Il legislatore che ha tracciato le linee della nuova misura dimostra di conoscere perfettamente l’attuale stato dell’arte, e prende in più ipotesi direttamente in considerazione la peculiare figura delle banche e degli intermediari finanziari.
Il legislatore manifesta la piena consapevolezza di come molto del successo della composizione negoziata si giochi sul comportamento dei “grandi” creditori, che nella più parte dei casi son il fisco e gli intermediari finanziari; e si avverte, ancora, la conoscenza dello stato dell’arte, che nella prassi vede assai spesso il naufragio di ogni tentativo di salvezza alla luce dei comportamenti di questi grandi creditori. Quando la crisi morde le piccole e medie imprese, assai spesso, si avverte quasi un certo disinteresse nel trattare le posizioni a rischio con soluzioni concordate; i tempi delle risposte, inoltre, sono spesso troppo lunghi, e talvolta è addirittura difficile individuare o avere assegnato un interlocutore all’interno dell’istituto di credito. Le policy interne degli istituti, peraltro, necessitano spesso una serie di passaggi per ottenere una autorizzazione alla transazione assai complessi con esiti incerti e raramente tempestivi. Gli istituti di credito, nelle ipotesi di percezione della crisi, spesso tendono solo a ridurre immediatamente i rischi (frequenti le riduzioni, sospensioni o revoche degli affidamenti), non sono interessati a valutare ipotesi di nuove soluzioni, e questo mette in croce l’impresa in difficoltà, che sa che avvertendo pur tempestivamente di una situazione di anche solo potenziale futura difficoltà vedrà sovente solo il tentativo dell’istituto di disimpegnarsi il prima possibile dalla partita, minimizzando per quanto possibile le perdite. Un comportamento, naturalmente, che non aiuta, ed anzi spinge l’impresa a non rivelare all’esterno la necessità di forti correttivi; il rischio è il “cordone sanitario”, la riduzione, sospensione o revoca degli affidamenti, se non addirittura dei conti.
Evidente, infine, come il tentativo di aggredire tempestivamente la crisi, proprio del decreto legge in commento, si scontri frontalmente con questo modo di procedere del settore bancario; quindi, o si cambia l’atteggiamento degli intermediari del credito, o, francamente, la possibilità di successo del nuovo istituto saranno segnate in partenza.
Il decreto legge, in effetti, interviene con determinazione; la figura dell’esperto appare fondamentale proprio nei confronti degli intermediari del credito. È un soggetto terzo, non è scelto dal debitore, assolve un ruolo istituzionale, potrà così garantire l’istituto di credito nella trattativa (provvedendo, tra l’altro, a determinare l’archiviazione della istanza tutte le volte in cui non esistano prospettive ragionevoli[7], così limitando le trattative alle sole ipotesi che possano essere assistite da chances di successo); e, tra l’altro, consentire alla banca se del caso anche di fornire nuovi finanziamenti senza incorrere nel rischio domani della concessione abusiva del credito[8]. Sono previsti poi efficaci e tempestivi strumenti, soggetti ad autorizzazioni giudiziali, che consentono la concessioni di finanziamenti in prededuzione.
Inoltre, l’introduzione da parte dell’impresa in difficoltà del meccanismo della composizione negoziata comporta espressamente il divieto da parte anche degli istituti di credito di interrompere taluni rapporti in corso[9], neanche in ipotesi di maturato inadempimento[10]; la composizione negoziata, dunque, consente di proporre soluzioni negoziali tese a superare le difficoltà senza che questo tentativo comporti altrimenti, praticamente in automatico, un aggravamento della situazione della impresa alla luce delle tattiche immediate degli intermediari del credito (che potranno così attendere la rapida preparazione e presentazione di un piano industriale o altro, e valutare con attenzione le prospettive).
La consapevolezza della necessità di pretendere un radicale cambiamento di registro degli intermediari del credito è poi dimostrata dall’inequivoco disposto di cui ai comma 6 dell’art. 4; al generale onere di partecipazione e trasparenza richiesto dal IV comma a tutti i creditori (onerati dalla necessità di risposte tempestive e motivate), si aggiunge espressamente “Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato…”.
