di La Redazione
Una persona fisica aveva stipulato un contratto preliminare con una società cooperativa edilizia relativa a un immobile, contratto che è stato trascritto nei registri immobiliari. In precedenza, la stessa società aveva contratto un mutuo fondiario con rogito notarile per un importo significativo. L'ipoteca iscritta presso la Conservatoria dei RR.II. di Milano era stata successivamente frazionata, gravando sull'immobile per una quota pari a una determinata somma. La banca mutuante aveva quindi avviato un’azione esecutiva con atto di pignoramento notificato e trascritto. Successivamente, la società debitrice veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Milano.
Il Giudice Delegato del Tribunale competente aveva autorizzato il curatore a subentrare, ai sensi dell'art. 72, ultimo comma, L. fall., nel contratto preliminare, poiché l'acquirente aveva già versato per intero il prezzo dell'immobile prima della dichiarazione di fallimento. Il medesimo provvedimento disponeva anche la cancellazione dei gravami ipotecari sull'immobile in oggetto.
La cessionaria del credito ipotecario ha presentato reclamo ai sensi dell’art. 26 L. fall. contro tale decreto, che è stato respinto dal Tribunale competente con provvedimento successivamente corretto. La società ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 72 e 108 L. fall., in relazione agli artt. 2645 bis c.c. e 2808, 2878, 2882 c.c., ritenendo erronea la qualificazione del contratto definitivo come “vendita concorsuale”, stigmatizzando la cancellazione dell'ipoteca e la mancata prevalenza dei diritti del creditore ipotecario.
Si sono costituiti in giudizio sia l'acquirente che il Fallimento della società.
Con ordinanza interlocutoria la causa è stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, in effetti avvenuta.
La questione centrale ha riguardato la possibilità di applicare l'art. 108, comma 2, L. fall. a una vendita di immobile attuata senza una procedura competitiva, ma in esecuzione di un contratto preliminare in cui il curatore subentra.
Le Sezioni Unite hanno innanzitutto osservato che l'art. 72, comma 7, L. fall. prevede che, in caso di scioglimento del contratto preliminare trascritto, l'acquirente può far valere il proprio credito nel passivo, ma non ha diritto al risarcimento del danno, beneficiando del privilegio di cui all'art. 2775 bis c.c. Tuttavia, tale privilegio è subordinato a una specifica forma di pubblicità costitutiva, e di conseguenza, rimane subordinato alla priorità dell'ipoteca iscritta sull'immobile dal creditore ipotecario, in conformità con l’ordine delle trascrizioni.
Le Sezioni Unite hanno sottolineato che, in base all’art. 72, ultimo comma, L. fall., esiste una deroga al diritto del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare per determinati immobili (quelli destinati ad essere usati come abitazione principale del debitore o a sede principale della relativa attività d'impresa). Pertanto, si è posto il quesito se il subentro del curatore in tale contratto possa essere considerato una “vendita concorsuale” o meno.
La risposta della Corte è stata negativa. Le Sezioni Unite hanno escluso che il subentro del curatore nel contratto preliminare, ai sensi dell'art. 72 L. fall., possa qualificarsi come una vendita concorsuale, poiché tale operazione non avviene nell’ambito di una procedura contrassegnata da pubblicità e competitività, ma in adempimento di obblighi contrattuali assunti dal fallito. La vendita concorsuale, infatti, presuppone una procedura esecutiva in cui il curatore agisce nell'interesse esclusivo del ceto creditorio, come previsto dall'art. 107 L. fall., con la garanzia della massima pubblicità e partecipazione.
Le Sezioni Unite hanno ribadito che l'art. 108 L. fall., che disciplina il potere purgativo del giudice delegato, si applica esclusivamente alle vendite effettuate nel perimetro di una procedura concorsuale, e non al caso del subentro del curatore in un contratto preliminare, in cui non si svolge una vendita esecutiva coattiva.
Infine, la normativa introdotta dal nuovo Codice della crisi di impresa, in particolare l’art. 173, comma 4, CCII, non impatta, ad avviso della Corte, sulla soluzione del quesito, non essendo applicabile ratione temporis al caso di specie, riguardando solo le procedure avviate dopo l'entrata in vigore del nuovo codice. Tale disposizione non può essere invocata neppure come elemento interpretativo.