Per evitare che la dualità del rapporto imprenditore/esperto diventi un ossimoro, il d.l. 118 disciplina partitamente alcuni aspetti riguardanti il rapporto tra l’imprenditore e l’esperto, imponendo precisi doveri.
Ove risulti nel corso della composizione negoziata che l’impresa è insolvente ma sussistono concrete prospettive di risanamento, l’impresa deve essere gestita nel prevalente interesse dei creditori (art. 9, comma 1, secondo periodo). A tal riguardo il Decreto dirigenziale precisa che (articolo 7.5) “non vi è di norma pregiudizio per la sostenibilità economico-finanziaria quando nel corso della composizione negoziata ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori, derivanti, secondo una ragionevole valutazione prognostica, dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono). Con le trattative in corso e ancora sussistendo concrete prospettive di risanamento, la gestione, in caso di insolvenza, dovrà avvenire nel prevalente interesse dei creditori.”
L’imprenditore dovrà dunque agire in un’ottica conservativa: si tratta pertanto dello stesso dovere già vigente in presenza di una causa di scioglimento della società (artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2484 c.c.).
Il comma 2 dell’art. 9 dispone che l’imprenditore debba informare preventivamente l’esperto del compimento di atti di straordinaria amministrazione, nonché dell’esecuzione di pagamenti che non siano coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento. Sul punto il Decreto dirigenziale precisa (articolo 7.2) che “è opportuno che l’esperto, nel corso del primo incontro, faccia presente all’imprenditore che, con preavviso adeguato, deve informarlo preventivamente per iscritto e tramite la Piattaforma Telematica quando intenda porre in essere atti di straordinaria amministrazione e tutte le volte che i pagamenti che intende eseguire possano non risultare coerenti con l’andamento delle trattative e le prospettive di risanamento. A tal fine è opportuno che l’esperto indichi i tempi in cui l’informativa dovrà intervenire”.
A) Gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione che necessitano di preventiva comunicazione all’esperto da parte dell’imprenditore sono elencati, ancorchè in via soltanto esemplificativa, nel Decreto dirigenziale (Sez. III, articolo 7.3): le operazioni sul capitale sociale e sull’azienda; la concessione di garanzie; i pagamenti anticipati delle forniture; la cessione pro soluto di crediti; l’erogazione di finanziamenti a favore di terzi e di parti correlate; la rinunzia alle liti e le transazioni; le ricognizioni di diritti di terzi; il consenso alla cancellazione di ipoteche e la restituzione di pegni; l’effettuazione di significativi investimenti; i rimborsi di finanziamenti ai soci o a parti correlate; la creazione di patrimoni destinati e forme di segregazione del patrimonio in generale; gli atti dispositivi in genere.
Visto che quello portato dal Decreto dirigenziale è un elenco esemplificativo, e non esaustivo, qualche considerazione in merito pare opportuna. In generale, come noto, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione sono quelli che modificano o alterano la consistenza del patrimonio su cui incidono. In particolare, in tema di crisi d’impresa il perimetro degli atti di straordinaria amministrazione è stato precisamente delimitato dalla giurisprudenza: sono gli atti idonei ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determinano la riduzione ovvero lo gravano di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti su questi.[14]
Costituiscono invece atti di ordinaria gestione dell’azienda quelli strettamente aderenti alle finalità e alle dimensioni del suo patrimonio, che - ancorché comportanti una spesa elevata - lo migliorino o anche solo lo conservino, nonché quelli relativi alla prosecuzione dei rapporti negoziali pendenti, ove inerenti alla gestione caratteristica dell’impresa e non incidenti in modo innovativo sul suo patrimonio.[15]
Pertanto, la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione dovrà essere valutata di volta in volta, alla luce dell’attività concretamente svolta dall’impresa, della sua dimensione, della natura dell’atto e della sua incidenza sul patrimonio aziendale. In ogni caso, anche alla luce dell’applicazione di tale concetto nelle procedure, per esempio nei concordati preventivi, laddove la consuetudine di richiedere autorizzazioni ex art. 161 settimo comma l.f. è oramai divenuta di ampia latitudine, nonché del rapporto virtuoso e collaborativo tra debitore ed esperto auspicato dal legislatore, sarà buona prassi che l’imprenditore, laddove incerto sulla natura dell’atto che intende porre in essere, non esiti a notiziare prontamente l’esperto di tale atto.
B) Anche riguardo i pagamenti la loro “non coerenza” andrà valutata caso per caso, in relazione sia allo stato delle negoziazioni in essere con i creditori, sia alle concrete possibilità di risanamento dell’impresa e quindi di uscita dallo stato di crisi della stessa. Tale clausola, assai generica, rischia di portare a difficolta applicative di non poco momento: per esempio in tema di pagamento dei crediti indifferibili o dei creditori c.d. “strategici” (che poi risultano due facce della stessa medaglia), laddove si potranno prevedibilmente registrare visioni differenti tra l’imprenditore (per il quale spesso tutto è urgente e indifferibile) e l’esperto, che sarà normalmente portato a valutare in un’ottica più prudenziale i pagamenti necessari per la gestione dell’impresa e coerenti con le trattative in corso e le prospettive di risanamento.
Cercando di risolvere a monte i problemi, il Decreto dirigenziale – con uno sforzo apprezzabile e di non poco momento - suggerisce (Sez. III, articolo 7.4) “di fare particolare attenzione ai pagamenti diversi dai seguenti: il pagamento di retribuzioni a dipendenti; il pagamento di provvigioni ad agenti e di compensi a collaboratori coordinati e continuativi; il pagamento di debiti fiscali e contributivi; il pagamento di debiti commerciali, nei confronti di coloro che non siano parti correlate, e comunque nei termini d’uso o se finalizzati a non pregiudicare il ciclo degli approvvigionamenti di beni o servizi; il pagamento di rate di mutuo e canoni di leasing alle scadenze contrattuali, quando non sia in essere una moratoria dei pagamenti; tutte le ipotesi in cui il mancato pagamento determini la perdita del beneficio del termine in caso di rateazione.” I pagamenti non ricompresi in tale elenco, quindi, potenzialmente possono essere non coerenti – in virtù di una specie di presunzione legale – e devono valutati con particolare attenzione dall’imprenditore e, quindi, anche dall’esperto.
In ogni caso è certamente auspicabile che l’imprenditore coinvolga ab ovo i propri consulenti nel rapporto con l’esperto, per instaurare una fattiva interlocuzione volta ad evitare da un lato il compimento di atti non consentiti dalla norma, dall’altro le relative conseguenti responsabilità. Difficile, anche per tale verso, ipotizzare per il debitore l’accesso ad una composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa senza l’assistenza di un professionista di fiducia durante tutto il “percorso” della composizione negoziata.