate opportunità – quali, a titolo esemplificativo, la stipula di finanziamenti prededucibili o la sospensione dei contratti pendenti – restino fin da subito estranee alla vicenda in esame.  
Fra le disposizioni che non trovano applicazione dovrebbe innanzitutto annoverarsi quella in tema di offerte concorrenti, nonostante quest’ultimo precetto affermi che il relativo contenuto si estende, in quanto compatibile, nel caso in cui il debitore abbia chiesto l’assegnazione del termine previsto dall’art. 44, comma 1, lett. a), CCII e sebbene la giurisprudenza di merito in una recente pronuncia [15] si sia indirizzata verso una soluzione maggiormente permissiva affermando il principio secondo cui, laddove il debitore ne abbia fatto richiesta, non si può negare l’applicazione dell’art. 91, comma 11, CCII per il solo fatto che la domanda sia carente di un progetto di regolazione della crisi orientato al concordato preventivo. 
Dovrebbe, inoltre, restare estraneo alla fase della riserva l’art. 94 CCII in tema di affitto e cessione d’azienda. Al riguardo, tra i primi arresti vi è chi ha ritenuto, correttamente, che, in difetto del deposito di un progetto di regolazione della crisi del tipo “concordato preventivo”, al debitore sia preclusa la facoltà di chiedere al giudice di applicare detta disciplina in presenza di una vicenda circolatoria del complesso produttivo [16]. Più precisamente, il provvedimento in oggetto ha statuito che, una volta depositata la domanda prenotativa di accesso a una procedura, l’art. 44, comma 1 quater, CCII impone al debitore di provvedere alla presentazione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità alle disposizioni dello strumento prescelto, anche per potersi giovare del regime di quest’ultimo. Pertanto, qualora il debitore chieda l’autorizzazione alla cessione dell’azienda previo esperimento di un procedimento competitivo, non potranno trovare spazio né l’art. 91 CCII in materia di offerte concorrenti né l’art. 94, commi 5 e 6, CCII, in tema di assenso tribunalizio alla vendita o all’affitto d’azienda, ma solamente l’art. 46 CCII – che è a propria volta richiamato dall’art. 44, comma 1 bis, CCII – il quale consente al ricorrente, a pena di inefficacia, di compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione a fronte dell’autorizzazione del giudice [17]. Nulla osta infatti, prosegue ragionevolmente il suddetto provvedimento, che il giudice possa disporre l’atto gestorio urgente secondo modalità che consentono la massimizzazione del risultato economico a vantaggio dei creditori, come per l’appunto quella consistente nella pianificazione di un procedimento competitivo, all’esito del quale sottoporre la cessione al placet del Tribunale, di talché può essere consentito l’esperimento di una gara aperta al mercato, riservando l’eventuale rilascio dell’autorizzazione ex art. 46 CCI successivamente alla conclusione della selezione dell’acquirente, una volta definiti i termini dell’accordo, previa acquisizione del parere del Commissario giudiziale [18]. 
Una ulteriore norma che non dovrebbe trovare applicazione, pendente la domanda prenotativa, è rappresentata dall’art. 100 CCII che, in ipotesi di continuazione dell’impresa, legittima il ricorrente a chiedere al Tribunale l’assenso al pagamento dei crediti pregressi relativi a prestazioni di beni e servizi essenziali per la prosecuzione dell’attività economica e funzionali ad assicurare il miglior soddisfacimento del ceto creditorio ovvero, alle medesime condizioni, quello delle retribuzioni dovute ai lavoratori dipendenti per le mensilità antecedenti a condizione che si tratti di addetti al ramo di attività di cui è prevista la continuazione. Ad analoghe conclusioni è possibile giungere con riferimento sia al disposto dell’art. 100, comma 2, CCII in tema di provvedimento autorizzatorio del giudice avente a oggetto – in deroga all’anticipata scadenza di cui all’art. 154, comma 2, CCII – il rimborso delle rate del mutuo con garanzia reale che grava su beni strumentali all’esercizio dell’impresa alle scadenze previste dal piano di ammortamento del contratto, sia a quello di cui all’art. 99 CCII relativo alla disciplina dei finanziamenti prededucibili ante omologazione. 
A tal proposito è ben vero che nei suddetti precetti, come in molte disposizioni in tema di concordato preventivo, il Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza continua ad affermare expressis verbis che la disciplina in essi contenuta si estende anche alle ipotesi di ricorso ex art. 44, comma 1, CCII, ma una siffatta locuzione non può che essere intesa, volendo dare corso a una interpretazione sistematica che consenta di ricavare il significato della formulazione dalla sua collocazione all’interno del plesso normativo in cui è stata inserita come domanda prenotativa se e nella misura in cui sia stato presentato un progetto di regolazione della crisi con la richiesta di applicazione dei precetti tipici del concordato preventivo di cui al medesimo art. 44, comma 1 quater, CCII. Al riguardo, in forza dei connotati di aspecificità e neutralità che ha assunto la fase in bianco in assenza di una chiara scelta da parte del debitore, i vari rinvii menzionati nel Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza in tema di concordato preventivo al deposito della domanda di accesso prenotativa dovrebbero, in realtà, presupporre, sotto il profilo del disegno prescrittivo, il deposito di un progetto di regolazione della crisi o dell’insolvenza segnatamente di stampo concordatario in aggiunta alla richiesta dell’imprenditore di giovarsi di detto regime in forza del disposto dell’art. 44, comma 1 quater, CCII. Ciò è quanto si ricava se si concorda con la circostanza secondo cui per il legislatore è prevalsa la volontà di evitare che, durante la fase della riserva, il debitore compia atti non coerenti con lo strumento che poi andrà successivamente a selezionare per superare la crisi e l’insolvenza, limitando e circoscrivendo la disciplina di base ed escludendo, al tempo stesso, quella in tema di concordato preventivo. 
