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Saggio

Dal curatore all’esperto globale: il professionista della crisi in prospettiva comparata*

Stefania Pacchi, Ordinario di diritto commerciale Università di Siena - Cattedra d’eccellenza Universidad Carlos III, Madrid

13 Ottobre 2025

*Saggio sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il saggio analizza l’evoluzione della figura del professionista della crisi d’impresa, dalla tradizionale centralità del curatore fallimentare e del commissario giudiziale fino all’affermazione dell’“esperto” quale facilitatore indipendente dei processi di ristrutturazione. Attraverso una prospettiva comparata, vengono esaminati i requisiti fondamentali – indipendenza, etica, deontologia e formazione – che qualificano l’attività di tali professionisti nei diversi ordinamenti, con particolare attenzione ai modelli amministrativi dell’America Latina e alle linee guida elaborate a livello sovranazionale da UNCITRAL, Unione Europea e World Bank
Riproduzione riservata

Sommario:

1 . L’originaria impostazione: l’attività degli organi nel diritto fallimentare

2 . La centralità dell’impresa, l’affermazione della continuità e l’incidenza sull’attività degli organi

3 . L’evoluzione dei compiti degli organi

4 . L’esperto e la terza fase delle professionalità nella crisi d’impresa

5 . I requisiti del professionista della crisi d’impresa

5.1 . L’indipendenza

5.2 . L’etica professionale

5.3 . La deontologia professionale

5.4 . La distinzione tra etica e deontologia

5.5 . Dalla prassi etica alla codificazione deontologica

5.6 . Etica professionale e indipendenza nelle diverse figure

5.7 . La formazione

5.8 . Conclusioni sui requisiti del professionista della crisi d’impresa

6 . La conformazione istituzionale del professionista della crisi d’impresa

7 . Convergenze e divergenze: le soluzioni amministrative in America Latina*

7.1 . La Superintendencia de Insolvencia y Reemprendimiento del Cile

7.2 . La Superintendencia de Sociedades di Colombia

7.3 . L’Instituto nacional de defensa de la competencia y de la protección de la propiedad intelectual del Perù (INDECOPI)

7.4 . Esiti dell’excursus di diritto comparato

8 . Il ruolo del professionista della crisi d’impresa negli interventi unionali

9 . Il professionista della crisi d’impresa nella Guida legislativa di UNCITRAL

10 . Il professionista della crisi nei documenti della World Bank

11 . L’istituzionalizzazione della figura dell’“esperto” nella crisi d’impresa

12 . Le istituzioni e le associazioni dei professionisti della crisi: accreditamento, etica e regolazione

13 . Conclusioni

1 . L’originaria impostazione: l’attività degli organi nel diritto fallimentare
Dal paradigma liquidatorio, che riduceva la crisi a mera estinzione del patrimonio, al modello della ristrutturazione tempestiva, che riconosce valore alla continuità e alla prevenzione: l’attuale diritto delle crisi d’impresa testimonia un profondo ripensamento culturale, capace di ridefinire finalità, strumenti e prospettive sistemiche[1]. 
Nella primitiva impostazione, la procedura era imperniata sulla quantificazione delle residue risorse dell’impresa, scrupolosamente protette e conservate dal momento dell’instaurazione e per tutta la durata del concorso, fino alla loro liquidazione e successiva ripartizione tra i creditori. 
L’attività dell’impresa doveva cessare immediatamente, essendo ritenuto inammissibile qualunque aggravio delle posizioni creditorie derivante da una gestione interinale. In tale quadro, la previsione dell’esercizio provvisorio assumeva più i contorni di un istituto marginale che non quelli di uno strumento effettivamente praticabile. 
Non molto diverso era l’obiettivo del concordato preventivo, centrato sulla cessione dei beni ai creditori per garantire loro una percentuale minima di soddisfacimento predeterminata dalla legge. 
La domanda di accesso era quindi relativamente semplice, limitandosi all’offerta patrimoniale ai creditori e non a un progetto di gestione[2]. 
Proprio perché il soddisfacimento dipendeva unicamente dall’integrità di quel patrimonio, esso veniva protetto da eventuali alterazioni dovute a una gestione disinvolta del debitore, formalmente libero nell’amministrazione ma sottoposto a un controllo stringente da parte dell’organo della procedura e, per il suo tramite, del tribunale. Tale assetto trovava la propria legittimazione nell’impostazione politico-economica del tempo, che assumeva la ripartizione statica del patrimonio quale unica soluzione possibile della crisi.[3]. 
Ciò rifletteva una visione culturale che leggeva la crisi nel ristretto cono della vicenda debitoria dell’imprenditore senza allungare lo sguardo sull’impresa e sull’ampio circuito di interessi nel quale è inserita. 
Non si valutavano, quindi, le potenzialità dell’impresa – e neppure la meritevolezza del complesso aziendale[4] - perché l’obbiettivo, nel fallimento, era la sanzione del soggetto e la disgregazione della sua attività e, nel concordato, previa condizionante “radiografia” del soggetto (la meritevolezza), la consegna di tutti i beni nelle mani dei creditori o, in alternativa, una loro liquidazione satisfattiva. 
Questo impianto escludeva qualsiasi considerazione e valorizzazione dell’idea del business e delle competenze del soggetto, considerando conveniente soltanto il suo allontanamento da quell’attività. 
Il soggetto era marcato dall’immediato spossessamento, anche se questo nel concordato preventivo si denominasse “attenuato”. L’imprenditore non è privato del potere né di disporre, né di gestire, ma comunque viene assoggettato al rigoroso controllo del commissario giudiziale e al puntuale regime autorizzatorio dal quale vengono filtrati tutti gli atti configurabili come di straordinaria amministrazione.  
L’impronta pubblicistica contrassegnava quell’ordinamento. La legge tutto regolava senza lasciare margini di negoziazione alle parti. 
Era un copione scarno che aveva sullo sfondo la domanda (con la proposta) attorno alla quale tutto il procedimento si dipanava e dalla quale scorrevano conseguenze prestabilite. 
Pochi personaggi sulla scena: il tribunale, il giudice delegato e l’organo di nomina giudiziale esaurivano la rete delle verifiche e controlli incernierati sul passato della gestione per rintracciare colpe, attenti al durante per evitare ulteriore pregiudizio ai creditori lettori asettici di una domanda che, sol recependo lo schema dell’offerta minima prevista per legge e formulata da soggetto meritevole, poteva ottenere il liquet giudiziale sulla convenienza. 
In questo quadro, il curatore fallimentare o il commissario giudiziale dei concordati anteriori alle riforme dei primi anni duemila era soprattutto un esecutore della procedura. La sua attività si concentrava sulla gestione dei beni del debitore e sulla loro liquidazione per soddisfare i creditori, operando secondo regole procedurali rigide e sotto il diretto controllo del tribunale. La sua legittimazione derivava quasi esclusivamente dalla nomina giudiziale: la fiducia si fondava sulla supervisione istituzionale e sul rispetto delle norme, più che su competenze strategiche o multidisciplinari. 
In questo contesto, i requisiti di indipendenza e formazione erano principalmente formali, mentre l’etica e la deontologia erano garantite dal quadro normativo e dalla vigilanza del giudice.
2 . La centralità dell’impresa, l’affermazione della continuità e l’incidenza sull’attività degli organi
L’assetto attuale – dopo cicli di riforme susseguitesi quasi ovunque – è profondamente mutato: la valorizzazione del complesso aziendale e la continuità operativa sono divenute obiettivi prioritari, relegando la liquidazione (soprattutto quella atomistica) a funzione residuale, subordinata all’assenza di prospettive di risanamento[5]. 
Ogni soluzione conservativa richiede oggi un piano che indichi sia le modalità di soddisfacimento dei creditori, sia le strategie di gestione dell’impresa, la quale rappresenta lo strumento per garantire la continuità e rispettare gli impegni concordatari. Nemmeno la procedura liquidatoria si sottrae a questa logica: essa può infatti servire a realizzare la cessione unitaria dell’azienda o di singoli rami, purché mantenuti in esercizio[6]. In ogni caso è necessaria la presentazione di piani o programmi, sottoposti al consenso delle parti interessate o degli organi competenti. 
Da ciò emerge una complessità organizzativa crescente, legata non solo alle procedure in continuità ma anche a quelle liquidatorie quando realizzate tramite cessione unitaria. Tale complessità è massima nel concordato preventivo, che non si esaurisce più con la semplice domanda, ma richiede una proposta a schema libero, un piano dettagliato, documentazione articolata e l’attestazione di un professionista indipendente circa la veridicità della contabilità e la fattibilità del piano.[7] Ulteriori attestazioni possono essere necessarie in presenza di soddisfacimento ridotto dei privilegiati, del fisco o in caso di operazioni che incidano sul pagamento dei creditori[8]. 
Questa articolazione impone nuove competenze professionali e una pluralità di soggetti incaricati dall’imprenditore: dall’analisi della crisi alla pianificazione finanziaria, dalla gestione dei rapporti di lavoro a quelli con l’erario, fino alla selezione dello strumento e alla cura dell’esecuzione del piano. 
Con l’evoluzione del sistema, il professionista della crisi ha assunto un ruolo molto più ampio e strategico. Accanto agli organi della procedura – come il curatore, il commissario giudiziale o il liquidatore, nominati dal giudice e legittimati dall’investitura istituzionale – operano oggi altre figure, quali l’attestatore, l’advisor o l’esperto della composizione negoziata. Queste non ricevono una nomina giudiziale, poiché sono scelte e incaricate dal debitore; la loro legittimazione si fonda invece sulla reputazione, sull’indipendenza effettiva e sul rispetto di standard etici e deontologici[9]. Non si limitano, se del caso, alla liquidazione dei beni, ma intervengono nella valutazione della sostenibilità dei piani, nella mediazione tra debitore e creditori e nella garanzia di trasparenza e correttezza del processo. 
Sia nelle procedure concorsuali sia nei percorsi stragiudiziali, queste figure – nelle loro diverse articolazioni – si pongono come elementi centrali per la credibilità e l’efficacia del processo[10]. Che si tratti del curatore o del commissario giudiziale nominati dal tribunale, dell’attestatore o dell’advisor scelti dal debitore, dell’esperto designato da una commissione o del commissario straordinario nominato dal ministero, ogni professionista è chiamato a mediare tra interessi spesso contrastanti e a rendere trasparente e affidabile la gestione della crisi. 
In un contesto segnato dalla crescente complessità delle operazioni di ristrutturazione, la legittimazione del professionista della crisi d’impresa non si fonda più soltanto sulla formalità della nomina, ma sulla combinazione di requisiti che garantiscono indipendenza, competenza tecnica, integrità etica e conformità deontologica[11]. La fiducia delle parti – e, in ultima analisi, nel sistema stesso – passa attraverso la professionalità e la credibilità dell’esperto. 
Parallelamente, le competenze richieste si sono ampliate: accanto alle conoscenze contabili e giuridiche per la gestione dei patrimoni, il professionista deve padroneggiare strumenti di analisi finanziaria, pianificazione industriale e valutazione strategica, oltre a capacità di mediazione in contesti complessi e multidisciplinari. La formazione continua diventa imprescindibile, poiché le procedure sono più articolate e richiedono adattamento costante a strumenti negoziali, normativi e finanziari in evoluzione. 
La trasformazione è anche istituzionale. Si è passati dal modello tradizionale, incentrato su organi sottoposti a stretta supervisione giudiziale, a una pluralità di modelli: 
a) nomina giudiziale, con supervisione ridotta ma ancora presente (in alcuni sistemi europei); 
b) designazione da parte di commissioni o associazioni professionali (come per l’esperto della composizione negoziata in Italia); 
c) scelta del debitore, tipica dei modelli privatistici o negoziali; 
d) affidamento ad autorità indipendenti (nei modelli latinoamericani). 
Questa evoluzione riflette la trasformazione della crisi: da evento prevalentemente liquidatorio a processo complesso, negoziale e multidisciplinare, nel quale il professionista esperto diventa figura centrale non solo per l’esecuzione, ma soprattutto per la credibilità, l’efficacia e la sostenibilità del percorso di ristrutturazione[12].
3 . L’evoluzione dei compiti degli organi
 Lo scenario attuale, caratterizzato da una fitta rete di interlocuzioni, si popola di verifiche e controlli sia interni sia esterni[13]. 
La trasformazione delle procedure conservative si riflette non solo sul numero di professionisti coinvolti nella predisposizione e presentazione di una procedura, ma anche sui compiti attribuiti agli organi[14], chiamati a vigilare non solo sulla gestione pregressa dell’impresa e sull’amministrazione del patrimonio, ma anche sul modo in cui l’attività è condotta durante lo svolgimento della procedura e sugli effetti che ciò produce sul piano in corso di attuazione. 
Questo cambiamento ha determinato un vero e proprio capovolgimento: il governo della crisi è oggi affidato in primo luogo alle parti, che negoziano il rischio della continuità. Ciò non elimina, tuttavia, i controlli: questi continuano a concentrarsi sia sul piano e sulla proposta, sia sull’attività dell’imprenditore, non spossessato (come in ADR, PRO e composizione negoziata) o solo parzialmente limitato (concordato preventivo). Anzi, i controlli possono iniziare già nella fase in cui l’imprenditore tratta su un piano ancora in fieri, monitorando così non solo la gestione ma anche la negoziazione[15]. 
È tramontata, dunque, la configurazione dell’organo come semplice valutatore di gestioni cristallizzate e situazioni concluse. Oggi gli organi operano in un contesto dinamico, popolato da molteplici interlocutori e questioni intrecciate, tutte connesse a un’impresa che continua ad operare. 
Il curatore, la cui attività un tempo era concentrata sulla liquidazione dei beni, è oggi chiamato anche a promuovere la conservazione interinale del valore dell’impresa — gestendola direttamente[16] o affidandola ad altro imprenditore tramite affitto d’azienda[17] — per salvaguardarne il valore economico[18]. Il commissario giudiziale, dal canto suo, non si limita più a verificare piano e proposta: deve anche monitorare la gestione corrente dell’impresa, non solo per prevenire atti anomali o pregiudizievoli, ma anche per confrontare costantemente i risultati con le previsioni del piano, coglierne gli scostamenti e proporre correttivi. Considerata la centralità del piano (soprattutto di quello in continuità, frutto di trattative protette), il commissario può assumere un ruolo attivo di facilitatore, contribuendo al raggiungimento di un accordo tra debitore e creditori e alla costruzione di piani di risanamento sostenibili. 
Ne consegue un ampliamento significativo delle attività del commissario, che deve oggi possedere anche competenze di mediazione e negoziazione per rendere il piano più credibile agli occhi dei creditori e più solido per il giudice chiamato a valutarlo. 
Questa evoluzione si inserisce in una più ampia tendenza alla privatizzazione della crisi, coerente con una visione liberista: la gestione delle difficoltà aziendali è affidata soprattutto alle parti e ai professionisti, mentre l’intervento pubblico diretto si riduce a funzioni di controllo e supervisione residuali. 
4 . L’esperto e la terza fase delle professionalità nella crisi d’impresa
La parabola del professionista della crisi d’impresa può essere letta lungo tre fasi storiche. La prima coincide con la legge fallimentare del 1942, in cui gli organi della procedura – curatore e commissario giudiziale – esercitavano funzioni prevalentemente esecutive, in un contesto in cui la liquidazione costituiva la finalità pressoché esclusiva. In questa stagione, i professionisti della crisi erano essenzialmente strumenti dell’apparato giudiziale, chiamati a compiti di mera attuazione e di vigilanza. 
La seconda fase prende corpo con l’introduzione dei piani e delle attestazioni e, soprattutto, con l’affermazione della tempestività come norma base del codice comportamentale dell’imprenditore e del professionista che lo assiste e della continuità aziendale come obiettivo da vagliare prioritariamente. 
L’ampliamento degli strumenti negoziali comporta una trasformazione del ruolo del professionista, che da mero esecutore diviene tecnico incaricato di valutare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità dei programmi di risanamento, assumendo funzioni delicate di certificazione e responsabilità. 
In questa seconda fase – rispetto agli organi - la disciplina del fallimento contempla poteri diversi del giudice in funzione di un potenziamento del comitato dei creditori mentre la gestione della procedura è affidata al curatore che “non è più sotto ordinato ad alcun organo in grado di impartirgli una <direttiva qualsivoglia>”[19]. La privatizzazione della crisi si è tradotta, nel fallimento, in una decisa affermazione dei poteri dell’organo rappresentativo dei creditori che affianca il curatore nella gestione della procedura mentre il giudice si presenta in posizione arretra[20]. 
Nel concordato preventivo,  “I creditori non godono più della protezione che assicurava l’intervento del giudice, ma sanno che, nel concludere o meno, attraverso il voto, l’accordo con il loro debitore, dispongono di due elementi valutativi: la relazione del professionista incaricato dal debitore e quella del commissario la cui funzione deve essere letta in una prospettiva di garanzia dell’informativa dei creditori e di tutela delle rispettive aspettative di soddisfacimento, piuttosto che nella prevalente ed assorbente funzione di munus, così come ritenuto nel contesto della previgente legge fallimentare”. Al commissario spetta il compito di verificare la fattibilità del piano ma il suo ruolo è “completamente mutato rispetto al passato, avendo perduto quella ausiliarietà che aveva rispetto al giudice delegato per assurgere a figura principale di garanzia per i creditori”[21]. 
La terza fase, inaugurata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, può a buon titolo essere definita come la stagione delle negoziazioni. Il baricentro del sistema si sposta dall’autorità giudiziaria e dagli organi della procedura verso la facilitazione delle trattative tra debitore e creditori. Il commissario giudiziale, nel concordato in continuità, non si limita a vigilare, ma può partecipare attivamente al tavolo negoziale contribuendo alla redazione del piano (art. 92 CCII). Parallelamente, viene istituita la nuova figura dell’esperto della composizione negoziata, concepita per assistere le parti nella costruzione di soluzioni condivise di regolazione della crisi, in una logica di prevenzione e di intervento anticipato[22]. 
In questo contesto, il professionista della crisi si afferma come figura cardine nella veste dell’Esperto che facilita le negoziazioni, garantisce trasparenza e affidabilità delle informazioni, valuta la sostenibilità dei piani e contribuisce a creare fiducia tra le parti[23]. Parallelamente, il ruolo degli organi tradizionali – curatore e commissario giudiziale – tende a ridimensionarsi in compiti di supervisione o funzioni di supporto specialistico, mentre la funzione centrale di guida e mediazione è progressivamente attribuita a figure indipendenti capaci di operare sul terreno delle trattative. 
Le competenze richieste all’esperto sono molteplici e vanno ben oltre quelle giuridico-contabili: comprendono capacità di analisi finanziaria, di valutazione strategica e di mediazione. Non a caso, diversi ordinamenti riconoscono formalmente la figura dell’“esperto”, sia attraverso l’iscrizione in albi o elenchi professionali, sia in ragione della collocazione istituzionale o della fonte della sua nomina. 
Alla luce di tali trasformazioni, questo saggio – condotto in prospettiva comparata e dedicato alla memoria del professor Guido Alpa, la cui opera ha profondamente influenzato lo studio civilistico e comparatistico della crisi d’impresa – intende mettere in evidenza due linee evolutive: da un lato, la progressiva riconfigurazione degli organi tradizionali in senso conservativo e negoziale; dall’altro, l’emersione della figura dell’esperto quale facilitatore indipendente dei processi di ristrutturazione precoce. La combinazione tra strumenti preventivi e tendenza alla privatizzazione della crisi (più mercato e meno giudice, modelli di debtor in possession, riduzione dei poteri autorizzatori) segna infatti lo spostamento del baricentro dall’organo della procedura verso l’esperto, la cui natura e i cui compiti variano sensibilmente nei diversi ordinamenti. 
Le pagine che seguono confronteranno tali modelli, anche alla luce delle indicazioni UNCITRAL, verificando come ogni sistema bilanci l’interesse dei creditori, la continuità aziendale e la governance delle trattative, nel solco della riflessione comparatistica alla quale il professor Alpa ha offerto un contributo decisivo. 
5 . I requisiti del professionista della crisi d’impresa
Partendo dall’osservazione che la credibilità della gestione della crisi dipende dalla professionalità del soggetto incaricato — sia esso organo, advisor, attestatore o esperto della composizione negoziata — diventa evidente la necessità di esaminare con attenzione i requisiti che qualificano tale attività. Non si tratta solo di condizioni formali, come la nomina o l’iscrizione a un albo professionale, ma di un insieme più ampio che combina indipendenza, integrità etica, rispetto delle regole deontologiche e adeguata formazione[24]. 
Tali requisiti assumono peso e significato diversi nei vari ordinamenti. Nei sistemi in cui il professionista agisce come ausiliario del tribunale, la principale garanzia risiede nella supervisione giudiziale; nei modelli negoziali o privatistici, invece, la legittimazione dipende soprattutto dalla reputazione, dalla trasparenza e dalla capacità di mantenere standard etici elevati. Anche la formazione, da requisito minimo, diventa un fattore decisivo di specializzazione, soprattutto quando l’esperto è chiamato a valutare piani complessi di ristrutturazione o a svolgere funzioni di mediazione tra creditori e debitore. 
Alla luce di queste considerazioni, saranno analizzati i principali requisiti dell’esperto, in relazione ai diversi ruoli e funzioni che le procedure concorsuali e stragiudiziali attribuiscono alle figure professionali coinvolte[25]. L’obiettivo è mostrare come, pur nell’eterogeneità dei sistemi, emergano tratti comuni che costituiscono il nucleo essenziale della fiducia nel processo di gestione della crisi. 
5.1 . L’indipendenza
Tra i tratti comuni ai diversi ordinamenti spicca la centralità del requisito dell’indipendenza delle figure chiamate ad assistere, attestare, sorvegliare o gestire i processi di risanamento o di liquidazione[26]. L’indipendenza, intesa come assenza di conflitti di interesse e come neutralità di giudizio, è condizione necessaria perché l’attività dell’esperto o dell’organo di procedura risulti credibile agli occhi di creditori, debitore, tribunale e, più in generale, del mercato. 
L’esigenza si declina con intensità diversa a seconda della funzione svolta: 
Nelle procedure giudiziali (concordato preventivo, liquidazione giudiziale), l’indipendenza di commissario giudiziale, curatore o liquidatore costituisce garanzia di imparzialità nell’amministrazione e nel controllo della procedura. Qui l’indipendenza ha carattere istituzionale e pubblicistico, perché il professionista agisce come longa manus del giudice. 
Nei percorsi stragiudiziali (accordi di ristrutturazione, piani attestati, composizione negoziata), l’indipendenza dell’attestatore o dell’esperto è ancora più delicata: la sua funzione è certificare la veridicità dei dati aziendali, valutare la fattibilità del piano e facilitare il dialogo tra debitore e creditori. In questo contesto, l’indipendenza assume un profilo funzionale e fiduciario, poiché il professionista diventa garante dell’affidabilità del processo pur restando fuori dal controllo diretto del giudice[27]. 
Nell’attività dell’advisor, il tema si complica: essendo scelto e remunerato dal debitore, non può dirsi indipendente in senso assoluto. La sua neutralità è misurata piuttosto come capacità di fornire consulenza tecnica senza cadere in situazioni di incompatibilità o eccessiva vicinanza a interessi che ne comprometterebbero la credibilità agli occhi dei creditori. 
Dal punto di vista comparatistico, il requisito di indipendenza si modula diversamente. In alcuni ordinamenti (ad es. in Francia con l’administrateur judiciaire), esso è sancito da regole deontologiche di matrice pubblicistica. In altri (come nei sistemi anglosassoni con l’insolvency practitioner o l’independent expert nelle schemes of arrangement), si insiste invece sul profilo tecnico-professionale e sul controllo ex post da parte del giudice o dei creditori.
5.2 . L’etica professionale
L’etica professionale[28] ha un carattere generale e valoriale: riguarda i principi di comportamento che orientano l’azione del professionista, chiamato ad agire in modo corretto, leale e responsabile, non solo nell’interesse del cliente, ma anche a tutela del sistema economico e della collettività. 
Non sempre tali principi sono codificati: essi possono derivare da prassi consolidate, dalla cultura professionale, dalla sensibilità individuale o dalle aspettative del mercato. L’etica si colloca, dunque, su un piano più ampio rispetto alla norma giuridica: mentre la legge stabilisce regole minime e inderogabili, l’etica propone un ideale di “buona condotta” che il professionista dovrebbe incarnare. Un esempio emblematico è quello di un advisor che, pur in assenza di un formale conflitto di interessi, rifiuta di avallare un piano per ragioni di correttezza e trasparenza. 
5.3 . La deontologia professionale
La deontologia rappresenta la traduzione dell’etica in regole vincolanti[29]. Essa trova espressione in codici adottati da ordini professionali (avvocati, commercialisti, revisori, insolvency practitioners) o imposti da legislatori e autorità di vigilanza[30]. La violazione deontologica non costituisce soltanto un comportamento discutibile sul piano etico, ma un illecito disciplinare suscettibile di censura e di sanzioni, fino alla sospensione o all’esclusione dall’albo. 
A differenza dell’etica, che ha un carattere generale, la deontologia è settoriale: ogni categoria professionale è dotata di un proprio codice (in Italia, ad esempio, il Codice deontologico forense e quello dei commercialisti, oltre alle regole per i revisori; nel Regno Unito, l’Insolvency Code of Ethics; negli Stati Uniti, le Rules of Professional Conduct per gli attorneys). 
Le disposizioni deontologiche si concentrano in particolare su temi come l’indipendenza, i conflitti di interesse, i rapporti con il cliente, la riservatezza e la trasparenza. Rispetto ai principi etici generali, esse forniscono indicazioni più puntuali e precisi standard di condotta, la cui violazione comporta conseguenze dirette sulla legittimazione all’esercizio della professione.
5.4 . La distinzione tra etica e deontologia
Il tema dell’indipendenza del professionista nella gestione della crisi d’impresa non può essere compreso appieno senza chiarire il rapporto tra etica professionale e deontologia. I due concetti, spesso confusi o utilizzati come sinonimi, operano in realtà su piani distinti ma complementari[31].
L’etica professionale costituisce il fondamento valoriale del comportamento del professionista[32]: si traduce in principi di correttezza, lealtà, responsabilità e trasparenza che non sempre trovano corrispondenza in norme scritte, ma che rappresentano la misura della fiducia che creditori, debitori e giudici ripongono nella figura chiamata a svolgere funzioni delicate. L’etica, quindi, non si esaurisce nel rispetto delle regole formali, ma implica la capacità di adottare condotte percepite come giuste e affidabili, anche se non espressamente imposte dall’ordinamento. Così, ad esempio, un attestatore potrebbe rinunciare a un incarico in assenza di incompatibilità formali, se ritiene che legami economici o personali con il debitore possano minare la percezione della sua imparzialità. 
La deontologia professionale rappresenta invece la traduzione normativa dei principi etici in regole vincolanti dettate da ordini professionali o dal legislatore. Essa stabilisce standard minimi di comportamento, disciplina i conflitti di interesse, i doveri di indipendenza, gli obblighi di riservatezza e trasparenza, e prevede meccanismi di enforcement attraverso sanzioni disciplinari o interdittive. In questo senso, la deontologia “istituzionalizza” l’etica, trasformandola in un sistema di obblighi giuridici la cui violazione produce conseguenze formali. 
Il rapporto tra etica e deontologia varia nei diversi ordinamenti. In Italia, professioni come avvocati, commercialisti e revisori sono vincolate a codici deontologici dettagliati, ma il profilo etico resta essenziale soprattutto per figure come l’attestatore o l’esperto della composizione negoziata, che operano in zone grigie dove la regola scritta non basta a garantire la fiducia delle parti. In Francia, la disciplina deontologica degli administrateurs judiciaires e dei mandataires ad hoc si intreccia con un forte richiamo etico alla discrezione e alla riservatezza, valori non sempre normativizzati ma radicati nella cultura professionale. In Germania, l’Insolvenzverwalter è soggetto a regole precise in materia di incompatibilità, ma la giurisprudenza e la dottrina hanno sviluppato un’etica della correttezza e della fiducia che funge da parametro interpretativo. 
Nei sistemi di common law, la distinzione è più marcata. Nel Regno Unito, l’Insolvency Code of Ethics costituisce un corpus normativo vincolante che traduce i principi etici in regole deontologiche, mentre l’etica si manifesta nella capacità del professionista di andare oltre la mera compliance, adottando comportamenti trasparenti e responsabili verso creditori e mercato. Negli Stati Uniti, le Rules of Professional Conduct per gli avvocati e le severe regole di disclosure per advisors e auditors rappresentano il nucleo deontologico; allo stesso tempo, la cultura dell’accountability e la pressione reputazionale agiscono come fattori etici extragiuridici che influenzano fortemente le scelte professionali. 
In sintesi, la deontologia definisce i confini minimi e giuridicamente vincolanti della condotta professionale, mentre l’etica amplia l’orizzonte, richiamando il professionista a un modello di comportamento non solo formalmente corretto, ma anche sostanzialmente giusto e credibile. Nei sistemi di civil law il peso dell’etica emerge soprattutto per le figure che operano al di fuori della giurisdizione, come l’attestatore o l’esperto della composizione negoziata; nei sistemi di common law, invece, etica e deontologia tendono a fondersi, con regole istituzionalizzate che spingono il professionista a interiorizzare i valori di trasparenza e responsabilità verso mercato e stakeholders.
5.5 . Dalla prassi etica alla codificazione deontologica
La distinzione tra etica e deontologia è il risultato di un’evoluzione storica: l’etica, inizialmente affidata alla coscienza e alla reputazione del professionista, si è progressivamente trasformata in un sistema di regole codificate, vincolanti e sanzionabili. Questo processo, pur avendo assunto forme diverse nei vari ordinamenti, è stato spesso accelerato da crisi sistemiche, scandali finanziari e mutamenti nel ruolo sociale del professionista. 
Fino agli anni ‘80-’90, molte figure coinvolte nella gestione delle crisi (commercialisti, avvocati, revisori) operavano sulla base di un’etica non scritta, fondata sulla reputazione personale e sul controllo informale delle comunità professionali. La fiducia derivava da legami personali o dall’appartenenza a élite locali, più che da criteri oggettivi di indipendenza. A partire dagli anni ‘90, con l’attenzione crescente alla trasparenza, prende avvio un processo di normativizzazione: la legge n. 675/1996 e la riforma della legge fallimentare del 2005-2006 introducono requisiti più stringenti per attestatori e curatori; gli ordini professionali rafforzano i propri codici deontologici, trasformando in obblighi regole prima considerate meri imperativi morali. Il culmine è rappresentato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019), che sancisce non solo requisiti formali, ma anche responsabilità sostanziali in termini di correttezza, completezza e ragionevolezza delle attestazioni. L’etica resta centrale, ma viene inglobata in un impianto deontologico più strutturato e sanzionabile. 
In Regno Unito, eventi traumatici come i casi Polly Peck (1990), BCCI (1991) e Carillion (2018) hanno messo in discussione la fiducia pubblica nei professionisti. La risposta è stata la codificazione progressiva dell’etica in regole deontologiche vincolanti. L’Insolvency Code of Ethics — emanato dall’Insolvency Practitioners Association e periodicamente aggiornato — traduce in norme principi come integrità, obiettività, competenza, riservatezza e comportamento professionale. L’approccio britannico è caratterizzato dal metodo dei threats and safeguards: il professionista deve non solo evitare conflitti di interesse effettivi, ma anche prevenire rischi che possano compromettere l’indipendenza percepita, così da proteggere la fiducia pubblica.
Negli Stati Uniti, il caso Enron (2001) e il coinvolgimento di Arthur Andersen hanno segnato una svolta[33]. Il Sarbanes-Oxley Act del 2002 ha introdotto obblighi stringenti di indipendenza per revisori, advisors e comitati di audit, imponendo una netta separazione tra consulenza e controllo. Le ABA Model Rules of Professional Conduct per gli avvocati e le regole dell’AICPA per i revisori hanno assunto forza vincolante, integrate da linee guida federali e statali. In parallelo, la giurisprudenza fallimentare e l’American Bankruptcy Institute hanno progressivamente incorporato criteri etici nella selezione del trustee o del debtor-in-possession advisor. L’originalità del modello statunitense sta nell’aver trasformato l’etica in diritto applicabile: non più soltanto un codice corporativo, ma uno strumento di responsabilità pubblica, volto a garantire integrità del mercato, fiducia degli investitori e trasparenza del sistema concorsuale. 
In tutti i principali ordinamenti, l’etica ha cessato di essere un “mero codice d’onore personale” o un insieme di prassi consolidate: è diventata una fonte normativa indiretta, destinata a influenzare la regolazione formale. Le regole deontologiche appaiono oggi come cristallizzazioni di principi etici, e il professionista non è più solo custode di un sapere tecnico, ma garante di un equilibrio fiduciario tra le parti. Etica e deontologia non vanno quindi intese come piani alternativi, ma come tappe di un processo continuo: l’etica ispira la formazione delle regole deontologiche, la deontologia disciplina e rafforza la prassi, ma nei casi-limite, quando le norme tacciono, è ancora l’etica a indicare la linea di condotta.
5.6 . Etica professionale e indipendenza nelle diverse figure
L’applicazione dei principi di indipendenza ed etica professionale varia sensibilmente a seconda dell’ambito in cui opera il professionista dell’insolvenza. 
Gli organi della procedura concorsuale (curatore, commissario giudiziale, liquidatore, amministratore giudiziario) sono chiamati a incarnare un’etica dell’imparzialità e della diligenza. Non è sufficiente evitare conflitti di interesse: occorre agire con trasparenza e correttezza, adottando comportamenti che siano effettivamente corretti e percepiti come tali, così da non incrinare la fiducia dei creditori e la legittimità del procedimento[34]. 
Il professionista nei percorsi stragiudiziali (in Italia l’esperto della composizione negoziata; in Francia il mandataire ad hoc o il conciliateur[35]; in Spagna l’experto en reestructuración) incarna invece un’etica della neutralità e della mediazione. Pur spesso nominato dal debitore, l’esperto deve guadagnarsi la fiducia di tutte le parti, agendo come terzo super partes. In Francia, ad esempio, valori come riservatezza e discrezione sono considerati elementi etici imprescindibili. 
L’attestatore del piano (in Italia, ex art. 56 CCII o ex art. 67, comma 3, lett. d), L. fall.; in Spagna, auditor independiente) si confronta con un’etica della verità e della diligenza tecnica. Il suo compito non è sostituirsi al giudice né confondersi con il debitore, ma esprimere un giudizio professionale fondato su verifiche accurate e documentate. Il rischio principale è quello della “compiacenza”: la tentazione di fornire attestazioni favorevoli per mantenere un rapporto commerciale con il cliente. In contesti anglosassoni, la responsabilità civile e disciplinare rappresenta il principale strumento di enforcement per prevenire simili derive. 
L’advisor, infine, occupa una posizione più ambigua. Essendo un consulente del debitore (o, in alcuni casi, dei creditori), non può dirsi indipendente in senso pieno. La sua etica professionale si traduce in correttezza e completezza dell’informazione, evitando condotte fuorvianti. Negli Stati Uniti, ad esempio, le severe regole di disclosure per i financial advisors nelle procedure di Chapter 11 riflettono un dovere etico di trasparenza, inteso come forma di accountability nei confronti del mercato oltre che dei giudici[36]. 
In prospettiva comparata, emergono due modelli. Nei sistemi anglosassoni (UK e USA) l’etica tende a essere normativizzata attraverso codici dettagliati e obblighi di trasparenza, con un forte apparato sanzionatorio. Nei sistemi di civil law (Italia, Francia, Germania), invece, la garanzia etica si affida più al controllo giudiziale e alla responsabilità professionale individuale, lasciando alla prassi e alla reputazione un ruolo significativo.
5.7 . La formazione
Accanto all’indipendenza e alla correttezza etico-deontologica, la formazione costituisce un pilastro essenziale della credibilità dell’esperto. Se l’indipendenza garantisce neutralità e l’etica assicura correttezza sostanziale, la formazione fornisce la competenza tecnica indispensabile. La combinazione di questi requisiti crea un insieme coerente di garanzie che consente al professionista di operare con autorevolezza e affidabilità, a prescindere dal modello istituzionale o dal grado di intervento giudiziale previsto dall’ordinamento. 
La formazione svolge una duplice funzione[37]. Da un lato assicura le conoscenze necessarie per attività complesse — valutazione dei bilanci, stima degli asset, verifica della fattibilità dei piani di ristrutturazione. Dall’altro rafforza la percezione di affidabilità da parte delle parti coinvolte, alimentando fiducia nella neutralità e nella professionalità dell’esperto. 
Occorre distinguere tra formazione di base e specializzazione avanzata. La prima comprende percorso accademico e abilitazione professionale, prerequisiti minimi per operare nelle procedure di crisi. La seconda consente di adattare il sapere alle esigenze concrete della ristrutturazione. Un ordinamento che si limiti a richiedere la sola formazione di base rischia di produrre figure formalmente abilitate ma sostanzialmente inadeguate; al contrario, sistemi che valorizzano la specializzazione garantiscono maggiore tutela degli interessi in gioco e rafforzano la credibilità complessiva del sistema. 
La formazione continua è cruciale soprattutto nei modelli negoziali o privatistici, dove la fiducia non è garantita dal giudice o da un’autorità pubblica, ma deve essere conquistata con reputazione, competenza e aggiornamento costante. La formazione, dunque, non è un requisito statico, ma dinamico: consente al professionista di rimanere credibile in contesti caratterizzati da rapida evoluzione di prassi, strumenti finanziari e norme. 
In Italia il Codice della crisi (d.lgs. 14/2019) ha valorizzato la formazione, in particolare per l’esperto della composizione negoziata (ma non solo) che deve essere iscritto in appositi elenchi tenuti dalle Camere di commercio e dimostrare un curriculum specifico, con corsi e aggiornamenti. Anche l’attestatore deve essere un professionista indipendente con competenze giuridiche aziendali e finanziarie, garantite dall’appartenenza ad albi qualificati. Alla formazione e al possesso di requisiti però non si sottrae neppure il professionista che operi come organo di procedura. Per l’esercizio di queste attività (attestazioni, organi di procedura) il possesso dei requisiti è “certificato” dall’iscrizione nell’Elenco tenuto presso il Ministero della giustizia). 
In Francia gli administrateurs judiciaires  e i mandataires judiciaires appartengono a professioni regolamentate, accessibili tramite percorsi altamente selettivi, formazione dedicata e tirocinio obbligatorio. La formazione iniziale e permanente è considerata requisito strutturale[38]. 
In Germania l’Insolvenzverwalter non appartiene a un ordine professionale specifico, ma la prassi esige elevata specializzazione, spesso maturata come avvocato o revisore con expertise in materia di crisi. La giurisprudenza ha posto enfasi sul curriculum e sulla comprovata competenza come criteri di scelta da parte del tribunale[39]. 
In Spagna la riforma della Ley Concursal richiede all’administrador concursal titoli accademici, esperienza specifica e formazione continua obbligatoria, ormai centrale per garantire professionalità e credibilità. 
Nel Regno Unito linsolvency practitioner è una figura rigidamente regolata: occorre superare esami di abilitazione e aderire a una Recognised Professional Body che vigila anche sulla formazione continua. Il binomio competenza–formazione è istituzionalizzato attraverso esami e accreditamenti rigorosi. 
Negli Stati Uniti non esiste un albo unitario per i professionisti della crisi. Avvocati, advisors e accountants accedono al mercato tramite il sistema universitario e le professional rules. Tuttavia, la complessità tecnica del restructuring ha favorito la concentrazione in grandi studi specializzati, dove la credibilità deriva dalla formazione avanzata e dall’esperienza multidisciplinare. 
Il requisito della formazione riflette scelte di fondo sulla natura delle figure coinvolte nella crisi. Nei sistemi di civil law (Italia, Francia, Spagna, Germania), la competenza è formalizzata tramite ordini professionali e percorsi selettivi. Nei sistemi di common law (UK, USA), prevale un approccio più pragmatico: la formazione è garantita da esami abilitanti e, soprattutto, da un mercato che seleziona in base a reputazione, performance e aggiornamento continuo. 
Quanto alla specializzazione, gli approcci variano. In Italia, l’esperto della composizione negoziata deve seguire corsi mirati e dimostrare competenze specifiche; in Francia, il percorso degli administrateurs judiciaires è già di per sé selettivo e specialistico; in Germania, la specializzazione deriva dall’esperienza e dalla giurisprudenza che ne codifica i criteri; nei sistemi anglosassoni, invece, la reputazione si costruisce sul campo: nel Regno Unito attraverso la gestione di casi complessi; negli Stati Uniti attraverso l’operato di team multidisciplinari nei grandi studi legali e di consulenza.
5.8 . Conclusioni sui requisiti del professionista della crisi d’impresa
L’analisi comparata dei requisiti dell’esperto evidenzia come indipendenza, etica, deontologia e formazione non possano essere considerati separatamente, ma come parti di un sistema integrato di garanzie che assicura la credibilità e l’efficacia della gestione della crisi d’impresa. L’indipendenza rappresenta la base formale, etica e deontologia ne costituiscono la legittimazione sostanziale, mentre formazione e specializzazione forniscono la competenza tecnica necessaria per affrontare situazioni complesse e multidisciplinari. 
Il peso di ciascun requisito varia in funzione del modello istituzionale adottato. Nei sistemi a prevalenza giudiziale, l’indipendenza è assicurata soprattutto dal controllo del tribunale; nei modelli privatistici o negoziali la legittimazione dipende maggiormente dalla reputazione e dal rispetto di standard etici e deontologici; nei contesti amministrativi, la neutralità e la competenza derivano dall’autorità stessa che designa l’esperto; nelle reti associative o sovranazionali la fiducia si fonda su standard condivisi di formazione, aggiornamento e autoregolamentazione. 
In sintesi, indipendenza, etica, deontologia e formazione non hanno un valore universale e statico, ma si integrano in un equilibrio dinamico, adattato alle esigenze dei diversi ordinamenti. Ciò che rimane costante è la necessità di garantire affidabilità, professionalità e fiducia nel processo di gestione della crisi. 
6 . La conformazione istituzionale del professionista della crisi d’impresa
L’analisi dei requisiti richiesti all’esperto nelle procedure concorsuali e nei percorsi di ristrutturazione non può prescindere dalla sua collocazione istituzionale e dalle modalità di selezione. A seconda che si tratti di una figura nominata dal giudice, designata da un’autorità amministrativa, scelta dal debitore o accreditata da un’associazione professionale, cambiano infatti le garanzie richieste e le modalità con cui indipendenza, etica, deontologia e formazione vengono concretamente assicurate. 
Il modello italiano mostra questa pluralità. Il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore sono nominati dal giudice, secondo una logica pubblicistica di controllo. L’esperto della composizione negoziata, invece, è designato da una commissione istituita presso le Camere di commercio, con un filtro basato su requisiti formativi e di esperienza. L’advisor e l’attestatore sono scelti direttamente dal debitore, in una prospettiva privatistica che accentua l’importanza di requisiti etici e reputazionali, oltre che di indipendenza. Infine, il commissario straordinario nell’amministrazione straordinaria è nominato dal Ministero delle imprese e del made in Italy, su proposta del tribunale che accerta lo stato di insolvenza, secondo una logica fortemente pubblicistica. Questa varietà di figure mostra come i requisiti non possano essere letti in maniera uniforme: il professionista nominato da un’autorità pubblica deve soprattutto garantire indipendenza istituzionale, mentre quello scelto dal debitore deve dimostrare in misura ancora maggiore etica e reputazione, per superare i dubbi sulla propria neutralità. 
Diverso è il modello latino-americano, fondato sulle autorità indipendenti di gestione. In Paesi come Perù, Cile o Colombia, il ruolo dell’esperto non è affidato a singoli professionisti, ma a enti pubblici terzi: l’Indecopi in Perù o le Superintendencias competenti in Cile e Colombia. In questi ordinamenti, la garanzia di indipendenza è assicurata dalla natura stessa dell’istituzione, mentre la formazione dei funzionari è garantita da percorsi selettivi interni e da programmi di aggiornamento professionale organizzati a livello statale. 
Accanto ai modelli pubblici si collocano le esperienze associative e sovranazionali. In Messico, l’Instituto Federal de Especialistas de Concursos Mercantiles (Ifecom) forma e accredita i professionisti che operano nelle procedure concorsuali. In Francia, l’Association nationale des administrateurs judiciaires svolge funzioni di rappresentanza e promuove la formazione continua. In Italia, l’Osservatorio sulle Crisi d’Impresa (OCI), pur senza poteri pubblicistici, rappresenta un importante luogo di elaborazione culturale e di diffusione di best practices. A livello internazionale, associazioni come INSOL International o CERIL contribuiscono a definire standard comuni di formazione e principi di indipendenza, alimentando un processo di “deontologia transnazionale” che tende a uniformare i comportamenti professionali oltre i confini nazionali. 
La comparazione evidenzia, dunque, che la natura dell’esperto condiziona la declinazione dei requisiti. Se è nominato da un’autorità pubblica, l’accento è posto sull’indipendenza istituzionale e su procedure selettive formali. Se è scelto dal debitore, la fiducia si sposta su requisiti etici e reputazionali, sostenuti da responsabilità civile e penale. Se è accreditato da un’associazione professionale, il baricentro si colloca sulla formazione continua e sul rispetto di codici deontologici condivisi. Se, infine, appartiene a un’autorità indipendente, i requisiti vengono garantiti a monte dalla natura stessa dell’istituzione.
7 . Convergenze e divergenze: le soluzioni amministrative in America Latina*
*Le considerazioni che seguono si fondano non soltanto sull’analisi delle fonti normative e dei materiali disponibili sui siti istituzionali delle diverse autorità, ma anche sull’esperienza diretta maturata dall’autrice presso l’INDECOPI (Perù) e la Superintendencia de Sociedades (Colombia), nonché nella qualità di membro dell’Instituto Iberoamericano de Derecho Concursal.


Cile, Colombia e Perù rappresentano una variante significativa rispetto ai modelli europeo-continentali, poiché la gestione della crisi è affidata ad autorità pubbliche specializzate, che assumono funzioni analoghe a quelle esercitate, in Italia o in altri Paesi UE, da professionisti privati. In questi ordinamenti l’“esperto” non è un professionista scelto dal mercato o nominato dal giudice, ma un funzionario istituzionale dotato di poteri regolatori, di vigilanza e, in alcuni casi, di gestione diretta. 
7.1 . La Superintendencia de Insolvencia y Reemprendimiento del Cile
Il sistema cileno di amministrazione delle crisi d’impresa ha conosciuto una svolta decisiva con l’approvazione della Ley n. 20.720 del 2014, che ha introdotto la nuova Ley de Reorganización y Liquidación de Empresas y Personas. Con essa è stata istituita la Superintendencia de Insolvencia y Reemprendimiento (Superir)[40], autorità amministrativa centrale incaricata di regolare e supervisionare le procedure di insolvenza. Prima della riforma, la materia era affidata alla Superintendencia de Quiebras, organismo nato nel 1929 con funzioni prevalentemente burocratiche di registrazione e vigilanza formale. Un modello percepito come inefficiente e incapace di rispondere alle esigenze di un’economia moderna e globalizzata, che la riforma ha inteso superare attraverso una profonda trasformazione istituzionale. 
La creazione di Superir ha segnato un vero cambio di paradigma: dall’approccio punitivo e liquidatorio del “fallimento” si è passati a una concezione che privilegia la riorganizzazione, la continuità aziendale e La ripartenza imprenditoriale (reemprendimiento), ossia la possibilità per il debitore – persona fisica o impresa – di reinserirsi nel circuito produttivo dopo l’insolvenza. 
Le funzioni affidate a Superir sono ampie e si muovono lungo tre direttrici principali. Anzitutto, essa svolge compiti di vigilanza e regolazione, supervisionando le procedure di riorganizzazione e liquidazione delle imprese, così come i procedimenti di rinegoziazione e liquidazione delle persone fisiche. Vigila inoltre sull’operato dei síndicos de liquidación e dei veedores, mantiene aggiornati i registri pubblici dei debitori insolventi e assicura la regolarità degli atti procedurali. 
In secondo luogo, promuove la trasparenza e la tutela dei creditori, garantendo l’accessibilità delle informazioni concorsuali tramite piattaforme telematiche e verificando la corretta formazione delle masse passive e delle votazioni assembleari. Infine, svolge un ruolo innovativo nelle politiche di ripartenza imprenditoriale, riconoscendo espressamente il “derecho al reemprendimiento” e promuovendo programmi educativi, campagne di sensibilizzazione e strumenti di accompagnamento per facilitare il reinserimento economico di persone e imprese. 
Questa impostazione colloca Superir al centro del sistema concorsuale cileno non solo come garante della regolarità procedurale, ma anche come promotore di una nuova cultura dell’insolvenza: non più stigma, bensì occasione di recupero e rilancio. In questa prospettiva, l’istituzione funge anche da osservatorio nazionale, raccogliendo e diffondendo dati statistici sull’andamento delle procedure, sui settori più colpiti e sui tempi medi di soluzione, contribuendo così all’elaborazione di politiche economiche e di prevenzione. 
L’istituzione della Superintendencia rappresenta, in definitiva, un punto di arrivo e di partenza allo stesso tempo: un punto di arrivo, perché segna la chiusura dell’epoca in cui il fallimento era percepito come “pena civile”; un punto di partenza, perché introduce un modello moderno e proattivo, capace di accompagnare imprese e persone nel superamento della crisi e nel reinserimento produttivo.
7.2 . La Superintendencia de Sociedades di Colombia
La Superintendencia de Sociedades[41] è un ente pubblico colombiano dotato di personalità giuridica e di autonomia amministrativa, tecnica e patrimoniale, sottoposto al controllo del Ministerio de Comercio, Industria y Turismo. Le sue origini risalgono al 1931, con la Ley 58, che la istituì quale organismo di vigilanza sul rispetto delle norme societarie e sul corretto funzionamento delle imprese. Inizialmente, la sua missione era circoscritta alla supervisione delle società commerciali, con compiti di registrazione, controllo e verifica della legalità degli atti societari. 
Con il passare dei decenni, la Superintendencia ha progressivamente ampliato le proprie funzioni, assumendo un ruolo centrale non solo nella vigilanza societaria, ma anche nella gestione delle crisi d’impresa e delle procedure concorsuali. 
Una tappa fondamentale è rappresentata dalla Ley 222 de 1995, che le ha attribuito ampie competenze in materia di riorganizzazione e liquidazione giudiziale delle società, nonché nella risoluzione dei conflitti societari. Successivamente, la Ley 1116 de 2006 (Ley de Insolvencia Empresarial) ha ulteriormente rafforzato il suo ruolo, configurandola come autorità concorsuale nazionale incaricata di dirigere e amministrare le procedure di ristrutturazione e liquidazione delle imprese insolventi. 
L’evoluzione riflette una precisa opzione di politica legislativa: alleggerire i tribunali ordinari dalla gestione tecnica delle procedure di insolvenza e affidarla a un organismo amministrativo specializzato, capace d’intervenire con rapidità. 
Nell’assetto attuale la Superintendencia de Sociedades monitora la legalità degli atti societari, il rispetto delle norme di corporate governance e l’adempimento degli obblighi da parte degli amministratori; apre, dirige e supervisiona le procedure di riorganizzazione aziendale e di liquidazione giudiziale previste dalla Ley 1116 de 2006; adotta provvedimenti vincolanti con effetti analoghi a quelli delle decisioni giudiziarie, contro i quali è ammesso controllo giurisdizionale;  tutela i creditori: vigilando sulla corretta formazione delle liste creditorie e sulla regolarità dei piani di ristrutturazione o liquidazione; esercita poteri disciplinari verso gli organi sociali, appliocando sanzioni amministrative in caso di inadempimenti ; svolge infine funzioni di prevenzione e composizione dei conflitti tra soci, amministratori e terzi. 
Con l’attribuzione delle competenze in materia di insolvenza, la Superintendencia de Sociedades si è trasformata in un attore chiave del sistema colombiano del diritto concorsuale, perseguendo un duplice obiettivo: da un lato, favorire la ristrutturazione delle imprese economicamente sane ma temporaneamente illiquide, tramite procedure snelle e tecnicamente guidate; dall’altro, assicurare  un’efficiente liquidazione delle imprese non recuperabili, in modo da massimizzare la soddisfazione dei creditori e preservare la stabilità del mercato. 
Le procedure sotto la sua direzione sono concepite in modo flessibile e orientato alla continuità aziendale ogniqualvolta ciò sia possibile, in linea con le tendenze internazionali in materia. 
La Superintendencia presenta una fisionomia ibrida, analoga a quella di altre autorità amministrative indipendenti dell’America Latina: accanto alla funzione amministrativa di vigilanza e controllo, essa esercita poteri con effetti giurisdizionali e si avvale di competenze tecniche elevate, grazie a funzionari specializzati in diritto commerciale, economia e gestione aziendale. Questa configurazione consente risposte più rapide ed efficaci rispetto ai procedimenti ordinari, riducendo i ritardi che spesso caratterizzano la giustizia civile. 
Nel complesso, la Superintendencia de Sociedades rappresenta oggi uno dei pilastri della regolazione economica colombiana. La scelta di affidare a un’autorità amministrativa indipendente la gestione della crisi d’impresa consente di coniugare tutela dei creditori, salvaguardia dell’impresa e stabilità del sistema produttivo. Il suo ruolo travalica la dimensione strettamente giuridica e assume rilievo di politica economica, poiché le decisioni assunte in materia di insolvenza incidono direttamente sulla conservazione del tessuto imprenditoriale e sulla fiducia degli investitori nel mercato colombiano.
7.3 . L’Instituto nacional de defensa de la competencia y de la protección de la propiedad intelectual del Perù (INDECOPI)
Il Perù rappresenta forse l’esempio più avanzato di sistema concorsuale a prevalente gestione amministrativa.
L’Instituto Nacional de Defensa de la Competencia y de la Protección de la Propiedad Intelectual (INDECOPI)[42] è un ente pubblico peruviano creato nel 1992, in un contesto storico di profonda riforma economica. Il Perù, reduce da una lunga stagione di instabilità macroeconomica, iperinflazione e crisi del debito, intraprese in quegli anni un processo di liberalizzazione e modernizzazione del sistema produttivo. In questo quadro, si avvertì l’esigenza di dar vita a un organismo indipendente capace di tutelare la concorrenza e la proprietà intellettuale, ma anche di gestire le situazioni di insolvenza imprenditoriale in modo rapido, tecnico e svincolato dai tempi della giustizia ordinaria. 
Già nella sua fase iniziale, INDECOPI è stato concepito come autorità amministrativa autonoma, con competenze multiple: dalla difesa della concorrenza alla tutela dei consumatori, dalla regolazione di settori specifici alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Nel corso del tempo, il suo raggio d’azione si è ampliato, fino a comprendere un settore particolarmente sensibile e complesso: la gestione delle procedure concorsuali. 
Con l’entrata in vigore della Ley General del Sistema Concursal (1997), INDECOPI è divenuto l’organo responsabile della conduzione delle procedure di insolvenza. La scelta di attribuire a un ente amministrativo tali competenze rispondeva a una precisa opzione di politica legislativa: evitare la congestione dei tribunali ordinari, affidando le procedure a un organismo tecnico-specialistico, capace di garantire rapidità ed efficienza. 
Da allora, INDECOPI si configura come la vera e propria autorità concorsuale nazionale, esercitando poteri che in altri ordinamenti spettano al giudice fallimentare o a organi nominati da quest’ultimo. 
Le funzioni esercitate da INDECOPI in materia di crisi d’impresa possono essere così sintetizzate. In primo luogo, l’istituto si occupa dell’accertamento dello stato di insolvenza e dell’apertura della procedura, ricevendo la domanda del debitore o dei creditori e decidendo sull’ammissione dell’impresa al sistema concorsuale; in tale ambito vigila anche sul debitore, può nominare amministratori provvisori o indipendenti e garantisce la regolarità del processo di ristrutturazione o liquidazione. In secondo luogo, INDECOPI svolge un ruolo essenziale nella gestione dei creditori, coordinando la formazione della Junta de Acreedores, organo assembleare che assume decisioni vincolanti sul destino dell’impresa. 
Accanto a ciò esercita compiti di supervisione e controllo, assicurando che le operazioni di liquidazione o risanamento si svolgano secondo le norme, prevenendo abusi o favoritismi. Infine, INDECOPI assume anche una funzione di tutela del mercato e della concorrenza, interpretando la crisi d’impresa non solo come questione privatistica tra debitore e creditori, ma anche come evento idoneo a incidere sull’equilibrio complessivo del sistema economico. Per questo vigila affinché le procedure non distorcano la concorrenza e contribuiscano a preservare la stabilità del mercato. 
Caratteristica peculiare di INDECOPI è la sua natura ibrida. Pur essendo un organo amministrativo, esercita poteri quasi-giurisdizionali, poiché le sue decisioni hanno efficacia vincolante e producono effetti diretti nei confronti di debitore e creditori. Le risoluzioni di INDECOPI possono essere impugnate in via gerarchica o davanti alla magistratura ordinaria, ma restano immediatamente operative, garantendo così la celerità del procedimento. 
Questa configurazione risponde all’esigenza di superare le rigidità e i tempi della giustizia civile, creando un sistema specializzato, tecnico e autonomo, che possa affrontare la crisi d’impresa con strumenti manageriali e non solo giuridici. 
Dalla sua istituzione ad oggi, INDECOPI ha assunto un ruolo sempre più centrale nel panorama economico peruviano. Le riforme normative hanno progressivamente rafforzato le sue competenze, attribuendogli anche funzioni di vigilanza sul comportamento dei soggetti coinvolti nelle procedure e poteri sanzionatori. 
La scelta di affidare a un’unica autorità indipendente sia la gestione dei mercati (concorrenza, tutela dei consumatori, proprietà intellettuale) sia quella delle crisi d’impresa riflette una visione sistemica: l’idea che la disciplina concorsuale non sia un comparto isolato del diritto commerciale, ma parte integrante di una strategia di stabilità economica e regolazione del mercato. 
Il modello peruviano presenta tratti peculiari, tra i quali spiccano l’accento posto sulla rapidità e sulla tecnicità delle decisioni, la qualificazione della crisi d’impresa come fenomeno di interesse pubblico oltre che privato, e l’attribuzione di poteri incisivi a un’autorità amministrativa indipendente, capace di bilanciare interessi collettivi e individuali. INDECOPI si è così affermato come un’esperienza originale nel panorama latino-americano, rappresentando un laboratorio di amministrazione pubblica della crisi che continua a suscitare interesse comparatistico e a offrire spunti di riflessione anche per sistemi giuridici di tradizione diversa.
7.4 . Esiti dell’excursus di diritto comparato
Il modello latino-americano[43] mostra una soluzione peculiare: il professionista della crisi non è un soggetto privato con status indipendente, ma un funzionario inserito in una struttura pubblica. Ciò assicura uniformità di applicazione e controllo statale, ma solleva interrogativi sulla flessibilità e sulla capacità di adattarsi alle esigenze del mercato. 
Rispetto ai modelli europeo e statunitense, nei quali la gestione della crisi è affidata a professionisti indipendenti sotto il controllo del giudice, i sistemi di Cile, Colombia e Perù incarnano l’idea di un “esperto istituzionale”, più vicino a un organo amministrativo che a un consulente tecnico. Ne consegue che anche il ruolo dell’autorità giudiziaria risulta profondamente diverso: mentre in Europa il giudice resta garante imprescindibile della procedura e negli Stati Uniti funge da arbitro delle trattative, in America Latina molte delle sue funzioni vengono assorbite dall’autorità amministrativa, che diventa centro propulsore e regolatore del sistema. 
Questa impostazione riflette non solo tradizioni giuridiche differenti, ma anche precise scelte di politica economica: la crisi d’impresa viene trattata come questione di interesse pubblico e di regolazione amministrativa, piuttosto che come conflitto tra privati da risolvere in sede giudiziale o negoziale. Da ciò derivano vantaggi evidenti in termini di trasparenza e coordinamento delle politiche economiche, ma anche il rischio di burocratizzazione e di minore adattabilità a un mercato globalizzato.
8 . Il ruolo del professionista della crisi d’impresa negli interventi unionali
L’evoluzione della figura del professionista della crisi trova un riferimento significativo a livello europeo, sia nel Regolamento (UE) 2015/848 sulle procedure di insolvenza, sia nella Direttiva (UE) 2019/1023 sui quadri di ristrutturazione preventiva[44]. Entrambi gli strumenti sottolineano l’importanza di professionisti qualificati, ma delineano in modo diverso il loro ruolo e il grado di intervento dell’autorità giudiziaria. 
Il Regolamento (UE) 2015/848, che ha rifuso il precedente Reg. (CE) n. 1346/2000, rappresenta un passaggio fondamentale per l’armonizzazione del diritto dell’insolvenza europeo. Esso ha introdotto meccanismi di cooperazione rafforzata tra giudici e professionisti nei procedimenti transfrontalieri, con l’obiettivo di garantire il buon funzionamento del mercato interno e prevenire fenomeni di forum shopping o conflitti di giurisdizione. Tale cooperazione presuppone che i professionisti operino secondo standard elevati di competenza, indipendenza e correttezza deontologica. 
Su questa linea si colloca la Direttiva (UE) 2019/1023, che mira a uniformare i requisiti professionali nei diversi ordinamenti, pur rispettandone le peculiarità interne. L’art. 26 affronta in modo sistematico la figura dei professionisti chiamati a operare nelle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, sottolineando tre profili essenziali: la formazione specifica, l’indipendenza da conflitti di interesse e la competenza tecnica, soprattutto nei casi complessi o con elementi transfrontalieri. Per rafforzare tali garanzie, la Direttiva consente a debitori e creditori di opporsi alla designazione o di chiedere la sostituzione del professionista, introducendo procedure trasparenti eque di nomina e prevedendo l’uso di elenchi approvati da autorità giudiziarie o amministrative. 
Un’importante innovazione è l’introduzione del facilitatore del piano di ristrutturazione preventiva, figura che assiste l’impresa nella redazione del piano, media tra le parti e ne monitora l’attuazione. Si tratta di un passo ulteriore nella direzione di una privatizzazione controllata della crisi, con riduzione del ruolo del giudice a interventi proporzionati e necessari, a vantaggio di una gestione negoziale e stragiudiziale. 
Ne emerge un quadro in cui il professionista della crisi diventa un attore strategico: non solo gestore tecnico, ma garante della correttezza del processo, della tutela dei creditori e della sostenibilità dei piani. La legittimazione di questa figura non deriva più soltanto dal controllo giudiziale, ma dalla fiducia delle parti e dalla capacità di integrare competenze multidisciplinari, indipendenza e deontologia con una formazione specialistica in continua evoluzione. In questo senso, le normative europee consolidano una trasformazione già avviata nei sistemi nazionali, rafforzando il ruolo centrale di figure come l’attestatore, l’esperto della composizione negoziata o l’advisor nella governance della crisi.
9 . Il professionista della crisi d’impresa nella Guida legislativa di UNCITRAL
La Legislative Guide on Insolvency Law elaborata da UNCITRAL dedica ampio spazio alla figura del professionista della crisi, delineandone funzioni, requisiti e responsabilità in un’ottica volta a bilanciare efficienza procedurale, trasparenza e tutela degli interessi coinvolti. L’obiettivo della Guida è offrire agli Stati membri linee di orientamento per costruire quadri normativi capaci di garantire sia la massimizzazione del valore aziendale sia la fiducia nel sistema concorsuale. 
Nelle procedure ordinarie, la Guida introduce la categoria dell’insolvency representative, al quale sono affidati compiti ampi: amministrare e gestire i beni del debitore, preservarne il valore, assicurare il corretto svolgimento della procedura, tutelare gli interessi dei creditori e, ove possibile, favorire la continuità aziendale[45]. 
La Guida raccomanda che tale figura sia qualificata, indipendente e imparziale, sottoposta a criteri di selezione trasparenti e a obblighi di disclosure di eventuali conflitti di interesse. Prevede inoltre meccanismi di sostituzione in caso di inadeguatezza o violazione dei doveri, sottolineando la necessità che l’insolvency representative agisca con diligenza e professionalità. Gli ordinamenti nazionali sono quindi chiamati a disciplinarne: 
  • criteri di nomina e supervisione,
  • regole sulla remunerazione,
  • profili di responsabilità civile e disciplinare.
Parallelamente, con l’aggiornamento del 2021 dedicato alle micro e piccole imprese (MSEs), la Guida introduce la figura dell’independent professional[46]. A differenza dell’insolvency representative, l’independent professional non assume necessariamente la gestione diretta dell’impresa, ma svolge un ruolo di supporto: verifica e controlla la correttezza delle informazioni, assiste debitore e creditori nella predisposizione di piani di ristrutturazione sostenibili, e può sostituire in parte le autorità pubbliche quando queste non abbiano risorse adeguate. Anche qui, i principi cardine sono indipendenza, trasparenza della nomina e imparzialità dell’azione.
