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Saggio

È ammissibile un concordato liquidatorio nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ex D.Lgs. n. 270/1999?*

Annamaria Dentamaro, Professoressa ordinaria di Diritto commerciale nell’Università di Foggia

20 Ottobre 2025

*Saggio sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il mancato rinvio al primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi primo comma dell’art. 314 L. fall.) da parte del terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, impedisce, ad avviso dell’Autrice, nel normale contesto di una procedura di amministrazione straordinaria ex D.Lgs. n. 270/1999 l’applicazione della disciplina del concordato fallimentare di cui all’art. 124 L. fall. (oggi art. 240 L. fall.) essendo le due procedure mosse da finalità opposte: conservative la prima, liquidatorie la seconda. Ad una medesima conclusione è necessario giungere anche quando ex art. 73, quarto comma, D.Lgs. n. 270/1999 la procedura di amministrazione straordinaria, stante l’avvenuta cessazione dell’attività d’impresa, sia equiparata, ad ogni effetto, ad una procedura concorsuale liquidatoria ai sensi del terzo comma dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999. In tal senso depone il combinato disposto degli artt. 74, primo comma, lett. b), e 78, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999 da cui emerge che la procedura può chiudersi con il passaggio in giudicato della sentenza che ha approvato il concordato sulla base dei criteri, coessenziali, «della convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura» o, in alternativa, con la ripartizione dell’attivo.
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1 . Disciplina della chiusura della procedura di amministrazione straordinaria ex D.Lgs. n. 270/1999
Prima di affrontare la specifica questione della proponibilità nel corso di una amministrazione straordinaria di un concordato meramente liquidatorio, è utile riportare in breve la disciplina della chiusura della procedura disciplinata dal D.Lgs. n. 270/1999 [1] che, come noto, si caratterizza per una struttura procedimentale bifasica: una fase intermedia (c.d. osservativa), che si inserisce tra la declaratoria dello stato di insolvenza e il decreto che ammette l’impresa all’amministrazione straordinaria o, in alternativa, dichiara il fallimento/liquidazione giudiziale. Ai fini dell’apertura è, infatti, richiesta, oltre alla dichiarazione dello stato di insolvenza da parte del tribunale [2], una valutazione, proveniente dal medesimo, in merito alla sussistenza delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, recupero dell’equilibrio delle attività imprenditoriali che potrà essere realizzato mediante gli indirizzi tipizzati dall’art. 27, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999 e dunque mediante cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio d’impresa per un periodo non superiore ad un anno, oppure, in via alternativa, ristrutturazione, tramite un piano di risanamento di durata non superiore a due anni [3]. 
La procedura di cui si discorre può chiudersi per il verificarsi di alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge ovvero per: 
a) conversione in liquidazione giudiziale in corso di procedura ex art. 69 D.Lgs. n. 270/1999 («Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento») o al termine della procedura ex 70 D.Lgs. n. 270/1999 [«Il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento: a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall'articolo 66; b) quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma»]; 
b) chiusura per le cause di cui all’art. 74 D.Lgs. n. 270/1999 generali [«1. La procedura di amministrazione straordinaria si chiude: a) se, nei termini previsti dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, non sono state proposte domande di ammissione al passivo; b) se, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente ha recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; c) con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato» di cui all’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999] e speciali [«2. Se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, la procedura di amministrazione straordinaria si chiude altresì: a) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati i compensi agli organi della procedura e le relative spese; b) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo; b-bis) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere accertata dal commissario straordinario con la relazione di cui all'articolo 40, comma 1 bis»] [4]. 
Occorre ancora considerare che nel corso della chiusura ed esattamente nel contesto di una chiusura ex art. 74, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999, può inserirsi, d’ufficio o su istanza del commissario straordinario, la decretazione della cessazione dell’attività d’impresa ex art. 73, primo comma, D.Lgs. n. 270/1999 secondo cui «Nei casi in cui è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma, originario o prorogato a norma dell'articolo 66, è avvenuta la integrale cessione dei complessi stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa». Ed è interessante infine considerare che, ai sensi del terzo comma dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999, a far data da questo decreto, l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria». 
Tale ulteriore circostanza – decretazione della cessazione dell’attività di impresa – inserita nel corso della già avviata procedura di chiusura della amministrazione straordinaria ex art. 74, secondo comma, lett. a) o b), D.Lgs. n. 270/1999, non ne muta, per così dire, il percorso di chiusura già avviato: ed infatti, sintetizzando al massimo, a cessione programmata avvenuta, si procederà alla ripartizione dell’attivo realizzato ex art. 67 D.Lgs. n. 270/1999 [5], nel rispetto degli artt. 74 ss. D.Lgs. n. 270/1999, al quale (attivo) si aggiungerà, ai sensi dell’art. 74, quarto comma, D.Lgs. n. 270/1999, l’attivo realizzato dalla liquidazione degli eventuali beni residui (non inclusi nella cessione) acquisiti all'attivo per i quali varranno le disposizioni previste dagli artt. 42 [6], 62 [7], 64 [8] e 65 [9] D.Lgs. n. 270/1999; infine ex art. 75 D.Lgs. n. 270/1999 verrà dichiarata la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria con decreto motivato dal tribunale, su istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio. 
La decretazione di cessazione dell’attività di impresa, a ben vedere, inserita nel corso della già avviata procedura di chiusura dell’amministrazione straordinaria ex art. 74, secondo comma, lett. a) o b), D.Lgs. n. 270/1999 è piuttosto funzionale a mutare la finalità, lo scopo della procedura di amministrazione straordinaria: non più procedura conservativa, bensì ex lege equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale puramente liquidatoria. 
Ed esattamente in tale contesto procedimentale di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria che il legislatore ha di recente introdotto una ulteriore causa di conversione della procedura di cui si discute in liquidazione giudiziale. 
Recita il comma 1 bis dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999 che «Con l'istanza di cui al comma 1 [quella con cui si è chiesta la cessazione dell’attività], il commissario straordinario, previa autorizzazione ministeriale, chiede al tribunale la conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale […]. La richiesta di conversione di cui al primo periodo può essere presentata anche successivamente e, in tale ipotesi, si applicano gli articoli 71 e 72». 
Si tratta di una ulteriore ipotesi di chiusura dell’amministrazione straordinaria, introdotta nel nostro ordinamento dall’ultimo correttivo, per conversione in liquidazione giudiziale al termine della procedura che si verifica quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, a differenza del caso già disciplinato, tale cessione è avvenuta e il commissario straordinario ha chiesto (o, meglio, ottenuto??) la cessazione dell’attività. 
La disposizione da poco introdotta non è certamente tra le più chiare e ciò ove solo si consideri che, alla lettera, la stessa parrebbe consentire di chiedere e ottenere la conversione predetta purché ci sia una istanza di cessazione dell’impresa, a prescindere dalle sorti dell’istanza di cessazione (che potrà pure apparire scontata nell’esito, ma che così non è detto sia). E le perplessità non mutano ove l’istanza di conversione di specie venga presentata successivamente alla presentazione dell’istanza di cessazione. In altri termini, alla lettera, l’istanza di conversione di nuovo conio non sembra essere subordinata alla decretazione della cessazione dell’impresa, bensì alla mera presentazione dell’istanza di cessazione. 
A prescindere da questa e da altre problematiche che sembrano emergere dalla lettura di questa norma, ove l’istanza di conversione ex art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 venga presentata a decretazione di cessazione attività avvenuta ex art. 73, primo comma, D.Lgs. n. 270/1999, l’istanza di conversione ex art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 si presenta del tutto peculiare trattandosi di una istanza di conversione di una procedura (di amministrazione straordinaria già) equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale liquidatoria in altra procedura concorsuale liquidatoria (la liquidazione giudiziale). Tale considerazione induce a ritenere, in merito alla ratio legis di tale ultimo intervento riformatore, che l’introduzione dell’art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 sia piuttosto legata all’intento di alleggerire/liberare il MIMIT dalle successive incombenze procedurali esclusivamente liquidatorie della procedura di amministrazione straordinaria che vengono così attribuite alla autorità giudiziaria. 
Per mera completezza espositiva si rammenta che il Decreto Legge 18 gennaio 2024, n. 4 recante «Disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico» convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 2024, n. 28 (in G.U. 18/03/2024, n. 65), ha disposto (con l'art. 4 bis, comma 2) che la modifica apportata con il predetto comma 1 bis fosse applicabile «alle procedure aperte dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e a quelle che si trovano, a tale data, ancora nella fase di esecuzione del programma autorizzata ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270». 
2 . Disciplina del concordato in amministrazione straordinaria
Qualche riflessione occorre ora sviluppare in merito alla regolamentazione del concordato in amministrazione straordinaria [10], la cui disciplina è contenuta negli artt. 78-79 D.Lgs. n. 270/1999. Recita in particolare l’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999:
«1. Dopo il decreto previsto dall'articolo 97 della legge fallimentare, il Ministero dell'industria, su parere del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l'imprenditore dichiarato insolvente o un terzo a proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni dell'articolo 152 della legge fallimentare, se si tratta di società. 
2. L'autorizzazione è concessa tenuto conto della convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura. 
3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214, secondo, terzo, quarto e quinto comma della legge fallimentare, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario. I termini per proporre l'appello e il ricorso per cassazione previsti dal quarto comma dello stesso articolo 214 decorrono dalla comunicazione della sentenza soggetta ad impugnazione». 
La disposizione ora riportata non esaurisce la regolamentazione dell’istituto di cui si intende discorrere in questa sede, rinviando il terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, all’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) e dunque alla disciplina del concordato in tema di liquidazione coatta amministrativa [11]. Tale rinvio si situa, a ben vedere, nel solco di una opzione legislativa che vuole che alla procedura dell’amministrazione straordinaria per quanto non previsto si applichi la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Ciò a chiare lettere è quanto si evince dall’art. 36 D.Lgs. n. 270/1999 secondo cui «Per quanto non previsto dal presente decreto, si applicano alla procedura di amministrazione straordinaria, in quanto compatibili, le disposizioni sulla liquidazione coatta amministrativa, sostituito al commissario liquidatore il commissario straordinario». 
Ora, se ci si limitasse ad intendere il terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 come una norma di mero rinvio alla disciplina del concordato dettata in tema di liquidazione coatta amministrativa, la stessa disposizione apparirebbe ultronea alla luce del sopra citato art. 36 D.Lgs. n. 270/1999, sulla scorta del quale sarebbe in effetti raggiungibile lo stesso risultato applicativo. Rileggendo perciò il terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 alla luce di questa semplice preliminare considerazione, non può non cogliersi il senso del rinvio contenuto in questa disposizione all’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) che è invece esattamente quello di limitare la disciplina del concordato in tema di liquidazione coatta amministrativa applicabile al concordato in tema di amministrazione straordinaria alla sola di cui ai commi secondo, terzo, quarto e quinto di cui all’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII). Così evidentemente rinvenendo/esplicitando una ipotesi di incompatibilità ex lege della disciplina di cui al primo comma dell’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) in punto di liquidazione coatta amministrativa con la procedura di amministrazione straordinaria. Incompatibilità del resto fatta espressamente salva dallo stesso art. 36 D.Lgs. n. 270/1999. In questi termini, il primo comma dell’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) (cui espressamente non rinvia il terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999) non rappresenta altro che una delle incompatibilità, fatte espressamente salve dall’art. 36 D.Lgs. n. 270/1999, che impediscono l’applicazione dell’intera disciplina della liquidazione coatta amministrativa alla procedura di amministrazione straordinaria. 
Proseguendo nella lettura della disciplina, proprio il primo comma dell’art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) – la cui applicazione si è visto essere incompatibile ex artt. 36 e 78, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999 con la procedura di amministrazione straordinaria – recita che «L'autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l'impresa in liquidazione, uno o più creditori o un terzo a proporre al tribunale un concordato, a norma dell'articolo 124, osservate le disposizioni dell'articolo 152, se si tratta di società». 
Per quanto immediatamente interessa in questa sede, emerge a chiare lettere che, se, da un lato, alla procedura di liquidazione coatta amministrativa è applicabile la disciplina del concordato fallimentare [12], dall’altro, ex artt. 36 e 78, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999 alla procedura di amministrazione straordinaria non è applicabile, in quanto incompatibile, la disciplina del concordato fallimentare. 
E che questa rappresenti una precisa opzione legislativa, a tacer d’altro e per quanto oltre si avrà meglio modo di argomentare, chiaramente emerge da una disposizione speciale che invece ha espressamente disposto (ha dovuto espressamente disporre perché evidentemente in mancanza non sarebbe stato possibile) l’applicazione dell’intero art. 214 L. fall. (ora art. 314 CCII) [dunque ivi incluso il suo primo comma e, per l’effetto, l’art. 124 L. fall. (ora art. 240 CCII)] ad alcune procedure di amministrazione straordinaria. Siamo in tema di procedure di amministrazione straordinaria protratte da molti anni e aperte sotto la vigenza della "vecchia" legge Prodi [13], che, dopo l'abrogazione della legge n. 95 del 1979 dovuta al D.Lgs. n. 270/1999, conseguente all'avvio di procedimenti di infrazione comunitaria per essere stata la "vecchia" legge iscritta nel registro degli aiuti di stato non notificati, avevano già assunto veste esclusivamente liquidatoria, in base all'art. 1, comma 498, della 1. 27 dicembre 2006, n. 296 [14]. Ci si riferisce al terzo comma dell’art. 8, rubricato «Impresa e mercato», contenuto nel D. L. 13 maggio 2011, n. 70 Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia. (11G0113), Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 (in G.U. 12/7/2011, n. 160) secondo cui «Per accelerare la chiusura delle procedure di amministrazione straordinaria che si protraggono da molti anni si dispone quanto segue: a) entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i commissari liquidatori nominati a norma dell'articolo 1, comma 498, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nelle procedure di amministrazione straordinaria disciplinate dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, per le quali non risultino avviate le operazioni di chiusura, provvedono a pubblicare un invito per la ricerca di terzi assuntori di concordati da proporre ai creditori, a norma dell'articolo 214 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e secondo gli indirizzi impartiti dal Ministero dello sviluppo economico, dando preferenza alle proposte riguardanti tutte le società del gruppo poste in amministrazione straordinaria». 
3 . Segue. Con particolare riferimento alla applicabilità alla amministrazione straordinaria ex art. 270/1999 del primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) e dunque dell’art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII). Sulla formazione delle classi
In vero sulla applicabilità alla amministrazione straordinaria ex D.Lgs. n. 270/1999 dell’intero art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) [e, per l’effetto, dell’intero art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII)] si registrano posizioni dottrinarie di diverso avviso. 
Secondo una parte della dottrina, «il fatto che il decreto correttivo abbia fortemente innovato nel contenuto e nella struttura l'art. 214, L. fall., e gli articoli ivi richiamati, senza aggiornare il D.Lgs. n. 270 del 1999 o comunque coordinare le norme, determina una serie di difficoltà interpretative che impongono una scelta di fondo. Si tratta di stabilire se la legge ha prodotto una serie di abrogazioni e modificazioni implicite oppure no. L'impostazione complessiva della riforma e l'evidente processo di armonizzazione ispirato originariamente proprio all'amministrazione straordinaria, fanno propendere per una interpretazione adeguatrice in quanto compatibile» [15]. 
Dalla lettura dei contributi al riguardo disponibili, l’applicabilità dell’art. 124 L. fall. (oggi art. 314 CCII) viene argomentata o sulla scorta del solo art. 36 D.Lgs. n. 270/1999 [16] o, se ben si comprende, considerati gli inconvenienti pratici che deriverebbero dal presunto vuoto normativo che la diversa soluzione comporterebbe [17]. 
Non convince la prima argomentazione semplicemente in quanto l’art. 78, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999 non può in alcun modo consentire di affermare che al riguardo della disciplina applicabile al concordato in amministrazione straordinaria il D.Lgs. n. 270/1999 nulla preveda: il decreto non solo prevede, ma fissa pure una ipotesi di incompatibilità ex lege, escludendo dal rinvio il primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII). Ancor meno convincente appare la seconda delle argomentazioni coincidente con gli inconvenienti derivanti dalla mancanza di ogni riferimento normativo in punto di contenuto della proposta di concordato in amministrazione straordinaria, inconvenienti per lo più legati/derivanti, come vedremo, alla/dalla generalizzata propensione al trattamento dei creditori differenziato per classi [che, per l’appunto, l’espresso mancato rinvio da parte del terzo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 al primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) in effetti non consente di fare]. 
In quest’ultimo senso, infatti, si afferma che l’estensione dell’applicazione alla amministrazione straordinaria del primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) [e così dell’art. 124 L. fall. (oggi art. 314 CCII)], significa innanzitutto permettere ciò che i giudici di legittimità [che in vero si esprimevano con riguardo ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa prima che venisse riformato il primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII)] hanno in passato escluso [18] e cioè la possibilità di un trattamento differenziato per classi, sulla base dell'inammissibilità di sottrazioni all'attivo rispetto alla naturale destinazione di soddisfacimento dei creditori [19]. In questi termini, si è detto, la proposta di concordato potrebbe prevedere la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei e trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati; e potrebbe ancora prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. 
Ad una stessa soluzione, si è ritenuto, si perviene pure se si abbandona una lettura formale del tessuto normativo e si guarda alla razionalità del sistema: «se in tutti i modelli di concordato si possono formare le classi, sarebbe irrazionale che solo nel caso dell’art. 78 non fosse possibile non avendo luce alcuna possibile spiegazione. L’amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 è una procedura concorsuale di matrice amministrativa e si distingue perciò dalle procedure concorsuali giurisdizionali. Ed allora se pur fosse possibile negare una analogia col concordato nella liquidazione giudiziale e preventivo, di certo l’analogia non potrebbe che essere affermata rispetto alla liquidazione coatta amministrativa e alla amministrazione straordinaria del D.L. n. 347/2003, procedure governate pacificamente dall’autorità amministrativa. Ed ancora, non avendo in sé l’art. 78 alcun contenuto riferito alla proposta, il patto di concordato presentato dal debitore o da un terzo sarebbe del tutto svincolato dalla legge e ciò impedirebbe al tribunale o ai creditori una qualunque forma di controllo [20]. 
Senonché, non solo non può trascurarsi la dottrina di segno opposto [21], ma, in merito alla equiparazione alla liquidazione coatta amministrativa, va segnalato che una parte della dottrina dubita che anche nella l.c.a. si possano formare le classi considerata la mancanza del voto sulla proposta da parte dei creditori[22], mentre, in merito alla equiparazione alla amministrazione straordinaria del D.L. n. 347/2003, è facile obiettare che il D.L. n. 347/2003 ha dovuto prevedere quanto, in mancanza, non sarebbe stato possibile fare. 
4 . Segue. Sulle tipologie di concordati ammissibili in amministrazione straordinaria
Da parte la questione della formazione delle classi, si intendono ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni in merito al mancato rinvio al primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) [e dunque all’art. 124 L. fall. (oggi art. 314 CCII)] da parte dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999. 
Può il mancato rinvio essere in qualche modo giustificato? 
Ci si chiede, più esattamente, se alla luce della disciplina tutta contenuta nel D.Lgs. n. 270/1999, quel mancato rinvio possa giustificarsi semplicemente in quanto non necessario, sussistendo già precise regole contenutistiche del concordato in amministrazione straordinaria e che altre non sarebbero che quelle di cui all’art. 27, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999. Si intende dire che stando alla disciplina gli unici concordati proponibili in amministrazione straordinaria, dall’imprenditore dichiarato insolvente o da terzi, parrebbero i concordati di cessione e i concordati di ristrutturazione. 
Osserva una parte della dottrina che «Il concordato proposto come soluzione strutturale nell'ambito dell'indirizzo di ristrutturazione, oppure come variante dell'indirizzo di cessione, prima dell'avvenuta esecuzione dello stesso, può essere quindi definito ''straordinario'', di nome e di fatto, in quanto risponde ad un interesse pubblico specifico e non generico del tutto peculiare nel panorama delle procedure concorsuali. Un concordato diretto cioè alla conservazione dell'impresa a beneficio dell'economia in generale, e non alla liquidazione e come tale diverso da quello coattivo nella l.c.a. (anche nelle versioni speciali dettate per imprese bancarie e assicurative) e da attuare anche a costo di qualche sacrificio per il ceto creditorio (ulteriore a quello derivante dalla concorsualità) a vantaggio di altri Stakeholders, e come tale diverso da quello fallimentare. Si persegue insomma un interesse che nasce come privato, cioè dell'impresa, e che viene nobilitato dall'autorità amministrativa ''in quanto il suo soddisfacimento consente di perseguire contemporaneamente anche un interesse pubblico» [23]. 
Ad avviso di chi scrive, tuttavia, nonostante il diverso avviso di una parte della dottrina [24], sembrano invece incompatibili con la disciplina della amministrazione straordinaria concordati meramente liquidatori, da qui il mancato rinvio al primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi art. 314 CCII) e, per l’effetto, all’art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII). O quanto meno non parrebbe riferirsi a questi concordati il legislatore del D.Lgs. n. 270/1999 nell’art. 78 nonché nell’art. 74, primo comma, lett. c), D.Lgs. n. 270/1999. 
In tal senso, a tacer d’altro, depone la evidente circostanza che solo i concordati di cessione e i concordati di ristrutturazione consentono al MIMIT, previo parere del commissario e del comitato di sorveglianza, l’accertamento della sussistenza congiunta (perché in tal senso è la precisa volontà del legislatore: «L'autorizzazione è concessa tenuto conto della convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura») dei due presupposti/parametri di cui al secondo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999: «convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura». Sul piano della convenienza economica: l’autorizzazione deve «avere riguardo al possibile soddisfacimento dei creditori in sede di riparto dell’attivo realizzabile secondo la normale continuazione della procedura»; sul piano della compatibilità con il fine conservativo «sembra ragionevole tener conto della ragionevole possibilità di prosecuzione dell’attività, alla luce delle condizioni economico-finanziarie dell’impresa» [25]. E se il criterio della convenienza è chiaramente riferito ai creditori, il criterio della finalizzazione alla funzione conservativa della procedura potrebbe, perché no, persino condurre ad un diniego dell’autorizzazione da parte del MIMIT o ad una non approvazione del concordato da parte del Tribunale [26]. 
Non convincono, a fronte del chiaro dato normativo, quelle posizioni dottrinali favorevoli alla presentazione di concordati meramente liquidatori in amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 espungendo (per necessità) il criterio della «compatibilità con il fine conservativo della procedura» prima dalla valutazione ministeriale e successivamente dalla valutazione dello stesso Tribunale. 
Se il concordato si colloca nell’indirizzo di cessione ex art. 27, 2° co., lett. a), D.Lgs. n. 270/1999 sostiene una parte della dottrina, «dopo l’esecuzione del programma, esso opera come strumento liquidatorio puro e il criterio valutativo della domanda dovrà incentrarsi sulla sola convenienza per il ceto creditorio, alla luce dello scenario di comparazione, connesso all’ordinaria prosecuzione della fase liquidatoria dei beni, attività e rapporti non strettamente connessi al complesso produttivo e perciò “residui”» [27]. Ed ancora, l’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 «non esclude affatto che la proposta di concordato sopravvenga dopo che il tempo della ristrutturazione si è esaurito e cioè quando la procedura deve proseguire per la liquidazione di beni o attività o rapporti giuridici non strettamente connessi al complesso produttivo oggetto della ristrutturazione o della cessione (art. 73 D.Lgs. n. 270/1999). Una volta che il programma è stato attuato, la procedura prosegue come una normale procedura di liquidazione sì che da quel momento gli interessi da valutare saranno, soltanto, quelli dei creditori» [28]. L'interesse pubblico sotteso al concordato straordinario non può che essere unico e generale e va individuato nell'interesse alla sopravvivenza di quei valori aziendali già preventivamente privilegiati proprio in ragione dell'esclusione del fallimento a favore della procedura di amministrazione straordinaria: l'interesse pubblico consiste nel ritorno in bonis dell'impresa o comunque nel recupero della organizzazione produttiva composta di beni e rapporti. Fuori da quest'ambito, e cioè nel concordato proposto dopo l'avvenuta cessione dell'azienda, la valutazione della convenienza è sostanzialmente rimessa al solo giudizio di convenienza per i creditori, reso anche sulla base delle decisioni sulle opposizioni [29]. 
In vero, i criteri di cui al secondo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 non sembrano affatto alternativi, né il criterio della «compatibilità con il fine conservativo della procedura» può essere considerato eventuale, dovendo il medesimo necessariamente sussistere nelle valutazioni amministrativa e giudiziale per potersi poi la procedura chiudere con (il passaggio in giudicato della sentenza che approva) il concordato ai sensi dell’art. 74, primo comma, lett. c), D.Lgs. n. 270/1999 e niente induce a ritenere praticabile/ipotizzabile una diversa soluzione. Difficile ritenere che il parametro della «compatibilità con il fine conservativo della procedura» possa essere «''calibrato'' in modo diverso in situazioni diverse fino a ridursi al mero obiettivo del massimo soddisfacimento dei creditori nel concordato meramente liquidatorio» [30]. 
Come affermato in dottrina, convenienza e conservazione «costituiscono un parametro unico, od almeno unitario, ed hanno complessivamente riguardo al mantenimento dell'attività produttiva secondo i due diversi indirizzi della procedura, alla salvaguardia dell'occupazione, agli effetti per l'economia in generale derivanti dalla riallocazione ottimale delle risorse ed alla tutela dei creditori» [31]. 
Quei criteri, ad una lettura maggiormente meticolosa e attenta della disciplina, sembrano avere una funzione ben precisa: segnano/rappresentano veri e propri limiti ex lege alla presentazione di una richiesta di autorizzazione e di approvazione di un concordato di cui al primo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 e dunque limitano a ben vedere l’iniziativa dell’imprenditore dichiarato insolvente e dei terzi a procedere in tal senso: nel senso che non è consentito a questi soggetti inserirsi nello svolgimento di una procedura già in atto se non con proposte che siano migliorative rispetto ad un programma già avviato. 
Il concordato straordinario, a differenza di quello in materia di l.c.a. ex art. 214, L. fall. (oggi art. 314 CCII), non risponde quindi al tradizionale principio di separazione della tutela dei diritti, affidata all'Autorità giudiziaria, da quella degli interessi pubblici, attribuita alla pubblica amministrazione.
Viceversa la natura e le funzioni della procedura comportano che anche il sindacato dell'autorità giudiziaria, diretto a tutelare diritti soggettivi in materia concorsuale ripercorra la valutazione del ministero e riguardi sia il giudizio di convenienza per i creditori, sia il reale perseguimento dell'interesse pubblico alla conservazione, sia il rapporto e soprattutto l'equilibrio tra i due interessi. 
D'altra parte è logico che il sindacato del tribunale abbia caratteristiche simmetriche sia in fase di apertura della procedura, ove viene valutato se l'impresa presenti concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico e delle attività imprenditoriali, sia in fase di chiusura seppure nella diversa forma della convenienza e della compatibilità col fine conservativo. Ciò a differenza di quanto accade nella L. Marzano dove il giudice non può svolgere alcun accertamento su criteri adoperati per la «suddivisione dei creditori in classi, secondo interessi economici omogenei» benché si tratti di diritti soggettivi, né può svolgere alcun sindacato sul criterio di ammissione alla procedura [32]. 
5 . Segue. Brevemente sul non classamento dei creditori
E può non essere casuale, proseguendo nel ragionamento, che i creditori (che già in questa procedura non hanno diritto di voto, bensì solo di opposizione al concordato) non vengano annoverati nel primo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 tra i soggetti legittimati a presentare una richiesta di autorizzazione alla presentazione di un concordato in amministrazione straordinaria (a differenza degli altri concordati) [33]. Tale opzione legislativa può solo giustificarsi in ragione del valore recessivo della volontà dei creditori nelle modalità di risoluzione della crisi di specie [34]. 
Si consideri, a riprova, la questione delle classi.      
Le classi non rappresentano altro che una deroga al principio di ordine generale della par condicio creditorum regolato dall’art. 2741 c.c., deroga notoriamente funzionale ad agevolare il tentativo di risoluzione della crisi [alcuni creditori possono avere un interesse alla prosecuzione dell'attività d'impresa, altri alla liquidazione: il diverso classamento consente al debitore di catturare quanto più consenso possibile in ordine alla proposta che formula ai creditori, tenendo conto dei loro diversi (e spesso antitetici) interessi alla ristrutturazione]: consentendo il classamento il legislatore afferma che la par condicio è un principio soccombente rispetto all'obiettivo del risanamento. 
Ora, stando alla ricostruzione letterale della disciplina fattane in questa sede, forse il legislatore in amministrazione straordinaria “non” consentendo il classamento afferma che la par condicio è un principio “non” soccombente rispetto all'obiettivo del risanamento? O, ancora più semplicemente, occorre ammettere che se è vero che la deroga delle classi è funzionale ad agevolare il tentativo di risoluzione della crisi, in amministrazione straordinaria questa esigenza è inesistente, non c’è da agevolare un tentativo di soluzione con i creditori in quanto in tale percorso il legislatore quasi si disinteressa della loro volontà tanto alti e preminenti sono i superiori e diversi interessi da salvaguardare. Dunque non possono i creditori presentare una proposta di concordato e non possono neppure votare la proposta di altri, potendo solo opporsi ben consapevoli tutti che l’opposizione non tutelerà la loro posizione analogamente ad un diritto di voto. 
È giusto il caso di ricordare che tradizionalmente la regola della rilevanza della volontà dei creditori era quella della maggioranza: siccome il concordato preventivo doveva perseguire «il miglior interesse dei creditori», se la maggioranza di questi riteneva che quella sistemazione concordataria fosse soddisfacente, tanto bastava, fermi i requisiti di ammissibilità della domanda, a che il percorso concordatario proseguisse fino al suo fisiologico sbocco con l’omologazione. Il Codice della crisi, invece, ritiene sufficiente, nel concordato in continuità, che i creditori abbiano un trattamento non deteriore rispetto all'alternativa liquidatoria, assicurato il quale la proposta di concordato preventivo può proseguire, anche se non sia raggiunta alcuna maggioranza - e, anzi, sia approvato, a date condizioni, anche da una sola classe - al fine di garantire comunque la prosecuzione dell'attività d'impresa, in via diretta o indiretta [35]. 
Perché dunque stupisce se della volontà dei creditori ci si disinteressa, fatta salva la par conditio creditorum, in una procedura di amministrazione straordinaria con riferimento a grandi e grandissime imprese insolventi ove il perseguimento di interessi ulteriori è, e non può non essere, preminente rispetto al diritto di credito? 
Il cuore della disciplina dell'amministrazione straordinaria è la tutela dei complessi produttivi in quanto tali e del mantenimento dei livelli occupazionali e ciò è sufficiente a giustificare un rovesciamento «copernicano» della scala di valori quali risultano invece protetti nell'ambito del fallimento (ora liquidazione giudiziale) e del concordato preventivo [36].
6 . Segue. Sulla mancanza di un limite temporale alla presentazione del concordato ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999
Questa lettura della disciplina consente in vero di svolgere ulteriori considerazioni in merito alle tempistiche della presentazione del concordato conservativo di cui all’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999. 
Se, da un lato, l’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 non prevede alcun limite temporale per la presentazione del concordato in amministrazione straordinaria, dall’altro, è razionalmente inimmaginabile una proposta di concordato ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 collocata (autorizzata/approvata) dopo l’esecuzione del programma di cessione, dovendosi necessariamente collocare prima dell’esecuzione dello stesso o durante, ma in tempo utile o, chiaramente, nel corso di un programma di ristrutturazione non anche intervenire a ristrutturazione avvenuta: non potrà in altri termini farsi luogo alla autorizzazione della proposta di concordato ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 qualora questa non abbia ragionevole possibilità di essere approvata prima della scadenza del programma, perché ciò importerebbe il venir meno del fine conservativo della procedura. 
In caso di scelta dell'indirizzo della cessione, ha osservato una parte della dottrina, «bisogna distinguere chiaramente le due diverse fasi in cui è ipotizzabile una proposta concordataria: quella antecedente all'esecuzione del programma e quella successiva, tenendo conto che, laddove il programma non venga realizzato nei termini, si assiste alla conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento». La prima ipotesi, prosegue la stessa dottrina, «deve peraltro essere vista con particolare favore ed incentivata specie se concepita ed attuata sulla base di presupposti, condizioni e garanzie equipollenti al normale programma di cessione. In questo caso infatti, la soluzione concordataria presenta rilevanti vantaggi competitivi, sul piano deflativo delle procedure, della durata delle stesse ed anche dei costi, mirando soprattutto a far coincidere l'esecuzione del programma di cessione con la chiusura dell'amministrazione straordinaria ed evitando la lunga, costosa (e spesso inutile), seconda fase meramente liquidatoria» [37]. 
È evidente che simili valutazioni saranno rimesse al MIMIT, ma ancor più al Tribunale [38] che all’atto del deposito di una proposta di concordato ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 completa di autorizzazione ministeriale tenuto conto dello stato dell’attività posta nel frattempo in essere dal commissario straordinario adotterà la decisione più opportuna. 
E non è un caso se nessuna norma in effetti disponga la sospensione dell’attività del commissario straordinario per effetto del deposito di una proposta di concordato (o della richiesta di autorizzazione al MIMIT ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999): lo scopo è quello di procedere celermente nell’ottica della conservazione dell’impresa senza tuttavia precludere migliori proposte purché utilmente collocabili temporalmente. 
«Si tratta quindi di un processo complessivo di armonizzazione: nell'amministrazione straordinaria il programma del commissario deve innanzitutto individuare tipo di impresa e tipo di crisi, per scegliere i macroscenari alternativi, nell'ambito dei quali il concordato può costituire […] una modalità procedimentale pianificata (funzionale all'indirizzo di ristrutturazione di quel soggetto imprenditoriale, con l'eventuale ingresso di terzi nel capitale a modifica degli assetti) […]. È evidente che il tipo di indirizzo scelto dal commissario e la fase della procedura incideranno sulle caratteristiche del concordato, ripercuotendosi su tutto il procedimento sia nel momento genetico che in quello funzionale e sugli stessi criteri di valutazione della proposta ad opera del ministero e del tribunale. Ecco che la peculiare natura e le finalità dell'amministrazione straordinaria ci portano a enucleare non ''il'' concordato ma piuttosto ''i'' concordati. Il concordato proposto come soluzione strutturale nell'ambito dell'indirizzo di ristrutturazione, oppure come variante dell'indirizzo di cessione, prima dell'avvenuta esecuzione dello stesso, può essere quindi definito ''straordinario'', di nome e di fatto, in quanto risponde ad un interesse pubblico specifico e non generico del tutto peculiare nel panorama delle procedure concorsuali. Un concordato diretto cioè alla conservazione dell'impresa a beneficio dell'economia in generale, e non alla liquidazione e come tale diverso da quello coattivo nella l.c.a. (anche nelle versioni speciali dettate per imprese bancarie e assicurative) e da attuare anche a costo di qualche sacrificio per il ceto creditorio (ulteriore a quello derivante dalla concorsualità) a vantaggio di altri Stakeholders, e come tale diverso da quello fallimentare. Si persegue insomma un interesse che nasce come privato, cioè dell'impresa, e che viene nobilitato dall'autorità amministrativa ''in quanto il suo soddisfacimento consente di perseguire contemporaneamente anche un interesse pubblico''» [39].
7 . Il concordato nel mutato contesto liquidatorio ex art. 73, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999
Se, per quanto sopra esposto, l’istanza ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 non può che riguardare concordati conservativi (dunque non puramente liquidatori), ci si può al più chiedere cosa potrebbe invece accadere nel mutato contesto liquidatorio di cui all’art. 73, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999. È proponibile/compatibile una istanza di concordato liquidatorio con una procedura di amministrazione straordinaria che ex art. 73, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999 è stata equiparata ex lege ad ogni effetto ad una procedura concorsuale liquidatoria? E, nel caso, quale sarebbe la disciplina applicabile a questo concordato (meramente liquidatorio)? Quella ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 [e art. 214, secondo, terzo, quarto e quinto comma, L. fall. (oggi art. 314 CCII)] o quella ex art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII)? 
Con tutta una serie di intuibili conseguenze in termini di disciplina applicabile.
Ora, premesso che, per quanto detto, i criteri della convenienza del concordato e della sua compatibilità con il fine conservativo della procedura di cui al secondo comma dell’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999 impediscono di ricondurre una eventuale istanza di concordato liquidatorio (in una procedura di amministrazione straordinaria che ex art. 73, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999 è stata equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale liquidatoria) all’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, parrebbe emergere in merito ad un eventuale regolamentazione di un concordato puramente liquidatorio (qualora ammissibile) una lacuna normativa colmabile, nel caso, ex art. 36 D.Lgs. n. 270/1999 con un rinvio alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa.
Poiché tuttavia l’unica disposizione in tema di concordato nella liquidazione coatta amministrativa è sempre e ancora l’art. 214 L. fall. (oggi l’art. 314 CCII), si potrebbe a questo punto ritenere che in una procedura di amministrazione straordinaria equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale liquidatoria ex art. 73, terzo comma, D.Lgs. n. 270/1999, venuto meno il fine conservativo della procedura, non vi sarebbe ragione di escludere l’applicazione anche del primo comma dell’art. 214 L. fall. (oggi l’art. 314 CCII), così da rendere possibile, per il rinvio in questo comma contenuto all’art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII), l’applicazione alla amministrazione straordinaria/procedura concorsuale liquidatoria della disciplina del concordato liquidatorio fallimentare ivi incluso il suo terzo comma. 
Si potrebbe in altri termini sostenere che se nel normale contesto procedurale per così dire conservativo della procedura di amministrazione straordinaria è proponibile solo un concordato ex art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, in un contesto procedurale liquidatorio (art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999) della procedura di amministrazione straordinaria potrebbe essere invece proponibile, ex art. 36 D.Lgs. n. 270/1999, un concordato ex art. 214 L. fall. [tutto (oggi art. 314 CCII)] e dunque ex art. 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII), perciò un concordato liquidatorio. 
Da parte il ridottissimo spazio operativo ed applicativo, non v’è dubbio che il concordato liquidatorio ex artt. 36 D.Lgs. n. 270/1999, 214 L. fall. (art. 314 CCII) e 124 L. fall. (oggi art. 240 CCII) in ogni caso non compare tra le cause di chiusura della procedura di specie espressamente citate dal legislatore, né, considerata l’espressa elencazione delle predette cause di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, è possibile rinvenire in tale circostanza una ulteriore lacuna del sistema colmabile ricorrendo all’art. 36 D.Lgs. n. 270/1999 più volte citato. 
Sembra perciò più corretto concludere evidenziando come una amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi possa chiudersi oltre che per le cause di cui all’art. 74 D.Lgs. n. 270/1999, per conversione in liquidazione giudiziale - quando non utilmente perseguibile (v. artt. 69 e 70 D.Lgs. n. 270/1999) o quando utilmente portata a termine con cessione del compendio produttivo e cessazione d’impresa (v. comma 1 bis dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999) - o per effetto del passaggio in giudicato della sentenza che approva un concordato conservativo ex artt. 27, secondo comma, e 78 D.Lgs. n. 270/1999.

Note:

[1] 
Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 121 del 28 marzo 2025, ha approvato un disegno di legge, collegato alla legge di bilancio 2025, che delega il Governo per la riforma delle amministrazioni straordinarie e per la riforma della vigilanza sugli enti cooperativi e mutualistici. Gli elementi caratterizzanti riguardano la riforma organica della disciplina relativa all'amministrazione straordinaria delle imprese grandi o strategiche che versino in stato di insolvenza, attraverso: il superamento dell'attuale stato di frammentazione normativa, mediante l'abrogazione del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, “Disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza” e del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, “Misure urgenti in materia di ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza”; l'ulteriore estensione del campo soggettivo di applicazione della procedura, con specifico riguardo alle imprese di carattere strategico (in continuità con quanto previsto dall'art. 4 bis del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, “Disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico”); l'immediata adozione, da parte del MIMIT, del provvedimento di apertura della procedura, previa istanza dell'impresa.
[2] 
Ai sensi dell’art. 3, D.Lgs. n. 270/1999, lo stato di insolvenza deve essere dichiarato su ricorso dell’imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero, ovvero d’ufficio.
[3] 
Tra i più recenti contributi, v. M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, A. Jorio e M. Spiotta (diretto da), I concordati dopo il correttivo, Bologna, 2025, p. 1238 ss.; S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in O. Cagnasso e L. Panzani (diretto da), Crisi d’impresa e procedure concorsuali, Tomo II, Torino, 2025, p. 2443 ss.; Id., Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, su Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 11 dicembre 2024; M. T. della Cortiglia, Amministrazione straordinaria e strumenti di regolazione della crisi, in Il Fall., 2024, p. 1226 ss.; A. Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, in D. Vattermoli (a cura di), Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, Pisa, 2024; Ferri jr, Profili funzionali dell’amministrazione straordinaria, in Dir. fall., 2024, I, p. 429 ss.; V. Minervini, Le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi nel nuovo ordinamento concorsuale, su Ristrutturazioniaziendali.it, 15 dicembre 2024; M. Fabiani, Le relazioni tra composizione negoziata e amministrazione straordinaria, in Il Fall., 2024, p. 1217 ss.; F. De Santis, I processi per l’accesso all’amministrazione straordinaria e il procedimento unitario, ivi, p. 1241 ss. Per contributi meno recenti v. A. Nigro, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi. Appunti di diritto fallimentare, Roma, 2000; V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in Fallimento e altre procedure concorsuali, Trattato diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Torino, 2009, p. 2010 ss.; G. Meo, Il risanamento finanziato dai creditori. Lettura dell’amministrazione straordinaria, Milano, 2013; F. Di Marzio e F. Macario, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio e B. Sassani, V, Milano, 2017, p. 601 ss.
[4] 
A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2025, p. 422 ss.; G. d’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2024, p. 497 ss.
[5] 
Recita l’art. 67 D.Lgs. n. 270/1999 che «1. Ogni quattro mesi a partire dalla data di scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali, ovvero dalla data di deposito del decreto che dichiara esecutivo lo stato passivo a norma dell'articolo 97 della legge fallimentare, se successiva, il commissario straordinario presenta al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, corredato dal parere del comitato di sorveglianza.
2. Le ripartizioni hanno luogo secondo le disposizioni degli articoli 110, secondo e terzo comma, 111, 112, 113, 114, 115 e 117, secondo e terzo comma, della legge fallimentare. 
3. La ripartizione finale ha luogo dopo l'approvazione del conto della gestione e la liquidazione del compenso al commissario straordinario a norma dell'articolo 75». 
[6] 
Ai sensi dell’art. 42 D.Lgs. n. 270/1999, rubricato «Controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario», «1. Sono soggetti ad autorizzazione del Ministero dell'industria, sentito il comitato di sorveglianza: 
a) gli atti di alienazione e di affitto di aziende e di rami di aziende; 
b) gli atti di alienazione e di locazione di beni immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi, gli atti di alienazione di beni mobili in blocco, di costituzione di pegno e le transazioni, se di valore indeterminato o superiore a lire quattrocento milioni». 
[7] 
Ai sensi dell’art. 62 D.Lgs. n. 270/1999, rubricato «Alienazione dei beni», «1. L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, è effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria. 
2. La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a lire cento milioni è effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità.
3. Il valore dei beni è preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario. 
3-bis. Il commissario straordinario, previa autorizzazione del Ministro delle imprese e del made sentito il comitato di sorveglianza, può rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il commissario notifica l'istanza e la relativa autorizzazione ai competenti uffici per l'annotazione nei pubblici registri e ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto dall'articolo 48, possono iniziare azioni esecutive sui beni rimessi nella disponibilità del debitore». 
[8] 
Ai sensi dell’art. 64 D.Lgs. n. 270/1999, rubricato «Cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni», «1. La cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi sui beni trasferiti è ordinata dal Ministero dell'industria con decreto nei quindici giorni successivi al trasferimento».
[9] 
Ai sensi dell’art. 65 D.Lgs. n. 270/1999, rubricato «Impugnazione degli atti di liquidazione», «1. Contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, è ammesso ricorso al tribunale in confronto del commissario straordinario e degli altri eventuali interessati. 
2. Il tribunale decide in camera di consiglio con decreto soggetto a reclamo a norma dell'articolo 739 del codice di procedura civile.
3. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
4. Nel caso di accoglimento dell'impugnazione proposta contro i decreti di cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni, previsti dall'articolo 64, il tribunale ordina al conservatore dei registri le rettifiche e le integrazioni conseguenti alla decisione assunta». 
[10] 
Da ultimo v. M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, cit., 2025, p. 1238 ss. 
[11] 
Giova al riguardo ricordare che la prima fase della riforma della legge fallimentare (attuata con la L. delega del 14 marzo 2005, n. 80 ed il decreto delegato 9 gennaio 2006, n. 5) ha fortemente innovato gli istituti del concordato preventivo e fallimentare, ma non ha neppure toccato l’istituto del concordato ex art. 214 L. fall., se non, indirettamente, con la modifica dell’art. 152 L. fall., ivi richiamato per il caso di concordato proposto da società. Il D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (c.d. correttivo), invece, interviene direttamente sull’art. 214 L. fall., incidendo in profondità, senza mutarne il carattere della coattività dato dall’assenza della votazione dei creditori.
[12] 
Tuttavia, va segnalato che per V. Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, p. 532, è dubitabile che nella l.c.a. si possano formare le classi visto che i creditori l.c.a. non votano.
[13] 
Una impostazione minoritaria negava l'ammissibilità del concordato in vigenza della L. Prodi (A. Bonsignori, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, Padova, 1980, p. 133) mentre secondo altra impostazione il concordato era possibile solo nel caso in cui fosse stato previsto nel programma del commissario (V. Colesanti, P. Schlesinger, A. Maffei Alberti, Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in N. leggi civ., 1979, p. 724) o laddove quest'ultimo non fosse stato attuato (Nicita, Note sulle forme di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, in Giust. civ., 1984, II, p. 205). V. anche P. Beltrami, Sub art. 78, in Castagnola-Sacchi, La nuova disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2000, p. 404 ss.; Tricomi, Sul concordato nell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, in Dir. fall., 2005, I, p. 1101 ss.
[14] 
Si segnala peraltro che l'art. 106 del D.Lgs. n. 270/1999, nel sancire che «Alle procedure di amministrazione straordinaria in corso di applicano in ogni caso le disposizioni degli articoli 46, comma 3, 77 e 78 del presente decreto», rende applicabili le norme sul concordato straordinario anche alle procedure disciplinate dalla prima L. Prodi.
[15] 
V. F. Fimmanò, Il concordato straordinario, in Giur. comm., 2008, p. 968 ss.
[16] 
M. Fabiani, Revisione critica dei principi in tema di classi di creditori, su Dirittodellacrisi.it, 3 febbraio 2025, p. 31, per il quale «là dove manchi una norma specifica, la disciplina del D.Lgs. n. 270/1999 tramite l’art. 36 fa rinvio alla disciplina della l.c.a. e in questa è compreso l’art. 314 CCII, nella sua interezza, che contiene il richiamo all’art. 240 CCII, pure nella sua interezza». Rinvia a questo A. M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, cit., p. 1291.