D’altra parte, delle due l’una: o gli effetti della domanda con riserva di produzione della documentazione sono, in assenza di una precisa scelta dello strumento da adottare, esclusivamente quelli di cui all’art. 46 CCII, come pare affermare inequivocabilmente il comma 1 bis dell’art. 44 CCII collocandosi nel solco di una lettura che vuole la riserva caratterizzata da una disciplina di base minimale, oppure stante la mancata volontà di ricorrere agli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero al piano previsto dall’art. 64 bis CCII, alle conseguenze giuridiche di cui al suddetto art. 46 CCII si dovrebbero aggiungere tutte quelle previste dagli artt. 91, comma 11, 99, comma 1, e 100, commi 1 e 2, CCII. Ma se così fosse, la fase della riserva finirebbe per perdere i connotati di neutralità e aspecificità voluti dalla novella e nulla sarebbe stato modificato dal legislatore del Correttivo ter rispetto alla versione codicistica precedente. 
Né vale a sconfessare quanto sin qui affermato l’argomentazione secondo la quale laddove il legislatore lo ha voluto, lo stesso non ha mancato di individuare le disposizioni applicabili qualora sia stata esplicitata, pendente la riserva, la richiesta del debitore di volersi giovare del regime dello strumento del concordato preventivo. Una siffatta considerazione non appare in effetti convincente. Al riguardo, infatti, non si può che prendere atto di come l’unica disposizione che richiama testualmente l’art. 44, comma 1 quater, CCII sia l’art. 97, comma 7, CCII, il quale, riferendosi ai contratti pendenti, stabilisce che durante la riserva la sospensione non può essere autorizzata per una durata eccedente il termine concesso dal Tribunale. Va da sé, pertanto, che se si volesse sostenere detta tesi – opposta rispetto alla soluzione qui prospettata – si dovrebbe del pari accogliere una circostanza difficilmente accettabile, vale a dire quella secondo cui il solo precetto del quale il debitore potrebbe ulteriormente giovarsi nella fase della riserva, qualora scelga il modello concordatario, sarebbe rappresentato dalla regola contenuta nell’art. 97, comma 7, CCII. 
Chiarito quanto sopra rappresentato resta, tuttavia, un’ultima problematica da risolvere. Mentre nel caso in cui la decisione del debitore sia ricaduta sul concordato preventivo, a poter essere oggetto di applicazione durante la riserva saranno le sole norme che fanno uso dell’espressione «anche ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. a)», vero è che quanto agli accordi di ristrutturazione dei debiti o al piano previsto dall’art. 64 bis CCII l’assenza di una equivalente locuzione in relazione a tali istituti determina il rischio che un ampio utilizzo della disciplina prescelta finisca per trasformare quella che è una domanda prenotativa in una domanda piena. 
Al fine di evitare ciò non resta, pertanto, che concludere affermando che pendente la riserva la scelta di un progetto del tipo accordo di ristrutturazione dei debiti o piano ex art. 64 bis CCII si sostanzierà nella disapplicazione, nella prima circostanza, dell’intero art. 46 CCII e, nella seconda, dei commi 1, 2 e 3 di quest’ultimo precetto, posto che si tratta di disposizioni incompatibili e conseguentemente non applicabili con lo strumento adottato.
6 . Il passaggio da un tipo di progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza a un altro
Tra gli aspetti maggiormente critici che le novità in tema di disciplina della riserva sollevano vi è, senza dubbio, il mutamento da un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza del tipo concordato preventivo a uno in tema di accordi di ristrutturazione del debito o di piano previsto dall’art. 64 bis CCII e viceversa. 
É infatti opportuno chiedersi se il debitore che ha optato – in applicazione dell’art. 44, comma 1 quater, CCII – per sottrarsi alle regole previste in ipotesi di domanda con ignota destinazione, possa, alla scadenza del termine fissato dal Tribunale o in un qualsiasi momento pendente la riserva, rispettivamente presentarne uno relativo a un altro strumento ovvero virare verso un diverso istituto da quello prescelto. La risposta è di certo affermativa in quanto l’art. 44, comma 1 quater, CCII non limita l’esercizio della facoltà di derogare al regime suppletivo di cui al comma 1 bis del medesimo articolo per una sola volta, né soprattutto rende definitiva l’iniziale decisione compiuta. A quanto precede soccorre pure la previsione contenuta nell’art. 54, comma 5, CCII che dispone la conservazione degli effetti delle misure protettive anche in caso di deposito, nel termine assegnato, di uno strumento di regolazione della crisi diverso da quello eventualmente indicato nella domanda depositata ex art. 44 CCII. 
