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Saggio

Applicabilità della normativa antiriciclaggio nelle procedure esecutive individuali e concorsuali*

Luigi Gaffuri, Dottore commercialista in Bergamo

1 Febbraio 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’autore analizza le modifiche apportate al Codice di procedura civile che hanno previsto l’applicazione della normativa antiriciclaggio nelle vendite effettuate nell’ambito delle procedure esecutive immobiliari.
Riproduzione riservata
1 . L’attuazione della legge delega
L’esigenza di monitorare le vendite coattive di beni immobili, non dipendenti dalla volontà dei proprietari, quali possibili operazioni di riciclaggio poste in essere dagli acquirenti e di ricondurre le stesse nel perimetro della normativa di riferimento è stata recepita dalla Legge 26 novembre 2021, n. 206 che nell’ambito della delega al governo in materia di esecuzione forzata ha richiesto di “prevedere che, nelle operazioni di vendita dei beni immobili compiute nelle procedure esecutive individuali e concorsuali, gli obblighi previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a carico del cliente si applicano anche agli aggiudicatari e che il giudice emette il decreto di trasferimento soltanto dopo aver verificato l’avvenuto rispetto di tali obblighi”.
In attuazione della previsione contenuta nella Legge Delega, il codice di procedura civile, a seguito delle modifiche introdotte D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ha esteso alle procedure esecutive individuali [1] l’applicazione della normativa antiriciclaggio.
L’art. 585, comma 4, c.p.c. prevede che “nel termine fissato per il versamento del prezzo, l’aggiudicatario, con dichiarazione scritta resa nella consapevolezza della responsabilità civile e penale prevista per le dichiarazioni false o mendaci, fornisce al giudice dell’esecuzione o al professionista delegato le informazioni prescritte dall’art. 22 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231”, vale a dire le informazioni, necessarie e aggiornate, che i clienti sono tenuti a fornire per iscritto per consentire ai soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio di adempiere agli obblighi di adeguata verifica della stessa clientela.
L’art. 586, comma 1, c.p.c. dispone che il giudice dell’esecuzione deve verificare l’assolvimento dell’obbligo di rilascio delle suddette informazioni da parte dell’aggiudicatario dopo il versamento del prezzo e (solo) in seguito può pronunciare il decreto di trasferimento del bene. 
Nell’ipotesi di delega delle operazioni di vendita, ai sensi dell’art. 591 bis, comma 8, c.p.c. la verifica dell’assolvimento del summenzionato obbligo informativo – da effettuarsi dopo il versamento del prezzo e prima della predisposizione del decreto di trasferimento e della trasmissione del fascicolo al giudice delegato - compete al professionista delegato. 
Come si rileva dal tenore letterale delle summenzionate disposizioni normative, non si è ritenuto di attribuire al professionista delegato gli obblighi in materia di adeguata verifica, ma ci si è limitati ad estendere all’aggiudicatario gli obblighi informativi che in base alla normativa antiriciclaggio devono essere di regola assolti dai clienti; tale soluzione, che come vedremo, rende di fatto inapplicabili le disposizioni in materia di adeguata verifica previste dalla normativa antiriciclaggio, è del resto confermata dalla Relazione Illustrativa al D.Lgs. del 10 ottobre 2022. n. 149 nella quale si è precisato che” non si è ritenuto di porre a carico del professionista compiti di controllo o verifica delle informazioni così acquisite, sia perché in tal senso non disponeva la legge delega, sia perché il D.Lgs. n. 231 del 2007 prevede una serie variegata di modalità di controllo delle dichiarazioni ad opera del professionista e di strumenti di indagine (alcuni assai incisivi) a disposizione di quest’ultimo, per cui (si ripete: in mancanza di indicazioni della legge delega) la scelta dell’uno o dell’altro metodo di controllo sarebbe stato esercizio di discrezionalità istituzionalmente non conferita al legislatore delegato”.
Non è chiaro a quali ulteriori modalità di controllo delle informazioni e di strumenti di indagine si riferisca la relazione illustrativa atteso che, come meglio si dirà in seguito, in base ai dettami del D.Lgs. n. 231/2007 (decreto antiriciclaggio) è da escludere che i professionisti siano destinatari degli obblighi antiriciclaggio nello svolgimento dell’incarico giudiziale di delegati nelle operazioni di vendita coattiva e quindi siano tenuti all’espletamento di qualsiasi attività di verifica; resta il fatto che l’ambito della delega, come più volte ribadito nella stessa relazione, non consentiva al legislatore di prevedere per i professionisti specifici obblighi di adeguata verifica non contemplati dalla disciplina antiriciclaggio.
