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Saggio

La nuova responsabilità dei membri del collegio sindacale: alcune prime considerazioni sistematiche*

Lorenzo Benedetti, Professore associato di diritto commerciale nell’Università di Pisa

23 Giugno 2025

*Saggio sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il saggio sviluppa alcune prime considerazioni relative al nuovo art. 2407 c.c. sulla responsabilità dei sindaci, concorrente con quella degli amministratori. 
Pur partendosi dall’assunto per cui la recente riforma risponderebbe all’esigenza di impedire derive giustizialiste a fronte dell’esercizio delle azioni di responsabilità nei confronti dell’organo di controllo, si cerca di evidenziare come il risultato finale della riforma si esponga ad alcuni rilievi critici in punto di diritto. Rilievi che trovano fondamento, fra l’altro, anche nella disciplina del codice della crisi. 
Riproduzione riservata
1 . Considerazioni introduttive
Al termine di un iter legislativo piuttosto lungo è stata di recente approvata la novella all’art. 2407 c.c., recante la nuova disciplina della responsabilità del collegio sindacale. 
La disposizione ha già sollevato commenti antitetici fra i primi commentatori[1], a livello teorico. La stessa ha ricevuto invece il sostegno convinto delle categorie professionali – avvocati e dottori commercialisti – i cui membri posseggono i requisiti per ricoprire la carica di sindaco.   
La valutazione ambivalente della riforma non è tuttavia dovuta al fatto che non esista una diffusa esigenza di ripensare la regolazione della responsabilità civile degli organi societari in termini doverosamente garantisti[2], ma al fatto che il problema avrebbe potuto (e forse dovuto) essere affrontato con un intervento normativo di portata più generale, piuttosto che con una previsione avente il sapore di un privilegio per una categoria specifica e che per di più pare sistematicamente distonica sia con il sistema giuridico nazionale sia con quello internazionale, come si cercherà di far emergere. 
A ciò va aggiunta una prima considerazione personale. Lo snodo critico della responsabilità disciplinata dall’art. 2407 c.c. sembra essere quello del nesso causale fra l’omessa vigilanza (e la conseguente violazione del dovere proprio dell’ufficio di sindaco) e il danno cagionato dalla condotta degli amministratori. Ove pure si condividesse – come in effetti si condivide – la premessa che tale profilo non è adeguatamente trattato dalla giurisprudenza, non sembra che il rimedio più opportuno consista nel modificare la norma male interpretata; soprattutto se, come si avrà modo di chiarire in seguito, la previsione attuale appare quella che meglio si iscrive nel sistema della responsabilità civile e dei valori, anche di rango costituzionale, ai quali esso dà attuazione. 
In sintesi, la nuova disciplina della responsabilità dei sindaci risulta essere per molti versi una norma di dubbia coerenza sistematica rispetto ai principi e alle regole generali del nostro ordinamento societario e, più in generale, civilistico.
2 . Gli spunti di diritto comunitario
Un primo punto debole del nuovo art. 2407 c.c. è quello relativo al framework di diritto comparato valorizzato – espressamente o implicitamente – nella proposta di legge ad iniziativa parlamentare che ha dato avvio all’iter di riforma. 
A fondamento della novella si adduce il fatto che essa troverebbe pieno riscontro nel dibattito internazionale in merito alla responsabilità del revisore. 
Tale affermazione tuttavia non è suffragata dai dati ricavabili dall’indagine comparatistica. 
In primo luogo, la raccomandazione UE del 5 giugno 2008 – concernente “un’analisi obiettiva delle limitazioni della responsabilità” del revisore nei Paesi UE – e lo studio accademico ad essa allegato prospettano come soluzione ottimale, in relazione al tema della responsabilità dei revisori – contiguo a quello regolato dall’art. 2407 c.c. – quella della responsabilità parziaria: si rileva infatti che la responsabilità solidale avrebbe un effetto deterrente, che non comporta quale esito un maggior impegno nell’esercizio delle funzioni svolte dai revisori, ma piuttosto l’abbandono del mercato degli stessi. La limitazione della responsabilità del revisore entro certi limiti consentirebbe di rimediare a tale fenomeno. 
Ebbene, da questa sintetica ricostruzione risulta come la giustificazione sottesa alla preferenza della responsabilità parziaria espressa nella raccomandazione UE e nello studio allegato consista nell’esigenza di non rendere eccessivamente asfittico il mercato dei revisori legali, già fortemente concentrato per la presenza di pochi operatori che assumono la maggioranza degli incarichi (c.d. big four): un’istanza che non ricorre – o, comunque, ricorre in termini differenti – con riguardo ai professionisti in possesso dei requisiti per assumere l’incarico di membri del collegio sindacale. Rispetto a quest’ultimo si pone l’esigenza di non disincentivare l’assunzione della carica da parte di esperti non disposti a sopportare il rischio di incorrere nella responsabilità ad essa connessa, non già quella, del tutto differente, di tutela di “un mercato concorrenziale dei servizi di revisione” alla quale era volta invece la citata raccomandazione UE 2008 (cons. 2-3) presa come modello dalla riforma dell’art. 2407 c.c. 
Dunque, le indicazioni ricavabili dai documenti di fonte eurounitaria sulla responsabilità dei revisori non offrono una base adeguata a sostegno dell’eliminazione della responsabilità solidale dei sindaci con quella degli amministratori, in quanto riferite a una fattispecie che pone esigenze diverse da quella oggetto dell’art. 2407 c.c. 
Del resto, l’art. 15, comma 1, c.d. del decreto revisione vigente (D.Lgs. n. 39/2010) ha confermato nel nostro ordinamento, a dispetto del dibattito a livello europeo sopra sintetizzato, la responsabilità solidale e illimitata del revisore con gli amministratori verso la società, i soci e i terzi. Al riguardo allora, nell’ambito dell’iter legislativo sfociato nella novella all’art. 2407 c.c., sarebbe stato opportuno chiedersi perché per il revisore si sia ritenuto preferibile non molti anni addietro prevedere la regola della responsabilità solidale invece che quella della responsabilità proporzionata[3], mentre per i sindaci si ritiene ora di dover adottare una scelta di politica legislativa esattamente antitetica[4].
3 . Segue. Il quadro comparatistico degli ordinamenti nazionali
A quanto rilevato in merito all’ordinamento UE va aggiunta qualche considerazione relativa agli ordinamenti stranieri nazionali. 
Con riguardo all’ordinamento tedesco, è vero – come si riporta nella proposta di legge italiana – che in esso vige per l’Abschlussprüfer un sistema di responsabilità limitata ex lege
Ma il dato così riportato è fuorviante. 
Il sistema tedesco, infatti, a seguito dello scandalo Wirecard – uno dei maggiori scandali finanziari nella storia tedesca, generato, fra l’altro, proprio dall’operato dei revisori – è stato interessato da una riforma volta a rafforzare l’integrità del mercato finanziario (Entwurf eines Gesetzes zur Stärkung der Finanzmarktintegrität vom 16. Dezember 2020 (FISG))[5] che ha modificato il § 323 HGB, incrementando notevolmente i massimali della responsabilità del revisore ed escludendo radicalmente l’applicabilità di tali limiti in caso di gross negligence (oltre che in caso di dolo, come si limita a prevedere il nuovo art. 2407 c.c.)[6]. 
Tale recente evoluzione dimostra che l’ordinamento tedesco va nella direzione dell’ampliamento della responsabilità del revisore, nonostante essa permanga – ma solo a fronte dei casi di mera negligence – limitata ad un massimale ex lege.  
D’altro canto, il vigente ordinamento tedesco non sembra poter essere indicato come modello di riferimento della novella italiana anche raffrontando quest’ultima con la responsabilità dell’Aufsichtsrat, al quale pertiene la funzione di controllo sulla gestione (§ 111, Abs. 1, AktG) e che quindi può essere accostato, sotto questo profilo e sia pure con le peculiarità proprie di quel sistema, al collegio sindacale. 
L’opinione prevalente ammette la solidarietà fra gestori e controllori nelle ipotesi in cui i primi violino uno dei loro fiduciary duties e l’Aufsichtsrat non abbia controllato diligentemente[7], sebbene non possa sottacersi che parte della dottrina perviene a una conclusione opposta, adducendo la mancanza dei presupposti della solidarietà ai sensi del § 421 BGB[8]. 
Quanto all’ordinamento statunitense, va rilevato che da tempo la responsabilità dell’auditor è stata limitata (da due leggi federali: il Securities Litigation Uniform Standards Act (SLUSA)[9] e il Private Securities Litigation Reform Act (PSLRA)[10]): il revisore non risponde jointly and severally, cioè in solido, con gli eventuali altri soggetti responsabili, ma solo per la quota a lui personalmente imputabile. 
Solo apparentemente tuttavia il sistema USA presenta connotati equivalenti al nostro, se pure per quanto concerne la responsabilità dei sindaci, a seguito dell’entrata in vigore della novella. 
Pur non prevedendosi la responsabilità solidale, il revisore può infatti essere condannato negli USA a corrispondere importi superiori ai danni effettivamente causati mediante l’applicazione dei cd. punitive damages[11]. 
La responsabilità parziaria contemplata per il revisore nell’ordinamento USA non sembra dunque costituire un argomento favorevole all’intervenuta modifica dell’art. 2407 c.c., quantomeno perché la regola statunitense si inserisce in un sistema giuridico nel quale alla limitazione della responsabilità dei controllori corrispondono balances che determinano un effetto contrario. 
Per quanto concerne infine il Regno Unito – pure citato nella tabella in calce alla proposta di legge a iniziativa parlamentare – la limitazione della responsabilità dell’auditor è più apparente che reale. Nel senso che, sebbene la Section 534 del Companies Act 2006 preveda la validità di un liability limitation agreement fra tale soggetto e la società, esso può essere comunque reso inefficace in esito al giudizio di fairness e reasonableness da parte del tribunale sull’entità del risarcimento che in base all’accordo l’auditor sarebbe tenuto a versare alla società stessa. Inoltre non può essere limitata la responsabilità del revisore verso i terzi diversi dalla società (come previsto anche nei Paesi Bassi). 
Quanto sinora rilevato in riferimento ai più rilevanti ordinamenti stranieri smentisce l’assunto ricorrente nella proposta di legge per cui “il cosiddetto sistema del multiplo del compenso, in uso in altri ordinamenti, ha il pregio di ancorare la responsabilità a un parametro noto alle parti, rappresentato dal compenso e dal multiplo prescelto, consentendo una differenziazione in rapporto all’importanza, alla complessità e alla natura dell’incarico concretamente svolto nella società”. Tale obiettivo può essere realizzato dal nuovo art. 2407 c.c., ma non dalla disciplina sulla responsabilità del revisore in UK o negli USA, nei quali la valutazione di unfairness e unreasonableness e i punitive damages non rendono affatto preventivabile a priori il risarcimento al quale potrebbe essere in concreto condannato il revisore[12]. 
Da quanto sinora rilevato emerge quindi la peculiarità della norma in esame nel contesto internazionale.
4 . La scelta fra responsabilità solidale e responsabilità parziaria
Non vi è dubbio che l’intenzione del legislatore storico[13] sia quella di sostituire la responsabilità solidale dei sindaci ai sensi del previgente comma 2 dell’art. 2407 c.c. con una responsabilità parziaria. 
La scelta fra i due meccanismi menzionati rientra in linea di principio nella discrezionalità del legislatore[14]. Ma tale discrezionalità non può dirsi assoluta. 
Ciò discende dal fatto che l’alternativa fra solidarietà e parziarietà incide su una delle funzioni essenziali assolte dalla responsabilità civile, anzi su quella da considerare come la principale: la funzione riparatoria, consistente nel ristoro integrale dei danneggiati[15]. Non vi è dubbio che tale funzione sia assolta dal meccanismo della solidarietà – che impone a ciascun danneggiante di risarcire il danneggiato per l’intero pregiudizio patito – in modo più rigoroso di quanto non possa essere garantito da una responsabilità parziaria almeno per tre ordini di ragioni, costituenti la ratio sottesa alla responsabilità solidale: 1) perché al danneggiato non è addossato il rischio dell’ignoto quanto all’individuazione di uno o più corresponsabili;  2) perché nemmeno gli è addossato il rischio di insolvenza di uno o più di questi ultimi; 3) perché il danneggiato dovrà sopportare costi minori per ottenere il ristoro dell’intero danno, non dovendo convenire tutti i danneggianti[16]. 
Ora, in linea di principio il legislatore può discrezionalmente optare o per la soluzione della parziarietà della responsabilità, oppure per quella improntata al favor creditoris della solidarietà[17], come si evince dall’art. 1294 c.c. – del quale l’art. 2055 c.c. costituisce applicazione nel settore della responsabilità civile –, ai sensi del quale i condebitori (anche per il risarcimento del danno che hanno concorso a cagionare) sono responsabili in solido salvo che la legge non preveda diversamente. 
Tale conclusione deve essere tuttavia precisata, valorizzando doverosamente i) la funzione riparatoria consustanziale alla disciplina della responsabilità civile e ii) il rango di interesse costituzionalmente tutelato del danneggiato in caso di violazioni determinate in concorso dagli amministratori e dai sindaci. 
Al riguardo va richiamato l’art. 47 Cost., che impone, come noto, alla Repubblica italiana di tutelare il risparmio, al primo comma, e il diretto e indiretto investimento nei grandi complessi produttivi del Paese, al secondo comma. 
A prescindere dal carattere non univoco dell’interpretazione della norma[18], si riconosce che l’acquisizione di titoli partecipativi, financo delle s.r.l., sottende l’interesse al risparmio-investimento[19]; o comunque che tale operazione otterrebbero una tutela analoga ai sensi del comma 2 dell’art. 47 Cost.[20], anche qualora se ne escluda l’automatica riconducibilità alla tutela del risparmio ai sensi del comma 1[21]. 
Inoltre, anche il credito, compreso quello erogato alle società, sarebbe riconducibile all’ambito di applicazione dell’art. 47 Cost.[22]. 
Pertanto, poiché nelle fattispecie di responsabilità ex art. 2407 c.c. gli interessi del danneggiato appaiono riconducibili alla protezione costituzionale del risparmio, si può plausibilmente dubitare della legittimità costituzionale di una norma, quale quella in discussione, che sposta il baricentro della tutela a favore del danneggiante, comprimendo quella degli interessi costituzionalmente rilevanti dei danneggiati. 
Alla luce di tali considerazioni, appare possibile affermare che le scelte del legislatore relative alla disciplina delle azioni in esame non possono essere pienamente discrezionali. Piuttosto tali scelte devono considerarsi vincolate dal principio costituzionale della tutela del risparmio
Se è così, l’unica soluzione praticabile in merito alla responsabilità dei sindaci è quella della solidarietà.
5 . Il cap all’entità del risarcimento
A quanto sopra occorre aggiungere un ulteriore profilo di criticità della nuova disposizione sotto il profilo della sua coerenza sistematica rispetto ai principi generali della responsabilità civile. 
Si è autorevolmente affermato che “la funzione generale della responsabilità civile si dà, essenzialmente, nel rapporto circolare che lega il «danno», «ingiusto e patrimoniale», al risarcimento di «perdita subita e mancato guadagno”, per cui il sistema giuridico innanzitutto assegna alla responsabilità civile una funzione sistemica compensativa[23]. 
Tale premessa impone un supplemento di riflessione critica sulla soluzione, ora prescelta dal legislatore, di limitare la responsabilità dei sindaci a un multiplo del compenso percepito: la responsabilità non può che essere parametrata al danno cagionato, perché trova la propria ragion d’essere nell’attribuzione di un valore monetario equivalente alla perdita di valore acquisito/acquisibile da reintegrare[24]. Nel sistema della responsabilità risarcitoria non è contemplata alcuna correlazione tra la solidità patrimoniale dell’agente e il suo obbligo risarcitorio[25]. 
Dunque, del tutto distonica rispetto a tale sistema appare anche la previsione del nuovo art. 2407 che, al fine di non imporre ai sindaci un onere economico sproporzionato, parametra la responsabilità del sindaco alla sua remunerazione. 
Non si comprende pertanto per quale motivo un simile privilegio debba essere accordato, per mezzo della previsione di un cap legale al risarcimento dovuto, ai membri del collegio sindacale.
6 . La nuova norma elimina effettivamente la responsabilità solidale?
La volontà del legislatore storico è dichiaratamente quella di eliminare il meccanismo della solidarietà fra sindaci e amministratori previsto dalla norma sinora vigente. In questa prospettiva, il testo del nuovo art. 2407 c.c. novellato non ne fa più menzione[26]. 