Al riguardo, infatti, la novella non solo attribuisce al debitore la possibilità di presentare il ricorso prenotativo senza dover individuare fin da subito l’istituto, ma permette altresì, a fronte di una determinata scelta, di virare – pendente la riserva o al termine di questa – verso un differente strumento. 
Fermo restando che un siffatto cambiamento dovrà necessariamente essere motivato sulla base del sopraggiungere di circostanze sconosciute e non prevedibili al momento della stesura dell’iniziale scelta [19] – e ciò al fine di evitare di incorrere nel rischio di abuso dello strumento stesso e di relativa violazione della regola della buona fede – è evidente che qualora il debitore abbia dapprima ritenuto di avvalersi delle disposizioni del concordato preventivo e in seguito abbia optato per una differente soluzione, dalla data della variazione si verificherà la cessazione della sospensione dei contratti pendenti di cui all’art. 97, comma 7, CCII [20] e del pari non troveranno più applicazione gli artt. 91, comma 11, 99, comma 1, e 100, commi 1 e 2, CCII. Diversamente, con riguardo all’art. 46 CCII corre, tuttavia, l’obbligo di precisare che continuerà a valere il divieto dei creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati con il debitore come disposto dall’art. 64 CCII qualora la scelta sia ricaduta, quanto al progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza ovvero alla domanda piena, sugli accordi di ristrutturazione dei debiti, diversamente in ipotesi di adozione delle norme che regolamentano il piano previsto dall’art. 64 bis CCII troveranno spazio i contenuti prescrittivi dei commi 4 e 5 dell’art. 46 CCII, di talché gli atti legalmente compiuti dal debitore daranno luogo alla prededucibilità dei crediti conseguenti e resterà in vigore il suddetto divieto relativo ai predetti diritti di prelazione [21]. 
Sennonché, a prescindere da quanto precede, la questione maggiormente delicata concerne la sorte tanto degli atti di straordinaria amministrazione compiuti in assenza di autorizzazione prima del passaggio, alla scadenza del termine, al diverso regime più permissivo rispetto al concordato preventivo, ovvero anche pendente la domanda con riserva avente destinazione sconosciuta, quanto dell’iscrizione delle ipoteche giudiziali di cui all’art. 46, comma 5, CCII. 
In relazione a quest’ultima circostanza è, innanzitutto, ragionevole concludere che la variazione da una disciplina che prevede l’inefficacia a una che nulla dispone al riguardo dovrebbe comportare il venir meno dei limiti della prima espandendosi l’efficacia dell’ipoteca giudiziale nei confronti del ceto creditorio anteriore alla sua iscrizione. 
Con riguardo, invece, agli atti di straordinaria amministrazione compiuti in difetto di autorizzazione, occorre domandarsi quale sia la sorte di una tale violazione nel momento in cui il debitore sceglie di virare verso gli accordi di ristrutturazione dei debiti o il piano previsto dall’art. 64 bis CCII. A tal proposito vi è da dubitare che la fuoriuscita dalle regole dell’art. 46 CCII nella fase prenotativa sani l’inosservanza della legge verificatasi in precedenza, non potendosi escludere l’applicazione – se è ancora pendente la fase della riserva – del precetto di cui all’art. 44, comma 1 ter, CCII che dispone la revoca da parte del Tribunale del decreto di fissazione del termine pronunciato dal giudice in ipotesi di compimento di un atto di straordinaria amministrazione non autorizzato. Ciò che appare dirimente è, in effetti, il regime giuridico vigente nel momento in cui l’atto è stato posto in essere [22], essendo quindi irrilevante, al fine di andare esente da conseguenze giuridiche, la diversa disciplina nel frattempo sopravvenuta in forza del cambiamento di strumento prescelto da parte dell’imprenditore stesso. 
Peraltro, nell’ipotesi in cui successivamente dovesse intervenire la liquidazione giudiziale stante il mancato perfezionamento dell’accordo di ristrutturazione dei debiti oppure la sua risoluzione o ancora la carenza di omologazione tanto dell’accordo quanto del piano di ristrutturazione, è ragionevolmente ipotizzabile che il curatore possa comunque esperire, in relazione agli atti di straordinaria amministrazione e ai diritti di prelazione acquisiti entrambi non autorizzati, l’azione di inefficacia ex art. 46, comma 1, CCII, mentre non pare del tutto certo che l’organo amministrativo dell’esecuzione collettiva sia legittimato a promuovere anche l’azione revocatoria disciplinata dall’art. 166 CCII. 
Quest’ultimo interrogativo, infatti, non è di agevole soluzione. È noto che in conseguenza del disposto di cui all’art. 170 CCII [23] – secondo cui quando alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche con riserva di deposito della proposta del piano degli accordi, segue l’apertura della liquidazione giudiziale – i termini per promuovere il predetto giudizio decorrono a ritroso dal deposito della precedente domanda prenotativa anziché dalla data di apertura della suddetta. 
