Saggio
Il concorso delle procedure da sovraindebitamento nel sistema del Codice della crisi*
Massimo Montanari, Ordinario di diritto processuale civile nell'Università di Parma
7 Settembre 2021
Il saggio è stato altresì sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
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Sommario:
Il problema può avere una sua ragione di essere, quindi, solamente nel quadro di un sistema di legittimazioni concorrenti all’attivazione delle procedure di cui si discorre o, almeno, di una di esse. Ed è proprio qui che si annida l’elemento di novità rilevante, ai presenti fini, del novello CCII[3], che, con riguardo allo strumento ivi deputato a fornire una risposta in chiave liquidatoria alla crisi del c.d. debitore minore e, cioè, la liquidazione controllata del sovraindebitato, un autonomo potere d’iniziativa è venuto a riconoscere non più, soltanto, al debitore ma altresì ai creditori e al Pubblico Ministero[4]: per il che ben potrà darsi che alla domanda diretta all’apertura di detta liquidazione controllata avanzata da taluno dei soggetti da ultimi nominati si contrapponga la richiesta del debitore di accedere ad una delle procedure, a carattere negoziale o non liquidatorio, a quella alternative e assumenti, nel sistema del Codice, le vicendevoli sembianze del concordato minore ovvero della ristrutturazione dei debiti del consumatore.
Entrambe le prescrizioni di legge testé richiamate sono riconducibili alla comune matrice sistematica rappresentata da quel principio di priorità della trattazione delle soluzioni della crisi alternative rispetto a quella meramente liquidatoria che rinviene la sua solenne e, soprattutto, generale – nel senso di idonea ad abbracciare l’universo mondo delle procedure concorsuali – consacrazione a livello dell’art. 7 del novello Codice[10]: principio di cui esse prescrizioni vengono pertanto a comporre la declinazione specifica - e, nella parte relativa al fugace cenno di cui all’art. 270, comma, 1, decisamente ad abundantiam – con riguardo al settore delle procedure da sovraindebitamento. Questo non toglie, peraltro, che, anche dove evidenziante tratti di superiore dettaglio – e il riferimento è, altrettanto chiaramente, ai precetti di cui al successivo art. 271 -, si abbia in ogni modo a che fare con una tessitura normativa per più versi incompleta, che diversi profili della fattispecie presa in considerazione viene a lasciare “scoperti” o, comunque, privi di adeguata regolamentazione: il che costringe l’interprete a una fitta opera di integrazione e ricostruzione che si deve ora e senza indugi intraprendere, nella piena consapevolezza delle esigenze di economia della trattazione che il presente contributo è tenuto a rispettare.
Le presenti considerazioni potrebbero destare perplessità, visto che la littera legis riproduce esattamente la fattispecie evocata in apertura di paragrafo. La norma si apre, infatti, con le seguenti proposizioni ipotetiche: «se la domanda di liquidazione controllata è proposta dai creditori o dal pubblico ministero e il debitore chiede l’accesso a una procedura di cui al capo II del titolo IV». Ma che cosa, poi, prevede al riguardo? Prevede, testualmente, che «il giudice conced[a] un termine per l’integrazione della domanda». E qui i conti non tornano più, perché delle due, l’una: o si tratta di una ordinaria domanda di accesso a una procedura di regolazione “negoziale” della crisi, e allora non v’è alcun bisogno di procedere all’integrazione della medesima e di concedere un termine per provvedere a tal fine; oppure si tratta di domanda “in bianco”, e allora il giudice sarebbe comunque tenuto ad assegnare il termine per l’integrazione, senza bisogno che la legge disponga espressamente in proposito, in relazione alla qui postulata pendenza di una domanda di apertura della liquidazione controllata.
Il legislatore si è altresì preoccupato, a livello del secondo periodo di cui al medesimo art. 271, comma 2, CCII, di delineare le ipotesi in cui il giudizio di apertura della liquidazione, temporaneamente bloccato dalla richiesta di accesso a una procedura alternativa di sovraindebitamento, potrebbe riprendere il proprio cammino per sfociare nella pronuncia della sentenza di cui al precedente art. 270 CCII, facendo riferimento, in tal senso: aa) al caso in cui, alla scadenza del termine all’uopo concesso, la domanda di accesso alla procedura alternativa non sia stata ancora presentata o, se si preferisce, debitamente integrata (retro, § 3); bb) a quello in cui, alla domanda tempestivamente proposta o integrata, non faccia séguito il provvedimento di ammissione alla procedura alternativa richiesta; cc) e, infine, a tutte le ipotesi in cui detta procedura, una volta dichiarata aperta, debba poi concludersi senza essere andata a buon fine. Ma agevole è rendersi conto di come la legge poco o punto venga ad aggiungere, a questo proposito, a quanto sarebbe stato argomentabile su base meramente ermeneutica, sulla scorta, per l’esattezza, di una piana lettura a contrariis verbis delle disposizioni di cui al primo periodo di detto art. 271, comma 2, ovviamente sviluppata, tale lettura, nel solco del principio di priorità della trattazione delle procedure non liquidatorie di cui al ripetutamente menzionato art. 7 CCII.
Note: