Sotto il profilo tributario, la norma di riferimento, che si interseca - pur munita di specialità - con la norma concorsuale, è contenuta nell’art. 90 del D.P.R. n. 602/1973.
Tale disposizione, al primo comma, prevede che ove il contribuente sia ammesso al concordato preventivo, l’ente della riscossione compie ogni attività necessaria ai fini dell’inserimento del credito affidatole per l’esazione nell’elenco dei crediti della procedura, e ciò in base al ruolo.
Il secondo comma prevede che ove sulle somme iscritte a ruolo sorgano contestazioni, il credito è inserito in via provvisoria nell’elenco ex art. 176, comma 1, L. fall., e ciò ai fini sia dell’esercizio del voto, sia della determinazione delle maggioranze previste per l’approvazione della procedura, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive circa la sussistenza del credito contestato.[12]
L’art. 90, comma 2, D.P.R. n. 602/1973, fa poi riferimento all’elenco previsto dall’art. 181, comma 3, primo periodo, L. fall., norma che disciplina(va) la fase dell’omologazione della procedura di concordato preventivo.
Tale disposizione prevedeva che il Tribunale, in sede di omologa, determinasse l’ammontare delle somme che il debitore avrebbe dovuto depositare per i crediti contestati, determinando le modalità relative al versamento delle somme dovute in esecuzione del concordato ovvero rimettendone la determinazione al Giudice delegato con successivo decreto.
L’applicazione della previsione relativa agli accantonamenti - con funzione di “cauzione” - in sede di omologazione del concordato preventivo era dunque rimessa alla valutazione del Tribunale, ciò che avrebbe comportato una verifica, nel concreto, circa il merito della pretesa creditoria.[13]
A seguito delle modifiche apportate al R.D. n. 267/1942 dal legislatore della riforma del 2005, il tema dell’accantonamento in sede di omologa della procedura di concordato è stato inserito all’interno dell’art. 180 L. fall.
Tale norma, al comma sesto, prevede che le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali ovvero irreperibili siano depositate nei modi stabiliti dal Tribunale, il quale fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.[14]
Per quanto l’art. 180, comma 6, L. fall. non facesse più riferimento alla possibilità da parte del Tribunale di determinare l’entità delle somme da accantonare, restava immutato il potere dell’autorità giudiziaria di verificare, nel merito, la fondatezza della pretesa contestata.[15]
Con riferimento ai crediti fiscali, come ricordato, le contestazioni circa il merito dell’obbligazione tributaria sono trattate dalle competenti commissioni territoriali, con tempi, evidentemente, molto più lunghi rispetto a quelli, serrati, previsti per lo svolgimento della procedura concorsuale.[16]
Ne consegue che in caso di concordato aperto in pendenza di giudizi fiscali, la procedura può giungere all’omologazione senza che sia intervenuta la definitività dell’obbligazione tributaria e, dunque, prima del definitivo accertamento dell’an e del quantum della pretesa erariale.[17]
Se dunque, sotto un profilo generale, il Tribunale, nell’omologare il concordato, ha il potere di disporre l’accantonamento, quantificandone l’entità all’esito della valutazione sul merito della controversia[18], con riferimento ai crediti fiscali, stante la cognizione del giudice tributario, il foro concorsuale dispone l’accantonamento integrale delle somme relative al rapporto controverso, in attesa della definitività dell’obbligazione tributaria.[19]
Sul punto, peraltro, si può svolgere la seguente considerazione.
Il debitore, nell’ambito della formulazione della proposta di trattamento all’interno di una procedura concorsuale, in conformità ai criteri che informano il rispetto delle legittime cause di prelazione, può prospettare all’Amministrazione finanziaria un certo grado di soddisfacimento, in termini percentuali, del credito fiscale, sia lo stesso definitivo, sia lo stesso - in ipotesi - sub iudice o comunque contestato al momento della presentazione della domanda (concorsualità del credito).
Circoscrivendo l’esame al trattamento dei crediti fiscali in ambito di concordato per i quali sia pendente il contenzioso, il debitore potrebbe formulare la propria proposta “transattiva” nei confronti dell’ente impositore, in base ad una determinata percentuale di soddisfacimento del credito, assumendo, in un’ottica prudenziale, che il giudizio fiscale si concluda con il definitivo, integrale rigetto del ricorso a suo tempo promosso dallo stesso contribuente.
A questo punto, in presenza di una proposta che non solo dia conto della pendenza del contenzioso fiscale, ma che chiaramente indichi il grado di soddisfacimento del credito oggetto dell’azionata controversia, assumendone l’entità sul presupposto di completa soccombenza, dovrebbero valere i generali criteri che regolano il funzionamento della transazione fiscale.
Pertanto, nel rispetto di tali criteri, si potrebbe verificare che:
- l’Amministrazione finanziaria decida di aderire alla proposta di trattamento
- l’Amministrazione finanziaria, espressamente o tacitamente, vi si opponga[20].
Nel primo caso, perfezionandosi la transazione fiscale, e questa prevedendo anche il “componimento” della lite pendente, in caso di adempimento della proposta, le parti del rapporto giuridico d’imposta si attiverebbero per addivenire alla cessazione della materia del contendere avanti al giudice tributario.
Nel secondo, il Tribunale, verificate anche le risultanze della relazione del professionista indipendente, accertata, in ipotesi, sia la decisività del credito erariale ai fini della formazione dei quorum, sia la convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, omologherebbe la procedura, tramite cram down fiscale.
In sede di omologa, assumendo che siano ancora pendenti i giudizi fiscali rientranti nel perimetro della transazione, il Tribunale potrebbe disporne l’accantonamento nei soli limiti della percentuale proposta in pagamento all’Erario da parte del debitore,
In effetti, ciò non contrasterebbe con il disposto dell’art. 90, D.P.R. n. 602/1973 in quanto la proposta transattiva, vagliata ai sensi di legge, sarebbe stata formulata assumendo l’ipotesi di completa soccombenza del contribuente; ed avendo, l’accantonamento ex art. 180, comma 6, L. fall., funzione di “cauzione”, ciò che dovrebbe essere garantito in sede di omologa sembra poter essere limitato alla percentuale di soddisfacimento dei crediti fiscali contestati, come prevista nell’ambito della transazione perfezionatasi per effetto del cram down fiscale.
Tale istituto, in deroga alle norme fiscali, determinando il perfezionamento dell’accordo, transattivo, porterebbe dunque con sé anche il potere da parte dell’autorità giudiziaria di adeguare l’entità dell’accantonamento in funzione delle stesse previsioni della proposta di trattamento la quale, per effetto di legge, vincola le parti del rapporto giuridico d’imposta.
Del resto, per concludere, in caso di successivo inadempimento del concordato omologato, resta fermo il diritto dell’Erario, così come quello di ogni altro creditore, di agire per la sua risoluzione, sussistendone i presupposti, impregiudicate le proprie ragioni di credito, ivi incluse quelle derivanti dalla (poi) intervenuta decisività delle obbligazioni tributarie oggetto di contestazione avanti al foro fiscale.