Ciò che a una prima lettura della norma in esame non si prospetta di immediata comprensione, qualora si intenda applicare il precetto alla vicenda in oggetto, è la circostanza di come, in ipotesi di successione di strumenti e procedure, la fattispecie revocatoria possa essere interessata – quanto all’individuazione del c.d. periodo sospetto – da due diversi dies a quo a ritroso: quello che decorre dal ricorso ex art. 44 CCII, per gli atti compiuti prima, e quello che inizia dalla declaratoria della liquidazione giudiziale, in relazione agli atti posti in essere durante la fase della riserva. Al fine di non incorrere in una evidente contraddizione, il conflitto in esame può essere risolto sulla base della considerazione che la specialità dell’art. 170 CCII rispetto alla disciplina generale di cui all’art. 166 CCII in tema di revocatoria concorsuale dovrebbe condurre ad affermare che la prima delle due norme trova spazio esclusivamente con riguardo agli atti compiuti nel periodo temporale che precede la domanda prenotativa, non potendo valere per quelli eseguiti successivamente, ai quali invece si estende il regime ordinario. Diversamente ragionando sarebbe singolare ritenere che fosse impedita la revocabilità con riferimento al frangente anteriore alla sentenza di liquidazione giudiziale, laddove l’art. 170 CCII, quale norma speciale, limita il proprio raggio d’azione ai solo atti posti in essere anteriormente alla domanda prenotativa. Quanto precede equivale ad affermare che l’art. 170 CCII non si riferisce agli atti compiuti durante la riserva ma solo a quelli antecedenti e ciò in forza di una ricostruzione sistematica della disposizione in esame fondata sulla circostanza che non possono evidentemente sussistere due diversi periodi sospetti per una medesima fattispecie. 
Minori sono, invece, le problematiche che caratterizzano il passaggio del debitore da un accordo di ristrutturazione del debito oppure da un piano previsto dall’art. 64 bis CCII, scelti inizialmente, verso un concordato preventivo adottato nel prosieguo. Il mutamento nella direzione di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza contraddistinto da una disciplina maggiormente rigida determinerà non solo l’applicazione dell’intero art. 46 CCII, ma pure quella degli artt. 91, comma 11, 99, comma 1, e 100, commi 1 e 2, CCII. 
Del pari eventuali atti di straordinaria amministrazione compiuti in pendenza delle norme che regolamentano l’accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero il piano di cui all’art. 64 bis CCII non potranno essere dichiarati inefficaci per mancanza di autorizzazione in quanto il regime giuridico vigente nel momento in cui l’atto è stato compiuto non lo prevedeva oltre alla circostanza che potranno essere revocati, in ipotesi di liquidazione giudiziale successiva, solamente in presenza dei presupposti di cui all’art. 166 CCII.
7 . Gli effetti della presentazione della domanda piena di concordato preventivo
Tra le novità più rilevanti apportate dal Correttivo ter in tema di effetti del concordato preventivo vi è, senza dubbio, quella riguardante la disciplina di cui all’art. 96 CCII. 
Con un intervento di impatto significativo sotto il profilo tanto sistematico quanto operativo il precetto in esame stabilisce che si applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo «unitamente alla proposta, al piano e alla documentazione prevista dall’articolo 39, comma 3» [24] – e, pertanto, dalla domanda piena e non più, come accadeva in precedenza, da quella prenotativa – le disposizioni di cui agli artt. 145 nonché da 153 a 162 CCII, vale a dire quelle norme che si occupano rispettivamente di regolamentare, quanto alla prima, le formalità per rendere opponibili gli atti ai terzi e, in relazione alle seconde, l’anticipata scadenza dei crediti, il concorso delle pretese creditorie condizionali e di quelle privilegiate, gli interessi, la compensazione, e le obbligazioni solidali. 
La correzione di rotta a cui si assiste si colloca nel solco del percorso del legislatore volto a rendere neutra la fase della riserva. Gli effetti previsti dalle predette disposizioni sono, infatti estranei agli accordi di ristrutturazione dei debiti e con riguardo al piano di cui all’art. 64 bis CCII si producono in termini non del tutto sovrapponibili in quanto nel rispetto del disposto dell’art. 64 bis, comma 9, CCII il rimando è agli artt. 145 e da 154 a 162 CCII. 
Sennonché, in un siffatto contesto, l’intervento apportato dal Correttivo ter all’art. 96 CCII finisce per assumere particolare rilevanza impattando a propria volta su due norme “faro” in tema di concordato preventivo: l’art. 154 CCII, espressamente richiamato – che stabilisce l’anticipata scadenza di tutti i crediti agli effetti del concorso – e l’art. 117 CCII che – rispetto all’analogo precetto presente nella disciplina ante Correttivo ter – non ha per la verità subito alcuna modifica e, in linea con il passato, continua a prevedere che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione della domanda di accesso nel Registro delle Imprese. 
Volendosi soffermare fin da subito su quest’ultima disposizione ferma restando la stretta connessione ontologica tra le stesse, corre l’obbligo di osservare come mentre prima dell’entrata in vigore del Correttivo ter l’espressione «domanda di accesso» veniva intesa, in aggiunta a quella piena, anche nella forma prenotativa – di talché alla data di deposito del ricorso con riserva si verificava la cosiddetta cristallizzazione del ceto creditorio in forza della quale tutti i crediti sorti per titolo o causa anteriore partecipavano al concorso e per essi si assisteva alla modifica dell’obbligazione concordataria che si perfezionava con l’omologa, mentre per quelli sorti successivamente vigevano le regole civilistiche di adempimento cronologico delle obbligazioni – a seguito della novella, sul presupposto che gli effetti del concorso e, in particolare quelli di cui agli artt. da 153 a 162 CCII, decorrono dalla domanda piena, è evidente che anche il riferimento contenuto nell’art. 117 CCII non può che essere differito a tale secondo momento [25]. 
Sennonché ciò origina una prima rilevante conseguenza. Con riguardo ai crediti sorti per titolo o causa anteriore alla presentazione della domanda prenotativa dovrebbe ritenersi caduto il divieto da parte del debitore di procedere al pagamento degli stessi sul presupposto che il principio della cristallizzazione del ceto creditorio inizierà a sprigionare i propri effetti successivamente e, più precisamente, dalla data di presentazione del piano e della proposta concordataria. A nulla rileva la circostanza che l’art. 100 CCII subordini il pagamento dei crediti anteriori alla domanda di accesso all’autorizzazione tribunalizia, sempre che il professionista indipendente attesti che le prestazioni oggetto di pagamento sono essenziali per la prosecuzione dell’attività d’impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Detta norma, laddove prevede che la disciplina in esame trovi applicazione anche nell’ipotesi di cui all’art. 44, comma 1, lett. a), CCII presuppone infatti – come già chiarito in precedenza – che il debitore si sia giovato del regime dello strumento di regolazione della crisi, ovverosia delle regole che caratterizzano il concordato preventivo formulando in tal senso specifica domanda nel rispetto dell’art. 44, comma 1 quater, CCII. D’altra parte, condurrebbe a una lettura distonica ammettere, al fine di vietare il pagamento dei crediti sorti per titolo o causa anteriore alla presentazione della domanda prenotativa, un’applicazione durante la riserva della disposizione contenuta nell’art. 100 CCII, posto che affinché i creditori possano ritenersi concorrenti – e come tali assoggettati al regime dell’art. 117 CCII in ipotesi di concordato preventivo omologato – è necessario – a seguito della modifica introdotta dal Correttivo ter all’art. 96 CCII – che sopraggiunga il deposito della domanda piena. Né del pari durante la riserva potrebbe essere impedito, quale principio generale, il soddisfacimento di un qualsiasi creditore se gli effetti di cristallizzazione della massa concordataria ancora non si sono prodotti. 
Passando alle conseguenze che la novella determina in ordine alla decorrenza degli effetti di cui all’art. 154 CCII dalla data di presentazione della domanda piena, ci si deve interrogare sulla sorte, in ordine all’anticipata scadenza, dei crediti che si sono originati per atti legalmente compiuti successivamente al deposito della domanda ex art. 44 CCII che godono di quel regime, particolarmente favorevole per la controparte creditrice, che è la disciplina della prededuzione di cui all’art. 46 CCII [26]. A tal proposito è evidente che se si facessero scadere anche questi in via anticipata, gli stessi dovrebbero partecipare al concorso essendo quindi a essi applicabile la regola di cui all’art. 117 CCII. 
In realtà un’interpretazione sistematica non può che condurre a sottrarre i medesimi dal raggio d’azione dell’art. 154 CCII. In particolare, per chi ritiene che nel concordato preventivo sussista una prededuzione endoconcordataria che, in aggiunta alle spese processuali e al compenso degli organi, si estende anche ai crediti sorti nel procedimento [27], è agevole concludere che la vicenda in esame finisca per essere attratta dalla disciplina di cui all’art. 98 CCII secondo cui i crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dal contratto. 
 Diversamente qualora si convenga – come pare preferibile – che l’art. 98 CCII regolamenti in realtà non i crediti prededucibili sorti prima del concordato ma esclusivamente quelli che, invero, vengono a esistenza successivamente all’apertura della procedura [28] – ricavandosi ciò dal fatto che il legislatore, nell’affermare che detti crediti sono soddisfatti «durante la procedura», pare presupporre che siano anche in essa sorti – non resta che concludere affermando che l’art. 46 CCII, quale norma speciale rispetto all’art. 117 CCII, disciplina una fattispecie che costituisce un segmento che va sottratto dal principio, per l’appunto, generale della cristallizzazione della massa passiva e della vicenda a essa funzionale rappresentata dall’anticipata scadenza di tutti i crediti concorrenti a norma dell’art. 154 CCII. 
In altri termini il combinato disposto dell’art. 44, comma 1 bis, CCII – che a propria volta rinvia all’art. 46, comma 4, CCII – e dell’art. 96 CCII produce il seguente risultato: i crediti sorti durante la riserva, se rispettosi della circostanza che sono legalmente compiuti, trattandosi di atti di ordinaria amministrazione o di straordinaria se autorizzati, non sono sottoposti al concorso e per essi non opera l’art. 154 CCII, venendo pertanto sottratti dalla regola dell’anticipata scadenza e dalla conseguente obbligatorietà della proposta di concordato omologata di cui all’art. 117 CCII. Gli stessi potranno essere soddisfatti man mano che giungono a scadenza sulla base del criterio civilistico di adempimento cronologico delle obbligazioni, essendo prededucibili nell’eventuale procedimento concorsuale successivo, ancorché tardivo e non necessariamente consecutivo nell’ipotesi in cui il concordato preventivo resti inadempiuto. 
