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Test pratico e check-list particolareggiata nella composizione negoziata: la portata delle novità poco esplorate introdotte dal nuovo decreto dirigenziale 21.03.2023

Chiara Ruffini I Massimo Garuti, Dottore commercialista in Ravenna

24 Ottobre 2023

Gli A. analizzano le novità contenute nel decreto dirigenziale 21 marzo 2023 in materia di composizione negoziata della crisi, soffermandosi in particolare sul test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e sulla check-list particolareggiata per la redazione del piano di risanamento. Il decreto conferma la funzione del test pratico quale strumento di diagnosi del grado di difficoltà del risanamento dell’impresa e in quale misura possa dipendere da iniziative in discontinuità rispetto al passato, fornendo alcune precisazioni sulla quantificazione del debito da ristrutturare (posto al numeratore del rapporto), che va inteso al netto delle eventuali disponibilità finanziarie e deve includere il fabbisogno correlato alla riorganizzazione del lavoro. La check-list è strumento di supporto alla redazione del piano, che nell’evoluzione rispetto al precedente decreto del 28 settembre 2021 deve essere già presente quantomeno come progetto di piano fin dall’istanza introduttiva della composizione negoziata.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Limitati commenti e disamine sono stati ad oggi dedicati ai contenuti del decreto dirigenziale 21 marzo 2023[1] che sostituisce il Decreto dirigenziale 28 settembre 2021[2] in materia di composizione negoziata, con particolare riferimento al test pratico ed alla check-list particolareggiata.
Il nuovo decreto dirigenziale, espressamente richiamato all’art. 13, comma 2, del CCII, trova fonte genetica nell’introduzione della composizione negoziata nel corpo del D.Lgs 12 gennaio 2019, n. 14 e s.m.i. (in seguito definito, breviter, CCII), agli artt. 12 e segg., secondo il disposto del D.Lgs n. 83/2022 (attuativo della direttiva UE 1023/2019, cd insolvency).
Talune modifiche testuali del decreto, cui non dedicheremo spazio ed attenzione particolare, derivano dal mero coordinamento con le nuove disposizioni sulla composizione negoziata introdotte nel CCII (in sostanza sono sostituiti tutti i richiami normativi al D.L. n. 118/2021 con i corrispondenti richiami al CCII).
Altre modifiche introdotte costituiscono invece novità da analizzare che riflettono l’esito dei lavori dell’apposita Commissione di studio istituita all’uopo il 22 aprile 2021 nonché dei riflessi registrati con le prime applicazioni del nuovo istituto offerto tra gli strumenti al servizio delle possibili soluzioni della crisi d’impresa. 
Proviamo a scorrere le novità testuali di rilevanza più marcatamente sostanziale introdotte in materia di test pratico e check-list particolareggiata. 
2 . Test pratico e check-list particolareggiata nel CCII
Il “test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento” e la “lista di controllo particolareggiata per la redazione del piano di risanamento dell’impresa idoneo a superare lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” trovano oggi la propria fonte genetica nel CCII.
Il primo precetto normativo è contenuto nell’art. 3, comma 3, del CCII, che detta le linee mirate alla tempestiva rilevazione di un eventuale stato di crisi ed alla conseguente adozione immediata delle misure necessarie per farvi fronte al fine di superarla.
Il legislatore, con riferimento alla struttura organizzativa di azienda, prescrive l’adozione di “misure” per l’imprenditore individuale (art. 3, comma 1) e di “adeguati assetti” per l’imprenditore collettivo (art. 3, comma 2) ed introduce strumenti di verifica e valutazione -ex post- rispetto all’efficacia degli strumenti adottati.
“Misure” e “assetti” sono rispettivamente “idonee” e “adeguati” se consentono all’impresa di prevenire o, quantomeno, rilevare tempestivamente uno stato di crisi aziendale e, nel contempo, consentono di mettere in campo le iniziative e gli interventi necessari a cercare di superarlo. 
Più in dettaglio le misure e gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati ai sensi dell’art. 2086 c.c. devono consentire, inter alia, di: “[…] c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2.” 
A fornire le indicazioni utili alla redazione della richiamata Check-list particolareggiata e del test pratico interviene l’art. 13, comma 2, del CCII, laddove, nel definire i i contenuti della piattaforma telematica nazionale istituita e gestita da Unioncamere sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia e del MISE, identifica anche gli strumenti specifici resi disponibili ed accessibili per l’imprenditore ed i suoi professionisti nell’ambito di una procedura di composizione negoziata ed in particolare:
- la “lista di controllo particolareggiata (check-list), adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento”, 
-il “test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento” 
-il “protocollo di conduzione della composizione negoziata”
Per quanto concerne poi il “contenuto della lista di controllo particolareggiata” e “le modalità di esecuzione del test pratico” l’art. 13 medesimo del CCII fa espresso rinvio al decreto dirigenziale del Ministero della giustizia (i.e. il decreto dirigenziale 21.03.2023).
La check-list per la redazione dei piani di risanamento viene altresì richiamata nell’art. 5-bis, comma 2, del CCII, in cui viene precisato che nei siti istituzionali del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico (ora Ministero delle Imprese e del Made in Italy), ove sono pubblicate informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti per la anticipata emersione della crisi e sugli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, “è altresì disponibile una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento” 
Proseguendo la lettura del CCII, l’art. 17, nel definire il contenuto dell’ istanza di nomina dell’esperto indipendente per l’accesso alla composizione negoziata indica, tra i documenti da inserire nella piattaforma telematica “[…] b) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare.
