di Filippo Salsone, Dottore in giurisprudenza
Abstract
A partire da una recente sentenza del Tribunale di Venezia, l’A. affronta il tema del dovere di vigilanza dei sindaci e della connessa responsabilità anche alla luce del Codice della Crisi e della recente riforma dell’art. 2407 c.c.
Starting from a decision by the Court of Venice, the Author addressed the issue of the supervisory duty of the board of statutory auditors and the related liability, also in light of Codice della Crisi and the recent reform of Article 2407 of the Italian Civil Code.
1. La vicenda e la decisione del Tribunale di Venezia
I componenti del collegio sindacale della società decotta venivano citati in giudizio dalla curatela al fine di vederli condannati in solido al risarcimento del danno a cui avevano concorso per non aver adeguatamente vigilato sull’operato dell’organo amministrativo e, in particolare, per non aver adottato gli strumenti di reazione a loro disposizione al fine di ripristinare l’adeguato assetto societario e contenere il dissesto.
Costituitisi in giudizio, i sindaci contestavano tutto quanto in fatto e in diritto sostenuto dalla curatela, richiamando anche l’orientamento di legittimità per cui essi risponderebbero solo nell’ipotesi in cui sia possibile affermare che, ove si fossero diligentemente attivati, il danno sarebbe stato evitato.
Nonostante tali difese, il Tribunale di Venezia ne riconosceva la responsabilità, accertando una quota di 1/3 ciascuno, e, ritenendo inapplicabile retroattivamente il nuovo art. 2407 c.c., li condannava al risarcimento dei danni patiti dalla società sulla base del criterio della differenza dei netti patrimoniali. Secondo i giudici, infatti, a fronte della perdita integrale del capitale sociale sarebbe stato necessario attivare adire l’autorità giudiziaria piuttosto che limitarsi a mere segnalazioni agli organi sociali.
2. Il dovere di vigilanza del collegio sindacale
La pronuncia in esame affronta nel dettaglio il tema della responsabilità dei sindaci
[1] in relazione alla violazione del dovere di vigilanza, senza però soffermarsi sul perimetro di questo
[2]. Ai fini del presente contributo, si rende opportuno prendere le mosse da una breve ricostruzione di tale dovere.
Ai sensi dell’art. 2403 c.c., l’organo di controllo deve vigilare
sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società, nonché sul loro funzionamento. A ben vedere, la sorveglianza sul rispetto di legge e statuto è un principio di carattere generale, il quale ingloba, al suo interno, anche l’attività di verifica sull’osservanza dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza degli assetti
[3].
Fermo quanto poi si dirà, quale “
guardiano attivo”
[4] della gestione aziendale, è opinione pressoché univoca che il controllo del collegio sindacale sia di legittimità sostanziale e si estenda a tutta l’attività sociale
[5]. Tale controllo, se svolto diligentemente, non rappresenta un costo, bensì un’opportunità di miglioramento nell’esercizio del potere amministrativo, in qualità di strumento di indirizzo e di correzione permanente della gestione, volto al pieno rispetto delle regole giuridiche e tecniche, nonché dei principi di buona gestione
[6].
La vigilanza del collegio sindacale può dirsi a “fisarmonica”: in assenza di indici di rischio, sarà globale, sintetica e campione, mentre all’emergere di questi – o di irregolarità di gestione – diverrà più pregnante e analitica
[7]. In entrambi i casi, comunque, dovrà essere svolta secondo la diligenza professionale, parametrata sia alla natura sia alle dimensioni della società
[8], e in un’ottica
ex ante[9].
3. Segue: le singole aree di vigilanza, anche alla luce del Codice della Crisi
Il controllo del collegio sindacale riguarda, anzitutto, il rispetto della legge e dello statuto. Questo si estende a ogni tipo di disposizione, anche regolamentare, a cui la società e i suoi organi devono conformare i propri comportamenti
[10]; pertanto, si esige un controllo sostanziale su tutta l’attività sociale, compresa quella deliberativa dell’assemblea, che si arresta solo dinanzi al merito delle scelte gestorie, purché non manifestamente irragionevoli e/o prive di adeguato supporto
[11].
La supervisione sull’osservanza di legge e statuto contempla, come detto, anche la sorveglianza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte dei soggetti deputati – in senso lato – alla gestione della società
[12]. Secondo l’opinione maggioritaria, le verifiche del collegio sindacale si estendono al complessivo andamento dell’amministrazione societaria (
i.e., la correttezza del procedimento informativo e decisionale, la conformità con la prassi aziendalistica, la coerenza con l’oggetto sociale…), fermandosi, ancora una volta, solo dinanzi al merito gestorio
[13]. Ne consegue che dovranno passare sotto al vaglio dei sindaci tutti gli atti e/o documenti dell’organo amministrativo, dei suoi singoli componenti, dei direttori generali e dell’assemblea dei soci
[14].
L’attività di vigilanza attiene, infine, all’adeguatezza degli assetti societari e al loro concreto funzionamento. Mentre la concreta predisposizione di questi spetta all’organo amministrativo, ai sindaci compete la “
verifica dell’efficacia e dell’efficienza, sia pure sotto un profilo di adeguatezza e non di successo economico, della struttura organizzativa”
[15]. Anche questa, dunque, si ferma dinanzi alla
business judgement rule[16].
Tale ultima area di sorveglianza è quella che più è stata interessata dal Codice della Crisi
[17]. Dal combinato disposto degli artt. 2086 e 2403 c.c. e 3 e 25 CCII, infatti, emerge che al collegio sindacale sia oggi richiesto di vigilare sugli assetti anche in funzione di prevenzione della crisi
[18]. Si dovrà perciò accertare che la struttura organizzativa sia stata definita sulla base di una corretta individuazione dei rischi da presidiare e delle misure da implementare
[19], tenendo in considerazione sopratutto quegli aspetti che, ai sensi dell’art. 3 CCII, gli assetti devono rilevare e dei segnali di allarme da monitorare
[20].
4. La responsabilità del collegio sindacale…
Le considerazioni che precedono consentono, ora, di approfondire il tema oggetto della sentenza
de qua: la responsabilità dei sindaci ai sensi dell’art. 2407 c.c. a partire dalla sua versione antecedente alla riforma del 2025
[21] e in un’ottica comparativa rispetto alle ultime novelle legislative.
Aderendo all’orientamento pressoché univoco, il Tribunale di Venezia ricorda che la responsabilità dei sindaci costituisca una forma di responsabilità concorrente
, collegata
a un atto od omissione illecita degli amministratori da cui sia derivato un danno, che essi avrebbero potuto e dovuto prevenire
vigilando correttamente
[22]. Si tratta, in altri termini, di una responsabilità per fatto proprio per
culpa in vigilando che sarà riconosciuta laddove, sulla base di un giudizio controfattuale, risultasse che il danno patito dalla società a causa di atti e/od omissioni gestorie non si sarebbe verificato qualora i sindaci avessero adempiuto correttamente ai propri doveri
[23].
Elementi costitutivi di tale responsabilità sono pertanto:
(a) un comportamento illecito posto in essere dagli amministratori da cui sia derivato un danno,
(b) la mancata vigilanza e
(c) il nesso causale tra la condotta inerte del collegio sindacale e l’illecito gestorio
[24].
Per opinione pacifica, il nesso causale sussiste laddove risulti che, “
con ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione dei poteri sindacali avrebbe ragionevolmente evitato l’illecito”
[25], ragion per cui non vi è (
rectius, dovrebbe essere) alcuna responsabilità se non viene provato che un diverso contegno avrebbe evitato ovvero limitato il danno. Il che, come di sovente accade, potrà essere dimostrato anche mediante l’impiego di valutazioni probabilistiche e ipotetiche, con la conseguenza che il nesso si presumerà nel caso in cui l’attivazione dei controlli avrebbe potuto ridurre il rischio di danno.
Da un’analisi delle più recenti pronunce di legittimità, emerge infatti un atteggiamento piuttosto severo nei confronti della responsabilità dei sindaci, la quale è stata spesso riconosciuta a prescindere da un’applicazione rigorosa della
condicio sine qua non[26] e, cioè, ogniqualvolta essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano reagito di fronte ad atti di dubbia regolarità
[27]. Per tale ragione, con riferimento alla previgente formulazione dell’art. 2407 c.c., si è sostenuta l’esistenza di una duplice presunzione: di colpa e di sussistenza del nesso causale
[28].
In linea con tale orientamento, la sentenza
de qua conclude per la condanna dei sindaci convenuti in solido con gli amministratori per l’illecita prosecuzione dell’attività in ragione della mancata attivazione delle iniziative giudiziali a seguito della perdita del capitale sociale
[29]. Correttamente, non sono state ritenute esimenti né le mere segnalazioni né la ritardata convocazione dell’assemblea né, tantomeno, l’apparente ricostituzione del capitale sociale. Peraltro, non sarebbero valse a provare l’assenza di responsabilità in capo ai sindaci neppure le dimissioni
[30] o l’assunzione della carica dopo l’effettiva realizzazione dei fatti dannosi
[31].
5. … a seguito del Correttivo ter…
Come anticipato, il regime della responsabilità dei sindaci è stato interessato dall’entrata in vigore del Codice della Crisi
[32] e, in particolare, dal nuovo art. 25
octies CCII.
Benché dettata con riferimento alla composizione negoziata, la norma – che trova giustificazione nei poteri informativi di cui questi dispongono, i quali consentono una più immediata percezione della crisi, specie nell’ipotesi in cui il collegio sindacale svolga anche la funzione di revisione legale dei conti
[33] – ha una portata innovatrice ampia. Imponendo l’obbligo per i sindaci di segnalare tempestivamente l’emersione della crisi agli amministratori o, se inerti, all’autorità competente, la disposizione non solo consacra la tesi della sorveglianza
ex ante, ma codifica la
best practice del loro dovere. L’art. 25
octies CCII, infatti, individua le varie fasi di quella che dovrebbe essere la condotta tipica del collegio sindacale: a un primo momento di dialogo endosocietario con l’organo amministrativo in cui ci si potrà avvalere dei poteri ispettivi e informativi, in caso di inerzia, di risposte poco soddisfacenti ovvero di azioni correttive inadeguate, seguirà l’adizione di un’autorità terza
[34].
Ai fini che qui maggiormente interessano, la norma prevede che la tempestiva segnalazione e il monitoraggio sull’andamento delle trattative concorrano nella valutazione del giudizio di responsabilità. Dunque, la piena osservanza delle prescrizioni normative non vale
ex se quale causa esimente, ma solo a seguito di una valutazione in termini di se e quanto la tempestiva segnalazione abbia “
eliso il collegamento eziologico fra i pregiudizi che si siano verificati successivamente — per la società o i creditori — rispetto all’operato dei sindaci”
[35].
Pare così potersi giungere a una considerazione di sistema. Alla luce delle novità introdotte dal Codice della Crisi e, in particolare, dei nuovi poteri attribuiti al collegio sindacale, l’attività di vigilanza di quest’ultimo – e, per l’effetto, la connessa responsabilità – risulta più ampia rispetto al passato, discostandosi dal predetto limite della “legittimità sostanziale” e muovendosi, sempre più, verso il merito gestorio. Per questa ragione, alla sorveglianza sintetica sull’attività societaria andrà sostituito un controllo coessenziale a essa
[36].
6. … e del nuovo art. 2407 c.c.
L’aggravio di responsabilità è stato percepito dagli ordini professionali, da cui è giunta una proposta di modifica dell’art. 2407 c.c., divenuta realtà a seguito della Legge 14 marzo 2025, n. 35. È stato così introdotto un limite al quantum entro un multiplo del compenso annuo percepito del risarcimento dei danni cagionati – anche – dal sindaco a causa della violazione dei propri doveri ed è stato eliminato il riferimento a una responsabilità “solidale” con quella degli amministratori.
La novella legislativa va nella direzione opposta rispetto al severo atteggiamento della giurisprudenza pocanzi ricordato, nel tentativo, probabilmente, di compensare l’evoluzione dei poteri e delle connesse responsabilità
[37]. Dalla Relazione accompagnatoria, infatti, si ricava che l’
intentio legis sottesa alla riforma sia stata quella di fare in modo che i sindaci siano sanzionati solo per quanto abbiano compiuto od omesso alla luce della conoscibilità, in concreto, delle condotte gestorie illecite e dell’effettiva possibilità di reazioni, così da evitare – o almeno tentare di evitare – le ridette ricostruzioni
ex post in termini probabilistici
[38].
Il primo elemento di novità consiste nella responsabilità “limitata” per la violazione dei propri doveri, a patto che non vi sia stato dolo, ipotesi in cui si ritorna al precedente regime della responsabilità illimitata. Dunque, purché non dolosa, l’inosservanza di un proprio obbligo da parte di un sindaco sarà sanzionata entro stringenti limiti quantitativi collegati al compenso stabilito per la carica. Nonostante un’autorevole tesi contraria
[39], è da ritenersi che tale regola valga pure in caso di omessa o difettosa segnalazione
ex art. 25
octies CCII. Pur costituendo una novità del Correttivo
ter, infatti, la predetta segnalazione si inserisce nel più ampio quadro dell’attività di vigilanza sindacale di cui al combinato disposto degli artt. 2086 e 2403 c.c., rappresentando uno dei possibili strumenti di reazione a disposizione dell’organo di controllo. Orbene, aderendo al diverso orientamento per cui la mancata segnalazione, pur non dolosa, porterebbe a una responsabilità illimitata poiché vi sarebbe una presunzione
juris tantum di dolo eventuale, bisognerebbe concludersi nel senso dell’inibizione della responsabilità limitata a favore di quella illimitata anche in tutti gli altri casi di omesso ricorso ai predetti strumenti di reazione, giungendo così al risultato esattamente opposto alla
ratio della riforma.
L’altro profilo innovativo riguarda l’espunzione dell’esplicito richiamo alla solidarietà tra sindaci e amministratori in termini di responsabilità. Ciononostante, è da ritenersi che tale regime sia rimasto, in realtà, invariato
[40], come risulta dal perdurante – e più ampio – dovere di vigilanza di cui all’art. 2403 c.c. e dalla lettera degli artt. 1294 e 2055 c.c.
[41]. Anche nel mutato quadro normativo, infatti, l’evento dannoso ascritto ai sindaci, sotto il profilo della causalità materiale, deriva pur sempre da un comportamento illecito degli amministratori, che essi avrebbero potuto prevenire o, almeno, limitare se avessero vigilato diligentemente, di talchè è chiaro che il predetto evento dannoso sia legato da un nesso di causalità tanto al fatto illecito gestorio quanto all’omissione sindacale. Ne consegue che il danno sia uno solo e, pertanto, la responsabilità non possa che essere solidale
[42].
Un’ulteriore conferma si rinviene
nella tipica struttura delle società di capitali, in cui ogni organo è destinatario di una specifica funzione inevitabilmente complementare a quelle attribuite agli altri. In questo contesto, come detto, il collegio sindacale è chiamato a svolgere il ruolo di guardiano attivo della gestione aziendale e dell’operato degli amministratori, di guisa che l’omessa vigilanza rispetto a un illecito gestorio tale da aver causato un pregiudizio alla società, ai suoi soci ovvero ai creditori implica un concorso dei sindaci nella produzione di tale danno e, quindi, una loro responsabilità in solido
[43].
Nella sentenza in commento, il Tribunale di Venezia affronta poi l’ulteriore tema dell’applicazione retroattiva della nuova disciplina, concludendo – correttamente – in senso negativo
[44].
La diversa opinione dell’applicazione retroattiva della norma ai fatti dannosi e/o agli inadempimenti verificatisi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore in quanto regola
latu sensu procedimentale che si limiterebbe ad indicare al giudicante un criterio di quantificazione del danno senza, perciò, incidere sul diritto al risarcimento non è condivisibile. In primo luogo, perché il legislatore non ha dettato alcuna disposizione transitoria ragion per cui, non potendosi superare la barriera dell’art. 11 delle Preleggi e dovendosi, quindi, applicare i principi generali, il diritto al risarcimento del danno sorge solo a seguito della consumazione dell’inadempimento e al verificarsi del danno a esso materialmente connesso
[45]. In secondo luogo, perché, in realtà, la norma ha carattere sostanziale in quanto introduce un nuovo statuto sulla responsabilità risarcitoria dei sindaci che, in quanto tale, non è suscettibile di applicazione retroattiva. Infine, perché, vista l’inedita rilevanza attribuita al compenso stabilito per i componenti del collegio sindacale, un’applicazione retroattiva ai procedimenti pendenti finirebbe per privare il giudice del parametro di riferimento per la liquidazione del danno.
