Prima di affrontare la specifica questione della proponibilità nel corso di una amministrazione straordinaria di un concordato meramente liquidatorio, è utile riportare in breve la disciplina della chiusura della procedura disciplinata dal D.Lgs. n. 270/1999 [1] che, come noto, si caratterizza per una struttura procedimentale bifasica: una fase intermedia (c.d. osservativa), che si inserisce tra la declaratoria dello stato di insolvenza e il decreto che ammette l’impresa all’amministrazione straordinaria o, in alternativa, dichiara il fallimento/liquidazione giudiziale. Ai fini dell’apertura è, infatti, richiesta, oltre alla dichiarazione dello stato di insolvenza da parte del tribunale [2], una valutazione, proveniente dal medesimo, in merito alla sussistenza delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, recupero dell’equilibrio delle attività imprenditoriali che potrà essere realizzato mediante gli indirizzi tipizzati dall’art. 27, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999 e dunque mediante cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio d’impresa per un periodo non superiore ad un anno, oppure, in via alternativa, ristrutturazione, tramite un piano di risanamento di durata non superiore a due anni [3].
La procedura di cui si discorre può chiudersi per il verificarsi di alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge ovvero per:
a) conversione in liquidazione giudiziale in corso di procedura ex art. 69 D.Lgs. n. 270/1999 («Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento») o al termine della procedura ex 70 D.Lgs. n. 270/1999 [«Il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento: a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall'articolo 66; b) quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma»];
b) chiusura per le cause di cui all’art. 74 D.Lgs. n. 270/1999 generali [«1. La procedura di amministrazione straordinaria si chiude: a) se, nei termini previsti dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, non sono state proposte domande di ammissione al passivo; b) se, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente ha recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; c) con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato» di cui all’art. 78 D.Lgs. n. 270/1999] e speciali [«2. Se è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, la procedura di amministrazione straordinaria si chiude altresì: a) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati i compensi agli organi della procedura e le relative spese; b) quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo; b-bis) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere accertata dal commissario straordinario con la relazione di cui all'articolo 40, comma 1 bis»] [4].
Occorre ancora considerare che nel corso della chiusura ed esattamente nel contesto di una chiusura ex art. 74, secondo comma, D.Lgs. n. 270/1999, può inserirsi, d’ufficio o su istanza del commissario straordinario, la decretazione della cessazione dell’attività d’impresa ex art. 73, primo comma, D.Lgs. n. 270/1999 secondo cui «Nei casi in cui è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma, originario o prorogato a norma dell'articolo 66, è avvenuta la integrale cessione dei complessi stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa». Ed è interessante infine considerare che, ai sensi del terzo comma dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999, a far data da questo decreto, l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria».
Tale ulteriore circostanza – decretazione della cessazione dell’attività di impresa – inserita nel corso della già avviata procedura di chiusura della amministrazione straordinaria ex art. 74, secondo comma, lett. a) o b), D.Lgs. n. 270/1999, non ne muta, per così dire, il percorso di chiusura già avviato: ed infatti, sintetizzando al massimo, a cessione programmata avvenuta, si procederà alla ripartizione dell’attivo realizzato ex art. 67 D.Lgs. n. 270/1999 [5], nel rispetto degli artt. 74 ss. D.Lgs. n. 270/1999, al quale (attivo) si aggiungerà, ai sensi dell’art. 74, quarto comma, D.Lgs. n. 270/1999, l’attivo realizzato dalla liquidazione degli eventuali beni residui (non inclusi nella cessione) acquisiti all'attivo per i quali varranno le disposizioni previste dagli artt. 42 [6], 62 [7], 64 [8] e 65 [9] D.Lgs. n. 270/1999; infine ex art. 75 D.Lgs. n. 270/1999 verrà dichiarata la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria con decreto motivato dal tribunale, su istanza del commissario straordinario o dell'imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio.
La decretazione di cessazione dell’attività di impresa, a ben vedere, inserita nel corso della già avviata procedura di chiusura dell’amministrazione straordinaria ex art. 74, secondo comma, lett. a) o b), D.Lgs. n. 270/1999 è piuttosto funzionale a mutare la finalità, lo scopo della procedura di amministrazione straordinaria: non più procedura conservativa, bensì ex lege equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale puramente liquidatoria.
Ed esattamente in tale contesto procedimentale di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria che il legislatore ha di recente introdotto una ulteriore causa di conversione della procedura di cui si discute in liquidazione giudiziale.
Recita il comma 1 bis dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999 che «Con l'istanza di cui al comma 1 [quella con cui si è chiesta la cessazione dell’attività], il commissario straordinario, previa autorizzazione ministeriale, chiede al tribunale la conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale […]. La richiesta di conversione di cui al primo periodo può essere presentata anche successivamente e, in tale ipotesi, si applicano gli articoli 71 e 72».
Si tratta di una ulteriore ipotesi di chiusura dell’amministrazione straordinaria, introdotta nel nostro ordinamento dall’ultimo correttivo, per conversione in liquidazione giudiziale al termine della procedura che si verifica quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, a differenza del caso già disciplinato, tale cessione è avvenuta e il commissario straordinario ha chiesto (o, meglio, ottenuto??) la cessazione dell’attività.
La disposizione da poco introdotta non è certamente tra le più chiare e ciò ove solo si consideri che, alla lettera, la stessa parrebbe consentire di chiedere e ottenere la conversione predetta purché ci sia una istanza di cessazione dell’impresa, a prescindere dalle sorti dell’istanza di cessazione (che potrà pure apparire scontata nell’esito, ma che così non è detto sia). E le perplessità non mutano ove l’istanza di conversione di specie venga presentata successivamente alla presentazione dell’istanza di cessazione. In altri termini, alla lettera, l’istanza di conversione di nuovo conio non sembra essere subordinata alla decretazione della cessazione dell’impresa, bensì alla mera presentazione dell’istanza di cessazione.
A prescindere da questa e da altre problematiche che sembrano emergere dalla lettura di questa norma, ove l’istanza di conversione ex art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 venga presentata a decretazione di cessazione attività avvenuta ex art. 73, primo comma, D.Lgs. n. 270/1999, l’istanza di conversione ex art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 si presenta del tutto peculiare trattandosi di una istanza di conversione di una procedura (di amministrazione straordinaria già) equiparata ad ogni effetto ad una procedura concorsuale liquidatoria in altra procedura concorsuale liquidatoria (la liquidazione giudiziale). Tale considerazione induce a ritenere, in merito alla ratio legis di tale ultimo intervento riformatore, che l’introduzione dell’art. 73, comma 1 bis, D.Lgs. n. 270/1999 sia piuttosto legata all’intento di alleggerire/liberare il MIMIT dalle successive incombenze procedurali esclusivamente liquidatorie della procedura di amministrazione straordinaria che vengono così attribuite alla autorità giudiziaria.
Per mera completezza espositiva si rammenta che il Decreto Legge 18 gennaio 2024, n. 4 recante «Disposizioni urgenti in materia di amministrazione straordinaria delle imprese di carattere strategico» convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 2024, n. 28 (in G.U. 18/03/2024, n. 65), ha disposto (con l'art. 4 bis, comma 2) che la modifica apportata con il predetto comma 1 bis fosse applicabile «alle procedure aperte dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e a quelle che si trovano, a tale data, ancora nella fase di esecuzione del programma autorizzata ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270».