A seguito delle modifiche apportate dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 all’art. 35 del D.Lgs. 10 ottobre n. 149 gli adempimenti antiriciclaggio previsti dal codice di procedura civile si applicano alle vendite immobiliari effettuate nell’ambito di procedure esecutive immobiliari promosse dopo il 28 febbraio 2023.
2 . Breve richiamo degli obblighi in materia di adeguata verifica
L’adeguata verifica della clientela costituisce attività necessaria e strumentale per valutare e, se del caso, segnalare alle autorità di vigilanza le operazioni che possono essere riconducibili a fenomeni di riciclaggio (cd operazioni sospette).
Nello svolgimento di tale attività i soggetti obbligati devono preventivamente identificare i clienti (nonché gli eventuali esecutori e titolari effettivi) e acquisire le informazioni tra quelle previste dell’art. 18 del D.Lgs. n. 231/2007 secondo un livello di estensione e di dettaglio che dipende dal rischio riciclaggio connesso alle caratteristiche del cliente, del rapporto, dell’operazione o della prestazione professionale.
È quindi compito del soggetto obbligato stabilire il contenuto delle informazioni che devono essere acquisite per assolvere correttamente agli obblighi di adeguata verifica e, per converso, è obbligo del cliente, ai sensi dell’art. 22 fornire le informazioni richieste. 
A titolo esemplificativo, in presenza di un elevato rischio riciclaggio il soggetto obbligato è tenuto a svolgere una verifica rafforzata che può comportare la richiesta di informazioni aggiuntive sul cliente e di documentazione comprovante talune informazioni, quali quelle relative all’origine dei fondi impiegati per l’esecuzione di un’operazione.
Ora, è di tutta evidenza che in mancanza di uno specifico obbligo del professionista delegato di svolgere l’adeguata verifica e quindi di “guidare” la raccolta delle informazioni, la mera previsione di un onere a carico dell’aggiudicatario di fornire genericamente le informazioni previste dalla normativa, non consente di perseguire concretamente gli obiettivi dell’adeguata verifica che sono quelli di valutare un rischio di riciclaggio e l’anomalia di un’operazione ai fini di un’eventuale segnalazione di operazione sospetta. 
Si consideri che, come precisato nella relazione illustrativa, il professionista delegato non è tenuto nemmeno a controllare il contenuto delle informazioni fornite dall’aggiudicatario, e quindi ad intervenire per richiedere elementi informativi aggiuntivi o la produzione di documentazione atta a comprovare aspetti rilevanti ai fini dell’adeguata verifica (ad esempio, l’origine dei fondi impiegati nell’acquisto dell’immobile), e soprattutto a rilevare possibili anomalie dell’operazione che possano indurre a segnalarla alle autorità competenti quale operazione sospetta.
È chiaro che l’aggiudicatario, che assume la stessa posizione del cliente senza averne le caratteristiche, non può autonomamente stabilire quali informazioni sia tenuto a fornire ai sensi dell’art. 22 del D.Lgs. n. 231/2007; e quand’anche dette informazioni siano definite dalle sezioni dei Tribunali competenti, l’assenza di un soggetto obbligato a svolgere l’adeguata verifica non consentirà di analizzarle, di integrarle ed utilizzarle per gli scopi previsti dalla normativa di riferimento[2]. 
Sia il giudice dell’esecuzione, sia il professionista nell’ipotesi di delega delle operazioni di vendita, devono infatti limitarsi a verificare l’assolvimento dell’obbligo informativo posto a carico dell’aggiudicatario, senza “compiti di controllo o verifica delle informazioni così acquisite”[3]. 
3 . L’esclusione delle attività del professionista delegato dall’ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio
Le categorie di professionisti che possono ricevere una delega sulle operazioni di vendita (notai, avvocati, dottori commercialisti) sono destinatari degli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio sotto il profilo soggettivo, ma non con specifico riferimento all’attività di cui si tratta in quanto di natura giurisdizionale e non amministrativa, svolta da un sostituto o da un ausiliario del giudice[4].
L’art. 3, comma 4, del decreto antiriciclaggio, include nell’elenco dei soggetti obbligati, la categoria dei professionisti e nell’ambito di tale categoria:
- i soggetti iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
- i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clienti nella realizzazione di specifiche operazioni citate dalla norma.
Con riferimento ai notai e agli avvocati è la stessa norma a chiarire indirettamente che un’attività giurisdizionale quale quella del delegato non può rientrare tra le prestazioni professionali oggetto della normativa antiriciclaggio in quanto non configura il compimento di operazione immobiliare in nome o per conto dei propri clienti; ciò significa che per tali categorie di professionisti l’attività di delegato esclude la sussistenza di qualsiasi obbligo di segnalazione alle autorità competenti dell’operazione di vendita che si riveli sospetta.
In senso conforme al disposto normativo, le regole tecniche adottate dal Consiglio Nazionale Forense, ai sensi e per gli effetti dell’art. 11, comma 2, del decreto antiriciclaggio (Regola tecnica n. 2), precisano che non rientrano tra le operazioni di cui all’art. 3, comma 4, lettera c) dello stesso decreto le attività di custode giudiziario e di delegato alle vendite[5].
Per quanto attiene ai dottori commercialisti, indicati dall’art. 3, comma 4, del decreto antiriciclaggio nell’elenco dei soggetti obbligati senza specificare per quali attività sono soggetti agli obblighi antiriciclaggio, la regola tecnica n. 2 delle linee guida del CNDCEC[6] definisce l’attività delegata dall’autorità giudiziaria in materia di vendita forzata come prestazione a rischio inerente non significativo, in relazione alla quale è sufficiente acquisire e conservare (quale regola di condotta ai fini dell’adeguata verifica) copia del provvedimento di nomina, mentre dal punto di vista operativo la stessa regola tecnica chiarisce che “si tratta di incarichi che derivano da nomine giudiziali nelle quali, di norma, il professionista si interfaccia con l’autorità giudiziaria. In tali incarichi il professionista, nelle relazioni tecniche all’autorità giudiziaria, evidenzia anche le eventuali irregolarità riscontrate sia a livello civile che penale (ad esempio nelle curatele fallimentari o negli incarichi di amministrazione giudiziale) e, quindi, anche le eventuali anomalie ai fini dell’antiriciclaggio e del finanziamento al terrorismo”.
La summenzionata regola tecnica rappresenta un compromesso tra l’esclusione dell’attività di delegato dalle prestazioni soggette ad adeguata verifica della clientela e la sua inclusione formale senza previsione di fatto dello svolgimento delle attività che la normativa contempla per l’adeguata verifica; nel contempo, la stessa regola tecnica non impone obblighi di segnalazione diretti alle autorità di vigilanza delle eventuali operazioni sospette, ma si limita a prevedere che le possibili anomalie ai fini antiriciclaggio possano essere menzionate nelle relazioni tecniche destinate all’autorità giudiziaria, e quindi demandando a tale autorità ogni valutazione e decisione sulla segnalazione dell’operazione sospetta.
In definitiva, il decreto antiriciclaggio e le regole tecniche adottate dagli organismi di autoregolamentazione ai sensi dell’art. 11, comma 2, dello stesso decreto escludono che per le attività di delegato alle vendite e di custode giudiziario debbano essere assolti obblighi di adeguata verifica sostanziali e di segnalazione di operazioni sospette.
4 . Gli obblighi generali di collaborazione dell’autorità giudiziaria
L’art. 12, comma 1, del decreto antiriciclaggio prevede che l’autorità giudiziaria, unitamente ad altre autorità, amministrazioni e organismi, collabora “per agevolare l’individuazione di ogni circostanza in cui emergono fatti e situazioni la cui conoscenza può essere comunque utilizzata per prevenire l’uso del sistema finanziario e di quello economico a scopo di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”.
Il comma 7 dello stesso articolo precisa che “l’autorità giudiziaria, quando ha fondato motivo di ritenere che il riciclaggio, l’autoriciclaggio o l’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita ovvero le attività preordinate al compimento di uno o più atti con finalità di finanziamento del terrorismo siano avvenuti attraverso operazioni effettuate presso gli intermediari sottoposti a vigilanza, ne dà comunicazione alle autorità di vigilanza di settore e alla UIF per gli adempimenti e le analisi di rispettiva spettanza”.