Ma la considerazione più assorbente attiene alla tutela del danneggiato. Se, infatti, si aderisse all’interpretazione favorevole all’efficacia retroattiva del nuovo art. 2407 c.c., vi sarebbe il concreto rischio di un non completo ristoro del danno subito a seguito di condotte precedenti alla riforma da parte di un soggetto che aveva una legittima aspettativa di una responsabilità, potenzialmente, illimitata in capo ai propri danneggianti.
A prescindere, comunque, dalla soluzione adottata, come caldeggiato in dottrina, si rende opportuno un ulteriore intervento
ad hoc che risolva, in un senso o nell’altro, il tema della retroattività
[46].
Note
[1] Con riferimento al novellato perimetro della responsabilità dei componenti del collegio sindacale, si rinvia all’ampio e innovativo contributo di M. Spiotta,
Una lettura integrata degli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII: dalla responsabilità “paralizzante” alla responsabilità “abilitante”, in
Dirittodellacrisi.it, 2025, che per prima ha evidenziato le implicazioni delle nuove norme contenute nel Codice della Crisi sui profili di responsabilità dei sindaci.
[2] Il tema è stato oggetto di ampie riflessioni da parte della dottrina e,
inter alia, v. R. Russo,
Rassegna di giurisprudenza – Il Collegio Sindacale nella società per azioni, in
Giur. Comm., 2022, 709 e ss.; P. D. Sfameni, sub
art. 2403, in Abbadessa e Portale (diretto da),
Le Società per Azioni, Milano, 2016, 1573; V. Calandra Buonaura,
Ruolo e responsabilità degli organi di controllo societari nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in
Giur. Comm., 2021, 794 e ss.; A. Cecchella,
Profili critici della responsabilità del collegio sindacale nell’attesa delle prime interpretazioni post riforma 2025, in
Dirittodellacrisi.it, 2025; I. Demuro,
Collegio sindacale, in Donativi (diretto da),
Trattato delle società, Torino, 2022, 2130 e ss. Nella prassi, invece, v. cndcec,
Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, 2024.
[3] Per tutti, v. I. Demuro,
loc. cit.[4] L’espressione è utilizzata da S. Pacchi,
Il ritorno del revisore contabile nel mosaico delle segnalazioni della crisi e dell’insolvenza dopo il d.lgs.136/2024, in
Ristrutturazioni Aziendali, 2024.
[5] Così P. Sanfilippo,
Il controllo sulla gestione contabile, in Cian (a cura di),
Diritto commerciale, Torino, 2020. 552, e Trib. Napoli, 7 giugno 2019, in
Le Società, 2019, 510 e ss.
[6] In tal senso, v. I. Demuro,
loc. cit., nonché già P. Montalenti,
Il sistema dei controlli: un quadro d’insieme, in
Giur. It., 2013, 2176, a parere del quale il controllo è “intrinseco alla funzione gestoria”. Acutamente, A. Cecchella,
loc. cit., accosta il controllo del collegio sindacale a quello della Suprema Corte. In giurisprudenza, cfr. Trib. Catanzaro, 3 aprile 2024, in
ilcaso.it, ove si legge che “il controllo di legalità inevitabilmente comprenda anche il controllo sulla corretta amministrazione e conseguentemente deve riguardare qualsiasi aspetto amministrativo e gestionale, estendendosi quindi alla legittimità sostanziale di tutta l’attività sociale”.
[7] Così già G. Cavalli,
I sindaci, in Colombo e Portale (diretto da),
Trattato delle società per azioni, Torino, 1988, 163. Correttamente, le Norme di Comportamento parlano di
risk approach.
