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Saggio

La transazione fiscale nel Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (P.R.O.)*

Antonio Maria Manco, Avvocato in Lecce

24 Ottobre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il decreto correttivo del Codice della crisi, approvato in prima lettura il 10 giugno 2024 dal Consiglio dei ministri, introduce, all’articolo 64 bis CCII (rubricato “Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”), il comma 1 bis, il quale prevede per la prima volta in tale contesto normativo la possibilità per il debitore di proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori. 
La riforma in questione, che introduce nel sistema del Codice della crisi una nuova ipotesi di transazione fiscale e contributiva, merita di essere adeguatamente approfondita.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Con il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, è stato introdotto, all’interno del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, un nuovo ed importante istituto, idoneo a salvaguardare la posizione dell'imprenditore in difficoltà: il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (abbreviato: P.R.O.), disciplinato dagli articoli 64 bis e seguenti del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi e dell’insolvenza – CCII)[1]. Trattasi di strumento accessibile solo alle imprese commerciali “maggiori”, o sovra-soglia, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lett. d) CCII. 
Tale strumento, fortemente innovativo, si colloca in una posizione intermedia tra gli accordi di ristrutturazione del debito ad efficacia estesa e il concordato preventivo in continuità: al contrario dei primi, non impone che i creditori estranei siano soddisfatti integralmente; rispetto al secondo non prevede regole per la distribuzione del patrimonio. 
L’istituto del P.R.O. appare dunque affine, per molti aspetti, agli accordi ad efficacia estesa, questi ultimi disciplinati dall’articolo 61 CCII, condividendo con gli stessi le seguenti caratteristiche: 
- sono entrambi finalizzati alla ristrutturazione delle imprese in crisi[2]
- si perfezionano con il consenso di una maggioranza qualificata di creditori; 
- il contenuto del piano può assumere carattere vincolante anche per i creditori non aderenti all’accordo, purché rientranti nella medesima categoria dei creditori aderenti; 
- entrambi gli istituti sono espressione delle disposizioni stabilite agli articoli 9 e 10 della Direttiva Insolvency
Data la natura “negoziale” del Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione - condivisa con gli accordi assunti in sede di composizione negoziata della crisi (articoli 23 e ss. CCII) e con gli accordi di ristrutturazione dei debiti (articoli 63 e ss. CCII) -, anche nel caso del P.R.O. la misura della soddisfazione dei creditori può non tenere conto, al contrario di quanto avviene nell’ambito del concordato preventivo, di due dati fondamentali, ovvero del principio di par condicio creditorum e del rispetto delle cause legittime di prelazione. 
L’istituto di cui trattasi rappresenta, in sintesi, uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza che può prescindere dalle regole distributive delle procedure concorsuali e che, una volta approvato da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto, può essere omologato in sede giurisdizionale senza verifiche particolari se non quelle di natura meramente formale[3], salvo le eccezioni che meglio si approfondiranno nel prosieguo. 
È importante in questa sede evidenziare come, con il secondo decreto correttivo al Codice della crisi e dell’insolvenza, di cui D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, bollinato il 10 giugno 2024, l’istituto in questione sia stato ulteriormente esteso e rafforzato; soprattutto, sono state inserite nuove disposizioni (in particolare è stato aggiunto, all’articolo 64 bis CCII, il comma 1 bis) che determinano la possibilità di procedere a transazione tributaria anche attraverso l’applicazione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, con conseguente ulteriore ampliamento dell’istituto transattivo in ambito fiscale e contributivo sulla base di strumenti di tipo negoziale. Stante la detta natura negoziale dell’istituto, la transazione fiscale e previdenziale, oggi stabilita come possibilità all’interno del P.R.O., non contempla l’opzione di procedere mediante cram down giudiziale, dovendosi attuare su base volontaria e mediante il consenso esplicito dei creditori pubblici rispetto al piano proposto. Tuttavia, così come anche nel caso della Composizione negoziata della crisi[4], il legislatore ha stabilito per il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione una “leva” finalizzata ad incentivare il raggiungimento del consenso delle parti rispetto a quei piani che siano oggettivamente convenienti a confronto con l’alternativa liquidatoria. Infatti, come si approfondirà in seguito, in caso di mancato accordo il debitore potrà chiedere la conversione della domanda di P.R.O. in Concordato preventivo e, pertanto, potrà proseguire in tale contesto, attraverso una procedura semplificata, con la richiesta di omologa forzosa della proposta mediante cram down (commi 3 e 4 dell’art. 88 CCII), anche in caso di dissenso delle Amministrazioni. 
