Loading…

Saggio

I principi unificanti nei trasferimenti di valore nelle diverse soluzioni della crisi*

Giacomo D’Attorre, Ordinario di diritto commerciale nell'Università del Molise

3 Giugno 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
**Lo scritto riproduce, con l’aggiunta di note essenziali, la relazione tenuta al Convegno organizzato da Diritto della Crisi a Pietrasanta (Lu) in data 9-10 maggio 2025, dal titolo “I trasferimenti di valore negli scenari di crisi dell’impresa”.
Lo scritto esamina i principi generali operanti nei trasferimenti di valore, valutandone il contenuto, la funzione ed il potenziale conflitto tra gli stessi. All’esito del percorso argomentativo, l’Autore propone di evitare ogni forma di assolutizzazione dei principi, che vanno considerati come mere regole tecniche di governo della liquidazione e che, come tali, trovano applicazione se e nella misura in cui siano funzionali alla tutela degli interessi di cui sono espressione.
Riproduzione riservata
1 . Premessa
L’esame dei principi unificanti nei trasferimenti di valore nelle diverse soluzioni della crisi costituisce un compito ambizioso, forse troppo, che richiede una preliminare delimitazione del campo di indagine.
Va, anzitutto, identificata correttamente la locuzione “trasferimenti di valore”, che può assumere quantomeno tre diversi significati. 
In primo luogo, possiamo fare riferimento ai trasferimenti di valore “in senso stretto”, quale attività di monetizzazione dell’attivo del debitore, attuata mediante il trasferimento a terzi dei beni e dei diritti di proprietà del debitore contro un corrispettivo monetario da ripartire poi tra i creditori.
In secondo luogo, possiamo fare riferimento ad una nozione più ampia dei trasferimenti di valore, identificativa di ogni forma di trasferimento di beni o diritti di proprietà del debitore a terzi o direttamente agli stessi creditori, anche senza un diretto corrispettivo monetario, ma sempre in funzione della soddisfazione dei creditori. Si pensi all’assuntoria nei concordati, dove l’intero patrimonio del debitore viene trasferito all’assuntore a fronte non già di un prezzo, ma dell’accollo, liberatorio o cumulativo, dei debiti, oppure all’attribuzione di valori non monetari (quote o sfp) ai creditori, dove si attua una soddisfazione dei creditori non preceduta dalla monetizzazione.
In terzo luogo, possiamo intendere i trasferimenti di valore in senso diverso, come identificativi di ogni fenomeno di passaggio di valori da un soggetto, o categorie/classi di soggetti, ad un altro soggetto, o altre categorie/classi di soggetti, nell’ambito o in esecuzione delle procedure, strumenti e percorsi del diritto della crisi (procedure, strumenti e percorsi che di seguito, per semplicità, definirò collettivamente con la formula atecnica, ma sintetica, di “strumenti di gestione della crisi”). In questa fattispecie rientra, evidentemente, anche la disciplina della distribuzione del valore tra creditori, così come tra creditori e soci, negli strumenti negoziali di regolazione della crisi. 
Per ragioni di spazio, si tratteranno solo le prime due fattispecie, essendo peraltro troppo diverse le regole ed i principi che governano la terza.
Una breve premessa è necessaria anche in riferimento alla nozione dei “principi unificanti”. Non è questa la sede per occuparsi della definizione dei principi, né per delimitare i confini degli stessi, soprattutto con riferimento alle clausole generali[1]. E nemmeno si può indugiare sulla distinzione tra principi espressi, enunciati in specifiche disposizioni normative, e principi “inespressi”, costruiti in via interpretativa a partire dalle norme di dettaglio. Si tratta di una ripartizione che in larga parte (ma non in modo pieno) corrisponde alle due diverse tecniche di approccio ai principi: la tecnica “deduttiva”, che partendo dalle disposizioni generali contenute nei testi normativi, si interroga sulle potenzialità applicative ed interpretative del principio sui singoli settori dell’ordinamento; la tecnica “induttiva”, che desume i principi attraverso un procedimento di generalizzazione da norme particolari del sistema. La distinzione tra principi espressi ed inespressi, tuttavia, rileva a livello di procedimento formativo, senza che da questo possano trarsi ulteriori elementi distintivi in punto di funzione, che rimane la stessa per ambedue. 
E proprio sulla funzione bisogna soffermarsi. Come noto, i principi generali svolgono tre funzioni: interpretativa, ossia orientata a guidare l’interpretazione di norme particolari; integrativa, in quanto finalizzata a colmare lacune dell’ordinamento; normativa, perché diretta a fissare norme, dirette o indirette, di disciplina della condotta. Anche nei trasferimenti di valore i principi assolvono a queste tre funzioni, con una prevalenza di quella integrativa, come vedremo. Funzione integrativa che non è preclusa dalla loro natura meramente settoriale[2], che sembrerebbe differenziarli dai “principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” ai quali l’art. 12 disp. att. c.c. fa riferimento, perché nel sistema attuale è ormai irrealistico pensare di individuare principi generali validi per l’intero ordinamento, dovendo “acconciarsi a concepire anche i principi generali in chiave settoriale”[3].
2 . Il principio di competitività
Il primo principio (e preciso subito che l’ordine non segue un criterio gerarchico ma risponde solo ad esigenze espositive) è quello della competitività[4], che può essere ricostruito a livello di interpretativo partendo dalle plurime norme di dettaglio che lo prevedono con riferimento alla massima parte degli strumenti di gestione della crisi[5]. Si tratta, allo stato, di un principio “domestico”, ma che presto potrebbe diventare un principio anche di provenienza unionale[6], nel caso in cui venga approvata la Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell'insolvenza, che sottopone la procedura di pre-pack al rispetto di stringenti regole competitive[7]. 
Le modalità attuative del principio della competitività possono divergere in base alla procedura, strumento o percorso in cui avviene la liquidazione e tenere conto anche delle circostanze del caso concreto, potendo declinarsi con modalità più strutturate e procedimentalizzate o con modalità più flessibili ed agili, ma deve sempre essere assicurato il rispetto del nucleo essenziale della competitività[8], rappresentato dalla concessione a tutti i potenziali interessati[9] dell’effettiva possibilità di partecipare alla procedura di vendita o di liquidazione in condizioni di parità[10] e dalla selezione dell’aggiudicatario/acquirente sulla base di criteri definiti in anticipo, conoscibili da parte degli interessati e non modificabili[11]. Nucleo essenziale che, in termini sintetici, è rappresentato dall’apertura al mercato. 
La grande ampiezza del campo di applicazione del principio di competitività costituisce il riflesso della funzione dello stesso, diretto, per un verso, a tutelare l’interesse dei creditori, mediante la massimizzazione del ricavato della vendita che l’apertura al mercato dovrebbe tendenzialmente assicurare, e, per altro verso, ad assicurare l’efficienza allocativa nella liquidazione, consentendo di destinare gli assets dell’impresa in crisi o in insolvenza a coloro che attribuiscono loro il maggior valore. La competitività, inoltre, ha la finalità di evitare la violazione dei doveri di agency da parte di chi decide sulla liquidazione, essendo la liquidazione la classica situazione in cui gli interessi dell'agente (organo della procedura o debitore) possono divergere da quelli del principale (i creditori) e l’agente può agire opportunisticamente a proprio vantaggio. 
La competitività, tuttavia, non è un principio inderogabile e non risponde ad esigenze di ordine etico, ma rappresenta una regola tecnica di governo delle modalità di liquidazione, che trova applicazione se e nella misura in cui sia ritenuta funzionale alla tutela degli interessi cui è preordinata. Ad evitare equivoci, affermare che la competitività non sia un principio inderogabile non vuole negare il carattere imperativo della stessa[12], con i riflessi che questo comporta in caso di violazione, ma significa sottolineare che il suo campo di applicazione non è illimitato, potendoci essere vicende di trasferimento di valore alle quali non è applicabile la competitività. Per dirla in termini più essenziali, la competitività ha carattere imperativo quando opera, ma non opera sempre. 
Troviamo conferma di questo carattere strumentale e funzionale della competitività nelle deroghe espresse che sono previste al suo operare. Si pensi alla possibilità nel concordato preventivo che il Tribunale autorizzi la vendita dell’azienda o di rami di essa senza far luogo a pubblicità e alle procedure competitive quando può essere compromesso irreparabilmente l’interesse dei creditori al miglior soddisfacimento (art. 94, comma 6, CCII), oppure al subentro del curatore nel contratto preliminare e successiva stipula del contratto definitivo (art. 173 CCII)[13], o, ancora, alle assegnazioni di beni o diritti quali modalità di soddisfazione di specifiche classi di creditori nei concordati. 
Altre deroghe alla competitività sono pacificamente riconosciute dalla giurisprudenza. Anche qui gli esempi sono diversi e possiamo ricordare i trasferimenti del patrimonio del debitore nei concordati, preventivi o di liquidazione, con assuntoria[14] ed i trasferimenti di beni e diritti che avvengono in esecuzione di accordi transattivi nella liquidazione giudiziale[15]. 
Le ragioni alla base di ciascuna di queste ipotesi di esclusione sono specifiche e divergono le une dalle altre. Quel che qui interessa ai fini del discorso in esame è che la competitività è un principio, ma non va assolutizzato[16], perché non risponde a criteri etici, ma assolve una funzione ed opera nei limiti in cui il suo utilizzo sia ritenuto strumentale a tale funzione. 
3 . (Segue) La funzione integrativa del principio di competitività ed i suoi limiti
Il riconoscimento della competitività quale principio nei trasferimenti di valore e, allo stesso tempo, la relativizzazione dello stesso, privato di ogni carattere di assolutezza, ma visto quale regola tecnica, consente di affrontare su basi più salde un duplice compito. 
Per un verso, si deve verificare se, ed entro quali limiti, la competitività possa svolgere una funzione integrativa nelle fattispecie in cui non è espressamente prevista o richiamata, valutando se il mancato richiamo rappresenti una lacuna, da colmare attraverso l’analogia juris, mediante il principio generale di competitività, o sia invece una scelta consapevole e volontaria del legislatore, che impedisce l’operare integrativo del principio generale. 
Per altro verso, vanno esaminati possibili ipotesi ulteriori di deroghe all’operare della competitività anche in relazione a fattispecie nelle quali la stessa è espressamente prevista, laddove le deroghe siano, per ipotesi, ritenute funzionali alla tutela di interessi che potrebbero essere pregiudicati dall’operare del principio. 
Con riferimento al primo profilo, e per testare in qualche modo l’utilità ermeneutica della funzione integrativa del principio di competitività, l’indagine può svolgersi con riferimento a tre fattispecie nelle quali manca del tutto o in parte un richiamo alla competitività nella disciplina della liquidazione dei beni. 
Il primo esempio è rappresentato dagli accordi di ristrutturazione dei debiti. Anche se gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono certamente strumenti di regolazione della crisi e, secondo l’opinione prevalente, quantomeno in giurisprudenza, anche procedure concorsuali, non è previsto la competitività con riferimento alle vendite che avvengono nell’ambito nel procedimento per l’omologazione o in esecuzione del piano sottostante agli accordi. A mio avviso, il mancato richiamo alla competitività non rappresenta una lacuna, ma una precisa e consapevole scelta legislativa. Questo non tanto perché negli accordi di ristrutturazione dei debiti il debitore non è soggetto a forme di spossessamento[17], considerato che la disciplina della vendita autorizzata dell’azienda in composizione negoziata, così, come quella delle vendite effettuate dal debitore nella fase esecutiva della ristrutturazione dei debiti del consumatore e del concordato minore (artt. 71, comma 1, CCII e 81, comma 1, CCII)[18], dimostrano che vi può essere competitività senza spossessamento. La ragione principale dell’esclusione è diversa. La vendita, per beneficiare dell’effetto protettivo, deve essere prevista nel piano, con una duplice conseguenza: i creditori aderenti accettano individualmente le previsioni del piano e, quindi, anche il ricavato stimato della vendita, mentre per i creditori estranei è previsto il pagamento integrale, così da essere indifferenti al ricavato maggiore o minore delle vendite. In altri termini, nelle vendite negli accordi di ristrutturazione dei debiti non si pone un problema di agency, in quanto, anche se la vendita avviene per un ricavato inferiore rispetto a quello massimo conseguibile, il pregiudizio è subito dallo stesso debitore e dai creditori aderenti, che hanno accettato quel ricavato. 
Più complesso è giustificare l’assenza della competitività negli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, ma anche qui, a ben vedere, il mancato richiamo alla competitività non costituisce una lacuna. Vero è che i creditori non aderenti cui vengono estesi gli effetti sono tutelati nei soli limiti dell’assenza di pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, così che potrebbero ben avere un interesse a massimizzare il ricavato della vendita. Tuttavia, proprio perché la vendita deve essere prevista nel piano ed il piano deve dimostrare l’assenza di pregiudizio, tendenzialmente il piano dovrebbe prevedere un ricavato non inferiore a quello che sarebbe stato conseguito nella liquidazione giudiziale attraverso le procedure competitive, così che la competitività viene a svolgere comunque una funzione, non quale regola direttamente applicabile alle vendite negli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, ma quale termine di comparazione del ricavato minimo delle vendite stesse. 
Un secondo esempio è rappresentato dal piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, nel quale la competitività è richiamata, in via diretta o indiretta, dall’art. 64 bis, comma 9 e comma 9 bis, CCII con riferimento alle offerte concorrenti ed alla vendita dell’azienda, ma dove è esclusa espressamente l’applicazione dell’art. 114 bis CCII, che impone al liquidatore nel concordato in continuità di compiere le attività di liquidazione nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza[19]. Qui la soluzione si impone con nettezza, potendosi serenamente ritenere che il mancato richiamo alle procedure competitive agli atti di liquidazione del patrimonio diversi da quelli aventi ad oggetto la cessione dell’azienda costituisce chiaramente una lacuna, mancando ogni ragione per cui la competitività dovrebbe essere assicurata quando si cede un’azienda e non anche quando si cedono altri beni. Nessun dubbio, quindi, sulla possibilità di applicare in via analogica nel PRO il principio delle procedure competitive anche quando non è espressamente previsto. 
La competitività non è richiamata nemmeno nella liquidazione coatta amministrativa. 
Anche qui, pur se la competitività non è espressamente prevista, non sembrano ci siano ragioni che giustifichino questa mancata previsione[20], considerando che sono presenti in essa i tipici problemi di agency che la competitività mira ad evitare. Resta fermo, però, che l’interesse pubblico alla base della procedura potrebbe giustificare, con una certa ampiezza, deroghe alla competitività[21]. 
Questo ci porta a volgere lo sguardo al secondo riflesso della corretta qualificazione della competitività quale regola tecnica, rappresentato dalla possibilità di individuare ulteriori ipotesi di deroga al suo operare, anche oltre ed al di fuori di quelle espressamente previste. Alcune di queste deroghe, ulteriori rispetto a quelle “tipizzate” per via legale, ma acquisite in via interpretativa, sono già state esaminate in precedenza (trasferimenti in sede transattiva; concordati con assuntore) e questo rende legittimo interrogarsi sulla possibilità che anche in altre occasioni, pur in presenza di un richiamo al principio di competitività, possa derogarsi allo stesso nei trasferimenti di valore, laddove si accerti che lo stesso interesse dei creditori o anche interessi-altri aventi rilievo pari o sovraordinato rispetto a quello dei creditori possano ricevere migliore e più efficacia tutela disattivando le regole competitive. Se la competitività non è un principio assoluto o inderogabile, resta aperta la strada ad una sua deroga e la valutazione va compiuta in concreto con riguardo alle singole situazioni, ma sempre sulla base di un criterio guida, che deve orientare in modo rigoroso il percorso argomentativo e le soluzioni proposte. Criterio guida rappresentato dalla tendenziale applicazione del principio di competitività, in quanto regola che si presume funzionale alla migliore tutela dell’interesse dei creditori e dell’efficienza riallocativa, e dalla conseguente residualità, se non proprio eccezionalità, delle deroghe, che possono essere riconosciute in modo prudente, solo all’esito di una rigorosa (e molto difficile) dimostrazione dell’irriducibile incompatibilità delle regole competitive con gli stessi interessi che le stesse sono dirette a tutelare[22]. 
4 . (segue) Competitività, effetto purgativo e natura forzata delle vendite
Passiamo adesso, sinteticamente, al rapporto tra competitività, effetto purgativo (dei debiti e delle formalità pregiudizievoli) e natura forzata delle vendite[23]. Senza entrare nel dettaglio, va qui soltanto sottolineato che competitività, effetto purgativo e natura forzata delle vendite non sono sinonimi e non devono viaggiare necessariamente assieme. 
Solitamente la competitività è condizione per l’operare dell’effetto purgativo ed indice della natura forzata della vendita[24]
Ma si possono avere anche competitività ed effetto purgativo senza natura forzata della vendita (es: vendita autorizzata dell’azienda nella composizione negoziata), oppure una vendita avente natura forzata e con effetto purgativo ma senza competitività (vendite in esecuzione di transazioni, concordato preventivo con assuntoria). Ed è possibile che vi sia anche l’effetto purgativo senza competitività e (forse) senza nemmeno la natura forzata della vendita (es: il subentro del curatore nel contratto preliminare in forza dell’art. 173 CCII). 
Il quadro è articolato e qui, non potendosi approfondire, non si può fare altro che richiamare l’attenzione sull’esigenza metodologica di evitare facili, quanto fallaci, semplificazioni.
5 . Il principio di stabilità
Il secondo principio è rappresentato dalla stabilità delle vendite, e più in generale dei trasferimenti di valore[25]. La stabilità può declinarsi in termini “forti”, quale insensibilità del trasferimento o assegnazione rispetto agli esiti del percorso o dello strumento (es: art. 24, comma 1, CCII nella composizione negoziata; art. 53, comma 1, CCII nel caso di revoca della liquidazione giudiziale; artt. 10 e 33 del D.Lgs. n. 270 del 1999 nell’AS) o in termini “deboli”, quale esenzione da revocatoria (art. 166 CCII), ma non può mai mancare, perché rappresenta un decisivo incentivo alla più ampia partecipazione dei terzi interessati alle procedure di vendita o, comunque, agli atti esecutivi dei piani. In questa prospettiva, il principio di stabilità svolge una funzione centrale a tutela dell’interesse dei creditori e del buon esito degli strumenti di gestione della crisi. 
Proprio in ragione di ciò, il principio di stabilità deve tendenzialmente applicarsi anche quando, pur non essendo espressamente previsto, sussistono le medesime ragioni che lo giustificano, dovendosi considerare questi mancati richiami quali lacune da colmare in via analogica. È il caso della liquidazione coatta amministrativa[26], così come delle vendite e, in generale, dei trasferimenti di valore legalmente compiuti in esecuzione di un concordato preventivo o di un concordato di liquidazione e prima della risoluzione o annullamento dello stesso. Questo vale, inoltre, anche per i trasferimenti in favore dell’assuntore che abbia adempiuto regolarmente ai propri obblighi, che non potranno certo essere travolti da un eventuale annullamento del concordato.