La norma sembra limitare l’obbligo dei giudici di monitoraggio e di comunicazione alle sole operazioni che siano realizzate attraverso l’intervento degli intermediari vigilati, e quindi a comunicare, se del caso, alle autorità di vigilanza e all’UIF operazioni che potrebbero non essere state segnalate in quanto non ritenute sospette da tali soggetti, ad esempio, non disponendo di informazioni acquisite dall’autorità giudiziaria. Presupposto di tale comunicazione è la sussistenza di un “fondato motivo” di presenza di fenomeni di riciclaggio, autoriciclaggio o terrorismo[7] che non può derivare dallo svolgimento di una previa attività di adeguata verifica e di valutazione del rischio, non prevista dalla normativa di riferimento, ma da elementi di manifesta criticità[8]. 
E’ dubbio se i professionisti possano essere assimilati all’autorità giudiziaria in quanto da questa delegati allo svolgimento di un’attività giurisdizionale e quindi, in caso affermativo, siano destinatari, oltre che degli obblighi specifici in materia antiriciclaggio riferibili alla categoria professionale di appartenenza, anche dell’ obbligo generale di collaborazione previsto dall’art. 12 del decreto antiriciclaggio; in caso affermativo, varranno comunque le considerazioni suesposte circa l’insussistenza di un obbligo del professionista delegato ad espletare l’adeguata verifica sull’aggiudicatario.
A questo riguardo, il contenuto degli artt. 585, 586 e 591 bis del codice di procedura civile e della stessa Relazione Illustrativa al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 non prevedendo alcun controllo sulle informazioni dichiarate dall’aggiudicatario ex art. 22 del decreto antiriciclaggio escludono che l’autorità giudiziaria, intesa anche nella nozione più ampia che includa i professionisti delegati alle vendite, sia tenuta a valutare tali informazioni anche al fine di assolvere il dovere generale di collaborazione contemplato dell’art. 12 del decreto antiriciclaggio[9]. 
Ciò non significa che dagli elementi informativi desumibili dalla dichiarazione dell’aggiudicatario, il giudice (o il professionista delegato) non possano derivare il fondato motivo di riciclaggio, autoriciclaggio o terrorismo che giustifica la comunicazione alle autorità competenti[10].
5 . Conseguenze della mancata dichiarazione dell’aggiudicatario
Le informazioni prescritte dall’art. 22 devono essere fornite al giudice dell’esecuzione o, nell’ipotesi di delega delle operazioni di vendita, al professionista, entro il termine fissato per il versamento del prezzo; l’assolvimento di tale onere informativo, avvenuto il versamento del prezzo, deve essere verificato ai sensi dell’art. 585, comma 4, c.p.c, dal giudice prima di pronunciare il decreto di trasferimento o, ai sensi dell’art. 591 bis, comma 8, c.p.c. dal professionista prima di predisporre tale decreto e di trasmettere il fascicolo al giudice dell’esecuzione.
Vi è da chiedersi quali conseguenze si possono avere nel caso in cui l’aggiudicatario non fornisca nei termini la dichiarazione antiriciclaggio. 
Si tratta in particolare di stabilire se l’assolvimento da parte dell’aggiudicatario dell’obbligo informativo rappresenti, unitamente al versamento del prezzo, una condizione necessaria per la pronuncia del decreto di trasferimento; se così fosse, in ipotesi di omissione di tale obbligo si determinerebbe una interruzione del procedimento esecutivo con la revoca dell’aggiudicazione e l’introduzione di un nuovo esperimento di vendita.
Ora, se il rifiuto di fornire le informazioni antiriciclaggio si aggiunge al mancato versamento del saldo prezzo si applicherà quale rimedio collegato a quest’ultimo inadempimento la sanzione prevista dall’art. 587, comma 1, c.p.c. rappresentata dall’incameramento della cauzione e inoltre ai sensi dell’art. 587, comma 2, c.p.c. potrà essere richiesta all’aggiudicatario l’eventuale differenza tra il prezzo ricavato dal successivo incanto, unito alla cauzione confiscata, e il prezzo dell’incanto precedente. 
Diverso il caso, peraltro assai molto meno probabile, in cui il saldo prezzo sia versato, ma l’aggiudicatario ometta di fornire la dichiarazione antiriciclaggio; in tale circostanza è da escludere che a seguito della decadenza dell’aggiudicatario possa essere incamerata la cauzione trattandosi di una sanzione prevista soltanto per il mancato versamento del saldo prezzo; né, si ritiene, possa operare in via estensiva il combinato disposto dell’art. 587 comma 2, c.p.c. e dell’art. 177 disp. att. c.p.c. contemplando dette disposizioni un ulteriore meccanismo riparatore applicabile soltanto qualora il saldo prezzo non sia corrisposto[11].
Considerare l’assolvimento della dichiarazione antiriciclaggio quale autonoma condizione per la pronuncia del decreto di trasferimento comporterebbe nel caso prospettato, la decadenza dell’aggiudicatario, la restituzione dell’intero prezzo versato, con inevitabili effetti negativi per la procedura, quali l’allungamento dei tempi di vendita e l’incremento dei costi.
Anche per i motivi suesposti, appare preferibile una diversa lettura delle nuove disposizioni del codice di procedure in materia antiriciclaggio. 
Gli articoli 585, comma 4, e 591 bis, comma 8, dispongono che la pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione del decreto di trasferimento o la predisposizione dello stesso decreto da parte del professionista delegato possano realizzarsi “avvenuto il versamento del prezzo” dopo aver verificato l’assolvimento dell’obbligo dell’aggiudicatario di fornire la dichiarazione antiriciclaggio; ciò non significa che se detta verifica ha esito negativo il decreto non possa comunque essere pronunciato dal giudice o predisposto dal professionista. 
Per maggior chiarezza, si può ritenere che le summenzionate disposizioni si limitino a individuare il momento in cui deve essere effettuata la verifica dell’assolvimento dell’obbligo informativo da parte degli organi della procedura, non interferendo l’esito di tale controllo sul perfezionamento della vendita. 
A conferma di tale possibile interpretazione l’art. 591, comma 7 bis, c.p.c. prevede che ai fini dell’interruzione del procedimento il professionista delegato debba dare tempestivo avviso al giudice dell’esecuzione del mancato versamento del prezzo nel termine con trasmissione del fascicolo, ma non dell’omesso assolvimento da parte dell’aggiudicatario dell’obbligo informativo ai fini antiriciclaggio.
Il mancato rispetto degli obblighi previsti dall’art. 22 del decreto antiriciclaggio dovrà, se mai, essere valutato ai fini dell’applicazione della normativa antiriciclaggio quale elemento che può indurre il giudice dell’esecuzione autonomamente, o su segnalazione del professionista in ipotesi di delega, ad effettuare la comunicazione ex art. 12, comma 7, alle autorità di vigilanza di settore e alla UIF per gli adempimenti e le analisi di rispettiva spettanza. Si ricorda in proposito che il rifiuto di fornire le informazioni prescritte dall’art. 22 costituisce un indicatore di anomalia che in base alle istruzioni delle autorità di vigilanza deve essere valutato ai fini della segnalazione delle operazioni sospette.
6 . Conclusioni
Le modifiche introdotte dal codice di procedura civile per estendere l’applicazione della normativa antiriciclaggio alle vendite immobiliari coattive si sono limitate a stabilire obblighi informativi soltanto per gli aggiudicatari. Tale soluzione, in qualche modo indotta dalla genericità delle prescrizioni contenute nella legge delega, riduce di fatto il compito del giudice e del professionista delegato ad un controllo meramente formale della dichiarazione resa dall’aggiudicatario, non contemplando lo svolgimento di alcuna attività di adeguata verifica sostanziale, prodromica all’individuazione di possibili operazioni sospette.
Le nuove disposizioni del codice di procedura civile consentono pertanto solo un’applicazione sfumata della normativa antiriciclaggio e riducono conseguentemente le possibilità di monitoraggio dei fenomeni di riciclaggio nelle vendite immobiliari realizzate nell’ambito delle procedure esecutive.

Note:

[1] 
La previsione della legge delega di applicazione della normativa antiriciclaggio anche alle procedure concorsuali non è stata ancora espressamente recepita dal legislatore; va tuttavia osservato che art. 216, comma 8, CCII, dispone che l’art. 585 c.p.c. - e quindi anche il comma 4 che ha introdotto gli obblighi informativi antiriciclaggio per l’aggiudicatario - si applica in quanto compatibile alle vendite effettuate nell’ambito della liquidazione giudiziale. In dottrina, sulle nuove disposizioni del codice di procedura civile v. A.M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2022, pag. 1673 ss.
[2] 
A titolo esemplificativo, il giudice e il professionista delegato non saranno tenuti a verificare, nel caso di aggiudicatario diverso da una persona fisica, l’esatta individuazione del/dei titolare/i effettivo/i, lo status di persona politicamente esposta del dichiarante, la coerenza dell’investimento nel bene immobile con l’origine dei fondi indicata dall’aggiudicatario, la riferibilità a quest’ultimo di elementi reputazionali negativi che possano elevare il rischio di riciclaggio dell’operazione.
[3] 
In senso conforme G. Caramia, L’introduzione della normativa antiriciclaggio nelle vendite coattive, Il.Caso.it, 1° aprile 2023, il quale ha rilevato che l’ausiliario del giudice deve limitarsi a raccogliere la dichiarazione dell’aggiudicatario e depositarla a corredo della minuta del decreto di trasferimento, non essendo prevista alcuna successiva attività e nessun obbligo di segnalazione rispetto ad eventuali dichiarazioni anomale.
[4] 
È stato correttamente sottolineato che la qualifica professionale del delegato costituisce il presupposto, attestante il possesso di determinate competenze professionali per poter essere delegato dal giudice al compimento di attività che altrimenti dovrebbe svolgere in prima persona. V. Consiglio Nazionale del Notariato – Studio n. 45-2020/E _3-2020/B – Vendita forzata e normativa antiriciclaggio di E. Fabiani e M. Nastri, pag. 6.
In merito all’applicabilità della normativa antiriciclaggio alla vendita forzata, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza del 7 novembre 2019, in Riv. dell’esecuz. forz. N. 1/2020, p. 260, aveva stabilito che gli oneri di adeguata verifica introdotti dalla disciplina antiriciclaggio “non si applicano ai professionisti delegati e, più in generale, agli ausiliari del giudice, non potendo definirsi né clienti né esecutori degli stessi, nel senso indicato dall’art. 2, 2° comma, lett. p), D.Lgs. n. 231/2007, né infine effettivi titolari del rapporto bancario acceso quale conto della procedura esecutiva.” 
[5] 
Si tratta delle “Regole Tecniche in materia di procedure e metodologie di analisi e valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”, approvate nella seduta del 20.9.2019.
[6] 
Si tratta delle “Linee guida per la valutazione del rischio, adeguata verifica della clientela, conservazioni dei dati, dei documenti e delle informazioni ai sensi del D.Lgs. n. 231/2007” approvate dal CNDCEC nella seduta del 16 gennaio 2019, su Parere del Comitato di Sicurezza Finanziaria del 6 dicembre 2018 e trasmesso al CNDCEC in data 11 dicembre 2018.
[7] 
Nell’ambito degli obblighi generali di collaborazione previsti dall’art. 12, la comunicazione alle autorità di vigilanza e all’UIF si basa su un presupposto diverso (la sussistenza di un fondato motivo) rispetto alla segnalazione di operazione sospetta ex art. 35 del decreto antiriciclaggio che va effettuata per il solo fatto che vi sia il sospetto in merito ad un’operazione, anche solo tentata, che rilevi ai fine del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo.
[8] 
In senso conforme, Consiglio Nazionale del Notariato, op. cit, pag. 10, ove è precisato che “non graveranno sugli organi della procedura, a fini antiriciclaggio, obblighi strutturati di valutazione del rischio, adeguata verifica, segnalazione di operazioni sospette, conservazione, così come definiti dalla normativa antiriciclaggio in relazione agli intermediari.
[9] 
In senso conforme A.M. Tedoldi, “La riforma dell’esecuzione forzata: le novità del D.Lgs n. 149/2022”, in www.giustiziainsieme.it.
[10] 
In senso parzialmente difforme G. Caramia, “L’introduzione della normativa antiriciclaggio nelle vendite coattive, op. cit, il quale ha rilevato che “non è da escludere che sul Giudice dell’esecuzione incomba l’obbligo di segnalazione all’Autorità competente tutte le volte in cui dalle dichiarazioni rese dall’aggiudicatario e raccolte dal professionista delegato emergano profili di marchiana criticità.” 
[11] 
Una interpretazione estensiva delle sopra citate disposizioni è stata auspicata al fine di evitare che “la condotta omissiva possa passare in cavalleria ed essere strumentalmente utilizzata per evitare che la procedura esecutiva consegua il proprio fine istituzionale”. Così G. Caramia, cit, pag. 8; in senso conforme, L. D’Alonzo, Riforma dell’esecuzione forzata: novità per creditori, debitori e marcato”, in inexecutivis.it, 25 ottobre 2022.

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  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

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