Se per limitare le conseguenze appena prospettate si può contare sulla correttezza e professionalità dell’esperto, la modifica introdotta alla fine del primo comma dell’art. 18, secondo la quale “La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi”, contiene una carica di pericolosità incontrollabile, in quanto si innesta in una struttura che lascia al debitore la massima flessibilità nell’organizzare la sua proposta.
Come è noto per il concordato semplificato non è indicata alcuna soglia minima di soddisfazione dei creditori chirografari quale presupposto di ammissibilità o di omologa del concordato, né vi è alcun richiamo all’ult. comma dell’art. 160 l.fall. (anzi manca qualsiasi richiamo a questa norma nella sua interezza); pertanto, nel concordato semplificato è inesistente l’obbligo di assicurare ai creditori chirografari il pagamento del 20% minimo, come disposto dall’ult. comma dell’art. 160 l. fall., né è richiesto l’apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10%, rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale il soddisfacimento dei creditori chirografari, come ulteriormente richiesto dall’ult. comma dell’art. 84 CCII.
Il contenuto della proposta è improntato, quindi, alla massima flessibilità, in cui gli unici criteri da seguire sembrano essere quelli che individuano l’oggetto del giudizio di omologazione e, quindi, rispettare l’ordine delle cause di prelazione, proporre un piano che possa superare il vaglio della fattibilità giuridica ed economica in forza del quale i creditori non vengano a percepire meno di quanto potrebbero ottenere in caso di fallimento e prospettare le utilità, non necessariamente in denaro, per ciascun creditore.
Si può discutere se questa nuova impostazione comporti la libertà per il debitore di proporre qualsiasi soluzione satisfattoria consentita dalla consistenza del suo patrimonio nel rispetto dell’ordine della graduazione, compresa quella di non offrire alcuna forma di pagamento ai creditori chirografari e di soddisfare non integralmente i creditori prelatizi, oppure se la previsione di assicurare comunque una utilità a ciascun creditore determini comunque l’obbligo di attribuire una qualche soddisfazione anche ai chirografari.
Personalmente opto per la prima soluzione, tuttavia, qualunque opinione si abbia in proposito, è indubbio che eliminata una soglia minima di soddisfacimento per la categoria dei chirografari, l’utilità per costoro è diventata molto più evanescente non dovendo più essere adeguata alla previsione del raggiungimento di un traguardo prefissato dalla legge. Se, infatti, non esiste la necessità di assicurare ai chirografari il pagamento del 20%, il debitore, ammesso che debba offrire qualcosa ai creditori chirografari e in ogni caso in cui la consistenza patrimoniale lo consenta, può promettere qualsiasi percentuale, anche irrisoria se i beni ceduti non consentono di meglio, e, quindi, anche l’utilità per i creditori non può che essere parametrata su queste unità di misura. Conclusione che non muta se si capovolge il discorso e, sparita la percentuale minima di soddisfazione, si pone l’utilità come criterio unico e principale, nel senso che, indipendentemente dalla consistenza patrimoniale del debitore, ai chirografari debba essere comunque assicurata una qualche utilità, anche diversa dal danaro, perché rimane ,in tal caso, il problema di stabilire l’entità e la consistenza di questa utilità; ed allora anche il beneficio immediato degli scarichi fiscali”[6] , a fronte della dimostrata insoddisfazione del credito, diventa una utilità vantaggiosa.
Né varrebbe dire che una soddisfazione irrisoria sarebbe inidonea a concretare la ricorrenza della causa del concordato nella singola proposta, come si diceva prima della fissazione della soglia minima nel 2015[7], o che una proposta irrisoria sarebbe una proposta priva di causa[8] perché, come acutamente obiettato[9], “quando si è postulato che la causa del concordato è la regolazione della crisi e non il soddisfacimento dei creditori si è implicitamente negato che una proposta irrisoria sia inammissibile perché priva di causa”[10].Ed, infatti, la Cassazione, con riferimento all’epoca in cui non ancora esisteva un limite minimo di soddisfazione dei creditori chirografari, sebbene un soddisfacimento a costoro dovesse essere dato in base alle previsioni dell’art. 160 l. fall., ha chiarito che “la causa concreta della procedura di concordato preventivo, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha un contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore e, nel contempo, all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori. In questa prospettiva interpretativa non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria possa ritenersi - secondo la disciplina applicabile ratione temporis -, di per sè, inadatta a perseguire la causa concreta a cui la procedura è volta”[11].