Al riguardo sorge però il dubbio se effettivamente la formulazione letterale della disposizione novellata possa conseguire quell’obiettivo[27]. 
La norma non prevede espressamente il carattere parziario della responsabilità di cui al comma 2 in luogo della solidarietà. Si limita ad affermare che, salvi i casi di dolo, i “sindaci che violano i propri doveri sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico, ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di un multiplo del compenso annuo percepito, secondo” gli scaglioni specificati. La norma cioè si limita a specificare un cap al quantum del risarcimento che i sindaci possono essere condannati a pagare. Ma così formulata, non appare affatto sicuro che essa vada interpretata nel senso di escludere il vincolo di solidarietà fra sindaci e amministratori[28]. 
In primo luogo per sostenere siffatta lettura non è dirimente l’iter di formazione della nuova regola, non essendo vincolante per l’interprete la volontà del legislatore – appunto ricavabile dai lavori preparatori – a differenza della volontà della legge. I lavori preparatori assumono una qualche rilevanza ermeneutica soltanto quando se ne possano ricavare argomenti in armonia col “valore oggettivo che la norma viene ad assumere una volta emanata”; fermo restando che qualora sussista un contrasto fra l’intenzione ricavabile dalla legge e quella ricavabile dai lavori preparatori, la prima prevale sulla seconda[29]. 
In secondo luogo, si deve considerare che l’art. 1294 c.c. dispone, in modo rilevante anche per la responsabilità risarcitoria – e quindi per l’art. 2055 c.c. e l’art. 2407 che ne costituisce specifica applicazione rispetto ai sindaci –, che un’obbligazione imputabile a più persone (i.e., soggettivamente complessa) si presume assoggettata al meccanismo attuativo della solidarietà, a meno che la legge non disponga in senso diverso[30]. Presunzione che discende da quanto detto al § precedente sulla ratio della solidarietà rispetto al fondamento principale della responsabilità risarcitoria, ossia alla sua funzione riparatoria: il meccanismo che meglio consente alla responsabilità di assolvere la propria funzione ex lege è la solidarietà, che quindi va presunta applicabile, salvo il caso in cui ricorra una norma esplicita nel senso dell’applicazione del meccanismo della parziarietà. 
Ciò posto, non si può negare che il nuovo art. 2407 c.c. continua a prevedere una responsabilità co-imputabile giuridicamente agli amministratori e ai sindaci (per concorso omissivo), senza derogare espressamente al meccanismo della solidarietà
Il risultato derivante dall’applicazione della presunzione di cui all’art. 1294 c.c. e dalla corretta applicazione dei criteri ermeneutici sembra allora essere quello per cui, in mancanza di una deroga esplicita, in effetti mancante, continua a trovare applicazione – sebbene non menzionata – il meccanismo attuativo della solidarietà. 
Non si può sottacere, peraltro, come la norma novellata detti una regola limitativa della responsabilità “per i danni cagionati alla società…ai suoi soci, ai creditori e ai terzi”. Se si ipotizza che tale nuovo precetto si riferisca al rapporto esterno fra danneggianti e danneggiati, la disattivazione della solidarietà potrebbe desumersi implicitamente: i corresponsabili (i.e., gli amministratori e i sindaci) non sarebbero sottoposti alla regola della solidarietà, in quanto tenuti al pagamento di un risarcimento di ammontare non equivalente. Rispetto ai sindaci verrebbe cioè a mancare l’elemento essenziale della responsabilità solidale, cioè la responsabilità per l’intero verso il danneggiato[31]. 
Tuttavia, pur dovendosi ammettere che l’interpretazione del nuovo art. 2407, comma 2, c.c. è opinabile – il che però di per sé già è prova sufficiente della perfettibilità della norma –, appare preferibile il primo degli esiti interpretativi prospettati, ovvero la perdurante applicazione, nonostante la novella, del vincolo solidale fra amministratori e sindaci, in quanto tale lettura appare i) imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, ossia da un argomento ermeneutico da ritenersi dirimente rispetto ad altri, stante la necessità di rispettare la gerarchia delle fonti[32]; ii) discendere altresì dal fatto che la disattivazione della solidarietà presuppone una norma ad hoc – modellata come l’art. 754 c.c. – che espressamente introduca la deroga, non essendo possibile desumere la disattivazione di quella regola implicitamente dalla lettera non  perspicua di una prescrizione. 
Se si accetta tale conclusione, alla nuova regola dovrebbe attribuirsi la sola funzione di circoscrivere entro i limiti da essa individuati la ripartizione della responsabilità fra i corresponsabili in sede di regresso. Conclusione che a ben vedere risulta compatibile – anche se, come già riconosciuto, in modo opinabile – con la lettera del nuovo secondo comma dell’art. 2407 c.c.
7 . Incongruenze sistematiche della riforma nella prospettiva giuscommercialistica
È ora possibile valutare i corollari della riscrittura dell’art. 2407, comma 2, c.c. in una prospettiva più specificamente giuscommercialistica. 
Ammettiamo che il risultato dell’entrata in vigore della nuova norma sia – contrariamente a quanto argomentato – la previsione di una responsabilità parziaria e per di più limitata non all’entità della colpa – secondo i principi generali – ma ai massimali ex lege per i sindaci. 
Pertanto, l’esito dell’entrata in vigore del nuovo art. 2407 c.c. consiste, nella s.p.a., nella diversificazione del regime di responsabilità applicabile in caso di esercizio illegittimo dell’incarico di revisore legale a seconda che esso sia rivestito da un soggetto esterno, secondo il regime di default previsto dalla legge, oppure statutariamente attribuito ai membri del collegio sindacale. Nel primo caso si applica l’art. 15 D.Lgs. n. 39/2010, che prevede una responsabilità solidale con gli amministratori; nel secondo si applica la responsabilità per ipotesi parziaria e limitata a un massimale di cui al novellato art. 2407 c.c.[33]. Un problema analogo è peraltro destinato a ricorrere anche nella s.r.l., stante la flessibilità nella scelta sull’organo di controllo, anche obbligatorio, accordata all’autonomia statutaria dall’art. 2477 c.c.[34]. 
Considerato il nesso indissolubile che sussiste fra l’esercizio di una funzione e la responsabilità che ne deriva[35], l’applicazione di due regimi di responsabilità antitetici in conseguenza del fatto che la medesima funzione (quella di revisione) sia esercitata in concreto da due soggetti differenti (talora dai sindaci, talora dal revisore esterno) appare un esito sistematicamente incongruente oltre che irragionevolmente discriminatorio di situazioni analoghe, e come tale contrario al principio di uguaglianza. Senza dimenticare che l’eventualità per cui la società possa determinare discrezionalmente, nell’esercizio della propria autonomia statutaria, il regime attuativo della responsabilità, facendolo dipendere dall’allocazione interna o esterna della funzione di controllo contabile, appare del tutto incompatibile con la fondamentale funzione di protezione del danneggiato assolta dalla responsabilità stessa. 
Quanto affermato risulta corroborato da alcune considerazioni relative alla disciplina concorsuale, ossia all’art. 25 octies CCII come novellato dal correttivo ter. 
A dispetto del fatto che i sindaci e il revisore sono stati parificati dall’ultima versione della disposizione quanto al dovere di segnalare agli amministratori l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) e b), CCII, le rispettive posizioni non sono affatto sovrapponibili. Non tanto per l’ovvia ragione che gli ambiti del controllo degli uni e dell’altro sono differenti e quindi diversi possono essere i segnali di crisi o di insolvenza percepiti e oggetto di segnalazione, quanto perché i sindaci, ma non il revisore, sono i “collettori” delle segnalazioni di una serie di soggetti esterni alla società, prescritte dal legislatore proprio per consentire ai primi di fungere all’interno dell’ente da strumento di early warning. Infatti, l’art. 25 novies CCII prevede come destinatari della segnalazione dei creditori pubblici qualificati soltanto l’imprenditore e, ove esistente, l’organo di controllo. E i medesimi destinatari sono previsti dall’art. 25 decies CCII in merito alla segnalazione delle banche. 
Dal diritto vigente discende come la portata del controllo dei sindaci sull’esistenza dei presupposti per avviare un percorso volto al trattamento tempestivo e precoce della crisi è più ampia di quella del controllo consentito al revisore, almeno perché i primi possono avvalersi di un set di informazioni più completo di quello a disposizione del secondo. L’informazione infatti è strumento essenziale del controllo: quest’ultimo si articola in fasi successive, la prima delle quali è quella della conoscenza (tramite l’informazione) dell’oggetto controllato[36]. 
Aggiungasi che una disparità fra sindaci e revisore sussiste anche in ordine ai poteri attivabili a fronte dell’avvenuta segnalazione ai sensi dell’art. 25 octies CCII. In verità il comma 1 della norma non specifica se l’organo gestorio debba riferire sulle iniziative intraprese solo ai sindaci o anche al revisore. Ma a prescindere dalla soluzione che si ritenga preferibile, l’organo di controllo potrà utilizzare, ove valuti inadeguate le iniziative intraprese dagli amministratori, gli strumenti previsti dal diritto societario quali la convocazione dell’assemblea dei soci per discutere la situazione, l’impugnativa di delibere consiliari, l’esercizio dell’azione di responsabilità e la denuncia ex art. 2409 c.c. Ossia poteri non spettanti al revisore che quindi, a fronte della insoddisfacente risposta alla segnalazione da parte degli amministratori, è carente di strumenti reattivi[37]. 
Ebbene, si deve al riguardo considerare che la responsabilità tanto dei sindaci quanto del revisore è una responsabilità omissiva per inadempimento dei rispettivi doveri di controllo: essa discende dal fatto – costituente il fondamento del nesso di causalità c.d. omissiva – per cui il danno non si sarebbe prodotto in conseguenza della condotta gestoria se tali doveri fossero stati adempiuti. 
Ciò premesso, appare allora evidente che ai sindaci dovrebbero essere imputabile una responsabilità più ampia in caso di inadempimento della propria funzione di strumento di early warning rispetto a quella imputabile al revisore in conseguenza i) della maggiore latitudine del controllo sul corretto assolvimento da parte degli amministratori del dovere di rilevare tempestivamente la crisi e di affrontarla precocemente e ii) del più ampio novero di poteri a disposizione degli stessi per impedire un aggravamento della situazione di crisi, una reazione meno efficace alla stessa e, infine, un soddisfacimento minore per i creditori ed eventualmente anche per i soci. 
Al contrario, l’esito dell’entrata in vigore della nuova norma è esattamente l’opposto: i sindaci fruiscono di un regime di responsabilità più soft di quello relativo al revisore, così realizzandosi una palese discrasia fra ampiezza e incisività di funzione e poteri, da un lato, e rigore della responsabilità, dall’altro[38].
8 . Conclusioni
Può darsi, come si è detto in premessa e come è riconosciuto dagli studi che per primi si sono concentrati sulla novella in esame, che la riforma dell’art. 2407 c.c. risponda (anche se in piccola parte) a un’esigenza di ripensamento del sistema dei controlli societari[39]. 
Il dubbio che sorge è tuttavia se il suddetto ripensamento abbia imboccato, partendo dal nuovo art. 2407 c.c., la direzione corretta[40]. Per quanto si è sin qui osservato, viene cioè da chiedersi, in primo luogo, se la scelta di policy di abbassare la soglia di responsabilità dei sindaci sia conforme ai principi costituzionali che trovano attuazione nella funzione riparatoria della responsabilità civile. 
In secondo luogo, occorre poi domandarsi se tale scelta, quand’anche considerata rientrante nella discrezionalità del legislatore, possa considerarsi opportuna. 
A conclusione di quanto detto va ricordato che è stata annunciata un’ulteriore riforma riguardante la responsabilità del revisore sul modello di quella relativa all’art. 2407 c.c.[41]. Ma ciò non sembra sufficiente a destituire di fondamento quanto sinora sostenuto. 
Intanto appare difficile comprendere il motivo in base al quale si sono tenute distinte due riforme su temi evidentemente contigui (non foss’altro perché entrambe attinenti al sistema dei controlli societari). 
Infine, l’allineamento della responsabilità del revisore a quella dei sindaci, varrebbe senz’altro a superare la distonia segnalata nel paragrafo precedente, ma presenterebbe i profili critici più sopra sottolineati. Si estenderebbe infatti anche ai revisori una disciplina che, per le ragioni sin qui esposte, risulta non congruente con il quadro di diritto comparato, suscettibile di introdurre una restrizione della tutela degli investitori con evidenti effetti contrari alla concorrenza fra ordinamenti al fine di attrarre investimenti e, in quanto tale, dissonante, per le società che fanno ricorso al mercato dei capitali, anche con le linee guida della riforma pendente del TUF. Fermo restando che la posizione profondamente diversa da un punto di vista funzionale del collegio sindacale, da un lato, e del revisore dall’altro giustificherebbero una disciplina differenziata e commisurata ai rispettivi doveri e poteri di controllo sulla gestione.

Note:

[1] 
N. Abriani, Sulla riforma dell’art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in Società e Contratti, Bilancio e Revisione, 2024, 12, 6 ss.; Id., Cadono le remore per i migliori rispetto agli incarichi, IlSole24ore, 13 marzo 2025; G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell’art. 2407 c.c., in Riv. soc., 2024, 251 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale: note minime a prima lettura, su Ristrutturazioni aziendali, 16 marzo 2025, 1 ss.; F. Sudiero, La responsabilità solidale dei sindaci è stata davvero eliminata? Primissime (ma non proprio istintive) riflessioni, in Ristrutturazioni aziendali, 19 marzo 2025, 1 ss.; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, in NDS, 2024, 906 ss.; E.M. Negro, Conversazione estemporanea sulla riforma dell’art. 2407 c.c., ivi, 17 marzo 2025, 1 ss.; C. Ferriani, Responsabilità solidale fra sindaci e amministratori, su economisti.online.it, 23 marzo 2025. Con riguardo alla proposta approvata alla Camera dei Deputati cfr. L. Muttini, La proposta di riforma del regime di responsabilità dei componenti del collegio sindacale, in Resp. civ. e prev., 2024, 2058 ss. 
[2] 
Come puntualmente rilevato da N. Abriani, Sulla riforma dell’art. 2407 c.c., cit., 7 s.
[3] 
Tale scelta è stata spiegata in base all’assunto che la responsabilità parziaria avrebbe determinato “un radicale stravolgimento delle regole generali del diritto privato (anzi nella nostra tradizione di una di quelle che conformano il diritto commerciale)” nazionale: G. Presti, La responsabilità del revisore, in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, 160 ss. 
[4] 
Affermano che l’opzione per la responsabilità solidale o quella parziaria costituisca una scelta di politica legislativa Cass., 10 novembre 1979, n. 5799, in Foro.it., rep., 1979, 1347 ss.; P. Forchielli, Il rapporto di causalità nell’illecito civile, Padova, 1960, 151 ss. Da ultimo, sul tema, A. D’Adda, Risarcimento del danno (pluralità di responsabili), in Enc. dir. I tematici. Responsabilità civile, VII, diretto da C. Scognamiglio, Milano, 2024, 1340 ss. 
[5] 
Entrata in vigore nel luglio 2021. 
[6] 
Oehm-Lutz, Draft law provides for drastic increase of auditors’ liability in Germany, 27 gennaio 2021, su https://globallitigationnews.bakermckenzie.com/2021/09/06/the-impact-of-the-fisg-for-auditors-in-germany/; Bertram-Kessler-Müller, HGB § 323, in HGB Bilanz Kommentar, Freiburg, 2025; B. Grottel- W.J. Schubert, § 323, Beck’scher Bilanz-kommentar, München, 2022.
 Si deve considerare altresì che il quadro normativo tedesco è assai più complesso di quanto riportato nel testo. Si deve infatti aggiungere che il § 54, Abs. 1, WPO (Wirtschaftsprüferordnung: legge sulla revisione) consente limitazioni contrattuali della responsabilità del revisore e nella prassi trova di regola applicazione la clausola n. 9, Abs. 2, AAB (Condizioni Generali di Incarico (AAB) per Revisori Contabili) nella versione del 1° gennaio 2017). E si noti che riguardo alla validità di tali limitazioni contrattuali sussiste un acceso dibattito nella giurisprudenza teorica e pratica tedesca: Dauner-Lieb, Zur Wirksamkeit der Haftungsbegrenzung in den Allgemeinen Auftragsbedingungen für Wirtschaftsprüfer und Wirtschaftsprüfungsgesellschaften, in ZIP, 2019, 1044 (ove ampi riferimenti); Stoffels, Zur Wirksamkeit der Haftungsbegrenzung in den Allgemeinen Auftragsbedingungen für Wirtschaftsprüfer und Wirtschaftsprüfungsgesellschaften, in ZIP, 2016, 2396. 
[7] 
U. Hüffer- J. Koch, Aktiengestz, 2024, 1079 (ove ampi riferimenti alla giurisprudenza e alla dottrina tedesca). 
[8] 
BGB 26 gennaio 1989 – IIIZR 192/87, BGHZ 106, 319; BGH 28 ottobre 1997 – XZR 157/96, BGHZ 137, 82; BGH 15 giungo 2004, – VIZR 60/03, BGHZ 319; Bönninghaus, Schuldrecht Besonderer Teil I, Heidelberg, 2019, 65; Drygala, § 116, AktG Kommentar, Schmidt-Lutter (Hrsg.), Köln, 2020, 1837. 
[9] 
15 U.S.C. §78 bb(ff)(1) and (f)(2) (2014). 
[10] 
15 U.S.C. §78u-4, 78u-5, et seq. (2014). Il revisore è responsabile “solely for the portion of the judgement that corresponds to the percentage of responsibility”. Per ampi riferimenti al riguardo v. G. Presti, op. loc. ultt. citt.; Coffee jr., The Acquiescent Gatekeeper: Reputational Intermediaries, Auditor Independence and the Governance of Accounting, Columbia Law & Economics Working Paper No. 191, 2001. 
[11] 
M. Rondinelli, Per un ripensamento della responsabilità civile dei revisori, in Giur. comm., 2010, 629. 
[12] 
Così chiaramente A. Reinstein- C. Pacini- B. Green, Examining the Current Legal Environment Facing the Public Accounting Profession: Recommendations for a Consistent U.S. Policy, Journal of Accounting, Auditing & Finance, 2017, 3 ss. dove si afferma che la disciplina UK “still leaves public accounting firms with the uncertainty of courts deciding an auditor’s extent of blame and amounts of potential losses”. 
[13] 
Si dirà più avanti perché ci si riferisce a tale aspetto del procedimento legislativo e non alla oggettiva formulazione del testo normativo. 
[14] 
A. Gnani, La responsabilità solidale, in Codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger, diretto da Busnelli, Milano, 2005, 15 ss.; A. D’Adda, op. cit., 1340 ss., spec. 1344. 
[15] 
G. Presti, op. loc. ultt. citt. Nella dottrina civilistica v., fra i molti, C. Salvi, Responsabilità civile (funzioni della), in Enc. dir. I tematici, cit., 685 e passim (ove pure si afferma la difficoltà nel rivenire una funzione unitaria della responsabilità civile); S. Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, passim; R. Scognamiglio, Scritti giuridici, I, Padova, 1996, 293 ss. In giurisprudenza v. Cass., SS.UU., 27 aprile 2022, n. 13143, in NGCC, 2022, 1065 ss. 
[16] 
Ampi riferimenti alla dottrina civilistica in A. Gnani, op. cit., 12; D’Adda, op. cit., 1340. 
[17] 
M.L. Ruffini, Il concorso di colpa e di caso fortuito nella produzione dell’evento dannoso: l’esperienza francese e il diritto italiano, in Riv. dir. comm., 1964, I, 54. 
[18] 
A. Cerri- A. Baldassarre, Interpretazione dell’ordinanza di rimessione, tutela del risparmio, decreti legislativi vincolati, in Giur. Cost., 1965, 824; F. Merusi, Art. 47, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1980, pp. 153 ss.; M.S. Giannini, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1985, 205; S. Baroncelli, Art. 47, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco - A. Celotto - M. Olivetti, Torino, 2006, vol. I, 233; G. Ariolli, La tutela del risparmio. Quaderni di sintesi della giurisprudenza costituzionale, su http://www.cortecostituzionale.it/informazione/file/STU_211_La tuteladelRisparmio.pdf; F. Guizzi, La tutela del risparmio nella Costituzione, in Il Filangieri, 2-4, 2005, 171 ss.; S. Corrias, Contratto di capitalizzazione attività assicurativa, Milano, 2011, 34 ss., secondo il quale il risparmio ai sensi dell’art. 47 Cost. consisterebbe nel surplus monetario inserito nel circuito economico a fronte dell’aspettativa di un reddito. Dunque la nozione tenderebbe a coincidere con quella di investimento; C.F. Giampaolino, Le assicurazioni: l’impresa, i contratti, Torino, 2013, 9 ss. La tutela del risparmio scatta quando la ricchezza non consumata è conferita nel mercato finanziario (in senso lato) affinché alimenti le attività di cui all’art. 2195 c.c. (S. Corrias, op. cit., 35). 
[19] 
M. Miola, Il risparmio assicurativo, Napoli, 1988, 204 ss. V. anche R. Costi, Tutela del risparmio e Costituzione: storia e attualità dell’art. 47, in Banca, Impresa, Società, 2018, 395, per il quale “tutti i risparmi che affluiscono al mercato finanziario…godono della tutela costituzionale prevista dall’art. 47 Cost.”. 
[20] 
S. Corrias, op. cit., 38. 
[21] 
S. Corrias, op. cit., 37 ss., ove (ultt. riferimenti e) l’attribuzione di rilievo alla distinzione fra soci di maggioranza e di minoranza; S. Ortino, Banca d’Italia e Costituzione, Pisa, 1979, 173. 
[22] 
G. Ferri, Considerazioni preliminari sull’impresa bancaria, Banca, borsa, tit. cred., 1969, I, 325 ss., secondo il quale la tutela costituzionale del risparmio si estende al credito, funzionalmente collegato alla raccolta del risparmio; G. Visentini, Credito e risparmio, in Enc. giur., X, Roma 1988, 2; M. Cavino – L. Conte, Diritto pubblico, Torino, 2014, 561. 
[23] 
M. Barcellona, La responsabilità civile, Torino, 2021, 4 ss., il quale aggiunge che quella indicata nel testo è la funzione primaria dell’istituto in questione, che riveste un ruolo prevalente su quelle, molteplici (se ne sono contate una decina), di carattere secondario. 
[24] 
C. Salvi, op. cit., 683 ss. 
[25] 
G. Alpa, Deterrence e responsabilità: il caso delle società di revisione, in Resp. civ. e prev., 2007, 2245. Non si obietti a quanto si afferma nel testo che per es. la responsabilità penale prevede l’irrogazione di una sanzione compresa entro limiti edittali. Infatti diversa è la funzione della responsabilità penale, volta a sanzionare il comportamento antidoveroso dell’agente, e quella della responsabilità civile che ha funzione prevalentemente riparatoria. Il focus della responsabilità penale sul comportamento del soggetto agente da reprimere rende congruente la previsione di sanzioni comprese entro limiti edittali, che non hanno invece senso nel caso del risarcimento oggetto della responsabilità civile, incentrato sull’ammontare del danno patito dal danneggiato: M. Franzoni, L’illecito, Milano, 2010, 10 ss.; F.M. Bernicchi, Responsabilità civile e responsabilità penale, in Responsabilità civile, a cura di Cendon, Torino, 2020, 43 ss. 
[26] 
F. Sudiero, op. cit., passim
[27] 
Trib. Bari, 24 aprile 2025, su Ristrutturazioni aziendali, 19, la quale sembra affermare che la responsabilità, nonostante il limite al quantum del risarcimento, rimanga solidale. La sentenza afferma altresì l’applicazione retroattiva della nuova norma. 
[28] 
Per una conclusione analoga basata su un’accurata disamina della giurisprudenza v. F. Sudiero, op. cit., passim
[29] 
Ampi riferimenti al riguardo in L. Benedetti, La responsabilità «aggiuntiva» ex art. 2497, 2 co., c.c., Milano, 2012, 262 ntt. 242 ss. 
[30] 
V. anche A. Gnani, op. cit., 14 che parla di “ruolo primario dell’art. 2055 c.c.”. 
[31] 
Aspetto valorizzato da S. Ambrosini, op. cit., 8 proprio per desumerne la disattivazione del vincolo solidale fra amministratori e sindaci. La responsabilità per l’intero debito da parte dei più condebitori si palesa come elemento essenziale dell’istituto della solidarietà passiva già dalla lettera della legge: v. artt. 1292 (non a caso rubricato “Nozione di solidarietà”: “…ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità”). In dottrina, v. G.F. Campobasso, Coobbligazione cambiaria e solidarietà diseguale, Napoli, 1974, 151 ss., secondo il quale la possibilità per il creditore di chiedere l’adempimento per l’intero a ciascun condebitore è principio derogato il quale si esce dai confini della solidarietà; L. Benedetti, La responsabilità, cit., 174, dove si rileva che in effetti esiste almeno un altro caso di responsabilità qualificata dalla legge come solidale, ma diseguale rispetto alla responsabilità dei condebitori: l’art. 2497, comma 2, c.c. relativamente alla fattispecie di colui che abbia beneficiato dell’abuso di eterodirezione, che risponde “nei limiti del vantaggio conseguito”. Ma per la critica a tale previsione rispetto ai tratti essenziali della solidarietà passiva v., F. Guerrera, Gruppi di società, operazioni straordinarie e procedure concorsuali,  in Dir. fall., 2005, I, 27. 
[32] 
Per ampi riferimenti all’interpretazione costituzionalmente orientata v. L. Benedetti, La responsabilità, cit., 242 ss. 
[33] 
Si ricorda che il nuovo art. 2407 specifica che esso si applica “anche nei casi in cui la revisione legale è esercitata da collegio sindacale a norma dell'articolo 2409 bis, secondo comma”. 
[34] 
Nella s.r.l. cioè è configurabile un sindaco che svolge anche il controllo contabile: V. N. Abriani, I controlli, in Le società a responsabilità limitata, diretto da Ibba-Marasà, II, Milano, 1985 ss. 
[35] 
A. Dolmetta, Sul “tipo” S.r.l., in S.r.l. Commentario. Dedicato a Giuseppe B. Portale, a cura di A.A Dolmetta - G. Presti, Milano, 2011, 29. 
[36] 
A. Patroni Griffi, Il controllo giudiziario sulle società per azioni, Napoli, 1971, 31, ripreso da M. Perrino, Il controllo individuale del socio di società di capitali, in Giur. comm., 2006, 643 e da L. Benedetti, L’engagement soci/amministratori e la governance delle s.p.a.: considerazioni sistematiche, in Riv. soc., 2022, 1106. 
[37] 
Da ultimo S. Pacchi, Il ritorno del revisore contabile nel mosaico delle segnalazioni della crisi e dell’insolvenza dopo il d.lgs 136/2024, su Ristrutturazioni aziendali, 2024, 14 ss. 
[38] 
Antitetica appare la posizione di S. Ambrosini, op. cit., 4. 
[39] 
N. Abriani, Sulla riforma dell’art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, cit., 6 ss.; G. Guizzi, op. loc. ultt. citt. 
[40] 
Come sembra ritenere N. Abriani, op. ult. cit., 16. 
[41] 
V. A. De Nuccio, IlSole24ore, 13 marzo 2025, il quale annuncia la futura estensione della responsabilità limitata a massimali ex lege anche al revisore e il Disegno di legge n. 1426 del 2025 presentato al Senato, su https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=DDLPRES&leg=19&id=1449752&part=ddlpres_ddlpres1-articolato_articolato1.
 

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