Saggio
Le “misure premiali” tributarie introdotte con il d.l. 24 agosto 2021, n. 118*
Gianluigi Bizioli, Ordinario di diritto tributario nell’Università degli studi di Bergamo
27 Gennaio 2022
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Sommario:
1 . Le nuove “misure premiali” contenute nell’articolo 14 del d.l. 24 agosto 2021, n. 118
1.1 . Gli interessi sui debiti tributari
1.3 . Disposizioni premiali in materia di imposizione diretta e indiretta
2 . Le agevolazioni fiscali alla luce dell’ordinamento italiano
3 . Le agevolazioni fiscali quali possibili “aiuti di Stato”
Salvo evidenziare l’ambito di applicazione di tale specifica disposizione (efficace dall’accettazione dell’incarico dell’esperto e fino alla conclusione della procedura di composizione della crisi), la misura premiale prevede che sui debiti tributari dell’imprenditore vengano applicati solo gli interessi legali (pari allo 0,01 per cento[1]), in luogo di quelli fiscali (che possono superare, in certi casi, anche il 4 per cento).
Ne consegue che fino all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto trova applicazione la misura ordinaria degli interessi che si applica anche “nel caso di successiva dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza”[2].
Il successivo comma 3 prevede, inoltre, una riduzione della metà degli interessi derivanti dai debiti tributari sorti “prima del deposito dell’istanza” di nomina dell’esperto indipendente[3] per la composizione della crisi. Più specificamente, gli interessi a tal fine rilevanti sono quelli riferiti ai debiti tributari oggetto della procedura di composizione della crisi conclusasi ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3, del Decreto: devono quindi escludersi dall’ambito di applicazione di tale agevolazione gli interessi riferiti ai debiti fiscali estranei a tale procedura.
In sintesi, il primo e il terzo comma dell’art. 14 del Decreto disciplinano alcune misure agevolative in materia di interessi sui debiti tributari: mentre il primo comma interviene sugli interessi che maturerebbero dal momento dell’accettazione dell’incarico dell’esperto, il terzo comma disciplina quelli sorti prima del deposito della domanda, ma comunque oggetto della procedura di risoluzione della crisi. Si evidenzia, tuttavia, come non sia stata prevista un’apposita regolamentazione degli eventuali interessi dovuti nel periodo intercorrente tra il deposito della domanda (di cui al comma 3 dell’art. 14 del Decreto) e l’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto (di cui al comma 1 del medesimo art. 14): in tal caso, quindi, troverà applicazione la disciplina ordinaria in materia di interessi applicabili ai debiti tributari.
Tale misura premiale sembrerebbe, dunque, riferirsi alle ipotesi previste dall’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in forza del quale “è ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo, pari ad un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso” avverso l’atto impositivo: una volta notificato tale atto, la società contribuente può, entro il termine di 60 giorni, liquidare le sole sanzioni nella misura pari a un terzo di quanto irrogato rinunciando alla loro impugnazione.
Ciò posto, alla luce dell’art, 14, comma 2, del Decreto, tale riduzione troverebbe applicazione laddove il termine per il pagamento agevolato delle sanzioni[4] scadesse dopo la presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto[5], a prescindere dall’effettivo momento di liquidazione del dovuto.
Sempre in merito, si consideri come l’art. 14, comma 3, del Decreto dispone che le sanzioni, riferibili a debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’art. 2 del Decreto e oggetto della procedura di composizione della crisi, siano ridotte della metà allorquando tale procedura si concluda ai sensi dell’articolo 11, commi 2 e 3, del Decreto.
Tale ultima ipotesi dovrebbe, pertanto, riferirsi ai casi di irrogazione delle sanzioni il cui termine per il pagamento nella loro misura ridotta scadesse anteriormente alla presentazione dell’istanza di cui all’art. 2 del Decreto. Nel caso inverso (allorquando il termine per il pagamento nella misura ridotta scadesse dopo la presentazione dell’istanza di cui all’art. 2 del Decreto), dovrebbe invece trovare applicazione il comma 2 dell’art. 14.
Anche in tal caso, laddove intervenisse la “successiva dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza, (...) le sanzioni sono dovute senza le riduzioni”[6] sopra indicate.
Per poter accedere a tale beneficio è necessario che la società interessata depositi presso l’Amministrazione finanziaria un’istanza di rateazione[9], che deve essere sottoscritta dal soggetto di cui all’art. 2 del Decreto quale “prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà” dell’impresa”[10]. Il mancato pagamento anche di una sola delle rate (ovvero in caso di successivo deposito del ricorso alla procedura di concordato preventivo, di dichiarazione di fallimento o di accertamento dello stato di insolvenza) produce il venir meno tale misura premiale.
Sotto un diverso profilo afferente la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, si osserva come l’art. 14, comma 5, del Decreto prevede che, una volta pubblicato nel Registro delle imprese il contratto con uno o più creditori o la convenzione di moratoria o l’accordo di ristrutturazione dei debiti (ex artt. 182-bis, 182-septies e 182-novies del R.D. 16 marzo 1942, n. 267), trovi applicazione l’articolo 88, comma 4-ter e l’articolo 101, comma 5, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (“TUIR”).
L’art. 88, comma 4-ter, del TUIR dispone l’irrilevanza (a determinate condizioni) delle sopravvenienze attive derivanti dalla “riduzione dei debiti dell’impresa” conseguenti a procedure “di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato”. Dunque, le differenze attive derivanti dalla procedura non concorrono alla formazione del reddito d’impresa del soggetto passivo.
Per quanto invece attiene all’articolo 101, comma 5, del TUIR, “le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili (...) in ogni caso (...) se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (...) o un piano attestato”[11].
