Loading…

Saggio

Una lettura integrata degli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII: dalla responsabilità “paralizzante” alla responsabilità “abilitante”*

Marina Spiotta, Associato di diritto commerciale e dei contratti di impresa, di diritto della crisi d’impresa e di diritto della proprietà intellettuale nell’Università del Piemonte Orientale

25 Settembre 2025

*Il saggio (sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee) anticipa alcune delle riflessioni maturate in vista del Convegno organizzato dalla Rivista Diritto della crisi a Mantova il 4 e 5 ottobre 2025 su “Il ruolo dei professionisti e i doveri delle parti nella gestione delle crisi d’impresa” e in particolare (IV Sessione) su “I sindaci nelle imprese in crisi”. Omessa la parte didascalica e ricognitiva delle novità e dei numerosi dubbi interpretativi sollevati dalla riformulazione dell’art. 2407 c.c., si esporrà brevemente una proposta ricostruttiva.
Lo scritto propone una lettura integrata degli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII, muovendo dall’idea che la riforma della prima norma debba essere letta in raccordo con i doveri di segnalazione e vigilanza previsti dal Codice della crisi e in parallelo con gli obblighi di avviso e salvataggio sanciti dal Codice civile. L’assunto centrale è che la limitazione di responsabilità operi come incentivo “abilitante”: essa tutela i sindaci solo se attivi e diligenti, mentre l’omessa segnalazione può, de iure condito, configurare presunzione juris tantum di dolo eventuale, con conseguente esclusione del cap. Con spirito di autocritica l’A. riconosce essere più ardita la proposta di configurare la segnalazione, ove ne ricorrano i presupposti, come porta d’ingresso al limite risarcitorio, bilanciando la funzione preventiva del controllo con l’esigenza di non scoraggiare l’assunzione della carica. Le conclusioni, volutamente interlocutorie, delineano un modello in cui diritto vigente e prospettive de iure condendo s’intrecciano, rafforzando la coerenza sistemica tra Codice civile, Codice della crisi e disciplina assicurativa. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa metodologica
Un articolo scientifico dovrebbe essere stilato secondo lo schema standard c.d. IMRaD, acronimo di “Introduzione, Metodi, Risultati, e Discussione”. 
Il presente breve saggio si concentra sull’ultimo obiettivo in quanto, senza l’ambizione di fornire rassicuranti risposte, propone una tesi articolata su livelli distinti, ma complementari, e vuole essere una prima sintetica traccia, scritta per stimolare il dibattito al prossimo Convegno di Mantova (dedicato all’analisi, oltre che dei doveri delle parti, del ruolo e delle conseguenti responsabilità dei professionisti nella gestione delle crisi d’impresa) prendendo le mosse proprio da alcune delle considerazioni espresse nell’ormai consueto appuntamento convegnistico dello scorso anno (su “Le crisi delle società e dei gruppi dopo il decreto correttivo” nella III Sessione focalizzata sulle responsabilità). 
Come i presenti ricorderanno (e gli assenti potranno apprendere ascoltando la registrazione audio-video[1]),  a mo’ di chiosa alla relazione del Prof. Inzitari[2] (che si era soffermato, in particolare, sull’art. 25 octies CCII, rimarcando il ruolo di primo piano assegnato all’organo di controllo, tenuto ad uno specifico obbligo di avviso rivolto all’organo amministrativo e collettore delle segnalazioni esterne), il Prof. Fabiani aveva accennato al progetto di riforma dell’art. 2407 c.c., ossia alla volontà politico-legislativa di limitare la responsabilità dei sindaci in base ad moltiplicatore inversamente proporzionale al compenso, anticipando che potrebbe così realizzarsi un “compromesso” per responsabilizzare i sindaci senza punirli[3]. 
Anche nel panel dedicato alla quantificazione del danno (in cui si era discusso della possibilità di contestare agli organi sociali una responsabilità per perdita di valore evitando il c.d. “abbaglio dei netti patrimoniali”[4]) il Presidente Mambriani, sulla base di un veloce calcolo fatto sul compenso medio di un sindaco in una PMI, aveva rimarcato che si otterrebbe un massimale analogo a quello di una polizza per RC auto, garantendo l’effettiva recuperabilità (almeno in parte) dei danni cagionati, che, al di là delle ricostruzioni dogmatiche sul nesso causale, è ciò che davvero rileva. 
Oggi quel progetto si è tradotto nella legge n. 35/2025, che ha lasciato immutati i commi 1[5] e 3[6], mentre ha riscritto il comma 2[7] e aggiunto un comma 4[8] all’art. 2407 c.c.[9] e questo breve saggio vuole idealmente riprendere il filo del discorso e proporne un’esegesi combinata con l’art. 25 octies CCII. 
Onde evitare equivoci (indotti dall’intitolazione e dall’incipit del paragrafo seguente) è ancora opportuno premettere che nel prosieguo non si seguirà il metodo della reductio ad absurdum[10], ma  quello speculare: pur riconoscendo la coerenza e la serietà della tesi esposta in una recente monografia sull’art. 25 octies CCII, si adotterà deliberatamente una posizione contraria per verificare se la costruzione di un’argomentazione opposta possa fungere da strumento euristico, capace di far emergere soluzioni e prospettive utili alla risoluzione di taluni nodi interpretativi. 
Le riflessioni proposte in chiusura dello scritto si ricollegheranno allo stesso studio dal quale si è preso avvio, così da chiudere idealmente il cerchio.
2 . (Antitesi e) Tesi del raccordo funzionale
In un recente ed approfondito lavoro monografico[11] si esclude una correlazione tra l’art. 25 octies CCIII (oggetto della trattazione) e la riforma dell’art. 2407 c.c. avvenuta (come si evince dalla postilla contenuta nella relativa introduzione) nelle more della revisione delle bozze del lavoro. In particolare,  dopo aver fatto notare che la locuzione «attenuazione o esclusione della responsabilità» contenuta nel capoverso dell’art. 25 octies CCII è preceduta, non da un generico articolo indeterminativo, ma da una preposizione articolata («dell’») con ciò apparentemente alludendo a non meglio precisati istituti già noti o comunque presenti nell’ordinamento, l’Autore pone in evidenza il (e sembra quasi voler mettere in guardia i Lettori dal) «rischio di un possibile equivoco interpretativo potenzialmente derivante dal mettere in connessione proprio tale locuzione con il nuovo testo dell’art. 2407 c.c., come se, appunto, la prima alludesse alle limitazioni di responsabilità contemplate dal tenore di quest’ultima». Pur sottolineando l’inopportunità (de jure condendo) di chiudere troppo frettolosamente il cantiere delle riforme sul punto (considerazione sulla quale pare davvero difficile non convenire), de jure condito si reputa non condivisibile l’interpretazione appena ipotizzata, sottolineando che non sembra possibile, da un punto di vista sia storico (essendo la genesi delle norme in questione completamente diversa) che teleologico-sistematico (l’art. 2407 c.c. è norma generale su cui al massimo può innestarsi l’art. 25 octies CCII, e non viceversa) mettere in connessione le due norme sotto questo profilo «e, quindi, ritenere che i limiti di responsabilità previsti dal nuovo testo dell’art. 2407 c.c. siano condizionati – anche solo nei casi di accesso alla composizione negoziata – al rispetto del secondo comma dell’art. 25 octies CCII (…), posto che il meccanismo premiale di quest’ultima, integrati i relativi presupposti, dovrebbe aggiungersi al regime generale di cui all’art. 2407 c.c. piuttosto che sostituirsi o condizionarne l’operatività» (corsivo NdR). 
L’osservazione ha il pregio della linearità[12], ma, come spesso accade, usando gli stessi criteri interpretativi, potrebbe (forse) pervenirsi anche alla conclusione opposta o, per meglio dire, sostenere una lettura integrata delle due norme, tesa a valorizzare l’art. 25 octies CCII come “filtro selettivo” in grado di premiare i sindaci diligenti proprio nei momenti più delicati della vita societaria, senza tuttavia trasformare l’art. 2407 c.c. in una norma di portata eccessivamente ridotta o addirittura svuotata di significato. 
Anticipando la dimostrazione e le conclusioni, la soluzione che s’intende prospettare si colloca in una posizione intermedia tra chi nega qualsivoglia nesso tra le suddette norme e chi, all’opposto, vorrebbe legarle “a doppio filo”: secondo la prospettiva qui accolta, la segnalazione resta il baricentro della disciplina, tale da condizionare, ove ne ricorrano i presupposti, l’accesso al liability cap, pur senza giungere a sovrapporre integralmente i due precetti. Si riconosce, cioè, che la limitazione della responsabilità opera come principio di sistema, coerente con l’esigenza di non scoraggiare l’assunzione delle cariche di controllo; tuttavia, nei casi in cui ricorrano gli estremi del dovere/obbligo[13] di segnalazione di uno stato di crisi o di insolvenza, l’inosservanza dell’art. 25 octies CCII dovrebbe comportare l’esclusione del suddetto beneficio.
Il risultato sarebbe un modello che preserva l’efficacia incentivante sottesa alla riscrittura dell’art. 2407 c.c., senza ridurne l’ambito applicativo a ipotesi marginali e che, nel contempo, valorizza la segnalazione non come condizione assoluta di operatività della limitazione, ma come filtro selettivo e premiale nei soli scenari di crisi. 
Nel prosieguo si cercherà di dimostrare un raccordo funzionale tra gli artt. 25 octies CCII e 2407 c.c. articolando il discorso su diversi livelli: 
- de iure condendo e in chiave di politica del diritto s’individueranno gli argomenti a sostegno di una lettura sistematica volta a concepire la segnalazione come condizione oggettiva (o porta d’accesso) per il cap
- de iure condito si offrirà una lettura più aderente al dato positivo secondo cui l’omessa segnalazione integra una presunzione semplice di dolo eventuale, elemento soggettivo incompatibile  con il tetto alla responsabilità. 
Infine, si accennerà ad una tesi mediana e flessibile, che lasci al Giudice il compito di valutare, caso per caso, se disapplicare il tetto alla responsabilità anche nel caso in cui il sindaco convenuto riesca a vincere la presunzione di dolo.
3 . Dimostrazione
Come si è specificato nella premessa, l’antitesi dottrinale ha fornito lo spunto per provare a sviluppare una diversa chiave di lettura. 
L’intento di chi scrive non è confutare la proposizione sopra riportata tra virgolette, ma assumere una posizione contraria a quella ritenuta più solida e argomentata, al fine di verificare se da tale inversione di prospettiva possano scaturire esiti interpretativi fecondi. L’operazione non è un mero esercizio retorico, ma un esperimento dialettico mirato ad ampliare l’orizzonte delle possibili soluzioni e a porre l’accento su alcuni aspetti forse rimasti in ombra. 
Sul piano storico, giova ricordare che l’art. 14, comma 3, CCII, nella versione emanata nel 2019 (e mai entrata in vigore), stabiliva espressamente che la segnalazione, da parte dell’organo di controllo a quello amministrativo, dell’esistenza di fondati indizi di crisi (non costituisse giusta causa di revoca ed) esonerasse i sindaci dalla responsabilità solidale per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni o azioni successivamente poste in essere dal secondo organo, «che non siano conseguenza diretta di decisioni assunte prima della segnalazione», a condizione che - in caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi - fosse stata effettuata tempestiva segnalazione all’OCRI. 
Tale esonero dalla responsabilità solidale non è più previsto ex lege dal corrispondente art. 25 octies CCII ma - sebbene la motivazione non sia stata esplicitata - pare difficile negare che la riscrittura dell’art. 2407 c.c. e, segnatamente, la (apparente) abrogazione della responsabilità solidale dei sindaci per culpa in vigilando con gli amministratori, sia avvenuta anche per bilanciare i nuovi compiti assegnati all’organo di controllo dall’art. 25 octies CCII e la maggiore difficoltà di vincere la presunzione di idoneità del controllo a scongiurare il danno[14] (quasi la classica “goccia che fa traboccare il vaso”). 
Si registra, infatti, una significativa unanimità di vedute sul fatto che dapprima la giurisprudenza (ma poi anche il Codice della crisi) abbia, nei fatti, finito per demolire i tradizionali argini alla responsabilità del collegio sindacale[15] rappresentati dalle caratteristiche del controllo, individuate per coppie contrapposte di concetti. 
In tale prospettiva si precisava che il controllo del collegio sindacale: 
1) non è di merito, ma di legalità (anche se sostanziale); 
2) non è ex ante, ma ex post
3) non è analitico, ma sintetico, salvo che la presenza di “segnali di allarme” richieda un’intensificazione della vigilanza; 
4) non è diretto, ma indiretto. 
Oggi, per effetto del CCII, detto controllo: 
1) lambisce il merito (basti pensare al controllo sull’andamento delle trattative richiesto dal capoverso dell’art. 25 octies CCII; 
2) è divenuto coessenziale all’esercizio dell’impresa e non si esaurisce più in accessi prevalentemente formali secondo una burocratica periodicità; 
3) può avvalersi dei nuovi tools previsti dal CCII, di ausilio ai sindaci per assolvere alla loro funzione e agli assicuratori per misurare il rischio connesso all’assunzione della carica di controllo da parte dei loro assicurati (v. infra).
Sul piano del bilanciamento normativo fondato su incentivi e sanzioni, se la tempestiva segnalazione nei termini, nella forma e secondo le modalità prescritte può comportare «attenuazione o esclusione della responsabilità prevista dall’art. 2407 c.c.» (così l’art. 25 octies, comma 2, CCII), al contrario, la mancata o tardiva segnalazione – così come quella prematura, effettuata a meri fini auto-protettivi e quindi animata da interessi egoistici – dovrebbe integrare una fonte di responsabilità piena. Anzi, la segnalazione dello stato di insolvenza, secondo l’id quod plerumque accidit (fatta eccezione per le ipotesi di insolvenza “improvvisa”), rischia di tradursi in un’implicita “confessione” di non aver per tempo rilevato e segnalato la crisi, con la conseguente responsabilità che ne deriva[16]. Non è casuale che la segnalazione sia «in ogni caso considerata tempestiva se interviene entro sessanta giorni dalla conoscenza» – recte: dalla rilevabilità[17] – «delle condizioni di cui all’art. 2, comma 1, lett. a)» e non già di quelle indicate nella lett. b) CCII[18]. 
Ammettendo tale nesso e scorgendo nell’introduzione del liability cap la “risposta” all’introduzione dell’art. 25 octies CCII, la legge n. 35/2025 potrebbe essere vista come un’attuazione (sia pure a distanza di tempo e imperfetta[19]) della legge delega n. 155/2017 che aveva demandato al Governo di determinare i «criteri di responsabilità del collegio sindacale» in modo che, in caso di segnalazione, «non ricorr[esse] la responsabilità solidale dei sindaci con gli amministratori per le conseguenze pregiudizievoli dei fatti o delle omissioni successivi alla predetta segnalazione». 
É innegabile che le due norme abbiano genesi differenti, ma la riforma del 2025 non è stata “asettica” rispetto al D.Lgs. n. 14/2019: il Parlamento ha modificato l’art. 2407 c.c. dopo l’entrata in vigore del CCII, che ha attribuito un ruolo di primo piano nella prevenzione della crisi all’organo di controllo, tenuto (insieme al revisore) alle segnalazioni, ma anche concepito (da solo) come collettore delle segnalazioni provenienti dai creditori pubblici (INPS, INAIL, Agenzia delle entrate e Agenzia delle entrate-Riscossione) o privati (banche e intermediari finanziari di cui all’art. 106 t.u.b.) qualificati[20]. 
Sul piano teleologico non verrebbero traditi i desiderata dei promotori della riforma dell’art. 2407 c.c., ossia le doglianze dei professionisti, stanchi di essere (e questo è un dato di fatto difficilmente confutabile) il “bersaglio preferito”, per non dire il “capro espiatorio”, delle azioni di responsabilità intentate dai curatori[21] per via della copertura assicurativa e della dubbia applicabilità della Business Judgement Rule[22]. Infatti, i sindaci risponderebbero per un fatto esclusivamente proprio (e non per un fatto altrui) e la nota difficoltà di trovare coperture assicurative potrebbe essere ridimensionata anche grazie ai tools messi a disposizione dal Codice della crisi per misurare il rischio connesso all’assunzione della carica: si pensi al test di risanabilità e alla check-list disponibili sulla piattaforma telematica nazionale (art. 13 CCII) e al certificato dei debiti tributari (art. 364 CCII)[23].
Per contro, una lettura del nuovo art. 2407 c.c. in modo avulso dal contesto storico-sistematico e politico-legislativo potrebbe apparire frutto di un certo “strabismo” e rischierebbe, sul piano pragmatico, d’introdurre una riduzione di responsabilità anche per i sindaci inattivi, mentre un’esegesi integrata consentirebbe un equo contemperamento tra la richiesta dei professionisti di non essere chiamati a rispondere per danni cagionati dagli amministratori e l’obiettivo del D.Lgs. n. 14/2019 di prevenire le crisi.
Dal punto di vista sistematico, classificare l’art. 2407 c.c. come “norma generale” su cui s’innesta l’art. 25 octies CCII è corretto, ma non esclude che la riforma del 2025 sia stata calibrata anche per dare coerenza alla logica dell’early warning: proteggere chi segnala tempestivamente e responsabilizzare chi non lo fa e resti inerte di fronte a una crisi intercettabile. L’esegesi sarebbe coerente con gli obiettivi della Direttiva Insolvency n. 1023 del 2029 e quindi unionisticamente orientata[24]. 
Inoltre, pur senza voler attribuire eccessivo rilievo all’argumentum ab inconvenienti, non si può sottacere l’iniquità di un sistema che limitasse la responsabilità del collegio sindacale a un multiplo del compenso anche qualora l’organo di controllo restasse inerte (ossia non procedesse a verificare, sulla base degli elementi a sua disposizione, se gli adempimenti ad esso segnalati siano indice di squilibrio economico-patrimoniale o finanziario[25]) nonostante sia stato allertato dai creditori pubblici o privati qualificati mentre, in caso di omessa o tardiva segnalazione da parte di questi ultimi, le conseguenze risarcitorie potrebbero[26] essere ben più gravose. 
Infine, in una prospettiva di più ampio respiro (che esula da queste riflessioni), subordinare la responsabilità parziaria all’adempimento, ove ne ricorrano i presupposti, del dovere codificato dall’art. 25 octies CCII consentirebbe di salvaguardare la funzione preventiva della responsabilità civile, anche se rimarrebbero i dubbi[27] sulla conformità della scelta di policy sottesa alla riscrittura dell’art. 2407 c.c. rispetto alla funzione (integralmente) riparatoria e sanzionatoria di detta responsabilità[28]. 
Last but not least, non si può trascurare il riflesso assicurativo di un’eventuale segnalazione ex art. 25 octies CCII, che sarebbe senza dubbio una circostanza sintomatica di aggravamento del rischio ai sensi dell’art. 1898 c.c. Infatti, per l’assicuratore rileva non tanto la funzione premiale (e di tetto alla responsabilità civile) che la segnalazione può assumere, quanto il dato oggettivo che essa manifesta (la società vigilata è entrata in una situazione di crisi, con conseguente incremento della probabilità di azioni risarcitorie nei confronti degli organi di controllo). Pertanto, anche se il nesso tra art. 2407 c.c. e art. 25-octies CCII non è espressamente previsto, ma ricavato da un’interpretazione orientata alla coerenza sistematica, permarrebbe in capo al sindaco l’onere di disclosure verso l’assicuratore, la cui omissione potrebbe giustificare la reazione tipica all’aggravamento del rischio. Come l’assicurato perde la copertura se non osserva (dolosamente) i doveri di avviso e salvataggio (di cui agli artt. 1913 e 1914 c.c.), così il sindaco dovrebbe perdere il beneficio del limite alla responsabilità in caso d’inosservanza dei doveri di segnalazione (art. 25-octies CCII) e di “resa alla giustizia concorsuale” (art. 37, comma 2, CCII)[29].
4 . Corollari de jure condito e de jure condendo
Ammessa in thesi la (qui proposta) lettura “integrata” degli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII, si potrebbero ricavare i seguenti corollari: 
i) un comportamento omissivo potrebbe costituire una presunzione juris tantum[30] (ma particolarmente ardua da vincere offrendo una prova contraria poiché fondata su una massima di comune esperienza ed anzi su un preciso convincimento del Legislatore, non solo italiano) di dolo eventuale in quanto il sindaco, restando silente, accetterebbe il rischio che la crisi peggiori degenerando in uno stato di insolvenza; 
ii) non segnalare una crisi ragionevolmente rilevabile sarebbe proprio la violazione del presupposto per applicare il plafond limitativo della responsabilità, ossia un’inerzia qualificata” e non un inadempimentoqualunque”.
La soluzione sub i) appare la più aderente al dettato dell’art. 2407 c.c., che non menziona espressamente la segnalazione come condizione di accesso al cap, ma lascerebbe al sindaco la possibilità d’invocare un tetto alla sua responsabilità fornendo la prova contraria, ossia dimostrando che la mancata attivazione non fu sorretta da accettazione del rischio, bensì da circostanze concrete idonee a giustificare – seppur colpevolmente – l’omissione (ad esempio per colpa cosciente o errore incolpevole o affidamento su informazioni distorte). 
Il passo avanti o indietro (a seconda dei punti di vista)[31] rispetto al regime previgente sarebbe comunque notevole, in quanto l’onere probatorio non graverebbe più sull’attore, ma sul convenuto e l’asticella si sposterebbe dall’inefficacia del controllo (difesa ex post) all’obbligo di attivarsi (condotta positiva ex ante).  
Inoltre tale esegesi consentirebbe di ridimensionare la deroga dell’art. 2407 c.c. al classico binomio dolo-colpa grave[32] e alla regola sulla responsabilità del professionista sancita dall’art. 2236 c.c.[33], in quanto al silenzio normativo sulla graduazione della colpa si potrebbe rimediare ricomprendendo nel dolo anche quello eventuale[34]. 
Così ragionando, il professionista risponderebbe nei limiti di un multiplo del compenso in caso di colpa (anche grave) e, invece, con tutto il suo patrimonio in caso di dolo (sebbene eventuale). Del resto, per il principio di non contraddizione (lo stesso che, sotto il vigore dell’originaria formulazione dell’art. 2407 c.c., aveva consentito di presumere l’idoneità del controllo a scongiurare il danno), il Legislatore (concorsuale) non potrebbe, da un lato, ritenere che le segnalazioni interne siano in grado di prevenire l’aggravarsi della crisi e, dall’altro, consentire ai sindaci inadempimenti al suddetto dovere di fruire delle limitazioni di responsabilità, concedendo loro il “paracadute” introdotto dalla legge n. 35 del 2025. 

In chiave sistematica e de iure condendo, si potrebbe prospettare una lettura più ardita, che configuri la segnalazione come condizione oggettiva per l’operatività del limite risarcitorio. Solo così, infatti, l’art. 2407 c.c. novellato verrebbe a rafforzare in modo coerente la logica incentivante dell’art. 25 octies CCII, stabilendo un chiaro trade-off tra omissione e responsabilità integrale. 
Il quadro che emerge è, dunque, duplice: da un lato, la disciplina vigente impone di leggere l’omessa segnalazione come forte indizio di dolo eventuale, lasciando al giudice la valutazione caso per caso; dall’altro, una ricostruzione sistematica suggerisce di attribuire alla segnalazione valenza di condizione oggettiva per l’accesso al limite di responsabilità. 
Si potrebbe anche pensare ad un’argomentazione “combinata” (che tenga conto della complessità delle situazioni concrete) in forza della quale il cap
- sarebbe inapplicabile in caso di dolo, compreso quello eventuale (conformemente all’incipit del capoverso dell’art. 2407 c.c.), salva la possibilità per il sindaco-convenuto di dimostrare che l’omissione non fu sorretta da un atteggiamento doloso, bensì frutto di circostanze particolari che resero ragionevole l’affidamento su una diversa evoluzione della crisi (colpa cosciente o, addirittura, errore incolpevole); 
- si applicherebbe in caso di colpa, ferma la libertà per il giudice di disapplicare comunque il limite risarcitorio valorizzando l’art. 25 octies CCII. 
La conseguenza sistematica si potrebbe così sintetizzare: 
• in presenza di segnalazione, la responsabilità del sindaco, se meramente colposa, rientra nel perimetro del cap
• in assenza di segnalazione, anche ove venga vinta la presunzione di dolo eventuale, il cap non opererebbe (o il Giudice potrebbe disapplicarlo) per difetto del presupposto oggettivo. 
Così ragionando, la prova contraria sarebbe idonea a ridurre il coefficiente soggettivo della responsabilità, ma non (necessariamente) a supplire all’assenza della condotta segnaletica, requisito  per accedere alla limitazione ex art. 2407 c.c. novellato. 
Né varrebbe obiettare che, allo stesso risultato, si potrebbe pervenire indirettamente, senza forzature interpretative e senza ragionare su (fantasiosi) “combinati disposti”, tramite l’eccezione inadimplenti non est adimplendum (art. 1460 c.c.), spesso sollevata dal curatore per paralizzare una richiesta di insinuazione al passivo proposta dal sindaco per ottenere il compenso[35]. Infatti, sebbene l’art. 2407 c.c. indichi come parametro del tetto della responsabilità il “compenso percepito”, è opinione condivisa che il riferimento debba intendersi al “compenso deliberato” (così si esprimeva la Relazione alla proposta di legge) dall’assemblea o previsto nello statuto. Andando di diverso avviso, il sindaco potrebbe andare esente da (o diminuire la propria) responsabilità per il solo fatto di non averlo concretamente incassato (in tutto o in parte) perché la società era in crisi di liquidità; per non averlo meritato[36]; perché in regime di prorogatio[37] o, più semplicemente, per avervi rinunciato accettando di ricoprire l’incarico a titolo gratuito[38]  o per non averlo fatto figurare