È infine da rimarcare come le presenti riflessioni tengano conto del testo finale del Codice della crisi e dell’insolvenza per come riformato in base agli ultimi decreti correttivi, compreso quello bollinato il 4 settembre 2024[5].
2 . Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
Prima di approfondire la tematica inerente la transazione fiscale e previdenziale in ambio di Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, è necessario proporre una sintesi della disciplina e della procedura relative all’istituto in generale. 
La normativa dettata dall’articolo 64 bis CCII si applica, come accennato, all’imprenditore commerciale che non presenti congiuntamente i requisiti per la qualifica di imprenditore minore (indicata nell’articolo 2, comma 1 lettera d del CCII) e che si trovi in stato di crisi o di insolvenza. Questi può proporre il soddisfacimento dei creditori, sulla base della loro posizione giuridica e di interessi economici omogenei, mediante la distribuzione del valore generato in base al Piano di ristrutturazione anche derogando alle regole previste dagli articoli 2740 e 2741 del codice civile, nonché alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione. Ciò, tuttavia, può avvenire unicamente nel rispetto di alcune specifiche condizioni, ovvero: 
· che la proposta sia approvata dall'unanimità delle classi; 
· che i crediti assistiti da privilegio, di cui all'articolo 2751 bis, n. 1, c.c. (retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato), siano soddisfatti in denaro integralmente entro trenta giorni dall'omologazione. 
Pertanto, in presenza del consenso espresso da parte di tutte le classi dei creditori, il vaglio giudiziario in sede di omologa non dovrà riguardare le condizioni del piano, e, pertanto, neppure il rispetto della par condicio creditorum. Il tribunale, in tali ipotesi, dovrà infatti limitarsi ad effettuare un controllo sulla sola ritualità della procedura e sul corretto espletamento delle operazioni di voto[6].
3 . La procedura per l’avvio della domanda di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
Ai sensi dell’art. 64 bis CCII, la domanda di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è presentata nelle forme di cui all’articolo 40 CCII. Essa, pertanto, è formulata dall’impresa debitrice e sottoscritta da difensore munito di apposita procura, sotto forma di ricorso da indirizzare al tribunale competente, in composizione collegiale, con l’indicazione dell'ufficio giudiziario, dell'oggetto, delle ragioni della domanda e delle conclusioni. 
Insieme al ricorso introduttivo, il debitore deposita anche[7]: 
- le scritture contabili e fiscali obbligatorie; 
- le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell’attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata; 
- le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA relative ai medesimi periodi; 
- i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi; 
- una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata; 
- uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività; 
- un'idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi; 
- l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; 
- l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto. Tali elenchi devono contenere l'indicazione del domicilio digitale dei creditori e dei titolari di diritti reali e personali che ne sono muniti. 
- una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione di cui all'articolo 94, comma 2, compiuti nel quinquennio anteriore; 
- una relazione di un professionista indipendente che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. 
La domanda può essere presentata anche con riserva di deposito di documentazione, ai sensi dell'articolo 44, comma lettera a), ossia chiedendo al tribunale la fissazione di un termine per il deposito della domanda di omologazione del piano di ristrutturazione di cui all'articolo 64 bis del Codice della crisi. Ciò significa che è possibile, per il debitore, presentare un piano di ristrutturazione “in bianco”, in virtù del quale il tribunale concederà un termine compreso fra trenta e sessanta giorni (prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale fino a ulteriori sessanta giorni), ed emetterà gli altri provvedimenti indicati nell’articolo 44 CCII. Tra questi ultimi vi è anche la nomina del commissario giudiziale, il quale è tenuto a riferire al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore che possa pregiudicare una soluzione della crisi. Il commissario, inoltre, vigila sull’adempimento degli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione del piano, e può segnalare quei comportamenti che giustificano la revoca del provvedimento di concessione dei termini. 
Con riguardo alla concessione delle misure protettive e cautelari, l’articolo 54, comma 1, CCII prende espressamente in considerazione la richiesta formulata nell’ambito del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione prevedendo che, nel corso del procedimento per l’apertura del procedimento e su istanza di parte, il tribunale possa emettere i provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l'attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza. L’articolo 54, comma 2 CCII stabilisce, inoltre, che laddove il debitore ne abbia fatto richiesta nella domanda, dalla data di pubblicazione di questa nel registro delle imprese, i creditori non possano iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d'impresa. 
