Abbiamo già ricordato il “pilastro” dell’art. 40, commi 9 e 10, che regola in modo chiaro i tempi di ammissibilità delle eventuali domande alternative-concorrenti: se è pendente domanda di liquidazione, quella alternativa del debitore deve essere proposta entro la prima udienza; se è pendente una domanda di regolazione “pattizia”, quella alternativa di liquidazione giudiziale può essere proposta “fino alla remissione della causa al collegio per la decisione”.
Ma cosa succede dopo che è esaurito il giudizio di primo grado? Quelle domande che non sono state eventualmente proposte in pendenza del giudizio di primo grado possono essere autonomamente proposte successivamente, in particolare quando la domanda alternativa risulta respinta, ma con provvedimento ancora non definitivo, in parallelo quindi con l’impugnazione eventualmente pendente?
Concretamente: a) può proporsi domanda di concordato quando la domanda di liquidazione giudiziale è stata rigettata dal tribunale ed è pendente reclamo dinanzi alla corte di appello ex art. 50 CCII?; b) può proporsi domanda di concordato quando la corte di appello ha revocato la sentenza di liquidazione ed è pendente ricorso per cassazione ?; c) si può chiedere e dichiarare la liquidazione giudiziale in pendenza del ricorso per cassazione contro la sentenza della corte di appello di revoca dell’omologa, come era stato ritenuto possibile dalle Sezioni Unite con riferimento alla previgente legge fallimentare [8] ?
Forse conviene analizzare partitamente i diversi casi prospettati, per vedere se è possibile desumerne un principio unitario.
La risposta negativa ai quesiti precedenti sub a) e b) può ricavarsi dalla previsione dell’art. 40 comma 10, che, per come testualmente formulato, è già stato osservato[9], può estendere il suo campo di applicazione anche oltre il primo grado: dopo aver previsto che in pendenza di una richiesta di liquidazione giudiziale la domanda alternativa di regolazione del debitore deve essere proposta “a pena di decadenza entro la prima udienza”, è infatti specificato : “successivamente alla prima udienza la domanda non può essere proposta autonomamente sino alla conclusione del procedimento per la apertura della liquidazione giudiziale”; tale “conclusione” non può giuridicamente ritenersi raggiunta sino a quando, ad esempio, la corte di appello non abbia respinto, con provvedimento non ricorribile in cassazione, il reclamo avverso il decreto di rigetto ovvero sino a quando la corte di cassazione abbia confermato la sentenza di revoca della liquidazione giudiziale. Con riferimento al caso sub b) deve ulteriormente osservarsi che il CCII ha disciplinato espressamente gli effetti della sentenza di revoca della liquidazione prevedendo che il debitore riacquisti l’amministrazione dei beni, ma sotto la vigilanza del curatore e con obblighi informativi periodici. A prescindere dalla qualificazione da dare a tale singolare disciplina, omologare un concordato con un curatore della liquidazione giudiziale in carica sarebbe alquanto singolare. Può solo aggiungersi che esigenze di tutela interinale nel caso sub a) (pendenza del reclamo avverso il diniego di liquidazione giudiziale) possono comunque essere soddisfatte attraverso l’espressa attribuzione alla Corte di appello della possibilità di adottare misure protettive e cautelari (vedi art. 55, comma 5).
Apparentemente più complesso da risolvere è il caso sub c) (domanda di liquidazione giudiziale proposta in primo grado in pendenza di ricorso per cassazione avverso la sentenza di revoca dell’omologazione)[10].
In primo luogo è opportuno osservare che il CCII ha introdotto la possibilità, prima non prevista, di una dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale pronunziata dalla corte di appello proprio in occasione della sentenza di revoca dell’omologazione, “su domanda di uno dei soggetti legittimati” ex art. 53, comma 5. In molti casi, quindi, la domanda di liquidazione giudiziale sarà proposta già dinanzi alla Corte di appello[11] e la sentenza, per riprendere il primo “puntello interpretativo”, sarà di contestuale definizione delle due domande alternative (“1) revoca l’omologazione del concordato; 2) dichiara aperta la liquidazione giudiziale”).
Se la domanda liquidazione giudiziale non è stata proposta dinanzi alla corte di appello, tenderei ad escludere la possibilità di una proposizione separata ed autonoma dinanzi al tribunale in primo grado, in pendenza del ricorso per cassazione avverso la sentenza di sola revoca dell’omologazione.
Indipendentemente dalla opinabile questione della decorrenza degli effetti di tale pronunzia di revoca [12], nel CCII, a differenza di quello che avveniva con la legge fallimentare, vi è una disciplina espressa in ordine ai tempi di proposizione della domanda di liquidazione in pendenza di domanda alternativa del debitore; secondo il principio generale dell’art. 7, comma 1, poi tutte le domande sopravvenute devono poter essere trattate nel procedimento dichiaratamente “unitario”, mediante riunione a quelle già pendenti. La domanda in primo grado non riunibile nel procedimento pendente in fase di impugnazione sarebbe in contrasto con tale assetto normativo ed è quindi improponibile.
Riassumendo: la domanda di regolazione alternativa del debitore in pendenza di domanda di liquidazione può essere proposta entro la prima udienza; successivamente non può più essere proposta “sino alla conclusione del procedimento per la apertura della liquidazione giudiziale”, con pronunzia definitiva ; la domanda di liquidazione giudiziale in pendenza di domanda di regolazione alternativa del debitore può invece essere proposta: a) in primo grado sino alla “remissione in decisione”; b) direttamente dinanzi alla corte di appello, nell’ambito reclamo contro l’omologazione; deve invece escludersi che possa essere proposta in via autonoma e separata al di fuori del procedimento pendente e senza possibilità di riunione, ad esempio dinanzi al tribunale in pendenza di ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello di revoca dell’omologazione.
Tale soluzione complessiva appare coerente con i principi generali della unitarietà del procedimento-contenitore di domande tra loro alternative-concorrenti, da definire per quanto possibile in modo contestuale; in tale ambito la proposizione in via autonoma può essere consentita solo nei limitati casi previsti dagli artt. 7 e 40 CCII, ovvero entro i medesimi termini nei quali è ammessa la proposizione nel procedimento avviato, consentendo una tempestiva ed equivalente riunione.
Una volta che il “treno” del procedimento unitario è partito, l’unica, eccezionale, “salita a bordo” consentita è quella dell’art. 53, comma 5, CCII, ma non possono farsi partire altri convogli autonomi su binari paralleli.