[8] Sul punto, cfr. M. Franzoni, sub
art. 2406, in De Nova (a cura di)
Commentario del Codice Civile e codici collegati di Scialoja, Branca e Galgano, Torino, 2015, 222. Secondo S. Ambrosini,
Il Collegio Sindacale, in Aiello e Ambrosini,
Amministrazioni e controlli nelle s.p.a., in Rescigno (diretto da),
Trattato di Diritto Privato, Vol. XVI - Impresa e lavoro, Torino, 2013, 277, il mancato esplicito richiamo alle specifiche competenze tecniche dipende dal fatto che il possesso del requisito di professionalità sia indispensabile per l’espletamento della funzione sindacale e l’omesso richiamo a specifiche competenze sia reso superfluo dalla presunzione di idoneità tecnica che si evince da tale requisito. A parere di I. Demuro,
op. cit., 2102 e ss., poiché l’attività di vigilanza del collegio sindacale deve tenere in considerazione anche i rischi “nuovi” dell’attività di impresa (
e.g.,
cybersecurity), sarebbe opportuno che lo statuto preveda requisiti ulteriori che abbiano l’effetto di innalzare la professionalità dei componenti. B. Inzitari,
Obblighi di segnalazione nel Codice della crisi: responsabilità dei sindaci e dei revisori per i danni relativi alla perdita di valore della società e dei crediti, conseguente alla mancata o tardiva attivazione delle misure e degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in
Dirittodellacrisi.it, 2025 sostiene che il nuovo art. 25
octies CCII, introducendo un obbligo di intervento dei sindaci in caso di rilevazione di uno stato di crisi e/o insolvenza collegato a – possibili – attenuazioni di responsabilità, avrebbe “inteso determinare i criteri di valutazione della diligenza richiesta ex art. 1176, secondo comma c.c., per tale attività professionale”.
[9] Per la prima tesi, cfr. le Norme di Comportamento (v. Norma 3.3) e,
ex multis, N. Abriani,
Il ruolo del Collegio Sindacale nella governance del nuovo millennio, in Vietti (diretto da),
La governance nelle società di capitali. A dieci anni dalla riforma, Milano, 2013, 356 e E. Pedersoli,
Il Collegio Sindacale nelle Società per azioni, Milano, 2018, 53. Tuttavia, nel senso che il collegio sindacale svolgerebbe solo un’attività
ex post M. Libertini,
Il Sistema dei controlli nelle banche, in Cataldo (a cura di),
La Governance delle società bancarie, Milano, 2014, 64. Secondo M. Centonze,
Il "risk based approach" come metodo di condotta del Collegio Sindacale, in
Giur. Comm., 2020, 889, la contrapposizione tra controllo
ex ante e
ex post sarebbe “obsoleta”.
[10] Cfr., Norma di Comportamento 3.2.
[11] Così anche Trib. Catanzario,
op. cit., nonché Cass. civ., 27 agosto 2025, cit., secondo cui “dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto”.
[12]R. Russo,
op. cit., 714 e ss. sottolinea che il controllo si estenda a tutti gli atti di gestione “ascrivibili ad altri membri della scala gerarchica dell’impresa, [a condizione che] risentano di pregresse decisioni degli amministratori”.
[13] Cfr., Cass. civ., Sez. I, 24 gennaio 2024, n. 2350, in
DeJure secondo cui i sindaci sono tenuti a “controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale alla stregua delle circostanze del caso concreto”. In dottrina, per tutti, v. L. De Angelis,
Il collegio sindacale e il sindaco unico, Milano, 2016, 225.
[14] Ancora L. De Angelis,
op. cit., 222.
[15] La citazione è tratta da P. Montalenti,
Il sistema dei controlli: profili generali, in
Tratt. Cottino, Padova, 2010, 696.
[16] Si v. comunque I. Demuro,
op. cit., 2165 e ss., il quale ipotizza una responsabilità dei sindaci in relazione a sanzioni in tema di
compliance laddove gli amministratori abbiano adottato irragionevolmente assetti inadeguati e l’organo di controllo abbia omesso qualunque reazione. Secondo l’A., peraltro, già la mancata conoscenza degli assetti è di per sé fonte di responsabilità, poiché la conoscibilità e la conoscenza “sono imprescindibili nell’adempimento diligente dell’incarico”. Tali considerazioni, paiono oggi ancora più pertinenti, giacché il nuovo art. 25-
octies CCII presuppone e valorizza proprio la piena cognizione degli assetti predisposti dall’organo amministrativo.
