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Saggio

Brevi chiose sulle misure protettive tipiche ed atipiche nel procedimento unitario (art. 54, comma 2, CCII)*

Francesco De Santis, Ordinario di diritto processuale civile nell’Università di Salerno

22 Aprile 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
**Lo scritto è dedicato alla memoria di Vittorio Zanichelli. Esso riproduce, con l’aggiunta delle note, la traccia dell’intervento tenuto il 29 marzo 2025 in Vicenza, in occasione del Convegno Le misure protettive e cautelari nel CCII.
Il contributo sottopone al lettore un’esegesi ordinata e sequenziale del secondo comma dell’art. 54 CCII, anche nel quadro dei rapporti tra le misure protettive (tipiche ed atipiche) e le misure cautelari, confrontandosi con la difficoltà di districarsi tra le opzioni interpretative, i dubbi applicativi e le esigenze di raccordo di una disciplina in urgente attesa di sistematizzazione, di più stabili approdi pretori e di auspicabili indirizzi nomofilattici. 
Riproduzione riservata
1 . Il perimetro della protezione
La disciplina delle misure protettive è retta da alcune definizioni a monte, contenute nell’art. 2, lett. p) e q), CCII[1]. 
La lett. p) definisce le misure protettive alla stregua di misure “temporanee”, che il debitore può richiedere per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
Tali iniziative si estrinsecano in “azioni giudiziarie”, ma anche in mere “condotte”, comprese quelle omissive, che possono compromettere il buon esito delle trattative o della ristrutturazione. 
Il D.Lgs. n. 134/2024 ha inserito nella richiamata definizione il riferimento alle “condotte” dei creditori: riferimento che si palesa oltremodo opportuno, in quanto coerenziato sia con le previsioni dell’art. 18, comma 5, CCII, che, nell’ambiente della composizione negoziata della crisi (CNC), fa divieto ai creditori attinti dalle misure protettive di tenere condotte stragiudiziali “ostili” (quali, ad esempio, il rifiuto dell’adempimento dei contratti pendenti, l’anticipazione delle scadenze, la revoca, in tutto o in parte, delle linee di credito); sia con le previsioni dell’art. 54, comma 2, CCII, che, nell’ambiente del procedimento unitario, consentono al debitore di chiedere il rilascio di misure ulteriori e diverse rispetto alla mera inibizione delle azioni esecutive e cautelari, con ciò prefigurando la possibilità di attingere a misure innominate, finalizzabili alla sterilizzazione di “condotte” (commissive ed omissive). 
Come di seguito meglio si dirà, a seguito dell’ultimo “correttivo”, lo spettro della protezione viene pertanto a comprendere[2]: 
- misure protettive tipiche (a contenuto generalista o selettivo, a seconda dei casi), attingibili nella CNC e nel corso delle trattative che precedono il deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione; 
- misure protettive tipiche ed atipiche (a contenuto generalista o selettivo, a seconda dei casi), attingibili nella fase successiva alla domanda di accesso al procedimento unitario, di cui all’art. 40 CCII. 
La limatura definitoria introdotta dall’ultimo “correttivo” ha investito anche le misure cautelari, precisando – nella lett. q) dell’art. 2 CCII – che esse sono funzionali ad assicurare, oltre al “buon esito delle trattative”, anche gli effetti degli strumenti e delle procedure d’insolvenza, nonché l’attuazione delle relative decisioni (id est: le sentenze di omologazione o di apertura delle procedure d’insolvenza). 
Come si legge nella relazione illustrativa del D.Lgs. n. 134/2024, il contenuto delle misure cautelari “non è propriamente anticipatorio e non si avrà perciò una provvisoria dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, né la nomina di un curatore provvisorio, né altre consimili misure”: in pratica, “il provvedimento non può essere anticipatorio in senso stretto, perché non riguarda il contenuto della decisione, ma la sua attuazione in concreto”[3]. 
La finalità “anfibia” dei provvedimenti cautelari opera diversamente a seconda che ci troviamo nell’ambiente della CNC (dove essi, ai sensi dell’art. 19, comma 1, CCII, assicurano il “buon esito delle trattative”)[4], piuttosto che del procedimento unitario (ove la finalità delle misure è strumentale all’attuazione di provvedimenti giudiziali[5], e, di concerto, alla preservazione del patrimonio del debitore posto al servizio della massa).
2 . Le misure protettive previste dal comma 2, primo e secondo periodo, dell’art. 54 CCII: generalità, tipicità e semi-automaticità
Nel procedimento unitario, le misure protettive, differentemente dai provvedimenti cautelari, non sono state originariamente concepite per avere uno o più soggetti “passivi” determinati, ma per produrre effetti nei confronti di una platea astratta ed indeterminata di destinatari (creditori e/o terzi). 
È il caso delle misure previste dal comma 2, primo (e secondo) periodo, dell’art. 54 CCII. 
L’originario testo della norma prevedeva – e tuttora prevede – che, a seguito di richiesta del debitore formulata contestualmente alla domanda di accesso al procedimento unitario, a partire dalla data della pubblicazione della domanda nel registro delle imprese il debitore acceda ad un ventaglio di misure protettive “generaliste”, ivi espressamente individuate (dunque, per questo, “tipiche”). 
Si tratta: 
a) del c.d. stay (primo periodo del comma 2 dell’art. 54). Il legislatore ha qui previsto che “se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all’art. 40,dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio”, e che la protezione si estende ai “beni e diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”, dunque anche ai beni di terzi inseriti nell’organizzazione produttiva del debitore (ad esempio, l’immobile in locazione, le attrezzature in regime di leasing, etc.); 
b) della sospensione delle prescrizioni e della sterilizzazione delle decadenze, nonché dell’impossibilità di emanare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza (secondo periodo del comma 2 dell’art. 54). Dalla formulazione della norma è dato di comprende che tali misure “si producono automaticamente, pur in mancanza di una esplicita domanda, a seguito della richiesta di sospensione delle azioni esecutive e cautelari, il che equivale a dire che il debitore non può chiedere la sola sospensione della prescrizione ove non abbia fatto richiesta anche del blocco delle azioni esecutive e cautelari”[6]: tali misure, dunque, simul stabunt, simul cadent. Con specifico riferimento, poi, alla sterilizzazione dell’apertura della procedura d’insolvenza, si tratta, a ben vedere, di un effetto operante ex lege, anche quando il debitore non abbia presentato alcuna richiesta di misure protettive, essendo il divieto in questione l’espressione del principio della trattazione prioritaria dello strumento di regolazione della crisi, alla stregua dell’art. 7 CCII[7]. 
L’efficacia della protezione non è più automatica, come era lo stay nella legge fallimentare, bensì “semi-automatica”, per almeno due ragioni: 
- perché è subordinata alla richiesta del debitore; 
- e perché la pubblicazione nel registro delle imprese della domanda, che contiene tale richiesta, produce l’effetto protettivo (nonché gli ulteriori effetti, ad esso connaturali, previsti dal secondo periodo dell’art. 54, comma 2) senza la necessità di un provvedimento del giudice; quest’ultimo interviene successivamente, in quanto l’art. 55 CCII prevede la conferma o la revoca giudiziale delle misure in questione. 
Su questo sostrato originario è intervenuto il D.Lgs. n. 136/2024, precisando opportunamente (sempre nel comma 2, primo periodo, dell’art. 54) che le misure protettive all’esame possono essere richieste anche: 
- con la domanda di accesso al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, ai sensi dell’art. 25 sexies CCII[8]; 
- con una domanda “dedicata”, successiva a quella incoativa del procedimento unitario. La norma non precisa se, in quest’ultimo caso, l’accesso alle misure operi (come a me pare sia coerente ritenere) nella medesima maniera semi-automatica della richiesta iniziale[9], o sia soggetto ad accoglimento preventivo da parte del giudice, ad instar delle misure di cui al terzo periodo del comma 2 dell’art. 54. 
La “domanda di cui all’art. 40” (nella quale, ai sensi del primo periodo del comma 2, può essere inserita la richiesta delle misure tipiche semi-automatiche, di cui stiamo parlando) ha da intendersi in tutte le sue declinazioni, dunque anche nella versione della domanda con riserva prevista dall’art. 44 [10]. 
Lo si evince, a mio avviso, chiaramente: 
- dal comma 4 dell’art. 54, nel testo implementato dal “correttivo” del 2024, ove si prevede che, prima del deposito della domanda di cui all’art. 40, “anche con riserva di deposito della proposta, del piano e degli accordi”, l’imprenditore può richiedere le misure protettive ai sensi degli artt. 18 e 19 CCII (ossia nel finitimo, ancorché distinto, ambiente della CNC)[11]; 
- ma soprattutto dal successivo comma 5, ove si prevede che le misure protettive conservano efficacia anche quando il debitore, prima della scadenza del termine per il deposito della proposta, del piano e degli accordi, fissata ai sensi dell’art. 44, propone la domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza diverso da quello eventualmente indicato nella domanda depositata ai sensi dell’art. 44. 
L’area della protezione non è, peraltro, limitata alla sequenza temporale CNC-procedimento unitario (passando eventualmente attraverso il concordato semplificato), ma può coprire anche un ulteriore segmento temporale ed operativo, sovente indicato con il lemma “pre-accordo”[12]. 
Difatti, ai sensi del comma 3 dell’art. 54, le misure protettive possono essere richieste dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione (ivi compresi gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa), allegando la documentazione di cui all’articolo 39, comma 1, nonché la proposta di accordo corredata da un’attestazione del professionista indipendente, il quale attesti che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e che la stessa, se accettata, è idonea ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative, o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. 
Infine, alle misure tipiche individuate dall’art. 54, si affiancano (rectius: si aggiungono) altre misure tipiche, previste nei distinti luoghi della disciplina a cui esse si applicano, e precisamente: nel pre-accordo[13], nel concordato preventivo in tutte le sue declinazioni[14], nel concordato preventivo in continuità aziendale[15], nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO)[16]. Su tale profilo si tornerà infra, nel par. 4.
3 . Le misure protettive previste dal comma 2, terzo periodo, dell’art. 54 CCII: atipicità e selettività
L’art. 54, comma 2, terzo periodo, antecedente al “correttivo” del 2024, prevedeva la possibilità che il debitore richiedesse al tribunale, con istanza successiva alla domanda di cui all’art. 40 CCII, “ulteriori” misure “temporanee”, non individuate in maniera tipica dalla norma, per evitare che determinate “azioni” di uno o più creditori potessero pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte dal debitore. 
Il D.Lgs. n. 136/2024 ha implementato ed in parte qua modificato tale previsione, stabilendo che: 
a) la concessione delle misure “ulteriori” può essere chiesta soltanto “dopo” (rectius: a condizione che sia avvenuto) il deposito della proposta, del piano o degli accordi, a seconda dello strumento al quale il debitore ha chiesto di accedere[17], unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39, comma 3[18]. Assecondando la ratio della norma, deve, a mio avviso, ritenersi che le misure in questione possano essere richieste anche contestualmente alla domanda ex art 40 CCII, sempre che non si tratti di una domanda con riserva, proposta ai sensi dell’art. 44; 
b) le misure “ulteriori” non sono declinate, ma la norma stabilisce che esse possano essere “anche diverse” da quelle tipiche (previste dal primo periodo dell’art. 54), con ciò confermandosi la loro vocazione “atipica”. L’avverbio “anche” induce a ritenere che il debitore possa sempre chiedere (con domanda successiva rispetto a quella dell’art. 40) le medesime misure tipiche previste dal primo periodo dell’art. 54[19], che non perdono la loro caratteristica di semi-automaticità, nel senso che esse hanno effetto immediato, pur essendo soggette a conferma o revoca, nei tempi e col procedimento regolato dall’art. 55, comma 3. Diversamente opinando, non avrebbe senso la previsione di cui all’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 55, che, nel caso in cui vengano richieste misure tipiche successive, esclude espressamente l’applicazione del procedimento previsto dalla legge per il rilascio delle misure cautelari e di quelle protettive atipiche (“In caso di misure richieste ai sensi dell’articolo 54, comma 2, terzo periodo, le disposizioni del presente comma si applicano solo se si tratta di misure diverse da quelle di cui al primo periodo del medesimo comma 2 dell’articolo 54”)[20]; 
c) le misure protettive atipiche possono riguardare, oltre che le “azioni”, anche le “condotte” di uno o più creditori, alla stregua del loro referente definitorio, di cui all’art. 2, comma 2, lett. p), CCII. 