Più precisamente, secondo parte della dottrina, le agevolazioni fiscali[13] – frequentemente – rappresentano degli incentivi assimilabili alle sovvenzioni in denaro[14] che influiscono sulla pretesa impositiva. Pertanto, con il termine agevolazione si dovrebbe far riferimento a tutte quelle previsioni volte a ridurre l’imposizione fiscale ordinariamente applicabile; ovvero, a tutti quelli schemi semplificati di applicazione del tributo[15], dettati da ragioni extrafiscali.
Quanto sopra consente di evidenziare come il requisito cardine delle agevolazioni fiscali[16] sia il carattere derogatorio (e più favorevole) dell’istituto che viene introdotto rispetto alla disciplina ordinariamente applicabile.
Ciò posto, è rilevante evidenziare il rapporto tra tali misure di favore e la Carta costituzionale, dovendo l’azione del Legislatore tributario conformarsi a quest’ultima.
Nel merito, si osserva come – nel tempo – si sia discusso sull’opportunità che le disposizioni agevolative (in quanto derogatorie rispetto al dovere costituzionale di concorrere alla spesa pubblica) dovessero trovare giustificazione in una disposizione diversa rispetto all’art. 53, comma1, della Costituzione.
Tuttavia, una parte della dottrina ha rivenuto proprio nell’art. 53 la giustificazione costituzionale delle agevolazioni fiscali: tali misure, infatti, sono costituzionalmente legittime solo nella misura in cui trovino applicazione in riferimento a fattispecie di ridotta capacità contributiva[17].
Tutto ciò detto, le “misure premiali” descritte supra sarebbero coerenti con la Carta costituzionale, sia nella prospettiva di favorire un preciso interesse costituzionale, quello dell’iniziativa economica privata (art. 42 della Costituzione), sia nell’ottica di una diminuita capacità contributiva rinvenibile in capo alle imprese “in crisi”.
Nell’ambito dell’Unione europea, infatti, le misure di favore vengono qualificate – salvo le precisazioni che verranno svolte – come possibili forme di “aiuti di Stato”, vietate dagli articoli 107 ss del TFUE.
Al fine di valutarne la compatibilità con l’ordinamento dell’Unione Europea (“UE”), è – pertanto – necessario verificare se le misure nazionali possano in concreto alterare la libera concorrenza garantita in seno all’Unione: sono, perciò, incompatibili con il diritto UE tutte quelle misure nazionali che favoriscono specifici settori economici a discapito degli altri, senza che sussista una valida ragione compatibile con gli obiettivi perseguiti dall’UE.
Sebbene piuttosto generico, la posizione della Corte di Giustizia UE prevede che “[l]a qualificazione di una misura fiscale nazionale come «selettiva» presuppone, in un primo momento, l’identificazione e il previo esame del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, si deve valutare e accertare, a fronte di tale regime tributario ordinario o «normale», l’eventuale selettività del vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata dimostrando che quest’ultima deroga a tale regime ordinario, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione fattuale e giuridica analoga”[18].
In questo senso, la selettività materiale di una misura nazionale deve essere valutata in ragione della deroga rispetto al trattamento ordinario (o normale), che presuppone altresì la similarità delle situazioni considerate, e l’assenza di alcuna giustificazione che legittimi il differente trattamento.
Ebbene, quanto sopra brevemente esposto consente di formulare alcune riflessioni in merito alla conformità, rispetto all’ordinamento UE, delle misure premiali introdotte con il Decreto.
In primo luogo, si deve rilevare che la situazione di un’impresa “in crisi” non può essere equiparata a quella di una in gestione ordinaria. La prima, infatti, soffre di una carenza di liquidità che ne mette in dubbio la sussistenza stessa. Si consideri che tali nuove misure difficilmente potranno avere l’effetto di “rafforzare” alcune imprese a discapito di altre: infatti, le prime si trovano in uno stato di crisi economica e conseguentemente l’intervento agevolativo (comunque marginale, non intervenendo sul regime impositivo tout court) dovrebbe risultare inadatto ad alterare la libera concorrenza all’interno dell’UE.
In secondo luogo, si consideri la natura delle misure premiali: il regime agevolativo derogatorio coinvolge soprattutto la disciplina sanzionatoria e degli interessi derivanti da debiti tributari, ampliando inoltre l’applicazione di talune disposizioni di carattere generale già previste per le imprese in crisi anche alle ipotesi trattate nel Decreto. Le uniche deroghe che vengono introdotte non attengono al regime impositivo applicabile, bensì ad alcuni aspetti accessori all’imposizione e come tali – forse – non idonee ad alterare la concorrenza.
Inoltre, si evidenzia come le misure ivi previste siano accessibili a tutte le società che, avendo i requisiti previsti dal Decreto, ne facciano richiesta: la misura di favore non pare – pertanto – determinare un trattamento “selettivo” (tra imprese che si trovano nelle medesime condizioni) rilevante a tali fini.
Infine, un ulteriore profilo afferisce alla proporzionalità e coerenza delle misure premiali di cui trattasi: trattandosi di agevolazioni afferenti il piano sanzionatorio, gli interessi sui debiti tributari, la riscossione e la rilevanza fiscale di alcuni elementi del reddito, è possibile concludere che sussistano i requisiti della “proporzionalità” e della “coerenza”, necessari a rendere la misura compatibile con l’ordinamento UE. Infatti, non solo non comporta uno stravolgimento del regime fiscale tradizionalmente applicabile, ma le misure premiali appaiono coerenti rispetto all’ordinamento italiano e ai suoi principi costituzionali sopra analizzati.
Note: