Si tratta di una disciplina piuttosto oscura e certamente innovativa, poiché il promissario acquirente non è ancora proprietario del cespite, non può limitarsi ad esercitare questo diritto potestativo in via stragiudiziale e la sua domanda non può essere una domanda di rivendica come quella degli altri terzi, che assumono diritti sui beni compresi nella procedura ex art. 210[5]: oltretutto, il terzo promissario acquirente potrebbe già essere nel possesso dell’immobile adibito ad uso abitativo, secondo il paradigma del contratto preliminare ad effetti anticipati e non esigere la consegna del cespite ma solo l’effetto traslativo reale. Si è riferito in proposito di una domanda ex art. 2932 c.c. proposta nelle forme del rito di ammissione al passivo[6]. Si tratta però di una conclusione che va vagliata con cautela, anche perché da un punto di vista sistematico essa finirebbe per attribuire la funzione giurisdizionale costitutiva di cognizione ex art. 2908 c.c. al giudice delegato o al Tribunale in sede di opposizione, rinvigorendo assai il dibattito sulla natura del giudizio di verificazione[7]. Oltretutto, chiarito dal legislatore del 2024 che il subentro nel contratto da parte del curatore deriva dall’accoglimento della domanda di «esecuzione del preliminare», si dovrebbe comunque escludere che questa azione sia in senso proprio quella di cui all’art. 2932 c.c., che ha una indiscussa matrice contrattuale. Si tratta di una norma verosimilmente ispirata alla figura giurisprudenziale della surrogazione retroattiva in materia di prelazione agraria, da cui pur si distingue per molti profili[8].
Prima però di vagliare la natura di questa peculiare domanda giudiziale, conviene dapprima sottolineare una novità apparentemente pacifica e cioè che il legislatore del CCII, con questa finale innovazione rispetto all’originario comma 8 dell’art. 72 L. fall., ha imposto la via giudiziale per il promissario acquirente, tenuto ad esperire una non meglio definita «domanda di esecuzione» del contratto preliminare secondo le regole del concorso formale[9], al primario scopo di garantire il contraddittorio con tutti i creditori concorsuali e soprattutto con l’eventuale creditore ipotecario[10]. Di ciò è del resto riprova l’introduzione ad opera del terzo correttivo di cui al D.Lgs. n. 136/2024 del comma 3 bis, che prevede il potere di impugnazione da parte del creditore ipotecario[11]. Nel regime normativo attuale, pare comunque venuta meno la possibilità che intervenga una mera manifestazione stragiudiziale della volontà del promissario acquirente di immobile ad uso abitativo, che obblighi il curatore ad inserire nel programma di liquidazione la vendita del cespite, previa autorizzazione da parte del GD, da attuarsi mediante rogito notarile[12].
D’altra parte, però, con questa domanda giudiziale è indubbio che il promissario acquirente cd. debole eserciti un diritto potestativo, soggetto al termine decadenziale proprio del regime delle domande di insinuazione al passivo, in mancanza del quale il contratto perde efficacia ex art. 172 CCII.
Si tratta certamente di una fattispecie di diritto potestativo assai peculiare, che va però tenuta distinta dal potere di azione riconducibile al paradigma dell’art. 2932 c.c.: in seno al quale, invero, l’attore lamenta l’inadempimento al contratto preliminare ed all’obbligo attuale del convenuto di stipulare il contratto definitivo, che invece non fa capo al curatore. A differenza del comma 1 dell’art. 173 CCII, l’azione in esame risulta in primo luogo soggetta al principio del concorso formale ed è solo per effetto del suo esercizio in concreto che il curatore è tenuto a darvi esecuzione. Non opera qui la lex conctractus, come invece in seno al comma 1 sopra ripercorso, bensì integralmente la lex concursus. Essa, pertanto, non è in ogni caso l’azione ex art. 2932 c.c., cui fa riferimento il comma 1 dell’art. 173 CCII, poiché il promissario acquirente non è tenuto a provare l’inadempimento del contratto preliminare da parte del debitore in bonis, che invece costituisce il fondamento dell’azione ex art. 2932 c.c., che viene inquadrata sul piano sistematico quale azione di adempimento contrattuale, pure nella sua peculiarità di azione costitutiva[13].
Invero, i presupposti – ergo, i fatti costitutivi - di accoglimento di questa domanda giudiziale di «esecuzione del preliminare» sono altri: un contratto preliminare tempestivamente trascritto e la cui trascrizione produce ancora i propri effetti, da cui «risulta» che abbia per oggetto un immobile ad uso abitativo o adibito all’esercizio dell’impresa da parte del promissario acquirente[14], oltre alla manifestazione di volontà di quest’ultimo di ottenere l’effetto traslativo reale e divenire perciò proprietario.
Questa manifestazione di volontà si inquadra – a differenza dell’azione ex art. 2932 c.c. – quale diritto potestativo sostanziale del promissario acquirente e così potere cd. formativo e non Gestaltungsklagerecht, che necessita a nostro avviso della sottoscrizione del promissario acquirente o della procura ad negotia del difensore, in estensione alla procura alle liti[15], il cui esercizio può però ora essere svolto solo con la domanda giudiziale, che tale manifestazione di volontà sostanziale conterrebbe[16]. Un diritto potestativo sostanziale che assume le fattezze più di un’azione di retratto di matrice reale, che non di un’azione di adempimento contrattuale[17]. Spicca infatti come assolutamente peculiare di questo diritto potestativo il fatto che viene esercitato nei confronti di un terzo rispetto al contratto preliminare e per essere soggetto ad un termine decadenziale, decorso il quale il contratto preliminare è da considerarsi ormai privo di effetti: si tratta di un termine di decadenza che non è previsto per l’azione ex art. 2932 c.c., soggetta all’ordinario termine decennale di prescrizione quale azione contrattuale[18]. La norma, infatti, fa riferimento non solo alle modalità, ma anche «ai termini» previsti per la domanda di ammissione al passivo, ovvero al regime decadenziale delle domande tempestive o tardive[19].
Inoltre, poiché questo diritto potestativo sostanziale riconosciuto al promissario acquirente cd. “debole” e con preliminare tempestivamente trascritto, è previsto dalla lex concursus e non dalla lex contractus, il suo esercizio si esaurisce in seno alla procedura concorsuale. La scadenza del termine decadenziale comporta l’estinzione del rapporto derivante dal preliminare e la definitiva acquisizione del cespite alla massa attiva da liquidare.
Pertanto, lungi dal comportare l’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di trasferimento dell’altro contraente – che a rigore potrebbe anche mancare -, con questa domanda il promissario acquirente esercita piuttosto un diritto potestativo sostanziale nei confronti della curatela assai simile all’azione reale di retratto, che produce l’effetto traslativo reale, sia pur condizionato al pagamento integrale del prezzo, di cui verosimilmente deve essere fatta offerta informale nella stessa domanda di ammissione al passivo o comunque al momento della decisione. Non si ritiene tuttavia che detta offerta rilevi ai fini dell’ammissibilità della domanda, come invece avviene in seno all’art. 2932, comma 2, c.p.c., quanto semmai ai fini del suo accoglimento nel merito. Il giudice, infatti, nell’accertare che il bene deve uscire dalla massa attiva da liquidare, deve al contempo accertare il residuo dovuto alla curatela ed il promissario acquirente deve dar prova degli acconti versati al debitore in bonis con mezzi tracciabili. Tale rilievo si fonda sul coordinamento tra il comma 3 ed il comma 4 dell’art. 173 CCII. Infatti, con il terzo correttivo di cui al D.Lgs. n. 136/2024 è stato previsto al comma 3 che «per effetto dell’accoglimento della domanda» il curatore subentra nel contratto, con conseguente applicazione anche per questa ipotesi del comma 4, ai sensi del quale il giudice delegato procede alla purgazione delle ipoteche e degli altri vincoli gravanti sul bene. Il curatore subentra anche nell’eventuale obbligo del debitore in bonis di cancellazione delle ipoteche preesistenti ma il regime giuridico di questo obbligo è quello disciplinato dal comma 4, che indistintamente condiziona la cancellazione delle ipoteche e degli altri vincoli al versamento dell’intero prezzo o del residuo dovuto, a fronte della opponibilità degli acconti versati con mezzi tracciabili al debitore in bonis.
Questo rinvio implicito al comma 4, che spiega anche questo nuovo inciso del III comma, conferma che il decreto di accoglimento del Giudice delegato - o del Tribunale in sede di opposizione allo stato passivo - della domanda «di esecuzione» del preliminare, non si limita ad accertare l’effetto sostanziale di subentro del curatore nel contratto preliminare prodotto dall’esercizio del diritto potestativo con la domanda giudiziale. Il petitum di questa domanda è la «esecuzione del preliminare» in seno ad un giudizio ove si controverte sul diritto al bene da parte del riscattante, similmente alle domande dei terzi rivendicanti ex art. 210 CCII: il provvedimento del Giudice delegato o del Tribunale consiste nell’accertare se il bene debba o meno uscire dalla massa attiva da liquidare, al contempo soddisfacendo la pretesa del promissario acquirente sul bene e fondata sul vincolo derivante dalla trascrizione del contratto preliminare. Di ciò è conferma il nuovo comma 3 bis, che riconosce il potere al creditore ipotecario di impugnare il provvedimento di accoglimento, lamentando il prezzo incongruo[20].
Pertanto, il giudice accerta anche l’effetto traslativo reale derivante dal legittimo esercizio di quel diritto potestativo di riscatto, che solo per ragioni di contraddittorio concorsuale il legislatore impone fin da subito nelle forme giudiziali e non in via meramente stragiudiziale.
Il curatore può infatti contestare la sussistenza di questo diritto potestativo, che fa capo solo al promissario acquirente non inadempiente, in base a contratto preliminare assistito da trascrizione tempestiva ed ancora efficace e da cui risulta la destinazione del cespite, o finanche sollevare eccezione revocatoria per prezzo ingiusto ex art. 166, comma 3, lett. c) e 203, comma 1, CCII[21].
A differenza degli altri casi di subentro del curatore nel contratto preliminare cui si riferisce l’incipit del comma 4 («In tutti i casi»), in questo non interviene più, a differenza del regime previgente della legge fallimentare, una vendita notarile autorizzata dal giudice delegato, che deve solo dar corso alla purgazione del bene dalle ipoteche e dagli altri vincoli, previa riscossione del prezzo o del saldo.