[17] 
M. Fabiani, Revisione critica dei principi in tema di classi di creditori, cit., p. 31, il quale, affrontando il tema diverso della formazione delle classi, afferma che «se si ripudia il rinvio al 1° comma dell’art. 214 (ora 314 CCII), viene a mancare la disciplina sostanziale del concordato; ovverosia, amputato il 1° comma attuale, le uniche regole applicabili sarebbero quelle del procedimento (commi 2, 3 e 4 dell’art. 314), con il risultato che mancherebbe una disciplina del contenuto della proposta di concordato. Non mancherebbe, in verità, come si postula la possibilità di formare le classi, ma più semplicemente mancherebbe ogni disciplina del concordato. Il contenuto della proposta di concordato non avrebbe alcun referente normativo (tanto è vero che, ben prima delle riforme del 2005-2007, si riteneva che il contenuto della proposta di concordato nella a.s., dovesse ricavarsi dai concordati della legge fallimentare)». Sembra aderire a questa soluzione M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, cit., p. 1291, sub n. 168. Al riguardo v. P. Beltrami, sub art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, in A. Castagnola e R. Sacchi (a cura di), La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2000, p. 412; G. Lo Cascio, Commentario alla legge sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milanofiori-Assago, 2000, p. 417, ai quali il primo A. rinvia.
[18] 
V. F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.Il riferimento è a Cass., 19 settembre 2006, n. 20259 (in Il Fall., 2007, p. 11 ss., con nota di Ianniello, Liquidazione coatta amministrativa: escluso il concordato con trattamento differenziato dei creditori; in Riv. dir. comm, 2006, II, p. 77 ss. con nota di Serafini, Nuove questioni in tema di concordato nella liquidazione coatta amministrativa; in Giur. comm., 2007, II, p. 1171 ss., con nota di Tomasso, Il concordato nella liquidazione coatta amministrativa dopo le riforme della legge fallimentare e la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.) secondo cui «In tema di concordato della liquidazione coatta amministrativa, la disciplina integrale dell'istituto dettata all'art. 214 legge fall. e la sua autonomia dal concordato fallimentare attribuiscono all'interesse pubblico il solo potere di scegliere circa la convenienza tra conservazione o liquidazione dell'impresa, in quanto i creditori non sono chiamati all'approvazione della proposta, ma ad essi spetta il diritto di presentare opposizione, così provocando il sindacato giurisdizionale sul rispetto del principio della "par condicio creditorum", regola incompatibile con l'eventuale sottrazione di parte dell'attivo alla garanzia generica di cui all'art. 2740 cod. civ., poiché si tratterebbe di sacrificio senza indennizzo, non giustificabile dall'interesse pubblico alla continuazione dell'impresa; ne consegue che anche gli acconti parziali differenziati, erogabili ai sensi dell'art. 212 legge fall., non possono assumere alcun carattere di stabilità, in quanto la loro natura provvisoria impone il ripristino, con la ripartizione finale, della "par condicio creditorum"». 
[19] 
V. Bazzani - S. Bazzani, La liquidazione coatta amministrativa, in G. Schiano di Pepe (a cura di), Il diritto fallimentare riformato. Commento sistematico, Padova, 2007, p. 725 ss.; G. Battaglia, Sub art. 14 L. fall., in Il nuovo diritto fallimentare. Commentario, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, 2, p. 2706 («si può ritenere che i creditori privilegiati possano non essere soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato dei beni in caso di vendita»); incerto C. Blatti, Sub art. 214 L. fall., in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, a cura di M. Ferro, Padova, 2006, p. 1621.
[20] 
In questi termini M. Fabiani, Revisione critica dei principi in tema di classi di creditori, cit., che rinvia a F. Di Marzio, F. Macario, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in A. Jorio, B. Sassani (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, V, Milano, 2017, p. 730; V. Giorgi, sub art. 214, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, III, Milano, 2010, p. 1106; G. Bucarella, Il concordato fallimentare, coattivo e straordinario, cit., p. 378; S. Ambrosini, L’amministrazione straordinaria, in O. Cagnasso, L. Panzani (diretto da), Crisi d’impresa e procedure concorsuali, III, Milanofiori-Assago, 2016, p. 4108; V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in G. Fauceglia. L. Panzani (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, Milanofiori-Assago, 2009, p. 2063; F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.; F. Tomasso, La riforma del concordato nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria, in Il Fall., 2008, p. 118.
[21] 
G. Vona, Le amministrazioni straordinarie, in A. Caiafa, S. Romeo (a cura di), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Padova, 2014, p. 495.
[22] 
V. Zanichelli, I concordati giudiziali, cit., p. 532.
[23] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss. 
[24] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss., per il quale «il concordato attuato nell'ambito dell'indirizzo di cessione, dopo l'esecuzione del programma, non è un tertium genus ma è un classico strumento liquidatorio subprocedimentale cioè una mera modalità di chiusura della procedura, per niente diverso da un concordato fallimentare e rispondente alle medesime finalità ed interessi».
[25] 
M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, cit., p. 1288.
[26] 
Nel concordato straordinario previsto dalla l. Prodi bis il tribunale non deve limitarsi ad una verifica formale della proposta concordataria, ossia delle condizioni di legittimazione, ammissibilità e procedibilità, ma deve effettuare una valutazione di merito, sulla base del parametro unitario descritto e senza essere condizionato o subordinato alle valutazioni espresse dall'autorità amministrativa. Perciò l'autorità giudiziaria, in quanto titolare di un autonomo sindacato riconosciuto dalla legge, pur decidendo su posizioni di diritto soggettivo che trovano la loro fonte e regolazione in un atto amministrativo, non dovrà disapplicarlo nel caso in cui non lo condivida. In questi termini F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss. 
[27] 
M.T. della Cortiglia, I concordati in funzione di chiusura delle procedure concorsuali, ordinarie e amministrative, cit., pp. 1288-1289, testo e nota 155. In particolare l’A. dopo avere affermato che «la conservazione dell’impresa non appare valore del tutto inconciliabile rispetto alla tutela del ceto creditorio», ritiene che la stessa andrebbe modulata «rispetto alle finalità, agli indirizzi e alle fasi della procedura amministrativa», modulazione che si rifletterebbe «sulle caratteristiche strutturali e funzionali dello strumento, permeando di sé i parametri (e la portata) del controllo ministeriale e del successivo vaglio giurisdizionale sul medesimo».
[28] 
M. Fabiani, Revisione critica dei principi in tema di classi di creditori, cit., che rinvia a F. Ghignone, sub art. 78 D.Lgs. n. 270/1999, in A. Maffei Alberti (a cura di), Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p. 1874.
[29] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.
[30] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.
[31] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.
[32] 
F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.
[33] 
Sono d’altronde numerose (osserva S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, cit.; Id., L’amministrazione straordinaria, cit., p. 4019), le disposizioni delle leggi Prodi bis e Parmalat in cui i diritti dei creditori sono fortemente intaccati e comunque limitati rispetto ad altre procedure: basti pensare all’art. 63 sulla vendita dell’azienda, ove si parla di “garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali” e si prevede anche, espressamente, che la redditività possa essere negativa. D’altronde, la stessa prosecuzione dell’attività comporta invariabilmente la maturazione di ingenti oneri prededucibili, con inevitabile nocumento per le aspettative di soddisfacimento dei creditori anteriori, i quali risultano anche da questo punto di vista collocati in posizione secondaria. A ciò si aggiunge che l’art. 55, comma 1, D.Lgs. n. 270/99, nel definire i criteri del programma, enuclea come priorità la salvaguardia dell’unità operativa dei complessi aziendali, con le conseguenti ricadute positive sul versante occupazionale, mentre degli interessi dei creditori, pesantemente sacrificati dall'insorgere di debiti prededucibili consustanziali alla prosecuzione dell'attività d'impresa, va semplicemente "tenuto conto". A contrariis, ancora lo stesso A., si evidenzia come la legislazione speciale si guarda bene dal formulare precetti simili a quelli contenuti dal codice della crisi in tema di gestione delle imprese in stato di insolvenza. Non vi è infatti traccia di previsioni come quella dell’art. 4, comma 2, lett. c) CCII, in base al quale «il debitore ha il dovere (…) di gestire il patrimonio o l’impresa durante i procedimenti nell’interesse prioritario dei creditori»; e neppure come quella dell’art. 21, comma 1, CCII, il quale, in tema di composizione negoziata, stabilisce che l’imprenditore, se insolvente, gestisce l’impresa e individua la soluzione per il superamento della situazione di insolvenza «nel prevalente interesse dei creditori».
[34] 
Nota S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, cit., come «la tutela degli interessi dei creditori passi fatalmente, nel contesto delle grandi imprese insolventi, in secondo piano rispetto ad altri interessi – quelli testé menzionati – ritenuti tendenzialmente meritevoli (alle condizioni di legge, ovviamente) di prevalente protezione: tanto che in dottrina si è parlato, schiettamente, di risanamento finanziato dai creditori (così rinviando a G. Meo, Il risanamento finanziato dai creditori. Lettura dell’amministrazione straordinaria, Milano, 2013). Ciò sebbene parte della dottrina, tuttavia, sostenga che «se si guarda alle previsioni della legge del 1999 in ordine ai casi di chiusura della procedura (…) non è difficile convincersi che è il soddisfacimento dei creditori l’obiettivo finale della procedura, restando le “finalità di conservazione del patrimonio produttivo mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali”, di cui è menzione nel prima ricordato art. 1 D.Lgs. n. 270, un semplice obiettivo intermedio» [in tal senso A. Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., p. 16; in precedenza F. Vassalli, I casi di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria, ora in Scritti giuridici, t. I, Milano, 2023, p. 189 ss.]. Le cose (prosegue S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, cit.) «non sembrano stare nei termini anzidetti. Ed invero, il fine principale dell’amministrazione straordinaria non risiede nel soddisfacimento dei creditori, bensì nel mantenimento in vita dei complessi aziendali»: «a rigore il fine ultimo, quindi, non è necessariamente quello del risanamento: lo è esclusivamente nell’ipotesi di programma di ristrutturazione (art. 27, comma 2, lett. b), ma non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi – di gran lunga la più frequente nella pratica – della cessione dei complessi aziendali (lett. a), la quale non richiede il superamento dell’insolvenza. Ed anche da ciò, a ben vedere, si ricava una cartina di tornasole della correttezza della tesi qui predicata: “anche in ipotesi di raggiungimento di una modesta percentuale di pagamento, non per questo la procedura si considera non riuscita ma, al contrario, si chiude senza convertirsi in fallimento ed è questa la miglior conferma della reale ratio dell'istituto”» (così, giustamente, V. Zanichelli, Amministrazione straordinaria comune, in V. Zanichelli, E. Stasi, "Grandi procedure" non solo per le grandi imprese, Milano, 2010, p. 98).
La tesi contraria poggia sul seguente duplice assunto: la funzione di una procedura (nella specie l’amministrazione straordinaria) deve essere nettamente distinta dalle sue finalità e la procedura in questione deve essere vista nella sua unitarietà, asseritamente comprensiva del possibile sbocco della liquidazione giudiziale. In tal senso A. Nigro, Le amministrazioni straordinarie nell’ordinamento concorsuale, cit., p. 11 ss.; G. Ferri jr, Profili funzionali dell’amministrazione straordinaria, cit., p. 429 ss. V. le obiezioni di S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, cit., per il quale «A ben vedere, tuttavia, entrambe le asserzioni paiono superabili. In primo luogo, non sembra agevolmente negabile che la funzione di una procedura concorsuale risieda - se non solo, sicuramente anche - nel perseguimento degli obiettivi prioritari fissati dalla legge: la conservazione del patrimonio produttivo nell’amministrazione straordinaria, la tutela dei creditori (e, nella misura possibile, dei posti di lavoro) nel concordato in continuità aziendale (art. 84, comma 2, CCII). La soluzione opposta, per vero, sembra peccare di un certo dogmatismo concettualistico. In secondo luogo, non pare corretto riguardare la liquidazione giudiziale alla stregua di una fase della procedura ex lege n. 270/1999. La procedura si chiude nei modi di cui all’art. 74 o attraverso un concordato. L’apertura della liquidazione giudiziale comporta il passaggio ad altra e diversa procedura, retta da regole sue proprie, improntate – per l’appunto – a differenti funzioni. E che si tratti di una marcata cesura fra i due momenti risulta confermato dalla terminologia utilizzata dal legislatore, che all’art. 69 parla di “conversione” della procedura (sottinteso: in un’altra); locuzione che ove si trattasse di un’unica procedura risulterebbe quanto meno inappropriata». 
[35] 
S. Rossetti, Appunti sul classamento dei creditori nel concordato in continuità, su Dirittodellacrisi.it, 30 novembre 2023. 
[36] 
S. Ambrosini, Riparlando di amministrazione straordinaria: ingresso e collocazione dell’istituto nel sistema, finalità della procedura e (cenni ai) rapporti con la disciplina di diritto comune, cit. M. Fabiani, Revisione critica dei principi in tema di classi di creditori, cit., ammessa la possibilità di frazionare i creditori in classi dal punto di vista del procedimento di concordato, si chiede se tale suddivisione possa determinare altri effetti posto che «Nel caso di concordato nella liquidazione giudiziale, solo la proposta con le classi apre il giudizio di convenienza quando l’opposizione alla omologazione è presentata da un creditore che appartiene ad una classe dissenziente». Sennonché, prosegue lo stesso A., «nel concordato straordinario, in mancanza di votazioni neppure si può disputare di creditori o classi dissenzienti; ciò significa che la disposizione di cui all’art. 245 CCII, in quanto non compatibile, non può essere direttamente applicata al concordato straordinario». Si apre, allora, il tema «se, comunque, il creditore che, pur non potendo esprimere il voto, proponga l’opposizione ai sensi dell’art. 314 CCII. possa addurre a conforto dell’opposizione il difetto di convenienza del concordato»: «La circostanza che gli interessi dei creditori siano valutati, unitamente all’interesse alla conservazione dell’impresa, dalla autorità amministrativa quando rende l’autorizzazione ex art. 78, non sembra una ragione sufficiente per escludere che una valutazione di convenienza possa essere espressa anche dal tribunale a seguito dell’opposizione di un creditore». Ed anzi, «proprio la compressione dei diritti dei creditori con riguardo al profilo della votazione, potrebbe indurre a ritenere, per un giusto equilibrio di interessi, che il creditore opponente possa dedurre il difetto di convenienza della proposta rispetto ad altre alternative praticabili». Si conclude allora che «nel momento in cui il concordato è presentato dopo l’esaurimento della fase di ristrutturazione, la comparazione di interessi pertiene alla sola sfera giuridica del creditore opponente: se il concordato offre al creditore meno di quanto sarebbe ricavabile dalla prosecuzione della liquidazione commissariale, il concordato non può essere omologato. Viceversa, se la proposta di concordato si innesta nel percorso di ristrutturazione, la valutazione di convenienza non potrà esaurirsi nella comparazione concordato vs. liquidazione, ma dovrà tener conto degli interessi alla conservazione dell’impresa, il che significa che potrà essere omologata la proposta di concordato che non è conveniente per i creditori, se questa consente un’utile prosecuzione dell’attività. Pertanto, la circostanza che la proposta contempli la suddivisione dei creditori in classi non è determinante ai fini della differenziazione del giudizio di merito che compete al tribunale». 
[37] 
V. F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.
[38] 
V. F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss., secondo cui «Nel concordato straordinario previsto dalla L. Prodi bis il tribunale non deve limitarsi ad una verifica formale della proposta concordataria, ossia delle condizioni di legittimazione, ammissibilità e procedibilità, ma deve effettuare una valutazione di merito, sulla base del parametro unitario descritto e senza essere condizionato o subordinato alle valutazioni espresse dall'autorità amministrativa». 
[39] 
V. F. Fimmanò, Il concordato straordinario, cit., p. 968 ss.

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