[17] Per una ricostruzione completa delle modifiche apportate dal Codice della Crisi in questo campo, si rinvia a E. Quaranta, sub
art. 2403, in Nazzicone (diretto da),
Codice delle società, Milano, 2024, 740 e ss. Sul ruolo disegnato dal legislatore per il collegio sindacale rispetto agli assetti, v. M. Irrera,
Adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, in Donativi (diretto da),
Trattato delle società, Torino, 2022, 1156.
[18] Il punto è ben evidenziato da G. M. Buta,
Le segnalazioni dell’organo di controllo e del revisore, in
Banca, borsa e titoli di credito, 2025, 423 e ss., ove ampi riferimenti dottrinali.
[19] Cfr., V. Calandra Buonaura,
op. cit., 794. A parere di M. Irrera,
op. cit., 1556 e ss. l’attività di controllo mira a verificare non tanto la “costruzione” degli assetti quanto il loro effettivo funzionamento durante tutto il loro periodo di operatività, motivo per cui la vigilanza deve essere continuativa e più incisiva rispetto a quella degli amministratori.
[20] Sui parametri di adeguatezza degli assetti in relazione all’art. 3 CCII v. anche M. Irrera,
op. cit., 1568 e ss.
[21] In luogo di molti, v. E. Quaranta, sub
art. 2407, in Nazzicone (diretto da),
Codice delle società, Milano, 2024, 757 e ss., A. Cecchella,
loc. cit., R. Russo,
op. cit., 726 e ss. e I. Demuro,
op. cit., 2163 e ss.
[22] In questo senso,
ex multis, anche Trib. Roma, 3 giugno 2019, in
Giurisprudenzadelleimprese.it.
[23] Esemplificativamente Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2022, n. 30383, in
Giur. It., 2023, 1603 e ss. Come sottolineato anche da Cassazione civ. sez. I, 5 settembre 2018, n. 21662, in
Giur. It., 2019, 358 e ss., con nota di F. Sudiero, non si può parlare né di responsabilità oggettiva né, tantomeno, di responsabilità da posizione.
[24] Esemplificativamente, Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2023, n. 23200, in
Le Società, 2024, 178 e ss., con nota di E. Locascio Aliberti.
[25] Cfr., Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2023, n. 23200, cit.
[26] Come notato da E. Locascio Aliberti,
Responsabilità concorrente del sindaco-consulente, inerte e dimissionario: tre indizi fanno una prova, in
Le Società, 2024, 186.
[27] Per tutte, v. Cass. civ., Sez. I, 27 agosto 2025, n. 24004, cit.
[28] Su cui si rinvia a M. Centonze,
op. cit., 866 e ss.
[29] Come deciso anche Trib. Napoli, 26 luglio 2023, in
Il Fall., 2024, 589 e ss.
[30] Cfr., Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2019, n. 18770, in
Giur. Comm., 2021, 858 e ss. Ma v. anche Trib. Milano, 22 dicembre 2016, in
giurisprudenzadelleimprese.it che ha ritenuto responsabili i sindaci in un caso in cui, pur consapevoli dello stato di grave tensione finanziaria, si erano limitati a convocare l’assemblea dei soci ivi rassegnando le proprie dimissioni.
[31] Cass. civ., sez. I, 24 gennaio 2024, n. 2350, in
Diritto & Giustizia, 2024 precisa infatti che “neppure è sufficiente per escludere l'inadempimento dei sindaci il fatto di essere stati tenuti all'oscuro o di avere assunto la carica dopo l'effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi ove gli stessi abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori”.
[32] Sul tema, v. già M. Centonze,
Codice della crisi e responsabilità del collegio sindacale: alla ricerca di nuovi argini, in
Bilancio e Revisione, 2020, 63.
