Dato per scontato che ricorrano le prime due condizioni in precedenza elencate, in attesa che il promissario acquirente scelga se e come muoversi, le alternative astrattamente proponibili per il contratto preliminare sono le solite raffigurabili per i contratti pendenti; non vi è dubbio, infatti, che tale sia il contratto preliminare al quale non sia ancora seguita la stipula del definitivo, posto che vige per entrambi i contraenti l’obbligo di pervenire alla sottoscrizione del definitivo. Si discute, quindi, non della sorte dei singoli beni oggetto del preliminare (che possono anche già essere stati consegnati al promissario), ma del rapporto contrattuale preliminare, il subentro eventuale nel quale da parte del curatore va inteso come sostituzione di questi nella posizione giuridica del soggetto ammesso alla liquidazione giudiziale, sia per il lato passivo che per quello attivo; ovviamente l’accoglimento della domanda di esecuzione porta alla sottrazione dall’attivo concorsuale dei beni oggetto del contratto, ma ciò accade non quale effetto di una domanda di rivendica o restituzione, ma quale conseguenza della decisone che trasferisce la proprietà di detti beni al promissario acquirente.
Orbene, per effetto dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale a carico del promittente venditore e in attesa della domanda del promissario acquirente, le alternative prospettabili sono le seguenti:
a - che il contratto preliminare si sciolga ex lege;
b - che il contratto preliminare rimanga sospeso;
c - che il contratto preliminare continui con il subentro ex lege del curatore.
Si è posta come prima alternativa lo scioglimento del contratto perché questa soluzione sembra meglio conciliabile con la lettera della norma e, come è noto l’art. 12 disp. att. c.c. pone “il fondamentale canone ermeneutico secondo cui la norma giuridica deve essere interpretata innanzi tutto e primariamente dal punto di vista letterale”[3].
Se, invero, il contratto preliminare con le caratteristiche indicate “non si scioglie …. sempre che il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione nei termini e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura”, ne consegue, come già detto, che, se il promissario acquirente non presenta la domanda di esecuzione del contratto ex art. 2932 c.c. in sede concorsuale, il contratto preliminare si scioglie. Seguendo ancora l’interpretazione letterale, l’ulteriore conseguenza è che, se è necessario affinché un tale contratto possa non sciogliersi (ossia continuare a produrre i suoi loro effetti), che il promissario acquirente presenti detta domanda, fin quando questa non perviene il contratto si scioglie mancando una condizione necessaria ad evitare lo scioglimento; il che val quanto dire che lo scioglimento si verifica quale effetto dell’apertura della procedura, visto che la norma non parla di sospensione, o di quiescenza fino a che il promissario acquirente non prenda l’iniziativa di chiedere l’esecuzione e, per altro verso.
Questa lettura, all’apparenza ineccepibile[4], non è sostenibile perché essa comporta che il contratto in questione, prima si sciolga con l’apertura della liquidazione giudiziale a carico del promittente venditore e rimanga non più produttivo di effetti, e poi il promissario possa farlo tornare in vita chiedendone l’esecuzione; ed è difficile immaginare che un contratto sciolto, che libera le parti dal loro impegno di sottoscrivere il contratto definitivo, consentendo al curatore di liquidare i beni oggetto del contratto e al contraente in bonis di far valere il credito conseguente al mancato adempimento nel passivo della liquidazione, senza che sia dovuto alcun risarcimento del danno, possa risorgere per effetto della richiesta di esecuzione da parte del promissario, che presuppone un contratto ancora pendente e non sciolto. Eppure, secondo questa linea interpretativa, questa sarebbe la situazione normale in quanto, non essendovi coincidenza tra la data di apertura della liquidazione giudiziale e quella della presentazione delle domande di insinuazione al passivo e di rivendica e restituzione, anche una domanda di esecuzione (che segue i termini e le modalità di queste ultime) presentata in via tempestiva troverebbe già sciolto il contratto cui si chiede di dare esecuzione.
In sostanza, se il promissario acquirente può formulare nel concorso una domanda tesa ad ottenere l’esecuzione del contratto preliminare, è di tutta evidenza che quel contratto non può sciogliersi a seguito della apertura del concorso a carico del promittente venditore per la connaturata contraddizione che non consente ad un contratto che ha cessato di vincolare le parti di poter poi riprendere la sua originaria funzione; ed infatti, il comma 3 bis, introdotto con il D.Lgs n. 136/2024, nel consentire al creditore ipotecario di contestare la congruità del prezzo pattuito dispone che se si accerta che il prezzo non è congruo, “il contratto si scioglie e si procede alla liquidazione del bene”, il che presuppone che lo stesso contratto non si sia già sciolto in precedenza all’apertura della procedura[5].
L’opzione della sospensione sembra più agevole da cogliere interpretando l’espressione “il contratto non si scioglie sempre che il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione, nel senso che fino a tale momento il contratto rimane in vita, (non si scioglie) ma l’efficacia dello stesso, in applicazione capovolta della regola generale sulla sorte dei contratti pendenti, rimane sospesa in attesa della decisione del promissario acquirente.
Neanche questa costruzione regge giacché la norma in esame non dice affatto che il promissario acquirente possa - adattando alla fattispecie la libertà di scelta tra subentro e scioglimento che normalmente compete al curatore a norma del comma 1 dell’art. 172 - chiedere l’esecuzione o non del contratto pendente sospeso, ma pone come condizione ulteriore (oltre quella che gli effetti della trascrizione non siano cessati prima dell’apertura della liquidazione giudiziale) perché lo scioglimento non possa verificarsi che il promissario acquirente chieda l’esecuzione del preliminare con le forme e nei termini previsti per l’accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura. In tal modo, come si vede, la formulazione della domanda di esecuzione del preliminare da parte del promissario acquirente funziona non da elemento condizionante la definizione di un contratto nel frattempo sospeso, ma quale condizione perché il contratto non si sciolga[6], il che significa o che il contratto da definire sia, in attesa dell’iniziativa del promissario acquirente, già sciolto, come nella precedente ricostruzione, o che sia continuato ex lege in capo al curatore, ove, come si vedrà a breve, lo scioglimento dovuto all’inerzia del promissario funzionerebbe a mò di recesso.
In sostanza, il legislatore, se avesse voluto raffigurare la situazione del contratto preliminare come sospeso a seguito dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale a carico del promittente venditore, avrebbe dovuto formulare la norma diversamente statuendo, sulla falsariga del comma 1 dell’art. 172, che l’esecuzione del contratto preliminare avente ad oggetto i beni con le caratteristiche ricordate rimane sospesa fino a quando il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione nei termini e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura. Attribuendo eventualmente al curatore la possibilità, prevista dal secondo comma dell’art. 172 a favore del contraente in bonis, di mettere in mora il promissario acquirente facendogli assegnare dal giudice un termine entro cui esercitare il diritto di ottenere l’esecuzione al preliminare, onde evitare la situazione di incertezza sulla sorte del preliminare e, di conseguenza sui beni che sono oggetto dello stesso, che, come detto, può durare per tutta la procedura concorsuale, fino al limite temporale ultimo per la presentazione delle domande super tardive; fermo restando che, fino a quel momento, anzi fino alla decisione del giudice su tale domanda, l’immobile oggetto del contratto preliminare non potrebbe essere venduto dal momento che quel bene è stato promesso in vendita ad un terzo e questa vicenda non si è ancora conclusa dato che il contratto è, secondo l’interpretazione che si sta seguendo, sospeso e il promissario acquirente può ancora chiedere l’esecuzione del contratto[7].
Ad ogni modo, al di là di queste considerazioni, rimane da capire, muovendo dalla presupposta situazione di sospensione del preliminare, a quale titolo il promissario acquirente possa rivolgere la domanda di esecuzione nei confronti del curatore, che è il destinatario delle domande di accertamento dei diritti dei terzi. Queste domande - le cui modalità, come disposto dal comma 3 dell’art. 173, vanno seguite nella specie dal promissario acquirente - vanno trasmesse al curatore (art. 201, comma 2) che ha poi il compito di esaminarle, di predisporre elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del debitore, di rassegnare su ciascuna domanda le sue motivate conclusioni , con le quali può limitarsi alla sola contestazione della fondatezza della domanda adducendo l’inesistenza dei fatti costitutivi della pretesa avanzata, che è esercizio di mera difesa, ma, come specifica la seconda parte del primo comma dell’art. 203, può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione”; in sede di opposizione allo stato passivo l’art. 206, comma 2, espressamente statuisce che “l’opposizione è proposta nei confronti del curatore, di modo che non può esservi dubbio che, sia nella fase sommaria avanti al giudice delegato sia in quella delle impugnazioni, il curatore è il soggetto legittimato passivo delle domande di accertamento dei crediti come di quelle di rivendica e restituzione dei beni.