In un sistema del genere giustamente nel decreto legge n. 118 del 2021 non era contemplata la facoltà per il debitore di dividere i creditori in classi e, nel silenzio della legge, il debitore di sicuro non poteva procedere alla classazione in quanto la formazione delle classi introduce un meccanismo eccezionale che altera la parità di trattamento tra creditori che si trovano nella medesima condizione, essendo finalizzata a proporre trattamenti differenziati tra i creditori, che pur trovandosi giuridicamente nella medesima posizione, vengono collocati in classi diverse.
La legge di conversione ha introdotto nel comma primo dell’art. 18 la previsione che “La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi”, di modo che il debitore, ove prometta il pagamento di una percentuale ai creditori chirografari, può anche procedere alla classazione degli stessi offrendo trattamenti differenziati.
Non è stata questa, a mio avviso, una scelta felice, se la si collega alla abolizione del limite di cui all’ult. comma dell'art. 160 l. fall.. Vigendo, infatti, la soglia minima di soddisfazione di cui all’ult. comma dell’art. 160 l. fall., tale libertà trova un contenimento proprio in tale soglia, rimanendo solo da discutere se, nel caso di concordato ordinario con classazione, il limite del pagamento del 20% vada riferito a ciascun creditore, nel senso che a ciascun chirografario deve essere assicurato il pagamento di tale quota, che, quindi, costituirebbe il livello minimo di soddisfazione per ogni classe, o sia possibile una distribuzione differenziata che assicuri il pagamento ad alcune classi di un livello inferiore a quello di legge e ad altre superiore, fermo restando che il complesso delle risorse messe a disposizione debba essere non inferiore al 20% del totale dei crediti chirografari .
Eliminata nel concordato semplificato la soglia di soddisfazione minima dei creditori chirografari, si vede chiaramente come l’aver concesso al debitore di dividere costoro in classi, gli consenta l’ulteriore libertà di selezionare i creditori che intende privilegiare, inserendoli in determinate classi, con sacrificio di altri, accentuando il rischio di manovre poco trasparenti, tanto più che manca sia la votazione dei creditori - in cui la classazione assume rilievo - sia il controllo del giudice, non essendo riprodotta nell’art. 18 la previsione dell’art. 163, co. 1, l. fall. che assegna al tribunale, quale condizione di ammissione alla procedura concordataria, la valutazione “della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi”. E questa ulteriore libertà concessa al debitore accentua, altresì, la forza persuasiva che la prospettiva del concordato semplificato assume nel corso delle trattative per la composizione negoziata in quanto i creditori sanno che, all’esito negativo delle stesse, l’imprenditore potrà liberarsi delle sue obbligazioni con un concordato liquidatorio improntato alla massima flessibilità[12], cui ora si aggiunge l’ulteriore rischio di subire, attraverso la formazione delle classi, un trattamento differenziato, eventualmente punitivo per chi si è opposto ad una soluzione negoziata, rispetto ad altri che si trovano nella stessa posizione giuridica.
C’è solo da augurarsi che, nel concordato semplificato, la giurisprudenza, interpretando con non eccessivo rigore il comma primo e il comma quinto dell’art. 18, faccia rientrare nella valutazione della “ritualità della proposta” o nella verifica della “regolarità del procedimento”, anche l’accertamento della regolare formazione delle classi; controllo che, nel momento in cui si ammette che il debitore possa suddividere i creditori in classi, avrebbe dovuto essere esplicitato.