Considerando la riforma dell’art. 2407 c.c. e l’art. 25 octies CCII due pezzi dello stesso puzzle (rectius, disegno riformatore), il tetto alla responsabilità assurgerebbe a incentivo comportamentale e non fungerebbe solo da “sconto” patrimoniale e si eviterebbe che la riscrittura della prima norma finisca per trasformare la responsabilità del sindaco in un mero rischio (“di budget”) calcolato economicamente, un costo “assicurabile” a monte, svuotando la deterrenza e preservando l’effetto incentivante a segnalare. Non si può, infatti, sottacere il pericolo che il “massimale ex lege” si trasformi in una sorta di underinsurance, con effetti potenzialmente distorsivi per i creditori e disincentivanti per il controllore ad attivarsi tempestivamente giacché il “costo massimo” della propria inerzia resterebbe comunque limitato. 
Se le considerazioni che precedono sono corrette, pare plausibile (o non troppo ardito) ritenere che la riscrittura dell’art. 2407 c.c. sia stata anche (se non una reazione) un completamento della riforma concorsuale e condizionare la limitazione della responsabilità al rispetto, ove ne sussistano i presupposti, del dovere di cui all’art. 25 octies CCII o, in subordine, interpretare l’inottemperanza a tale ultimo precetto come presunzione semplice di dolo eventuale raggiungendo così de plano lo stesso risultato di escludere il cap
Interpretare l’introduzione di un tetto alla responsabilità risarcitoria alla luce dell’art. 25 octies CCII rafforzerebbe la coerenza tra diritto societario e diritto concorsuale e rinvigorirebbe il legame tra i due Codici (civile e della crisi), mentre una lettura “isolata” della legge n. 35/2025 potrebbe risultare viziata da un certo “strabismo intellettuale” e comportare un’eterogenesi dei fini.
5 . Possibili obiezioni
Secondo Marcel Proust, «non c’è idea che non porti in sé la sua possibile confutazione». 
Questo vale anche per l’esegesi (de jure condendo)[39] sopra sinteticamente tratteggiata, alla quale si potrebbe  obiettare che condizionare l’applicabilità del nuovo art. 2407 c.c. al rispetto dell’obbligo di segnalazione di cui all’art. 25 octies CCII equivale a subordinare il meccanismo della liabiliy cap all’avvenuta osservanza, da parte del collegio sindacale, di tutti i doveri di verifica e controllo di cui all’art. 2403 c.c., pendant del canone generale di adeguatezza organizzativa dell’impresa (art. 2086 c.c.) e quindi – estremizzando il ragionamento – si risolverebbe in un’interpretatio abrogans (in una tutela “vuota”) perché sarebbe operante solo qualora mancherebbero gli estremi per instaurare vittoriosamente un’azione di responsabilità. 
A modesto avviso di chi scrive, una siffatta obiezione, sebbene suggestiva, sarebbe fondata ove si fosse inteso sostenere una “tesi forte” (ossia che la limitazione di responsabilità ex art. 2407 c.c. novellato sia invocabile solo se l’organo di controllo abbia adempiuto all’obbligo di segnalazione di cui all’art. 25 octies CCII), mentre non è insormontabile rispetto alla tesi qui patrocinata (la limitazione di responsabilità parametrata al compenso opera sempre, eccettuato il caso di dolo e salvo che – in presenza di una crisi con obbligo di segnalazione – il sindaco/revisore abbia omesso di adempiere all’art. 25 octies CCII). 
Per maggiore chiarezza: sostenere che il cap si attivi soltanto quando la crisi sia emersa e l’organo di controllo abbia correttamente esercitato il proprio dovere di “allerta” finirebbe davvero per restringere eccessivamente lo scope dell’art. 2407 c.c., riducendolo alle sole ipotesi di crisi con segnalazione. Il rischio di un “cortocircuito interpretativo” non pare, tuttavia, ravvisabile aderendo ad una “tesi debole”, che tuteli l’effettività della vigilanza in situazione di crisi, senza svuotare la portata generale della limitazione di responsabilità. 
In a nutshell, in base alla prima prospettazione, il rispetto dell’art. 25 octies CCII fungerebbe da condizione sospensiva (assoluta) per l’operatività dell’art. 2407 c.c. che opererebbe solo dentro lo scenario di crisi e a valle della segnalazione. Viceversa, aderendo alla tesi qui sostenuta, l’art. 2407 c.c. manterrebbe una portata generale, ma la segnalazione ex art. 25 octies CCII rappresenterebbe una condizione (relativa) di meritevolezza aggiuntiva
Senza contare che l’adempimento dell’obbligo di segnalazione – laddove ne ricorrano gli estremi e con le modalità e tempistiche richieste dal Legislatore - sarebbe solo una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’esenzione o riduzione della (co-)responsabilità in quanto l’art. 25 octies CCII impone altresì (è da ritenere solo all’organo di controllo sulla gestione) quello di vigilanza sull’andamento delle trattative. 
In sintesi: una cosa è proporre un’interpretazione restrittiva/condizionata che leghi “a doppio filo” l’art. 2407 c.c. all’art. 25 octies CCII. Altra cosa è individuare un sottile legame (non esplicitato) tra le due norme, con la conseguenza che la limitazione di responsabilità parametrata al compenso opererebbe sempre, eccettuati i casi di dolo (anche eventuale) e di crisi/insolvenza non segnalata
In questo modo, dovrebbero essere salvaguardati entrambi gli obiettivi perseguiti dal Legislatore con il D.Lgs. n. 14/2019 e con la legge n. 35/2025: responsabilizzare i controllori “in modo sostenibile”[40]. L’art. 2407 c.c. riformato potrebbe cioè essere letto come un correttivo alla regola dell’art. 2740 c.c., in quanto limita ex lege la responsabilità patrimoniale del sindaco ancorandola non al patrimonio complessivo del soggetto (come prevede l’art. 2740 c.c.), bensì alla sua “capacità reddituale istituzionalizzata” (cioè il compenso), garantendo la concreta recuperabilità (almeno in parte) dei danni cagionati. 
Quanto al rischio che l’esegesi qui abbozzata possa (ulteriormente) incentivare precoci segnalazioni (auto)“protettive” al solo fine di beneficiare dell’esclusione o attenuazione della responsabilità (comunque contenuta entro il cap) pare sufficiente rammentare che una simile condotta potrebbe rivelarsi un boomerang ed essere, a sua volta, fonte di responsabilità risarcitoria (illimitata) e giusta causa di revoca dei sindaci[41] e a tale abuso di un potere-dovere si potrebbe reagire attraverso altri rimedi ricavabili in via interpretativa[42]. 
6 . Asseriti vantaggi
La proposta di configurare il rispetto dell’obbligo di segnalazione come “soglia di accesso” al beneficio della responsabilità parziaria - ove condivisa e completata dalla riforma (già in itinere[43]) dell’art. 15 del D.Lgs. n. 39/2010 sulla responsabilità dei revisori (parificati ai sindaci, sia pure nei limiti delle rispettive funzioni, dall’art. 25 octies CCII così come modificato dall’ultimo correttivo n. 136/2024) - potrebbe: 
a) spiegare perché il novellato art. 2407 c.c. abbia cura di precisare che il tetto alla responsabilità è applicabile anche nell’ipotesi di internalizzazione del controllo contabile (consentita solo nel sistema tradizionale purché ricorrano le condizioni previste dal capoverso dell’art. 2409 bis c.c.), mentre nulla dica sul caso, tutt’altro che raro nella prassi societaria, in cui i componenti del collegio sindacale rivestano anche il ruolo di organismo di vigilanza (OdV) ai sensi del D.Lgs. 231/2001[44]; 
b) ridimensionare (anche se non risolvere) la frattura sistematica venutasi a creare rispetto agli amministratori non esecutivi e agli organi corrispondenti dei sistemi alternativi di governance[45] e, quindi, scongiurare i già ventilati incidenti di incostituzionalità dell’art. 2407 c.c. o, “a specchio” degli artt. 2392 e 2409 terdecies, comma 3, c.c. per violazione del principio di uguaglianza e irragionevolezza, q.l.c. che, come l’esperienza recente insegna, potrebbero poi sfociare in sentenze interpretative-manipolative della Consulta, non sempre idonee a sopire i dibattiti[46]; 
c) superare le perplessità sollevate dall’individuazione del dies a quo del termine di prescrizione dovute alla circostanza che la relazione di cui all’art. 2429 c.c. potrebbe essere “muta” quanto alla capacità di rivelare (alla stessa società) l’esistenza di altri inadempimenti dei sindaci; 
d) incentivare la logica dell’early warning, architrave dell’intero Codice della crisi. 

I limiti e le finalità di questo scritto non consentono di soffermarsi partitamente su ciascun profilo, ma solo di sottolineare che l’esegesi qui adombrata potrebbe aiutare, se non a superare a piè pari, quantomeno a ridimensionare, le principali critiche e perplessità sollevate dalla riformulazione del comma 2 e dall’aggiunta del comma 4 dell’art. 2407 c.c. 

a) In merito all’inciso contenuto nel capoverso dell’art. 2407 c.c., pare sufficiente ricordare che l’OdV non può essere considerato un «organo di controllo societario» ai sensi e per gli effetti dell’art. 25-octies CCII, ma, al più, un organo «con funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa», come tale astrattamente legittimato a presentare domanda di liquidazione giudiziale ex art. 37, comma 1, CCII. 

