Le considerazioni svolte nel precedente § a me paiono incontrovertibili in quanto frutto di una lettura testuale e agile delle norme. Va ricordato, infatti, che tanto nel concordato quanto nella liquidazione giudiziale esistono precise regole distributive (artt. 84 e 221 CCII); non così negli accordi.
La scelta dei giudici di qualificare gli accordi tra le procedure concorsuali deriva da queste precisazioni che fanno leva sul fatto che la sfera della concorsualità può essere oggi ipostaticamente rappresentata come una serie di cerchi concentrici, caratterizzati dal progressivo aumento dell'autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all'orbita più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, quali la liquidazione degli imprenditori non fallibili, le amministrazioni straordinarie, le liquidazioni coatte amministrative, il concordato fallimentare, il concordato preventivo, gli accordi di composizione della crisi da sovraindebitamento degli imprenditori non fallibili, gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria.
A dire della Suprema Corte i connotati qualificanti sarebbero, allora, (i) una qualsivoglia forma di interlocuzione con l'autorità giudiziaria, con finalità quantomeno "protettive" (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva); (ii) il coinvolgimento formale di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo e fosse anche solo per attribuire ad alcuni di essi un ruolo di "estranei", da cui scaturiscono conseguenze giuridicamente predeterminate; (iii) una qualche forma di pubblicità.
Come si nota, i giudici di legittimità non hanno predicato che un requisito minimo sia la previsione di un ordine di distribuzione delle risorse.
Questa demarcazione, davvero flebile, aiuta non poco a comprendere l’assoluta irrazionalità di una postulazione centrata sulla prededuzione interna negli accordi di ristrutturazione. Infatti, non c’è bisogno di stabilire se gli accordi entrano nel palinsesto delle procedure concorsuali, nell’ottica della attribuzione della prededuzione, per la semplice circostanza che la prededuzione (fenomeno processuale o sostanziale che sia) è, in ogni caso, un rango preferenziale nella distribuzione delle risorse del debitore, perché i crediti prededucibili debbono essere soddisfatti prima degli altri.
Sennonché, affermare che tali crediti debbono essere soddisfatti per primi, implica, doverosamente, che ci sia un ordine di distribuzione posto che se questo non c’è, la prededuzione, al pari dei privilegi, è del tutto insignificante.
Così come le cause di prelazione rilevano, solo, quando c’è un concorso tra creditori, anche i crediti sono prededucibili se c’è un concorso; se questo non c’è, il rango del credito non ha rilievo. Il concorso, in questo caso, deve intendersi in senso stretto e cioè come pretesa di più creditori di concorrere sul medesimo patrimonio responsabile (art. 2740 c.c.), non già in astratto ma in relazione ad una specifica procedura in cui i beni del debitore vengono liquidati (o, ancor più genericamente, realizzati) affinché dal loro ricavato siano attinte le risorse da distribuire tra i creditori.
Nell’ambito di una esecuzione singolare avviata da un creditore la sussistenza di una ipoteca assume significato se vi sono altri creditori, diversamente non conta nulla. Parimenti un credito munito di privilegio generale (ad esempio ai sensi dell’art. 2751-bis c.c.) è un credito che attribuisce una preferenza solo se c’è qualcun altro che ambisce ad esser soddisfatto sul medesimo patrimonio.
In questa cornice a me pare del tutto irrazionale predicare una prededuzione interna agli accordi di ristrutturazione, come pure la presenza di una prededuzione trascinata dalla composizione negoziata[18].
L’art. 22 CCII stabilisce che il debitore che sta affrontando il percorso della composizione negoziata può chiedere di essere autorizzato a stipulare finanziamenti prededucibili[19], ma la stabilità della prededuzione ci potrà essere solo quando, per sventura, quel debitore dovrà incanalarsi sul sentiero del concordato preventivo o della liquidazione giudiziale.
Non è, neppure, virtualmente ipotizzabile che la prededuzione autorizzata ai sensi dell’art. 22 CCII sia “azionabile” negli accordi di ristrutturazione per il semplice fatto che: (i) tra i creditori aderenti le risorse sono ripartite in base al contratto (cioè, agli accordi); (ii) i creditori non aderenti debbono essere soddisfatti per l’intero.
Taluno, forse, potrebbe obiettare che negli accordi ad efficacia estesa (art. 61 CCII) i creditori non aderenti ma appartenenti alla categoria degli aderenti, espressasi a larga maggioranza (75% o 60% in caso di pregressa composizione negoziata), vanno trattati allo stesso modo di chi ha manifestato il consenso, cosicché si creerebbe una regola distributiva.
Non mi pare che questa obiezione sia fondata perché la regola di distribuzione presuppone una diversità di attribuzioni in ragione del grado (o del rango), non in base al fatto del consenso. Qui, l’attribuzione delle risorse deriva, appunto, dalla forzatura del consenso e non dal rango del credito, sì che non può essere considerata una regola di distribuzione.
In verità, per quanto mi consta, nessuno ha mai dubitato che negli accordi il debitore sia libero di trattare ogni creditore come più gli aggrada, ma ovviamente non è davvero libero di farlo perché ne deve acquisire il consenso.
Certo, l’acquisizione del consenso può muovere da svariate variabili e tra queste, indubbiamente, non possiamo trascurare quali sono le attese del creditore in caso di successiva liquidazione giudiziale. Così come il debitore che propone un accordo ad un creditore dovrà tenere in debito conto il fatto che quel creditore, in quanto munito di un credito privilegiato, sia più propenso ad accettare un accordo se trattato meglio di chi la prelazione non ce l’ha, è ragionevole che al creditore che in caso di liquidazione giudiziale potrebbe aspirare ad una collocazione prededucibile, sia offerto un trattamento migliore degli altri creditori. Tuttavia, il diverso rango incide proprio e soltanto sulla negoziazione, giammai su un preteso ordine di distribuzione delle risorse.