Poiché nella specie contemplata dal comma 3 dell’art. 173, il promissario acquirente chiede al curatore l’esecuzione del contratto preliminare ex art. 2932 c.c. - domanda che va rivolta alla controparte contrattuale inadempiente - se ne dovrebbe dedurre che, in quel momento, il curatore sia parte del contratto preliminare di cui si chiede l’esecuzione (ossia sia subentrato nello stesso), ma, nella ipotesi in esame, il curatore non è subentrato nel contratto preliminare in quanto si è presupposto che questo sia rimasto sospeso e, quindi, non ne è diventato parte al posto del debitore in liquidazione giudiziale, ma è rimasto estraneo allo stesso (a maggior ragione questa argomentazione è riproducibile nella prima ipotesi esaminata ove essendosi il contratto preliminare sciolto, il subentro non era immaginabile)[8].
In questa ottica di sospensione degli effetti del contratto preliminare si potrebbe dire che la domanda del promissario acquirente sia diretta ad ottenere non un provvedimento costitutivo ex art. 2932 c.c. che tenga luogo del contratto definitivo non concluso, ma finalizzato esclusivamente ad ottenere il subentro del curatore nel contratto preliminare, che spiegherebbe il significato della novità, introdotta con il terzo correttivo, contenuta nell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 173 (di cui più ampiamente infra) secondo cui il curatore subentra nel contratto con l’accoglimento della domanda. Una tesi del genere, tuttavia, non avrebbe alcun addentellato normativo dato che la norma attribuisce al promissario il diritto di chiedere l’esecuzione del contratto preliminare, che, come già accennato, individua il contenuto dell’azione ex art. 2932 c.c. In ogni caso , l’attribuzione al promissario di una azione per indurre il curatore a subentrare nel contratto preliminare sarebbe sproporzionata rispetto al fine, sia perché il curatore potrebbe essere disponibile a subentrare sia perché, principalmente, a questo fine sarebbe bastato dire che il curatore subentra ex lege nel contratto e, poi eventualmente regolare le modalità per l’esercizio dell’azione ex art. 2932 c.c. nel caso il curatore non intenda prestarsi alla stipula del definitivo, convogliandola nel rito dell’accertamento dei diritti dei terzi.
In conclusione, se si muove dal presupposto che gli effetti del preliminare pendente rimangono sospesi fino al momento in cui il promissario acquirente prende l’iniziativa di chiedere l’esecuzione del contratto, costui, con l’esercizio di tale azione che il comma 3 dell’art. 173 gli consente, chiede al curatore l’adempimento dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo sebbene un tale obbligo non faccia a lui capo dal momento che questi non è parte del contratto preliminare di cui il promissario chiede l’esecuzione.
Questa problematica di come possa il promissario acquirente chiedere in via forzosa al curatore l’esecuzione del contratto preliminare di vendita sarebbe risolta accettando l’ultima alternativa prospettata secondo la quale il curatore subentra per legge nel contratto. In tal caso, infatti, egli, divenuto parte contrattuale in luogo del liquidato, sarebbe il soggetto legittimato passivo della domanda della controparte che chiede l’esecuzione del contratto e, trattandosi di un “subentro ex lege condizionato alla volontà confermativa del promissario acquirente”, la possibilità per quest’ultimo di ottenere lo scioglimento del preliminare con la sua prolungata inerzia potrebbe essere configurato come un “recesso ad nutum a seconda della convenienza[9].