A mio modo di vedere, il complesso delle previsioni (di vecchio e di nuovo conio), testé riferite, autorizzano a formulare almeno quattro considerazioni: 
- che la richiesta di misure protettive atipiche non esige che siano state (preventivamente o contestualmente) chieste le misure tipiche; 
- che le misure protettive atipiche non riguardano la generalità dei creditori e delle iniziative, ma sono selettive, sia in relazione all’oggetto che ai destinatari; la norma parla, infatti, di “determinate” azioni o condotte di uno o più creditori; 
- che la sospensione delle azioni esecutive e cautelari possa essere indirizzata, con domanda successiva a quella dell’art. 40 CCII, anche verso i creditori titolari di crediti sorti successivamente all’apertura della procedura finalizzata all’omologazione dello strumento, le quante volte tali crediti derivino da contratti in corso di esecuzione al momento del rilascio delle misure. Nell’accordo di ristrutturazione, nel concordato con continuità e nel PRO non avrebbe senso inibire, con apposita misura protettiva, l’autotutela negoziale, impedendo ai contraenti di rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti e/o di quelli essenziali (cfr. il paragrafo successivo), se l’area della protezione non fosse estesa alle azioni esecutive da essi derivanti; 
- che le misure protettive atipiche non possono sovrapporsi, nei contenuti, alle misure protettive tipiche, e che, anzi, esse dovrebbero astrattamente coprire ciò che non è oggetto delle misure protettive tipiche[21]. Con il che, sotto il profilo nomenclatorio, è possibile ipotizzare che le misure protettive tipiche speciali sono e restano “tipiche”, se attivate nell’àmbito dello strumento in funzione del quale la legge le prevede, ma sono da considerarsi “atipiche” se richieste nell’àmbito degli altri strumenti. 
Alcune pronunzie (pur se in un contesto di non chiara distinzione rispetto alle misure cautelari) hanno stabilito che la misura protettiva dello stay  – sotto la facies della misura protettiva atipica – sia estensibile al garante[22], anche nel senso che l’efficacia della misura possa essere, al limite, indirizzata verso i crediti di rimbalzo, ossia nei confronti di quei garanti, i quali, dopo essere stati escussi, si protendono ad esercitare il diritto di rivalsa verso il debitore[23], al contempo tuttavia precisandosi che il patrimonio del fideiussore (che con la detta misura si intende proteggere) non può essere considerato alla stregua di un bene strumentale al complesso produttivo aziendale[24]. 
La protezione derivante dallo stay non può essere altresì estesa, sul presupposto che essa sia funzionale alla protezione del patrimonio del debitore, al patrimonio del garante disposto a fornire finanza esterna[25], né si ritiene ammesso il rilascio di una misura che imponga al garante di accordare il prolungamento della garanzia sul finanziamento, essendo la durata del contratto di garanzia rimessa al libero esercizio della volontà contrattuale, e non alla determinazione del giudice[26]. 
Considerato, poi, che la norma all’esame si riferisce anche alle “condotte” dei creditori, pare altresì percorribile, qualora non siano previste come misure protettive tipiche in relazione a singoli strumenti, attraverso l’applicazione di un’apposita misura protettiva atipica, la strada dell’inibitoria dell’esercizio di facoltà negoziali unilateralmente esercitabili, quale il rifiuto di adempimento dei contratti pendenti o dell’esercizio della facoltà di risolvere il contratto, mediante l’esercizio stragiudiziale della clausola risolutiva espressa e della diffida ad adempiere ex artt. 1454-1456 c.c.[27]. 
Ancora, si è ritenuto che “una misura protettiva ad hoc potrebbe invocarsi per ottenere la sospensione di un giudizio di risoluzione del contratto, pendente alla data di apertura di uno strumento, qualora si tratti di impedire gli effetti irreversibili di quella sentenza costitutiva, se il contratto che controparte vorrebbe risolvere risulti essenziale al fine di dare attuazione al piano”[28]. 
E’ certo, infine, che, differentemente da quella tipica, la misura atipica esige l’autorizzazione ex ante del giudice concorsuale, il quale, ai sensi dell’art. 55, comma 2, CCII, a ciò provvede, sentite le parti interessate, con ordinanza reclamabile ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. (e, nei casi in cui la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, addirittura con decreto pronunziato inaudita altera parte, soggetto a conferma, modifica o revoca in esito all’udienza).
4 . Ipotesi di raccordo tra le misure protettive previste dall’art. 54, comma 2, CCII e le misure protettive tipiche speciali
L’incipit dell’art. 54, comma 2, CCII, facendo genericamente riferimento alla circostanza che il debitore “ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all’articolo 40”, rende applicabile la disciplina delle misure protettive tipiche a tutti gli strumenti veicolabili attraverso il procedimento unitario. 
Ma deve, al contempo, osservarsi che non si rinvengono chiare norme di raccordo tra il comma 2, terzo periodo, dell’art. 54 CCII – norma che, come si è detto, trova applicazione in tutti i processi finalizzati all’omologazione di uno strumento del quale siano stati presentati la proposta ed il piano – e le misure protettive tipiche disseminate nel CCII con una vocazione di specialità, siccome attingibili in relazione a determinati (ma non a tutti) gli strumenti di soluzione della crisi e dell’insolvenza. 
Ecco allora che: 
a) ai sensi dell’art. 46, comma 5, dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione del tribunale; inoltre, le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori. Tali misure scattano – a quanto è dato di comprendere dal costrutto normativo – alla stregua di un effetto automatico della domanda concordataria, anche a prescindere dalla circostanza che vengano richieste dal debitore; 
b) ai sensi dell’art. 64, comma 1, dalla data del deposito della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione, anche ad efficacia estesa, “i creditori non possono, sino all’omologazione, acquisire diritti di prelazione se non concordati”. Parrebbe trattarsi, anche in questo caso, di un effetto automatico della domanda, connaturato alla pendenza del giudizio di omologazione. La norma prevede, però, che tale effetto possa altresì determinarsi “dalla data della richiesta di cui all’articolo 54, comma 3”, ossia nel caso di “pre-accordo”: in quest’ultima ipotesi, esse non scattano automaticamente, essendo soggette alla preventiva autorizzazione del giudice concorsuale, ai sensi dell’art. 55, comma 2, CCII; 
c) ai sensi dell’art. 64, comma 3, nell’accordo di ristrutturazione, anche ad efficacia estesa, i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del deposito della domanda, dell’apertura della procedura o della concessione delle misure protettive o cautelari, ed i patti contrari sono inefficaci. Tali misure scattano “in caso di domanda proposta ai sensi dell’articolo 54, comma 3, o di domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione con richiesta di concessione delle misure protettive o cautelari”. Al netto di una non completa chiarezza della formulazione normativa, a me pare che qui si voglia intendere che le misure in questione debbano essere richieste ed autorizzate dal giudice concorsuale, come se fossero misure atipiche, col procedimento di cui all’art. 55, comma 2;   
d) le misure di cui alla lettera che precede sono previste anche dall’art. 94 bis, comma 1, con riferimento al concordato con la continuità aziendale. Ma in questo caso si tratta, a mio avviso, di un effetto automatico della domanda concordataria, legato alla pendenza del giudizio di omologazione, tanto è vero che la stessa norma lo tiene distinto “dall’eventuale concessione di altre misure protettive”; 
e) gli artt. 64, comma 4, e 94 bis, comma 2, stabiliscono – rispettivamente con riferimento all’accordo di ristrutturazione (anche ad efficacia estesa) ed al concordato con la continuità aziendale – il divieto, per i creditori raggiunti dalle misure protettive (tipiche ed atipiche) previste dal comma 2 dell’art. 54, di rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o di provocarne la risoluzione per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore, con la precisazione che si deve trattare di contratti “essenziali”[29]. In questa ipotesi, l’automaticità della misura in questione è, a mio modo di vedere, semanticamente legata alla circostanza che sia già in essere alcuna delle misure previste dall’art. 54, comma 2, di cui essa segue il perimetro soggettivo e le sorti: simul stabunt, simul cadent
f) considerazioni identiche a quelle di cui alle due lettere che precedono sono a farsi con riferimento al PRO, stante l’integrale richiamo all’art. 94 bis contenuto nell’art. 64 bis, comma 9.
5 . Misure protettive atipiche e misure cautelari
È difficile stabilire quale sia (e financo se vi sia) la linea di demarcazione tra la protezione atipica e la cautela innominata[30], né si può escludere a priori una sorta di “compresenza dei caratteri propri della tutela cautelare del sistema processual civilistico in entrambe le tipologie di misure, protettive e cautelari”[31]. 
È stato, inoltre, condivisibilmente rilevato che le misure cautelari “coprono ogni bisogno di tutela che le misure protettive non riescono a garantire”[32], e che, anzi, “quando vengono chieste dal debitore, le misure cautelari si possono sovrapporre alla misure protettive che non abbiano contenuto tipico, con l’unica differenza dei possibili destinatari”[33]. 
Ma se il medesimo bisogno di tutela può essere soddisfatto sia con l’una misura che con l’altra, viene da chiedersi le ragioni dell’apparente duplicazione del mezzo[34]. 
Ragioni che possono operare, a mio avviso, su vari livelli. 
Sotto il profilo soggettivo, e principiando dal lato attivo, le misure protettive (come è testualmente chiarito dall’art. 54, commi 2 e 3) possono essere richieste soltanto dal debitore e non anche dal creditore; il primo è altresì legittimato a chiedere la concessione di misure cautelari, al pari del creditore, il quale non può però avvalersi di misure protettive. 
Pertanto, solo ricorrendo alle misure cautelari innominate il creditore (se e nella misura in cui abbia interesse alla protezione del patrimonio del debitore) può raggiungere un effetto che il debitore potrebbe conseguire chiedendo una misura protettiva atipica. 
Se ci riferiamo, poi, ai destinatari delle misure, potrebbe verificarsi che un provvedimento avente un certo contenuto protettivo – si pensi, ad esempio, all’inibitoria di una o più condotte “ostili” alla conclusione delle trattative – sia ottenibile come misura protettiva o come misura cautelare, a seconda che essa vada a colpire i creditori (e si ricorrerà in questo caso all’adozione di una misura protettiva) o i terzi (nel qual caso non potrà che essere richiesta una misura cautelare, dato che il terzo periodo dell’art. 54, comma 2, fa riferimento alle azioni o condotte dei soli creditori). 
Essendo – ben inteso – necessario che in entrambi i casi “l’obbligo violato e il conseguente comportamento da tenere per rimediare alla violazione siano effettivamente ricavabili a livello di diritto sostanziale”[35]. 
In questo quadro, ci si è altresì chiesti “se possa essere oggetto di una misura protettiva atipica o, in alternativa, di una misura cautelare, o, ancora di entrambe, l'imposizione di un obbligo di rinegoziare le condizioni di un rapporto, si pensi, per esempio, a un rapporto in essere con il ceto bancario”[36]. 
Se ci spostiamo, quindi, all’esame del profilo temporale, rileveremo che – mentre le misure protettive atipiche possono essere chieste soltanto con istanza successiva al deposito della proposta, del piano o della documentazione (art. 54, comma 2, CCII) – l’istanza di misure cautelari esige la mera pendenza del procedimento unitario, già conseguente alla proposizione della domanda prenotativa o di concordato semplificato, essendo esclusa la sola proposizione di domande cautelari ante causam
Last but not least, è da valutare il profilo funzionale, ovvero l’obiettivo delle misure di volta in volta richieste. 
Su questo punto, ponendo a confronto i commi 1 e 3 dell’art. 54, è agevole rilevare che nel procedimento unitario – mentre le misure cautelari sono finalizzate ad “assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza” – le misure protettive atipiche si protendono ad “evitare che determinate azioni o condotte di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza”.  
Per contro, come sopra si è detto, nella CNC (dove non è prevista la protezione atipica) le misure cautelari sono strumentali a condurre a termine le trattative, coprendo i possibili spazi di tutela non attinti dalle misure protettive tipiche.
6 . Sulla consecuzione tra misure protettive e misure cautelari
Il tema della durata massima delle misure protettive (tipiche ed atipiche) è scandito da tre norme: 
- dall’art. 8 CCII, che fissa il principio per il quale la durata complessiva delle misure protettive (tipiche e/o atipiche), fino all’omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o all’apertura della procedura di insolvenza, non può superare il periodo, anche non continuativo, di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, tenuto conto delle misure protettive fruite nell’àmbito della CNC; 
- dall’art. 19, comma 5, CCII, a mente del quale, la durata complessiva (anche a seguito delle proroghe concesse dal giudice) non può superare i 240 giorni (otto mesi); 
- dall’art. 55, comma 3 (che, nell’àmbito del procedimento unitario, fissa in quattro mesi la durata massima delle misure protettive), e comma 4 (a mente del quale il tribunale può prorogare, in tutto o in parte, la durata delle misure protettive concesse, nel rispetto dei termini di cui all’art. 8, se sono stati compiuti significativi progressi nelle trattative sul piano di ristrutturazione e se la proroga non arreca ingiusto pregiudizio ai diritti e agli interessi delle parti interessate). 
Al vertice di questo sistema vi è, poi, l’art. 6, comma i, della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (c.d. Insolvency), a mente del quale “Gli Stati membri provvedono affinché il debitore possa beneficiare della sospensione delle azioni esecutive individuali al fine di agevolare le trattative sul piano di ristrutturazione nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva”. 
