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La transazione fiscale in presenza di contenziosi tributari pendenti

Lorenzo Gambi, Dottore commercialista in Firenze

13 Dicembre 2022

Il presente contributo approfondisce alcuni temi di particolare attualità che attengono al trattamento dei crediti erariali in ambito di procedure in pendenza di contenziosi avanti al giudice fiscale, soffermandosi sui profili che interessano la cognizione circa l’obbligazione tributaria e gli accantonamenti di legge in sede di omologazione del procedimento.
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1 . La (soppressa) previsione di cessazione delle liti fiscali pendenti
In origine, l’art. 182 ter L. fall., al comma quinto, prevedeva che il perfezionamento della transazione fiscale producesse la cessazione delle liti tributarie pendenti, con specifico riferimento ai rapporti giuridici rientranti nel perimetro della transazione.[1]
Per le controversie pendenti avanti al foro fiscale, la competente commissione tributaria, rilevata l’omologazione del concordato preventivo contenente la proposta di transazione fiscale, dichiarava la cessazione della materia del contendere.[2] 
Per quanto l’art. 182 ter, comma 5, L. fall. facesse riferimento alle “liti”, gli effetti di caducazione conseguenti al perfezionamento della transazione fiscale si sarebbero estesi anche alle controversie non ancora sfociate in un contenzioso avanti al giudice tributario.[3] 
Tale effetto, assieme a quello relativo al consolidamento del debito fiscale previsto dallo stesso art. 182 ter, comma 5, L. fall.[4], dava risalto alla natura “transattiva” dell’accordo concluso fra il contribuente e l’ente titolare del diritto al tributo, secondo lo schema previsto dall’art. 1965 c.c. 
Ove il concordato preventivo fosse stata risolto ovvero annullato ex art. 186 L. fall., gli effetti estintivi dei rapporti controversi conseguenti al perfezionamento della transazione fiscale sarebbero venuti meno.
Tale caducazione avrebbe dunque comportato la “reviviscenza” delle obbligazioni tributarie nella misura originariamente indicata negli atti impositivi impugnati dal contribuente o comunque oggetto di contestazione già eccepita in ambito di verifica, formale e/o sostanziale.[5] 
Il legislatore, in sede di Legge di bilancio per il 2017[6], nel ritrascrivere l’art. 182 ter L. fall., con decorrenza dall’01/01/2017, ha eliminato all’interno della suddetta norma ogni riferimento alla cessazione delle liti pendenti, così come ogni riferimento alla cristallizzazione del debito fiscale. 
Da tale momento, l’accettazione da parte dell’ente erariale della proposta di transazione fiscale formulata dal contribuente non determina la cessazione, ope legis, delle controversie tributarie pendenti al momento della proposizione della domanda.
2 . La cognizione del foro concorsuale nelle procedure con transazione fiscale
In presenza di crediti fiscali oggetto di contestazione, la relativa cognizione spetta, in via esclusiva, al giudice tributario.[7]
Il foro ordinario, in caso di proposta di trattamento del credito fiscale in ambito concorsuale, si esprime sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla norma, senza alcun sindacato circa il merito della pretesa tributaria.
Nell’ambito delle procedure che prevedano la possibilità di accedere alla transazione fiscale (concordato preventivo, ADR, concordato minore[8]), con particolare riguardo alla ristrutturazione “forzosa” del credito (cd. cram down fiscale), il giudice del concorso, in primo luogo, verifica se si sia verificata la pre-condizione relativa alla “mancata adesione” da parte dell’ufficio finanziario.[9] 
In secondo luogo, il giudice del concorso accerta i due requisiti necessari perché il cram down fiscale possa trovare applicazione, ovvero:
- che la mancata adesione da parte dell’ente erariale sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze (concordato preventivo e concordato minore) ovvero delle percentuali (ADR) previste dalla legge per l’omologazione della procedura;
- che la proposta di trattamento formulata dal contribuente in relazione ai crediti erariali di titolarità dell’Amministrazione finanziaria sia non deteriore rispetto ai prevedibili esiti dell’alternativa procedura liquidatoria.
In relazione al primo requisito, la condizione è integrata qualora le maggioranze/percentuali previste dalla legge per l’omologazione della procedura siano raggiunte imputandovi - tramite conversione “adesiva” ad opera del Tribunale - il credito di titolarità dell’ente erariale.[10]
In relazione al secondo requisito, la condizione è integrata qualora la proposta di trattamento del credito erariale sia conveniente - o comunque non deteriore - rispetto all’alternativa liquidatoria, come risultante anche dalla relazione del professionista indipendente ovvero dall’OCC.[11]
3 . La transazione fiscale in presenza di controversie tributarie pendenti
Sotto il profilo tributario, la norma di riferimento, che si interseca - pur munita di specialità - con la norma concorsuale, è contenuta nell’art. 90 del D.P.R. n. 602/1973.