Non vi è dubbio che, in tal modo si crea una situazione del tutto anomala perché il curatore, con il subentro automatico, è vincolato al contratto così come nel vigore della legge fallimentare, nel mentre il promissario acquirente - che è la parte contrattuale che ha sottoscritto il preliminare e che, se non ci fosse stata l’apertura della liquidazione giudiziale a carico del promittente venditore, avrebbe dovuto rispettare l’accordo sottoscritto - può recedere a sua scelta dal contratto per il fatto che viene aperta la procedura a carico della controparte, sebbene questo evento che non produca per lui alcuna conseguenza negativa visto che nell’ipotesi in esame al posto del promittente subentra il curatore e, anzi, come si vedrà, gli attribuisce il vantaggio di acquistare l’immobile libero da ipoteche e altri pesi.
Non solo, ma questa facoltà di recesso data al promissario acquirente è priva di giustificazione perché, se l’intento del legislatore era quello dichiarato (anche nella Relazione al D.Lgs n. 136/2024), di “tutelare il contraente che persegue il soddisfacimento del primario bisogno abitativo o l’esercizio di attività produttiva, ritenuta di prevalente interesse, questo fine è raggiunto con il subentro automatico del curatore, il quale non può sottrarsi all’obbligo di darvi esecuzione e, se non lo fa, l’altra parte può chiedere l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. L’ulteriore diritto dato al promissario acquirente di poter scegliere tra chiedere o non l’esecuzione del contratto e quindi di adempiere o sciogliersi dallo stesso è non solo completamente ultroneo rispetto al fine perseguito, ma squilibra l’intero assetto dei rapporti e degli interessi in gioco in quanto consente ad una parte contrattuale di liberarsi di un contratto che ritiene non più conveniente in danno della massa dei creditori[10], subentrata nel contratto ma che non ha la stessa facoltà.
Peraltro, nel caso di mancato esercizio del diritto del promissario, il curatore, come detto, non ricupera neanche il potere generale di scelta fra il subentro e lo scioglimento, perché i preliminari con l’oggetto di cui al comma 3 dell’art. 173 sono regolati da tale norma, per la quale il contratto non si scioglie sempre che il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione, per cui, come specificato fin dall’inizio, se il promissario rimane inerte il contratto si scioglie, con la conseguenza che il curatore e, per lui, la massa dei creditori, è completamente in balia delle scelte della controparte contrattuale che, appunto, può determinare col suo comportamento o lo scioglimento del contratto, ove non più conveniente, o l’esecuzione ove rientri nei suoi interessi. Né, inoltre, lo scioglimento/recesso del promissario acquirente è cronologicamente condizionato alla dichiarazione di volontà del curatore di voler adempiere il preliminare in quanto, come già detto, la domanda del promissario acquirente può pervenire fino all’esaurimento delle operazioni di riparto o quanto meno fino alla scadenza del termine per la presentazione delle domande tardive, pur se il curatore - subentrato nel contratto ex lege al posto del promittente venditore - dichiari di essere disponibile a stipulare il contratto definitivo, dato che una tale volontà può essere posta nel nulla dal comportamento della controparte in bonis che, con la sua inerzia o con una espressa dichiarazione comunichi di non voler pervenire alla stipula del definitivo né chiedere l’esecuzione ex art. 2932 c.c., senza alcuna necessità di indicarne il motivo. E, mancando la possibilità di fissare un termine per operare una tale scelta, l’incertezza sulla sorte del contratto preliminare e di riflesso sulla disponibilità dei beni oggetto dello stesso, potrebbe durare per l’intera procedura (o, quanto meno, fino alla scadenza del termine per presentare le domande tardive).
Se, infine, il legislatore avesse voluto soltanto incanalare la pretesa del promissario acquirente nell’alveo concorsuale, avrebbe dovuto formulare la norma diversamente.
Ciò nonostante, è innegabile che il subentro automatico, con i dovuti adattamenti[11], sarebbe stata la soluzione più idonea a dare una qualche coerenza alla norma, ma, oltre alle considerazioni già esposte riguardanti il contenuto della disposizione in esame come originariamente formulata, all’accoglimento della tesi che il curatore subentri nel contratto preliminare per legge all’apertura del concorso si oppone l’introduzione, attuata con il D.Lgs. n. 136/2024, della disposizione aggiunta, alla fine del comma terzo dell’art. 173, secondo cui “Con l’accoglimento della domanda, il curatore subentra nel contratto”.
Espressione altrettanto sibillina quanto la parte precedente dello stesso comma dato che non è chiarito in quale contratto subentra il curatore a seguito dell’accoglimento della domanda di esecuzione del preliminare formulata dal promissario acquirente.
Trattando l’intero comma del contratto preliminare avente determinate caratteristiche e della domanda di esecuzione dello stesso, è logico ritenere che anche questa frase finale sia riferita a questo contratto, per cui essa avrebbe lo scopo di chiarire che il subentro del curatore nel contratto preliminare avviene soltanto a seguito della decisione del giudice che accoglie la domanda di esecuzione dello stesso. E questa sembra essere l’opinione del legislatore, posto che la Relazione al D.Lgs n. 136/2024 si limita a dire in proposito che “È infine inserito un secondo periodo nel comma per chiarire che il subentro del curatore avviene con l’accoglimento della domanda di ammissione al passivo”, con chiaro riferimento al contratto preliminare del quale esclusivamente si parla in detta relazione all’art. 173.
Una tale soluzione è incompatibile con la tesi del subentro automatico del curatore nel preliminare perché, se egli subentra nel contratto a seguito del provvedimento del giudice chiamato a decidere sulla esecuzione del preliminare, vuol dire che non è precedentemente già subentrato nel medesimo contratto. In sostanza ne esce confermata l’idea che il curatore in precedenza non è subentrato nel contratto preliminare, ma allora rimane inspiegabile, così come nella opzione esaminata in precedenza della sospensione, la ragione per la quale il promissario acquirente possa agire nei confronti del curatore chiedendo l’esecuzione di tale contratto, visto che questi subentra nel preliminare soltanto a seguito della decisione di accoglimento di detta domanda.
La lettura alternativa della disposizione in esame porterebbe a dire che il curatore, subentrato ex lege nel contratto preliminare, a seguito della decisione del giudice subentri nel contratto definitivo, ma questa interpretazione sarebbe ancor più incongrua della precedente dato che nella fattispecie in esame un contratto definitivo non esiste dal momento che con la domanda ex art. 2932 c.c. una parte contrattuale del preliminare chiede l’emissione di una sentenza (nel caso di un decreto di accoglimento della domanda da parte del giudice delegato o del tribunale in sede di opposizione) costitutiva che produca lo stesso effetto specifico di dare vita al contratto non concluso proprio per sopperire alla mancata stipula di questo a causa della carenza del consenso di una delle parti o, come nella fattispecie in esame, a causa di espressa previsione normativa; di modo che il titolo del trasferimento è costituito dal provvedimento giudiziale, che tiene luogo del contratto non concluso producendone i medesimi effetti che sarebbero discesi dalla normale conclusione del contratto definitivo, e non da questo che, appunto, le parti non hanno stipulato, e del quale, quindi, il curatore non può diventare parte.
In ogni caso, qualora la norma avesse voluto affermare che con l’accoglimento della domanda di esecuzione del preliminare il curatore diventa parte del contratto definitivo, in primo luogo, la stessa non avrebbe dovuto far riferimento al subentro in un contratto che non c’è, ma statuire che tale organo assume i diritti e gli obblighi della parte contrattuale derivanti dalla decisione che tiene luogo del contratto definitivo. Il curatore non subentra nella sentenza o in altro provvedimento giudiziario, ma in un contratto, e subentra in un contratto ancora ineseguito o non compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti (per usare l’espressione di cui al comma 1 dell’art. 172), ossia in un contratto pendente al momento in cui è aperta la procedura di liquidazione giudiziale; in quel momento l’unico contratto pendente in cui il curatore possa subentrare è quello preliminare e non certo il definitivo.
Ma ammesso anche che il legislatore, con l’aggiunta in esame abbia voluto dire, seppur in modo atecnico, che il curatore, subentrato ex lege nel contratto preliminare, assume i diritti e gli obblighi della parte contrattuale derivanti dalla decisione che tiene luogo del contratto definitivo, quanto meno, nel parlare di subentro nel contratto, avrebbe dovuto precisare che si tratta del subentro nel contratto definitivo, visto che il comma 3 dell’art. 173, in cui l’aggiunta è stata inserita, è dedicato esclusivamente al preliminare avente ad oggetto il bene primario della casa di abitazione o la sede dell’impresa e ai diritti del promissario acquirente.
Tuttavia, se così fosse, la precisazione circa il subentro nel contratto definitivo sarebbe del tutto superflua. Posto, infatti, che si presuppone in questa fattispecie in esame che il curatore sia subentrato automaticamente nel preliminare, non vi sarebbe stato alcun bisogno di precisare che lo stesso subentra nel contrato definitivo o negli effetti del provvedimento che tiene luogo di esso in quanto questa sarebbe stata una conseguenza naturale del subentro nel preliminare. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che il contratto definitivo, come anche il provvedimento del giudice ex art. 2932 c.c., costituisce l’attuazione del preliminare determinando l’effetto traslativo del diritto di proprietà che i contraenti del preliminare si erano obbligati a realizzare, per cui la partecipazione al contratto definitivo (termine più corretto che il subentro nel …) del curatore della liquidazione giudiziale aperta a carico del promittente venditore è la logica ed automatica conseguenza del subentro dello stesso organo nel preliminare che contemplava appunto l’obbligo di stipulare il definitivo, che diventa l'unica regolamentazione del rapporto tra le parti[12], e implicava che, in mancanza, l’altra parte potesse ottenere un provvedimento del giudice che tenesse luogo del contratto non stipulato.
Superfluità ben evidenziata dal comma 4 dell’art. 173 che descrive le conseguenze che derivano “in tutti i casi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita” indicando effetti che non sono certo collegabili al preliminare, ma al contratto definitivo quale ad esempio il trasferimento dell’immobile o la cancellazione “dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo nonché delle ipoteche iscritte sull’immobile. Su questa disposizione si tornerà in prosieguo, qui mette conto sottolineare come essa dia per scontato che, “in tutti i casi di subentro del curatore nel contratto preliminare” (nuovo incipit del comma 4 che comprende sia il subentro ex lege del curatore che quello a seguito del provvedimento del giudice ex art. 2932 c.c. di cui tratta l’aggiunta della parte finale del comma 3) possano seguire gli effetti tipici del contratto definitivo o di un provvedimento del giudice che tenga luogo dello stesso, dai quali derivano gli effetti traslativi ed altri tipici di cui al tratta il comma 4, senza fare alcun accenno al contratto definitivo o provvedimenti sostitutivi giudiziali, a dimostrazione della superfluità di richiami per la ragione in precedenza esposta.
Ovviamente tutto questo discorso poggia sul presupposto che la norma di cui all’art. 173, comma 3, con l’ambigua formula secondo cui il contratto non si scioglie sempre che il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione, abbia inteso affermare il subentro ex lege del curatore nel contratto preliminare, del che, come visto non vi è certezza. Tuttavia i dubbi sulla disposizione aggiunta con il terzo correttivo rimangono anche nel caso di non subentro automatico del curatore nel preliminare perché, alla fin fine, delle due: o il curatore non è subentrato ex lege nel preliminare, ed allora il subentro nel definitivo o negli effetti del provvedimento ex art. 2932 c.c. incorrerebbe nell’ulteriore salto logico di dover presumere che il curatore diventi parte del contratto definitivo senza essere diventato parte del contratto preliminare cui la decisione del giudice ha dato esecuzione forzata; oppure si muove dal concetto che il curatore sia già subentrato per legge nel preliminare, ed allora la norma aggiunta di recente che collegherebbe il subentro del curatore al contratto definitivo o ad un provvedimento sostitutivo sarebbe superflua sia in base ai principi generali sia in virtù degli effetti descritti nel comma 4.
L’ipotesi più accreditata rimane pertanto quella che, come ipotizzato nella Relazione al terzo decreto correttivo, il recente legislatore intendesse dire che con l’accoglimento della domanda il curatore subentra nel contratto preliminare, posto che questo è l’unico che viene preso in esame nei commi interessati[13], pur indicando alcuni effetti prodotti dal definitivo, seppur illogicamente collegati al preliminare, come si è visto. Ed allora, se il curatore subentra nel contratto preliminare (e a maggior ragione se subentra nel contratto definitivo senza essere prima subentrato nel preliminare) soltanto con il provvedimento del giudice delegato o del tribunale in sede di impugnazione che accoglie la domanda di adempimento, rimane senza risposta la domanda già formulata: a che titolo il curatore è chiamato in causa al fine di ottenere l’adempimento del contratto preliminare?