La questione che si agita da qualche tempo nella pratica è se il debitore il quale, nell’àmbito della CNC, abbia già fruito delle misure protettive (necessariamente tipiche) fino a concorrenza del massimo consentito di 240 giorni, possa chiedere (ancora in pendenza del percorso di CNC, la cui durata sia stata prorogata per un tempo più lungo) misure cautelari atipiche d’intonazione selettiva, aventi i medesimi contenuto ed obiettivi delle misure protettive, ossia, come si suol dire, effetti sovrapponibili a quelli delle misure protettive. 
Analoga questione si pone con riferimento alla scadenza del termine massimo di quattro mesi fissato per la durata delle misure protettive (tipiche ed atipiche) nel procedimento unitario, anche in relazione alla durata della protezione eventualmente già fruita nella CNC, e nel quadro della durata complessiva fissata dall’art. 8 CCII. Inoltre, occorre tenere conto del fatto che, nell’ipotesi di concordato con riserva, la protezione scatta a seguito della presentazione della domanda ex art. 44 CCII, e viene computata a tutti gli effetti nella durata massima fissata dall’art. 8[37]. 
Innanzi tutto, è da precisare che i dodici mesi di durata massima previsti dall’art. 8 CCII si considerano scaduti “solo allorquando la protezione effettiva avrà raggiunto tale consistenza, dovendosi avere riguardo alla protezione effettiva goduta alla quale potranno essere aggiunti gli ulteriori giorni di protezione che consentano di raggiungere il numero di 365”[38]. 
In pratica, il periodo di dodici mesi può essere anche non continuativo. 
Secondariamente, è altresì da precisare che – almeno a mio modo di vedere – il terminus a quo della durata massima delle misure protettive decorre dal momento in cui le misure stesse (tipiche o atipiche, generaliste o selettive) prendono efficacia. Il termine in questione, come si è visto, può essere, pertanto, anche sfalsato. 
In ultimo, stando ad un orientamento non poco diffuso nella giurisprudenza di merito, non si può escludere la possibilità “di concedere misure determinate e riguardanti singoli creditori qualora queste si rendano necessarie a non pregiudicare la contrattazione (e i risultati già conseguiti, nel caso di trattative avanzate)”[39]. 
Si è altresì ritenuto che il lasso temporale previsto dall’art. 19 è riferito unicamente alle misure protettive nell’ambito della CNC, e che, allo spirare della loro durata massima, “si può aggiungere l’adozione di misure cautelari, dal medesimo contenuto delle misure protettive, dovendo il giudice provvedere al contemperamento del sacrificio che viene imposto ai creditori destinatari della misura cautelare con i risultati già conseguiti in caso di trattative avanzate ai fini dell’individuazione di una soluzione negoziata della crisi, per evitare che il sistema possa prestarsi ad una forma di abuso”[40]. 
E se, con riferimento al procedimento unitario, si intende aggiungere un argomento ermeneutico a supporto di questa tesi, lo si potrebbe desumere dall’inciso, contenuto nel terzo periodo del comma 3 dell’art. 54, secondo cui il debitore può richiedere al tribunale, con successiva istanza, misure “anche diverse da quelle di cui al primo periodo”, intendendosi con ciò consentire al debitore – il quale già in base al primo periodo può chiedere misure protettive tipiche in corso di procedura –  “di chiedere le stesse misure quando evidentemente non può più chiederle in base al primo periodo, quando, ad esempio, è scaduto il termine massimo delle misure protettive già chieste; lettura avallata anche dalla eliminazione dal terzo periodo del termine “temporanee”, di modo che il debitore può reiterare la richiesta del blocco delle azioni esecutive, con durata non più temporanee, pur se scaduto il termine annuale per quelle già richieste e confermate”[41]. 
Ma, secondo un opposto orientamento, sarebbe proprio il contenuto atipico rivestito dalle misure cautelari a precludere al debitore di farvi ricorso per ottenere effetti sovrapponibili a quelli delle misure protettive, altrimenti esse si risolverebbero in uno strumento elusivo del termine di durata massima delle misure protettive, che l’art. 8 ha fissato recependo nell’ordinamento interno il contenuto dell’art. 6, par. 8, della dir. (UE) 1023/2019)[42]. 
Del pari, esaurite le misure previste dall’art. 18 CCII nella CNC, non sarebbe ammesso chiedere (senza che ciò rappresenti un abuso delle stesse) l’accesso alle misure protettive ex art 54, comma 3: ciò perché “non appare possibile inserire durante la fase delle trattative una domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi per vedere garantita una continuità tra le misure protettive di cui all’art. 18 CCII e quelle di cui all’art. 54 CCII”, in quanto “il percorso di uno degli strumenti di regolazione della crisi non può mescolarsi con il percorso della composizione negoziata”[43]. 
Pare a chi scrive che il legislatore (in primis quello eurounitario) abbia ritenuto di stabilire – nel bilanciamento degli interessi in gioco ed al fine di evitare, o comunque di mitigare, il pregiudizio che i creditori potrebbero subìre da una prolungata protezione del patrimonio del debitore – la durata massima inderogabile (fissata, a mio avviso, in maniera non irragionevole) della misura protettiva tipica dello stay
Con la conseguenza che il contenuto atipico delle misure cautelari difficilmente possa essere “piegato” al fine di ottenere effetti sovrapponibili a quelli della misura protettiva tipica, allorché quest’ultima non sia più prorogabile. 
Quand’anche, come è stato detto, se ne affidasse volta per volta la valutazione di proporzionalità al vaglio del giudice[44], ciò provocherebbe in ogni caso un’alterazione dell’equilibrio tra gli opposti interessi e sacrifici, come stabilito ex ante dal formante eurounitario e, di concerto, da quello interno, con la fissazione della durata massima della misura protettiva[45]. 
D’altro canto, “non è ipotizzabile che la legge nazionale ponga un termine inderogabile, in quanto tale previsto dalla direttiva europea, e indichi essa stessa il modo per eluderlo, in contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost. in forza del quale la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali“[46]. 
Infatti, il superamento del limite fissato dall’art. 8 CCII “sostanzierebbe, all’evidenza, una forma di abuso della fruizione della cautela in quanto diretta al perseguimento di fini non consentiti”, né “tale protrazione non potrebbe ritenersi, in ipotesi, giustificata perché, come pure è stato sostenuto, sarebbe rimessa al giudice della cautela ogni valutazione prudenziale circa i tempi della proroga sì da contemperare i contrapposti interessi delle parti”. Si  tratterebbe, infatti, in ogni caso “di decisione giurisdizionale che interverrebbe in violazione di una norma di legge e, inoltre,  frusterebbe la finalità, prefissata in sede comunitaria, di perseguire la “certezza del diritto” (in tutti gli stati membri) con l’imposizione di un limite legale massimo di durata della sospensione e ciò in contrapposizione e superamento del precedente sistema che vedeva il c.d. automatic stay ininterrottamente protratto dal deposito della domanda di abbrivio dello strumento di risoluzione del la crisi e sino alla definizione del relativo procedimento”[47]. 
Altra questione è se possa essere predicata una continuità oltre la durata massima fissata dall’art. 8 CCII tra le misure protettive diverse dallo stay e le misure di tutela cautelare innominata e selettiva, tendenti al raggiungimento del medesimo obiettivo di protezione. 
A rigor di termini, siffatta consecuzione non è, a mio avviso, inibìta dalla norma unionale (che, come si è detto, riguarda soltanto lo stay), ma lo sarebbe dall’art. 8 CCII, che invece non distingue tra le misure, comprendendole tutte (sia quelle tipiche, che quelle atipiche). 
Né, come si è visto, è possibile piegare la tutela cautelare al raggiungimento di obiettivi che una norma di legge ordinaria (l’art. 8, per l’appunto) vieta espressamente. 
Nulla impedirebbe, dunque, al legislatore interno di tornare (nel rispetto della norma unionale ed avuto riguardo al principio di ragionevolezza dei trattamenti differenziati) sulla previsione dell’art. 8, individuando, con riferimento alle misure diverse dallo stay, una durata massima complessiva maggiore dei 12 mesi attualmente previsti. 
Temo, però, che tale ampliamento, seppur in astratto predicabile, possa avere uno scarso costrutto sul piano pratico, non potendosi negare che – considerato l’impatto e la frequenza delle misure protettive di nuova generazione introdotte dal CCII – lo stay tuttora s’imponga, sia nell’ambiente concorsuale che pre-concorsuale, come caput et fundamentum di ogni protezione.

Note:

[1] 
La disciplina delle misure protettive e cautelari, nella versione “stabilizzata” a seguito del D.Lgs. n. 83/2022 e del D.Lgs. n. 136/2024), è già assai ampia. Cfr., ex multis, gli scritti di M. Aiello, La protezione del debitore nel codice della crisi: un approccio sistematico, in Dir. fall., 2023, 311 ss.; L. Baccaglini, L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, 2022; L. Baccaglini, S. Leuzzi, Su natura, funzioni e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale, ivi, 2025; L. Baccaglini, Le misure protettive e cautelari nel procedimento unitario, in corso di pubblicazione in Giur. comm. (consultato per gentile concessione dell’Autrice); G. Bozza, Le misure protettive e cautelari, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, I, Torino, 2025, 801 ss.; A. Carratta, Le misure cautelari e protettive nel CCII dopo il d.lgs. n. 83/2022, in Dir. fall., 2022, V, 859 ss.; R. D’Alonzo, La composizione negoziata della crisi e l’interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, in Riv. esec. forz., 2021, 874 ss.; L. De Gennaro, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 3.12.2024; D. Longo, Le misure cautelari e protettive, in (a cura di) G. Trisorio Liuzzi, Diritto della crisi d’impresa, Bari, 2023, 131 ss.; C. Mancuso, Le misure protettive e cautelari, in (diretto da) M. Irrera, S. Cerrato, Crisi e insolvenza dopo il Correttivo ter, I, Bologna, 2024, 397 ss.; M. Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in ristrutturazioniaziendali.it; 8; I. Pagni, voce Misure cautelari e protettive (diritto dell’insolvenza), in Enc. dir., Crisi d’impresa, diretto da F. Di Marzio, Milano, 2024, 869 ss.; A. Tedoldi, Le misure protettive (e cautelari), in Crisi e insolvenza dopo il Correttivo-ter, cit., 327 ss. 
[2] 
Sul punto rinvio a F. De Santis, Le novità in materia di misure protettive e cautelari, in Procedure concorsuali, 2025, 36 ss. 
[3] 
Così la Relazione illustrativa allo Schema di decreto legislativo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 1 giugno 2024, che poi è divenuto il D.Lgs. n. 134/2024, 4 s. del testo c.d. “bollinato” dalla Ragioneria Generale dello Stato. 
[4] 
Nella CNC i provvedimenti cautelari subiscono una “torsione” sistematica della loro natura e finalità sotto il profilo dell’interesse ad agire, perché legittimato a richiederli non è il creditore o il terzo, ma lo stesso debitore, che se ne avvale con l’intento di condurre a termine le trattative con una prospettiva di successo. 
[5] 
Vero è che la previsione dell’art. 2 CCII si riferisce all’attuazione delle “decisioni”, laddove il successivo art. 54, comma 1, CCII discorre di provvedimenti cautelari idonei ad assicurare gli effetti delle “sentenze” (e non delle “decisioni”) di omologazione degli strumenti e di apertura delle procedure d’insolvenza. Ma la discrasia lessicale non evidenzia, a mio avviso, ragioni per giustificare opzioni interpretative divergenti. 
[6] 
G. Bozza, op. cit., 814. Secondo Trib. Avellino, 13 febbraio 2025, in Dirittodellacrisi.it, l’inibitoria all’acquisto di diritti di prelazione se non concordati dal debitore deve ritenersi per i creditori effetto automaticamente prodotto dall’iscrizione della domanda prenotativa nel registro delle imprese e derivante dall’anticipata applicazione dell’art. 64, comma 1, CCII. 
[7] 
Come acutamente osserva L. Baccaglini, op. ult. cit
[8] 
Possibilità, quest’ultima, a cui una parte della giurisprudenza di merito aveva già attinto prima del “correttivo” 2024 per via interpretativo-sistematica, sul presupposto che il concordato semplificato rientri nel novero degli strumenti, soggetti alle regole processuali degli artt. 40 ss. CCII (cfr. Trib. Forlì, 28 marzo 2024, in IlCaso.it, ed ivi richiami a precedenti conformi). 
[9] 
In questo senso v. G. Bozza, op. cit., 824, il quale si interroga, altresì, sul soggetto al quale incomba l’iscrizione della domanda nel registro delle imprese, concludendo che debba essere il cancelliere. Secondo Trib. Avellino, 13 febbraio 2025, cit., la misura protettiva semiautomatica che sia stata revocata o non confermata dal giudice con il procedimento previsto dall’art. 55, comma 3, CCII perde efficacia e non può essere nuovamente richiesta tramite ricorso per la proroga delle altre misure protettive confermate, dovendo invece il ricorrente procedere ad una nuova iscrizione della domanda nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 54, comma 2, CCII. 
[10] 
Ciò è da ritenersi malgrado la norma non lo dica espressamente, come acutamente rileva G. Bozza, op. cit., 825 ss., pervenendo, per via interpretativa, alla conclusione prospettata nel testo. 
[11] 
Tale norma – riguardata sotto un punto di vista esegetico più ampio – potrebbe suonare addirittura come pleonastica, non essendovi dubbio che il debitore, prima di accedere al procedimento unitario, possa percorrere l’esperimento della CNC ed in essa chiedere le misure protettive previste dall’art. 18.  
[12] 
Così Pagni, op. cit., 872. 
[13] 
Si tratta di tre possibili misure protettive, previste dall’art. 64 CCII, il quale prevede che, dalla data del deposito della richiesta delle misure protettive, nonché della domanda per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione (anche ad efficacia estesa): i) i creditori non possono, sino all’omologazione, acquisire diritti di prelazione se non concordati; ii) i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del deposito delle medesime domande o della concessione delle misure protettive o cautelari, con previsione di inefficacia dei patti contrari; iii) i creditori interessati dalle misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti “essenziali” in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto di non essere stati pagati dal debitore. 
[14] 
L’art. 46, comma 5, CCII prevede due ulteriori misure protettive tipiche rispetto a quelle indicate nell’art. 54, e precisamente: i) che i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione del tribunale; e ii) che le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro. 
[15] 
L’art. 94 bis fa riferimento alle misure protettive che inibiscono il rifiuto unilaterale dei contratti, di cui alle lettere ii) e iii) della precedente nota 12. 
[16] 
L’art. 64 bis, comma 9, richiama l’art. 94 bis CCII. 
[17] 
In questo senso v., già prima del D.Lgs. n. 136/2024, con ampia e persuasiva motivazione, Trib. Arezzo, 9 agosto 2024, in IlCaso.it, secondo il quale solo dopo la proposizione di una domanda di accesso, corredata di proposta e di piano o accordo, è possibile domandare la concessione di misure cautelari o di misure protettive ulteriori, di cui all’art. 54, comma 2, terzo periodo, sicché nella fase prenotativa non è possibile ottenere l’anticipazione in via provvisoria di effetti che la legge fa discendere dalla proposizione della domanda di accesso ad un particolare strumento (ad esempio l’inibitoria del potere di autotutela negoziale dei creditori, previsto dall’art. 94 bis CCII). Soggiungo che la precisazione introdotta nell’art. 54 dal D.Lgs. n. 136/2024 è, a mio avviso, coerente con un’altra previsione (parimenti introdotta dal decreto “correttivo” attraverso l’inserimento del comma 1-quater dell’art. 44), secondo la quale, in deroga alla previsione generale, il debitore può chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui intende avvalersi se, unitamente alla domanda con riserva, o anche successivamente, deposita un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità alle disposizioni che disciplinano lo strumento prescelto. 
[18] 
Si tratta dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggette all’obbligo di redazione del bilancio, delle dichiarazioni dei redditi e delle dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti, dell’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che con l’indicazione dei rispettivi domicili digitali, se ne sono muniti. 
[19] 
G. Bozza, op. cit., 828. 
[20] 
G. Bozza, ivi, 829. 
[21] 
In ordine alle quali v. già L. Baccaglini, Protezione e cautela del patrimonio dopo il d.lgs. 13672024, anche in pendenza di una domanda di accesso con riserva allo strumento, in Il Fall., 2024, 1559. 
[22] 
Trib. Brindisi, 3 marzo 2025, in Dirittodellacrisi.it, ha ritenuto che – nelle ipotesi in cui  il fideiussore assuma le vesti non di mero garante delle obbligazioni, ma di vero e proprio cogestore dell’attività di impresa, divenendo qualificabile quale imprenditore di fatto, ponendo in essere un’attività di  somministrazione sistematica di liquidità in favore della società – l’estensione al fideiussore-imprenditore di fatto delle misure protettive discenderebbe dall’applicazione del principio per cui lo statuto dell’imprenditore trova applicazione anche quando l’attività d’impresa, pur non constando formalmente, sia, di fatto, concretamente esercitata. 
[23] 
Cfr. Trib. Genova, 17 febbraio 2025, in IlCaso.it, il quale rileva che “una volta disposto il divieto anche per il garante di agire nei confronti del debitore principale per recuperare quanto versato al creditore, il patrimonio del debitore risulta comunque protetto: cambia solo il titolare del credito, ma si tratta di un mutamento che appare sostanzialmente neutro per il debitore principale”. 
[24] 
Cfr. Trib. Avellino, 5 dicembre 2022, in Dirittodellacrisi.it. Diverso è, invece, il caso dei fideiussori che rivestono anche la qualità di soci illimitatamente responsabili, ai quali Trib. Venezia, 6 febbraio 2023, in IlCaso.it, ha esteso, in quanto tali, l’effetto della misura protettiva. Secondo L. Baccaglini, op. ult. cit., l’esigenza di impedire l’escussione del patrimonio dei garanti (che priverebbe di significato le trattative in corso) potrebbe al più essere perseguita attraverso una misura protettiva atipica, rivolta a quello specifico creditore, e finalizzata a precludere qualsiasi iniziativa sul patrimonio del terzo interessato, restando, tuttavia, soggetta – proprio in quanto misura atipica, ad un vaglio preventivo di fondatezza da parte del giudice concorsuale. 
[25] 
Come ha stabilito Trib. Genova, 17 febbraio 2025, cit. 
[26] 
Trib. Gorizia, 13 marzo 2024, ivi
[27] 
Tanto argomentando a contrario dalla motivazione di Trib. Milano, 30 marzo 2023, cit., che ha escluso tale possibilità sul presupposto che la norma in allora vigente (ossia prima del “correttivo” 2024) parlava soltanto di “azioni” dei creditori, con ciò riferendosi ad atti introduttivi di procedimenti giudiziali di natura esecutiva e cautelare. Nel medesimo senso, prima dell’avvento del D.Lgs. n. 136/2024, v. Trib. Milano, 1 febbraio 2024, in Il Fall., 2024, 273 ss., con nota di I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano
[28] 
L. Baccaglini, S. Leuzzi, op. cit., 6. 
[29] 
Intendendosi per “essenziali” i contratti necessari per la continuazione della gestione corrente dell’impresa, inclusi i contratti relativi alle forniture la cui interruzione impedisce la prosecuzione dell’attività del debitore. 
[30] 
Ad esempio, Trib. Milano, 17 ottobre 2024, in IlCaso.it, ha disposto l’inibizione delle azioni esecutive alla stregua di una misura cautelare, ai sensi dell’art. 54, comma 1, CCII (essendo probabilmente già decorso il termine massimo delle misure protettive, tema, quest’ultimo, su cui v. infra). 
[31] 
Così il provvedimento della Prima Presidente della Corte di Cassazione, 3 aprile 2025, n. 8794, reso ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., in Dirittodellacrisi.it, che ha dichiarato l’inammissibilità, tra gli altri, di un quesito col quale il Tribunale di Brindisi, con un’ordinanza di rinvio pregiudiziale del 3 dicembre 2024, ivi, aveva chiesto alla Suprema Corte di dire “se la sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati debba essere qualificata quale misura protettiva atipica o quale misura cautelare, con conseguente riconducibilità del provvedimento suddetto al novero delle une o delle altre e quali ne siano i presupposti applicativi”. 
[32] 
Così I. Pagni, op. ult. cit., 285. 
[33] 
Così ancora I. Pagni, Misure cautelari e protettive, cit., 870. 
[34] 
Il discorso è diverso con riferimento alla CNC, dove non è previsto il ricorso alle misure protettive atipiche, i cui effetti possono essere ottenuti (dal debitore o dal creditore) solo attraverso l’ottenimento di misure cautelari. 
[35] 
Così I. Pagni, op. ult. cit., 878, secondo la quale la previsione sui doveri delle parti, racchiusa nell’art. 4 CCII, autorizzerebbe non solo una tutela risarcitoria ex post, ma anche una tutela inibitoria ex ante, consistente in un facere o in un non facere (tema, quest’ultimo, solcato anche da R. Brogi, Clausole generali e diritto concorsuale, in Il Fall., 2022, 885 ss., e da M. Fabiani, Introduzione ai principi generali e alle definizioni del codice della crisi, ivi, 1173). In senso opposto parrebbe Trib. Catania, 25 luglio 2022, in IlCaso.it, per il quale non è ammissibile “che colla misura cautelare della composizione negoziata l’imprenditore possa ottenere risultati ulteriori e diversi rispetto alla propria ristrutturazione”, sicché, “in difetto di espressa previsione di legge deve escludersi la possibilità di imporre un facere alla controparte coinvolta dalle trattative posto che – diversamente ragionando – tramite la negoziazione l’imprenditore potrebbe ottenere risultati vuoi non diversamente ottenibili nemmeno all’esito di un contenzioso giudizio ovvero che comunque richiedono un contenzioso”. 
[36] 
Così Trib. Brindisi, 3 dicembre 2024 (ord. ex art. 363 bis c.p.c.), cit., secondo il quale la questione dovrebbe essere esaminata alla luce del principio generale di buona fede oggettiva, sancito dagli artt. 1375 e 1175 c.c., che gode altresì di un fondamento costituzionale nell'art. 2 Cost., nella misura in cui esso “sarebbe idoneo a generare un generale obbligo di rinegoziare le condizioni del rapporto contrattuale. Ciò, ove risulti apprezzabilmente sbilanciato da una determinata sopravvenienza (in fatto o in diritto) di carattere eccezionale”. 
[37] 
G. Bozza, op. cit., 855. 
[38] 
Trib. Modena, 18 gennaio 2025, in IlCaso.it, secondo cui l’inciso “inclusi rinnovi e proroghe”, contenuto nell’art. 8 CCII e soprattutto nell’art. 6, par. 7 e 8 Dir. Insolvency, sembrerebbe avere il senso – nell’ottica dell’apprezzamento della durata totale della protezione – di commisurarla alla somma aritmetica dei singoli periodi di protezione effettiva, con la precisazione che in tale direzione pare militare altresì l’inciso, contenuto solo nella disposizione interna, che fa riferimento al “periodo, anche non continuativo”. 
[39] 
Trib. Imperia, 20 febbraio 2024, in Dirittodellacrisi.it, 4 marzo 2024, con commento, nella sostanza, adesivo di I. Pagni, L. Baccaglini, Misure cautelari e misure protettive nel Codice della crisi: una chiave di lettura per l’impiego anche combinato dei diversi strumenti di tutela
[40] 
Trib. Padova, 19 novembre 2024, in IlCaso.it, che ha ritenuto ammissibile la concessione di misure cautelari dirette, oltre che a conseguire gli effetti delle misure protettive tipiche, anche ad inibire l’escussione della garanzia SACE. Cfr. anche Trib. Trento, 10 ottobre 2023, in Il Fall., 2024, 832, con nota critica di F. Santangeli, Spigolature in tema di misure protettive e cautelari, che ha consentito la permanenza degli effetti delle misure protettive in scadenza ex art. 94 bis, comma 2, CCII, mediante concessione di una misura cautelare atipica, con cui si è inibito al creditore di far valere nella procedura gli effetti della risoluzione di un contratto di leasing immobiliare in ragione del mancato pagamento di canoni maturati in epoca antecedente alla domanda con riserva ex art. 44. 
[41] 
Così G. Bozza op. cit., 830. Ma si tratta di un argomento che l’Autore prospetta soltanto per completezza di analisi dialettica, pervenendo poi alla conclusione che l’argomento non sarebbe accoglibile, considerato che esso si porrebbe in contrasto con la normativa eurounitaria (cfr. infra).  
[42] 
Trib. Milano, 22 novembre 2023, in Dirittodellacrisi.it
[43] 
Trib. Salerno, 28 marzo 2024, ivi
[44] 
Cfr. Trib. Torino, 5 dicembre 2023, ivi
[45] 
In senso contrario v. L. Baccaglini, op. ult. cit., secondo la quale la disciplina unionale si riferisce allo stay esecutivo e cautelare funzionale alla sola conduzione delle trattative, mentre qui si tratterebbe di inibire ad alcuni creditori selettivamente individuati l’esercizio di azioni esecutive o cautelari quando quell’iniziativa appaia esiziale ai fini dell’attuazione del piano e della proposta, la cui approvazione ed omologazione, al momento della scadenza delle misure protettive, possono presumersi imminenti. 
[46] 
G. Bozza, op. cit., 831. 
[47] 
Trib. Roma, 15 febbraio 2025, in IlCaso.it

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I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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