b) Sotto il secondo profilo, è pacifico che, di là da quale refuso[47], l’art. 25 octies CCII sia applicabile anche al consiglio di sorveglianza e al comitato interno per il controllo sulla gestione. 
Il tempestivo adempimento del dovere di segnalazione consente ai componenti di tali organi di beneficiare del meccanismo premiale ivi delineato, mentre la violazione del precetto li esporrebbe ad una responsabilità illimitata che però, se ben si riflette, potrebbe trovare una spiegazione plausibile nella circostanza che: 
- il CdS può revocare il consiglio di gestione (art. 2409 terdecies, comma 1, lett. a, c.c.), legittimazione idonea, in una valutazione prognostica, ad incidere sulla condotta gestoria in modo tempestivo ed efficace[48] e, quindi, tale da agevolare la ricostruzione del nesso eziologico in eventuali giudizi di responsabilità; 
- il CCG, essendo un’appendice del CdA, potrebbe influire sull’eventuale delibera collegiale di revoca o avocazione di specifiche deleghe, con la conseguenza che il nesso causale negli eventuali giudizi di responsabilità potrebbe essere ricostruito con un grado di severità (minore rispetto al consigliere di sorveglianza ma) maggiore rispetto al sindaco[49]. 
Tramite un’argomentazione “ad incastro”, si potrebbe allora proporre un ragionamento quasi sillogistico: 
i) la premessa è la “posizione di garanzia” ricoperta, in tutti i sistemi di governance, dall’organo di controllo, la cui responsabilità deve essere valutata sulla base dell’art. 2407 c.c. (o disposizioni analoghe)[50] e si fonda sul nesso causale tra omessa vigilanza e danno; 
ii) il potere di revoca dei controllori spettante al CdS e al CCG sarebbe un elemento “rafforzativo” della suddetta responsabilità;
iii) ergo l’assenza di un meccanismo di limitazione della responsabilità nell’art. 2409 terdecies, comma 3, c.c. e nel capoverso dell’art. 2392 c.c. non sarebbe un “vuoto normativo”, ma una scelta coerente con il ruolo operativo e l’impatto potenziale di questi organi o, quantomeno, una circostanza tale da rendere meno urgente un intervento “livellatore” per salvaguardare la coerenza sistematica dell’ordinamento e scongiurare incidenti di incostituzionalità per contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto è lo stesso principio di uguaglianza a richiedere che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo. 
La differenza è rappresentata dal fatto che nei modelli dualistico e monistico, il controllore è, non solo un “osservatore esterno”, ma un organo dotato di poteri diretti o di un’influenza immediata sulle decisioni di gestione. Di conseguenza, la limitazione della responsabilità post-segnalazione ha senso per il collegio sindacale (che, lanciata l’allerta, non ha altri strumenti per salvare l’impresa, salvo rivolgersi all’autorità giudiziaria ex art. 2409 c.c., 2393, comma 3, c.c. o 37 CCII), ma non per il controllore munito di strumenti decisionali incisivi per stoppare la condotta di mala gestio e il danno.
Il messaggio è chiaro: se l’organo di controllo ha il potere di evitare o diminuire il danno e non lo sfrutta, la sua responsabilità resta piena. 
Se le considerazioni che precedono sono condivisibili, de jure condito, la disparità rispetto al collegio sindacale non sarebbe così irragionevole come prima facie potrebbe sembrare, anche se de iure condendo occorrerà probabilmente porvi rimedio. 
Lo stesso discorso dovrebbe valere, mutatis mutandis, per gli amministratori deleganti (o non operativi) che, dopo la riforma societaria, non hanno  più un inattuabile dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione (che aveva finito per configurare una sorta di responsabilità oggettiva), ma un preciso potere-dovere di attivarsi se «essendo» (o potendo venire) «a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose» (arg. desunto, per la s.p.a., dal combinato disposto degli artt. 2392 e 2381 c.c.)[51].  

c) Quanto al dies a quo del termine di prescrizione, costruendo un ponte (forse tibetano, ma pur sempre sistematico) tra gli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII, il “silenzio” nella relazione al bilancio sulla violazione della seconda norma non potrebbe più coprire l’inerzia del collegio sindacale in quanto la verifica giudiziale potrà sempre concentrarsi sull’adempimento (o meno) dei prescritti doveri di segnalazione. 

d) L’obiettivo della prevenzione sarebbe ulteriormente incentivato aderendo all’esegesi “sdoppiata” dei due commi di cui consta l’art. 25 octies CCII proposta nel lavoro monografico dal quale si sono prese le mosse, ove, al fine di evitare una lettura pleonastica (l’adempimento tempestivo di un dovere esclude, per definizione, qualsivoglia responsabilità), si propone di distinguere tra: 
- un dovere (v. comma 1) ed un onere (v. comma 2) di segnalazione, onere che scatterebbe con la pre-crisi e terminerebbe allorquando la segnalazione diventi doverosa e, quindi, nel momento in cui si materializzi la crisi o l’insolvenza; 
- il classico dovere di vigilanza di legittimità sostanziale ai sensi dell’art. 2403 c.c. (richiamato dal comma 1) e l’attività, connotata da particolare straordinarietà e difficoltà (si potrebbe dire, ultra munera) e che lambisce il merito (arg. desunto dall’art. 21 CCII), di vigilanza sull’andamento delle trattative (così il comma 2) guidate dall’Esperto della CNC[52]. 
Una ricostruzione “sdoppiata” che, sebbene suggestiva, pare una forzatura del dato normativo (l’art. 25 octies CCII non parla di pre-crisi[53]) e rischia di scivolare in una interpretatio contra legem, laddove quella qui proposta in via principale (segnalazione come “condizione per l’applicabilità del cap”) sarebbe un’esegesi praeter legem, che collega due norme (gli artt. 2407 c.c. e 25 octies CCII), collocate in Codici diversi, ma che ormai dobbiamo abituarci a far dialogare. 
Per contro, la tesi esposta in via subordinata (c.d. de jure condito), pur muovendo da presupposti antitetici rispetto allo studio da cui si è preso abbrivio, finirebbe per convergere, sul piano applicativo, con l’impostazione secondo cui, «assolti gli oneri di segnalazione e di vigilanza […], l’organo di controllo potrebbe ritenersi responsabile, nel corso della composizione negoziata, per gli atti inerenti (o, meglio, teleologicamente e etiologicamente connessi) ad essa e alle trattative (che, in effetti, paiono evocare criteri di perizia più che di diligenza), solo nei limiti del dolo o della colpa grave»[54] e anzi, oggi (alla luce del novellato art. 2407 c.c.), l’elemento soggettivo andrebbe circoscritto al dolo, sebbene solo eventuale. 
7 . Conclusione interlocutoria
Un autorevole e compianto Studioso già nel lontano 1989 denunciava una visione distorta del tema concernente la responsabilità del collegio sindacale[55], definito un «argomento fastidioso, temuto dai professionisti e trascurato dal Legislatore», la cui disciplina pare connotata da una «clima di perpetua provvisorietà, una sorta di attesa che l’istituto (come da molti auspicato) scompaia o venga radicalmente riformato»[56]. 
Parole che suonano di sorprendente attualità se è vero (come ha rilevato Assonime[57]) che «l’introduzione di questo regime speciale potrebbe tuttavia costituire un’occasione per riaprire un cantiere riformatore volto a ripensare e rendere effettiva la correlazione tra funzioni e responsabilità nelle società, non solo per i sindaci, ma anche per gli amministratori, nonché a rafforzare la differenziazione tra i diversi modelli di governo societario». 
L’epilogo resta dunque sospeso e le prospettive sopra esposte non si escludono a vicenda, ma s’integrano in una dialettica tra diritto vigente e diritto auspicabile. 
Non resta che attendere i prossimi sviluppi legislativi o giurisprudenziali, ma, medio tempore, cercare di legare diversi plessi normativi (il Codice civile, della crisi e delle assicurazioni private) potrebbe contribuire ad attenuare i toni dell’acceso dibattito registratosi in dottrina, senza far scemare l’attenzione degli organi di controllo in quanto la segnalazione resterebbe il “porto sicuro”. 
Insomma, per restare in tema, una “vigile attesa”, che non guasta e può essere più proficua delle polemiche.

Note:

[1] 
Disponibile nell’apposita rubrica della Rivista Dirittodellacrisi.it
[2] 
Il cui testo è poi stato pubblicato: v. B. Inzitari, Obblighi di segnalazione nel Codice della crisi: responsabilità dei sindaci e dei revisori per i danni relativi alla perdita di valore della società e dei crediti, conseguente alla mancata o tardiva attivazione delle misure e degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it. Dopo la riforma dell’art. 2407 c.c. v. Id., Limitazione della responsabilità dei sindaci secondo il nuovo art. 2407 c.c. ed obblighi di segnalazione nel codice della crisi, in Dir. fall., 2025, I, 446 ss. e in Contratto e Impresa, 2025, fasc. 2, p. 265 ss. 
[3] 
Anche F. Fimmanò, Poteri, doveri e responsabilità dei sindaci nel codice della crisi. La nuova “causalità omissiva”, in Riv. Corte Conti, 2024, fasc. 5, p. 7 ss.; Id., Apporto e prerogative dell’organo di controllo nelle dinamiche di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 6 novembre 2023, ravvisa nella riscrittura dell’art. 2407 c.c. un modo per “compensare” l’evoluzione dei poteri e delle connesse responsabilità dell’organo di controllo e l’omessa riproposizione nell’art. 25 octies CCII di «forme di dissociazione tipizzate tali da impedire, già a livello normativo, di configurare la responsabilità ex art. 2407 c. 2, c.c.». 
[4] 
Così M. Fabiani, Perdita di valore dell’impresa, responsabilità degli organi sociali e il pernicioso “abbaglio” dei netti patrimoniali, in Società, 2024, p. 1045 ss. 
[5] 
La riforma non ha abbassato la soglia della diligenza (professionale) e ha lasciato immutate le ipotesi di responsabilità esclusiva per la verità delle attestazioni e la violazione del segreto professionale.   
[6] 
Che contiene un rinvio agli artt. 2393 e segg. c.c. nei limiti della compatibilità, esclusa, quindi, la possibilità di una revoca automatica dall’incarico come conseguenza della deliberazione dell’azione di responsabilità con una maggioranza qualificata. 
[7] 
Sostituendo al riferimento testuale alla responsabilità per culpa in vigilando (pur sempre per fatto proprio) e al vincolo di solidarietà con gli amministratori (che, tuttavia, dovrebbe presumersi in base agli artt. 1294 e 2055 c.c.) una responsabilità parziaria, parametrata ad un «multiplo del compenso annuo percepito», rectius deliberato. In questo modo, il Legislatore ha spostato l’accento dal piano teorico-causale al piano della soddisfazione effettiva dei creditori. 
[8] 
Con l’intento di colmare una lacuna del vecchio art. 2407 c.c. e di allineare la disciplina a quella prevista dall’art. 15 del D.Lgs. n. 39/2010, il nuovo comma 4 fa decorrere la prescrizione dell’azione (sociale) di responsabilità contro i sindaci dal deposito (non si specifica se presso la sede sociale o, come appare preferibile, il registro delle imprese) della relazione di cui all'art. 2429 c.c. concernente l'esercizio in cui si è verificato il danno. 
[9] 
Tra i già numerosi contributi sul nuovo art. 2407 c.c. e sulle differenze rispetto al regime anteriore v., rispettivamente, L. Benedetti, La nuova responsabilità dei membri del collegio sindacale: alcune prime considerazioni sistematiche, in Dirittodellacrisi.it, 23 giugno 2025 e A. Cecchella, Profili critici della responsabilità del collegio sindacale nell’attesa delle prime interpretazioni post riforma 2025, ivi, 2025. Sulla novella v., senza pretesa di completezza, la circolare Assonime n. 18 del 2025 e, in ordine alfabetico, N. Abriani, Sulla riforma dell’art. 2407 c.c.: responsabilità dei sindaci ed efficienza del regime dei controlli societari, in Società e Contratti, Bilancio e Revisione, 2024, fasc. 12, p. 6 ss.; S. Ambrosini, La nuova responsabilità del collegio sindacale: note minime a prima lettura, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 16 marzo 2025; Id., Vincolo di solidarietà, danno risarcibile e prescrizione nel nuovo art. 2407 c.c., in Società, 2025, p. 655 ss.; A. Cacciato e A. Cagioni, Responsabilità dei sindaci: il nuovo art. 2407 c.c., in Dirittobancario.it, 24 aprile 2025; E. Cervio, Circoscritta l’entità del risarcimento in caso di violazione dei propri doveri, in Guida al Diritto, 26 aprile 2025, n. 15, p. 24 ss.; Id., Modificata in maniera integrale la responsabilità concorrente, ivi, p. 29 ss.; N. de Luca e M. Houben, Limitazione di responsabilità dei sindaci: una medicina con effetti collaterali maggiori degli effetti curativi?, in Società, 2025, p. 634 ss.; C. Ferriani, Responsabilità solidale fra sindaci e amministratori, su economisti.online.it, 23 marzo 2025; G. Guizzi, Lobbying e diritto societario: note critiche intorno alla proposta di riforma dell’art. 2407 c.c., in Riv. Soc., 2024, p. 251 ss.; Id., Spigolature intorno all’applicazione del nuovo art. 2407 c.c., in Società, 2025, p. 675 ss.; S. Legnani e B. Ciliberti, Responsabilità dell’organo di controllo e del revisore legale: novità, criticità e prospettive dopo la l. 14 marzo 2025, n. 35, in Ius Societario, 5 giugno 2025; P. Mandarino, Modifiche alla responsabilità dei sindaci, in Bilancio e Revisione, 2024, n. 12, p. 33 ss.; L. Muttini La proposta di riforma del regime di responsabilità dei componenti del collegio sindacale, in Resp. civ. e previdenza, 2024, p. 2058 ss.; E.M. Negro, Conversazione estemporanea sulla riforma dell’art. 2407 c.c., in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it,  17 marzo 2025; P. Parisi e P. Mazza, Responsabilità del sindaco: proporzionale al compenso annuo percepito, in Pratica fiscale e professionale, 2025, n. 16, p. 39 ss.; A. Picciau, La nuova disciplina della responsabilità dei sindaci: appunti su profili letterali e sistematici, in Società, 2025, p. 644 ss.; M. Pistis e E. Cazzani, La riforma sulla responsabilità civile dei sindaci, in Ius Societario, 11 giugno 2025; G.A. Policaro, Verso una differente configurazione delle responsabilità per i sindaci?, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2024, fasc. 5, p. 906 ss.; G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Società e Contratti, Bilancio e Revisione, 2025, fasc. 3, p. 6 ss.; R. Rordorf, La responsabilità dei sindaci alla luce del novellato art. 2407 c.c., in Società, 2025, p. 625; F. Sudiero, La responsabilità solidale dei sindaci è stata davvero eliminata? Primissime (ma non proprio istintive) riflessioni, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 19 marzo 2025. 
[10] 
Come noto, la reductio ad absurdum è una tecnica argomentativa che consiste nel dimostrare la falsità di una proposizione mostrando che, se fosse vera, porterebbe a conseguenze assurde o contraddittorie. In pratica, si ipotizza che la tesi da confutare sia vera e si cerca di dedurre da essa una conclusione inaccettabile, dimostrando così l'infondatezza della tesi stessa. 
[11] 
F. Sudiero, La segnalazione dell’organo di controllo ex art. 25 octies del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Torino, 2025, p. 223 s.
[12] 
Ma, se bene si è compreso, porterebbe a un effetto cumulativo (la segnalazione attenua la responsabilità e, in aggiunta, opera il cap) che non pare trovare riscontro nel dato normativo e rischierebbe di essere troppo favorevole ai sindaci, mentre, secondo la tesi che si cercherà di sostenere nel testo, “il cap è lo sconto”. 
[13] 
A rigore, occorrerebbe distinguere tra «obblighi» (che indicano la necessità di soddisfare, con il comportamento imposto dalla legge, l’interesse specifico di uno o più soggetti) e «doveri» (tesi a soddisfare un interesse generale), ma, per semplicità, i due termini saranno usati come sinonimi.
[14] 
Presunzione sulla quale si regge(va) la prova controfattuale richiesta dal vecchio art. 2407 c.c., ossia la dimostrazione che «il danno» (cagionato dalla mala gestio degli amministratori) «non si sarebbe prodotto se essi» (i sindaci) «avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica». 
[15] 
Così M. Centonze, Codice della crisi e responsabilità del collegio sindacale: alla ricerca di nuovi argini, in Bilancio e Revisione, 2020, p. 63. 
[16] 
Cfr. B. Inzitari, Obblighi di segnalazione nel Codice della crisi: responsabilità dei sindaci e dei revisori per i danni relativi alla perdita di valore della società e dei crediti, conseguente alla mancata o tardiva attivazione delle misure e degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, cit., p. 8. 
[17] 
Come spiega la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 136/2024, sub art. 7, p. 26, «la data di effettiva conoscenza della crisi è parametro che rileva ai fini della tempestività solo se gli organi di controllo non hanno tenuto un comportamento negligente e quindi non hanno preso cognizione effettiva della situazione di difficoltà per loro colpa (ad esempio, perché hanno omesso o ritardato il compimento delle necessarie verifiche o l’acquisizione della documentazione utile)». 
[18] 