Tale disposizione, al primo comma, prevede che ove il contribuente sia ammesso al concordato preventivo, l’ente della riscossione compie ogni attività necessaria ai fini dell’inserimento del credito affidatole per l’esazione nell’elenco dei crediti della procedura, e ciò in base al ruolo.
Il secondo comma prevede che ove sulle somme iscritte a ruolo sorgano contestazioni, il credito è inserito in via provvisoria nell’elenco ex art. 176, comma 1, L. fall., e ciò ai fini sia dell’esercizio del voto, sia della determinazione delle maggioranze previste per l’approvazione della procedura, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive circa la sussistenza del credito contestato.[12]
L’art. 90, comma 2, D.P.R. n. 602/1973, fa poi riferimento all’elenco previsto dall’art. 181, comma 3, primo periodo, L. fall., norma che disciplina(va) la fase dell’omologazione della procedura di concordato preventivo.
Tale disposizione prevedeva che il Tribunale, in sede di omologa, determinasse l’ammontare delle somme che il debitore avrebbe dovuto depositare per i crediti contestati, determinando le modalità relative al versamento delle somme dovute in esecuzione del concordato ovvero rimettendone la determinazione al Giudice delegato con successivo decreto.
L’applicazione della previsione relativa agli accantonamenti - con funzione di “cauzione” - in sede di omologazione del concordato preventivo era dunque rimessa alla valutazione del Tribunale, ciò che avrebbe comportato una verifica, nel concreto, circa il merito della pretesa creditoria.[13]
A seguito delle modifiche apportate al R.D. n. 267/1942 dal legislatore della riforma del 2005, il tema dell’accantonamento in sede di omologa della procedura di concordato è stato inserito all’interno dell’art. 180 L. fall.
Tale norma, al comma sesto, prevede che le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali ovvero irreperibili siano depositate nei modi stabiliti dal Tribunale, il quale fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.[14]
Per quanto l’art. 180, comma 6, L. fall. non facesse più riferimento alla possibilità da parte del Tribunale di determinare l’entità delle somme da accantonare, restava immutato il potere dell’autorità giudiziaria di verificare, nel merito, la fondatezza della pretesa contestata.[15]
Con riferimento ai crediti fiscali, come ricordato, le contestazioni circa il merito dell’obbligazione tributaria sono trattate dalle competenti commissioni territoriali, con tempi, evidentemente, molto più lunghi rispetto a quelli, serrati, previsti per lo svolgimento della procedura concorsuale.[16]
Ne consegue che in caso di concordato aperto in pendenza di giudizi fiscali, la procedura può giungere all’omologazione senza che sia intervenuta la definitività dell’obbligazione tributaria e, dunque, prima del definitivo accertamento dell’an e del quantum della pretesa erariale.[17] 
Se dunque, sotto un profilo generale, il Tribunale, nell’omologare il concordato, ha il potere di disporre l’accantonamento, quantificandone l’entità all’esito della valutazione sul merito della controversia[18], con riferimento ai crediti fiscali, stante la cognizione del giudice tributario, il foro concorsuale dispone l’accantonamento integrale delle somme relative al rapporto controverso, in attesa della definitività dell’obbligazione tributaria.[19]
Sul punto, peraltro, si può svolgere la seguente considerazione.
Il debitore, nell’ambito della formulazione della proposta di trattamento all’interno di una procedura concorsuale, in conformità ai criteri che informano il rispetto delle legittime cause di prelazione, può prospettare all’Amministrazione finanziaria un certo grado di soddisfacimento, in termini percentuali, del credito fiscale, sia lo stesso definitivo, sia lo stesso - in ipotesi - sub iudice o comunque contestato al momento della presentazione della domanda (concorsualità del credito).
Circoscrivendo l’esame al trattamento dei crediti fiscali in ambito di concordato per i quali sia pendente il contenzioso, il debitore potrebbe formulare la propria proposta “transattiva” nei confronti dell’ente impositore, in base ad una determinata percentuale di soddisfacimento del credito, assumendo, in un’ottica prudenziale, che il giudizio fiscale si concluda con il definitivo, integrale rigetto del ricorso a suo tempo promosso dallo stesso contribuente.
A questo punto, in presenza di una proposta che non solo dia conto della pendenza del contenzioso fiscale, ma che chiaramente indichi il grado di soddisfacimento del credito oggetto dell’azionata controversia, assumendone l’entità sul presupposto di completa soccombenza, dovrebbero valere i generali criteri che regolano il funzionamento della transazione fiscale.
