Il primo dubbio che già ha diviso gli interpreti attiene alla legittimazione alla domanda di conferma con tutela solo risarcitoria.
Secondo una prima tesi si potrebbe prescindere dalla richiesta del reclamante danneggiato: sarebbe sufficiente la domanda di conferma di altro soggetto e la corte potrebbe comunque procedere, quale conseguenza, ad accordare il “danno” anche alla parte che non l’ha richiesto: la ratio dell’istituto, il termine “indemnisation” utilizzato dalla direttiva orienterebbero “nel senso che il riconoscimento dovuto al reclamante abbia natura (e quindi, conseguentemente, contenuto) indennitaria” e “sul piano processuale, la corte potrebbe accordarlo d’ufficio, a condizione che risulti, almeno ex actis la perdita monetaria da ristorare” [4].
Secondo altra tesi, invece, “stante il principio della domanda (che governa ogni giudizio di cognizione ordinaria), a dispetto della formulazione un po' "ambigua" della norma, la richiesta di parte appare necessaria tanto per ottenere la conferma dell'omologa, quanto per ottenere il risarcimento del danno” [5] ; quindi la domanda del danneggiato reclamante sarebbe comunque indispensabile.
Anche la relazione illustrativa al D.Lgs. 83/2022 non fornisce indicazioni chiare[6].
In effetti si tratta di una situazione peculiare, nella quale, di fatto, l’interesse alla conservazione del concordato illegittimo con risarcimento potrebbe far capo al debitore reclamato, al creditore reclamante, ma anche ad altri soggetti; in diritto però l’interesse “prevalente” che si vuole preservare, sul piano normativo astratto, non è né del debitore, né del reclamante, ma “generale dei creditori e dei lavoratori”, che potrebbero essere rappresentati da parti costituite in giudizio, anche quali meri intervenuti.
In tale peculiare situazione, nella quale non è facile correlare, come si dovrebbe, interesse e legittimazione, il plurale generico “parti” utilizzato dalla disposizione si presta ad ambiguità.
Il plurale potrebbe riferirsi ad una legittimazione disgiuntiva, con richiesta proponibile, in via alternativa, da ciascuna delle parti presenti in giudizio (il reclamante, anche in ipotesi subordinata rispetto alla revoca; il reclamato, in ipotesi subordinata rispetto al rigetto; qualsiasi altra parte intervenuta[7]). Il plurale però potrebbe anche indicare una legittimazione necessariamente congiunta e concorde (“delle parti”, inteso come tutte le parti in giudizio[8]). Infine la correlazione tra conferma e danno potrebbe indurre a ritenere che la richiesta possa provenire dal reclamante o, eventualmente, anche da altra parte, ma comunque con l’imprescindibile adesione del danneggiato; la questione della legittimazione alla domanda si interseca infatti inevitabilmente, con quella dell’onere della prova, ordinariamente posto a carico di chi la domanda la pone o comunque la sostiene.
Tale ultima impostazione dovrebbe comportare una legittimazione esclusiva o necessariamente concorrente del reclamante, onerato anche della prova del pregiudizio. Tuttavia rimettere unicamente alla richiesta o comunque adesione di quel soggetto la limitazione della tutela a quella per equivalente monetario comporta una tensione, sotto altro profilo, con i principi generali, posto che vi sarebbe inevitabilmente uno sfasamento tra legittimazione ed interesse normativamente tutelato, che non è quello del reclamante, per definizione anzi “soccombente” nel bilanciamento demandato alla corte. Peraltro non è infrequente che il reclamante, per motivi diversi, personali od economici ed a prescindere dalla sussistenza di un oggettivo e dimostrabile conflitto di interessi ex art. 109, comma 6, CCII, abbia in realtà come fine principale proprio la liquidazione dell’imprenditore che si è visto omologare illegittimamente il concordato in continuità, oppure il reclamante potrebbe essere indotto a non richiedere la tutela monetaria per le difficoltà della relativa prova; la finalità perseguita dalla disposizione potrebbe rimanere così frustrata.
Proprio per evitare tali aporie ed insanabili contraddizioni, quando, per ragioni di interesse generale, si ritiene necessario escludere la tutela “reale” di annullamento, tale scelta non è incongruamente rimessa all’iniziativa di una o più parti, ma è compiuta a monte dal legislatore, che si fa anche carico di individuare concretamente le fattispecie [9] o è affidata ad una valutazione officiosa giudice [10].