Il tenore della norma (in particolare, la specificazione «in ogni caso») sembrerebbe sancire una presunzione assoluta di tempestività della segnalazione intervenuta entro 60 gg. dalla rilevazione (o rilevabilità) della crisi e lasciare aperta la possibilità di confutare la presunzione relativa di tardività della segnalazione della crisi effettuata in un termine più lungo o, a fortiori, direttamente di uno stato di insolvenza. Per la possibilità di un’esegesi costituzionalmente orientata, volta ad eccettuare i casi di insolvenza “improvvisa”, derivante da fatti imprevisti e non preceduta da una situazione di crisi, si rinvia a F. Sudiero, op. ult. cit., p. 171, nota 102. 
[19] 
Il novellato art. 2407 c.c. si limita a introdurre un tetto alla responsabilità parametrato al compenso, senza incidere sul (rectius, recidere espressamente il) vincolo solidaristico che, anche ad avviso di chi scrive, continua a discendere dalle presunzioni generali di cui agli artt. 1294 e 2055 c.c. In questo senso, l’attuazione del criterio direttivo dettato dalla legge delega n. 155/2017 appare solo parziale, attenuando l’effetto patrimoniale della solidarietà senza eliminarla e si  concorda con S. Ambrosini, Vincolo di solidarietà, danno risarcibile e prescrizione nel nuovo art. 2407 c.c., cit., p. 658, che ha ritenuto il dibattito sulla persistenza o meno della solidarietà connotato da una certa inanità «nella misura in cui il sistema del multiplo del compenso risulta per l’appunto idoneo a sciogliere gordianamente il nodo del quantum risarcibile». 
[20] 
Arg. desunto dagli artt. 25 novies, comma 1, e 25 decies CCII, che, tuttavia, non sono richiamati, per le imprese sotto-soglia, dall’art. 25 quater, comma 5, CCII. 
[21] 
Dalla lettura della Relazione alla proposta di legge C. 1276 e dai lavori delle Commissioni emergono i timori per una responsabilità solidale per culpa in vigilando “fuori controllo” e la richiesta di sanzionare i sindaci «solo per ciò che abbiano effettivamente compiuto od omesso, sulla base di elementi e fatti conosciuti in quello specifico momento e non secondo troppo facili ricostruzioni ex post, provando la sussistenza e la presenza di dolo specifico, con una correlazione diretta della quantificazione del danno in sede civilistica». 
[22] 
Come noto, la BJR impedisce di contestate con il “senno di poi” le decisioni gestorie prese in modo diligente e informato. Sull’applicabilità di tale regola ai sindaci - tema che non può essere approfondito in questa sede - si rinvia a E. Locascio Aliberti, Responsabilità concorrente del sindaco-consulente, inerte e dimissionario: tre indizi fanno una prova?, in Società, 2024, p. 184 ss.; C. Mele, Osservazioni sulla responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza sull’attività gestoria degli amministratori: l’accertamento del nesso di causalità, in Dir. fall., 2022, II, p. 810 ss., a cui avviso detta regola potrebbe costituire lo strumento per scongiurare il pericolo di una responsabilità oggettiva in capo ai sindaci. 
[23] 
Come gli istituti di credito per valutare il merito creditizio possono e, stando alle prime pronunce (v. tre decreti del Trib. di Napoli, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, p. 360 ss., con nota di M. Spiotta, Concessione abusiva di credito “aggravata” dal rilascio di garanzie pubbliche: cuius commoda, eius et incommoda), devono utilizzare i nuovi tools di autodiagnosi dello “stato di salute” che il Legislatore ha messo a disposizione dell’imprenditore, analogamente potrebbe/dovrebbe fare la compagnia assicuratrice per misurare il grado di rischio connesso all’accettazione dell’incarico, da parte del proprio assicurato, di membro di un organo di controllo (rischio tanto più elevato quando la società viene a trovarsi in uno stato di squilibrio patrimoniale ed economico-finanziario). In particolare, le risultanze della check-list, la compilazione diligente del test di risanabilità e la documentazione eventualmente predisposta in esito all’attivazione della composizione negoziata della crisi potrebbero costituire, per l’assicuratore, elementi oggettivi da cui desumere l’entità del rischio (assicurato) e il grado di consapevolezza e l’effettiva attivazione del dovere di vigilanza da parte del sindaco. 
[24] 
V. il Considerando 22: «quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un’insolvenza imminente o, nel caso di un’impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione». 
[25] 
Così le (recentemente aggiornate) Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate, nei criteri applicativi della norma 11.3. Anche la circolare Assonime n. 8 del 2022 sottolinea che «[l]a segnalazione non comporta, dunque alcun obbligo di attivazione della composizione negoziata, ma solo un dovere in capo agli organi sociali di verificare se i ritardi segnalati costituiscano sintomi di crisi o di minaccia per la continuità aziendale, al fine dell’adozione dei rimedi più idonei. Tale attività di verifica si inserisce nel quadro degli ordinari obblighi degli organi sociali delineati dagli artt. 2086 e 2403 c.c.». 
[26] 
Il condizionale è d’obbligo in quanto (diversamente da quanto stabilito nella versione originaria del Codice): a) non è prevista alcuna sanzione diretta; b) tra la segnalazione (omessa o tardiva) ed il dissesto potrebbero inserirsi numerose altre possibili concause idonee a spezzare il nesso causale. L’unica certezza è che non sembrerebbe ipotizzabile una responsabilità per abuso della segnalazione stante la scarsa discrezionalità dell’Ente e degli istituti di credito nella segnalazione legata, rispettivamente, al mero superamento di determinate soglie debitorie o alle variazioni in peggio, sospensioni o revoche degli affidamenti. 
[27] 
Cfr. L. Benedetti, La nuova responsabilità dei membri del collegio sindacale: alcune prime considerazioni sistematiche, in Dirittodellacrisi.it, 23 giugno 2025, p. 13. 
[28] 
Sull’argomento v. tra gli scritti più recenti A. Gnani, Obbligazione risarcitoria e funzione sanzionatoria, in Danno e responsabilità, 2025, n. 4, p. 467 ss. 
[29] 
Per il tentativo di tracciare il suddetto parallelismo sia consentito rinviare a M. Spiotta, Responsabilità e prevenzione: un parallelismo tra il riformato art. 2407 c.c. e gli artt. 1913-1915 c.c., in corso di pubblicazione su Dir. fall
[30] 
Una presunzione juris et de jure di dolo pare francamente eccessiva, poco realistica e in contrasto con lo spirito della legge delega del 2017, che chiedeva di spezzare il vincolo di solidarietà con gli amministratori per i sindaci-segnalanti, non di condannarli sempre “senza appello” nel caso in cui restino silenti. 
[31] 
La riforma del 2025 avrebbe “peggiorato” la posizione dei sindaci che, in passato, erano soliti difendersi sostenendo che, se anche avessero controllato, nulla sarebbe cambiato perché privi di veri poteri di reazione. 
[32] 
Cfr. gli artt. 1229, 1696, 1698, 1713, 1836, 1889, 1892, 1893, 1900, 1992, e 2236 c.c. Occorre, peraltro, segnalare che anche l’art. 1915 c.c. sulle conseguenze dell’inadempimento dell’obbligo di avviso e salvataggio gravante sull’assicurato, non menziona la colpa grave e che l’art. 813 ter, comma 5, c.p.c., nel prevedere una responsabilità dell’arbitro parametrata al compenso convenuto, esclude solo il caso di dolo. 
[33] 
La regola generale secondo la quale, qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, il professionista risponde solo per dolo o colpa grave viene derogata dall’art. 2407 c.c. in quanto il sindaco è responsabile nei limiti di un multiplo del compenso ottenuto in caso di colpa, anche grave, e con tutto il suo patrimonio in caso di dolo: così N. de Luca e M. Houben, op. cit., p. 639.
[34] 
É pacifico che la nozione di dolo copra entrambe le forme e anche nella giurisprudenza sulla responsabilità professionale (soprattutto in ambito concorsuale o bancario), si ritiene che il professionista, il quale si astenga dall’intervenire, pur rappresentandosi la possibilità del danno, agisca con dolo eventuale. 
[35] 
Per brevità, sia consentito rinviare a M. Spiotta, Sulla “certezza del compenso” dei sindaci: vigilantibus non dormientibus iura (et pecuniae) succurrunt, in Società, 2024, p. 551 ss. 
[36] 
Come osserva G. Romano, La riforma della responsabilità dei sindaci. Riflessioni ad una prima lettura, in Società e Contratti, Bilancio e Revisione, 2025, fasc. 3, p. 12, il mancato pagamento del compenso da parte della società quale conseguenza dell’eccezione di inadempimento sollevata non rileva – per “sottrazione” – ai fini della determinazione del compenso sul quale computare il risarcimento dovuto dal sindaco stante la diversa natura del doppio “sacrificio” (esborso a titolo di risarcimento dei danni e perdita del compenso) richiesto al sindaco. 
[37] 
Secondo Trib. Milano, 8 agosto 2024, in giurisprudenzadelleimprese.it «al sindaco in regime di prorogatio non spetta alcun compenso per l’attività̀ svolta durante tale periodo» per via delle difficoltà probatorie e per ragioni di coerenza con l’art. 2400, comma 1, c.c. «Pertanto, la remunerazione dell’attività̀ svolta dall’organo di controllo dopo la scadenza del suo mandato deve considerarsi già compresa nella previsione relativa al compenso annuale fissato ab origine dall’assemblea dei soci in sede di nomina». 
[38] 
Al riguardo A. Bertolotti, Sindaci: doveri e responsabilità ... con uno sguardo ad un possibile futuro, in Giur. it., 2024, p. 868, ha proposto di calcolare il compenso teoricamente spettante in base all’art. 29, comma 1, d.m. n. 140/2012. 
[39] 
L’esegesi de jure condito (inadempimento dell’art. 25 octies CCII come presunzione juris tantum di dolo eventuale) pare (a chi scrive) meno forzata, ma presenta la difficoltà di distinguere tra dolo eventuale e colpa cosciente, tema che meriterebbe un autonomo approfondimento. 
[40] 
Sul tema si rinvia a AA.VV., La responsabilità patrimoniale “sostenibile”, a cura di A. Albanese, M. Franzoni, E. Gabrielli, G. Grisi, L. Nivarra, Torino, 2023, passim
[41] 
Nel senso che le segnalazioni, per assolvere alla loro funzione d’intercettare la crisi per evitarne la progressione, non devono essere né precoci, né tardive v. Trib. Vercelli, 14 marzo 2025, in Diritto e giustizia e in ilcaso.it
[42] 
Nonostante l’assenza di norme corrispondenti agli artt. 2391 e 2388 c.c. dettate per l’organo amministrativo, si reputa applicabile anche all’organo di controllo il divieto di agire in conflitto di interessi e una tutela demolitoria, ossia l’impugnazione della delibera: cfr. E. Stabile, Segnalazioni protettive dell’organo di controllo: tra responsabilità, abusi, conflitti d’interessi e possibili rimedi, in Il Nuovo Diritto delle Società, 2025, fasc. 4, p. 605 ss. Sul primo rimedio v., in particolare, S. Turelli, Collegio sindacale ed “interferenza di interessi” nelle società per azioni, in Riv. soc., 2020, p. 847 ss.; G. Guizzi, Gestione dell’impresa e interferenza di interessi, Milano, 2014, p. 19 ss.; U. Tombari, “Potere” e “interessi” nella grande impresa azionaria, Milano, 2019; C. Angelici, “Potere” e “interessi” nella grande impresa azionaria: a proposito di un recente libro di Umberto Tombari, in Riv. soc., 2020, p. 6 ss. Sul secondo rimedio (espressamente previsto per il consiglio di sorveglianza dall’art. 2409 quaterdecies c.c.) v., senza pretesa di completezza e su diverse posizioni, A. Paoletti e A. d’Alessandro, È possibile impugnare le delibere del collegio sindacale?, in RDS, 2020, p. 749 ss.; M. Stella Richter, Prime luci sul mistero della invalidità delle deliberazioni del collegio sindacale, in Riv. soc., 2018, p. 1090 ss.; C. Angelici, Sulla impugnativa delle deliberazioni del collegio sindacale, in Riv. dir. comm., 2019, III, p. 359 ss.; G. Bua, L’impugnabilità delle delibere del Collegio sindacale incidenti sull’organizzazione societaria o lesive dei soci, in RDS, 2018, p. 587 ss. In giurisprudenza v. Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, 23 aprile 2018, in dejure: «il principio generale di sindacabilità e, dunque, di impugnabilità delle deliberazioni di tutti gli organi sociali per contrarietà alla legge o all’atto costitutivo è applicabile anche alle delibere del collegio sindacale». 
[43] 
V. la proposta di legge attualmente al vaglio del Senato (DDL S. 1426 del 2025). 
[44] 
Peraltro, la lacuna potrebbe essere ridimensionata dalla ritenuta applicabilità all’attività dell’OdV dell’art. 2236 c.c. (cfr. R. Rordorf, L’organismo di vigilanza nel quadro del D.Lgs. n. 231/2001, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi, tomo II, Milano, 2022, p. 2358), con la conseguenza che la relativa responsabilità sarebbe ravvisabile solo in caso di dolo (e colpa grave), ipotesi (la prima) in cui non è applicabile il cap
[45] 
Ossia il consiglio di sorveglianza (CdS) e il comitato (interno) per il controllo sulla gestione (CCG), organi con gli stessi doveri (l’art. 2403 c.c. è richiamato dall’art. 2409-terdecies c.c. e sostanzialmente ricalcato dall’art. 2409 octiesdecies, comma 5, lett. b, c.c., e l’art. 25 octies CCII, usa l’espressione neutra ed onnicomprensiva «organi di controllo»), ma meno poteri dei sindaci e, allo stato attuale, maggiori responsabilità. 
[46] 
Il riferimento è alla pluri-annotata pronuncia interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale, n. 115 del 2024, che ha confermato la costituzionalità dell’art. 15 del D.Lgs. n. 39/2010 sulla decorrenza della prescrizione dell’azione contro il revisore dalla data di deposito dell’ultima relazione al bilancio qualora a promuovere l’azione sia la società conferente l’incarico, mentre ha lasciato aperta la possibilità dell’applicazione della disciplina di diritto comune negli altri casi. Sulla scorta di tale pronuncia della Consulta, Trib. Palermo, 4 luglio 2025 (in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it) ha precisato che la nuova disciplina dettata dal comma 4 dell’art. 2407 c.c. riguarda la sola azione sociale di responsabilità, mentre negli altri casi resterà applicabile la regola generale dell’art. 2935 c.c. 
[47] 
È innegabile che il Legislatore (concorsuale) abbia assunto come modello di riferimento il sistema tradizionale (o latino che dir si voglia) come si evince dal fatto che: 
i) l’art. 4, comma 1, lett. f), della legge delega n. 155/2017 e la versione primigenia dell’art. 14 CCII (mai entrata in vigore) facevano espresso riferimento solo al collegio sindacale; 
ii) il vigente art. 25-octies, comma 2, CCII continua a rinviare all’art. 2407 c.c. al quale (l’ultimo correttivo) ha affiancato l’art. 15 del D.Lgs. n. 39/2010, senza, tuttavia, menzionare le corrispondenti norme dettate per gli organi di controllo nel sistema dualistico e monistico; 
iii) l’art. 25 novies CCII, dapprima parla correttamente di «organo di controllo», ma poi di «presidente del collegio sindacale»; 
iv) l’art. 140, comma 7, CCII estende ai componenti del comitato dei creditori, in quanto compatibile, i commi 1 e 3 dell’art. 2407 c.c. 
[48] 
Il collegio sindacale, per ottenere lo stesso risultato (id est, la revoca dell’organo amministrativo), dovrebbe passare, in caso d’inerzia dell’assemblea all’uopo eventualmente convocata, dal più complesso e costoso controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. 
[49] 
Cfr. F. Sudiero, op. ult. cit., p. 238 s. 
[50] 
La responsabilità concorrente (sancita dal capoverso dell’art. 2407 c.c.) è sostanzialmente replicata per il CdS (dall’art. 2409-terdecies, comma 3, c.c.) e indirettamente (tramite art. 2409 noviesdecies, comma 1, c.c.)  richiamata per il CCG in conseguenza dell’applicazione dell’art. 2392, comma 2, c.c. 
[51] 
Per una puntuale ricostruzione operativa dei diversi obblighi degli amministratori non esecutivi alla luce della giurisprudenza (di legittimità e di merito) si rinvia a C. Bernardo, La responsabilità degli amministratori non esecutivi nella giurisprudenza di legittimità e di merito, in Società e Contratti, Bilancio e Revisione, 2024, n. 5, p. 20 ss. 
[52] 
Per la compiuta dimostrazione di tale esegesi v. F. Sudiero, op. ult. cit., in particolare pp. 208 ss., 221 ss. e 336 ss. 
[53] 
Così N. Rocco di Torrepadula, Esiste davvero la pre-crisi? (composizione negoziata ridotta e composizione negoziata ordinaria), in Dir. fall., 2025, I, p. 557 s., nota 28, il quale aggiunge due ulteriori considerazioni critiche: «la seconda è che il comma 2 del citato articolo parla effettivamente di tempestività della segnalazione, ma la rapporta specificamente a quella dovuta “ai sensi del comma 1”. In altri termini i due commi sono legati e la tempestività di cui si discorre va riferita esclusivamente all’insorgenza di crisi o di insolvenza. La terza ragione s’incentra nel fatto che di tempestività non si parla con riguardo all’accesso alla composizione negoziata» il che fa supporre che l’imprenditore possa non essere tempestivo quando vuole utilizzarla «tant’è che lo può fare finanche quando è passata la (presunta) pre-crisi e pure la crisi, ed è divenuto insolvente. Ne consegue che ci si pone fuori dall’ambito dall’assetto disciplinare se si suppone, invece, che gli organi di controllo debbano essere tempestivi, mentre gli amministratori possano non esserlo». 
[54] 
Così F. Sudiero, op. ult. cit., p. 221. 
[55] 
Tema di cui rivendicava l’autonomia e la dignità sottolineando che il sindaco non è responsabile per fatto altrui, ma per inadempimento dei propri doveri (oggi ampliati dal CCII e meglio puntualizzati dalle norme di comportamento del CNDCEC come parametro tecnico-professionale) e rifiutando la visione paternalistica secondo cui i sindaci sarebbero sempre “meno colpevoli” degli amministratori. Cfr. G. Cavalli, I sindaci, in Trattato delle Società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 5, Torino, 1988, p. 165 ss.; Id., (M. Marulli e C. Silvetti), Le società per azioni, 2**, in Giur. sist. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, 3ª ed., Torino, 1996, p. 939 ss.; Id., Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società per azioni non quotate, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa-G.B. Portale, vol. 3, Torino, 2007, p. 55 ss.; Id., Il collegio sindacale tra passato e presente, in Abbadessa (a cura di), Dialogo sul sistema dei controlli nelle società, Torino, 2015, p. 2 ss.  
[56] 
G. Cavalli, I sindaci: responsabilità diretta e responsabilità solidale con gli amministratori, in Fallimento, 1989, p. 986 ss.
[57] 
Nella circolare n. 18 del 24 luglio 2025. 

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02