Diviene dunque di rilevante e centrale importanza, rispetto alla recente passata esperienza, la redazione ed allegazione all’stanza di composizione negoziata di un piano di risanamento (o quantomeno di un progetto di esso), redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, del CCII. Il piano è richiesto ex lege sia quale allegato all’istanza introduttiva del procedimento, sia successivamente nel procedimento giudiziale di richiesta di conferma delle misure protettive e cautelari qualora l’impresa vi abbia fatto ricorso (art. 19, comma 2 CCII). 
L’imprenditore deve depositare, unitamente al ricorso ex art. 19 per la richiesta delle misure protettive, una pluralità di documenti, tra i quali “[…] d) un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2”, nonché “un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare.
Spetterà poi il al Tribunale esprimersi per l’accoglimento o il rigetto della richiesta con una sorta di valutazione ex ante circa l’esistenza di un possibile bilanciamento tra interessi contrapposti: da una parte, la funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative e delle iniziative assunte per la regolazione della crisi e dell’insolvenza[3]; dall’altra parte, che le misure protettive e cautelari richieste non appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.[4]
Dall’insieme delle norme richiamate emerge come test pratico e lista di controllo particolareggiata siano strumenti utili non solo alla precoce diagnosi e analisi della situazione di crisi ma anche alla redazione del conseguente piano finalizzato a perseguire il risanamento. Le informative ottenute dall’applicazione pratica dei due strumenti potranno altresì supportare le trattative che l’esperto indipendente andrà a condurre con i creditori interessati e favorire le verifiche propedeutiche alla conferma delle misure protettive eventualmente richieste.
3 . Il TEST PRATICO nel decreto dirigenziale 21.3.23
Nel nuovo decreto dirigenziale 21.3.23 viene confermata la portata del test emersa nelle prime fasi applicative della composizione negoziata: il risultato del test non costituisce un indicatore dello stato di crisi bensì uno strumento introdotto a supporto del lavoro dell’imprenditore, dei suoi advisors o dell’esperto che ha come obiettivo quello di fornire elementi di valutazione dello stato dell’impresa.
Il testo offre elementi ed informazioni tecniche per provare a stimare ex-ante, attraverso la quantificazione di pochi elementi rilevanti, la possibilità concreta di intraprendere un ragionevole percorso di risanamento d’impresa.[5]
La graduazione del risultato ottenuto dallo sviluppo del test, secondo i contenuti del decreto in esame, costituisce base per valutare elementi significativi quali:
-in che misura sia ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa,
-il grado di difficoltà del risanamento,
-in che misura il risanamento potrà dipendere dall’adozione di iniziative in discontinuità rispetto al passato.
Il test va in sostanza utilizzato quale primo strumento “grezzo” di diagnosi al fine di comprendere da un lato lo status quo, dall’altro la portata delle iniziative più opportune ed il tempo stimabile come necessario per perseguire il risanamento.
Conservando i suoi tratti essenziali anche nel testo del decreto 21.3.23, il test consta nella valorizzazione del seguente rapporto 
 
A (numeratore) = stima del debito da ristrutturare 
B (denominatore) = stima dei flussi finanziari annui a servizio del debito da ristrutturare
 
Nei dettagli di quantificazione delle voci concorrenti alla quantificazione di numeratore e denominatore - di seguito singolarmente analizzati - si colgono alcuni correttivi significativi introdotti dal decreto 21.3.23.
3.1 . La valorizzazione del debito (il numeratore)
L’entità del debito da ristrutturare è misurata per sommatoria di valori consolidati e già verificabili in via definitiva e valori stimati.
I primi (la parte consolidata) sono articolati nelle seguenti voci:
debiti scaduti, debiti riscadenziati, esposizioni per linee di credito bancarie, residui debiti a scadere relativi ai mutui ed ai contratti di leasing pendenti; il tutto al netto delle liquidità disponibili e delle entrate stimate per realizzi previsti dalle prospettazioni di piano (cessione beni, immobili, aziende, realizzi crediti, altro)
I secondi (la parte stimata) quantificano fabbisogni prospettici quali, in particolare, tutti gli investimenti prospettabili nell’arco stimato di durata di un piano di risanamento prospettico.
Tra le novità introdotte dal decreto 21.3.23, rispetto alla quantificazione del debito si evidenziano alcune utili (ma scontate per chi di finanza d’impresa si occupa) precisazioni finalizzate ad una migliore definizione dello stesso:
-il debito da ristrutturare va esposto al netto delle eventuali disponibilità finanziarie; 
-il debito stimato per il fabbisogno di “investimenti relativi ad iniziative industriali” va valorizzato al netto di eventuali correlate sovvenzioni e contributi che l’imprenditore prevede di conseguire;
- occorre valorizzare quale componente del debito complessivo anche il fabbisogno correlato all’eventuale riorganizzazione del lavoro (consulenze esterne non ricorrenti, interventi nella logistica, incrementi di pianta organica rispetto ai costi operativi ordinari ecc.).
Gli interventi recenti effettuati paiono tesi ad obiettivi di completezza nella definizione del debito che deve tenere conto non solo dello status quo ma anche, fin dalla partenza, delle risorse stimate come indispensabili per il prospettato piano di risanamento.
La quantificazione del debito, per essere completa e “prudente” anche rispetto ai possibili risultati della prima applicazione del test pratico, dovrà comprendere ogni esborso noto eccedente quelli afferenti la normale gestione, con particolare attenzione non solo a quelli relativi ad investimenti in impianti, macchinari e attrezzature, manutenzioni straordinarie, ma anche a quelli non di routine afferenti eventuali altre attività tra le quali la richiamata riorganizzazione del lavoro.
E, per essere completo e prudente, il debito dovrà altresì comprendere congrui ed opportuni stanziamenti di fondi rischi a fronte di verifiche in corso e/o di passività potenziali note al momento della sua quantificazione.
3.2 . La valorizzazione dei flussi finanziari annui a servizio del debito (il denominatore)
La quantificazione dei flussi finanziari prospettici dell’impresa presuppone non solo le idonee misure (caso impresa individuale) e gli adeguati assetti organizzativi amministrativi e contabili (caso impresa collettiva) richiesti dal novellato art. 2086 c.c., che costituiscono il presupposto necessario al buon funzionamento di una impresa, ma anche un sistema di controllo di gestione economico/finanziario sufficientemente strutturato.
Osservato che altro è la quantificazione dei flussi a consuntivo, altro è la quantificazione degli stessi ex-ante per la redazione di piano prospettici, il decreto marzo/23 propone una sorta di linea guida per la loro quantificazione corredata di check di monitoraggio (Sez. II art. 4), anche con l’obiettivo di uniformare il più possibile le modalità di determinazione dei valori.
Gli elementi proposti dalla linea guida tracciata per lo sviluppo dei valori del piano prospettico costituisce importante supporto anche per la quantificazione del parametro posto al numeratore del test partico osservato che richiede la determinazione in un ammontare annuo di flussi finanziari a servizio del debito in un ipotetico anno tipo, mediano, costruito sulla base dell’esperienza aziendale e delle informazioni note in fase di accesso alla procedura di composizione negoziata.
Alla quantificazione dei flussi annui utili alla finalizzazione del test si arriva dunque per step successivi.
La base di partenza è costituita dalla stima dei valori economici di ricavi e costi correnti (variabili e fissi) di un ipotetico esercizio mediano prospettico costruito sulla base della reale situazione corrente dell’impresa (fatturato realizzabile, stima dei costi variabili correlati, completezza della struttura dei costi fissi, valorizzazione imposte).
Ai valori base si aggiungeranno (se e per quanto noti) gli effetti delle iniziative in discontinuità e delle operazioni straordinarie eventualmente già individuate quali mezzi di intervento per la tenuta del piano prospettico.
Ove per effetti si intenderanno gli effetti economico/finanziari estranei alla gestione corrente determinati da eventi particolari che l’impresa metterà in atto con ragionevole grado di certezza.
I dati economici di ricavi e costi stimati vengono poi trasformati in flussi finanziari sulla base di un percorso di quantificazione articolato in fasi successive (sez. II art. 4)
In particolare, precisa l’art. 4.11.1 della sez. II, il ciclo di conversione di costi e ricavi di routine in flussi di cassa a servizio del debito dovrà tenere conto: 
-dei tempi di incasso dei ricavi, dei tempi di pagamento dei costi, del tasso di rotazione delle scorte di magazzino, 
-della parte di risorse finanziarie indisponibili in quanto assorbite da eventuali investimenti /manutenzioni programmate,
-della parte di risorse finanziare da destinare al pagamento delle imposte correnti tenendo conto degli effetti di eventuali perdite compensabili e della corretta competenza fiscale di proventi ed oneri annui stimati (Sez. II art. 4.10).
Le linee guida tracciate forniscono anche indicatori di controllo cui attingere per la verifica di congruità e ragionevole correttezza dei valori dei flussi stimati.
Le principali fonti di verifica individuate all’art. 4 attingono a due fonti principali:
- la storia dell’impresa con riferimento alla necessaria calibratura dei dati prospettici sui dati storici recenti
- il contesto di mercato di riferimento con la verifica costante degli andamenti prospettici dei settori specifici di riferimento, specie se monitorati con riferimento al contesto locale/nazionale/internazionale di operatività effettiva dell’impresa.
La conversione di costi e ricavi in flussi deve essere coerente con la serie storica dei tempi di incasso/pagamento dell’azienda (Sez. II art. 4.11.1) 
I ricavi devono essere supportati dai valori già conseguiti dovendo giustificare l’imprenditore eventuali scostamenti tra ricavo prospettico stimato e dato storico (sez. II art. 4.3.1). Si chiede in sostanza la redazione di piani che riflettano le reali ed attuali capacità aziendali senza immaginare incrementi di fatturato qualora non sostenibili con azioni di intervento significative e concretamente realizzabili che possano modificarli sensibilmente.
I ricavi devono riflettere anche le tendenze del mercato di riferimento e le prospettive di settore.
Quanto ai costi occorrerà verificare se le quantificazioni e le stime sono coerenti con il dato storico, a parità di struttura, nonché stimare gli effetti delle economie prospettate dal piano tenendo conto dei riflessi che le stesse potranno determinare sul rischio aziendale e le eventuali contromisure già previste per contenerli (Sez. II art. 4.4)
Come per i ricavi e costi anche le marginalità dovranno essere coerenti col dato storico evidenziando che variazioni di marginalità dovranno essere supportate attraverso l’esame dei riflessi che le azioni correttive prospettate potranno determinare verificando sempre gli effetti sperati con i benchmark di mercato disponibili, specie con riferimento al grado di incidenza del margine operativo sui ricavi (Sez II art. 4.8.2).
Ed ancora i flussi dovranno valorizzare gli effetti straordinari derivanti da investimenti, cessioni, dismissioni e azioni rettificative intraprese (e/o da intraprendere) in discontinuità. 
Si evidenza che l’analisi dei flussi storici e la correlata quantificazione di flussi prospettici costituiscono esercizio di crescente e rilevante importanza, non solo per le normali verifiche periodiche dell’impresa in normale funzionamento ma anche per quella necessaria e tempestiva rilevazione dello stato di crisi che costituisce il primo presupposto per un accesso agli strumenti di prevenzione/soluzione disciplinati dal CCII.
Gli assetti sono adeguati, recita il legislatore all’art. 2086 c.c. quando l’imprenditore riesce a cogliere lo stato di crisi in fase precoce, quando ancora è in qualche modo reversibile.
3.3 . Le semplificazioni nella stima dei flussi introdotte per l’impresa minore
Si osserva come nella prassi l’impostazione dell’analisi andamentale prospettica d’impresa attraverso budget economici e conseguente pianificazione finanziaria basata sulle stime dei flussi, ancora oggi fatica a radicarsi nelle entità medio/piccole, specie in quella non dotate di organo di controllo. 
La circostanza potrebbe comportare difficoltà, per le imprese di minori dimensioni, nell’accesso allo strumento composizione negoziata che proprio sulla stima dei flussi poggia le sue fondamenta per le verifiche di fattibilità.
Con lo scopo di favorire la piena fruizione dell’istituto della composizione negoziata è intervenuto, fin dalla sua prima stesura, il testo del decreto dirigenziale laddove introduce specifiche semplificazioni per l’impresa minore, non particolarmente strutturata nel monitoraggio finanziario, aprendo alla costruzione degli impegni prospettici basati anche solo sulle grandezze economiche, senza prevedere l’obbligo di tradurle in flussi finanziari.
Nella consapevolezza che sovente le imprese in crisi non riescono a disporre in tempi brevi di un piano industriale e che molto spesso non hanno gli strumenti e/o le risorse per impostarlo, il decreto fornisce indicazione sulle fonti alternative da utilizzare per estrapolare dati e informazioni richieste per il completamento del test.
Ed ancora per facilitare l’acquisizione dei dati (con probabili obiettivi di omogeneità delle fonti) il decreto si spinge ad identificare documenti e datazione di costi e ricavi che potranno essere desunti dai budget, in mancanza dai consuntivi purché non troppo datati e dai pre-consuntivi.
L’andamento economico” – precisa testualmente il decreto – è “desunto dal budget dell’esercizio in corso oppure, in mancanza, dai dati dell’esercizio precedente, se la relativa chiusura non è anteriore di oltre sei mesi, o dalle stime della pre-chiusura dell’esercizio in corso, in caso di chiusura oltre il predetto termine di sei mesi” (sezione I del decreto 21.3.23).
Naturalmente i valori economici grezzi, anche nell’approccio semplificato descritto, andranno opportunamente rettificati per tenere conto degli effetti investimenti e manutenzioni, dismissioni, operazioni straordinarie, nonché delle eventuali iniziative industriali di cui si prevede la realizzazione (art. 4.11.4).
3.4 . Il risultato del test pratico
Il risultato del test pratico, che valorizza il già analizzato rapporto tra ammontare del debito pregresso da un lato e flussi medi annui a servizio del debito dall’altro, è un numero che esprime la stima del grado di difficoltà del risanamento.
Facendo un esempio pratico: un risultato 2 esprime la probabilità/possibilità che nell’arco di durata di due anni l’impresa in difficoltà riesca a sanare il debito pregresso attingendo ai flussi finanziari disponibili.
Al crescere del risultato si accresce proporzionalmente la difficoltà dell’operazione risanamento: il crescere degli anni stimati di durata del progetto comporta la necessaria stima di flussi finanziari relativi ad annualità lontane dal presente che li rendono più aleatori e tali da richiedere un mix di interventi a supporto della tenuta dei piani.
Al crescere del risultato del test saranno richiesti in supporto alla tenuta dei piani di risanamento, ed in aggiunta ai flussi prospettici stimati, operazioni che generino maggiori disponibilità finanziarie per l’impresa quali iniziative industriali in discontinuità, operazioni straordinarie ed in ultima analisi anche la cessione dell’impresa.
Più precisamente:
-Fino al risultato 3: le difficoltà del risanamento sono definite “contenute”: 
“l’andamento corrente può essere sufficiente ad individuare il percorso di risanamento” (sez. I art. 4)
-Nell’intervallo compreso tra risultato 3 e 5: il risanamento dovrà poggiare sull’efficacia e sull’esito di iniziative industriali nuove che possano incidere sui flussi accrescendoli
-oltre il risultato 5 qualora la marginalità operativa lorda sia positiva: il risanamento potrebbe richiedere la cessione di azienda o di rami di essa
--oltre il risultato 5 qualora la marginalità operativa lorda sia negativa: il risanamento potrebbe richiedere un mix di attività quali l’adozione immediata di iniziative in discontinuità (mirate ad arginare l’assorbimento di flussi) quali interventi sui processi produttivi, cessazioni di linee produttive, cambiamento del modello di business finalizzate a processi di aggregazione/cessione.
Si evidenzia che il decreto 21.3.23 ha portato alcune innovazioni nella graduazione dei risultati del test.
La prima riguarda l’esito “difficoltà contenuta” che, originariamente previsto fino al risultato del test pari a 2, si espande fino al valore 3, di fatto allargando il campo delle situazioni percepite come potenzialmente risanabili con ragionevole grado di successo senza necessità di far ricorso a iniziative industriali eccezionali rispetto all’operatività storica aziendale. 
In sostanza, fino al risultato 3 si stima, quantomeno in fase prognostica, che l’impresa possa trovare al suo interno gli strumenti per affrontare e superare lo stato di crisi attraverso iniziative, manovre ed economie che possano incidere sui flussi prospettici.
La seconda concerne il superamento del livello 5, situazione che nel nuovo testo postula un intervento straordinario necessario per la soluzione della crisi quale la cessione d’azienda (il testo previgente prevedeva l’ipotesi cessione per risultati superiori a 6)
La modifica, che restringe il campo dell’intervento di risanamento endogeno all’impresa fino ad un risultato del test pratico pari a 5, di fatto esprime il consolidato orientamento (che si trova espresso nei principi per la redazione dei piani di risanamento divulgati dal CNDCEC nel maggio 2022, paragrafo 4.1.4) che tende a limitare la durata dei piani di risanamento in “continuità diretta” ad una durata di 5 anni, nella considerazione che durate dei piani che eccedono un orizzonte temporale dai 3 ai 5 anni si scontrano con problemi di prevedibilità analitica.
Lo stesso decreto dirigenziale peraltro prescrive proiezioni fondate su previsioni che coprano un periodo massimo di 5 anni a meno che (caso eccezionale) un arco temporale superiore sia giustificato (Sez. II art. 4.12) 
Le descritte modifiche della graduazione dei risultati, che potrebbero anche essere il riflesso delle prime applicazioni dell’istituto della composizione negoziata, sembrano da un lato voler allargare la base dei soggetti potenzialmente adatti a fruire del percorso della composizione negoziata affidata a prospettive di continuità diretta e dall’altro voler restringere il campo della durata dei piani con il possibile scopo di tentare di renderne più misurabili e valutabili gli effetti.
La limitata casistica delle procedure di composizione negoziata evidenza un utilizzo del test, molto limitato, circostanza che riflette una certa reticenza nel renderne disponibili ex-ante i risultati.
Secondo i dati pubblicati con aggiornamento al marzo 2023 dall’Osservatorio Unioncamere sulla Composizione negoziata[6], solo il 33,9% dei soggetti che hanno fatto accesso alla piattaforma telematica nazionale ha provveduto a redigere il test.
Tenderanno probabilmente a non pubblicare i risultati del test le imprese che registrano ex-ante risultati pari o superiori a 5-6 o maggiori di 6, specie se le prospettazioni del piano di risanamento non individuano in partenza un potenziale acquirente dell’impresa che possa supportare quella necessaria “cessione d’azienda” che rende potenzialmente perseguibile la soluzione della crisi. 
L’eventuale mancata impostazione del test è comunque un vulnus temporaneo nell’economia della procedura osservato che è compito dell’esperto procedere alla redazione del test e darne informativa agli atti.
Nella verifica preliminare di perseguibilità del risanamento l’esperto è infatti chiamato ad una verifica (con eventuale correzione se necessaria) dell’esito del test ed è invitato alla sua compilazione insieme all’imprenditore qualora lo stesso non vi abbia provveduto (Sez. III art. 2.2).
Allargando il campo di visuale il test pratico potrebbe essere non solo utile strumento per tutte le imprese in funzionamento per analizzare il grado di rimborsabilità dei debiti sociali, ma anche utile strumento di supporto alle verifiche periodiche dell’organo di controllo per monitorare dati andamentali storici e prospettici sul grado di indebitamento rapportato ai flussi realizzati ed attesi.
4 . CHECK-LIST PARTICOLAREGGIATA nel decreto dirigenziale 21.3.23 quale strumento di supporto alla redazione di un piano (o di un progetto di piano)
Secondo la versione originaria del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 che conteneva le disposizioni attuative del D.L. 118/2021 oggi trasfuso nel CCII (artt. 12 – 25 quinquies), dopo la compilazione del test di autovalutazione la redazione del piano era ritenuta certamente utile, seppur non imprescindibile, all’inizio del percorso di composizione negoziata della crisi.
Che se ne disponga o meno all’incipit del percorso della composizione, il piano diventa comunque presto necessario nel corso della composizione negoziata, in quanto elemento chiave nell’individuazione delle proposte da formulare ai creditori e alle parti interessate e per la definizione di una soluzione idonea per il superamento della crisi.[7] Di qui la l’evoluzione normativa del CCII (art.1) e l’emanazione del nuovo decreto dirigenziale 21.03.23 (Sezione II check-list) che hanno introdotto e disciplinato l’obbligo di redazione di un piano, o quantomeno di un progetto di piano , quale allegato obbligatorio dell’istanza introduttiva della composizione negoziata. 
Strumento di supporto alla redazione del piano, o del progetto di piano, è quella check-list (lista di controllo) il cui contenuto è descritto nella sezione seconda del Decreto dirigenziale. Nelle intenzioni del Legislatore il supporto di una lista di controllo dovrebbe costituire l’utile e pratico strumento che consente all’imprenditore che intende accedere alla composizione negoziata di redigere un piano di risanamento affidabile seguendo le migliori pratiche di redazione dei piani di impresa e che servirà all’esperto per l’analisi della coerenza del piano.
Gli effettivi contenuti dello specifico piano di risanamento dipenderanno dall’attività e dalla dimensione dell’impresa.
Il piano avrà i contenuti qualitativi e le previsioni numeriche economiche, patrimoniali e finanziarie che discendono da assumption e driver adeguatamente descritti e supportati dall’andamento storico dell’impresa e dalle previsioni del mercato, secondo le linee guida recentemente divulgate dal CNDCEC nei Principi per la redazione dei piani di risanamento (pubblicati nel maggio 2022).
Vi è identità nell’obiettivo, trattandosi di determinare i flussi finanziari derivanti dalla gestione aziendale liberi che possono essere posti a servizio del debito esistente che necessita di essere rimborsato; flussi finanziari che nelle imprese di minori dimensioni possono essere stimati attraverso un processo semplificato.
La lista di controllo per la redazione del piano di risanamento si compone di cinque sezioni che fungono da guida all’imprenditore:
1. per la valutazione dei minimi requisiti organizzativi presenti nella propria impresa,
2. per la rilevazione della situazione patrimoniale ed economica aggiornata che costituirà la cosiddetta “spalla” del piano, nel cui ambito andrà rivolta particolare attenzione: al valore dei cespiti non superiore al maggiore tra valore recuperabile e quello di mercato; all’ageing dei crediti; alla rotazione del magazzino; alla riconciliazione dei debiti con le risultanze della Centrale Rischi Banca d’Italia, del certificato unico dei debiti tributari, del certificato dei debiti contributivi e per premi assicurativi e della certificazione dei carichi già iscritti a ruolo affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione; alla stima di passività potenziali; all’andamento corrente dei ricavi, del portafoglio ordini, dei costi e dei flussi finanziari,
3. per l’individuazione delle strategie di intervento atte a rimuovere lo squilibrio patrimoniale o economico che rende probabile la crisi, lo stato di crisi già manifesta o di insolvenza attuale purché reversibile[8],
4. per la stima delle proiezioni dei flussi finanziari,
5. per la valutazione dell’idoneità del piano a consentire, in via prognostica, il risanamento del debito.
A queste sezioni se ne aggiunge una sesta, dedicata ai gruppi di imprese, relativamente ai quali il decreto dirigenziale specifica che occorrerà altresì tenere conto delle reciproche interdipendenze tra le imprese che ne fanno parte. In particolare, il piano dovrà dare evidenza dei rapporti economici, finanziari e patrimoniali infragruppo, se vi siano altre imprese del gruppo che presentano difficoltà economico-finanziarie o patrimoniali, così come se vi siano altre imprese del gruppo la cui continuità aziendale dipende da quella dell’impresa in crisi e se le operazioni infragruppo previste nel piano possano arrecare un pregiudizio per i creditori di un’altra impresa del gruppo.
4.1 . Dal piano “facoltativo” al piano (o progetto di piano) imprescindibile
Come precisato la novità di maggior rilievo recata dal decreto 21 marzo 2023, coerentemente a quanto previsto dall’art. 17 del CCII che contiene le previsioni normative per l’accesso alla composizione negoziata (i.e. istanza e documenti che ne sono a corredo), consta nella richiesta di un “progetto di piano”. L’imprenditore che intende aprire una procedura di composizione negoziata deve aver già redatto quantomeno un progetto di piano di risanamento e un piano finanziario per i successivi sei mesi.
 Si richiede dunque qualcosa di più rispetto al testo normativo previgente che si limitava a suggerire l’utilità della redazione di un piano senza richiederlo espressamente quale elemento imprescindibile.
Un progetto di piano (non il piano vero e proprio) deve dunque esserci fin dall’apertura della composizione negoziata.[9]
Nel sito internet contenente la piattaforma on-line per accedere alla composizione negoziata della crisi (https://composizionenegoziata.camcom.it/ocriWeb/#/home) vi è l’elenco dei documenti da allegare all’istanza, tra cui viene citato appunto il Progetto di piano di risanamento, che viene definito come “la rappresentazione del percorso di ristrutturazione che l’impresa intende intraprendere. Il piano deve essere redatto secondo le indicazioni contenute nella lista di controllo (check list) di cui all’art. 13, comma 2, del CCII (sezione II del decreto dirigenziale 28 settembre 2021 del Ministero della giustizia [sostituito ora da quello del 21 marzo 2023]). In particolare, il piano deve rappresentare: l’ambito organizzativo dell’impresa, la rilevazione della situazione contabile e dell’andamento corrente, le strategie di intervento, le proiezioni dei flussi finanziari e il risanamento del debito”.
Anche la sezione II del decreto dirigenziale 21.03.2023 aiuta a definire il perimetro delle analisi e delle attività necessarie per la redazione del piano di risanamento elencando una sequenza di domande cui l’imprenditore deve trovare onesta, completa ed adeguata risposta da trasfondere nella definizione di equilibrate variabili prospettiche.
Naturale integrazione della check list di supporto alla redazione del piano dovrà essere attinta dai Principi per la redazione dei piani di risanamento[10] e più latamente in tutta la letteratura che si è occupata di informativa finanziaria prospettica[11], in particolare in situazioni distressed e percorsi di turnaround[12].
4.2 . I contenuti del progetto di piano
Il decreto marzo 2023 precisa cosa si intende per progetto di piano.
Per aversi un “progetto di piano” devono essere rispettate, quanto meno, le indicazioni di cui ai paragrafi 1, 2.8 e 3 della sezione II del decreto dirigenziale marzo 23 dedicata alla check-list (sezioni, queste, che sono a loro volta invariate rispetto al precedente stesura testuale del decreto dirigenziale pubblicata nel settembre 2021 già analizzato).
Il progetto di piano di cui l’imprenditore deve disporre fin dal momento in cui chiede di far ingresso nella composizione negoziata della crisi deve rispettare i seguenti contenuti minimi dei richiamati paragrafi e precisamene:
1. In materia di requisiti organizzativi dell’impresa: l’imprenditore deve fornire risposte ai seguenti quesiti 1.1 se dispone delle risorse chiave (umane e tecniche) per la conduzione dell’attività o individuare il modo per procurarsele; 1.2 se le iniziative industriali sono quelle realisticamente attuabili in base alle competenze tecniche di cui si dispone o che possono essere acquisite sul mercato; 1.3. se è attivato un monitoraggio continuativo dell’andamento aziendale, o quanto meno il confronto con i dati di andamento del precedente esercizio; 1.4 se l’impresa misura l’andamento aziendale attraverso indicatori chiave gestionali (“KPI”) o individua gli indicatori coerenti con il proprio modello di business ed il proprio settore di attività; 1.5 se l’impresa dispone di un piano di tesoreria a 6 mesi o, in alternativa, predispone un prospetto di stima delle entrate e delle uscite finanziarie almeno a 13 settimane.
2.8 In materia di informazioni sull’andamento corrente dei ricavi, del portafoglio ordini, dei costi e dei flussi finanziari.
3. In materia di strategie di intervento individuate al fine di rimuovere le cause della crisi: 3.1 come si manifesta la crisi e 3.2 quali ne sono le cause; 3.3 viene acquisito il giudizio del collegio sindacale e del revisore sulla completezza ed adeguatezza del quadro fornito dall’imprenditore; 3.4 si delineano le strategie di intervento e le iniziative industriali che l’imprenditore intende adottare o che sono state adottate dai concorrenti che hanno maggiore successo; 3.5 si verifica la disponibilità di capacità e competenze manageriali per realizzare il turnaround; 3.6 si stimano i tempi di esecuzione, gli effetti sui ricavi, sui costi, sugli investimenti e individuazione delle funzioni aziendali responsabili; 3.7 si identificano le possibili azioni correttive in caso di scostamenti dei risultati rispetto agli obiettivi pianificati; 3.8 si testa la coerenza del piano rispetto al passato; 3.9 si verifica la credibilità del piano e se le strategie di intervento siano appropriate per il superamento della crisi.
4.3 . La ratio dell’introduzione del progetto di piano
Con l’introduzione dell’obbligo di allegazione di un piano -o di un “progetto di piano”- (art. 17, comma 3, lett. b) e l’indicazione dei contenuti minimi che lo stesso deve avere (sezione II decreto 23 ) il CCII e il decreto dirigenziale, nei testi novellati vigenti, rivelano l’intento di un approccio allo strumento della composizione negoziata più rigoroso sugli aspetti sostanziali e forse anche in controtendenza con altre modifiche che hanno viceversa reso possibile l’accesso alla procedura anche in difetto di taluni documenti (per le certificazioni fiscali ad esempio è sufficiente – grazie al decreto PNRR ter D.L. n. 13/2023 – auto-dichiarare di averne fatto richiesta). 
Si vuole verosimilmente evitare prolungate gestazioni di composizioni negoziate destinate ad esiti sfavorevoli e per le quali è probabilmente più appropriato altro strumento giuridico, come del resto ben testimonia il già richiamato apporto statistico in materia pubblicato dall’Osservatorio Unioncamere il 15 maggio 2023[13] .
Il documento evidenzia che, delle 316 istanze già chiuse dall’introduzione dell’istituto della composizione negoziata, le trattative sono durate in media 170 giorni e le procedure si sono concluse con esiti sfavorevoli nel 87,65% dei casi. Mancate prospettive di risanamento, esito negativo delle trattative, rinuncia da parte dell’imprenditore, apertura di liquidazione giudiziale sono state le casistiche più ricorrenti di interruzione/non favorevole chiusura delle procedure aperte, con precisazione che solo nel 2,53% dei casi si è registrato con approdo al concordato semplificato.
Peraltro, l’esame della composizione negoziate “abortite” in itinere, censite nel rapporto di Unioncamere richiamato, rivela anche una sorta di legame tra insuccessi delle procedure aperte e genus principale delle imprese che vi hanno fatto ricorso: lo strumento è stato scelto soprattutto da microimprese (meno di 10 addetti, fatturato < 2 milioni Euro) o piccole imprese (meno di 50 addetti, fatturato < 10 milioni Euro).
Hanno dunque fatto maggior ricorso alla composizione negoziata i soggetti che più di frequente sono meno dotati di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati anche alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale. Analizzando ulteriormente i valori statistici pubblicati con riferimento al fatturato ed all’organico si osserva come poco meno dei tre quarti delle imprese che accedono alla composizione negoziata hanno un fatturato sotto i 10 milioni di euro e che più della metà sono microimprese ed ancora, analizzando i macro-numeri si osserva come oltre l’86% delle istanze riguarda imprese con meno di 50 addetti e circa il 59% le microimprese.

Note:

[1] 
V. G. Buffelli e G. P. Rota, Composizione negoziata della crisi di impresa: il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 si aggiorna al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 05.04.2023.
[2] 
Per un’analisi del Decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 si rimanda ai contributi di R. Ranalli, Le indicazioni contenute nella piattaforma: il test, la check-list, il protocollo e le possibili proposte, in Dirittodellacrisi.it, 26.11.2021, C. Sottoriva e A. Cerri, Uno sguardo d’insieme sulla composizione negoziata all’esito della conversione del D.L. 118/2021, in Il Fallimentarista, 02.12.2021 e L. Gambi, La ratio ed il funzionamento del test pratico per l’accesso al percorso di risanamento, in Dirittodellacrisi.it, 21.12.2021.
[3] 
V. l’ordinanza del Tribunale di Bergamo del 22.01.2023 (estensore dott. L. De Simone); Tribunale di Firenze, 28.11.2022 (estensore C. Soscia).
[4] 
V. Tribunale di Modena 26.12.2022 (estensore dott. C. Ovi).
[5] 
Secondo l’ordinanza del Tribunale di Lucca del 10.01.2023 (estensore dott. C. Capozzi), il test pratico per la verifica di ragionevole perseguibilità del risanamento va eseguito finanche quando non si disponga ancora di un piano d’impresa, ragion per cui, in assenza di esso, le misure protettive chieste dal debitore non possono essere confermate.
Sulla rilevanza del test pratico ai fini della concessione delle misure protettive e cautelari vedasi anche la successiva nota 7, dove vengono citati i precedenti provvedimenti delle Corti di merito in tema di conferma/revoca delle misure protettive in relazione alla presenza o meno sia del test pratico, sia anche di un piano coerente alle indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13, comma 2, CCII.
[7] 
La giurisprudenza di merito prevalente, nella fase giudiziale di conferma delle misure protettive, dà rilievo alla presenza del test pratico e di un piano coerente alle indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13, comma 2, CCII. V. in tal senso: Tribunale di Lecco, 02.01.2023 (estensore E. Tota) che rigetta la richiesta di conferma delle misure protettive sul presupposto che il progetto di piano di risanamento era assolutamente embrionale e che non era stato effettuato il test pratico; Tribunale di Avellino, 05.12.2022 (estensore P. Russolillo), secondo il quale “la valutazione di reversibilità dello stato di insolvenza, cui il giudice è tenuto, deve basarsi: a) sugli esiti del test pratico finalizzato a valutare in via preliminare la complessità del risanamento sulla base di un indice di riferimento dato dal rapporto fra il debito che deve essere ristrutturato e l’ammontare annuo dei flussi a servizio del debito, nonché a stabilire, conseguentemente, la tipologia degli interventi da compiere per raggiungere nuovamente il pieno equilibrio finanziario, economico e patrimoniale; b) sul piano di risanamento predisposto dall’impegno dell’imprenditore in base alla lista di controllo messa a sua disposizione, la cui produzione in giudizio, sia pure sotto forma di mero progetto, è prevista sin dall’avvio della procedura […]”; Tribunale di Milano, 21.07.2022 (estensore C. Macchi); Tribunale di Avellino, 16.05.2022 (estensore P. Russolillo); Tribunale di Rieti, 02.04.2022 (estensore F. Sbarra).
[8] 
V. Tribunale di Bologna, sez. IV, 08.11.2022, commentato da L. Jeantet e L. Romanzi, Composizione negoziata della crisi, stato di insolvenza e finanza prededucibile: lettura ricognitiva e spunti sistematici, in Il fallimentarista, 05.04.2023; Tribunale di Modena 03.12.2022; Tribunale di Arezzo 16.04.2022. Sul punto si veda anche il contributo di S. Rossetti, Presupposti e condizioni per l’accesso alla composizione negoziata. Il valore perseguibile: il risanamento dell’impresa, in Dirittodellacrisi.it 03.04.2023.
[9] 
La posizione della giurisprudenza di merito più accreditata può essere sintetizzata in un passaggio dell’ordinanza del Tribunale di Bergamo del 08.05.2023 (estensore dott. L. De Simone), ove si afferma che “la compiuta elaborazione e definizione di un piano in seno alla composizione negoziata non è attività rimessa unicamente al debitore e ai suoi professionisti, ma è un compito ascrivibile allo stesso esperto, nel concerto fra debitore e creditori, sulla base del progetto depositato dall’imprenditore. il deposito di un piano definitivo non costituisce onere riconducibile all’impresa che accede a questo strumento, essendo il percorso negoziale finalizzato proprio ad individuare una strategia concreta di possibile risanamento in esito alla negoziazione condotta sotto le cure dell’esperto. Ciò che l’imprenditore è chiamato a depositare ab initio è quello che l’art. 17, comma 3, lett. b), CCII, definisce come “progetto di piano”, espressione che sembra implicare l’illustrazione anche solo sommaria, purché definita e chiara, degli obiettivi ristrutturatori dell’impresa e delle iniziative a tal fine funzionali. È soddisfacente un’impostazione iniziale del tragitto di recupero dell’equilibrio economico finanziario e degli interventi che si metteranno in campo.
[10] 
Cfr. P. Biasotto, Composizione negoziata della crisi e piani di risanamento, in Bilancio e Revisione n.4/2023, p. 41.
[11] 
V. ISAE 3400; i Principi guida per la redazione dei business plan, ODCEC di Milano, 2021.
[12] 
V. Il controllo della liquidità nelle strategie aziendali e nelle situazioni di crisi. Il contributo del business plan, Quaderno n. 59 SAF Luigi Martino ODCEC di Milano, 2015; La composizione negoziata quale soluzione alla crisi d’impresa, Quaderno n. 90 SAF Luigi Martino ODCEC di Milano, 2023, capitolo 6.
[13] 
Cfr. terza edizione dell’Osservatorio semestrale sulla Composizione negoziata per la crisi d’impresa, cit.

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