Ne emerge un quadro coerente con le linee evolutive descritte nei paragrafi precedenti: la Guida UNCITRAL individua nella competenza tecnica, nell’indipendenza, nella responsabilità e nella trasparenza i tratti essenziali del professionista della crisi. Questi elementi sono considerati indispensabili per assicurare non solo l’equilibrio tra interessi privati in gioco, ma anche il perseguimento di un più ampio interesse pubblico: la fiducia degli operatori economici e dei mercati nell’efficacia e nell’equità del sistema concorsuale.
10 . Il professionista della crisi nei documenti della World Bank
Accanto alle iniziative promosse da UNCITRAL, un ruolo di primo piano è svolto dalla World Bank, che da anni elabora principi e linee guida in materia di insolvenza e ristrutturazione del debito. Nei suoi Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debtor Regimes, aggiornati da ultimo nel 2021, la Banca Mondiale sottolinea l’importanza degli insolvency representatives[47] come garanti del buon funzionamento delle procedure. Viene richiesto che essi siano scelti sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e accessibili, fondati su requisiti di competenza tecnica, indipendenza, integrità ed etica professionale; al tempo stesso, si insiste sulla necessità di prevedere meccanismi di rimozione in caso di incompetenza, negligenza o condotte scorrette. 
La World Bank promuove inoltre programmi di licensing, formazione e certificazione, affinché l’esperto non sia soltanto un tecnico nominato ad hoc, ma un professionista inserito in un sistema strutturato di selezione e vigilanza. 
Questa prospettiva conferma la tendenza a collocare l’insolvency representative all’interno di un ecosistema istituzionale multilivello, nel quale standard nazionali e internazionali concorrono a rafforzarne la credibilità e la legittimazione. In tal senso, la World Bank non si limita a fissare principi astratti, ma agisce come standard setter globale, anche attraverso i suoi ROSC Reports (Reports on the Observance of Standards and Codes)[48] e in stretta collaborazione con UNCITRAL, contribuendo a diffondere modelli condivisi che hanno inciso profondamente sulle riforme legislative di numerosi ordinamenti. 
11 . L’istituzionalizzazione della figura dell’“esperto” nella crisi d’impresa
La gestione della crisi d’impresa rappresenta oggi una delle aree più delicate del diritto commerciale e concorsuale, in cui si gioca non solo la sorte dei debitori insolventi, ma anche la fiducia dei creditori e, più in generale, la stabilità del mercato. 
Un tratto comune ai più recenti interventi normativi è l’introduzione di figure di “esperti”, dotati di competenze tecniche e di indipendenza, incaricati di agevolare i processi di ristrutturazione e garantire la serietà delle procedure. 
La comparazione mostra però una notevole varietà di modelli. In Europa, prevale un approccio personalistico, che affida a professionisti qualificati e indipendenti il ruolo di facilitatori o supervisori; in America Latina si consolidano, invece, modelli istituzionali, basati su autorità amministrative; in Messico emerge una soluzione intermedia, che combina la valorizzazione del professionista individuale con un forte sistema di accreditamento e coordinamento. 
Nel contesto europeo, Italia e Spagna hanno sviluppato figure ispirate alla Direttiva (UE) 2019/1023. In Italia, la composizione negoziata della crisi, introdotta dal D.L. n. 118/2021 e recepita nel Codice della crisi (artt. 12 ss.), ha istituito l’esperto facilitatore: un professionista con competenze multidisciplinari, iscritto in appositi elenchi, incaricato di agevolare le trattative tra debitore e creditori[49]. Egli non ha funzioni gestorie né giudiziali, ma garantisce la correttezza e la trasparenza del processo negoziale. In Spagna, con la Ley 16/2022, è stata introdotta la figura dellexperto en reestructuración, nominato dal tribunale o dalle parti[50]. Rispetto al modello italiano, l’esperto spagnolo dispone di poteri più incisivi. Le sue funzioni fondamentali consistono nell’assistere il debitore e i creditori nelle negoziazioni e nella predisposizione del piano di ristrutturazione, nonché nel riferire al giudice mediante la redazione e la presentazione di determinati rapporti. L’esperto non interviene né esercita in alcun modo poteri di gestione o di disposizione patrimoniale del debitore, ma il suo ruolo è destinato a rivelarsi decisivo nei processi di ristrutturazione. Poiché tali processi sono fortemente caratterizzati da una riduzione dell’intervento giudiziale, si rende necessaria una più attenta attività di monitoraggio dell’operato dell’esperto da parte dei creditori del debitore, compresi i creditori pubblici. Si tratta dunque di una figura ibrida, a metà strada tra facilitatore e organo di vigilanza. 
In Francia, l’administrateur judiciaire mantiene una posizione centrale: nominato dal tribunale, assiste o sostituisce il debitore nella gestione e, soprattutto dopo l’introduzione della sauvegarde nel 2005, partecipa attivamente alla predisposizione e negoziazione del piano, vigilando sulla sua sostenibilità. La sua funzione è quindi più ampia di quella liquidatoria, configurandosi come vero garante della continuità[51]. 
In Germania, l’Insolvenzverwalter, figura centrale dell’Insolvenzordnung del 1999, non svolge soltanto funzioni liquidatorie: una volta aperta la procedura, può infatti assumere la gestione dell’impresa e mantenerla in esercizio provvisorio, qualora ciò risponda all’interesse dei creditori. 
Con la riforma del 2012 (ESUG) è stato introdotto il Schutzschirmverfahren, procedura di protezione preventiva che consente al debitore, purché non già insolvente in senso stretto e dotato di concrete prospettive di risanamento, di predisporre un piano di ristrutturazione mantenendo la gestione in Eigenverwaltung. In tale contesto il tribunale nomina un Sachwalter, un commissario indipendente che vigila sull’operato del management e dei consulenti, garantendo correttezza, trasparenza e rispetto delle regole. 
Con la successiva legge di riforma del 2021 (SanInsFoG), le condizioni per l’accesso all’Eigenverwaltung e al Schutzschirmverfahren sono state rese più stringenti, imponendo maggiori requisiti di pianificazione e rafforzando i poteri di controllo del tribunale e dei creditori. La figura del Sachwalter si è così consolidata come garante di equilibrio tra autonomia gestionale del debitore e tutela dell’interesse collettivo, rendendo il modello tedesco una delle esperienze più avanzate in Europa nella valorizzazione del ruolo attivo dell’impresa in crisi sotto la vigilanza di un organo indipendente[52]. 
Nei sistemi di common law la logica cambia radicalmente.
Nel Regno Unito, l’insolvency practitioner è un professionista accreditato che può assumere diversi ruoli, tra cui quello di administrator, con ampi poteri gestori e l’obiettivo di preservare la continuità aziendale o massimizzare il valore attraverso soluzioni rapide come il pre-pack administration. Le amministrazioni pre-pack ("pre-pack") nel Regno Unito sono state ripetutamente criticate per aver consentito lo sfruttamento di alcuni tipi di creditori non garantiti. contribuire maggiormente a rafforzare l’indipendenza degli amministratori[53]. 
Negli Stati Uniti, il Chapter 11 del Bankruptcy Code mantiene il debitore al centro, come debtor-in-possession. Solo in casi eccezionali si nomina un trustee o un examiner; tuttavia, il processo si regge sul lavoro di una fitta rete di professionisti privati — advisor finanziari, avvocati, turnaround managers — che assistono il debitore nella predisposizione e negoziazione del piano[54]. Qui l’esperto non assume le vesti di organo procedurale, ma di consulente privato, in un sistema dove la negoziazione è cardine. 
Dalla comparazione emergono chiare linee di convergenza e divergenza. Tutti gli ordinamenti riconoscono all’esperto un ruolo crescente come garante di affidabilità e sostenibilità dei processi di risanamento, rafforzato anche dalla spinta della Direttiva (UE) 2019/1023. 
Le differenze riguardano soprattutto il grado di legame con l’autorità giudiziaria: nei sistemi di civil law (Francia, Spagna, Germania) l’esperto mantiene una forte connotazione istituzionale, mentre nei sistemi di common law (Regno Unito e Stati Uniti) prevale un approccio privatistico e negoziale. La traiettoria comune è quella di un progressivo rafforzamento della funzione di mediazione e certificazione, che colloca il professionista al crocevia tra esigenze di continuità aziendale, tutela dei creditori e affidabilità del mercato. 
12 . Le istituzioni e le associazioni dei professionisti della crisi: accreditamento, etica e regolazione
La gestione della crisi d’impresa non si esaurisce nella figura del singolo professionista – curatore, commissario giudiziale, attestatore o esperto di ristrutturazione – ma trova nella dimensione istituzionale e associativa un elemento essenziale di garanzia. Accanto ai singoli operatori, esistono infatti organismi nazionali e reti sovranazionali che assicurano formazione, selezione, indipendenza e deontologia, contribuendo a rafforzare la legittimazione sociale e istituzionale dei professionisti della crisi. 
Molti ordinamenti hanno istituito sistemi specifici di accreditamento e vigilanza sugli esperti della crisi, così da garantirne la professionalità, l’indipendenza e la correttezza operativa. In Francia, ad esempio, il sistema si fonda sugli administrateurs judiciaires e sui mandataires judiciaires, nominati dal tribunale e riuniti in organismi professionali che ne curano la formazione iniziale e continua, definiscono standard comuni di competenza e promuovono una cultura ispirata a indipendenza, terzietà ed etica[55]. Si tratta, dunque, di un modello corporativo riconosciuto, che unisce i singoli operatori sotto regole comuni e rafforza la fiducia collettiva nella loro azione. 
Diverso è il modello messicano, dove la Ley de Concursos Mercantiles del 2000 ha istituito l’Instituto Federal de Especialistas de Concursos Mercantiles (IFECOM). Qui non si tratta di un’associazione professionale, bensì di un organo pubblico incardinato presso il Consejo de la Judicatura Federal. L’IFECOM mantiene il registro ufficiale dei professionisti, procede al loro accreditamento tramite selezioni pubbliche, ne cura la formazione e vigila sul rispetto degli standard etici e disciplinari, potendo arrivare a sospensioni o radiazioni. Inoltre, funge da intermediario imparziale nella designazione dei professionisti da parte dei tribunali. In questo modello, il professionista non è un operatore privato, ma un tecnico certificato e controllato dallo Stato, quasi un ausiliario permanente della giurisdizione[56]. 
Nel mondo di common law si riscontrano soluzioni differenti. Nel Regno Unito, gli Insolvency Practitioners sono professionisti abilitati ad amministrare procedure di insolvenza previa autorizzazione del Secretary of State o di organismi professionali riconosciuti, come l’ICAEW (Institute of Chartered Accountants in England and Wales)[57]. Essi sono soggetti a rigorosi requisiti di competenza e a un sistema di vigilanza articolato tra autorità pubbliche e ordini professionali. 
In Canada, la regolamentazione è affidata all’Office of the Superintendent of Bankruptcy, organo federale che accredita e vigila sui Licensed Insolvency Trustees (LITs), unici professionisti autorizzati a gestire procedure di ristrutturazione e liquidazione, cui si applicano standard uniformi a livello nazionale[58]. 
In Australia, infine, l’Australian Securities and Investments Commission (ASIC) tiene il registro dei registered liquidators e ne supervisiona l’operato, intervenendo in caso di violazioni disciplinari o carenze di requisiti professionali[59]. 
Anche l’Italia si è mossa in questa direzione. Con il d.lgs. n. 136/2024, infatti, l’art. 356 CCII ha istituito un elenco nazionale dei gestori della crisi e dell’insolvenza, gestito dal Ministero della giustizia, che definisce criteri uniformi di selezione, obblighi di formazione continua, standard etici condivisi e un regime di vigilanza accentrato. Si tratta di uno strumento destinato a sostituire la precedente frammentazione degli elenchi territoriali e a rafforzare la professionalità e l’indipendenza dei soggetti chiamati a svolgere funzioni nelle procedure concorsuali. Accanto a questo, permane un distinto elenco degli esperti della composizione negoziata, istituito dal D.L. n. 118/2021 e tenuto presso le Camere di commercio, con requisiti propri di iscrizione e con percorsi formativi dedicati. Il sistema risulta quindi articolato su due registri paralleli, entrambi disciplinati da criteri uniformi a livello nazionale e accomunati dall’obiettivo di garantire la qualità professionale, la trasparenza e la fiducia collettiva nella figura dell’esperto, ma differenziati quanto a funzioni e ambiti applicativi[60]. 
Accanto a queste esperienze nazionali, vi sono reti transnazionali che operano secondo logiche diverse. INSOL International rappresenta il principale hub globale che riunisce avvocati, commercialisti, giudici e studiosi dell’insolvenza. Pur non avendo poteri di accreditamento o disciplina, INSOL elabora linee guida e codici di condotta, organizza programmi di formazione e promuove una cultura comune della crisi, particolarmente rilevante nelle insolvenze transfrontaliere, dove la mancanza di una normativa unitaria rende essenziale l’esistenza di standard condivisi. 
In Europa, un ruolo complementare è svolto dal CERIL (Conference on European Restructuring and Insolvency Law), un network di accademici e professionisti di primo piano che agisce come forum scientifico e consultivo, producendo statements e position papers capaci di orientare legislatori e prassi applicative. LInternational Association of Insolvency Regulators (IAIR), fondata nel 1995, riunisce invece le autorità pubbliche nazionali competenti per l’insolvenza, favorendo la cooperazione istituzionale, lo scambio di best practices e il confronto tecnico sulle riforme legislative[61]. 
Un ulteriore livello è rappresentato dagli organismi internazionali a vocazione normativa. La Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), attraverso la Working Group V (Insolvency Law), ha elaborato testi di riferimento come la Model Law on Cross-Border Insolvency (1997) e la Model Law on Enterprise Group Insolvency (2019), strumenti che agevolano il coordinamento delle procedure transfrontaliere e creano un common ground normativo cui giudici e professionisti possono riferirsi[62]. 
La World Bank, da parte sua, ha contribuito alla diffusione di standard minimi attraverso i suoi Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debtor Regimes (ICR Principles), più volte aggiornati (ultima revisione 2021). Questi principi rappresentano un benchmark di riferimento nelle valutazioni del Fondo Monetario Internazionale e nelle riforme legislative di numerosi Paesi emergenti, promuovendo un approccio coerente e sostenibile alla gestione delle crisi e delle insolvenze[63]. 
Dall’insieme di queste esperienze emergono tre grandi modelli: le corporazioni professionali nazionali che garantiscono formazione e deontologia (come in Francia), le autorità pubbliche che accreditano e vigilano (come in Messico e, in parte, in Italia), e le reti transnazionali e internazionali che diffondono cultura, soft law e standard comuni (come INSOL, CERIL, IAIR, UNCITRAL e World Bank). Pur differenti per natura e finalità, tali organismi convergono verso un obiettivo comune: assicurare che il professionista della crisi operi con competenza, indipendenza e responsabilità, preservando la fiducia collettiva nei meccanismi di gestione della crisi d’impresa.
13 . Conclusioni
Dalla ricognizione delle esperienze nazionali e internazionali emerge un tratto comune: l’operatività delle procedure di crisi non può essere compresa appieno senza tenere conto del ruolo delle istituzioni e delle associazioni professionali, tanto a livello nazionale quanto sovranazionale. La legittimazione dell’esperto, infatti, non deriva unicamente dalla fonte normativa che ne disciplina compiti e poteri, ma trova fondamento in un sistema multilivello di accreditamento, formazione e vigilanza, nel quale interagiscono autorità pubbliche, ordini professionali e reti internazionali. 
Il percorso evolutivo che si è delineato consente di distinguere tre fasi fondamentali. 
Una prima stagione è stata segnata dalla prevalenza di strumenti liquidatori e dall’intervento di organi nominati dal tribunale – curatori, commissari, liquidatori – ai quali erano attribuiti compiti essenzialmente esecutivi e di vigilanza, in una logica marcatamente giudiziale. 
Successivamente, con l’introduzione dei piani di risanamento e delle attestazioni, si è aperta una seconda fase, caratterizzata dalla presenza di advisor e attestatori indipendenti: figure che hanno incrementato la complessità del sistema e ampliato le responsabilità tecniche del professionista. In questa stessa prospettiva si è andata progressivamente rimodulando anche la funzione degli organi delle procedure, e in particolare del commissario giudiziale, che nel Codice della crisi non è più confinato a un ruolo meramente passivo o di sorveglianza, ma può essere chiamato a interagire più da vicino con la redazione del piano di concordato preventivo in continuità, assumendo così una posizione più dinamica nel percorso di risanamento. 
Infine, il Codice della crisi e la Direttiva (UE) 2019/1023 hanno inaugurato una terza stagione, improntata alla negozialità e contraddistinta dall’emergere della figura dell’esperto facilitatore, indipendente e multidisciplinare, chiamato ad agevolare il dialogo e la composizione tra debitore e creditori. 
Sul piano comparatistico, queste trasformazioni rivelano alcuni elementi di convergenza. 
In primo luogo, la tradizionale contrapposizione tra pubblico e privato appare oggi superata: se nelle origini il professionista era un mero ausiliario del giudice, la sua legittimazione deriva sempre più da forme miste di accreditamento, che combinano il controllo delle istituzioni pubbliche (come le Camere di commercio in Italia o le Istituzioni in America Latina) con il riconoscimento degli organismi professionali e con logiche di mercato, tipiche dei sistemi di common law
In secondo luogo, la funzione di selezione e di vigilanza non è più monopolio dei tribunali: in Francia, Spagna e Italia si è affermato il modello degli elenchi ufficiali gestiti in cooperazione con ministeri o ordini professionali, mentre nei Paesi anglosassoni si predilige un assetto privatistico, pur sempre sottoposto a vigilanza statale. 
Un ulteriore fattore di omogeneizzazione è rappresentato dagli standard sovranazionali: la Direttiva (UE) 2019/1023 ha introdotto criteri comuni sull’indipendenza e sulla professionalità dell’esperto, mentre la Guida legislativa sull’insolvenza di UNCITRAL e i Principles della World Bank costituiscono strumenti di soft law che, diffondendo best practices e valori condivisi, concorrono ad armonizzare modelli altrimenti eterogenei. In ogni contesto, tuttavia, la figura del professionista della crisi trova la propria legittimazione nell’adesione a principi condivisi: indipendenza, terzietà, competenza tecnica ed etica rappresentano i cardini attraverso cui l’esperto è chiamato a bilanciare l’interesse pubblico – legato al buon funzionamento del mercato, alla trasparenza e alla fiducia collettiva – con gli interessi privati delle parti coinvolte, ossia la salvaguardia dell’equilibrio negoziale e la tutela delle posizioni contrattuali. 
La sfida futura consisterà nel mantenere un equilibrio tra neutralità ed efficienza, evitando che l’esperto venga percepito, alternativamente, come un mero burocrate privo di autonomia o come un “nuovo giudice” della crisi. Solo nella misura in cui saprà coniugare terzietà e competenza con capacità di adattamento e credibilità, la figura dell’esperto potrà consolidarsi come perno del sistema di regolazione della crisi d’impresa nel contesto globale. 

Note:

[1] 
Su questa transizione culturale, da ultimo N. Rondinone, C’era una volta il diritto fallimentare, Torino, 2025. 
[2] 
In tal senso, F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, 81 “Il concordato preventivo si disinteressava dell’impresa, concentrandosi sull’offerta satisfattiva del debitore e sul giudizio che ne danno i creditori”. 
[3] 
Per un excursus dal fallimento dei mercanti a oggi con particolare accento all’impostazione politico-economica, M. Irrera, Il lungo, articolato e complesso cammino dal fallimento al diritto della crisi, in Dialoghi del diritto dell’economia, agosto 2023. 
[4] 
S. Pacchi, Dalla meritevolezza dell’imprenditore alla meritevolezza del complesso produttivo, Milano, 1989. 
[5] 
Per un excursus sui progressivi mutamenti del nostro ordinamento della crisi rinvio a S. Pacchi, Par condicio e relative priority rule. Molto da tempo è mutato nella disciplina della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 26 gennaio 2022. 
[6] 
Per un ampio inquadramento che tiene conto dell’ampio e variegato scenario di interessi che emerge dinanzi all’esercizio dell’impresa nella procedura liquidativa, E. Sabatelli, L’esercizio provvisorio dell’impresa nel fallimento fra interessi concorsuali, interessi particolari dei creditori e interessi c.d. <sociali>, in Dir fall., 2011, I, 127 ss. 
[7] 
G. Covino, L. Jeantet, P. Stella, Le nuove attribuzioni del professionista indipendente nel Codice della crisi, in Il Fallimentarista, focus del 5 giugno 2019. 
[8] 
Cfr., per una trattazione esaustiva, Principi di attestazione dei piani di risanamento, in www.fondazionenazionalecommercialisti.it, 8 maggio 2024. 
[9] 
A. Caiafa, Il ruolo dell’avvocato nella crisi di impresa e profili di responsabilità, in Fallimentiesocietà.it, 2019; M. Mandico, Esperto negoziatore, curatore, gestore della crisi e advisor, in Diritto.it, 12 settembre 2022.
[10] 
Sul ruolo del “professionista dell’insolvenza”, v. P. Omar, Resilience in insolvency and restructuring enviroment, in International insolvency review, 2024, 143 il quale afferma che:” The role of the insolvency office-holder (IOH) and other assimilated professions (e.g., lawyers, accountants, turnaround managers etc.) is of course vital for restructuring and insolvency processes, even in an era which has come to see the rise and (in some cases) privileging of the debtor-in-possession (DIP) as an agent of change. However, it should be noted that, even where DIP procedures are enabled in law, they may also allow for the appointment of professionals to assist or oversee the debtor in the administration of restructurings or insolvencies. This professional-centred approach is consonant with a focus on protection for all (but especially vulnerable) stakeholders and the need to ensure the dominance of the collective principle, which the professional IOH safeguards by adherence to standards, often comforted by a requirement for liability and indemnity insurance”. 
[11] 
Sulla rilevanza di questi requisiti nel professionista della ristrutturazione, anche L. Stanghellini, R. Mokal, C. G. Paulus, I. Tirado, (Best practices in European Restructuring, disponibile in www.codire.eu, Milano-Padova, 2018, 80) che affermano: “Debtors in distress should seek adequate industrial, financial and legal advice. Restructuring a distressed business requires conducting a sound and thorough assessment of the situation of the debtor and suggesting the appropriate steps to be taken in order to ensure the success of the restructuring process; all this, while at the same time taking in due consideration all the relevant risk factors and, to a certain extent, the interests of the parties involved. Professional qualification and significant experience are necessary. Qualitative data from the empirical research show that the lack of adequate professional qualification and experience can be a critical aspect in restructuring and can cause the debtor to choose inadequate or inappropriate courses of action”. 
[12] 
Per un modello ideale di disciplina della professione, cfr. The EBDR Insolvency Office Holder Principles (del 2007, revisionati nel 2021, disponibili in: https://ebrd-restructuring.com/storage/uploads/documents/13472%20EBRD%20(Insolvency%20Office%20Holder%20Principles%20ARTWORK).pdf>. 
[13] 
Per tutti i preposti a tali attività – siano essi nominati dal debitore o dal giudice – sono richiesti (amplius infra) requisiti stringenti di indipendenza, di etica, di deontologia e di formazione. Il giudizio espresso da un professionista dotato di questi rigorosi requisiti si caratterizza per essere obiettivo, affidabile e dotato di elevata credibilità. 
[14] 
Parla di ridefinizione del ruolo degli organi che inizia a partire dalle riforme dei primi anni duemila, F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 85. 
[15] 
Il riferimento è al ruolo proattivo assegnato dal CCII – sulla scia della Direttiva 2019/1023 - al commissario giudiziale nella negoziazione sulla elaborazione del piano previsto dall’art. 92 CCII. Sul punto A. Farolfi, Sub art. 92, in F. Di Marzio (diretto da), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 2022, 427 che parla di “elemento di discontinuità rispetto alla nostra tradizione giuridica”; F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 560, osserva: che nel concordato in continuità, quando il debitore nella domanda si riservi il deposito di piano e proposta,“Il commissario entra nel merito della formulazione della proposta e del piano di concordato in fase di predisposizione”. Il suo apporto è obbligatorio quando sia presentata una richiesta di misura protettiva e allora l’intervento del commissario. In questo caso “contribuisce al bilanciamento degli interessi del debitore da un lato e dei creditori inibiti nei poteri di autotutela dall’altro, cercando di indirizzare la trattativa al fine della realizzazione di una proposta di soluzione razionale della crisi che giustifichi pienamente la concessione delle misure protettive;  S. Leuzzi, Il volto nuovo del concordato preventivo in continuità aziendale, in Dirittodellacrisi.it, 2022, 12; S. Addamo, Sub art. 92, in S. Bonfatti, Commentario al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pisa, 2025, 458; D. Burroni, Il commissario giudiziale, in M. Irrera e S. A. Cerrato (diretto da), Crisi e insolvenza dopo il correttivo ter , T. II, 1693. 
[16] 
Alla luce della riforma del 2006, F. Fimmano’, Prove tecniche di esercizio provvisorio riformato, in Giur.comm., 2007, I, 756 ss.; G. Ferri jr., Le forme di esercizio dell’impresa fallita, in Studi in onore di Belviso, II, Bari, 2011, 1177 ss. Sul codice della crisi, S. Pacchi, I canoni per la gestione dell’impresa nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 26 aprile 2023; S. Leuzzi, L’esercizio dell’impresa del debitore, in Dirittodellacrisi.it, 16 marzo 2023.
[17] 
A. Caiafa, L’affitto dell’azienda o di singoli rami, in A. Caiafa (a cura di), Le procedure concorsuali, I, Padova, 2011, 895; ID., Sub Art. 212, in A. Caiafa (a cura di), Commentario al codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Napoli, 2024, 1460 ove un’ampia ricostruzione dell’istituto. 
[18] 
Sul ruolo del curatore nel nuovo sistema di liquidazione giudiziale, v. C. Carbone, Il curatore nella liquidazione giudiziale, Torino, 2022; M. Giorgetti (a cura di), La figura del curatore, in Il curatore nella nuova liquidazione giudiziale, Pisa, 2020, 59; L. Abete, Gli organi preposti alla liquidazione giudiziale, in Il Fall. 2019, p. 1151; A. Nastri, Gli organi del “vecchio” fallimento e della “nuova” liquidazione giudiziale, in www.giustiziainsieme.it, 2019, p. 3; V. Lenoci, Il procedimento concorsuale liquidatorio, in Questione giustizia, 2019, p. 288; A. Farolfi, Sub art. 125, in F. Di Marzio (diretto da), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., 591; S. Pacchi, Curatore nella liquidazione giudiziale, in M. Monteleone (a cura di), Evoluzione degli organi della crisi d’impresa, Milano, 2021, p. 407. 
[19] 
E. F. Ricci, Note sugli organi del fallimento dopo le riforme, in Giur.comm., 2008, I, 190. 
[20] 
Su questi temi post-riforma del 2006, S. Pacchi, Il giuoco delle parti nella liquidazione fallimentare, in Giur.comm., 2009, I, 480 ss. 
[21] 
Entrambe le citazioni sono da G. Bozza, Il vecchio, l’attuale e il (forse) prossimo art. 173, ult. parte, della legge fallimentare, in Il Fall., 2007, rispettivamente a p. 697 e 689. Sui temi dei controlli nel concordato preventivo post-riforma 2005, anche S. Pacchi, La valutazione del piano del concordato preventivo: i poteri del tribunale e la relazione del commissario giudiziale, in Dir.fall., 2011, 95 ss. 
[22] 
Questa figura trova il suo antecedente nel collegio di esperti che costituiva l’OCRI (Organismo di composizione della crisi) previsto nella prima versione del CCII all’interno della disciplina dei procedimenti di allerta e di composizione assistita, avente il compito di coadiuvare il debitore nella individuazione delle misure idonee al superamento della crisi. 
[23] 
Su questa figura introdotta dal D.L. n. 118/2021, P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto facilitatore, in Ristruttuazioniaziendali.ilcaso.it, 30 settembre 2021; Id., Ruolo e funzioni dell’esperto facilitatore della composizione negoziata della crisi, in AA.VV., Manuale teorico-pratico della composizione negoziata della crisi di impresa, Napoli, 2023, 131 ss.; S. Bonfatti-R. Guidotti (a cura di), il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, Torino, 2022.
[24] 
Sui requisiti che le varie figure professionali che operano nell’ambito della crisi d’impresa devono possedere, C. Bauco-E. De Medio, I professionisti nella crisi d’impresa e nelle funzioni giudiziarie, Quaderno del CNDCEC, 14 maggio 2025. 
[25] 
Sul tema dei requisiti con riferimento all’esperto, in particolare: L. Calcagno, La figura dell’esperto, in Dirittodellacrisi.it, 22 gennaio 2022; G. B. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, in Dir.fall., 2024, I, 219 ss.; M. Ceschin- M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 10 aprile 2024. 
[26] 
Sull’indipendenza nelle sue varie articolazioni, G. Meo, G. Presti, Indipendenza? Dipende..., in Analisi giuridica dell’economia, 2022, 415 ss. 
[27] 
A. Solidoro, M. Bruno, Il professionista indipendente nel CCI: l’attestazione nel concordato preventivo e il ruolo del tribunale – parte II, in Rivista dei dottori commercialisti, fascicolo 2- 2020, pagine 271-284. 
[28] 
Su questo tema, lo studio di G. Alpa, Etica e responsabilità. Princìpi fondamentali della deontologia forense e società civile in Italia, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1/2011, 91 ss.
[29] 
R. Danovi, Il diritto degli altri. Storia della deontologia, Milano, 2021; F. Galgano, Deontologia forense e pluralità degli ordinamenti giuridici, in Contratto e impresa, 2011, 2, 287.
[30] 
Sul tema dei codici deontologici, G. Alpa e P. Zatti, Codici deontologici e autonomia privata, Quaderno del CNF, Milano, 2006. Sui codici deontologici in generale, v. anche F. Benatti, i codici deontologici come tutela essenziale del mercato, in Contratto e impresa, 2015, 278 ss. 
[31] 
Su etica e deontologia, si veda anche G. Visintini e S. Marotta (a cura di), Etica e deontologia giudiziaria, La scuola di Pitagora, 2013. 
[32] 
L. Salvato, Etica, deontologia e responsabilità nell’esercizio delle professioni giuridiche, Lectio magistralis tenuta il 12 aprile 2024 alla Universitas Mercatorum, Roma, in www.procuracassazione.it. 
[33] 
G. M. Cunningham, J. E. Harris, Enron and Arthur Andersen: the Case of the crooked E and the Fallen A, in Global Perspectives on Accounting Education, Volume 3, Cullowhee, NC: Western Carolina University, 2006, 27-48. 
[34] 
In alcuni ordinamenti (es. Germania, con l’Insolvenzverwalter), è molto sviluppata la dimensione fiduciaria, in cui la professionalità tecnica si accompagna a una forte responsabilità deontologica.
[35] 
C. Saint-Alary-Houin, Droit des entreprises en difficulté, LGDJ, Paris, 2021 (manuale di riferimento che illustra i procedimenti stragiudiziali francesi e le funzioni del mandataire ad hoc e del conciliateur); J.-P. LEGROS, Le rôle du conciliateur dans la prévention des difficultés des entreprises, in Revue des procédures collectives, 2019, p. 97 ss. (analisi approfondita del ruolo operativo e delle funzioni di mediazione del conciliateur). 
[36] 
S. Lubben, Corporate Reorganization and Professional Fees, in American Bankruptcy Law Journal, 2012, vol. 86, p. 43 ss. (analisi empirica sulle disclosure e sulla trasparenza dei professionisti nelle procedure di Chapter 11); J. S. Knoll, The Role of Investment Bankers in Chapter 11, in Cardozo Law Review, 1996, vol. 21, p. 381 ss. (studio classico sul ruolo dei financial advisors e sugli obblighi di disclosure nei confronti dei giudici e del mercato); Disclosures and Conflicts: The USTP’s Perspective on Professional Employment (U.S. Department of Justice, U.S. Trustee Program, 20 gennaio 2025) dove viene descritto come l’Office del Trustee sia attivo nel richiedere regole severe di disclosure nelle domande di impiego professionale (Sections 327 e 1103 del Bankruptcy Code), e come vengano sollevate obiezioni formali quando i financial advisors non espongono rapporti, connessioni o potenziali conflitti. 
[37] 
G. Savioli, Sub art. 356, in S. Bonfatti, Commentario al codice della crisi ecc., cit., 1240 ss.; D. Capezzera, Sub art. 358, in F. Di Marzio (diretto da), Codice della crisi ecc., cit., 1617; S. Pacchi, L’elenco degli esperti. I requisiti soggettivi per l’iscrizione. La formazione e l’esperienza professionale. La domanda di iscrizione all’elenco, in M. Monteleone (a cura di), Gli organi nel vigente codice della crisi d’impresa, Milano, 2023, 38 ss. 
[38] 
C. Saint-Alary-Houin, Droit des entreprises en difficulté, LGDJ, Paris, 2021, p. 87 ss. (sulla natura regolamentata delle professioni di administrateur judiciaire e mandataire judiciaire e sui requisiti di accesso tramite formazione, concorso e tirocinio); Conseil National Des Administrateurs Judiciaires Et Des Mandataires Judiciaires (CNAJMJ), Rapport annuel, Paris, vari anni (documenti istituzionali che illustrano la struttura della formazione iniziale e continua come requisito essenziale per l’esercizio della professione). 
[39] 
C. Thole, Die Auswahl des Insolvenzverwalters – Anforderungen der Rechtsprechung, in Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, 2018, p. 841 ss. (sull’assenza di un ordine professionale dedicato e sui criteri giurisprudenziali di nomina fondati su curriculum ed esperienza). 
[40] 
Le informazioni sono state tratte da https://www.superir.gob.cl/nueva-superintendencia-de-insolvencia-y-reemprendimiento-sir/. Sul sistema cileno, P. Carrasco Piñones, Evolución del Derecho concursal chileno, una nueva forma de prevenir y enfrentar crisis patrimoniales de empresas y personas naturales, Università di Siena, Osservatorio internazionale sul debito, Serie: Relazioni a convegni, Numero: 3/2020 (leggibile in: https://oid.wp.unisi.it/wp-content/uploads/sites/82/2020/02/Carrasco.pdf); D. Rodriguez Gutierrez, Procedimientos. 
Concursales de empresas y personas deudoras.Texto refundido de la Ley Nº 20.720 y la Ley Nº 21.563, Academia Judicial Chile, 2024, in https://academiajudicial.cl/wp-content/uploads/2022/03/DIS-MD-20-Procedimientos-concursales-Ley-20720_web.pdf. 
[41] 
Le informazioni sono state tratte da: https://www.supersociedades.gov.co. Sul diritto concorsuale colombiano, J.J. Rodríguez Espitia, Aproximación al derecho concursal colombiano, in REVIST@ eMercatoria Volumen 6, Número 2 (2007); R. Pereira Pereira, Derecho concursal, Rèegimen de insolvencia empresarial, Bogotà, 2015. 
[42] 
Informazioni tratte dal sito del Governo peruviano,www.gob.pe. Inoltre, cfr. E. Quintana, L.G. Puelles Olivera, M. Maravi’ Sumar, Análisis de las funciones del Indecopi a la luz de las decisiones de sus órganos resolutivos, Instituto Nacional de Defensa de la Competencia y de la Protección de la Propiedad Intelectual (Indecopi), Lima, 2013. 
[43] 
M. Rowat, J. Astigarraga, Latin American insolvency systems: A comparative assessment, Papers 433, World Bank, Washington D.C., 1999; D.R. Olivares- Caminal, G. Frigerio, Expedited Debt Restructuring in Latin America, Warwick School of Law, 2010 che esamina, in chiave comparata, le alternative extragiudiziali alla gestione della crisi d’impresa in America Latina, valorizzandone la convenienza e la prevedibilità in contesti di instabilità regionale. 
[44] 
Su questo tema, S. Zenati, I professionisti della crisi nella Direttiva (UE) 2019/1023: recepimento nella disciplina dell’albo del CCII e dell’elenco degli esperti di cui al D.L. 118/21, in Ilfallimentarista.it, 28 gennaio 2022.
[45] 
Uncitral- Guida legislativa Parti 1–2 (procedura ordinaria: insolvency representative) 
1. Requisiti di qualificazione: The insolvency law should specify the qualifications and qualities required for appointment as an insolvency representative, including integrity, independence, impartiality, requisite knowledge of relevant commercial law and experience in commercial and business matters.”  
2. Conflitto d’interessi e dichiarazione di indipendenza: The insolvency law should require the disclosure of a conflict of interest, a lack of independence or circumstances that may lead to a conflict of interest or lack of independence by: (a) A person proposed for appointment as an insolvency representative …”; “The insolvency law should specify that the obligation to disclose … should continue throughout the insolvency proceedings.”  
3. Nomina e remunerazione: “The insolvency law should establish a mechanism for selection and appointment of an insolvency representative.”; “The insolvency law should establish a mechanism for fixing the remuneration of the insolvency representative and establish priority for payment of that remuneration.”  
4. Compiti fondamentali: “The insolvency law should specify that the insolvency representative has an obligation to protect and preserve the assets of the estate”.  
5. Responsabilità, rimozione e sostituzione: “The insolvency law should specify the consequences of the insolvency representative’s failure to perform … duties …” ; “The insolvency law should establish the grounds and procedure for removal of the insolvency representative …”;  “In the event of the death, resignation or removal … the insolvency law should establish a mechanism for appointment of a replacement …” 
[46] 
UNCITRAL Legislative Guide on Insolvency Law, Part 5, recommendations 275–277
1. Ruolo dell’autorità competente e del professionista indipendente:“The insolvency law providing for a simplified insolvency regime should: (a) Clearly indicate the competent authority; … (b) Specify the functions of the competent authority and any independent professional used in the administration of simplified insolvency; and (c) Specify mechanisms for review and appeal of the decisions of the competent authority and any independent professional used in the administration of simplified insolvency proceedings.”  
2. “The insolvency law providing for a simplified insolvency regime should allow the competent authority to appoint one or more persons, including independent professionals, to assist it in the performance of its functions.” 
3. Attribuzione dei compiti tra autorità e professionista indipendente: “If the insolvency law providing for a simplified insolvency regime envisages the use of an independent professional in the administration of simplified insolvency proceedings, it should allocate the functions of the competent authority … between the competent authority and an independent professional. That law may provide for such allocation to be determined by the competent authority itself.” 
[47] 
Nei documenti della World Bank l’espressione utilizzata è insolvency representative, impiegata come termine tecnico neutro. In alcuni contesti, soprattutto di tradizione anglosassone, compare anche la formula insolvency practitioner, più vicina al lessico britannico e all’uso professionale corrente. Per il riferimento completo: World Bank, Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debtor Regimes, Washington D.C., World Bank Group, 2021, disponibile all’indirizzo: https://documents1.worldbank.org/curated/en/391341619072648570/pdf/Principles-for-Effective-Insolvency-and-Creditor-and-Debtor-Regimes.pdf 
[48] 
È uno strumento che raccoglie valutazioni sintetiche circa i progressi compiuti da un’economia nell’osservanza di una vasta gamma di standard e codici riconosciuti a livello internazionale.
[49] 
Sulla figura dell’esperto della composizione negoziata, ex multis, v. S. Pacchi, L’Esperto: un’ “alta” professionalità dinanzi alle trattative e alla gestione dell’impresa, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 24 dicembre 2022; S.; S. Vona, Sub art. 92, in A. Caiafa (a cura di) Commentario al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Napoli, 2024, 551; S. Boatto, Sub Art. 12, in S. Bonfatti, Codice della crisi d’impresa ecc., cit., 72 che sottolinea la derivazione dai considerando 30 e 31 e dagli artt. 2, 5 e 26 della Direttiva 2019/1023; S. Bonfatti, R. Guidotti, M. Tarabusi (a cura di), Il ruolo dell’Esperto nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa, Torino, 2023 che parlano di “nuova cultura dei rapporti tra protagonisti economici”; R. D’Alonzo, I compiti dell’esperto nella composizione negoziata, tra adempimenti e scadenze, in Dirittodellacrisi.it, 11gennaio 2024. 
[50] 
A. Martìn Torres, La figura del experto en la reestructuración en la Ley de reforma del Texto refundido de la Ley Concursal, in Revista General de Insolvencias & Reestructuraciones,2022, 213 ss.; P. Yanes Yanes, El “experto en la reestructuración”, in Revista Canaria de Derecho y Empresa, 2023, 672 ss.; J. Pulgar Ezquerra, El nombramiento necesario del experto en la reestructuración dos años después de la reforma, in Diario LA LEY, 11 marzo 2025; E. Recamán Graña – P. M. Leuze Espinosa, El rol del experto en la reestructuración. Debilidades de la transposición española, in Anuario de derecho concursal, n. 64, 2025, 2 ss. 
[51] 
P. Le Cannu – B. Dondero, Droit des entreprises en difficulté, Montchrestien, Paris, 12ª ed., 2023 (manuale sistematico che dedica ampio spazio all’administrateur judiciaire, al suo ruolo nella sauvegarde e nella continuità); D. Legeais, Droit des entreprises en difficulté, LGDJ, Paris, 10ª ed., 2022 (ricostruzione completa della disciplina francese dell’insolvency, con attenzione alle funzioni dell’administrateur nella sauvegarde e nel redressement judiciaire); C. Saint-Alary-Houin, Droit des entreprises en difficulté, LGDJ, Paris, 9ª ed., 2021 (analisi dogmatica del ruolo dell’administrateur, con focus sulla funzione di garante della continuità); J.-P. Legros, L’administrateur judiciaire: mandataire de justice et acteur de la restructuration, in Revue des procédures collectives, 2019, p. 85 ss. (articolo che sottolinea la trasformazione da organo liquidatorio a protagonista della ristrutturazione); P. Roussel Galle, L’administrateur judiciaire, chef d’orchestre de la sauvegarde, in Bulletin Joly Entreprises en difficulté, 2018, p. 233 ss. (sul ruolo centrale dell’administrateur nella predisposizione e negoziazione del piano); P. Théry, Les administrateurs judiciaires et les mandataires judiciaires: évolution de leur statut et de leurs missions, in Gazette du Palais, 2017, p. 112 ss. (ricostruzione evolutiva delle funzioni e del quadro normativo); H. Hovasse, La sauvegarde dix ans après: bilan et perspectives, in Revue des procédures collectives, 2015, p. 201 ss. (valutazione critica della sauvegarde e del ruolo proattivo dell’administrateur judiciaire). 
[52] 
H. Eidenmüller – A. Engert, Reforming German Insolvency Law: ESUG and the Shift to a Debtor-in-Possession Regime, in European Company and Financial Law Review, 2014, vol. 11, p. 167 ss. (analisi critica dell’ESUG e della centralità del Sachwalter nella nuova Eigenverwaltung); R. Bork – R. Van Zweten, Restructuring Law – European Perspectives, Oxford University Press, Oxford, 2022 (ampia ricostruzione comparata che illustra il modello tedesco di Schutzschirmverfahren e il ruolo del commissario indipendente); S. Hess – G. Fischer, SanInsFoG: Die neue Restrukturierungs- und Insolvenzpraxis in Deutschland, C.H. Beck, München, 2021 (commento sistematico alla riforma del 2021, con attenzione alle nuove condizioni di accesso alla Eigenverwaltung e ai poteri del Sachwalter); C. Thole, Die Eigenverwaltung nach dem SanInsFoG, in Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, 2021, p. 441 ss. (sul rafforzamento dei requisiti e sulla funzione di vigilanza del Sachwalter nella continuità aziendale); R. BORK – K. Van Zweten, Rescue of Business in Insolvency Law, Oxford University Press, Oxford, 2020 (ricognizione europea che dedica ampio spazio alla prassi tedesca del Schutzschirmverfahren); P. Mankowski, Schutzschirmverfahren und Eigenverwaltung nach ESUG – Bilanz und Ausblick, in Zeitschrift für Insolvenzrecht, 2015, p. 201 ss. (valutazione dei primi anni di applicazione della procedura di protezione). 
[53] 
Come documento istituzionale, L. Conway, Regulation of Insolvency Practitioners, della House of Commons Library, 15 febbraio 2023, che definisce l’IP come “An Insolvency Practitioner (IP) is an individual who is licenced and authorized to act in relation to an insolvent individual, partnership, or company. An IP must hold a licence and have: 1) Passed the insolvency examinations (JIEB exams); 2) Gained experience in insolvency work.; 3) Satisfied an authorising organisation (an RPB) that they are fit and proper to act as an IP”. In letteratura, B. Xie, Role of Insolvency Practitioners in the UK Pre-pack Administrations: Challenges and Control, in International Insolvency Review, 2012; P. Moffatt-R. Mason – M. Murray, Improving the regulation of insolvency practitioners in the UK and Australia, leggibile in https://irep.ntu.ac.uk/id/eprint/46829/1/1579398_Moffatt.pdf?utm_source=chatgpt.com. Sul ruolo degli IP nei nuovi strumenti di ristrutturazione, K. Van Zwieten, Mid-Crisis Restructuring Law Reform in the United Kingdom, in Eur Bus Org Law Rev, 2023. 
[54] 
D. G. Baird – R. K. Rasmussen, Chapter 11 at Twilight, in Stanford Law Review, 2002, vol. 56, p. 673 ss. (sul modello del debtor-in-possession e sulla centralità dei consulenti privati nella ristrutturazione); M. J. Roe – F. Tung – D. Skeel, Bankruptcy’s Cathedral, in Michigan Law Review, 2016, vol. 114, p. 2286 ss. (analisi sulla governance delle procedure di ristrutturazione e sul ruolo centrale degli advisor privati nel Chapter 11 contemporaneo); S. Lubben, Corporate Reorganization and Professional Fees, in American Bankruptcy Law Journal, 2012, vol. 86, p. 43 ss. (aggiornamento empirico sui compensi e sull’influenza degli studi legali e finanziari nel processo di riorganizzazione); D. A. Skeel, The Past, Present and Future of Debtor-in-Possession Financing, in Cardozo Law Review, 2011, vol. 33, p. 1139 ss. (sul finanziamento in Chapter 11 e sul ruolo dei professionisti nella negoziazione con i creditori); K. Van Zwieten, Restructuring Law: Recommendations from the American Chapter 11, in European Business Organization Law Review, 2017, vol. 18, p. 627 ss. (lettura comparata che sottolinea l’apporto degli advisor e dei turnaround managers come modello di riferimento europeo); E. Warren – J. L. Westbrook – K. Porter – J. Pottow, The Law of Debtors and Creditors, Wolters Kluwer, New York, 8ª ed., 2019, pp. 735 ss. (manuale aggiornato che descrive la centralità del debtor-in-possession e la costellazione di consulenti privati nel sistema statunitense); J. S. Knoll – G. G. Triantis, Bankruptcy and Investment Banking, in Business Lawyer, 2018, vol. 73, p. 961 ss. (sulla funzione degli investment bankers nelle grandi ristrutturazioni, con attenzione all’interazione con management e creditori). 
[55] 
D. Legeais, Droit des entreprises en difficulté, LGDJ, Paris, 10ª ed., 2022 (tratta in modo sistematico l’organizzazione corporativa degli administrateurs e dei mandataires e la loro formazione continua); P. Roussel Galle, L’administrateur judiciaire, chef d’orchestre de la sauvegarde, in Bulletin Joly Entreprises en difficulté, 2018, p. 233 ss. (sul ruolo attivo e centrale dell’administrateur nella ristrutturazione e sulla funzione corporativa della professione). 
[56] 
F. J. Alfaro Álvarez, La Ley de Concursos Mercantiles comentada, UNAM, México, 2020 (commentario alla legge del 2000, con capitolo specifico sul ruolo e funzionamento dell’IFECOM); J. Rojas Amandi, El Instituto Federal de Especialistas de Concursos Mercantiles (IFECOM): naturaleza y funciones, in Revista de Derecho Privado, 2018, p. 45 ss. (analisi giuridica sulla struttura pubblica dell’IFECOM e sui suoi poteri di accreditamento e disciplina); R. Martínez Rojas, Concursos mercantiles y reestructuración empresarial en México, Tirant lo Blanch, México, 2017 (ampia trattazione sul sistema concorsuale messicano, con focus sui professionisti e sull’IFECOM); A. Ríos Ruiz, Los especialistas en concursos mercantiles: independencia, responsabilidad y supervisión estatal, in Revista del Instituto de Investigaciones Jurídicas de la UNAM, 2016, p. 211 ss. (sulla funzione dei professionisti certificati e sull’attività di vigilanza esercitata dall’IFECOM). 
[57] 
UK PARLIAMENT, Regulation of Insolvency Practitioners (IPs) – Research Briefing, House of Commons Library, 2023 (documento istituzionale che illustra requisiti di autorizzazione, funzioni di vigilanza del Secretary of State e delle Recognised Professional Bodies come l’ICAEW); INSOLVENCY SERVICE, Review of the Regulatory Framework for Insolvency Practitioners: Consultation Report, 2021 (rapporto governativo che illustra il sistema di vigilanza sugli IP, il ruolo del Secretary of State e degli organismi professionali come l’ICAEW); J. M. Wood, Assessing the Effectiveness of the UK’s Insolvency Regulatory Framework at Deterring Insolvency Practitioners’ Opportunistic Behaviour, in International Insolvency Review, 2019, vol. 28, p. 221 ss. (valutazione empirica del sistema di vigilanza sugli IP e dei meccanismi disciplinari); B. Adebola, Insolvency Practitioner Regulation in England and Wales: Problems and Prospects, in Journal of Business Law, 2020, p. 451 ss. (analisi delle criticità del sistema attuale, con focus su requisiti di accesso e accountability). 
[58] 
OFFICE OF THE SUPERINTENDENT OF BANKRUPTCY (OSB), Licensed Insolvency Trustees: Licensing and Regulation, Government of Canada, 2023 (fonte istituzionale che chiarisce che i LITs sono gli unici professionisti autorizzati a gestire procedure di insolvenza in Canada e che l’OSB è responsabile della loro autorizzazione, vigilanza e disciplina); R. J. Wood, Bankruptcy and Insolvency Law in Canada, 6ª ed., Irwin Law, Toronto, 2021, p. 87 ss. (illustrazione del ruolo dell’OSB come autorità federale di regolazione e dei requisiti uniformi imposti ai Licensed Insolvency Trustees). 
[59] 
AUSTRALIAN SECURITIES AND INVESTMENTS COMMISSION (ASIC), Insolvency practitioners: Registered liquidators and their regulation, ASIC, 2023 (fonte ufficiale che illustra requisiti di registrazione, poteri di vigilanza e sanzioni disciplinari a carico dei liquidatori); A. Keay – J. Harris – D. Murray, Insolvency Law in Australia, 11ª ed., LexisNexis Butterworths, Sydney, 2022, p. 145 ss. 
[60] 
CNDCEC, Linee guida per l’iscrizione all’elenco degli esperti della composizione negoziata, Roma, 2022 (documento operativo che chiarisce requisiti e procedure di iscrizione); Ministero Della Giustizia, Relazione illustrativa al d.lgs. n. 136/2024, Roma, 2024 (sulle ragioni dell’istituzione dell’elenco nazionale dei gestori ex art. 356 CCII e sul superamento della frammentazione precedente). 
[61] 
INSOL INTERNATIONAL, Global Principles for Multi-Creditor Workouts, Londra, 2017 (linee guida di riferimento elaborate da INSOL per la gestione delle crisi transfrontaliere); CERIL, Conference on European Restructuring and Insolvency Law – Statements and Reports, 2016-2024, disponibile su <www.cerilnetwork.eu> (raccolta di position papers e dichiarazioni consultive rivolte a legislatori e operatori europei); INTERNATIONAL ASSOCIATION OF INSOLVENCY REGULATORS (IAIR), Annual Reports, vari anni, disponibile su <www.insolvencyreg.org> (documenti ufficiali che illustrano la missione dell’associazione e le attività di cooperazione istituzionale e tecnica). Per un commento, R. Bork – K. Van Zweten, The Rescue of Business in Insolvency Law, Oxford University Press, Oxford, 2020 (con attenzione al ruolo consultivo e scientifico di reti come CERIL nell’orientare il legislatore europeo); I. Mevorach, The Role of Soft Law in Cross-Border Insolvency and Restructuring, in Brooklyn Journal of International Law, 2019, vol. 44, p. 1129 ss. (analisi critica del contributo di organismi come INSOL nella creazione di standard condivisi in assenza di normativa uniforme). 
[62] 
UNCITRAL, Model Law on Cross-Border Insolvency with Guide to Enactment and Interpretation, United Nations, New York, 2014 (testo aggiornato della Model Law del 1997 con guida esplicativa per legislatori e giudici); UNCITRAL, Model Law on Enterprise Group Insolvency with Guide to Enactment, United Nations, New York, 2019 (dedicato alla gestione coordinata delle insolvenze di gruppi di imprese); UNCITRAL, UNCITRAL Model Law on Cross-Border Insolvency: The Judicial Perspective (updated 2022), United Nations, New York, 2022 (aggiornamento della prospettiva giudiziaria sull’applicazione della Model Law del 1997 nelle diverse giurisdizioni). 
[63] 
WORLD BANK, Principles for Effective Insolvency and Creditor/Debtor Regimes (ICR Principles), Washington D.C., 2021 (documento ufficiale che definisce standard minimi in materia di insolvenza, utilizzati come benchmark dal FMI e dai legislatori nazionali); WORLD BANK – IMF, The World Bank Principles and the UNCITRAL Legislative Guide on Insolvency Law: A Comparison, Washington D.C., 2011 (analisi comparativa tra i Principi della Banca Mondiale e la Guida legislativa UNCITRAL, con indicazioni sul loro impatto nelle riforme dei Paesi emergenti). 

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  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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