In buona sostanza, i crediti originatesi per titolo o causa successiva alla presentazione della domanda prenotativa non vengono a scadere al momento della presentazione della domanda piena, né a tale data diventano immediatamente esigibili. Ciò consente di affermare il principio secondo cui durante la riserva non sussiste il concorso, tant’è che se il debitore si avvia verso l’accordo di ristrutturazione del debito o verso il piano previsto dall’art. 64 bis CCII il criterio di adempimento delle obbligazioni resta quello cronologico tipico delle vicende non concorsuali.

Note:

[1] 
Che, in realtà, altro non è che una istanza ex art. 40 CCII priva della documentazione tipica della domanda piena, la quale andrà comunque depositata nel termine assegnato dal Tribunale. V., in proposito, I. Pagni, Le novità del procedimento unitario dopo il D.Lgs. n. 136/2024, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 30. La medesima Autrice – in Id., La domanda prenotativa di accesso a uno strumento di regolazione giudiziale della crisi e dell’insolvenza dopo il D. Lgs., n. 136/2024, in Società, 2024, 1274 – ha in precedenza affermato che la domanda prenotativa è, in verità, già una domanda di accesso ex art. 40 CCII al pari di quella piena come precisato dall’art. 54, comma 4, CCII, dal momento che la successiva produzione documentale non avviene con ricorso ma per mezzo di una mera memoria integrativa. 
Sulla circostanza che la domanda prenotativa rappresenti l’avvio del procedimento unitario v. pure L. Baccaglini, S. Leuzzi, Su natura, funzione e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale (considerazioni a margine di un recente rinvio pregiudiziale e di altre ordinanze), in Dirittodellacrisi.it, 2025, 13. 
Ante Correttivo ter si era espressa in tal senso L. De Simone, L’accesso “con riserva” al procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 2024, 6. 
[2] 
Per una disamina di tali effetti ante Correttivo ter si rinvia diffusamente a M. Fabiani, Un affresco sulle nuove “milestones” del concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 2022, 62 ss.; G.B. Nardecchia, Gli effetti della domanda ex art. 44 CCII, in Il Fall., 2023, 1321 ss. Dopo l’approvazione dello schema di decreto correttivo ma antecedentemente alla sua entrata in vigore cfr. L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in Dirittodellacrisi.it, 2024, 30 ss.; F. Pani, La domanda prenotativa nel procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 2024, 8; L. Jeantet, P. Vallino, E. Albesano, Il Correttivo-ter e le modifiche in tema di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi degli artt. 37, 40 e 44 c.c.i.i., in Jus-Crisi d’impresa, 2024. 
[3] 
In questi termini cfr. Trib. Ferrara, 28 maggio 2024, in Dirittodellacrisi.it, che, quanto al ricorso c.d. in bianco, ha precisato che in esso «non si deve indicare la forma di composizione della crisi cui ci si orienterà». 
In dottrina anche T. Senni, Concordato con riserva e atti urgenti di straordinaria amministrazione: “switch” tra diversi regimi di autorizzazione ed esigenze di tutela dei terzi, in Dirittodellacrisi.it, 2025, 3, ha affermato che con il Correttivo ter è stato riformulato l’art. 44 CCII introducendo i commi 1 bis e 1 ter al fine «di chiarire la natura aspecifica della procedura prenotativa» stante il fatto che il ricorrente dispone della possibilità di scegliere uno strumento di regolazione della crisi diverso dal concordato preventivo, che pure resta l’archetipo della strategia di ristrutturazione. 
[4] 
Per completezza si noti che al fine di prendere la decisione sullo strumento da adottare, al debitore sono assegnati tempi comunque limitati – 60 giorni prorogabili fino a 120 giorni in ipotesi di giustificati motivi comprovati da un progetto di regolazione della crisi; circostanza questa che per la dottrina – v. I. Pagni, La domanda prenotativa di accesso a uno strumento, cit., 1276 – costituisce, di fatto, il venir meno del «vantaggio rappresentato dalla possibilità di entrare al buio». L’aspetto in questione assume un rilievo ancora maggiore se confrontato con la più ampia durata della composizione negoziata che, da stimolo alla tempestiva emersione della crisi nell’ambito dei quadri di ristrutturazione preventiva, è divenuta, con riguardo all’accesso a futuri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, una soluzione più proficua sotto il profilo temporale, in quanto il debitore ha a disposizione un più lungo periodo di tempo – 180 giorni a cui è possibile aggiungere, in presenza di determinate condizioni, fino a un massimo di ulteriori 180 giorni – per confrontarsi con i creditori ai fini del raggiungimento di un accordo rispetto alla durata della citata riserva. 
[5] 
In termini sintetici, sugli effetti della domanda di accesso con riserva post Correttivo ter si rinvia a G. D’Attore, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, Giappichelli, 2024, 124. 
[6] 
Come affermato da G.B. Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, 63. 
[7] 
Ovverosia quello – decorrente dall’iscrizione presso l’ufficio del Registro delle Imprese del relativo decreto di concessione – compreso tra 30 e 60 giorni, prorogabile su istanza del debitore e in presenza di giustificati motivi comprovati dalla predisposizione di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza, fino a ulteriori 60 giorni, entro il quale il debitore deposita la proposta di concordato preventivo con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità e la documentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2, CCII oppure chiede l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti con la documentazione di cui all’art. 39, comma 1, CCII, oppure del piano ex art. 64 bis CCII unitamente al corredo previsto dall’art. 39, commi 1 e 2, CCII. 
[8] 
Conseguentemente la causa di scioglimento in esame si perfeziona non dalla data di conoscenza da parte degli amministratori della diminuzione del capitale sociale per effetto delle perdite stesse, ma dal momento in cui, giusto il disposto dell’art. 2484, comma 3, c.c., l’organo gestorio prende atto che l’assemblea dei soci, convocata senza indugio, non ha provveduto a deliberare di ricostituire il capitale sociale ovvero di trasformare la società. Il che significa, in altri termini, che la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale costituisce solamente il momento iniziale di formazione di una causa di scioglimento che si conclude e, conseguentemente, si perfeziona con la mancata ricostituzione del capitale al di sopra del minimo legale da parte dell’assemblea dei soci, sebbene gli effetti si producano, in forza della pubblicità costitutiva di cui all’art. 2484, comma 3, c.c., dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della dichiarazione dell’organo amministrativo che accerta la sussistenza della causa di scioglimento stessa. 
[9] 
Come osservato a suo tempo da F. Platania, Le operazioni sul capitale nelle società in concordato preventivo, in Il Fall., 2011, 489. 
[10] 
Aspetto questo già rilevato, con riferimento alla disciplina di cui all’art. 182 sexies L. fall. in tema di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L. fall., da D. Galletti, Gli obblighi degli organi sociali dopo la domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione, in Ius-Crisi d’impresa, 2013. 
[11] 
Così I. Pagni, Le novità del procedimento unitario dopo il D. Lgs. n. 136/2024, cit., 32, e, ancora prima, Id., La domanda prenotativa di accesso a uno strumento, cit., 1277. 
[12] 
A tal proposito cfr., per la giurisprudenza, Trib. Vasto, 5 febbraio 2025, in Ristrutturazioniaziendali.it, per il quale gli atti di ordinaria amministrazione per la gestione del patrimonio e la continuazione dell’impresa devono comunque essere attinenti all’attività svolta e non estranei, posto che solo in una siffatta circostanza può trovare giustificazione l’attribuzione della qualificazione della prededuzione. 
[13] 
Con riguardo alla formulazione dell’obbligo di un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza disposta dall’art. 44, comma 1, lett. a), CCII al fine di ottenere la proroga dell’iniziale termine di riserva di produzione, Trib. Verona, 16 ottobre 2024, in Dirittodellacrisi.it, 2024, ha ritenuto che detto progetto debba contenere quantomeno le indicazioni di cui ai paragrafi 1 (relative al requisito dell’organizzazione dell’impresa), 2.8 (informazioni sull’andamento corrente in termini di ricavi, portafoglio ordini, costi e flussi finanziari) e 3 (individuazione delle strategie di intervento atte a rimuovere le cause della crisi) della check list approvata con D.m. 21 marzo 2023 in relazione alla composizione negoziata della crisi. 
[14] 
L’osservazione si rinviene pure in T. Senni, op. cit., 8. 
Sulla circostanza che l’art. 46 CCII e le limitazioni ivi previste si applichino ogni volta in cui l’imprenditore avvia il procedimento unitario con domanda prenotativa senza specificare la scelta dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza è affermazione anche di I. Pagni, La domanda prenotativa di accesso a uno strumento, cit., 1275. 
[15] 
V. Trib. Modena, 18 febbraio 2025, in Ristrutturazioniaziendali.it. Nel caso di specie, la ricorrente aveva, in particolare, chiesto in via principale l’autorizzazione del giudice ex art. 94, comma 2, CCII, come condizione sospensiva dell’efficacia di un negozio preparatorio complesso con un terzo, ipotizzando peraltro il debitore di accedere a un concordato preventivo in continuità aziendale – non avendo, tuttavia, scelto esplicitamente tale opzione né depositato alcun progetto di regolazione della crisi – nonché di applicare l’art. 91 CCII per un’operazione di cessione di un asset aziendale. 
[16] 
Cfr. Trib. Ravenna, 14 ottobre 2024, in Ristrutturazioniaziendali.it. 
[17] 
In questi termini Trib. Ravenna, cit. 
[18] 
Il rinvio è ancora a Trib. Ravenna, cit. 
[19] 
V. T. Senni, op. cit., 12. 
[20] 
L’osservazione è stata colta pure da G.B. Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, cit., 64 e 65, per il quale il passaggio dal progetto di concordato preventivo alla domanda di accordo di ristrutturazione dei debiti o di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione fa cadere lo spossessamento attenuato del debitore a seguito della domanda ex art. 44 CCII nonché il prodursi degli effetti giuridici peculiari della disciplina del concordato preventivo. 
[21] 
Conf. T. Senni, op. cit., 10. 
[22] 
Sul punto concorda G.B. Nardecchia, Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo, cit., 65. 
[23] 
Che ripercorre senza sostanziali modifiche l’art. 69 bis L. fall.; norma quest’ultima riformulata nel 2012 allorquando si era posto il problema della retrodatazione in caso di deposito della domanda di concordato con riserva. 
[24] 
A tal proposito non è chiaro, se non in termini di mera aporia, il rinvio al comma 3 dell’art. 39 CCII – quale corredo informativo ridotto previsto in sede di domanda prenotativa – in luogo della presentazione della documentazione completa e integrale disposta dal comma 1 del medesimo articolo, laddove peraltro è lo stesso comma 3 a stabilire, all’ultimo periodo, il deposito dell’intero set documentale imposto dai commi 1 e 2 dell’art. 39 CCII nel termine assegnato dal Tribunale. 
[25] 
Sebbene la pubblicazione nel Registro delle Imprese non sia espressamente prevista in corrispondenza della memoria integrativa con la quale il debitore provvede al deposito del piano, della proposta e della relativa documentazione. 
[26] 
La stessa problematica si pone con riguardo ai crediti sorti durante la riserva qualora il ricorrente, prima di depositare la domanda piena di concordato preventivo, abbia scelto di volersi giovare del regime dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del piano previsto dall’art. 64 bis CCII. Infatti, anche i crediti che sorgono per la gestione del patrimonio del debitore e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa successivamente alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza – intendendosi con ciò pure quella di cui all’art. 44, comma 1 quater, CCII – devono, in considerazione delle modifiche apportate dal Correttivo ter all’art. 6, lett. d), CCII, ritenersi prededucibili. 
[27] 
A tal proposito, anteriormente alle modifiche apportate al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza e, in particolare, all’introduzione da parte di quest’ultimo dell’art. 98 CCII era già da tempo diffusa l’opinione che la prededuzione operasse all’interno del concorso concordatario prima ancora che nella successiva ed eventuale esecuzione collettiva. V., al riguardo, S. Bonfatti, Il sostegno finanziario dell’impresa nelle procedure di composizione negoziale delle crisi, in Ilcaso.it, Sezione II – Dottrina, opinioni e interventi, documento n. 214/2010, 2010, 22; A. Bassi, La illusione della prededuzione, in Giur. comm., 2011, I, 356; A. Didone, Le impugnazioni nel concordato preventivo e il controllo del giudice sui crediti prededucibili, in Il Fall., 2012, 827; G. Ciervo, Prededucibilità dei crediti sorti «in funzione» della procedura concorsuale, in Giur. comm., 2013, II, 788; F. Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Il Fall., 2013, 1152 e 1153; G. Bozza, I criteri per la distribuzione delle prededuzioni tra il ricavato dei beni messi a disposizione dei creditori dal debitore concordatario, in Il Fall., 2015, 703; E. Mattei, La ripartizione dell’attivo, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, Milano, Utet, 2016, 2215; M. Spadaro, I crediti prededucibili, in Il Fall., 2016, 995. Pure D. Galletti, La prededuzione nel concordato preventivo: equivoci legati ad una formulazione ellittica?, in IlFallimentarista, 5 agosto 2014; S. Leuzzi, Preconcordato “abortito” e prededuzione dei crediti, in IlFallimentarista, 2014, 4. Più di recente anche M. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in Giur. comm., 2017, I, 751. 
Avevano invece negato l’esistenza di una prededuzione endoconcordataria G. Racugno, Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti. Le novità introdotte dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78 e dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, in Dir. fall., 2011, I, 2 e 5; B. Armeli, I finanziamenti soci in esecuzione di concordato preventivo tra prededucibilità e postergazione, in Fall., 2011, 890; B. Inzitari, Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall.: natura, profili funzionali e limiti dell’opposizione degli estranei e dei terzi, in Il Caso.it, II, 263/2011; A. Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182 quater l. fall., in Il Fall., 2011, 1342; G. Presti, I crediti dei soci finanziatori nel concordato della società a responsabilità limitata, in Studi in ricordo di Pier Giusto Jaeger, Milano, 2011, 924 in nt. 22; A. Nigro, Introduzione, in atti del convegno di Firenze del 18 marzo 2011 dal titolo “Finanziamenti bancari alle imprese in crisi fra prededuzione e subordinazione”, in Dir. banca e mercato fin., 2011, 460; A. Nigro - D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Appendice, Il Mulino, Bologna, 2013, 5; P. Vella, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzioni nel nuovo concordato preventivo, in Il Fall., 2013, 670 ss.; A. Bartalena, Crediti accordati in funzione od in esecuzione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-quater l. fall.), in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, diretto da M. Campobasso-V. Cariello-V. Di Cataldo-F. Guerrera-A. Sciarrone Alibrandi, 3, Utet, Torino, 2014, 2977 ss. Anche G.B. Nardecchia, I crediti sorti in funzione o in occasione del concordato preventivo, in Il Fall., 2014, 75 ss., aveva dubitato della sussistenza di una prededuzione endoconcordataria e ciò, principalmente, sul presupposto che la disciplina dell’art. 111 L. fall. non era facilmente “trasponibile” nel concordato preventivo. 
[28] 
Così anche M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa2, Piacenza, La Tribuna, 2024, 240. 

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