6 . Il principio di economicità
Altro principio è quello di economicità. Lo si ricava dalla possibilità di omettere la stima per i beni di modesto valore (art. 216, comma 1, CCII) e, soprattutto, dalla possibilità di non acquisire o rinunciare a liquidare uno o più beni se l'attività di liquidazione appare manifestamente non conveniente (art. 213, comma 2, CCII)[27]. La derelizione dei beni da parte del curatore ed il principio di economicità di cui questo potere è espressione incontra, però, un limite nell’esigenza di tutelare altri interessi collettivi, come ad esempio l’interesse alla tutela ambientale, che potrebbe essere pregiudicato dall’abbandono improvviso ed “incontrollato” di un sito inquinato e da bonificare. Non vi è spazio qui per affrontare il dibattuto tema[28], ma è sufficiente dare conto di un (ennesimo) potenziale conflitto tra principi, che deve trovare composizione mediante un doveroso bilanciamento che tenga conto anche di interessi diversi rispetto a quello dei soli creditori. 
7 . Il principio di tendenziale prevalenza della vendita unitaria dell’azienda
Ulteriore principio è quello della tendenziale prevalenza della vendita unitaria dell’azienda rispetto alla vendita atomistica dei beni. Il principio lo si ricava agevolmente dalla regola posta dall’art. 214, comma 1, CCII nella liquidazione giudiziale ed opera anche nel concordato preventivo, dove sono in qualche modo espressione di questo principio le regole di favore per i concordati in continuità. Tuttavia, ad evitare equivoci, è bene sottolineare due aspetti. Anzitutto, e questo è del tutto pacifico, la tendenziale prevalenza della liquidazione unitaria non può mai risolversi in un pregiudizio per i creditori, come chiarito tanto dall’art. 214 CCII nella liquidazione giudiziale, quanto dal requisito dell’assenza di pregiudizio nei concordati in continuità. Inoltre, e qui il dato è meno pacifico, ma parimenti corretto, questo principio non costituisce un vincolo per il debitore nella scelta dello strumento di gestione della crisi e nella definizione del contenuto stesso, potendo il debitore legittimamente scegliere uno strumento liquidatorio, ove ve ne siano le condizioni.
8 . Il principio di celerità
Altro principio unificante è quello della celerità, che impone lo svolgimento e la conclusione delle attività di liquidazione nel minor tempo possibile. Si tratta di un principio generale non limitato alla fase della liquidazione dell’attivo o dei trasferimenti di valore, ma esteso a tutte le fasi degli strumenti di gestione della crisi[29].
Le norme di dettaglio dalle quali, attraverso il procedimento di generalizzazione, può desumersi il principio di celerità sono molteplici. Basti qui ricordare, limitando lo sguardo solo al Codice della crisi e dell’insolvenza, la norma manifesto della trattazione prioritaria delle controversie in cui sia parte un organo nominato dall’autorità giudiziaria o dall’autorità amministrativa nell'ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza o delle procedure di insolvenza o comunque un soggetto nei cui confronti è aperta una procedura (art. 5, comma 4, CCII). Oppure, con specifico riferimento alla liquidazione dell’attivo nella liquidazione giudiziale, le tempistiche molto stringenti dettate per la predisposizione del programma di liquidazione, per il primo esperimento di vendita dei beni e l’inizio delle attività di recupero dei crediti (art. 213 CCII), nonché per lo svolgimento (art. 216) e per il completamento delle attività di liquidazione (art. 213 CCII). Non è il caso di dilungarci ulteriormente nell’elencazione delle norme espressione di questo principio. 
Così come non è il caso di indugiare sulle ragioni, fin troppo evidenti, alla base di questo principio. Vi è, anzitutto, l’interesse dei creditori ad ottenere la soddisfazione delle proprie pretese non solo nella misura percentuale più elevata, ma anche con la tempistica più rapida. Accanto all’interesse dei creditori, vi è inoltre l’interesse del sistema economico generale ad ottenere il più celere rientro nel normale circuito economico e produttivo dei beni compresi nel patrimonio del debitore, anche in funzione della preservazione del loro valore. 
Ma fin qui siamo nell’ovvio. A ben vedere, tuttavia, il principio di celerità presenta profili di delicatezza e complessità, perché potenzialmente si pone in conflitto con altri principi regolatori o unificanti dei trasferimenti di valore. 
Pensiamo alle decisioni sulle possibili transazioni delle azioni di responsabilità e, in generale, delle azioni risarcitorie o recuperatorie: anch’esse rientrano tra i trasferimenti di valore, e più specificamente tra le attività di liquidazione, perché convertono un credito, sia pure contestato, in una somma di denaro e, quindi, monetizzano il patrimonio del debitore. Nelle decisioni sulle transazioni, che sono appunto decisioni sulla liquidazione dell'attivo, il confronto tra principio della celerità ed un altro principio unificante, che esamineremo a seguire, rappresentato dal principio della massimizzazione del ricavato dell’attivo, si pone in termini netti. 
La valorizzazione del principio di celerità potrebbe, infatti, portare a ritenere preferibile una definizione transattiva che preveda un incasso in tempi brevi, anche se di ammontare inferiore a quello potenzialmente conseguibile attraverso la prosecuzione del giudizio, anche tenendo conto dell’alea del giudizio e della capienza patrimoniale dei convenuti (o, adesso, per i sindaci, anche della limitazione del danno risarcibile ex art. 2407 c.c.), mentre l’interesse a conseguire la massima valorizzazione dell’attivo, in quanto funzionale al migliore interesse dei creditori, potrebbe condurre a ritenere preferibile la prosecuzione del giudizio, auspicando di ottenere, sia pure in tempi maggiori, un ristoro superiore. 
Questo porta ad interrogarci sul significato della formula “interesse dei creditori” nei trasferimenti di valore ed è facile avvedersi che si tratta di formula complessa e non piana e ciò in ragione di due profili. 
Da un lato, l’interesse dei creditori si appunta non solo sul maggior ricavato possibile, ma anche sulla soddisfazione nei tempi più rapidi possibili, così che anche la celerità concorre ad attuare il migliore interesse dei creditori. 
Dall’altro lato e proprio in conseguenza di quanto appena detto, non esiste la categoria indifferenziata dei creditori, perché per ciascuno di essi il punto di equilibrio tra massimo ricavato e più celere ricavato si colloca ad un livello differente e questo comporta che ciascuno di essi apprezzerà in modo diverso il principio di celerità ed il principio di massima valorizzazione dell’attivo. Ad esempio, diverso è il punto di equilibrio tra creditori privilegiati e creditori chirografari[30]. I primi tendono a privilegiare la celerità delle attività di liquidazione, anche a fronte di una diminuzione del corrispettivo rispetto a quello massimo ottenibile, perché il loro interesse si limita a che si raggiunga un importo sufficiente a consentire il soddisfacimento del loro credito[31] (o, anche, a liberare gli accantonamenti legati alle spese legali che impediscono il riparto in loro favore). Al contrario, i creditori chirografari tendono a privilegiare la massimizzazione del prezzo o del ricavato, anche sacrificando il profilo temporale, perché una liquidazione per un corrispettivo inferiore rispetto a quello massimo ottenibile determina di sovente anche una diminuzione della loro percentuale di soddisfacimento. 
Senza poter in questa sede approfondire il tema, dalla considerazione che precede possiamo trarre un insegnamento, se così vogliamo chiamarlo: l’affermazione dell’esistenza un principio non è quasi mai neutrale, perché ogni principio richiede per la sua realizzazione la compressione o limitazione di altri principi e degli interessi di cui questi sono espressione, e questo impone cautela nell’affermare in via interpretativa la presenza di principi generali.
9 . Il principio di massima valorizzazione dell’attivo
In questo compito di “relativizzazione” dei principi, che già avevamo visto all’opera con riferimento alla competitività, giungiamo adesso all’ultimo principio che sarà esaminata, rappresentato dalla massima valorizzazione dell’attivo, che ovviamente opera solo nelle liquidazioni in senso stretto. Esso conduce ad interrogarsi sulle finalità, intesa come identificazione degli interessi tutelati, della liquidazione dell’attivo. 
Pur nella consapevolezza dell’opinabilità e complessità della questione, la risposta non può essere netta e univoca, assumendo contenuti diversi a seconda della natura del bene o diritto da trasferire e della procedura nell’ambito o in esecuzione della quale avviene il trasferimento. 
Limitandoci per ragioni di spazio solo al primo profilo, la summa divisio è quella tra liquidazioni di beni o diritti diversi dall’azienda (o ramo di azienda) e liquidazione dell’azienda. 
Per i primi, non pare dubitabile che l’interesse da tutelare sia esclusivamente, o comunque prevalentemente, quello dei creditori, ma sempre con l’avvertenza che questo interesse ha contenuto complesso, ed è sia interesse alla massimizzazione del valore, sia interesse alla velocità. 
Per l’azienda, si può fondatamente dubitare che l’interesse da tutelare sia solo ed esclusivamente quello dei creditori. Non lo è, ovviamente, nell’amministrazione straordinaria, ma non è così sicuro che lo sia nemmeno nella liquidazione giudiziale. 
Non posso qui occuparmi del tema di vertice della sostenibilità nel diritto della crisi[32] e nemmeno spingermi alla selezione e valutazione dei possibili interessi-altri da tutelare[33]. 
Va spesa, tuttavia, qualche parola su un interesse e su un profilo che spesso restano in ombra nelle valutazioni degli organi delle procedure concorsuali. Faccio riferimento all’interesse al mantenimento di un regime concorrenziale sul mercato ed al rapporto tra disciplina della liquidazione dell’attivo e disciplina della concorrenza. 
È opinione prevalente, anzi direi pacifica, nella dottrina italiana e non solo[34], che le vendite nell’ambito o in esecuzione di strumenti di gestione della crisi non beneficino di un’esenzione generale rispetto all’osservanza delle regole vigenti in materia di concorrenza e segnatamente di quelle in tema di disciplina delle concentrazioni. Pertanto, anche le cessioni di azienda nell’ambito o in esecuzione di strumenti di gestione della crisi possono rientrare nelle soglie per l’applicazione della disciplina delle autorizzazioni alle operazioni di concentrazione ex artt. 6, 7 e 16 L. n. 287/1990. 
Ulteriore conferma testuale si rinviene nella Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza. In particolare, in relazione alla procedimento di pre-pack, l’art. 35 della Proposta di Direttiva dispone che, qualora vi sia il rischio significativo di un ritardo derivante da una procedura basata sul diritto della concorrenza o di una decisione negativa di un’autorità garante della concorrenza in merito a un'offerta presentata durante la fase di preparazione, il commissario faciliti la presentazione di offerte alternative (comma 1) e, laddove l’offerta comporti il rischio significativo di un ritardo, possa essere ignorata, a condizione che l’offerta non sia l’unica e che il ritardo nella conclusione della vendita comporti un danno per l’impresa del debitore o parte di essa (comma 3)[35]. Qui si vede plasticamente come il principio di celerità prevalga sul principio di massima valorizzazione dell’attivo, come prima si segnalava. 
L’applicazione della normativa a tutela della concorrenza comporta che l’autorità antitrust competente (a seconda dei casi, AGCM o Commissione Europea) potrebbe bloccare una vendita di azienda avvenuta nell’ambito o in esecuzione di strumenti di gestione della crisi se ritiene che il cessionario, per effetto dell’acquisto, possa costituire o rafforzare una posizione dominante sul mercato. E ciò anche quando la vendita sia vantaggiosa per la massa dei creditori o sia l’unica funzionale al superamento della crisi, perché le norme sulla concorrenza, e gli interessi dalle stesse tutelate, prevalgono (o, comunque, non sono subordinate) rispetto alle norme del diritto della crisi ed agli interessi di cui lo stesso è portatore[36]. 
In aggiunta alle norme sulla concorrenza, la liquidazione dell’attivo è soggetta anche ai vincoli derivanti dalla disciplina in materia di “Golden Power”, di cui al D.L. 15 marzo 2012, n. 21 (convertito con modificazioni dalla legge n. 56 dell’11 maggio 2012). Per le imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, infatti, il Presidente del Consiglio dei Ministri può apporre il veto all’adozione di atti od operazioni aventi ad oggetto “il trasferimento dell'azienda o di rami di essa, …le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l’assunzione di vincoli che ne condizionino l’impiego, anche in ragione della sottoposizione dell’impresa a procedure concorsuali” (art. 1, comma 1, lett. b, D.L. n. 21/2012). Il riferimento espresso alle procedure concorsuali rende evidente che anche le operazioni di liquidazione dell’attivo compiute nell’ambito di procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo o altre procedure, cui siano soggette le imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, sono soggette all’eventuale potere di veto del Governo, che evidentemente può limitare la platea dei possibili acquirenti e, di fatto, ridurre il potenziale ricavato della vendita. Diritto di veto che, se è consentito nel caso di trasferimenti avvenuti nell’ambito di procedure concorsuali, a maggior ragione potrà essere esercitato nel caso di trasferimenti avvenuti in esecuzione di percorsi non concorsuali, come la composizione negoziata. 
Questo a ulteriore conferma che il diritto della crisi deve conciliarsi con i diritti-altri, anche nella fase della liquidazione, che i principi e le regole della liquidazione possono subire deroghe, temperamenti o, comunque, essere interpretati tenendo conto dell’operare di altri plessi normativi e che l’interesse dei creditori non è assoluto, dovendo conciliarsi e contemperarsi con altri interessi di cui questi diversi plessi normativi sono espressione. 
10 . Conclusioni: relatività dei principi, bilanciamento tra gli stessi e ruolo del giudice
Il percorso argomentativo che precede consente di svolgere alcuni brevi considerazioni finali. 
I principi, soprattutto quelli settoriali e che si costruiscono mediante un procedimento di generalizzazione di norme di dettaglio del sistema, non vanno assolutizzati, perché essi esprimono in modo unitario i valori e gli interessi di cui le norme sono espressione e vanno conseguentemente applicati, in funzione integrativa ed interpretativa, nei soli limiti in cui sia necessario per attuare questi interessi. 
La presenza di una pluralità di principi e la loro naturale forza espansiva finisce inevitabilmente con il creare dei conflitti[37]. Da qui la necessità di procedere ad un bilanciamento o una ponderazione tra i principi, e tra i valori e gli interessi che essi esprimono, con la conseguente necessità di elaborare un sistema di “regole di collisione”, ossia “di regole condizionate di preferenza o di subordinazione”[38]. 
Nell’applicazione al caso concreto, questa opera di bilanciamento tra principi spetta primariamente al giudice, perché gli organi direttamente rappresentativi dei creditori non possono, per motivi per così dire “strutturali”, svolgere con altrettanta efficacia ed equilibrio questo compito. Ciò in quanto, da un lato, gli interessi dei creditori sono disomogenei ed i mezzi per sterilizzare questa disomogeneità, quale la disciplina del conflitto d’interessi o la regola sulla composizione equilibrata del comitato dei creditori, non sempre sono in grado di apprestare un’efficacia tutela per superare questa disomogeneità, e, dall’altro lato, quando il conflitto si pone all’esterno, tra interesse dei creditori ed interessi-altri, non possono essere i soli creditori a decidere le modalità di composizione del conflitto stesso. 
L’approdo del percorso svolto può forse sembrare deludente o non risolutivo. 
Ma, riprendendo le parole del grande sociologo tedesco Max Weber, “chi vuole la visione vada al cinematografo”[39]. È un ammonimento ancora oggi valido a non cercare necessariamente effetti spettacolari o costruzioni teoriche nella ricerca scientifica, basata su un’analisi empirica, che può condurre a risultati forse meno brillanti di quelli sperati, ma auspicabilmente più solidi.

Note:

[1] 
In argomento vedi G. D’Attorre, La formulazione legislativa dei principi generali nel codice delle crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 461 ss.; Id., I principi generali nel diritto della crisi d’impresa”, in NGCC, 2019, 1084; Id., I principi generali del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it. Studi sull’avvio del Codice della crisi a cura di L. De Simone, M. Fabiani e S. Leuzzi, 2022, 6 ss.; M. Fabiani, Introduzione ai principi generali e alle definizioni del codice della crisi, in Il Fall., 2022, 1180 ss.; Id., Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Piacenza-Roma, 2024, 2 ss.; R. Rordorf, I doveri dei soggetti coinvolti nella regolazione della crisi nell’ambito dei principi generali del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Il Fall., 2021, 591; S. Ambrosini, I principi generali, in C. D’Arrigo, L. De Simone, F. Di Marzio, S. Leuzzi (a cura di), Commento al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2019, 29.
[2] 
Sulla distinzione tra principi generali dell’ordinamento e principi settoriali o subsettoriali, vedi M. Libertini, Clausole generali, norme di principio, norme a contenuto indeterminato. Una proposta di distinzione, in Riv. crit. dir. priv., 2011, 346 ss.
[3] 
R. Rordorf, I doveri, cit., 590.
[4] 
Sulla competitività quale principio generale delle vendite, e in generale, delle liquidazioni nel diritto della crisi, vedi, tra gli altri, M. Fabiani, La liquidazione dei beni nel concordato preventivo, in Il Fall., 2023, 1196; L. Panzani, Le liquidazioni e le vendite nel Codice della crisi: caratteristiche e ragionevole durata delle procedure, in Il Fall., 2023, 1170; F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, 728; A. Crivelli, La vendita competitiva nella liquidazione giudiziale, in Dir. Fall., 2024, 1115 ss.; Id., La cessione dei beni nel concordato, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 14-2020/E, 6.
[5] 
Si pensi, tra gli altri, all’art. 216, comma 2, CCII nella liquidazione giudiziale, applicabile anche al concordato preventivo in forza del richiamo operato dall’art. 114 CCII (concordato preventivo nel quale la competitività è alla base anche della disciplina delle offerte concorrenti ex art. 91 CCII ed è prevista espressamente per le vendite delle aziende ex art. 94 CCII e le vendite in esecuzione del concordato in continuità aziendale ex art. 114 bis CCII), all’art. 71 CCII nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, all’art. 81 CCII nel concordato minore, all’art. 275 nella liquidazione controllata (che richiama le disposizioni sulla vendita nella liquidazione giudiziale, nei limiti della compatibilità), all’art. 25 septies nel concordato semplificato, all’art. 22 CCII nella composizione negoziata, all’art. 62 D.Lgs. n. 270/1999 nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
[6] 
Sulla coesistenza nel diritto della crisi di principi generali di provenienza domestica e di principi generali di provenienza unionale, vedi G. D’Attorre, Diritto della crisi e diritto commerciale, in Banca, borsa, tit. cred., 2024; V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, in Giur. Comm., 2023, I, 511 ss.
[7] 
L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 10 gennaio 2023, 9; P. De Cesari, La Proposta di direttiva sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, riflessi sul Codice della crisi, in Il Fall., 2023, 590. 
[8] 
Sul nucleo essenziale della competitività vedi, tra gli altri, M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, II ed. Piacenza, 2024, 466; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, III ed., Torino, 2024, 310. 
[9] 
Sulla necessità che la pubblicità sia idonea ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati, vedi Cass., 6 settembre 2019, n. 22383. 
[10] 
Sulla esigenza di garantire l’uguaglianza e la parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti, vedi Cass., 10 ottobre 2023, n. 28365, in Il Fall., 2024, 321. 
[11] 
Sulla immodificabilità delle condizioni dettate nell’avviso di gara anche nella vendita coattiva “deformalizzata”, vedi Cass., 5 settembre 2022, n. 26076, in Il Fall., 2022, 1350. 
[12] 
Sul punto vedi F. Rolfi, Procedure competitive: trasparenza, ordine pubblico economico e poteri del giudice delegato, in Il Fall., 2024, 326 ss., ove ulteriori riferimenti. 
[13] 
Sul quale vedi, di recente, G. Bozza, La sorte del contratto preliminare di cui al comma 3 dell’art. 173 CCII a seguito dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale a carico del promittente venditore, in Dirittodellacrisi.it, 30 aprile 2025; R. Muroni, La nuova figura della domanda giudiziale di esecuzione del contratto preliminare prevista nel comma 3 dell’art. 173 CCII, in Dirittodellacrisi.it, 17 febbraio 2025. 
[14] 
Cfr. Trib. Firenze, 28 ottobre 2024, in Ilcaso.it; Trib. Udine, 5 settembre 2024, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 16 ottobre 2024, in Ilcaso.it; Trib. Nola, 6 febbraio 2023, in Il Fall., 2023, 7, 1004.
[15] 
Cass., 14 ottobre 2008 n. 25136, in Il Fall., 2009, 739.
[16] 
L. Panzani, Le liquidazioni e le vendite nel Codice della crisi: caratteristiche e ragionevole durata delle procedure, cit., 1166. 
[17] 
L. Panzani, Le liquidazioni e le vendite nel Codice della crisi: caratteristiche e ragionevole durata delle procedure, cit., 1167. 
[18] 
In argomento vedi, tra gli altri, R. Brogi, Le liquidazioni nelle procedure di sovraindebitamento, in Il Fall., 2023, 1283. 
[19] 
Sul punto vedi, di recente, L. Panzani, Le novità in materia di piano attestato, PRO e accordi di ristrutturazione, in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, 2025, p. 47.
[20] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, cit., 585. 
[21] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 464. 
[22] 
In argomento, vedi, ad esempio, Trib. Milano, 6 aprile 2025, in corso di pubblicazione in Procedure concorsuali e crisi d’impresa, che ha rigettato la richiesta di autorizzazione al trasferimento di azienda ex art. 22 CCII nella composizione negoziata sulla base della considerazione che non si possa derogare al principio di competitività per garantire esigenze di riservatezza o di tutela del segreto industriale. Vedi anche, sempre con riferimento all’autorizzazione alla vendita dell’azienda nella composizione negoziata, Trib. Brescia, 6 novembre 2024, in Dirittodellacrisi.it
[23] 
Sul punto vedi, in luogo di molti, M. Fabiani, La liquidazione dei beni nel concordato preventivo, cit., 1196 ss., ove completi riferimenti; Id., La “programmazione” della liquidazione del concordato preventivo da parte del debitore e la natura delle vendite concordatarie, in Il Fall., 2012, 919 ss.; G. Bozza, Le vendite nella liquidazione giudiziale, in Il Fall., 2023, 1238; F. De Santis, Relazioni normative ed interferenze pratiche tra le liquidazioni concorsuali e le esecuzioni individuali, in Il Fall., 2023, 1265; R. Brogi, L’esecuzione del concordato preventivo nel Codice della Crisi, in Il Fall., 2020, 1330; A. Castagnola, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, in Giur. comm., 2008, I, 373; F. Fimmanò, La liquidazione dell'attivo fallimentare nel correttivo della riforma, in Dir. fall., 2007, 845: M. Montanari, I procedimenti di liquidazione e ripartizione dell’attivo fallimentare, Padova, 1995, 92 ss.
[24] 
Cfr. Cass., sez. un., 19 marzo 2024, n. 7337, in Il Fall., 2024, n. 7337, con nota di V. Zanichelli, con riferimento alla legge fallimentare.
[25] 
Vedi F. Fimmanò, L’azienda nel codice della crisi, in Notariato, 2025, 53; G. Bozza, Le vendite nella liquidazione giudiziale, in Il Fall., 2023, 1235; M. Fabiani, La liquidazione dei beni nel concordato preventivo, cit., 1191; L. Mandrioli, Le vendite nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 1° Aprile 2022, p. 1; in giurisprudenza, cfr. Cass., 8 febbraio 2019, n. 3709; Cass., 1° luglio 2022, n. 21007.
[26] 
Cass., 16 aprile 2014, n. 8867.
[27] 
Cfr. L. Panzani, Le liquidazioni e le vendite nel Codice della crisi: caratteristiche e ragionevole durata delle procedure, cit., 1166.
[28] 
Sul punto vedi, con diversità di soluzioni e prospettive, M. Fabiani, S. Cammarata, Tutela dei creditori vs. tutela dell’ambiente nella liquidazione giudiziale, in Dirittodellacrisi.it, 25 luglio 2023; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 315; V. Giorgi, Da Midatlantic all’Ilva, curatore e commissari nella “zona contaminata”: derelizione dei beni o “abbandono” … dei creditori, in Crisi e insolvenza. In ricordo di Michele Sandulli, Torino, 2019, 412 ss.; G. Capobianco, Costi ambientali e procedura fallimentare, tra interessi collettivi e tutela creditoria, in Dir. Fall., , 2021, 1049 ss.; Id., La responsabilità della curatela fallimentare per omessa bonifica, ripristino e recupero dello stato dei luoghi inquinati, in Dir. Fall., 2022, 962 ss.; G. Bozza, Liquidazione dell’attivo in funzione di recupero dei valori aziendali, in Il Fall., 2014, 851-852.
[29] 
Vedi G. Terranova, Il fattore “tempo” nelle procedure concorsuali, in L’autonomia del diritto concorsuale, Torino, 2016, 228; M. Sandulli, Il tempo è danaro (anche nelle procedure concorsuali), in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, diretto da M. Campobasso, V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera, A. Sciarrone Alibrandi, 3, Milano, 2014, 2761 ss.; M. Spiotta. Il ruolo del fattore tempo nella crisi d'impresa, in Crisi e Insolvenza. In ricordo di Michele Sandulli, Torino, 2019, 664 ss.; S. Pacchi, Efficienza e mercato: i tempi della giustizia - Ovvero, La importanza del tempo nella disciplina della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 8 febbraio 2024. Per il rapporto tra tempo ed efficienza delle procedure concorsuali, F. D’Alessandro, Efficienza e giustizia distributiva nelle procedure concorsuali, in Riv. dir. comm., 2018, II, p. 375.
[30] 
Considerazione ricorrente anche nella dottrina statunitense. Vedi, con riferimento alle procedure che potremmo definire negoziali, T. H. Jackson, R. E. Scott, On the Nature of Bankruptcy: An Essay on Bankruptcy Sharing and the Creditors’ Bargain, 75 Va. L. Rev. 155, (1989), 159: “creditors whose claims are well protected by security interests generally prefer the certain return from a prompt foreclosure. After all, the business position of an insolvent debtor can deteriorate as well as improve, and if it does deteriorate, fewer assets may remain for secured parties”. In argomento vedi anche, più di recente e nell’ambito di un esame più ampio dei rispettivi pregi e difetti dell’APR e della RPR, M. J. Roe, M. Simkovic, Absolute Priority, Relative Priority, and Valuation Uncertainty in Bankruptcy, 173 University of Pennsylvania Law Review 389, (2025), 4.
[31] 
Cfr. L. Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia, Bologna, 2007, 53.
[32] 
Sulla rilevanza della sostenibilità ambientale e sociale nel diritto della crisi, vedi, sia pure secondo prospettive diverse, G. D’Attorre, La responsabilità sociale dell’impresa insolvente, in Riv. dir. civ., 2021, 60 ss.; Id., Sostenibilità e responsabilità sociale nella crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 13 aprile 2021, 1 ss.; M. Fabiani, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, in Il Fall., 2022, 5 ss.; D. Stanzione, Liquidazione dell’attivo e interessi degli stakeholders, Napoli, 2023; S. Pacchi, La gestione sostenibile della crisi d’impresa, in Ristrutturazioniaziendali.it, 3 settembre 2022, 1 ss.; E. Ricciardiello, Sustainability and going concern, in Riv. Società, 2022, 53 ss.; G. Capobianco, Costi ambientali e procedura fallimentare, tra interessi collettivi e tutela creditoria, cit., 1060 ss. Per l’orientamento critico rispetto alla possibile rilevanza della sostenibilità nel diritto della crisi, v. G. Fauceglia, Sostenibilità ambientale e crisi di impresa, in Banca, borsa, tit. cred., 2023, I, 526 ss.; G. Ballerini, La sostenibilità nel diritto della crisi: problemi e prospettive, in Rivista ODC, 2023, 486 ss.
[33] 
Per una sintesi del dibattitto, v. A. Jorio, Introduzione, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio - B. Sassani, I, Milano, 2014, 30 ss.; M. Fabiani, La tutela dei diritti nelle procedure concorsuali, in Trattato delle procedure concorsuali, cit., IV, Milano, 2016, 671 ss.
[34] 
Vedi M. Libertini, Crisi d’impresa (aspetti concorrenziali), in Enciclopedia del Diritto. I tematici. VIII. Crisi d’impresa diretta da F. Di Marzio, Milano, 2024, 422 ss., ove ulteriori riferimenti. Sui rapporti tra diritto della crisi e diritto della concorrenza vedi anche V. Minervini, Insolvenza e mercato, Napoli, 2018, 48 ss.
[35] 
Nel Considerando 31 della Proposta di Direttiva si legge che “La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata l'applicazione del diritto dell'Unione in materia di concorrenza, in particolare il regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio e non dovrebbe impedire agli Stati membri di applicare i sistemi nazionali di controllo delle concentrazioni. Nel selezionare la miglior offerta, il commissario dovrebbe essere autorizzato a tenere conto dei rischi normativi derivanti dalle offerte che richiedono l'autorizzazione delle autorità garanti della concorrenza e può consultare tali autorità se consentito dalle norme applicabili. Dovrebbe rimanere responsabilità degli offerenti fornire tutte le informazioni necessarie per valutare tali rischi e avviare un dialogo tempestivo con le autorità garanti della concorrenza al fine di attenuarli. Al fine di aumentare le probabilità di successo delle procedure, in presenza di un'offerta che comporta tali rischi, il commissario dovrebbe essere tenuto a svolgere il proprio ruolo in modo da facilitare la presentazione di offerte alternative”. Sul punto vedi K. Silvestri, La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell'insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 17 gennaio 2023.
[36] 
In ragione di ciò, gli organi delle procedure, ma anche lo stesso debitore nel caso di vendite che avvengano nei percorsi o strumenti negoziali, devono prendere in considerazione anche la “variabile antitrust” al momento della predisposizione del bando o, comunque, della procedura di vendita. Al riguardo, sono già state proposte in dottrina (M. Libertini, Crisi d’impresa (aspetti concorrenziali), cit., 423; G. Guizzi, Cessione dei beni, cessione di azienda e mercato concorrenziale: il problema delle “concentrazioni liquidatorie”, in La riforma della legge fallimentare, Milano, 2011, 279 ss.) varie possibili soluzioni, che vanno dal richiedere, quale requisito per la partecipazione alla gara, la preventiva autorizzazione antitrust o autocertificazione del non superamento delle soglie rilevanti, al sottoporre l’aggiudicazione alla condizione sospensiva o risolutiva dell’autorizzazione, o al lasciare il rischio completamente in capo all’acquirente, considerando che l’operazione di concentrazione può forse essere conclusa anche senza preventiva autorizzazione e che il diniego dell’autorità antitrust determina un obbligo di dismissione, ma non impatta sull’efficacia del trasferimento (arg. ex art. 18, comma 3, L. n. 287/1990). Non è questa la sede per entrare nel dettaglio dei pregi e delle criticità di ognuna di queste soluzioni proposte.
[37] 
G. Terranova, I principi e il diritto commerciale, in Riv. dir. comm, 2015, 187; N. Lipari, Il diritto civile dalle fonti ai principi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 12.
[38] 
L. Mengoni, I principi generali del diritto e la scienza giuridica, in I principi generali del diritto, Atti del Convegno linceo del 27-29 maggio 1991, Roma, 1992, 328, il quale esclude dalla soggezione alle regole di collisione i principi non soggetti a bilanciamento, che sono rappresentati dai principi costituzionali assoluti (es: rispetto della dignità umana).
[39] 
M. Weber, Sociologia della religione, I, Edizioni di Comunità, 1982, 16 (edizione originale: Gesammelte Aufsätze zur Religionssoziologie, Tübingen, 1920-1921).

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02