[33] Cfr., G. M. Buta,
op. cit., 428 e ss., la quale correttamente aggiunge che spesso il collegio sindacale è in grado di rilevare la crisi ancora prima dell’organo amministrativo poiché affetto da un sano “pessimismo della ragione”. In termini speculari già N. Abriani, Corporate governance e
doveri di informazione, in
Riv. dir. impr., 2016, 250.
[34] Cfr., I. Demuro,
loc. cit.[35] V. Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione,
Relazione n. 87, Nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza - Attuazione della Direttiva UE n. 1083/2019 c.d. Insolvency - d.lgs. n. 83/2022, 2022.
[36] Cfr., M. Spiotta,
loc. cit. Conformi anche G. M. Buta,
op. cit., 425 e ss., e B. Inzitari,
loc. cit.[37] Come rilevato da F. Fimmanò,
Apporto e prerogative dell’organo di controllo nelle dinamiche di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in
Dirittodellacrisi.it, 2023.
[38] Nella Relazione n. 1276 presentata alla Camera il 4 luglio 2023, infatti, veniva evidenziata l’esigenza che i sindaci fossero “sanzionati solo per ciò che abbiano effettivamente compiuto od omesso, sulla base di elementi e fatti conosciuti in quello specifico momento e non secondo troppo facili ricostruzioni ex post, provando la sussistenza e la presenza di ‘dolo specifico’, con una correlazione diretta della quantificazione del danno in sede civilistica”. Sul punto, ampiamente, E. Fregonara,
I nuovi (labili) confini della responsabilità dei sindaci, e i revisori?, in
Giur. It., 2025, 1811.
[39] Il riferimento va a M. Spiotta,
loc. cit.[40] A favore di questa tesi, R. Rordorf,
La responsabilità dei sindaci alla luce del novellato art. 2407 c.c., in
Le Società, 2025, 625 e ss.; F. Sudiero,
La responsabilità solidale dei sindaci è stata davvero eliminata? Primissime (ma non proprio istintive) riflessioni, in
Ristrutturazione Aziendali, 2025; A. Picciau,
La nuova disciplina della responsabilità dei sindaci: appunti su profili letterali e sistematici, in
Le Società, 2025, 648 e ss. ed E. Fregonara,
op. cit., 1810. Ma anche M. Spiotta,
loc. cit.[41] Per L. Benedetti,
La nuova responsabilità dei membri del collegio sindacale: alcune prime considerazioni sistematiche, in
Dirittodellacrisi.it¸ 2025 è necessario interpretare la norma in maniera costituzionalmente orientata, in quanto altrimenti la disposizione sarebbe eccessivamente pregiudizievole per i danneggiati. Secondo l’A., quindi, “appare preferibile il primo degli esiti interpretativi prospettati, ovvero la perdurante applicazione, nonostante la novella, del vincolo solidale fra amministratori e sindaci, in quanto tale lettura appare i) imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, ossia da un argomento ermeneutico da ritenersi dirimente rispetto ad altri, stante la necessità di rispettare la gerarchia delle fonti; ii) discendere altresì dal fatto che la disattivazione della solidarietà presuppone una norma
ad hoc – modellata come l’art. 754 c.c. – che espressamente introduca la deroga, non essendo possibile desumere la disattivazione di quella regola implicitamente dalla lettera non perspicua di una prescrizione”.
[42] Cfr., R. Rordorf,
op. cit., 627 e ss.
[43] Cfr., E. Fregonara,
op. cit., 1812 e, in giurisprudenza, Trib. Bari, 24 aprile 2025, in
Giur. It., 2025.
[44] Conformi alla sentenza in commento, Trib. Venezia, 7 luglio 2025, in
IusSocietario; Trib. Roma, 29 giugno 2025, in
DeJure, inedito; Trib. Brescia, 10 settembre 2025, in
OneLegale;
contra, invece, Trib. Bari, 24 aprile 2025, cit. e Trib. Palermo, 4 luglio 2025, in
Ilcaso.it[45] V. N. Abriani,
Sulla riforma dell’art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in
Soc. e Contr., Bil. e Rev., 2024, 6 e ss.
[46] Cfr., S. Ambrosini,
loc. cit.