Ed, ancora, nella Relazione Illustrativa, si avvertono gli intermediari del credito delle possibilità di conseguenze ulteriori in ipotesi in cui il comportamento (omissivo ingiustificato o non corretto) degli intermediari provochi un fallimento altrimenti evitabile.
Davvero, il decreto legge ha dunque spiegato una pletora di strumenti per indurre nel ceto bancario un drastico cambiamento di registro. Anche in questa ipotesi, tuttavia, è giusto chiedersi se il risultato sarà quello auspicato; ed il rischio che così non sia è francamente altissimo. E determinerebbe l’insuccesso della figura della composizione negoziata.
È certo vero, infine, che è estremamente difficile cambiare solo per legge un radicato comune sentire. Ed è più che comprensibile che il legislatore non voglia con decreto legge comunque spingersi fino a comprimere in via assoluta il diritto del creditore nello scegliere liberamente la migliore via per la tutela del proprio credito, che rimane un diritto il cui esercizio è riservato al creditore, senza generali supplenze di terzi, anche se al fine di favorire la salvezza della impresa in crisi[11].
E, tuttavia, non ci si può arrendere, anche in considerazione della possibilità, in sede di conversione, di introdurre ulteriori elementi tesi a incentivare un ruolo attivo degli istituti di credito e comunque di salvaguardare le potenzialità della composizione negoziata della crisi di impresa.
Ad esempio, quanto all’istituto della composizione negoziata, l’art. 10 prevede che, nel concorrere di determinate circostanze e previa autorizzazione giudiziale, il tribunale possa procedere ad una rideterminazione equitativa dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita[12]. Riterrei che sarebbe coerente con la finalità del decreto legge aggiungere espressamente tra i contratti che possono essere oggetto di rideterminazione equitativa anche il mutuo (così da allungarne, ad esempio, la durata[13]).
In ambito più generale, si tratta, infine, di rivalutare con attenzione se non sia necessario ipotizzare un intervento più incisivo almeno quando gli intermediari adottino un comportamento contrario a trasparenza e lealtà, non partecipando alle trattative con l’esperto, o mantenendo una partecipazione solo formale, o assumendo determinazioni contrarie senza rispettare l’imposto obbligo di motivazione (che deve naturalmente essere inteso in via sostanziale). In queste ipotesi, l’istituto creditizio non rispetta un onere oggi espressamente imposto per legge (art. 4, comma 4 e 6), e si deve ipotizzare di potere reagire in via davvero efficace, ad esempio consentendo all’imprenditore al termine della procedura di depositare un accordo ex art. 11 chiedendo al tribunale, assistito dalla relazione dell’esperto, di sostituirsi all’istituto di credito formalmente o sostanzialmente assente nel giudizio sulla proposta di accordo con l’istituto, assumendo come metro di valutazione pur sempre esclusivamente l’interesse del creditore nel ricevere un trattamento migliore rispetto alle altre ipotesi in astratto praticabili.
È un passo importante, innovativo, ma necessario e giustificato.
Voglio dire, in linea con quanto assunto nelle premesse di questo breve contributo, si tratta di introdurre in sede di conversione una modifica tuttavia assolutamente coerente con gli intenti, le finalità, i limiti che il decreto legge ha assunto a riferimento.
Non si giunge fino a valorizzare, nel contemperamento degli interessi, le pur certo esistenti autonome ragioni a favore della salvezza della impresa come prevalenti rispetto agli interessi dei creditori; semplicemente, si introduce una regola (paradossalmente peraltro favorevole negli effetti anche al creditore bancario[14]) che individua una soluzione efficace per ottenere il rispetto della nuova previsione legislativa.
Questa soluzione potrebbe rappresentare la svolta tanto auspicata, e un ulteriore impulso per una partecipazione attiva e ragionata.