Ai sensi dell’articolo 54, comma 4 CCII, infine, è possibile per il debitore richiedere l’applicazione delle misure protettive anche prima del deposito della domanda di accesso al P.R.O., ciò mediante la proposizione di domanda con riserva, ai sensi degli articoli 17, 18 e 44, comma 1 CCII[8].
Si evidenzia, inoltre, come[9]:
- i crediti di terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili; 
- i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l'autorizzazione da parte del tribunale; 
- le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso al PRO sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori. 
Una volta presentato il ricorso, il tribunale è prima di tutto chiamato a valutare la ritualità della proposta ed a verificare la correttezza dei criteri di formazione delle classi; in seconda battuta, il tribunale procederà a nominare un giudice delegato al procedimento ed a nominare – oppure a confermare - il commissario giudiziale (cfr. articolo 64 bis, comma 4, lett. a) CCII). 
Come anche nel nuovo concordato in continuità aziendale (cfr. articolo 47, comma 1, lettera b) CCII), dunque, assume un ruolo centrale, nell’ambito della disciplina del PRO, la valutazione della ritualità della proposta[10]. 
Ciò significa che il tribunale sarà chiamato ad effettuare una valutazione di legittimità formale e a verificare la sussistenza di eventuali vizi del procedimento. L’autorità giudiziaria, pertanto, è tenuta ad esprimersi unicamente sul rispetto delle regole e delle procedure stabilite dalla legge ai fini del raggiungimento delle maggioranze indicate dalla disciplina del P.R.O. Non è invece compito del giudice quello di vagliare il merito della proposta formulata dal debitore[11]. 
Come visto, l’articolo 64 bis, comma 4, lett. a) CCII prevede, inoltre, che il tribunale valuti la correttezza della formazione delle classi, da intendersi, queste, come “l’insieme dei creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei”[12]. 
Effettuate, quindi, le dovute verifiche riguardo alla ritualità della proposta ed alla correttezza della formazione delle classi, l’autorità giudiziaria nomina il giudice delegato e conferma (oppure nomina ex novo) il commissario giudiziale. 
Dopodiché, ai sensi dell’articolo 64 bis, comma 4, lett. b) CCII, il giudice adotta i provvedimenti di cui all'articolo 47, comma 2, lettere c) e d), ovvero: 
- stabilisce, in relazione al numero dei creditori, alla entità del passivo e alla necessità di assicurare la tempestività e l'efficacia della procedura, la data iniziale e finale per l'espressione del voto dei creditori, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi, e fissa il termine per la comunicazione del provvedimento ai creditori; 
- fissa il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale il debitore deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma, ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera d), pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l'intera procedura ovvero la diversa minor somma, comunque non inferiore al 20% di tali spese, che sia determinata dal tribunale. 
- Ai sensi del nuovo comma d-bis), dispone gli obblighi informativi periodici del debitore sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa. 
Dalla data di presentazione della domanda e fino all'omologazione del piano, l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, esercitandola nel prevalente interesse dei creditori. L’imprenditore è quindi tenuto ad informare il giudice o il commissario con riguardo agli atti di straordinaria amministrazione, nonché in caso di pagamenti che non siano coerenti con il piano di ristrutturazione. In tal caso “Il commissario giudiziale, quando ritiene che l'atto può arrecare pregiudizio ai creditori o non è coerente rispetto al piano, lo segnala per iscritto all'imprenditore e all'organo di controllo. Se, nonostante la segnalazione, l'atto viene compiuto, il commissario giudiziale ne informa immediatamente il tribunale ai fini di cui all'articolo 106”[13] con conseguente possibile apertura della liquidazione giudiziale. 
Può dunque parlarsi nel P.R.O., in maniera non dissimile rispetto a quanto previsto per il concordato in continuità, di spossessamento attenuato, con riguardo alla gestione dell’azienda in capo all’imprenditore, stante il controllo sui suoi atti da parte del commissario giudiziale nominato dal tribunale, secondo una disciplina sostanzialmente modellata su quella della composizione negoziata della crisi.
Con l’articolo 64 bis, comma 7, CCII, il Codice della crisi passa a disciplinare le procedure di votazione del piano da parte dei creditori. 
La norma richiama espressamente le operazioni di voto previste dalla disciplina sul concordato preventivo. È dunque stabilito che in ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe.