Pertanto, nel rispetto di tali criteri, si potrebbe verificare che:
- l’Amministrazione finanziaria decida di aderire alla proposta di trattamento
- l’Amministrazione finanziaria, espressamente o tacitamente, vi si opponga[20]. 
Nel primo caso, perfezionandosi la transazione fiscale, e questa prevedendo anche il “componimento” della lite pendente, in caso di adempimento della proposta, le parti del rapporto giuridico d’imposta si attiverebbero per addivenire alla cessazione della materia del contendere avanti al giudice tributario. 
Nel secondo, il Tribunale, verificate anche le risultanze della relazione del professionista indipendente, accertata, in ipotesi, sia la decisività del credito erariale ai fini della formazione dei quorum, sia la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, omologherebbe la procedura, tramite cram down fiscale.
In sede di omologa, assumendo che siano ancora pendenti i giudizi fiscali rientranti nel perimetro della transazione, il Tribunale potrebbe disporne l’accantonamento nei soli limiti della percentuale proposta in pagamento all’Erario da parte del debitore,
In effetti, ciò non contrasterebbe con il disposto dell’art. 90, D.P.R. n. 602/1973 in quanto la proposta transattiva, vagliata ai sensi di legge, sarebbe stata formulata assumendo l’ipotesi di completa soccombenza del contribuente; ed avendo, l’accantonamento ex art. 180, comma 6, L. fall., funzione di “cauzione”, ciò che dovrebbe essere garantito in sede di omologa sembra poter essere limitato alla percentuale di soddisfacimento dei crediti fiscali contestati, come prevista nell’ambito della transazione perfezionatasi per effetto del cram down fiscale.
Tale istituto, in deroga alle norme fiscali, determinando il perfezionamento dell’accordo, transattivo, porterebbe dunque con sé anche il potere da parte dell’autorità giudiziaria di adeguare l’entità dell’accantonamento in funzione delle stesse previsioni della proposta di trattamento la quale, per effetto di legge, vincola le parti del rapporto giuridico d’imposta.
Del resto, per concludere, in caso di successivo inadempimento del concordato omologato, resta fermo il diritto dell’Erario, così come quello di ogni altro creditore, di agire per la sua risoluzione, sussistendone i presupposti, impregiudicate le proprie ragioni di credito, ivi incluse quelle derivanti dalla (poi) intervenuta decisività delle obbligazioni tributarie oggetto di contestazione avanti al foro fiscale.

Note:

[1] 
Per un quadro, si veda, fra gli altri, E. Belli Contarini, La transazione fiscale deve includere tutte le controversie pendenti, in Corr. trib., 2016, p. 1786 ss.
[2] 
Cass. Civ., Sez. I, 22 settembre 2016, n. 18561.
[3] 
In questo senso, G. Andreani-A. Tubelli, Transazione fiscale e crisi d’impresa, Milano, 2020, p. 66.
[4] 
A seguito della presentazione della proposta “transattiva”, l’ufficio, entro trenta giorni (termine ordinatorio), liquidava i tributi, notificando al contribuente gli avvisi di irregolarità e quantificando altresì il debito da accertamenti. ove anche non definitivi, non ancora iscritti a ruolo o consegnati al concessionario; quest’ultimo, nello stesso termine di trenta giorni, trasmetteva al contribuente una certificazione circa l’entità del debito iscritto a ruolo; si verificava la cd. “cristallizzazione” del debito fiscale: all’Erario sarebbe stato precluso ogni ulteriore attività di controllo (App. Torino, 23 aprile 2010; contra, Agenzia delle Entrate, circolare n. 40/E del 18 aprile 2008).
[5] 
In questo senso: Cass. Civ., Sez. I, 31 maggio 2016, n. 11316; in senso conforme, la prassi erariale (v. Agenzia delle Entrate, circolare n. 16/E del 23 luglio 2018).
[6] 
V. art. 1, comma 81, L. n. 232/2016.
[7] 
Si veda l’art. 2, D.Lgs. n. 546/1992; in giurisprudenza, cfr. Cass. civ, Sez. un., 7 maggio 2010, n. 11082; Cass. Civ., Sez. un., 5 agosto 2009, n. 17943; Cass. Civ., Sez. un., 19 ottobre 2005, n. 20112.
[8] 
In ambito di Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, le norme di riferimento sono, in relazione al concordato preventivo, l’art. 88, rubricato “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”, in ambito di ADR, l’art. 63, rubricato “Transazione su crediti tributari e contributivi”, in ambito di concordato minore (dove peraltro non vi è una norma ad hoc per i crediti tributari in prospettiva della transazione fiscale, ma solo la previsione del cram down in sede di omologa), l’art. 80, comma 3, D.Lgs. n. 14/2019.
[9] 
Si ha “mancata adesione” alla proposta transattiva formulata dal contribuente: i) in caso di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione, sia ove l’ente manifesti il proprio diniego, sia ove lo stesso non manifesti alcun intendimento sulla proposta (cd. silenzio rifiuto); ii) in caso di concordato minore (ovvero di accordo di composizione della crisi ex L. n. 3/2012), ove l’ente manifesti espressamente il proprio diniego: nel sovraindebitamento, infatti, la mancata espressione di voto sulla proposta determina effetti di adesione alla stessa (cd. silenzio assenso).
[10] 
Non si tratterebbe, dunque, di “sterilizzare” il voto contrario ovvero la mancata adesione da parte degli enti pubblici ai fini della determinazione dei quorum previsti dalle singole norme di legge (in questo senso: G. D’Attorre, La ristrutturazione “coattiva” dei debiti fiscali e contributivi negli ADR e nel concordato preventivo, in Fallimento, n. 2/2021, pag. 153 ss.
[11] 
Si segnala l’apparente anomalia, probabilmente dovuta solo ad un fatto di mancato coordinamento fra norme, che, in ambito di ADR e concordato minore, nell’uno caso, l’art. 63, comma 2 bis, nell’altro, l’art. 80, comma 3, D.Lgs. n. 14/2019, facciano riferimento solo al profilo di “convenienza” della proposta di trattamento, non già alla possibilità che la stessa possa essere anche “non deteriore” rispetto all’alternativa liquidatoria, così come invece previsto in ambito di concordato preventivo dall’art. 88, comma 2 bis, CCII. Sul punto, si vedano anche le condivisibili osservazioni svolte da L. Fuzio, I crediti tributari nelle procedure di composizione negoziata della crisi, nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, Dirittodellacrisi.it, 8 novembre 2022.
[12] 
Cass. Civ., Sez. I, 21 novembre 2019, n. 30456.
[13] 
App. Milano, 19 giugno 1986.
[14] 
Il contenuto dell’art. 180, comma 6, L. fall. in punto di accantonamenti nella fase di omologa del concordato è stato riproposto dal legislatore del Codice della crisi, negli stessi termini, all’interno dell’art. 112, comma 6, D.Lgs. n. 14/2019.
[15] 
In questo senso, Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2018, n. 15414 (conforme: Trib. Bergamo, 12 febbraio 2015). Contra, in dottrina, G. La Croce, Crediti contenziosi, accantonamenti e fattibilità del piano di concordato, in Fallimento, n. 1/2019, pag. 58 e ss.
[16] 
Per un quadro, anche in relazione ai profili legati all’obbligo per il proponente di “inserire” i crediti fiscali contestati nella proposta, con indicazione dei criteri di stima dei relativi ammontari o comunque ai fini conoscitivi, nonché dei correlati aspetti legati all’attestazione ed alla fattibilità del piano in presenza di contenziosi fiscali, si veda G. Andreani, Il trattamento dei crediti fiscali contestati nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 12 gennaio 2022.
[17] 
Si ricorda che i profili legati alla collocazione del credito tributario (verifica della sussistenza delle cause di prelazione, anche in relazione ai crediti fiscali) rientrano nella cognizione non già del foro tributario, bensì del giudice del concorso (Cass. Civ., Sez. un., 14 aprile 2020, n. 7822).
[18] 
In questo senso, si ritiene che la (in parte) diversa formulazione dell’art. 180, comma 6, L. fall. rispetto all’originaria norma prevista dall’art. 181, comma 3, primo periodo, L. fall. non incida sul potere del Tribunale di determinare l’entità dell’accantonamento, e ciò al fine di evitare strumentali contestazioni mosse da creditori con la finalità di ostacolare e/o paralizzare l’omologazione della procedura.
[19] 
In questo senso, da ultimo, v. Cass. Civ., Sez. un., 25 marzo 2021, n. 8504, la quale, nel trattare i profili legati al riparto di giurisdizione fra foro ordinario e foro tributario, ha rilevato che “In tema di omologazione della proposta di concordato preventivo ex art. 180 I. fall., il Tribunale esercita un sindacato incidentale circa la fondatezza dei crediti contestati, condizionali o irreperibili ai fini di disporre i relativi accantonamenti; diversamente, in presenza di crediti tributari oggetto di contestazione, per effetto della norma speciale di cui all'art. 90 del D.P.R. n. 602/1973, il suindicato accantonamento è obbligatorio essendo rimesso al Tribunale esclusivamente il potere di determinarne le relative modalità”; in senso conforme, anche Cass. Civ., Sez. I, 13 giugno 2018, n. 15414.
[20] 
Salva la ricordata previsione secondo la quale in ambito di concordato minore il silenzio del creditore non determina effetti di diniego della proposta.

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