Inoltre, al comma 7 è previsto che i “creditori muniti di diritto di prelazione non votano se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall'omologazione, e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. Nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all'articolo 2751 bis, n. 1, del codice civile, il termine di cui al periodo precedente è di trenta giorni. Se non ricorrono le condizioni di cui ai periodi precedenti, i creditori muniti di diritto di prelazione votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta”. Pertanto anche i creditori prelatizi, ove pagati integralmente ma oltre 180 giorni, sono ammessi al voto, per l’intero credito. In caso di pagamento parziale per incapienza, anche entro 180 giorni, i creditori prelatizi dovranno essere inseriti in due distinte classi ed esercitare il diritto di voto in entrambe: una classe, quali prelatizi, per la parte che viene pagata; ed una classe, quali chirografari, per la parte che non trova capienza. 
All'esito della votazione[14], è redatta dal commissario giudiziale apposita relazione in cui sono inseriti i voti favorevoli e contrari dei creditori, con l'indicazione nominativa dei creditori votanti e dell'ammontare dei rispettivi crediti, nonché dei creditori che non hanno esercitato il voto e dell'ammontare dei rispettivi crediti. 
Dopo il deposito della relazione, in caso di mancata approvazione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione “il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che provvede a norma dell'articolo 49, comma 1”[15], disponendo, cioè, l'apertura della liquidazione giudiziale allorché un soggetto legittimato ne faccia richiesta ove ricorrano i presupposti di cui all'articolo 121 CCII. 
L’articolo 64 ter CCII disciplina l’ipotesi in cui il piano di ristrutturazione non venga approvato da tutte le classi dei creditori. In tali ipotesi, il debitore, entro 15 giorni dalla data del deposito della relazione redatta dal Commissario Giudiziale, se ritiene di avere ottenuto l’approvazione di tutte le classi, può chiedere che il tribunale accerti l’esito della votazione e omologhi il piano di ristrutturazione. 
Pertanto, prima di procedere con l’apertura della liquidazione giudiziale, il tribunale deve attendere almeno quindici giorni, termine entro il quale è concesso al debitore di richiedere il riconteggio della votazione o la conversione del PRO in concordato preventivo. 
L'articolo 64 bis, comma 8, CCII disciplina invece la fase di omologazione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione. La disposizione prevede, in particolare, che “Il tribunale omologa con sentenza il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. In effetti, la possibilità di distribuire il valore generato dal piano in deroga agli articoli 2740 e 2741 del codice civile e alle regole sulla graduazione delle cause legittime di prelazione, trova giustificazione proprio nell'approvazione unanime delle classi. 
Vale la pena evidenziare come la proposta si riterrà comunque approvata allorché votino favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe. “Ciò significa che, nella situazione limite in cui votino solo la metà dei crediti ammessi al voto, il piano risulterà egualmente approvato con il voto favorevole dei due terzi della metà dei crediti, ossia pari ad appena il 33,33% dell'intera massa dei crediti”[16]. 
Al secondo capoverso del comma 8, viene inoltre previsto che “Se con l'opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il suo credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto a quanto potrebbe ricevere nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di omologazione.”. 
La disciplina fissata dalla suddetta norma, di per sé alquanto scarna, va integrata con quanto previsto dall'articolo 48, commi 1, 2 e 3, CCII, in tema di omologazione del concordato preventivo, in quanto richiamata dal comma 9 dell’articolo 64 bis.
Ne deriva come, in caso di approvazione del PRO da parte dei creditori, “il tribunale fissa l'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento sia iscritto presso l'ufficio del registro delle imprese dove l'imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso l'ufficio del luogo in cui la procedura è stata aperta nonché notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori che hanno espresso il loro dissenso”. 
Le opposizioni dei creditori dissenzienti e di qualsiasi interessato devono essere proposte con memoria depositata nel termine perentorio di almeno dieci giorni prima dell'udienza. Il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere almeno cinque giorni prima dell'udienza. Il debitore può depositare memorie fino a due giorni prima dell'udienza”. 
Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti […][17], omologa con sentenza” il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione. 
Un altro importante passaggio disciplinare è quello dettato dall’articolo 64 quater CCII, il quale norma l’ipotesi di conversione del PRO in concordato preventivo nel caso in cui l'omologazione appaia impedita dalla mancata approvazione da parte di tutte le classi e il debitore non ha presentato la richiesta di riconteggio prevista dall'articolo 64 ter, comma 1, del Codice. 
L’articolo 64 quater del Codice prevede dunque che se il piano di ristrutturazione non è approvato da tutte le classi, il debitore ha la possibilità di modificare la domanda formulando una proposta di concordato e chiedendo che il tribunale pronunci il decreto previsto dall'articolo 47. 
Il Codice della crisi, con tale articolo, disciplina dunque il caso in cui, a fronte della mancata approvazione all'unanimità delle classi, il debitore può modificare la domanda e formulare una proposta di concordato. L’impresa debitrice può, inoltre, secondo quanto disposto dall'articolo 64 quater, comma 2 CCII, decidere spontaneamente di modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo. In tali casi, il passaggio dal PRO al concordato non avviene a seguito del mancato raggiungimento della maggioranza in tutte le classi dei creditori, bensì su semplice richiesta del debitore anche prima della votazione.
La conversione del PRO in concordato non avviene, come visto, d'ufficio, bensì su istanza espressa del debitore, il quale deve depositare specifica memoria modificativa, da pubblicare nel Registro delle Imprese. 
L’articolo 64 quater, comma CCII si occupa dei tempi di ristrutturazione. Lo stesso dispone la riduzione alla metà dei termini per l'approvazione del concordato, ciò al fine di evitare che il passaggio da un procedimento all'altro comporti un eccessivo aggravio di tempi. 
La normativa sul PRO si chiude con la previsione di cui all’articolo 64 quater, comma 5, disposizione che disciplina la conversione inversa, da concordato preventivo a piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, possibile fino all'inizio delle operazioni di voto disposte al momento dell'apertura della procedura di concordato.
4 . La possibilità di deroga assoluta alla “par condicio creditorum” ed alle cause legittime di prelazione
In base alla disciplina prevista dagli articoli 64 bis e ss. CCII, dedicata al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, il legislatore ha previsto una deroga sostanzialmente totale rispetto ai principi di cui agli articoli 2740 e 2741 c.c. e alle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione. In effetti, la normativa in questione non fa alcun riferimento alle regole che disciplinano l’applicazione delle regole relative all’absolute priority rule e alla relative priority rule, come invece avviene nell’ambito del concordato in continuità. 
Vale la pena ricordare come tali regole assumono invece un ruolo centrale quando invece si parla di Concordato preventivo in continuità. Il Codice della crisi ha infatti recepito, all’articolo 84 CCII, la regola della absolute priority rule, limitatamente al valore di liquidazione[18]. Ciò, evidentemente, significa che il creditore di rango poziore ha diritto di essere integralmente soddisfatto, prima di passare al soddisfacimento del creditore di rango inferiore, su quanto ricaverebbe nell'alternativo scenario della liquidazione giudiziale. 
Sempre con riguardo al concordato in continuità, il legislatore ha invece previsto l'applicazione della relative priority rule per ciò che concerne il valore derivante dalla prosecuzione dell'impresa (c.d. plusvalore da continuità), sicché è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi aventi stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di rango inferiore. Nel concordato in continuità aziendale, il debitore gode di discrezionalità nell'applicazione della relative priority rule, poiché la libera distribuzione del surplus concordatario è consentita a condizione che la proposta concordataria assicuri alle classi di rango superiore un trattamento più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando il rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione, sia sul valore di liquidazione sia sul valore eccedente, per i crediti dei lavoratori, di cui all'articolo 2751 bis c.c. 
Nel P.R.O., come si è accennato, è stata viceversa prevista una deroga sostanzialmente assoluta rispetto ai vincoli patrimoniali di natura generale di cui all’articolo 2740 c.c., a quelli conseguenti alla par condicio creditorum ex articolo 2741 c.c. ed a quelli derivanti dalle disposizioni che regolano la graduazione delle cause legittime di prelazione. 
Il piano proposto dall’impresa debitrice ai sensi degli articoli 64 bis e seguenti CCII, infatti, può prevedere un soddisfacimento dei creditori libero da qualunque vincolo (che non sia quello del consenso delle classi e del pagamento immediato dei lavoratori subordinati), affrancato, dunque dal dover necessariamente tenere conto della natura delle pretese creditorie e della graduazione che fra queste dovrebbe porsi laddove risultassero cogenti le regole connesse alla par condicio creditorum ed alle cause legittime di prelazione. In definitiva, il debitore gode, nella prospettazione circa la distribuzione di valore proposta in base ad un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, di una discrezionalità pressoché assoluta. 
Nell’ambito del P.R.O., dunque, l’azienda proponente è autorizzata ad offrire ai creditori pagamenti che, per entità o tempi di soddisfazione, sono contrari al principio della inalterabilità della graduazione sia in senso assoluto che relativo. Rispetto al concordato preventivo, dunque, nell’accordo di ristrutturazione soggetto ad omologa appaiono derogabili sia il principio della par condicio creditorum, sia quello della inalterabilità delle cause di prelazione; da tanto deriva la libertà del debitore di distribuire le proprie risorse tra i creditori in deroga sia alla absolute priority rule che alla relative priority rule.
Ciò detto in linea generale, è bene specificare come il rispetto delle suddette regole inerenti l’absolute priority rule e la relative priority rule, per quanto non richiesto a livello normativo, possa comunque risultare decisivo in ottica di raggiungimento dell’accordo con i creditori, soprattutto pubblici. Molto difficilmente, in effetti, l’amministrazione finanziaria manifesterà il proprio consenso rispetto a una proposta che non tenga adeguatamente conto delle suddette regole distributive dei frutti economici del Piano e che, pertanto, si dimostri lesiva delle legittime aspettative del creditore pubblico. Sarà pertanto utile, se non necessario, fare in modo che la proposta di piano sia formulata in modo da rispettare le predette regole, anche nella prospettiva di un possibile cram down da realizzarsi in una eventuale e successiva fase di conversione della procedura da P.R.O. in Concordato, argomento di cui si parlerà meglio nel prossimo paragrafo.
5 . La disciplina della transazione tributaria nel P.R.O.
Prima della recentissima riforma del 2024, la disciplina relativa al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione non contemplava disposizioni in materia di transazione tributaria, come viceversa avveniva (e tutt’ora avviene) con gli articoli 63 e 88 CCII, rispettivamente in ambito di accordi di ristrutturazione dei debiti e di concordato preventivo. 
È dunque con l’ultimo Decreto correttivo al Codice della crisi, del giugno 2024, che è stata prevista la possibilità di procedere transattivamente nei confronti dei debiti erariali e previdenziali anche attraverso lo strumento del P.R.O., mediante l’introduzione della norma di cui al nuovo comma 1 bis all’interno dell’articolo 64 bis CCII. 
Secondo la nuova disposizione il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi previdenziali e assistenziali prima della presentazione della domanda di omologazione del piano. 
Alla proposta deve essere allegata la relazione del professionista indipendente incaricato, attestante oltre alla veridicità dei dati aziendali, la sussistenza di un trattamento non deteriore dei crediti erariali rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. La proposta è depositata presso gli uffici indicati dall’articolo 88, comma 5[19], e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 88, commi 5, terzo e quarto periodo, 6 e 7, in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi in ambito di concordato preventivo. 
L’eventuale adesione dei creditori deve intervenire entro 90 giorni dal deposito della proposta. Nel caso in cui la proposta venga modificata, il termine è aumentato di sessanta giorni decorrenti dal deposito della modifica della proposta e se la modifica si sostanzia in una nuova proposta, il termine di cui al periodo precedente è aumentato a novanta giorni. 
La norma in questione rinvia dunque alla disciplina procedurale del concordato in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi (articolo 88, commi 5, 6 e 7). Non vi è tuttavia, comprensibilmente (data la natura “negoziale” dello strumento), alcun riferimento alle norme sul cram down (commi 3 e 4) allorché vi sia il dissenso determinante, ai fini dell’omologazione del PRO, da parte di un creditore pubblico. 
Tuttavia, come si è già detto con riguardo alla disciplina generale dettata dall’articolo 64 quater CCII, è prevista la possibilità di conversione del PRO in concordato preventivo nel caso in cui l’omologazione sia impedita dalla mancata approvazione da parte di tutte le classi sicché, a fronte della mancata approvazione all'unanimità delle classi, il debitore ha la facoltà di modificare la domanda e formulare una proposta di concordato. Pertanto, nel momento in cui il dissenso all’approvazione del PRO provenisse dal voto determinante – all’interno della rispettiva classe di appartenenza – di un creditore pubblico che non si ritenesse soddisfatto anche laddove il piano fosse conforme alle regole sia della absolute priority rule che della relative priority rule, si aprirebbe la strada del cram down ai sensi dell’articolo 88, commi 3 e 4, CCII. 
In tali casi, dunque, il giudice, su richiesta del debitore e ferme restando le verifiche in ordine alla ritualità della domanda, sarebbe tenuto a convertire il PRO in concordato e quindi, sussistendo i presupposti di cui all’articolo 88 CCII, ad ammettere il cram dawn fiscale e contributivo, con conseguente imposizione forzosa del piano di risanamento proposto dal debitore, ciò in quanto ritenuto non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria. 
Vi è infine da analizzare il caso in cui il voto di un’amministrazione creditrice, contraria all’omologa, non risulti determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze previste per l’omologa del PRO. In tal caso, il giudice sarà chiamato a valutare la maggior convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria. Come visto, infatti, ai sensi dell'articolo 64 bis CCII, “Se con l'opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale”. Pertanto, anche nell’ambito del PRO l’autorità giudiziaria può essere chiamata ad esprimersi sul merito della proposta, e dunque, sulla convenienza del piano. Se, infatti, normalmente il controllo di legittimità esercitato dal giudice appare, anche in sede di conversione del PRO in concordato, di tipo quasi prettamente formale, essendo principalmente volto a verificare il regolare espletamento degli adempimenti procedurali, sussistono eccezioni rilevanti qual è quella appena evidenziata. In talune ipotesi potrà dunque verificarsi l’imposizione forzosa di un pagamento parziale o dilazionato nei confronti delle amministrazioni creditrici anche senza che ciò significhi necessariamente percorrere la strada del concordato, purché si verifichino le condizioni di cui al comma 8. 
In generale può comunque rilevarsi come, nel caso del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, si sia optato per uno schema alquanto similare a quello previsto in caso di transazione tributaria prevista nella negoziazione assistita. Anche in questo caso si ha uno strumento (il PRO) dalle caratteristiche proprie di un percorso di tipo stragiudiziale e non di tipo concorsuale, all’interno del quale si svolgono trattative fra impresa debitrice e creditori volte ad individuare una strategia per il risanamento dell’impresa e quindi per la continuità della stessa. Anche in questo caso, ruolo centrale è quello di un professionista indipendente rispetto alle parti (nella CNC è invece fondamentale la figura dell’esperto), il quale ha il compito di attestare i valori ricavabili in caso di liquidazione. 
6 . Conclusioni
Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione è stato concepito dal legislatore come un meccanismo volto a risolvere la crisi di impresa in chiave “privatistica” e “stragiudiziale”, fatte salve alcune incisive norme di tipo “para-concorsuale” che sono state innestate su un percorso di tipo principalmente negoziale. 
Su tale originale, e per certi versi controversa, struttura, con l’ultimo Decreto correttivo del giugno 2024 è stata infine prevista, attraverso l’inserimento del comma 1 bis nel corpo dell’articolo 64 bis CCII, la possibilità per il debitore di “…proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori”.
Con tale riforma, il legislatore ha così deciso di ampliare in maniera significativa l’armamentario che le imprese hanno a disposizione per formulare proposte di transazione fiscale e contributiva, nell’ottica della continuità aziendale. L’istituto non consente di accedere a ipotesi di cram down tributario, non essendo ciò stato espressamente disciplinato né essendo stato previsto alcun esplicito richiamo, da parte delle norme di riferimento (articoli 64 bis e ss. CCII), ai commi 3 e 4 dell’articolo 88 CCII, sicché ogni ipotesi transattiva deve necessariamente passare dal consenso dei creditori. 
Tuttavia, in caso di esito negativo delle trattative in sede di P.R.O., l’imprenditore potrà comunque richiedere l’accesso al concordato preventivo, come già è stato analizzato, accedendo in tal modo ad un “secondo tempo” solo eventuale e congegnato in modo tale da esercitare una qualche pressione sui creditori (soprattutto quelli pubblici) per il raggiungimento di una soluzione concordata alla crisi d’impresa già avviata, ai sensi degli articoli 64 bis e seguenti, con la fase preliminare costituita, appunto, dalla domanda di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.

Note:

[1] 
Un approfondito esame generale dell’istituto, con comparazione della nuova figura giuridica con la normativa nazionale, è stato offerto da G. Bozza, “Il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”, in Dirittodellacrisi.it del 07/06/2024. Cfr. anche M. Fabiani, I. Pagni, “Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione” in Il Fallimento, n. 8-9, 2022.
[2] 
Per ciò che riguarda l’importante tematica relativa al regime fiscale delle sopravvenienze da esdebitazione conseguite nell'ambito del P.R.O, si rinvia a G. Andreani e A. Tubelli, “Il trattamento fiscale delle sopravvenienze da esdebitazione nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)”, Dirittodellacrisi.it del 20/05/2024.
[3] 
Sul punto, cfr. Trib. Udine, 9 marzo 2023, Pres. Venier, Est. Barzazi, in Dirittodellacrisi.it. Secondo il Giudice friulano “Nella procedura di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione non è consentito al Tribunale un vaglio sul merito delle valutazioni dell’attestatore e sulla fattibilità del piano”.
[4] 
Per la quale, in caso di mancato accordo con le Amministrazioni creditrici, il debitore potrà richiedere l’accesso alla procedura di Concordato semplificato.
[5] 
Tale ultimo intervento correttivo è stato redatto a seguito del parere del Consiglio di Stato n. 910/2024, emesso in data 01/08/2024, a seguito dell’adunanza di Sezione del 23 luglio 2024, che si è pronunciato sullo Schema di decreto legislativo contenente disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n. 14/2019. Tale parere non ha interessato le nuove disposizioni relative alla transazione fiscale e previdenziale in ambito del P.R.O.
[6] 
Sull’applicazione in concreto dell’istituto e in ordine alla verifica circa la convenienza dello stesso rispetto agli strumenti limitrofi del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, cfr. G. Lener e L. A. Bottai, “Prime applicazioni del PRO: la realtà supera le attese”, in Dirittodellacrisi.it del 18/03/2024.
[7] 
In base all’art. 39, commi 1 e 2 CCII.
[8] 
Cfr. A. Danovi e G. Acciaro, Sole 24 Ore, guida 4/7, luglio 2022: “Su tale ultima disposizione il legislatore è intervenuto a seguito del Parere del Consiglio di Stato, il quale ha sottolineato che la precedente formulazione sembrava stabilire che le misure protettive prima del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione potevano essere richieste solo durante la composizione negoziata. La modifica apportata contiene una più chiara formulazione, di portata generale, volta a puntualizzare le modalità di concessione delle misure protettive al di fuori del procedimento unitario di cui all'articolo 40, non solo per il PRO ma anche per gli altri percorsi di regolazione della crisi, prevedendo la possibilità di farvi ricorso nell'ambito della composizione negoziata ma anche di chiederle con la domanda con riserva depositata ai sensi dell'articolo 44”.
[9] 
In base a quanto previsto dall’ultimo periodo del secondo comma dell'articolo 64 bis del Codice, che prevede l’applicabilità dell'articolo 46, commi 4 e 5 CCII.
[10] 
Prima della recente riforma del 2024, la disposizione parlava di “mera” ritualità. Tale aggettivazione è stata infine espunta dall’attuale disciplina.
[11] 
Rispetto alla legge fallimentare, il Codice della crisi attribuisce un peso decisamente maggiore all’espressione (ed al concetto) di “ritualità della domanda”, posto che la stessa veniva in precedenza unicamente utilizzata ai fini dell'ammissione al concordato fallimentare, di cui all'articolo 125, L. fall.
[12] 
Cfr. articolo 2, comma 1, lett. r) CCII.
[13] 
Cfr. articolo 64 bis, comma 5 CCII.
[14] 
In base ad articolo 110 CCII, richiamato da articolo 64 bis, comma 7, CCII.
[15] 
In base ad articolo 111 CCII, richiamato da articolo 64 bis, comma 7, CCII.
[16] 
Cfr. A. Danovi e G. Acciaro, Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione”, Sole 24 Ore, guida 4/7, luglio 2022.
[17] 
In questo punto della disposizione, l'articolo 48, comma 3, CCII rimanda a quanto disposto dall’art. 112 CCII, norma che disciplina il “Giudizio di omologazione” del tribunale con riguardo al concordato preventivo. L’applicabilità dell’articolo 112 CCII nell’ambito del PRO, tuttavia, viene esplicitamente esclusa dall’art. 64 bis, comma 9, con ciò – probabilmente – volendo il legislatore limitare la valutazione del giudice ad un giudizio sul mero rispetto della ritualità della procedura, con esclusione di ogni vaglio riguardo al merito della stessa, tanto al fine di assegnare maggiore libertà alle parti (debitore e creditori) in ordine alla disciplina concreta del risanamento ed al trattamento dei crediti.
[18] 
La regola della c.d. della absolute priority rule (derivante dal principio di inalterabilità dell'ordine delle prelazioni), veniva applicata in maniera alquanto rigida nell’ambito della legislazione fallimentare, la quale stabiliva che “Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”. Tale previsione, in vigenza della legge fallimentare, veniva generalmente interpretata – con il conforto della Suprema Corte (cfr., fra le altre, Cassazione 8 giugno 2020, n. 10884), nel senso di dover effettuare l'integrale pagamento del credito di rango superiore prima di soddisfare quello di rango inferiore, ciò anche con riguardo alle plusvalenze da continuità aziendale.
[19] 
La documentazione è presentata, per l’Agenzia delle entrate, alla competente Direzione provinciale o regionale, per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, alle competenti Direzioni territoriali e alla competente Direzione territoriale interprovinciale, ovvero alla Direzione centrale per gli atti impositivi direttamente emessi e, infine, per gli enti previdenziali e assicurativi, alla competente Direzione provinciale. L'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso.

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